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Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti

MISSIONE IN PIEMONTE

21 NOVEMBRE 1997 - ASTI E TORINO

INDICE

Incontro con il prefetto di Torino. *

Incontro con rappresentanti della regione Piemonte. *

Incontro con il rappresentante dell'Unione industriali di Torino. *

Incontro con il dottor Cesare Parodi, sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. *

Incontro con la dottoressa Marina Caroselli, sostituto procuratore della Repubblica di Novara. *

Incontro con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste. *

 

Gli incontri cominciano alle 15.

 

Incontro con il prefetto di Torino.

PRESIDENTE. Saluto il prefetto di Torino, che ringraziamo per la sua gentilezza e che sappiamo essere ben consapevole dei compiti, degli obiettivi e degli interessi che animano l'attività della nostra Commissione.

Al nostro ospite chiediamo di disegnarci un quadro generale della situazione relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Piemonte, ossia in una realtà nella quale ci è sembrato scorgere iniziative finalmente orientate nella direzione giusta, nonostante siano state avviate con qualche ritardo (il ritardo, del resto, è un fenomeno riscontrabile in tutto il Paese). Inoltre, saremmo interessati ad acquisire informazioni su eventuali penetrazioni della criminalità organizzata nel settore oggetto del nostro specifico interesse.

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Sono prefetto di Torino da appena un anno ma in questo periodo pur limitato ho comunque avuto la possibilità di acquisire la percezione che il problema dei rifiuti solidi urbani non assume aspetti di particolare criticità, così come avviene invece in altre parti del territorio. Nella nostra realtà operano diversi consorzi, cui fanno capo vari comuni, sulla base di un piano approvato dall'ente regione.

In questi giorni stiamo incontrando qualche problema in ordine all'individuazione di nuovi siti. Nel comune di Foglizzo si sono registrate fortissime reazioni ed è stato impedito ai tecnici di effettuare le verifiche necessarie per accertare l'idoneità di talune aree.

PRESIDENTE. Di quale provincia fa parte Foglizzo?

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Si tratta di un comune della provincia di Torino.

I tecnici sono stati costretti a rinunciare all'effettuazione delle verifiche. E' evidente che, a questo punto, dovremo garantire loro l'ingresso nelle aree individuate, anche ricorrendo alla forza. Tra l'altro, non vi è un problema di predestinazione di quei terreni ad una certa utilizzazione, ma si tratta soltanto di effettuare rilievi, che potrebbero anche dare risultati negativi, per cui quelle aree non sarebbero più interessate all'insediamento della discarica.

Fino ad oggi le discariche esistenti sono sufficienti a far fronte alle esigenze di smaltimento dei rifiuti solidi urbani raccolti in provincia. Per quanto riguarda, in particolare, la grande discarica di Torino, si prevede che possa essere utilizzata fino al 2004, per cui si dovrà pensare all'individuazione di una nuova discarica, con tutti i problemi che presumo potranno sorgere.

Sono in corso discussioni circa gli orientamenti da seguire nel momento in cui la discarica di Torino non sarà più in grado di funzionare; il dibattito, in particolare, riguarda l'individuazione delle metodologie da adottare, con particolare riferimento all'opzione tra termodistruzione ed interramento successivo ad un trattamento di differenziazione dei rifiuti.

Non abbiamo grossi problemi in ordine ai rifiuti industriali, soprattutto in seguito alla costruzione dell'impianto Barricalla di Collegno che, almeno stando alle notizie in mio possesso, è in grado di soddisfare tutte le esigenze.

PRESIDENTE. L'impianto Barricalla, se non ricordo male, è gestito da una società privata.

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Credo di sì, anche se non mi risultano notizie precise al riguardo. Comunque, si tratta di impianti la cui attività si rapporta con i consorzi istituiti tra i vari comuni.

Qualche perplessità suscita l'ammasso e la cernita dei rifiuti. Le imprese operanti in questo segmento del ciclo, infatti, potrebbero costituire una fonte di potenziale pericolo, nel senso che questo tipo di attività si presta a coprire finalità diverse. In particolare, si può pensare a momenti di smaltimento abusivo. Mi è stato riferito che in passato una cosa del genere si sarebbe verificata con riferimento alla società Servizi ambientali di Beinasco.

Quanto ai collegamenti con la criminalità organizzata, un discorso più generale ci porta a dire che, laddove in passato fenomeni di questo genere si siano verificati nella nostra provincia e nella nostra regione, dagli stessi sono derivati segni indubbiamente rilevanti. Penso di poter dire che in questo momento il fenomeno sia in una situazione di quiescenza: certo, non possiamo pensare che sia scomparso, ma lo stesso non da luogo a forme visibili ed eclatanti, non si sa bene se per effetto di una strategia o, semplicemente, di un momento di tranquillità propedeutico ad una riorganizzazione. Certo, qualche elemento di presenza indiretta lo abbiamo: penso, ad esempio, a qualche arresto di esponenti della criminalità organizzata od alla presenza di personaggi che non danno comunque luogo a rilievi di sorta, oppure al un grosso giro di prostituzione e di droga. Non si può pensare che queste cose - per così dire - si organizzino da sole. L'idea che questi traffici possano essere gestiti dalla criminalità organizzata, quindi, è un'idea che sicuramente abbiamo.

Per quanto riguarda specificamente il sistema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dopo la scoperta, risalente al 1995, di una discarica abusiva a Montanaro, non sono stati accertati altri collegamenti con la criminalità organizzata. Ovviamente, questa situazione non ci induce a deporre le armi né a rinunciare alle attività di investigazione. Al contrario, continuiamo ad essere molto attivi, anche alla luce di quanto si verifica in altre zone, come ad esempio in Val di Susa, dove ci sono stati segnalati episodi ed attentati che ci preoccupano molto.

In definitiva, un qualcosa serpeggia, un qualcosa c'è. Si tratta di affinare maggiormente la capacità investigativa ed informativa, obiettivo, questo, che impone a noi e a tutte le forze dell'ordine di essere particolarmente vigilanti. Nello specifico, fatti concreti o indizi dai quali sia possibile ricavare un'indicazione precisa, non ve ne sono.

PRESIDENTE. Potrebbe fornirci ulteriori elementi di conoscenza in merito alla vicenda, da lei poc'anzi richiamata, della discarica abusiva di Montanaro?

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Nella società che gestiva l'impianto, a quanto mi è stato riferito, vi era qualche persona legata a nomi noti della criminalità organizzata. Si è trattato comunque di un episodio isolato, tempestivamente represso. Da allora, non si sono verificati altri fatti di questo genere.

ROBERTO LASAGNA. Nel corso dei sopralluoghi che la Commissione sta effettuando in diverse aree del Paese, abbiamo potuto constatare come il Meridione sia caratterizzato dalla presenza di numerose discariche abusive. Ciò si verifica anche perché il controllo sul territorio da parte delle autorità comunali e provinciali è abbastanza blando. Ho l'impressione che, invece, in Piemonte il controllo sul territorio sia sicuramente più efficace, anche perché è lo stesso territorio ad essere più visibile e la gente è più cosciente e consapevole della gravità di certi fenomeni. In questa regione, tuttavia, abbiamo notato come alcune fabbriche dismesse tendano potenzialmente a trasformarsi in grosse "bombe" di stoccaggio; tale fenomeno sfugge all'attività di controllo del territorio, a differenza di quanto accade per il controllo finalizzato all'individuazione di discariche abusive.

In definitiva, il grosso rischio che abbiamo constatato essere concreto in Piemonte è dato appunto dall'utilizzazione per fini illegali di una pluralità di fabbriche dismesse. Vorrei quindi sapere se al prefetto di Torino risulti questa situazione e quale valutazione egli ne dia.

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Gli edifici degradati ed abbandonati determinano sicuramente una situazione a rischio, anche perché, oltre ad essere destinati ad accogliere rifiuti e materiali abbandonati, spesso sono utilizzati come ricoveri da persone sbandate e da gruppi di persone che seguono una certa filosofia di vita. Di questi edifici, a Torino, ve ne è più di uno; proprio l'altro ieri, tra l'altro, uno di questi è andato a fuoco.

Ripeto: indubbiamente questo tipo di edifici costituisce un problema, tanto che il comune, proprio nei giorni scorsi, ha deciso di adibire un fabbricato a ricovero di queste persone, suscitando tra l'altro una reazione molto scomposta della popolazione (l'assessore competente - si è trattato, a mio avviso, di un fatto molto grave - è stato svillaneggiato).

Non può escludersi che nel contado, nel territorio, qualche vecchio impianto possa essere destinato ad accogliere rifiuti. In ogni caso, viene esercitata una vigilanza continua e la popolazione è fortemente sensibilizzata. Il cittadino piemontese - in particolare, il torinese - ha familiarità con le istituzioni e non esita a chiedere - anzi a pretendere - l'intervento delle forze dell'ordine in presenza di fatti che possano turbare la vita della collettività o l'equilibrio dell'ambiente. Insomma, la società piemontese è molto ben strutturata ed è capace di dar vita a forme di controllo diretto e personale.

PRESIDENTE. Nel ringraziarla, signor prefetto, mi permetto di segnalarle due questioni. Anzitutto, la invitiamo ad una vigilanza particolarmente attenta, nell'ambito delle competenze del suo ufficio, sui cosiddetti centri di stoccaggio. Abbiamo esperienza, anche diretta, del fatto che molto spesso i centri di stoccaggio diventano - ovviamente, nei casi in cui ci sia scarsa professionalità imprenditoriale e in presenza di altri fattori - luoghi in cui si miscelano rifiuti e si realizzano operazioni sostanzialmente illecite ai fini della declassificazione dei rifiuti stessi. La Commissione è intenzionata a seguire con particolare attenzione tutti i centri di stoccaggio, ovviamente anche quelli localizzati in Piemonte, ma credo sia utile segnalare il fenomeno anche a lei, come prefetto di questa città.

L'altra questione sulla quale la invitiamo a vigilare riguarda la bonifica di siti contaminati da rifiuti o da aree industriali dismesse...

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Ne abbiamo due: Piossasco...

PRESIDENTE. Esatto!

Si tratta di un tema di grande impegno, che va affrontato di concerto con tutte le forze istituzionali; soprattutto richiede risorse ed una capacità tecnica di indagine sul territorio, oltre a competenze e tecnologie di cui la città di Torino e la regione Piemonte sicuramente dispongono. Vi è bisogno di un sostanziale coordinamento per realizzare una fase indirizzata verso la normalità. In provincia di Torino, abbiamo potuto verificare l'annosa vicenda di Cirié, risolta per molti aspetti importanti, ma non ancora...

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. I ritardi sono dovuti al fatto che non è ancora intervenuta l'autorizzazione per utilizzare i 390 milioni destinati alla bonifica.

PRESIDENTE. Questo è un aspetto della questione sicuramente più facile da affrontare. Più in generale, va considerato che, accanto ad aree impegnate in modo spesso illecito, lo sversamento di rifiuti pericolosi non si è certo fermato con il perimetro murario.

In definitiva, il tema della bonifica è molto complesso, perché richiede anche un'analisi del territorio e del sottosuolo per capire in che modo intervenire.

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. Per Piossasco, circa 7-8 mesi fa, abbiamo svolto una riunione di coordinamento, dal momento che avevamo constatato sfasature negli interventi di bonifica. In realtà, abbiamo svolto più di una riunione in prefettura e, alla fine, siamo riusciti a superare le difficoltà.

PRESIDENTE. La discarica di Montanaro, alla quale ella ha fatto cenno nel suo intervento, fu coinvolta nell'alluvione del 1994. Le risulta che il sito sia stato bonificato e che sia stata in qualche modo affrontata l'emergenza dei fusti tossici?

MARIO MOSCATELLI, Prefetto di Torino. A me è stato segnalato soltanto l'episodio della discarica abusiva, ma non mi hanno posto il problema...

PRESIDENTE. Allora, la preghiamo di far pervenire alla Commissione un'informativa sulla vicenda della discarica di Montanaro e sull'eventuale presenza di fusti di materiale tossico-nocivo.

La ringraziamo.

 

Incontro con rappresentanti della regione Piemonte.

PRESIDENTE. Nel salutare i nostri ospiti, ricordo loro che la Commissione ha già avuto modo di ascoltare in sede l'assessore Cavallera, intervenuto ad un'audizione nella sua qualità di responsabile per l'ambiente della Conferenza Stato-regione. Da voi vorremmo acquisire una sintetica panoramica sul modo in cui in questa realtà si affronta il problema dei rifiuti, con riferimento sia a quelli solidi urbani sia a quelli pericolosi. Dal rapporto "Ambiente Italia" predisposto negli anni 1993-1994 dal Ministero dell'ambiente, si desume che a quell'epoca la regione Piemonte aveva il primato per lo smaltimento dei rifiuti all'epoca definiti tossico-nocivi ed oggi pericolosi, con percentuali intorno al 93 per cento, fatto, questo, quasi unico, anche alla luce del "buco" colossale di un milione e seicentomila tonnellate di rifiuti pericolosi che non si sa bene dove vadano a finire. Vi chiediamo di fornirci dati aggiornati sul fenomeno e, in generale, sul livello tecnologico con il quale una regione a vocazione industriale affronta le tematiche legate allo smaltimento dei rifiuti tossici urbani e di quelli industriali, ovviamente nel contesto della nuova normativa, in particolare alla luce del decreto legislativo del febbraio di quest'anno, le cui norme, peraltro, sono state modificate di recente.

Ovviamente, qualora foste a conoscenza di episodi connessi a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti o, comunque, riconducibili ad attività illecite, saremmo interessati ad acquisire informazioni al riguardo.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Il 30 luglio di quest'anno il consiglio regionale del Piemonte ha approvato il nuovo piano regionale per la gestione dei rifiuti, il cui testo ho già provveduto a trasmettere alla Commissione. Il piano ha recepito, sulla base di una bozza approfonditamente discussa dal consiglio regionale, i nuovi indirizzi del decreto Ronchi ed ha tenuto conto di tutti gli orientamenti indicati da tale provvedimento.

Per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani, nonostante i notevoli problemi legati all'individuazione delle aree di smaltimento, il Piemonte è sempre riuscito a dare soluzioni alle esigenze del territorio. In alcune realtà, comunque, viviamo situazioni di emergenza, come avviene nella provincia di Asti, dove non riusciamo a realizzare nessuna tipologia di impianto, dal momento che tutti gli impianti proposti sono contestati da comitati locali. Abbiamo, inoltre, alcune aree per le quali è ormai imminente la situazione di crisi, quali, ad esempio, la provincia di Novara e parte della provincia di Biella; i relativi problemi si stanno comunque avviando a soluzione. L'unica provincia che al momento smaltisce fuori dell'ambito provinciale è quella di Asti, che trasporta i suoi rifiuti presso l'impianto pubblico AMIAT di Torino.

PRESIDENTE. Si tratta, per caso, dell'impianto collocato nei pressi del tratto autostradale che conduce a Caselle?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sì, è quello. Si tratta dell'AMIAT, l'azienda municipale di Torino, in particolare di una grossa discarica in funzione dal 1977.

PRESIDENTE. Quando si presume che la discarica giunga a saturazione?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Fino a poco tempo fa, si parlava del 2003, come limite temporale della capacità di recepimento del rifiuto nello stato in cui si trova oggi. Debbo dire che il comune di Torino sta attivando su parecchi fronti raccolte differenziate, non ancora estese su tutto il territorio cittadino, ma comunque avviate.

Peraltro, dalla provincia di Asti pervengono rifiuti già oggetto di un minimo di trattamento a livello di raccolta differenziata. Bisognerà vedere quali saranno gli effetti del nuovo piano regionale e, di conseguenza, dei piani provinciali che ne deriveranno e, in particolare, in che modo l'AMIAT riuscirà a raggiungere i livelli di raccolta indicati dal piano stesso.

Il nostro piano di raccolta, nel recepire il decreto Ronchi, ne ha ribadito gli indirizzi e, anzi, ha aumentato la percentuale delle raccolte...

PRESIDENTE. A quanto è stata portata la percentuale?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Al 40 per cento.

PRESIDENTE. Entro quale periodo?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Entro sei anni.

PRESIDENTE. Rispetto alla capacità della discarica di Torino, vi è dunque da considerare anche un'interessante coincidenza di date!

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Addirittura, in 4 anni superiamo il 25 per cento previsto dal decreto Ronchi.

PRESIDENTE. Qual è l'attuale livello della raccolta differenziata nella regione e a Torino?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Mediamente, siamo sull'8-10 per cento, anche se sul territorio si registra una situazione a macchia di leopardo. Ad esempio, vi sono alcune aree del territorio piemontese, quale è il Verbano, che hanno già raggiunto percentuali abbastanza elevate, intorno al 15 per cento, a fronte di alcune zone dove si registrano percentuali più modeste.

PRESIDENTE. Qual è la situazione di Torino?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Torino ha realizzato sperimentazioni in alcuni quartieri, per raccogliere, ad esempio, i rifiuti organici provenienti dalle abitazioni civili; in altre zone, penso ad esempio al centro, è stata attivata la raccolta differenziata sia dei rifiuti organici sia del vetro, sia della carta (cosiddetto "progetto Cartesio", esteso a quasi tutta la città di Torino) presso tutti gli esercizi di ristorazione del centro storico (ristoranti, bottiglierie, bar, che hanno aderito a questa iniziativa). Il comune di Torino, inoltre, sta realizzando nel comune di Borgaro un impianto di compostaggio con immissione selezionata.

PRESIDENTE. In che termini i titolari degli esercizi di ristorazione del centro storico di Torino hanno risposto all'invito dell'amministrazione alla raccolta differenziata?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. La risposta è stata positiva, come ci ha riferito l'ingegner Cometto, il funzionario che gestisce l'iniziativa. Addirittura, pare che non si riesca a soddisfare la richiesta... E' chiaro che questo sistema di raccolta comporta tutta una serie di trasformazioni nell'ambito dell'organizzazione della raccolta stessa. La raccolta differenziata non va vista come fatto positivo soltanto sotto il profilo dell'assunzione dell'iniziativa, ma va considerata anche con riferimento alla modificazione dei mezzi e delle attrezzature destinate alla raccolta, che non possono più essere rappresentati dal cassonetto sistemato in strada...!

Per quanto concerne i rifiuti industriali, a partire dagli anni 1993-1994 e sotto la spinta dei famosi decreti legge sul riutilizzo, a nostro parere si è registrata una diminuzione della richiesta di smaltimento di questo tipo di rifiuti. Intanto, poiché il costo di smaltimento dei rifiuti speciali o tossico-novici è abbastanza elevato, molti operatori hanno modificato i cicli produttivi o per ridurre la quantità di rifiuto prodotto oppure per avere un rifiuto meno "problematico" ai fini dello smaltimento.

PRESIDENTE. La regione ha svolto uno studio su questi processi di conversione?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Penso che un lavoro di questo genere l'abbia svolto l'Unione industriali. La regione ha tentato di acquisire i relativi dati, ma ha incontrato enormi difficoltà. Lo stesso catasto rifiuti non ha dato i risultati che ci attendevano sotto il profilo della stima della qualità e della quantità dei rifiuti prodotti. Le aziende hanno considerato l'iniziativa legata al catasto dei rifiuti come finalizzata alla conoscenza dei regimi produttivi: è un po' come accadeva con gli agenti dello spionaggio americano i quali, dall'esame dei cassonetti, riuscivano a capire... Le aziende sono restie a fornire dati sui quantitativi di rifiuti prodotti perché dagli stessi si può risalire alle dimensioni dell'attività produttiva ed anche alle eventuali strategie tecnologiche poste in essere.

FRANCO ASCIUTTI. Insomma, si può risalire al know how!

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Esatto.

In passato le aziende si rivolgevano sovente alla regione per ricevere indicazioni sulle modalità pratiche di smaltimento di determinate tipologie di rifiuti. Abbiamo potuto constatare come questo tipo di richiesta sia andato progressivamente diminuendo. Inoltre, un condizionamento notevole lo hanno esercitato quei decreti-legge che, con tutti i difetti, hanno tuttavia permesso di riutilizzare alcuni materiali all'interno dei cicli produttivi. Ad esempio, il residuo della lavorazione di carrozzerie di un certo livello era trattato con distillatori, per cui i solventi potevano essere riutilizzati. Questo sistema si è esteso, anche a fronte dei costi molto alti di smaltimento. In un primo momento avevamo considerato questi casi come rientranti nel ciclo di produzione, ma qualche magistrato non è stato del tutto d'accordo.

PRESIDENTE. Se ho ben compreso, lei ha detto che, fino ad un certo periodo (in particolare, ha indicato gli anni 1993-1994), vi è stata una domanda di smaltimento di rifiuti industriali e pericolosi. In un periodo successivo, grosso modo a partire dal 1994, lei ha invece notato che la domanda è diminuita in virtù di un processo che ha spinto sempre più le imprese a riorganizzare il ciclo produttivo in modo da ridurre la produzione di rifiuti pericolosi. E' questo ciò che intendeva dire?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sono state seguite due vie: la prima nel senso di ridurre la quantità e la qualità del rifiuto, per pagare di meno; l'altra, consequenziale all'entrata in vigore dei famosi decreti che citavo poc'anzi, con i quali si è data la possibilità di riutilizzare determinati rifiuti, considerandoli rientranti nel ciclo produttivo e semplificando tutte le procedure autorizzative. La FIAT, ad esempio, con il progetto "FARE", ha individuato manuali di smontaggio e di rimontaggio dei macchinari obsoleti. Quindi, mi risulta che i nuovi veicoli FIAT hanno parti in plastica riciclabili, mentre prima non era così. Pertanto, il settore imprenditoriale si è attivato per avere il minor numero di rifiuti possibile da smaltire. Alla discarica di Barricalla, che è una delle poche in Italia di tipo C, il costo di smaltimento è di 500 lire al chilo, e un costo di questo tipo comincia ad avere un certo peso per un'industria: è chiaro che meno rifiuti si portato a Barricalla e meno si paga.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'innovazione tecnologica nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali e, tra questi, di quelli pericolosi, la regione è attiva nel fungere da interfaccia con il mondo imprenditoriale? E che valutazione dà, la regione, dell'impianto dimostrativo che è stato realizzato nel verbanese dalla società svizzero-tedesca Thermoselect?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Noi abbiamo sempre privilegiato la via della sperimentazione, tant'è vero che siamo stati i primi ad attivarci sugli impianti di compostaggio. So che ne avete visto uno, ma ne esiste anche un altro, fermo anche quello, anche se da poco tempo. Si tratta degli impianti di compostaggio di Novara e di Cuneo. Quello di Novara non è mai stato avviato; quello di Cuneo sì, ma non si riusciva ad ottenere un compost che avesse la qualità richiesta per l'utilizzo agricolo. Il motivo della cattiva qualità è che dagli anni ottanta in poi la composizione del materiale è peggiorata notevolmente perché i cassonetti stradali sono delle vere e proprie discariche a cielo aperto: basta alzare un coperchio e vedere cosa c'è dentro per rendersene conto. Quindi, il compost ricavato non era buono. Così l'impianto di Cuneo si è fermato, perché è inutile produrre un materiale che è organico e stabilizzato ma che non può essere riutilizzato, e deve essere ributtato in discarica. Il consorzio, perciò, ha scelto di bloccare per il momento l'impianto, di separare le due linee (come abbiamo consigliato di fare sia a Novara sia a Cuneo) e di attivare le raccolte differenziate per trattare queste ultime. E' chiaro che, se i rifiuti organici sono raccolti in modo differenziato, si otterrà del buon compost, e quindi l'impianto può funzionare.

Altri tipi di sperimentazione li abbiamo avviati in relazione ad altri tipi di rifiuti. In Piemonte esistono alcune aree dove avviene una grossa produzione di pietre da taglio e di pietre ornamentali. Si poneva perciò il problema dei fanghi di segagione e di quelli di produzione e di lucidatura. Si è deciso, per esempio, di non usare più il piombo per lucidare i marmi ma altre materie chimiche che, agli effetti dello smaltimento, non danno problemi. Pertanto, d'intesa con l'Assocave del Verbano, di Domodossola, con le cave esistenti nella zona di Luserna e del saluzzese, con le industrie che producono cemento in provincia di Cuneo, si è cercato di utilizzare gli scarti di trattamento delle cave e delle pietre unendoli a materiale organico per usarli come materiali di recupero. Ultimamente, abbiamo finanziato...

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Sì, con l'ecotassa abbiamo finanziato, per quanto riguarda i progetti territoriali, 10 miliardi; un miliardo era invece relativo ai fanghi smaltiti in discarica: questo introito, in base alla legge finanziaria 1996, deve essere reinvestito per ridurre la produzione di fanghi in discarica. Con questo miliardo, perciò, abbiamo finanziato la riconversione di alcune aziende per i filtri dei carboni attivi; i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione da mandare in discarica, grazie a particolari accorgimenti, sono diminuiti. Lo stesso vale per i fanghi provenienti dal biellese derivanti dalla produzione della lana. La lana sucida viene lavata e ne deriva un fango che ha un odore particolarmente fastidioso. Sono stati compiuti interventi per ridurre questo fenomeno.

PRESIDENTE. Suppongo con dei biofiltri.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Hanno provato a mescolare la lana sucida con altro materiale; invece, per quanto riguarda i carboni attivi, hanno utilizzato metodi diversi per la loro rigenerazione.

PRESIDENTE. Cosa può dirmi della Thermoselect?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. L'impianto della Thermoselect è stato avviato con una sperimentazione autorizzata dalla regione Piemonte e ha lavorato per un anno. I risultati valutati dal comitato tecnico regionale, dal punto di vista tecnologico, erano abbastanza positivi. Il comitato ha chiuso la fase di sperimentazione con due dubbi, il primo sui costi di gestione e il secondo sui costi, non di ammortamento...

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Quando recuperano.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Quella del recupero energetico è stata una seconda partita. Dicevo che il comitato aveva la sensazione che l'impianto avesse usure molto elevate, specialmente nel canale dove i rifiuti sono pressati per gassificarli.

PRESIDENTE. A quando risalgono le valutazioni del comitato tecnico?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. A cavallo tra il 1992 e il 1993.

PRESIDENTE. Quindi proprio all'inizio.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sì, quando hanno iniziato. Avevano chiesto di effettuare questa sperimentazione.

PRESIDENTE. E in conseguenza di questa valutazione la regione cosa ha deciso?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. La regione si è trovata scavalcata, se posso dirlo, da un decreto del Ministero dell'industria. Nel frattempo l'azienda era stata consigliata dai suoi tecnici a convertire il calore in energia elettrica.

PRESIDENTE. Cosa che, peraltro, dubito che avvenga.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Era dubbio che avvenisse, e noi abbiamo sempre scritto e chiesto... Poi, si sono inseriti non solo l'articolo 17 del DPR n. 203, ma anche i decreti-legge che permettevano... Quindi, alle varie comunicazioni abbiamo sempre obiettato chiedendo... In base ai riscontri effettuati, sulla produzione di energia elettrica abbiamo sempre avuto dei dubbi, nel senso che non abbiamo mai avuto dati positivi. Dico quello che ho sentito dire, non ho una certezza: qualcuno dice che non riuscivano a trovare il motore adatto.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma la produzione di energia elettrica non è opinabile, nel senso che o c'è o non c'è. Infatti, una volta che l'energia viene prodotta, si pone il problema di immetterla in rete.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Ma la comprano, non ce la fanno neanche ad autosostenersi. Abbiamo chiesto al Ministero dell'ambiente di fornirci una lettura autentica dei decreti sul recupero e come questi si potessero adattare all'impianto di cui trattasi.

PRESIDENTE. Sta parlando dei decreti in vigore nel lungo periodo in cui sono stati ritirati quindici o sedici volte? E' il decreto sulle materie prime e seconde?

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Sì, dei decreti-legge sul recupero, che poi sono stati supportati dai decreti tecnici che permettevano questo tipo di recupero. Come diceva il dottore Belfiore, il periodo di sperimentazione della Thermoselect è terminato proprio nel momento in cui sono stati emanati i decreti-legge in base ai quali, tramite una semplice comunicazione, si poteva continuare; perciò la ditta non ha osservato le indicazioni date dalla regione: sperimenta e poi smantella...

PRESIDENTE. Però adesso ci troviamo in un regime diverso, nel senso che l'operatività di esercizio dell'impianto di cui stiamo parlando non può avvenire più soltanto sulla base di comunicazioni, in base al decreto legislativo Ronchi.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. No, avviene in base a comunicazioni: le comunicazioni sono valide fino a quando non entrano in vigore le norme tecniche attuative che sostituiscano i decreti vigenti.

PRESIDENTE. Vi pongo un problema di valenza più generale, anche in base ad un'ipotesi che abbiamo ascoltato proprio questa mattina in relazione ad un altro impianto. Qui ci troviamo di fronte alla richiesta rivolta dalla ditta al Ministero dell'industria per un'autorizzazione che riguarda, sostanzialmente, la produzione di energia elettrica.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. La fece nell'ultima fase sperimentale.

PRESIDENTE. Mi pare abbastanza evidente il contrasto tra il ricorso ad un organismo centrale e il fatto che, quand'anche l'autorizzazione riguardi la possibile produzione di energia elettrica, quest'ultima avverrebbe attraverso rifiuti più o meno lavorati. Più che una contraddizione, si tratterebbe di uno scavalcamento indebito dell'autorità regionale rispetto ad una sua competenza specifica. Il piano regionale dei rifiuti è di competenza della regione. Nell'ambito di tale piano la regione decide, magari delegando alle province, gli ambiti ottimali, i siti, i tipi di impianto, e solo all'interno di questo può essere concepita un'autorizzazione (a questo punto non rileva se ministeriale o regionale).

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Noi siamo perché sia regionale.

PRESIDENTE. Perfetto!

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Questo perché, trattando rifiuti urbani, l'organizzazione deve essere pubblica; che poi il pubblico si avvalga del privato è un altro discorso. Ma altrimenti, come si può redigere un piano...?

PRESIDENTE. Sono completamente d'accordo con lei. A valle del discorso che ho tracciato, la cosa diventa un fatto di legittimità. Il problema che pongo riguarda tutta la parte a monte: a fronte di una richiesta avanzata al Ministero dell'industria di autorizzare a bruciare rifiuti in un termodistruttore che poi produrrà anche energia elettrica, non capisco perché la regione non si avvalga della sua potestà.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. No, no, noi abbiamo cercato di avvalerci in tutti i modi... Tra l'altro, la magistratura di Verbania ha in corso processi...

PRESIDENTE. I processi atterranno ad altro. Indipendentemente da ciò che rispondono il Ministero dell'ambiente o il Ministero dell'industria, la regione può proporre un "conflitto di competenza".

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Noi abbiamo sempre notificato che... anzi, abbiamo fatto delle diffide, però non siamo mai venuti a capo...

PRESIDENTE. Faccio una domanda ancora più precisa: perché, nell'ambito della conferenza Stato-regioni, la regione, trattandosi di un caso esemplare, non ha posto la questione dell'autorizzazione ad un impianto per la termodistruzione volto alla produzione di energia elettrica (anche se a me non sembra vero)? Si può scavalcare la potestà regionale che colloca un'attività di questo genere all'interno del piano regionale per i rifiuti?

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Il problema è stato posto nell'ultima conferenza Stato-regioni. Si è chiesto di ridiscutere l'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203, che è relativo alle emissioni in atmosfera. La conferenza Stato-regioni ha chiesto che sia ridiscusso, ritenendo che questa competenza sia da trasferire in sede regionale.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma l'articolo 17 del DPR n. 203, tanto per cambiare, riguarda problemi di qualità dell'aria, e quindi i limiti alle immissioni in atmosfera o alle emissioni da camino. E', sì, un aspetto di questa vicenda, ma c'è un aspetto...

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. L'autorizzazione che la ditta ha ottenuto è questa. Forse è meglio riesaminare tutto il percorso. Il decreto ministeriale del 16 gennaio 1995...

PRESIDENTE. Quello autorizzativo?

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. No. I decreti-legge vigevano in base a decreti ministeriali che individuavano quali erano i rifiuti che potevano essere recuperati con determinate procedure e facendo soltanto una comunicazione. In sostanza, il decreto-legge dice che si può seguire la procedura semplificata, mentre il decreto ministeriale dice che la procedura semplificata si attua con determinati rifiuti, con un impianto di un determinato tipo e facendo determinate cose. La ditta Thermoselect, nel momento in cui scadeva la procedura regionale per la sperimentazione, essendo entrato in vigore il decreto ministeriale che prevedeva che determinati impianti potevano effettuare questo recupero in base ad una comunicazione... Il decreto ministeriale del 16 gennaio 1995 prevede il recupero di energia da rifiuti urbani, che può essere compiuto in impianti che siano stati autorizzati precedentemente con l'autorizzazione di cui al DPR n. 915 oppure che siano stati autorizzati alla produzione di energia. Ecco che ricadiamo nell'articolo 17 del DPR n. 203. La ditta, pur avendo avuto il permesso regionale per effettuare una sperimentazione - per cui sembrava che poi dovesse chiudere -, nel frattempo aveva chiesto al Ministero un parere per diventare produttrice di energia.

PRESIDENTE. Ho capito. Il percorso, ancorché complesso e tortuoso, adesso è abbastanza chiaro. Ma quello che non pregiudica questo percorso è il fatto che, a meno che i documenti che avete in mano non dimostrino il contrario, questa produzione di energia avveniva - come peraltro ci è stato detto esplicitamente - attraverso un processo tecnologico che, in ultima analisi, non è altro che combustione di rifiuti. Allora, sarà anche vero che l'autorizzazione per quanto riguarda gli standard di qualità dell'aria promana dal DPR n. 203 del 1988, e quindi dall'autorità centrale; ma è anche vero che, se si bruciano rifiuti, tale incenerimento deve avvenire nell'ambito di un piano regionale. Quindi, come minimo, è necessario attivare un conflitto, un contrasto tra la regione, che ha la potestà di stabilire il piano dei rifiuti, specificando cosa va bruciato e cosa no e dove, e l'autorizzazione che la ditta, bruciando rifiuti, ha chiesto al Ministero.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Ma la normativa nazionale prevede che, quando si rispettano le condizioni di cui al decreto ministeriale del 16 gennaio 1995, si esce dalla programmazione regionale ed è sufficiente una comunicazione per attivare questi impianti.

PRESIDENTE. Ho capito, ma questo attiene strettamente all'aspetto energetico, per così dire. Qui, a mio modo di vedere (anche se non sono sicuro di essere completamente nel vero), intervengono due aspetti, quello energetico e quello dei rifiuti.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Anche per l'aspetto rifiuti i decreti-legge prevedevano questo. Le dirò di più: con l'emanazione del decreto Ronchi finalmente è finita questa lunga serie di decreti-legge, ma il decreto Ronchi prevede che, per gli impianti di recupero, si può uscire fuori dal piano regionale. Addirittura prevede che per i rifiuti urbani si può uscire dalla privativa a condizione che vi sia un accordo di programma di impianti che debbono essere costruiti e messi in esercizio. Poiché la ditta Thermoselect era già attiva...

PRESIDENTE. Sottolineo che stiamo parlando della ditta Thermoselect perché si tratta di un caso specifico che interessa questa Commissione; ma, per quanto riguarda la regione, desidero attirare l'attenzione vostra e dell'assessore all'ambiente sul fatto che questo può essere un problema che si evidenzierà anche nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Quello che stiamo configurando è un percorso normativo astratto, entro il quale il caso particolare è quello della Thermoselect, ma che può essere seguito da chiunque altro.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Certo.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Avendo ben presente questo problema, abbiamo insistito presso il Ministero dell'ambiente: nel nuovo decreto legislativo n. 389, laddove si parla di recupero di rifiuti e di privativa pubblica, abbiamo fatto inserire che deve esserci l'accordo con la regione non solo per gli impianti che devono essere costruiti e poi esercìti, ma anche per quelli per cui è previsto soltanto l'esercizio. Infatti, sono state aggiunte le parole "o solo esercizio" all'articolo 22 del decreto Ronchi, affinché anche questo impianto, che è già realizzato, abbia l'intesa con la regione anche per il solo esercizio. Adesso, con questa nuova emanazione, dovremmo cercare di mettere a posto le cose.

PRESIDENTE. Mi pare sia stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sì, dell'8 novembre.

PRESIDENTE. Benissimo. Allora anche questo caso e quelli futuri hanno nella potestà regionale la sola limitazione di un accordo con il Ministero.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Sì. C'è l'intesa.

PRESIDENTE. Quindi, il caso Thermoselect, come altri possibili casi, ricade di nuovo in un esercizio di potere da parte della regione da condividere con il Ministero.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. E' stata una proposta di origine regionale.

PRESIDENTE. Mi fa piacere.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Aggiungo soltanto un'informazione sulla Thermoselect. Essa, tra l'altro, proprio perché la regione, non avendola autorizzata e non volendola, ha sempre contestato questa attività, fino ad oggi continua ad utilizzare rifiuti provenienti dalla Lombardia, dato che abbiamo diffidato tutti i comuni ed i consorzi a rivolgersi ad un soggetto non autorizzato.

PRESIDENTE. Ci era noto che i rifiuti provenivano dalla Lombardia ma non sapevamo che questo accadeva in quanto la regione ha diffidato i comuni piemontesi.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sì, perché i comuni rientravano nell'organizzazione del piano regionale. Nessuno vieta che la ditta possa esistere, ma doveva accordarsi con il consorzio... Il Piemonte ha sempre scelto la via consortile, e quindi ha sempre creato consorzi. In provincia di Verbania esistono addirittura due consorzi, e quindi la cosa doveva passare attraverso i consorzi. Ricordo che nella fase sperimentale avevamo imposto che i rifiuti fossero conferiti da quello di Verbania. Abbiamo anche notato che loro dichiarano circa cento tonnellate al giorno (più esattamente quattro all'ora); invece, dalle forniture fatte dal consorzio Verbano-Cusio-Ossola alla Thermoselect, risulta che giocavano sulle due, due e mezzo tonnellate all'ora, e non sono mai andati oltre. Questo il comitato tecnico che aveva valutato la sperimentazione lo aveva collegato al fatto che, se l'impianto dovesse girare a pieno ritmo, l'usura sarebbe molto più elevata, con costi di manutenzione molto più alti.

FRANCO ASCIUTTI. E' possibile acquisire la documentazione delle ispezioni compiute a suo tempo dalla regione?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. I verbali del comitato tecnico sono pubblici. Li manderò senz'altro alla Commissione.

PRESIDENTE. Sì, questa è una richiesta formale che avanziamo.

FRANCO ASCIUTTI. Vi dovrebbe inoltre risultare, sempre a proposito della Thermoselect, un problema di acque. Mi risulta, infatti, che i tombini sono stati saldati.

Per quanto riguarda la situazione di Biella, il rapporto con la FIAT a che punto è? Com'è la situazione fra la regione, le province e i comuni?

ROBERTO LASAGNA. La prima domanda che rivolgo vi interessa in modo indiretto. Mi riferisco allo smaltimento dei rifiuti sanitari nella regione Piemonte. Sarebbe interessante conoscere i volumi e se vi siano delle strutture specializzate nella distruzione, immagino termodistruzione, dei rifiuti sanitari.

Siete in grado, inoltre, di fornirci una mappatura delle discariche del Piemonte? Vorremmo anche conoscere in dettaglio i nomi delle ditte che partecipano ai consorzi, se vi sono ditte private e se i consorzi siano costituiti da amministrazioni pubbliche.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sono tutti pubblici.

ROBERTO LASAGNA. Ci potete far avere la mappatura di cui ho parlato?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Su cartografia?

ROBERTO LASAGNA. Sì, vorremmo sapere quali sono le discariche riconosciute, autorizzate e gestite dal vostro consorzio.

Infine, siete a conoscenza di interramenti di materiale - che avrebbe dovuto essere smaltito in discarica in altro modo - lungo il percorso piemontese della valle Scrivia?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Confermo innanzitutto che invierò alla Commissione i verbali del comitato tecnico regionale relativi all'esame sulla sperimentazione della Thermoselect; possiamo anche aggiungere il dossier ...

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Nell'ultimo controllo dell'ARPA si evince che sono superati i limiti di emissione.

PRESIDENTE. Sì, ci servirebbero entrambe le cose: le risultanze del comitato tecnico e il verbale di controllo dell'ARPA.

ROBERTO LASAGNA. Ci sarebbe anche utile una cronologia.

PRESIDENTE. Sì, dovremmo conoscere anche le date.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Sì, senz'altro.

Per quanto riguarda il problema relativo alle acque, alla chiusura dei tombini, vi era stata una denuncia da parte dell'ente locale sugli inquinamenti della zona industriale. Sono stati ottenuti dei risultati, che però sono stati dati alla magistratura, perché la denuncia era stata rivolta alla magistratura. Pertanto, non sappiamo ancora se sia stata la Thermoselect o un'altra industria dell'area ad inquinare. L'azienda, comunque, era stata condannata, perché nel corso del processo si producono dei fanghi, che oggi sono classificati come pericolosi. Avevano chiesto, senza mai ottenerla, l'autorizzazione da parte della provincia - allora di Novara - allo stoccaggio, e quindi sono stati condannati.

Passiamo al problema Fenice. Vi era stato un decreto VIA da parte del Ministero dell'ambiente e di quello dei beni culturali. Dopodiché, questo decreto è stato contestato dalla neoprovincia di Biella. L'emanazione del decreto è dell'agosto 1995, e la provincia di Biella era nata subito prima. I rappresentanti della nuova provincia si recarono presso il Ministero dell'ambiente contestando l'emanazione di questo decreto di VIA favorevole. Sono state svolte parecchie riunioni e la regione aveva attivato un tavolo cui partecipavano sia esponenti della Fenice sia esperti della provincia di Biella sia, infine, rappresentanti di nostri uffici tecnici per verificare la possibilità di procedere alla presentazione di un progetto. Viste le opposizioni della provincia e anche dell'unione degli industriali di Biella - questo fu uno dei motivi che mise in difficoltà la FIAT - la FIAT non proseguì nella presentazione del progetto. Ad oggi, il progetto non è mai stato presentato per completare l'iter autorizzativo dell'impianto. Dal punto di vista locale, vi sono state numerose opposizioni, con marce e contestazioni di tutti i generi.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. In Piemonte si producono 40 mila tonnellate di rifiuti sanitari, comprendendo tra questi anche quelli prodotti da strutture sanitarie e che non sono infetti o potenzialmente infetti. Invece, quelli da destinare a termodistruzione ammontano a 7.500 tonnellate all'anno, prodotte in maggioranza nella città di Torino, che ha i più grossi ospedali piemontesi; circa il 40 per cento è prodotto nelle altre zone del Piemonte. Nel piano della regione Piemonte di cui vi consegneremo copia troverete anche la parte relativa ai rifiuti sanitari. Abbiamo ritenuto opportuna la previsione di un unico polo di smaltimento nei rifiuti sanitari. Sapete bene che esiste l'alternativa della sterilizzazione e del successivo smaltimento in discarica. Mentre prima, con la legge n. 45, vi erano entrambe le possibilità, nessuna delle quali era privilegiata, con il decreto Ronchi si privilegia l'incenerimento e si prevede la sterilizzazione e lo smaltimento in discarica solo nei casi in cui non esistono impianti di incenerimento autorizzati.

Nella regione Piemonte, nel 1988, avevamo due impianti di incenerimento dei rifiuti urbani che incenerivano anche i rifiuti sanitari, quelli di Mergozzo e Vercelli. Poi quello di Mergozzo è stato adeguato e non ha più inceneritore di rifiuti sanitari, e così l'unico impianto che brucia questi rifiuti è quello di incenerimento dei rifiuti solidi urbani di Vercelli, che è autorizzato anche per questo particolare tipo di rifiuti. Tutti gli altri impianti esistenti in Piemonte erano situati all'interno delle strutture sanitarie, ma non essendo adeguati prima alle norme del DPR n. 915 per le emissioni e adesso a quelle del decreto Ronchi, sono stati quasi tutti dismessi. Pertanto, una buona parte dei rifiuti sanitari prodotti in Piemonte è incenerita a Vercelli e buona parte è smaltita fuori regione; una piccola parte è sterilizzata presso l'ospedale Cottolengo, dove esiste un impianto denominato Bravo hospital, che sterilizza e contemporaneamente macina i rifiuti: il prodotto finale è una polvere che viene smaltita in discarica.

La provincia di Torino - e noi lo abbiamo caldeggiato - aveva ricevuto da parte dell'AMIET, cioè l'azienda di gestione del servizio rifiuti urbani, un progetto per realizzare un impianto di incenerimento dei rifiuti ospedalieri, ben sapendo che si tratta di un tipo di impianto che non ha un altissimo impatto ambientale, nel senso che il fumo non è più pericoloso di quello di un condominio. Tuttavia, vi sono state resistenze pazzesche da parte della popolazione per la localizzazione dell'impianto, e la provincia di Torino ha chiesto al Ministero dell'ambiente se anche questo impianto fosse sottoposto alla valutazione di impianto ambientale. Con il nuovo decreto legislativo si dà una risposta anche a questa domanda, nel senso che questi impianti non sono sottoposti alla VIA. Questa risposta potrebbe servire a sbloccare la situazione, anche se ci rendiamo conto che la cosa più difficile in questo momento è la localizzazione per gli impianti, per le discariche, per il termocombustore e, infine, per gli impianti di compostaggio.

Ad Asti, per esempio, esistono discariche già autorizzate e già provate, ma i cittadini non permettono che si entri per compiere le valutazioni o effettuare i carotaggi per vedere se il terreno è idoneo. Pertanto, è importante che si abbia la forza, che il Governo ci dia la forza per realizzare questi impianti.

PRESIDENTE. Questa ultima posizione viene respinta, perché la questione del consenso riguarda strettamente gli eletti nel territorio in cui il consenso stesso si produce! Ci sono precise responsabilità di Governo, ma non quella di creare consenso intorno a scelte che riguardano le attività, l'economia, o i temi ambientali locali.

AGATA MILONE, Dirigente del settore rifiuti della regione Piemonte. Ma nell'ultimo caso, forse, la prefettura avrebbe dovuto insistere di più affinché i tecnici entrassero all'interno dell'area.

PRESIDENTE. Non per sottovalutare i problemi, ma esiste una gerarchia precisa di responsabilità. Ovviamente, le esigenze che in un sistema complesso come quello italiano si pongono relativamente ad impianti che possono porre problemi di carattere ambientale devono trovare il massimo consenso popolare. Però bisogna anche decidere, questo è il dato di fondo.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Oltre alla mappatura delle discariche (a scala 1:100.000, quindi indicativa), fornirò l'elenco dei consorzi che agiscono in proprio e di quelli che utilizzano concessionari.

Per quanto riguarda gli interramenti lungo lo Scrivia, in questo momento non posso rispondere, non essendo preparato. Però abbiamo terminato il censimento delle aree inquinate per predisporre il piano delle bonifiche. Avevamo un piano bonifiche, e poiché il decreto Ronchi prevede che bisogna effettuare il censimento, per quest'anno abbiamo terminato il censimento di tutte le aree che presentano problemi di questo genere.

FRANCO ASCIUTTI. L'ultimo o il penultimo decreto Ronchi?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Il penultimo, il n. 22. Il prossimo censimento lo faremo nel 1998, perché deve avere frequenza annuale.

PRESIDENTE. La preghiamo di inviarlo alla Commissione. In un secondo momento ci dovrà anche inviare quello che tiene conto delle modifiche al decreto Ronchi.

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Va bene. Aggiungo sinceramente che, poiché le discariche in Piemonte si riempiono a ritmi paurosi, la mappatura deve continuamente correre dietro a localizzazioni diverse. Comunque si sono ridotte molto e adesso sono poche.

In conclusione, ho portato una copia del piano (che comunque vi avevo inviato a Roma insieme ad una nota di applicazione del decreto Ronchi della regione), della legge regionale n. 59, delle linee guida per gli interventi di bonifica dei terreni contaminati e l'elenco prezzi per le bonifiche. La regione Piemonte ha investito quasi 50 miliardi in bonifiche, più i fondi ottenuti dal Ministero (ricorderete sicuramente i casi dell'Interchim, di Piossasco e di Tortona). In questa cifra rientrano anche i 4 miliardi relativi al 1998, ma comunque i fondiinvestiti ammontano a circa 45-50 miliardi.

ROBERTO LASAGNA. Conoscete la destinazione del materiale ospedaliero trasportato fuori regione per la distruzione?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. Tale materiale in parte va in Francia ed in parte a Parma.

ROBERTO LASAGNA. Ma questo tipo di rifiuti è destinato a depositi o al terminale...?

GIORGIO BELFIORE, Responsabile del settore smaltimento rifiuti e risanamento atmosferico della regione Piemonte. E' destinato agli inceneritori.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo per il vostro contributo.

 

 

Incontro con il rappresentante dell'Unione industriali di Torino.

PRESIDENTE. Dai precedenti incontri abbiamo ricavato un panorama abbastanza esaustivo della situazione che caratterizza la gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Piemonte. Da lei, in particolare, vorremmo acquisire dati di conoscenza in merito agli aspetti attinenti le scelte tecnologiche e gli interessi da parte del mondo delle imprese a colmare il ritardo, che tra l'altro si registra in tutta Italia, nell'avviare una gestione che possa eliminare le disfunzioni che caratterizzano il pianeta rifiuti.

In definitiva, vorremmo sapere quali siano gli orientamenti tecnologici prevalenti nonché la valutazione che, dal punto di vista industriale, si da delle capacità amministrative, a livello sia regionale sia locale. Infine, siamo interessati a conoscere non dico il business plan ma almeno gli intendimenti in ordine ad una situazione che, tra i molteplici ritardi, ha fatto registrare anche quelli delle imprese.

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriali di Torino. Sono stato delegato dal presidente dell'associazione a rappresentarlo in questa sede, nella mia veste di responsabile dell'area energia ed ambiente. L'Unione industriale di Torino è l'associazione territoriale aderente a Confindustria che presidia la provincia di Torino ed accoglie circa 2.300-2.400 imprese, pari a circa il 70 per cento della forza lavoro nel settore privato della nostra realtà provinciale. Rappresentiamo, quindi, un osservatorio privilegiato in ordine al problema dei rifiuti; del resto, la maggior parte delle nostre imprese sono manifatturiere e, in quanto tali, tendono a produrre rifiuti. All'Unione sono inoltre associate anche le imprese che operano nel settore dello smaltimento dei rifiuti, per cui conosciamo le problematiche specifiche non soltanto attraverso gli occhi dei produttori di rifiuti ma anche attraverso quelli degli smaltitori.

PRESIDENTE. Si tratta di un aspetto fondamentale, perché legato alla consapevolezza che lo smaltimento dei rifiuti rappresenta una possibilità rilevante dal punto di vista del sistema industriale.

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriali di Torino. Con riferimento al discorso dello smaltimento dei rifiuti, consideriamo la regione Piemonte e, in particolare, la provincia di Torino, un'area tutto sommato abbastanza fortunata nel confronto con altre realtà del nostro paese. Ciò perché la maggior parte dei rifiuti prodotti nella nostra area trova una possibilità di smaltimento nell'area stessa. Come associazione industriale, sosteniamo in modo forte il discorso dell'autosufficienza e riteniamo che, se è vero che il nostro territorio produce rifiuti, a fronte di una rete industriale e di una serie di attività economiche, sia responsabilità del nostro sistema, province e regioni, provvedere allo smaltimento di tali rifiuti, fermo restando il discorso sulla peculiarità delle tipologie particolari. Per noi è assolutamente fondamentale che un'area come quella torinese, a forte tasso di industrializzazione, sia dotata di infrastrutture capaci di garantire lo smaltimento dei rifiuti a prezzi corretti.

Negli ultimi anni è stato evocato un rischio di deindustrializzazione della nostra area, un rischio che ci preoccupa oggettivamente e che continua a persistere. E' chiaro che gli investitori guardano ad aree con caratteristiche favorevoli, anche in termini di costi. Sotto questo profilo, un fattore che consideriamo non trascurabile è quello relativo ai servizi di tipo ambientale. Tra questi, i due fondamentali sono il trattamento delle acque di scarico (in ordine al quale la nostra area è molto ben dotata) e lo smaltimento dei rifiuti industriali, con riferimento non soltanto alla possibilità, appunto, di smaltire questi ultimi ma anche a quella di farlo sostenendo possibilmente prezzi congrui. Sotto questo profilo, a nostro avviso, nonostante le peculiarità della nostra realtà, va realizzato un minimo di mercato, anche perché consideriamo pericoloso e dannoso per un sistema industriale dipendere, ai fini dello smaltimento dei rifiuti, da impianti unici, sia perché questi impianti possono avere problemi di varia natura che possono limitarne o addirittura interromperne l'attività (in questi casi, vi assicuro, la ricaduta sulle nostre imprese è immediata e drammatica), sia perché condizioni di monopolio possono creare condizioni non corrette sotto il profilo dei costi.

Dicevo in premessa che la nostra situazione è ragionevolmente felice. Va considerato, ad esempio, che l'unica discarica di tipo 2-C esistente in Italia, a parte la piccola discarica di Vasto, è a Collegno, a pochi chilometri da Torino. Sempre vicino a Torino è localizzato quello che credo sia il più grande impianto nazionale per lo smaltimento di rifiuti liquidi a base acquosa, l'impianto della Servizi industriali. Inoltre, non distante da Torino, vi è una discarica di categoria 2-B, per rifiuti che presentano caratteristiche tali da non rendere necessario il conferimento in una discarica di tipo 2-C. Avevamo una discarica per rifiuti assimilati agli urbani, che ha chiuso all'inizio del mese, ma abbiamo anche un sistema di discariche per rifiuti urbani che, sia pure in un momento di emergenza per questo tipo di rifiuti, sta sopperendo alla bisogna. In tale contesto, il nostro imprenditore che produce rifiuti può smaltire, nella maggior parte dei casi, a distanze non rilevanti, presso impianti autorizzati - e, riteniamo, funzionanti in modo corretto - con impatto ambientale monitorato e sotto controllo, in condizioni ottimali.

In tale contesto, si registra un vuoto rappresentato dagli impianti di combustione. Esistono rifiuti che, per loro natura, a nostro giudizio - e non solo a nostro giudizio - , per essere smaltiti correttamente sul piano ambientale, debbono essere bruciati, dal momento che presentano un elevato potere calorifero e in alcuni casi contengono sostanze non suscettibili di alcun trattamento diverso dalla combustione. Questi rifiuti, purtroppo, nella nostra regione possono essere smaltiti in quantità molto limitate. In particolare, esiste un piccolo inceneritore per rifiuti a base oleosa vicino Torino. Quando però pensiamo, ad esempio, a quello che è un rifiuto classico dell'industria metalmeccanica, la melma di verniciatura, non possiamo non considerare come il potere calorifero di quest'ultima sia interessante, contenga tracce di solvente, materiale volatile che nel tempo può passare in atmosfera; ebbene, oggi questo rifiuto è smaltito in discarica proprio perché mancano impianti di incenerimento. Eppure, incenerendolo, potremmo ricavare energia e ridurre enormemente i volumi da collocare eventualmente in discarica; tutto ciò senza voler pensare alle possibilità tecnologiche oggi offerte addirittura per un recupero del materiale da residuo.

In sostanza, esiste un tipo di rifiuti che "emigra" dal Piemonte e va a finire o in impianti di incenerimento (mi riferisco ai rifiuti che debbano essere necessariamente inceneriti e che non possono andare in discarica) collocati nel nord-est (penso, in particolare, agli impianti ex Montedison), oppure in Francia. Ciò avviene soprattutto per rifiuti di elevata pericolosità, quali, ad esempio, i PCB. Uno dei principali smaltitori nazionali di PCB è proprio a Torino, ma questi rifiuti vengono portati in Francia o in Inghilterra.

PRESIDENTE. A chi si riferisce?

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriale di Torino. Alla Elma di Moncalieri.

PRESIDENTE. La Elma di Moncalieri, però, non provvede direttamente allo smaltimento dei PCB ma li avvia in Francia. E' così?

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriale di Torino. Sì, necessariamente. In Italia esiste - o esisteva - un impianto per incenerire PCB a Porto Marghera, ma solo nel caso di PCB in forma liquida. Un impianto del genere, tuttavia, è chiaramente insufficiente perché, quando si deve bonificare un trasformatore, si può svuotare il liquido contenuto in quest'ultimo o nel condensatore, ma si ottiene comunque, come residuo, una struttura solida che va bonificata. In questo caso, se si tratta di superfici metalliche,m la Elma provvede con know how proprio alla bonifica e alla pulizia in superficie, ma è evidente che le parti in legno o in carta impregnata non sono recuperabili e, quindi, vanno bruciate. Queste ultime sono quindi portati ad impianti, tra l'altro molto belli, a non molta distanza dal nostro confine, nella zona di Lione (inoltre, dovrebbe essercene uno anche in Inghilterra).

In definitiva, considerato che il nostro obiettivo è quello di essere autosufficienti, non possiamo che lamentare le carenze cui ho fatto riferimento. L'interrogativo dal quale partire per qualsiasi tipo di riflessione è il seguente: perché in Piemonte non vi sono impianti di combustione per questo tipo di rifiuti? Il discorso è complesso, ma è evidente come anche in Piemonte, alla stessa stregua di quanto accade in tutto il mondo occidentale, la realizzazione di impianti di smaltimento risulti particolarmente problematica. In passato la regione ci ha spesso rimproverato, chiedendo che imprenditori con la "i" maiuscola, che pure non mancano nell'area torinese, si facessero carico del problema ed avviassero iniziative nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Il problema è che l'imprenditore con la "i" maiuscola, nel momento in cui avvia una iniziativa, fa dei conti. Oggi avviare un iter autorizzativo relativamente ad un impianto a tecnologia complessa presuppone un investimento al buio, il cui esito è tutt'altro che scontato. Va infatti considerato che la progettazione dell'impianto è alquanto onerosa, così come lo è anche l'acquisizione dell'area; inoltre, come tutti sappiamo, in questi casi ci si scontra inevitabilmente con fortissime resistenze a livello locale che possono impedire la realizzazione dell'impianto, anche quando questo sia tecnologicamente avanzato. La Commissione è certamente al corrente della vicenda del progetto di inceneritore presso lo stabilimento FIAT di Verrone: nonostante si tratti di un progetto valutato positivamente in sede nazionale dalla commissione VIA e malgrado lo stesso sia riconosciuto un po' da tutti come un piano tecnologicamente all'avanguardia, non si riesce a realizzarlo a causa della fortissima opposizione a livello locale che, di fatto, è riuscita a bloccare qualsiasi possibilità di intervento. Tra l'altro, l'inceneritore sarebbe collocato non in campagna o nei pressi di un centro abitato bensì all'interno di uno stabilimento industriale funzionante ed operante.

Alla luce di questa situazione, dovrei dire di essere un po' pessimista circa la possibilità che le carenze attualmente riscontrabili possano essere superate in tempi rapidi. Non posso non osservare, comunque, come il decreto Ronchi possa essere considerato idoneo al fine di consentirci di fare un passo in avanti decisivo. Nel momento in cui tale provvedimento prevede che in futuro la discarica possa essere adibita a recepimento soltanto di certi rifiuti, concetto, questo, che condividiamo al cento per cento, è evidente che ci si trova di fronte ad uno stimolo per la realizzazione di nuovi impianti. Ciò nonostante, la preoccupazione rimane, anche perché le ragioni che impediscono la realizzazione degli impianti non possono certo essere aggirate dal decreto Ronchi.

L'auspicio è che il sistema imprenditoriale si faccia carico di proposte credibili e tecnicamente adeguate, di concerto con il sistema pubblico che, dal canto suo, dovrebbe agevolare il superamento degli ostacoli burocratico-amministrativi; se tale prospettiva non si realizzerà, continueremo a vivere una situazione di incertezza, con il permanere di alcuni impianti che sopravvivono con difficoltà, essendo oggetto, soprattutto in occasione del rinnovo delle autorizzazioni, di attacchi molto pesanti da parte di associazioni ambientaliste, sindaci e comitati di cittadini. Se non riusciremo a superare l' impasse, il rischio è che, siccome, bene o male, i rifiuti si continueranno a produrre, sia pure in quantità minore, vi possano essere soggetti che traggano profitto da questa situazione, proponendo soluzioni ai margini della legalità o, addirittura, in contrasto con la stessa, soprattutto nell'interloquire con le realtà produttive meno preparate, le più piccole...

PRESIDENTE. Lei sta parlando di un possibile rischio oppure di una situazione già riscontrabile concretamente in Piemonte e nell'area torinese?

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriali di Torino. In Piemonte e nell'area torinese vi sono stati episodi di criminalità veri e propri posti in essere da singoli operatori. Si tratta, del resto, di vicende note a tutti. Credo, tuttavia, che, fortunatamente, si sia trattato di episodi abbastanza marginali. In termini quantitativi, gli episodi di maggiore rilevanza - almeno stando a quanto riportato dalla stampa - sono stati legati al conferimento di rifiuti impropri a discariche pubbliche. Comunque, grazie alla possibilità di smaltire i rifiuti nella nostra area, queste situazioni sono rimaste circoscritte.

PRESIDENTE. Mi permetto di farle osservare che il problema al quale lei si è riferito con toni preoccupati ha a che vedere con i ritardi cui accennavamo all'inizio dell'incontro. Probabilmente, il modo migliore per superare i ritardi è di presentare, nel contesto di una sorta di accoppiata pubblico-privato (controlli pubblici e realizzazioni private), un livello di trasparenza e di fiducia che, da solo, sia in grado di creare consenso. Se consenso non vi è stato, è perché spesso si è sbagliato nel non informare la popolazione, nel non fornire dati corretti, il tutto accompagnato talvolta da una sostanziale latitanza sia delle amministrazioni sia dei proponenti. Certo, si tratta di una strada sicuramente percorribile in modo non agevole, ma credo sia l'unica da battere.

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriali di Torino. Concordo con lei, presidente. Tra l'altro, sul nostro territorio vi è una dimostrazione concreta...

PRESIDENTE. Per fortuna, di queste dimostrazioni la Commissione ha avuto contezza anche in aree molto meno "felici" del Piemonte. Nel momento in cui si percorre la strada dell'informazione e del convincimento, si crea un consenso di massima indubbiamente positivo.

MASSIMO SETTIS, Rappresentante dell'Unione industriali di Torino. Il nostro sistema dispone di un impianto, la discarica di Barricalla, che rappresenta uno degli esempi felici di collaborazione tra pubblico e privato. Vi sono state molte difficoltà nella fase di realizzazione dell'impianto, ma tali difficoltà sono state comunque superate.

PRESIDENTE. Nel salutarla, la invito a rivolgere una particolare attenzione - in questo mi faccio interprete di un'esigenza già manifestata dal collega Asciutti - oltre che agli impianti di termodistruzione, anche ai sistemi di trattamento di prodotti a base plastica. Il sostituto procuratore di Asti ci ha informato dei problemi che incontra in presenza di grossi quantitativi di rifiuti a sostanziale base di plastica, giunti in Italia in modo non corretto. Tali rifiuti saranno rimossi dall'area dell'astigiano, ma resta comunque il problema sintetizzabile nell'interrogativo: è mai possibile che non esista un impianto che consenta di smaltire la plastica? In realtà, impianti di questo genere esistono; il collega Asciutti, nel corso della conferenza stampa, ha ricordato che ve ne è uno a Perugia e che in Italia ne esistono complessivamente circa sei o sette. Indubbiamente, un settore verso il quale convogliare gli sforzi è quello finalizzato ad una separazione e riciclaggio delle plastiche, cosa che pure è possibile, come abbiamo potuto constatare in vari - ma comunque molto pochi - impianti operanti nel nostro paese.

La ringraziamo.

 

Incontro con il dottor Cesare Parodi, sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino.

PRESIDENTE. A nome della Commissione, saluto il dottor Parodi.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Il dottor Guarniello mi ha delegato a partecipare a questo incontro, al quale non gli è stato possibile intervenire a causa di un lutto di famiglia.

PRESIDENTE. Ci dispiace molto.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Comunque, io sono il responsabile del settore ambiente della procura circondariale di Torino.

La realtà piemontese, per come la conosco io e per come la vedo dall'osservatorio privilegiato dalla procura circondariale di Torino, è caratterizzata da un flusso di rifiuti provenienti dall'esterno più che da un transito di rifiuti che dal Piemonte è avviato verso altre regioni. Si sono verificati episodi accertati, per i quali sono in corso procedimenti, con riferimento, ad esempio, a rifiuti prodotti in Lombardia avviati in discariche del Piemonte, pur a fronte di una normativa regionale, una legge del 1990, che vieta...

PRESIDENTE. Il flusso di rifiuti è avvenuto in modo illecito?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Sì, certamente. Da Monza e dai comuni limitrofi, nel 1995, sono arrivati quantitativi di rifiuti...

PRESIDENTE. Il comune di Monza è stato "equanime": è riuscito a mandare rifiuti un po' in tutta Italia, anche nel Lazio!

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Attualmente, è in corso il relativo processo. I rifiuti sono fatti transitare, previa una loro riqualificazione (originariamente erano rifiuti urbani e sono stati fittiziamente qualificati come assimilabili agli urbani), verso il Piemonte, fittiziamente cerniti presso ditte piemontesi (per cui diventavano rifiuti prodotti a tutti gli effetti in Piemonte), e a quel punto smaltiti nella discarica di Beinasco, dove non avrebbero potuto essere accolti, trattandosi di una discarica realizzata da un consorzio di comuni e destinata soltanto allo smaltimento dei rifiuti urbani - o, al massimo, assimilabili - prodotti dai comuni interessati.

PRESIDENTE. Avete avviato indagini nei confronti delle ditte piemontesi che hanno prodotto false certificazioni?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Certo, sono già a giudizio. La principale ditta è la Servizi Torino di Beinasco e poi vi sono altre ditte minori, tra le quali la Saraceno, delle quali francamente non ricordo in questo momento il nome.

PRESIDENTE. Le chiediamo formalmente di farci pervenire una informativa documentata e dettagliata.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Senz'altro, presidente. Se non ricordo male, il processo dovrebbe terminare a febbraio-marzo.

PRESIDENTE. La Commissione le anticipa una richiesta di visione degli atti, alla quale seguirà eventualmente una richiesta di accesso agli atti stessi.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. La documentazione è molto corposa ma esiste comunque una relazione di sintesi, che credo consti di quaranta pagine, molto chiara ed esemplificativa.

PRESIDENTE. Le chiediamo allora di farla pervenire tempestivamente alla Commissione.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Lo farò senz'altro.

Ovviamente, temiamo che il fatto al quale mi sono richiamato in precedenza non sia isolato, anche perché la nostra regione confina con la Lombardia, cioè con un'area che produce quantitativi enormi di rifiuti. Al momento, non ci risultano notizie di reato certe, ma non escludo che in tempi brevi possa essere avviata qualche altra indagine in questa direzione. Il problema, come potrete immaginare, è che si tratta di indagini di una certa difficoltà, non tanto per chi gestisce il dibattimento quanto, piuttosto, per la polizia giudiziaria che deve svolgere un lavoro pesante e lungo, anche perché spesso si tratta di esaminare una quantità inimmaginabile di documentazione.

PRESIDENTE. Quale organo di polizia giudiziaria ha operato alle dipendenze della procura con riferimento alle vicende da lei segnalate?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Attualmente la procura di Torino si trova in una situazione ottimale, anche se si potrebbe far meglio. Dal 1990 opera un gruppo di lavoro formato da sostituti e, con la collaborazione molto fattiva del comune di Torino, è stato creato un nucleo di polizia giudiziaria specializzato, costituito da cinque-sei persone... (Commenti). Rispetto ad altre realtà, ci troviamo in una condizione fortunatissima; rispetto al lavoro che immaginiamo di poter svolgere ed al bisogno di chiarezza, il numero è appena sufficiente.

Inoltre, ci avvaliamo anche di due-tre ispettori della provincia di Torino, alcuni dei quali attualmente transitati all'ARPA, i quali di fatto, essendo distaccati, lavorano a tempo pieno alle dipendenze della procura.

PRESIDENTE. Di che personale si tratta?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Di ispettori ecologici della provincia.

PRESIDENTE. In sostanza, la strutturazione è quella delle guardie provinciali...

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. No. La provincia ha degli ispettori addetti soltanto al controllo ecologico.

PRESIDENTE. Si tratta dei componenti dei vecchi presidi multizonali?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Credo di sì. Comunque, il nucleo era costituito da 6-8 ispettori, dei quali due erano distaccati alla procura di Torino ed un altro seguiva le indagini per periodi limitati. Si trattava di personale altamente qualificato che, tuttavia, poteva lavorare soltanto part-time.

Inoltre, ci avvaliamo, entro certi termini, del Corpo forestale, che svolge un lavoro qualitativamente buono. Tutti sappiamo quale sia la presenza del NOE sul territorio: mi risulta che vi siano soltanto sette addetti per il Piemonte e la Liguria.

PRESIDENTE. Non ci dovrebbe essere una sezione regionale del NOE?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Purtroppo, si tratta di pochissime unità: anche se si trattasse di superman, sarebbero comunque insufficienti a fronte di un territorio tanto vasto.

Diamo molta importanza al lavoro capillare, che riteniamo non debba essere trascurato con riferimento al settore ambientale perché, in realtà, le buone indagini, quelle che portano a risultati effettivi e, in alcuni casi, all'individuazione di precise responsabilità - e, comunque, in ogni caso, alla scoperta di realtà problematiche - non possono essere poste in secondo piano. Per questo lavoro ci avvaliamo, più che altro, della polizia municipale, che potrebbe sembrare un corpo non particolarmente qualificato ma nel quale stiamo cercando di creare una cultura dell'indagine ambientale, sotto il profilo sia penale sia amministrativo, proprio perché soltanto chi opera nelle realtà locali può essere il primo a percepire problemi legati allo smaltimento di rifiuti ed all'inquinamento atmosferico e delle acque, e quindi ha la possibilità di chiedere agli organi tecnici competenti, l'ARPA o la procura, il supporto e l'ausilio per sviluppare determinate indagini.

PRESIDENTE. Nel procedimento avviato in relazione ai traffici dei quali parlava prima, sono emersi anche reati associativi?

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. No, non sono emersi reati associativi. Il reato associativo, come certamente saprete, rientra nella competenza di un altro ufficio.

PRESIDENTE. Ci potrebbe essere stato un passaggio...

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Il passaggio non c'è stato perché non è emersa in maniera chiara e trasparente una strutturazione dell'organizzazione ma, piuttosto, una serie di rapporti tra persone, probabilmente non orchestrate da un vertice ma che hanno tutte agito nel loro singolo interesse nell'ambito di una catena...

PRESIDENTE. Ho capito. Le pongo allora una domanda più precisa, demandando a lei la scelta se sottoporre o meno la risposta ad un regime di riservatezza. All'interno dell'inchiesta, le risultano rapporti tra la Service Torino SpA...

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. In realtà, si tratta della Servizi Torino.

PRESIDENTE. Mi riferivo ai rapporti tra questa società, che è di Mario Di Francesco, ed operatori impegnati nel settore dei rifiuti in Campania.

CESARE PARODI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura circondariale di Torino. Questo dato non è emerso specificamente dall'indagine. La Servizi Torino è stata spesso oggetto di accertamenti prima da parte degli organi dell'USL e recentemente dell'ARPA. Certamente non sono emersi fatti clamorosi di una certa entità, che pure non posso escludere. Posso solo dire che nell'ambito di quella indagine, che tra l'altro ho seguito personalmente, questo aspetto non è emerso. Certo, è possibile ma non ne ho conoscenza diretta.

PRESIDENTE. La ringraziamo.

 

 

 

 

Incontro con la dottoressa Marina Caroselli, sostituto procuratore della Repubblica di Novara.

PRESIDENTE. Dottoressa Caroselli, il nostro incontro avviene oggi a Torino perché la serie di sopralluoghi effettuati dalla Commissione ci ha impedito di fermarci a Novara.

Nel sopralluogo effettuato ieri nell'impianto nei pressi di Novara abbiamo potuto notare che non ci sono più le montagne di terriccio che impropriamente venivano definite compost e che la nuova amministrazione sembra ben orientata ad utilizzare immediatamente la parte dell'impianto che può essere usata ed a valutare se, con le opportune modifiche, anche la parte a monte dell'impianto stesso possa essere recuperata, per limitare i danni che la collettività ha subito.

Venendo appunto a questi danni, la preghiamo di metterci al corrente, con la massima sintesi, della situazione. Ricordo che la precedente Commissione monocamerale di inchiesta era già stata sul posto due anni fa. Questo caso, in una regione in cui le notizie che abbiamo avuto ci confermano che si stanno compiendo passi in avanti verso una gestione normale del problema rifiuti, è diventato emblematico, e quindi vi è attesa affinché gli uffici preposti al procedimento penale ci mettano al corrente dei passi compiuti per portare in dibattimento la questione.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Ho letto recenti articoli di stampa che richiamavano degli articoli, credo con interpretazioni erronee dei commenti fatti nella precedente audizione, in ordine alla conclusione delle indagini. Il procedimento...

PRESIDENTE. Mi scusi, la Commissione non è informata di questo, anche perché non riceviamo la rassegna stampa locale e comunque non ha molta importanza. Per noi fa fede ciò che lei ci dirà in questa audizione.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Questo soltanto per spiegare che le indagini si sono concluse, nel senso che i termini per le indagini preliminari sono scaduti nel novembre 1995. Quindi, l'indagine è chiusa in questo momento. E' ovvio che, per ragioni di procedura (che forse è inutile approfondire ora) è possibile, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, sentire ancora testi e, in sede di udienza preliminare, effettuare ulteriori approfondimenti, che possono essere anche di natura peritale. Vi sono carenze nelle indagini, che dovranno essere approfondite successivamente.

PRESIDENTE. Mi scusi, il punto è proprio questo. Lei ci sta comunicando che l'impegno che era stato professato dalla procura all'epoca è stato mantenuto, nel senso che l'indagine è stata chiusa entro i termini.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, perché è obbligatorio.

PRESIDENTE. Allora, spieghi al profano perché i due anni che sono intercorsi non hanno visto l'avvio del dibattito.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Ho portato una parte dei documenti relativi alle indagini, anche perché, forse, visivamente dà il senso dell'impegno necessario. E' un'indagine molto complessa che vede implicati moltissimi personaggi non soltanto novaresi. I personaggi implicati possono essere divisi in due gruppi: da un lato gli amministratori e i politici, dall'altro gli imprenditori. Costoro hanno agito - in generale nell'ambito della raccolta dei rifiuti, del compostaggio e degli inceneritori, e poi in una serie di ambiti sempre a livello ambientale, come la depurazione delle acque - in tutta Italia. Quindi, i collegamenti sono enormi. Si tratta del gruppo Acqua dei fratelli Pisante, che è stato pluriinquisito, da Milano, a Monza, a Catania, a Manfredonia per i nastri trasportatori, a Savona eccetera.

PRESIDENTE. Mi scusi, poiché non ho memoria precisa di queste cose, dei vari procedimenti a carico della ditta Pisante qualcuno è arrivato alla fase del dibattimento?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Qualcosa a Milano sì, perché so che i fratelli Pisante hanno avuto delle condanne a Milano.

In questo procedimento, a un certo punto delle indagini, è emerso, grazie al fatto che la nostra procura si è attivata andando a cercare documenti e collegamenti con gli altri colleghi, e in particolare con l'autorità giudiziaria di Monza, che proprio in relazione alla vicenda dei nastri trasportatori di Manfredonia erano stati sequestrati dei documenti ad un certo Giroletti Achille, sempre del gruppo Acqua, che è una holding gigantesca che non descrivo perché sarebbe necessaria una mappa geografica per mostrare i vari collegamenti. In quegli appunti si dava atto di qualcosa che sembrava una tangente relativa a Novara. Poiché a Novara era ancora in piedi la vicenda del digestore, abbiamo acquisito quei documenti ed io ho fatto uno stralcio da questa indagine. Questo stralcio - ho portato le sentenze definitive - si è concluso con una serie di patteggiamenti.

PRESIDENTE. Presso il tribunale di Novara?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, vi è una serie di procedimenti conclusi presso il tribunale di Novara, in questi due anni...

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. ...con patteggiamento. Però questa che sembrava una tangente alla fine è stata qualificata necessariamente come finanziamento illecito ai partiti. Si parla degli anni 1991-1992, c'era la campagna elettorale, e quindi questi personaggi, cioè gli imprenditori del gruppo Acqua, "ungevano le ruote", come era loro abitudine fare dappertutto. Noi riteniamo che queste elargizioni fossero...

PRESIDENTE. Lei però prima ha detto che pensava che un procedimento si fosse concluso, probabilmente senza patteggiamento, presso il tribunale di Milano.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, ma perché so per certo che nei confronti di Pisante Ottavio ci sono state delle condanne a Milano perché alla fine ha patteggiato solo un aumento di pena in continuazione sulle condanne milanesi. Ecco perché ho detto che a Milano ci devono essere stati dei giudizi ormai definitivi. Quindi, tutti questi personaggi hanno patteggiato, salvo poi ad avere fatto condoni sotto il profilo fiscale, dato che l'altro reato che veniva contestato aveva natura fiscale. Queste sono le sentenze. Diciamo che per quella parte sono del 1996: alla fine i procedimenti sono stati lunghi perché c'erano problemi con i GIP, con le udienze, con le richieste di deposizioni eccetera. Quindi, si sono conclusi nel 1996. Questo per l'unica parte accertata di elargizioni economiche. C'era un'altra parte, che però è rimasta a livello di sospetto, di indizio, e probabilmente non riuscirà a portarci...

PRESIDENTE. Elargizioni economiche ad esponenti politici, o in quanto esponenti di partiti?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì.

PRESIDENTE. Per capirci, hanno dato i quattrini a determinate persone in quanto in quel momento rappresentavano dei partiti?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, per questa parte. In questo procedimento ciò che è emerso, ma ripeto forse a livello non sufficiente per chiedere il rinvio a giudizio, nel senso che si parlava di voci, è una tangente che era stata quantificata in circa 500 milioni e che era girata all'inizio degli anni ottanta. Devo premettere che questo procedimento parte dall'esposto di Pietro Bertinotti, che era membro del consorzio dei rifiuti solidi urbani.

PRESIDENTE. E lo è ancora, lo abbiamo incontrato nel corso dei nostri sopralluoghi.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, è la persona che si è attivata di più in relazione a queste vicende. Credo che Bertinotti avesse presentato un primo esposto nel lontano 1985. Di questo esposto non so assolutamente nulla: non so che esito avesse avuto e cosa fosse successo allora. Il nostro procedimento trae origine dalla fine del 1993, quando Bertinotti presenta un altro esposto. Ai primi del 1994 viene iscritto un fascicolo nei confronti di una serie di indagati, che sono essenzialmente Pisante Giuseppe, per la società Acqua, Rastelli Sergio, che è il rappresentante della ICOR... Era, infatti, un raggruppamento temporaneo di imprese: ICOR, ITEM, originariamente... L'ITEM era l'impresa del Marelli che poi ha cambiato nome e ha ceduto tutti i contratti (era in amministrazione controllata) alla Acqua. Sembra che in realtà la società Acqua non avesse neanche l'iscrizione all'albo dei costruttori sufficiente per questo. Poi è diventata di nuovo EMIT, quindi vi è stata tutta una serie di passaggi. Quindi, loro seguivano la parte elettromeccanica mentre la ICOR di Sergio Rastelli seguiva la parte edile.

PRESIDENTE. Sì, questa parte è registrata nella documentazione della Commissione d'inchiesta della precedente legislatura.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Gli altri imputati sono il direttore dei lavori, l'ingegner Marforio Rinaldo, che ha sempre agito d'accordo, anzi succube, dell'impresa Acqua, perché in realtà ciò che è emerso e che egli ha ammesso nei suoi interrogatori è che di fatto firmava...

PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha l'elenco degli imprenditori e dei direttori dei lavori coinvolti nella vicenda. Probabilmente, quando prima ho parlato di attesa, il riferimento era anche ad un altro aspetto: se qualcuno, come lei dice, ha dato tangenti, se sono state coinvolte persone in quanto esponenti di partiti, ci si attenderebbe di sapere se vi siano stati rinvii a giudizio o patteggiamenti nei confronti di esponenti politici.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Su questa parte no, perché la cosa è rimasta a livello di sospetto.

PRESIDENTE. Lei prima diceva che i patteggiamenti sono stati conclusi.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Questi sì, come finanziamento illecito ai partiti: non si è potuto provare il collegamento con la vicenda del digestore, e quindi che si trattasse di corruzioni. Pertanto, sono stati qualificati i finanziamenti illeciti ai partiti, che come tali sono stati sanzionati.

PRESIDENTE. Invece, sull'ipotesi più stringente che vi fossero stati episodi di corruzione diretta nei confronti di persone in quanto tali o in quanto esponenti di partito...

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Esponenti amministrativi e politici locali, diciamo a livello comunale e regionale.

PRESIDENTE. ...per quanto riguarda la sua indagine siamo solo a livello di ipotesi.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì. Il primo a parlarne è stato proprio Pietro Bertinotti, il quale si è riferito ad altri personaggi che gli avrebbero fatto queste confidenze. Ovviamente, questi altri personaggi sono stati interrogati, ma in pratica ciascuno ha rimandato il tutto a Pietro Bertinotti, dicendo che l'aveva saputo da lui. I personaggi che sarebbero stati indicati come referenti per l'elargizione di questa famosa tangente sono tutti morti: lo erano già prima che l'indagine arrivasse a me. Sembrava la maledizione di Tutankamon...

PRESIDENTE. Allora, forse è inutile chiederle se ci sono stati dei reati che nel frattempo sono stati prescritti.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Purtroppo, la maggior parte dei reati era già prescritta nel momento in cui l'indagine è arrivata a me. L'appalto-concorso dell'impianto risale al 1979, che è l'anno in cui è stato bandito. La nomina della commissione aggiudicatrice è del marzo 1980. Nel novembre 1980 la gara viene vinta dalla ITEM-ICOR.

PRESIDENTE. Va bene, è chiaro. I fatti corruttivi in ipotesi corrono il rischio, ove venissero dimostrati, di andare in prescrizione?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Si parla dell'inizio degli anni ottanta, quindi si pensa ad una prescrizione...

PRESIDENTE. Anche per i fatti corruttivi?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, e per di più non sono neanche accertati: se fossero stati accertati, forse un collegamento ...

PRESIDENTE. Quindi, lei ci sta dicendo che, quand'anche fossero accertati dal suo ufficio nel corso delle indagini, vi sarebbe una constatazione di morte.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Purtroppo è quasi un processo nato morto. Allora, vi dico cosa, forse, può essere salvato, ed è per questo che, purtroppo, anche dopo la chiusura formale delle indagini, le valutazioni sono delicate, perché il processo è molto ampio, e quindi non è molto semplice valutare tutte le emergenze e le possibilità. Tutta quella che è stata la turbativa d'asta era già abbondantemente prescritta. Tutti gli episodi che possono essere qualificati come abuso d'ufficio erano già dall'inizio ampiamente prescritti. Diciamo che la parte attiva ...

PRESIDENTE. Scusi, chi ha validato l'impianto?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Non è mai stato collaudato.

PRESIDENTE. No, validato. Il consorzio non si è mai rivolto ad una società specializzata per sapere - visto che si spendeva una barca di soldi - se l'impianto fosse buono o meno?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Emerge in modo palese che, sin dall'inizio, il direttivo del consorzio aveva già deciso che il progetto che doveva essere appoggiato e doveva vincere era quello della ITEM. E' palese. Lo stesso direttore dei lavori che faceva parte della Commissione aggiudicatrice, e tentava inizialmente di appoggiare un altro progetto...

PRESIDENTE. E questi reati palesi sono anch'essi...?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Tutti prescritti. Per l'abuso d'ufficio, la prescrizione, in base all'ultima riforma, è diventata addirittura quinquennale. Il reato di cui all'articolo 323 è punito con una pena che arriva fino a tre anni.

PRESIDENTE. Quali sono, allora, le cose che si potrebbero salvare?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Spero qualche episodio, ancora di abuso di ufficio, però relativo all'ultima fase.

PRESIDENTE. In quali anni? Nel 1992?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. No, no, intorno al 1987. Ma forse, con la continuazione ... se ci fossero episodi successivi al 1989, perché vi è stata l'interruzione della prescrizione, ce la faremmo ancora. Ma ne dubito, perché tutti i lavori si sono conclusi nel 1985. Il collaudo negativo, però, è arrivato soltanto nel gennaio 1993, e quindi è soltanto da quel momento che le acque si sono cominciate ad agitare. Si era saputo, informalmente, alla fine del 1992, ed ecco perché Pietro Bertinotti ripresentò l'esposto e la cosa diventò finalmente chiara. Fino ad allora, per la completa ignoranza in materia tecnica di tutta l'assemblea del consorzio e di alcuni dei membri del direttivo, e sicuramente dei tecnici, cioè di coloro che erano stati nominati nella Commissione tecnica (o ignoranza o malafede, per gli accordi spartitori che erano intercorsi), l'opera è andata avanti senza che ci fossero mai collaudi funzionali. Fino alla fine tutti speravano che l'impianto potesse funzionare.

E allora, ciò che si salva è, forse, qualche episodio finale. Si salvano dei falsi, perché vi sono falsi ideologici e falsi materiali, falsi di vario genere che vanno dal libro di cantiere che è stato ricostruito a posteriori ...

PRESIDENTE. Quindi, qualche falso ideologico è rintracciabile.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, sì. Per esempio, la famosa quota zero-zero di cui vi avrà parlato il dottor Bertinotti, cioè la quota che giustificò una variante con un riempimento e un sopralzo, era falsa. Addirittura, fu falsificato un documento. Abbiamo trovato un originale perché, quando erano state richieste le licenze edilizie...

PRESIDENTE. Mi scusi ...

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Questi falsi si salvano.

PRESIDENTE. Su queste vicende che lei dice che possono essere salvate dal punto di vista degli esiti processuali può fare una valutazione su quando lei ritiene si possa andare ad un rinvio a giudizio?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Non vorrei fare promesse sui tempi.

PRESIDENTE. No, no. Parliamo di una previsione, non di una promessa.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Ripeto, è un fascicolo molto voluminoso. Ci lavoreremo in due, perché il procuratore mi ha ...

PRESIDENTE. Mi permetta, non voglio interferire con la sua attività, ma la falsariga di quanto sta dicendo, cioè le poche cose che possono essere salvate dalla prescrizione...

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Credo in tempi brevi. Si tratta di valutare con calma tutto ciò che può essere salvato: potranno essere rinviati a giudizio anche dei personaggi che allo stato non sono neanche iscritti. Si potranno fare delle iscrizioni perché emergono, all'esito di queste valutazioni, delle loro responsabilità.

PRESIDENTE. Quindi, tenendo conto di questo, qual è una sua previsione ragionevole?

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Intende in termini di tempi?

PRESIDENTE. Sì.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. E' difficile fare una previsione: credo che occorrerà ancora almeno un mesetto, perché la valutazione è complessa.

PRESIDENTE. Diciamo varie settimane.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sicuramente varie settimane.

PRESIDENTE. Comunque, varie settimane è cosa diversa da vari mesi.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Certo, questo no, ma comunque va rivalutato tutto l'amplissimo materiale. Tenete conto che ci sono casse e casse di documenti che devono essere rivisti, perché le valutazioni devono essere fatte seriamente. Poi bisognerà fare gli interrogatori, perché sapete che con la riforma del codice di procedura penale bisogna fare l'invito a comparire per tutti. Poi ci sono i problemi che riguardano l'udienza preliminare e le udienze dibattimentali. Il nostro tribunale è piccolo: formalmente è abbastanza a posto con l'organico, ma l'organico è sottodimensionato.

PRESIDENTE. Ma stava dicendo che, per questo caso, avrebbe avuto l'aiuto di un collega.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, il procuratore ha detto che coassegnerà questo fascicolo proprio per riuscire a procedere più rapidamente. Però abbiamo finito adesso i dibattimenti del vecchio rito: significa processi per i quali c'era stato il rinvio a giudizio prima del 1989.

PRESIDENTE. E' ovvio che, nell'ambito dell'azione del suo ufficio, questo caso è diventato di una rilevanza sociale che gli dà una qualche priorità.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, anche se devo dire che, sotto il profilo civile del danno, il procedimento civile vi è stato. Non so se l'ho ricordato o se qualcuno ne ha già parlato: sotto il profilo civile vi è stato un accordo, una transazione per 11 miliardi.

PRESIDENTE. Sì, qui stiamo parlando solo dell'aspetto penale.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sotto il profilo della responsabilità contabile, credo che sia ancora pendente il procedimento alla Corte dei conti. Da noi si tratta soltanto di accertare alcune responsabilità penali. Purtroppo, ripeto, ci sono molti defunti.

PRESIDENTE. Va bene. Comunque una previsione l'ha fatta. Nel ringraziarla le chiediamo di mettere a disposizione della Commissione una relazione di sintesi.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, potrò inviare alla Commissione la relazione finale del consulente tecnico e alcune informative della DIGOS che fanno un po' la cronistoria della vicenda.

PRESIDENTE. Accanto a questo, e di suo pugno, ci servirebbe un appunto sui reati che abbiamo definito "salvabili"...

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Su questi vorrei fare una valutazione con calma, nel senso che non vorrei dire qualcosa e poi si scopre che anche quello è prescritto. Non vorrei fare una figuraccia!

PRESIDENTE. La Commissione si avvale della consulenza di due suoi colleghi: li metteremo in contatto con lei in modo che possa dialogare con la Commissione e farci pervenire i documenti che riteniamo di nostro interesse.

MARINA CAROSELLI, Sostituto procuratore della Repubblica di Novara. Sì, tutto ciò che può fare luce sulla situazione attuale.

PRESIDENTE. La ringraziamo.

 

 

Incontro con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste.

PRESIDENTE. Poiché abbiamo ricevuto già molte notizie e abbiamo avuto modo di vedere direttamente - accompagnati dalle persone che avevano seguito direttamente le vicende - qual è la situazione generale, dato il poco tempo a disposizione della Commissione, vi pregherei di usare la massima sintesi. Tra l'altro, vi sono già stati e vi saranno altri incontri e avrete comunque la possibilità di far pervenire alla Commissione documentazione scritta che integri quanto direte. Vi prego perciò di segnalarci i problemi che ritenete prioritari.

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Sono accompagnato da Giampiero Godio, responsabile del settore energia, e dalla dottoressa Franca Quagliotti, responsabile del nostro osservatorio su ambiente e legalità.

Accogliendo l'invito del presidente, procederò rapidamente. In particolare, vorrei mettere in evidenza la discrasia che in questa regione più che in altre si configura per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani in particolare. Parlerò in un secondo momento dei rifiuti industriali. Il Piemonte è una delle regioni che ha la normativa più severa, nel senso che dà mandato all'ente pubblico di una gestione diretta anche degli impianti: in questa regione, a differenza di quanto avviene in altre, le autorizzazioni agli impianti di discarica, di compostaggio o di qualunque altro genere che debbano trattare i rifiuti urbani, sono di competenza pubblica, a parte alcuni casi anomali che hanno visto condanne da parte della magistratura perfino in Cassazione. Ma si è trattato di smaltimenti illegali, assolutamente non autorizzati. Mi riferisco, per intenderci, alla Termoselect, che avete visitato. Tra l'altro, chiedo alla Commissione di mettersi in contatto con la procura di Verbania per i vari processi in cui la ditta è coinvolta anche per inquinamento da cianuro, per inquinamento delle acque e per smaltimenti abusivi vari. Sono già stati condannati anche in Cassazione, quindi esistono faldoni...

FRANCO ASCIUTTI. Per cosa sono stati condannati?

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Per smaltimento abusivo, per sperimentazione non autorizzata, per inquinamento delle acque da cianuri dalle discariche dell'impianto, per stoccaggio di rifiuti tossico-nocivi non denunciato all'interno dell'impianto. Le ispezioni sono state compiute dal NOE, che ha individuato queste situazioni. Le condanne vi sono state in primo e in secondo grado: in appello sono stati condannati per cinque capi di imputazione. Ai primi tre, per i quali erano stati condannati, sono state aggiunti altri due capi di imputazione. E' un caso pressoché unico: in appello la pena è stata aumentata invece di essere diminuita. Ma questa è una discrasia rispetto all'apparenza dell'impianto, che sembra fatto apposta per prendere in giro gli sprovveduti, coloro che non sono tecnici e che vanno a visitare un impianto che brucia metano.

PRESIDENTE. Siamo ormai diventati dei "termoselectologi"...

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Sì, appunto.

Sembrerebbe dunque che, in questa situazione, il settore pubblico abbia un ruolo forte. In realtà, la situazione che si viene a configurare nella nostra regione è del tutto diversa: esiste un ruolo virtuale dei consorzi pubblici che nasconde un ruolo sostanziale delle imprese private concessionarie. Per parlare ancora più chiaro, gli enti pubblici, i consorzi intercomunali non si dotano di strutture tecniche proprie: hanno unicamente consigli di amministrazione e strutture tecniche praticamente inesistenti. Pertanto, attraverso meccanismi di concessione, delegano praticamente tutte le loro competenze - gestione delle discariche e degli altri servizi - ad enti terzi.

PRESIDENTE. Qualche consorzio pensa di avvalersi di una consulenza tecnica? Nel momento in cui si procede per concessioni, riservarsi la capacità di avere una valutazione terza degli impianti che si devono ordinare per smaltire rifiuti, è una garanzia abbastanza importante.

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Questo di solito non avviene, per un meccanismo anche qui perverso. Di solito queste concessioni rimandano a successivi arbitrati eventuali non chiare identificazioni delle norme, che di solito sono di tipo molto generale. Il meccanismo dell'arbitrato di per sé condiziona fortemente tutto il sistema, nel senso che queste aziende sanno che possono fare richieste anche esorbitanti - è il caso del consorzio Torino sud, è il caso della Servizi ecologici, ma potremmo citare tanti altri esempi di questo tipo in Piemonte - dato che con questo meccanismo perverso dell'arbitrato la soluzione sarà puntualmente di mediazione tra le richieste delle due parti.

PRESIDENTE. Tra la richiesta e l'offerta.

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Sì. Se l'ente privato che ha la concessione del servizio vuole ottenere una tariffa di smaltimento di 200 lire al chilo, quando la tariffa reale sarebbe di 50-100 lire, ne chiede 400, va all'arbitrato e alla fine, poiché si media fra le due richieste contrapposte, sa per certo che otterrà quello che vuole. Teniamo anche conto del fatto che le aziende che di solito operano in questo settore ormai si contano sulle dita di una mano. Se poteste avere le cartine della regione, vedendo il controllo che deriva dagli appalti per la gestione dei rifiuti...

PRESIDENTE. Potete fare avere queste cartine alla Commissione?

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Le stiamo elaborando come osservatorio, però si tratta di un lavoro piuttosto lungo che stiamo cercando di fare. E' già stato effettuato uno studio che potete acquisire: non è aggiornatissimo, risalendo ad un paio di anni fa, ma fotografa comunque una situazione interessante. La regione incaricò di redigerlo l'IPLA, che è un ente strumentale: si trattava di un'indagine sulle imprese che si occupano dello smaltimento e della gestione dei rifiuti in Piemonte che conteneva una cartina con i controlli delle varie aziende. Emergeva chiaramente che intere province della regione sono sotto l'influenza di un'unica azienda.

PRESIDENTE. Di che azienda si tratta?

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Nel Novarese, per esempio, quasi tutti i comuni hanno un appalto ...

PRESIDENTE. HO capito, diciamo che per ogni provincia ce n'è una.

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. A volte agiscono "a scavalco", intendiamoci: ci sono aree di influenza ormai molto ben organizzate.

PRESIDENTE. Lei dice che da questo studio si desume con chiarezza che esistono poche aziende che hanno fatto una sorta di cartello?

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Sì, si potrebbe presumere che sia così.

PRESIDENTE. Sì, sto facendo un'ipotesi coerente con quanto lei sta dicendo. Questo per ripartirsi aree di influenza e di presenza nel territorio piemontese.

ATTILIO TORNAVACCA, Direttore di Legambiente del Piemonte. Esatto.

PRESIDENTE. Va bene; anche per i tempi ristretti che abbiamo a disposizione, mi pare che quanto ci ha detto, supportato dalla documentazione che ci farà avere, possa essere sufficiente in questa prima fase. Al dottor Godio, che peraltro conosco molto bene, riservo un trattamento particolare, dato che immagino che vorrà parlarci di rifiuti radioattivi: poiché la Commissione ha istituito un gruppo di lavoro su questa materia, nel momento in cui tale gruppo comincerà a riunirsi servirà conoscere il punto di vista del dottor Godio, e quindi lo convocheremo senz'altro. Rimandiamo pertanto il colloquio con lui ad un momento di maggiore pertinenza e utilizzabilità.

Do la parola al rappresentante di Ambiente e/è vita.

FRANCO BOSCO, Responsabile regionale di Ambiente e/è vita del Piemonte. Desidero evidenziare brevemente alcuni punti. Dal 3 novembre il Piemonte non dispone più di discariche per rifiuti industriali, perché l'ultima, a Chivasso, è stata chiusa. Quella di Alice Castello è stata chiusa nel mese di agosto, mentre quella di Ghemme è stata chiusa a settembre.

PRESIDENTE. E quella di Barricalla?

FRANCO BOSCO, Responsabile regionale di Ambiente e/è vita del Piemonte. No, parlo di rifiuti industriali puri, senza amianto, di quelle affidate alla Italrifiuti. La Italrifiuti si rifiuta di ritirare i rifiuti industriali speciali e assimilabili dalle ditte di sua competenza: sono all'incirca 120 mila tonnellate di rifiuti all'anno, 85 mila solo a Torino. Le piccole aziende della cintura di Torino hanno autonomia per un mese, un mese e mezzo al massimo, dopo di che è abbastanza probabile che soprattutto le piccole (non certo la FIAT) si rivolgano a smaltitori non proprio legali.

Un secondo aspetto che mi sembra abbastanza importante è il seguente: sembra che nell'area di Trecate si trovino 2 ditte che agiscono in modo non proprio chiaro. La prima è la Columbia, che produce nerofumo da catrame, dei cui residui però non si sa cosa succeda. Un'altra ditta di cui non si sa molto è la Ecodeco tecnoservizi, che dovrebbe fungere da stoccaggio provvisorio di rifiuti oleosi: dovrebbe inertizzarli con calce e bentonite oppure soltanto con calce. In realtà, sui dati specifici della qualità dell'inertizzazione e della fine successiva degli inertizzati non si sa nulla. Sembra, inoltre, che la Ecodeco tratti fondami di serbatoi di cui, però, non si conosce neanche la tecnica di inertizzazione.

A Rivalta, nelle vicinanze di Torino, esiste la ditta OMA che ha un impianto di termodistruzione di residui oleosi esausti non rigenerabili. Sembra però, ed è un sospetto, che bruci anche dei liquidi contenenti PCB. Non c'è la certezza, però un'indagine dal punto di vista dell'inquinamento da diossina potrebbe essere importante, dato che il fatto sarebbe piuttosto grave.

Sono venuto a conoscenza oggi, poche ore fa, di un altro fatto. Vi è una ditta che lavora in una parte degli impianti dell'ex ACNA di Cengio che sembra che stia utilizzando 1.800 metri cubi d'acqua allora del fiume Bormida invece dei 300 previsti per le sue lavorazioni. Esiste il forte sospetto che utilizzi l'eccesso per diluire i solfati dell'ex ACNA di Cengio.

PRESIDENTE. Ho capito, sarebbe il "RESOL"!

FRANCO BOSCO, Responsabile regionale di Ambiente e/è vita del Piemonte. Sì, sarebbe un RESOL diciamo pro forma...

Avrei molte altre notizie da darvi, ma mi fermo qui perché so che non c'è tempo. Consegno comunque una relazione scritta, se interessa alla Commissione.

PRESIDENTE. Alla Commissione interessa. Le dico anche che su alcuni dei casi che ha segnalato come sospetti la Commissione attiverà i suoi poteri di indagine per cercare di saperne di più.

FRANCO BOSCO, Responsabile regionale di Ambiente e/è vita del Piemonte. Aggiungo, in conclusione, che vi è una sospetta discarica abusiva di rifiuti pericolosi e probabilmente di amianto vicino al parco delle Vaude, a San Carlo Canavese. Si sospetta inoltre che nei pressi di Orbassano ci sia una discarica di prodotti a base di PCB . Non si è capito bene se è uno stoccaggio segreto o uno stoccaggio abusivo.

PRESIDENTE. Su questo potrà essere più preciso in futuro.

Vi ringraziamo. Perdonateci l'urgenza, ma terremo conto di quanto ci avete detto e i documenti che ci invierete saranno senz'altro oggetto di attenzione da parte della Commissione.

Gli incontri terminano alle ore 18.

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