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Doc. XXIII N. 12

Relazione sulla Campania

(Relatore: deputato Massimo SCALIA)

Approvata nella seduta del 8 luglio 1998

Trasmessa alle Presidenze delle Camere l'8 luglio 1998

ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera g), della legge istitutiva 10 aprile 1997, n. 97

INDICE

 

Premessa. *

1) L'attività conoscitiva della Commissione. *

1.1) Le audizioni e le missioni riguardanti la Campania. *

1.2) Quadro di sintesi delle audizioni relative alla Campania. *

2) La normativa regionale e lo stato di attuazione. L'azione delle pubbliche amministrazioni. *

2.1) La legislazione d'emergenza ed il piano degli interventi. *

2.1.1) Il nuovo piano regionale d'emergenza e gli ambiti territoriali ottimali di smaltimento. *

3) La congruità dell'azione dei pubblici poteri e le situazioni di crisi in Campania. *

4) Il ciclo dei rifiuti. *

5) Le attività illecite nel ciclo dei rifiuti in Campania. *

5.1) L'imprenditoria mafiosa. *

5.2) Lo stato dei controlli ed i rapporti tra politica e criminalità organizzata. *

5.3) L'azione di contrasto. *

5.4) Il sistema sanzionatorio: limiti e proposte. *

6) Conclusioni. *

 

Premessa.

La Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e le attività illecite ad esso connesse istituita nella XII legislatura dedicò grande attenzione alla situazione nella regione Campania – già in stato di commissariamento per l'emergenza rifiuti dall' 11 febbraio 1994 – ed al cosiddetto fenomeno dell'ecomafia. Una delegazione di quella Commissione si recò in missione nelle province di Napoli e Caserta, effettuando sopralluoghi nell'agro aversano e nel giuglianese, visitando alcune delle molte discariche abusive oggetto di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria e compiendo anche sorvoli a mezzo di elicotteri.

Da tale attività, e dalle audizioni svoltesi in missione ed in sede, emerse un giudizio molto preoccupato sulla situazione nella regione Campania (vedi relazione conclusiva), e l'area compresa tra le province di Napoli e Caserta venne indicata come "i territori dell'ecomafia" (vedi relazione trimestrale).

Data l'anticipata conclusione di quella legislatura, l'indagine non venne estesa alle emergenze presenti nelle altre province, né la Commissione poté portare a termine tutte le indagini avviate.

Questa Commissione d'inchiesta, rinnovata e potenziata (da monocamerale in bicamerale), collocandosi, per esplicita volontà del Parlamento, in una linea di continuità con quella operante nella passata legislatura, ha dato nuovo impulso all'attività d'indagine ed effettuato ulteriori approfondimenti, che hanno riguardato, oltre alle province di Napoli e Caserta, anche quella di Salerno, indicata sia dalle forze dell'ordine che da altri soggetti impegnati in loco come territorio di nuova emergenza per quanto concerne i traffici e gli smaltimenti illeciti di rifiuti.

 

 

1) L'attività conoscitiva della Commissione.

 

1.1) Le audizioni e le missioni riguardanti la Campania.

In data 24 luglio 1997 la Commissione ha proceduto, in sede di adunanza plenaria, all'audizione del dottor Giovanni Melillo, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli; in data 16 dicembre 1997, sempre in sede di adunanza plenaria, la Commissione ha proceduto all'audizione del dottor Federico Cafiero de Raho, sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Napoli, e del dottor Lucio Di Pietro, sostituto procuratore presso la direzione nazionale antimafia; gli stessi magistrati, unitamente al dottor Agostino Cordova, procuratore della Repubblica di Napoli, sono stati auditi in sede di adunanza plenaria il 12 febbraio 1998. Il 18 febbraio 1998 si è tenuta una riunione congiunta degli Uffici di Presidenza della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia per una disamina della situazione in provincia di Caserta, con particolare riferimento ai traffici ed agli sversamenti illeciti dei rifiuti, nonché agli interessi in questo campo della criminalità organizzata. Il 19 febbraio 1998 è stato audito, in sede di adunanza plenaria, il dottor Mariano Maffei, procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.

Il 30 luglio 1997 una delegazione della Commissione, composta dal presidente Scalia, dal deputato Collavini, dai senatori Lubrano Di Ricco e Mundi, si è recata nella provincia di Caserta per esaminare le problematiche di quell'area relativamente al ciclo dei rifiuti ed allo stato degli illeciti inerenti tale settore. I sopralluoghi hanno riguardato la discarica "La Selva", nel comune di Sessa Aurunca, e due 'laghetti` causati dall'attività estrattiva abusiva ed interessati a sversamenti illeciti di rifiuti nel comune di Castel Volturno. Inoltre, la delegazione della Commissione ha effettuato un sorvolo in elicottero dell'area compresa tra Castel Volturno e Caserta, territorio interessato da sversamenti abusivi di rifiuti.

La missione si è poi conclusa con le audizioni, presso la prefettura di Caserta, del prefetto Goffredo Sottile; del sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Santa Maria Capua Vetere, dottor Donato Ceglie; del sindaco di Caserta Aldo Bulzoni; del sindaco di Parete Pietro Paolo Giardiello; dell'assessore all'ambiente della provincia di Caserta Vincenzo Letizia; del presidente della sezione di Caserta di Italia Nostra Maria Carmela Caiola; del consigliere nazionale di Italia Nostra Francesco Canestrini; del presidente del circolo di Legambiente di Caserta Leopoldo Coleti; del delegato nazionale della LIPU Matteo Palmisani; del rappresentante del WWF della provincia di Caserta Franco Paolella; della rappresentante della Legambiente di Sessa Aurunca Maria Antonietta Rozzera; del presidente del consorzio Ce-2 Michele Di Costanza; del presidente-commissario del consorzio Ce-4 Mario Luise; del presidente del consorzio Ce-1 Michele Santoro; ed infine del presidente del consorzio Ce-3 Stefano Tonziello.

Nei giorni 16 e 17 settembre una delegazione della Commissione composta dal presidente Scalia, dai deputati Cappella e Pittella, dai senatori Carcarino, Cozzolino, Iuliano, Lasagna, Lubrano di Ricco e Roberto Napoli si è recata nelle province di Napoli e Salerno per esaminare la situazione concernente il commissariamento della regione Campania sullo stato di emergenza in ordine alla programmazione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nonché sulle altre problematiche connesse al ciclo dei rifiuti ed agli illeciti compiuti in questo settore.

Il 16 settembre sono stati compiuti sopralluoghi ad Acerra, in una discarica abusiva sequestrata dalla polizia di Stato, a Tre Ponti di Giugliano, in una discarica abusiva sequestrata dalla Guardia di finanza, e a Qualiano, dove è stata convocata l'autorità giudiziaria per procedere al sequestro di un territorio trasformato in discarica abusiva. Successivamente, la delegazione della Commissione ha compiuto un sorvolo in elicottero dell'area vesuviana, interessata alla creazione di enormi discariche, dove sono giunti in via illegale rifiuti pericolosi provenienti dal nord Italia.

Presso la prefettura di Napoli sono stati auditi il prefetto di Napoli (commissario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania) Giuseppe Romano; il sindaco di Napoli Antonio Bassolino; l'assessore all'ambiente del comune di Napoli Riccardo Di Palma; la dirigente del settore ambiente della provincia di Napoli Giovanna Napolitano; il presidente della regione Campania (commissario di Governo per l'approntamento del piano per lo smaltimento dei rifiuti solidi) Antonio Rastrelli; il comandante della sezione del nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri di Napoli Ciro Scarfato; il dirigente della struttura commissariale per l'emergenza rifiuti Marcello Postiglione; il presidente regionale della Legambiente Campania Ferdinando Di Mezza; il responsabile del settore rifiuti della Legambiente Campania Giovanni Romano; il componente dell'ufficio legale del WWF Campania Maurizio Balletta; il rappresentante del WWF Campania Luigi Guido; il responsabile del settore rifiuti del WWF Campania Manlio Converti.

Il 17 settembre la delegazione della Commissione ha compiuto sopralluoghi presso le discariche di Castelluccio e di Montecorvino Pugliano. La missione si è conclusa con le audizioni, presso la prefettura di Salerno, del prefetto Natale D'Agostino; del subcommissario per l'emergenza rifiuti in provincia di Salerno Attilio Buonomo; del comandante del gruppo provinciale della Guardia di finanza di Salerno Raffaele D'Angiolella; del commissario prefettizio presso il comune di Battipaglia Achille Lenge; del sindaco di Eboli Gerardo Rosania; del sindaco di Montecorvino Pugliano Giuseppe Palo; del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca; dell'assessore all'ambiente della provincia di Salerno Francesco Saverio D'Ambrosio; del presidente della commissione ambiente della provincia di Salerno Alfonso De Nardo; degli ingegneri dell'ENEA Giuseppe Pica e Pietro Francesco Petrungaro; del chimico dell'ENEA Corrado Patimo; del responsabile del centro rilevamento radioattività di Salerno Lucio Bellino; del presidente del nucleo ecologico ambientale di Battipaglia Carmine Gagliardo; ed infine del direttore generale di Legambiente Campania Michele Buonomo.

 

 

1.2) Quadro di sintesi delle audizioni relative alla Campania.

La Commissione nel corso delle missioni svolte in questa regione e delle audizioni ad essa dedicate ha inteso incontrare quei soggetti che – per via dei loro incarichi – meglio potevano fornire il quadro dell'attuale situazione. In questa sede si fornisce il quadro di quanto rilevato dalle persone audite, eccezion fatta per i rappresentanti dell'autorità giudiziaria, per i quali si rimanda allo specifico capitolo.

Le audizioni svolte a Caserta hanno mostrato il positivo avvio in quest'ultimo anno di iniziative da parte degli enti locali indirizzate ad una corretta gestione dei rifiuti solidi urbani. Si tratta ancora di segnali assai tenui, perché la politica gestionale è ancora limitata per quanto concerne lo smaltimento, facendosi un ricorso pressoché totale alla discarica. Il deficit di impianti di recupero e di riciclaggio (comune a tutto il territorio nazionale) è amplificato in maniera evidentissima in Campania, impedendo di fatto anche a quelle amministrazioni locali che vorrebbero gestire in maniera più moderna ed efficiente (nonché rispondente alla legge) i loro rifiuti di farlo. Significative le testimonianze del sindaco di Parete Pietro Paolo Giardiello e del presidente del consorzio Ce3 Stefano Tonziello, i quali hanno manifestato eccezioni e dubbi a proposito della rilevante questione delle bonifiche: il primo ha segnalato il fatto che dette bonifiche dovrebbero essere poste a carico delle stesse persone che hanno deturpato quel territorio con sversamenti abusivi, richiedendo pertanto un controllo assai efficace delle autorità locali e centrali. Il secondo ha, invece, evidenziato come ancora non esista alcun piano di bonifica, pur esistendo decine di discariche abusive che quotidianamente disperdono il loro carico inquinante: a proposito dei costi, il dottor Tonziello ha voluto segnalare che non è pensabile che ricadano unicamente sui cittadini di una provincia così duramente colpita dagli sversamenti illeciti. Su tale tema la Commissione è particolarmente impegnata e rinvia a quanto dirà nello specifico capitolo sulle bonifiche.

Dall'assessore all'ambiente della provincia di Caserta, dottor Vincenzo Letizia, è venuto un elemento positivo: la segnalazione di una diminuzione degli sversamenti illeciti in quel territorio negli ultimi anni. Va, tuttavia, evidenziato come questi proseguano ad un ritmo che non ha uguali nel resto d'Italia e la Commissione valuta positivamente la decisione – richiesta peraltro dal proprio Ufficio di Presidenza congiuntamente a quello della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia – di aprire in Caserta una sede del nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri.

Un miglioramento nella gestione dei rifiuti solidi urbani è stato segnalato anche nel corso delle audizioni di Napoli e Salerno: in particolare, il prefetto di Napoli (commissario straordinario all'emergenza smaltimento) ha indicato i termini della situazione attuale, mentre i sindaci delle due città hanno segnalato il miglioramento sotto diversi aspetti del servizio di raccolta e smaltimento. Sono diminuiti i costi di gestione, mentre è aumentata in maniera considerevole la quota di rifiuti destinati al recupero ed al riciclaggio, grazie ad una raccolta differenziata che sta vedendo la partecipazione consapevole ed attenta dei cittadini. Manca tuttavia la certezza del futuro, giacche – come ha segnalato anche il presidente della regione (commissario straordinario alla redazione del piano di smaltimento) – non è prevista in tempi brevi la realizzazione di alcun impianto di recupero e riciclaggio nella regione, mentre nuove discariche ed impianti di termodistruzione vengono duramente contestati dai cittadini dei comuni interessati dalla localizzazione nel loro territorio.

È questo un elemento sottolineato con particolare attenzione da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno denunciato l'assenza di collegamenti tra l'azione della struttura commissariale interessata allo smaltimento e quella impegnata alla redazione del piano.

 

 

2) La normativa regionale e lo stato di attuazione. L'azione delle pubbliche amministrazioni.

 

2.1) La legislazione d'emergenza ed il piano degli interventi.

La gestione dei rifiuti solidi urbani è stata per la prima volta regolata in Campania con la legge regionale n.10 del 10 febbraio 1993, che si proponeva di raggiungere nel triennio 1993-1995 una riduzione fino al 50 per cento dell'utilizzo delle discariche, grazie in particolare alla raccolta differenziata, al riciclo e riuso dei materiali ed alla compattazione dei rifiuti.

Tuttavia, l'11 febbraio 1994, il Governo nazionale nominò, con apposita ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, il prefetto di Napoli quale commissario straordinario per la situazione di emergenza determinatasi nel settore dei rifiuti solidi urbani; al commissario era demandata la gestione quotidiana dei rifiuti, nelle more dell'emanazione da parte della regione Campania di un piano regionale di smaltimento. Una prima stesura di tale piano, approvata dalla giunta regionale il 3 marzo 1995, non venne ratificata dal consiglio e, di conseguenza, non trovò alcuna applicazione a causa della conclusione della legislatura regionale.

Il Governo nazionale ha proceduto, il 18 marzo 1996, ad un secondo commissariamento della regione Campania, nominando il presidente della regione commissario di Governo per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza. Tale commissariamento era ed è complementare a quello affidato tuttora al prefetto di Napoli: a questi spetta, infatti, l'individuazione dei siti di smaltimento in attesa dell'entrata in vigore del piano regionale d'emergenza, che in base all'ordinanza del 18 marzo 1996 il presidente della regione doveva preparare. Tale piano, promulgato il 31 dicembre 1996, venne redatto tenendo conto del suddetto piano regionale non ratificato, e di successive revisioni allo stesso operate dall'ENEA. In seguito all'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, recante 'Attuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Cee sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio`, il piano regionale è stato rivisto e coordinato con la nuova normativa, e pubblicato definitivamente il 14 luglio 1997.

Nella fase di preparazione del piano, il commissario di Governo avviò anche un'indagine conoscitiva per valutare la situazione esistente nella regione per quanto riguarda lo stato di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Tale indagine consentì di acquisire elementi poi posti alla base del successivo piano regionale emanato il 14 luglio 1997, dopo l'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 1997.

Si riportano, di seguito, i dati e gli elementi estratti dal citato piano.

A) provincia di Avellino.

In tale provincia operano due consorzi. Il consorzio AV1 comprende 44 comuni, con il comune capoluogo.

Lo smaltimento avviene pressoché interamente presso la discarica di Difesa Grande, nel comune di Ariano Irpino. Tale discarica, entrata in esercizio nel novembre 1995, ha ricevuto nel corso di un anno 80.000 mc di rifiuti; nella realizzazione del piano viene considerata una capacità residua di 250.000 mc.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata, questa viene effettuata solo nei comuni di Avellino, Cesinali, Forino, Prata Principato Ultra, Altavilla Irpina, Ospedaletto d'Alpinolo, San Mango sul Calore, Montemiletto, Chiusano San Domenico, Montoro Inferiore, unicamente per quanto concerne le batterie al piombo e rifiuti piombosi, grazie ad un'apposita convenzione con il Cobat.

Dalle audizioni del commissario di Governo con i rappresentanti del consorzio AV1 non sono emerse particolari proposte in merito alla redazione del piano regionale.

Il consorzio AV2 comprende 56 comuni.

Anche tale consorzio smaltisce presso la discarica di Difesa Grande, nel comune di Ariano Irpino. Non esiste al momento della redazione del piano regionale del 1996, alcun tipo di raccolta differenziata, né i rappresentanti del consorzio hanno fornito proposte specifiche in sede di preparazione del testo.

B) provincia di Benevento.

In questa provincia operano tre consorzi.

Il consorzio BN1 comprende 35 comuni, con il comune capoluogo, e due comuni della provincia di Avellino.

Lo smaltimento avviene presso la discarica di Piano Borea, nel comune di Benevento, dove conferiscono anche 13 comuni non consorziati; la discarica, entrata in esercizio il 5 febbraio 1996, riceve circa 5.000 t/mese e pertanto l'esaurimento della stessa viene previsto, alla fine del 1996, in due anni. Tuttavia, diciotto dei comuni consorziati – e precisamente Apice, Apollosa, Buonalbergo, Colle Sannita, Casalduni, Campolattaro, Castelpagano, Castelpoto, Circello, Pagoveiano, Pietrelcina, Ponte, Sassinoro, Fragneto Conforte, S. Arcangelo Trimonte, S. Croce del Sannio, Torrescuso – utilizzano proprie discariche.

Non esiste alcun tipo di raccolta differenziata, né dal consorzio sono venute proposte in merito alla redazione del piano regionale.

Il consorzio BN2 comprende 33 comuni, e 4 comuni della provincia di Avellino. A proposito di tale consorzio, non si hanno notizie in merito allo smaltimento, né tanto meno riguardo alla raccolta differenziata ed alle eventuali proposte avanzate.

Il consorzio BN3 comprende 10 comuni.

Per quanto concerne tale consorzio, i dati raccolti in quella sede informano che cinque comuni, non specificati, utilizzano discariche nel proprio territorio, mentre gli altri ricorrono addirittura a 'siti abusivi`. Non esiste alcun tipo di raccolta differenziata ed i rappresentanti del consorzio hanno proposto di realizzare in quel territorio una discarica di I categoria, ed una di categoria IIB.

C) provincia di Caserta.

In tale provincia esistono quattro consorzi di smaltimento.

Il consorzio CE1, comprendente 35 comuni, che scaricano autonomamente nel proprio territorio. Nessuno dei comuni interessati pratica alcuna forma di raccolta differenziata. Dal consorzio, in occasione della redazione del piano 1996, è venuta la proposta di realizzare nel comune di Pietravairano un centro di rottamazione, un centro distruzione gomme ed una piattaforma di stoccaggio dei rifiuti differenziati nel comune di Pratella.

Il consorzio CE2 comprende 26 comuni. Per lo smaltimento dei rifiuti viene utilizzata la discarica consortile della Maruzzella, dove confluiscono anche i rifiuti prodotti in 8 comuni del consorzio CE3: il riempimento del sito è valutato nell'ordine delle 240.000 t/anno ed in area limitrofa è prevista la realizzazione di un impianto di compostaggio della capacità di 51.000 t/anno. Nel territorio del consorzio non viene praticata la raccolta differenziata ed è venuta la proposta di realizzare una nuova discarica di I categoria, un impianto di compostaggio, una piattaforma per il rifiuto secco ed una piattaforma per la produzione di combustibile da rifiuti. Per nessuno di questi impianti è stata fornita un'ipotesi di localizzazione.

Il consorzio CE3, comprendente 23 comuni, compreso il comune capoluogo. Per quanto riguarda lo smaltimento, è indicato come sito finale la discarica consortile della Maruzzella (del consorzio CE2, mentre tale soggetto afferma di ricevere i rifiuti solo di 8 comuni del consorzio CE3). Nessuno dei comuni di tale consorzio effettua la raccolta differenziata, ma si propone di realizzare un impianto di smaltimento e compostaggio a Maddaloni, una piattaforma MPS in località Uttaro (Caserta), un impianto di termoconversione presso l'area della Cementir, un centro di selezione e stoccaggio degli inerti in un sito non specificato.

Il consorzio CE4 comprende 20 comuni. Tutti i rifiuti prodotti nell'area di competenza di questo consorzio vengono smaltiti presso la discarica di Castelvolturno. Non è praticata la raccolta differenziata, né sono emerse proposte da parte del consorzio.

D) provincia di Napoli.

In questo territorio, al momento della redazione del piano 1996, operavano cinque consorzi di smaltimento.

Il consorzio NA1 comprende 20 comuni, sul quale non si hanno notizie in merito alla gestione dello smaltimento; non è praticata la raccolta differenziata, né sono state fornite proposte.

Il consorzio NA2 comprende 14 comuni. Neanche per quanto riguarda questo consorzio si hanno informazioni in merito alla destinazione finale dei rifiuti; non viene praticata la raccolta differenziata. Per quanto riguarda le proposte, è emersa la contrarietà al piano ENEA che prevedeva la realizzazione di due discariche 2A nel territorio, per l'assenza di cave da utilizzare e per la vocazione agricola di quest'area.

Il consorzio NA3 comprende 27 comuni, oltre a 13 comuni della provincia di Avellino. Lo smaltimento viene effettuato presso le discariche di Piracchi, nel comune di Palma Campania, e di Schiavi di Tufino. Non è praticata la raccolta differenziata, né sono emerse proposte concrete per la redazione del piano regionale.

Il consorzio NA4 comprende 30 comuni, per il quale non si hanno informazioni in merito alla situazione dello smaltimento. Non è praticata la raccolta differenziata, mentre in vista della redazione del piano regionale è stato proposto di realizzare sette stazioni di pretrattamento e selezione dei rifiuti; tre sono state localizzate a Gragnano, Torre del Greco e Castellammare di Stabia, mentre per le restanti quattro non è stata fornita alcuna indicazione. La destinazione finale dei rifiuti non inviati al riciclaggio dovrebbe essere un termodistruttore, peraltro non individuato.

Il consorzio NA5, coincidente con la città di Napoli. Per questo consorzio non si hanno notizie in merito alla situazione dello smaltimento, alla raccolta differenziata, né dallo stesso sono giunte proposte utili alla redazione del piano.

E) provincia di Salerno.

Il territorio provinciale è suddiviso in quattro consorzi di smaltimento.

Il consorzio SA1 comprende 20 comuni, che smaltiscono i loro rifiuti presso la discarica di Montecorvino Pugliano. La raccolta differenziata viene praticata unicamente nel comune di Cava dei Tirreni. Le proposte riguardano la realizzazione di un termodistruttore – non localizzato – insieme al consorzio SA2 e l'attivazione di un impianto di compostaggio localizzato a Pagani-Nocera o a San Marzano.

Il consorzio SA2 comprende 40 comuni, compreso il comune capoluogo. Lo smaltimento avviene presso le discariche di Montecorvino Pugliano e Giffoni Valle Piana, mentre non vi è alcuna forma di raccolta differenziata. Dal consorzio non è emersa alcuna proposta in vista della redazione del piano regionale di smaltimento.

Il consorzio SA3, comprendente 45 comuni, che smaltisce i propri rifiuti nella discarica di Polla. Non è praticata alcuna forma di raccolta differenziata, né sono state formulate proposte per la redazione del piano.

Il consorzio SA4 comprende 49 comuni. Quaranta di questi smaltiscono in discariche comunali rientranti nell'area del parco del Cilento, e quindi da chiudere e bonificare. Nessuno dei comuni pratica la raccolta differenziata; il consorzio propone di realizzare un impianto di termodistruzione a Battipaglia – e quindi in area non di competenza di questo consorzio- ed un'area di stoccaggio ad Omignano.

 

2.1.1) Il nuovo piano regionale d'emergenza e gli ambiti territoriali ottimali di smaltimento.

 

Sulla base di queste informazioni, e successivamente all'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 1997, il commissario di Governo ha provveduto – come detto – alla stesura di un nuovo piano regionale di emergenza, creando gli ambiti territoriali ottimali di smaltimento (Atos), come previsto dalla nuova normativa nazionale.

Atos 1, coincidente con il bacino del consorzio NA5. La produzione attuale di RSU è pari a 548.535 t/a; secondo il piano regionale, l'Atos 1 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, quindi a 517 t/g.

Nell'Atos 1 il piano prevede la realizzazione di un impianto di preselezione dei rifiuti e di pressatura degli imballaggi secondari e terziari, tuttavia non localizzato.

Atos 2, coincidente con i bacini dei consorzi NA1 e NA2. La produzione attuale di RSU è pari a 472.308 t/a; secondo il piano regionale, l'Atos 2 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, quindi a 459 t/g.

Nell'Atos 2 il piano prevede la realizzazione di un impianto di termodistruzione presso l'area di sviluppo industriale di Giugliano, da porre al servizio di Atos 1 ed Atos 2; e di una discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu, da localizzare presso impianti già esistenti o cave dismesse.

Atos 3, coincidente con i bacini dei consorzi NA3 e NA4. La produzione attuale di RSU è di 349.928 t/a; secondo il piano regionale l'Atos 3 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, quindi a 476 t/g.

Nell'Atos 3 il piano prevede la realizzazione di un impianto di termodistruzione a Nola-Marigliano; la realizzazione di una discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu da localizzare presso impianti già esistenti o cave dismesse; di tre stazioni di trasferenza, localizzate a S.Giorgio a Cremano, Castellammare di Stabia e Capri.

Atos 4, coincidente con i bacini dei consorzi CE1, CE2, CE3 e CE4. La produzione attuale di RSU è di 349.928 t/a; secondo il piano regionale l'Atos 4 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, e quindi a 340 t/g.

Nell'Atos 4 il piano prevede la realizzazione di un impianto di termodistruzione a Marcianise; di una discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione degli Rsu da localizzare presso impianti già esistenti o cave dismesse; di tre stazioni di trasferenza, preselezione e produzione RDF a Gioia Sannitica, Maddaloni, Calvi Risorta; di quattro discariche di supporto ed emergenza a Gioia Sannitica, Villa Literno, S. Marco Evangelista, Calvi Risorta; e di due impianti di compostaggio a Santa Maria Capua Vetere e Maddaloni.

Atos 5, coincidente con i bacini dei consorzi SA1, SA2, SA3 e SA4. Il conferimento annuo di RSU è di 387.285 t/a; secondo il piano regionale, l'Atos 5 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, e quindi a 377 t/g.

Nell'Atos 5 il piano prevede la realizzazione di un impianto di termodistruzione a Battipaglia; di una discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu da localizzare presso impianti già esistenti o cave dismesse; di tre stazioni di trasferenza, preselezione e produzione RDF a Cava dei Tirreni, Casalvelino, Polla; e di due impianti di compostaggio a Polla e S. Marzano.

Atos 6, coincidente con i bacini dei consorzi AV1, AV2, BN1, BN2, BN3. Il conferimento annuo di rifiuti è di 208.401 t/a; secondo il piano regionale, l'Atos 2 dovrebbe raggiungere entro il 31 dicembre 1999 una quota di raccolta differenziata pari al 35 per cento, e quindi a 203 t/g.

Nell'Atos 6 il piano prevede la realizzazione di un impianto di termodistruzione, di cui non viene indicata la localizzazione; di una discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu da localizzare presso impianti già esistenti o cave dismesse; di due discariche di emergenza non localizzate; di tre stazioni di trasferenza per l'area avellinese a Lioni, Grottaminarda, Valle Ufita; di una stazione di trasferenza per l'area beneventana, di cui non viene indicata la localizzazione; di due impianti di compostaggio non localizzati.

 

 

3) La congruità dell'azione dei pubblici poteri e le situazioni di crisi in Campania.

La regione Campania è stata – come detto – commissariata dal Governo nazionale con due successivi atti, che hanno suddiviso le competenze per quanto concerne la grave situazione di crisi legata a questo settore. L'attività del prefetto di Napoli, commissario di Governo dall'11 febbraio 1994 per lo smaltimento dei rifiuti in Campania, si è concentrata in una prima fase nella requisizione di discariche private, affidate in gestione all'ENEA, per consentire a tutti i comuni campani di utilizzare anche questi impianti per lo smaltimento dei propri rifiuti. In particolare, i provvedimenti riguardarono le discariche Ardolino di Piazzola di Nola e Iovino di Palma Campania, che vennero dissequestrate dalla magistratura per consentire il loro utilizzo da parte della struttura commissariale.

In una seconda fase, con la proroga dello stato d'emergenza al 31 dicembre 1995, venne requisito l'impianto DiFraBi, affidandone la gestione all'ENEA; vennero poi requisite le attrezzature della società Ecologica Meridionale e della SoGeRi per utilizzare le discariche site ad Uttaro e Castelvolturno, in provincia di Caserta, a servizio rispettivamente dei consorzi CE3 e CE4.

Nella predisposizione di nuove discariche, il commissario di Governo ha tenuto in considerazione gli ambiti provinciali di smaltimento, realizzando i seguenti impianti.

Provincia di Napoli: discarica in località Schiavi di Giugliano, entrata in esercizio il 21 febbraio 1995, affidata al consorzio di bacino NA1 e già esaurita; discarica in località Masseria del Pozzo di Giugliano, entrata in esercizio il 26 aprile 1996, affidata al consorzio di bacino NA1, con data presumibile di esaurimento il 31 marzo 1998; discarica in località Pirucchi di Palma Campania, entrata in esercizio il 2 gennaio 1996, affidata al consorzio di bacino NA3 e gestita dall'ENEA, con data presumibile di esaurimento il 31 gennaio 1998; discarica in località Schiava di Tufino, entrata in esercizio il 12 dicembre 1996, affidata al consorzio di bacino NA3 e gestita dall'ENEA, con data presumibile di esaurimento il 28 febbraio 1998.

Provincia di Avellino: discarica in località Difesa Grande di Ariano Irpino, entrata in esercizio il 20 novembre 1995, affidata in gestione al consorzio Asi-Dev, composto dal consorzio Asi di Avellino per il 51 per cento e dalla De Vitia srl; entrata in esercizio il 20 novembre 1995, con data presumibile di esaurimento il 31 agosto 1998.

Provincia di Benevento: discarica in località Piano Borea di Benevento, entrata in esercizio il 5 marzo 1996, affidata in gestione al consorzio BN1, con data presumibile di esaurimento il 30 giugno 1999.

Provincia di Caserta: discarica in località Maruzzella di San Tammaro, entrata in esercizio il 5 marzo 1996, affidata in gestione al consorzio CE2, con data presumibile di esaurimento il 31 marzo 1998; discarica in località Parco Saurino di Santa Maria La Fossa, entrata in esercizio il 26 maggio 1997, affidata in gestione al consorzio CE4, con data presumibile di esaurimento il 31 marzo 1998.

Provincia di Salerno: stoccaggio provvisorio di Giffoni Valle Piana, entrato in esercizio il 30 aprile 1996 ed esaurito il 31 dicembre 1996; discarica in località Parapoti di Montecorvino Pugliano, entrata in esercizio il 30 aprile 1996, affidata in gestione al consorzio SA2, con data presumibile di esaurimento il 31 marzo 1999; discarica in località Costa Cucchiara di Polla, entrata in esercizio il 10 maggio 1996, affidata in gestione al consorzio SA3, con data presumibile di esaurimento il 31 marzo 1999.

Il commissario di Governo ha inoltre previsto la realizzazione di nuove discariche, che consentirebbero l'autonomia di smaltimento della regione, in assenza di una riduzione dei quantitativi di rifiuti, fino al dicembre 1999.

L'attività del prefetto di Napoli nella sua veste di commissario di Governo per l'emergenza rifiuti si intreccia quindi con quella del presidente della regione Campania, nominato il 18 marzo 1996 commissario di Governo per la predisposizione di un piano di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti. L'attività di questo commissario è stata già illustrata nel capitolo precedente di questa relazione, nel quale è stato dato conto delle ipotesi di smaltimento previste nel piano emanato il 14 luglio 1997, nonché delle localizzazioni degli impianti.

Va rilevato a questo punto che è stato lo stesso prefetto di Napoli, in sede di audizione, ad affermare che 'un contributo notevole potrebbe essere fornito nel caso in cui la regione Campania fosse in grado di assicurare certezza in merito ai tempi di realizzazione degli impianti definitivi previsti nel piano regionale di smaltimento dei rifiuti`. Il presidente della regione Campania, commissario di Governo per la redazione di un piano di smaltimento di emergenza, ha assicurato la Commissione sulla realizzazione nel breve periodo unicamente delle piattaforme per la compattazione dei rifiuti, che comunque consentirà di ridurre del 75 per cento i volumi da destinare alle discariche, la cui capacità di ricezione dovrebbe essere quindi prolungata nel tempo.

Tale intervento, di grande utilità dal punto di vista pratico, potrebbe avere tuttavia come unico risultato il rimandare nel tempo il problema dell'individuazione di nuovi siti di smaltimento finale, qualora non dovesse entrare in vigore il piano di emergenza varato dal presidente della regione Campania nella sua qualità di commissario sctraordinario. A questo proposito, lo stesso presidente della regione Campania ha indicato alla Commissione un periodo temporale di tre anni per l'effettiva vigenza del piano di smaltimento emanato dalla sua struttura.

Il documento commissariale presenta tuttavia aspetti di indeterminazione, che rischiano di inficiarne la messa in atto. Anzitutto, è assente l'aspetto relativo alla riduzione della produzione dei rifiuti, previsto nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 22 del 1997: nel piano di smaltimento viene prevista unicamente una riduzione della quantità dei rifiuti da inviare alla discarica, e tale previsione risulta identica nei modi e nelle tipologie per tutti gli ambiti ottimali di smaltimento, apparendo in certa misura un'operazione aritmetica e non già il frutto di interventi mirati.

Ulteriori perplessità emergono a proposito del consenso degli enti locali, spesso difficile da ottenere per quanto concerne la localizzazione sul territorio di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Nella previsione degli impianti a servizio dei diversi ambiti ottimali di smaltimento ciò ha comportato una diffusa indeterminatezza. Non vengono infatti localizzati: l'impianto di preselezione dei rifiuti e pressatura degli imballaggi dell'Atos 1; la discarica per inerti, ceneri e scorie provenienti da combustione Rsu dell'Atos 2; l'impianto di termodistruzione dell'Atos 6; una stazione di trasferenza dell'Atos 6; due impianti di compostaggio dell'Atos 6.

Inoltre, per tutti gli ambiti ottimali di smaltimento, sono previste discariche con la comune indicazione 'presso impianti già esistenti o cave dismesse`: una previsione che tuttavia contrasta con le difficoltà incontrate dal commissario di Governo nel reperimento dei siti di smaltimento.

Infine, alcuni impianti localizzati vedono la netta contrarietà degli enti locali interessati ad ospitarli sul loro territorio. Questa opposizione, in particolare, si manifesta per: l'impianto di termodistruzione dell'Atos 3 previsto a Nola-Marigliano, contro il quale si è espresso il comune di Marigliano; l'impianto di termodistruzione dell'Atos 4 previsto a Marcianise, contro il quale si è espresso il comune di Marcianise; l'impianto di termodistruzione dell'Atos 5 previsto a Battipaglia, contro il quale si è espresso il comune di Battipaglia; la stazione di trasferenza, preselezione e produzione RDF dell'Atos 5 prevista a Polla, contro la quale si è espresso il comune di Polla.

La Commissione non entra nel merito delle opposizioni espresse dagli enti locali, ma sottolinea che tali pareri negativi rischiano di rendere inapplicabile il piano di smaltimento, del quale invece la regione Campania ha urgente necessità, per superare la lunga fase di emergenza in questo settore.

A proposito degli impianti di termodistruzione, va poi rilevato che il ministro dell'ambiente ha affermato davanti a questa Commissione come la previsione di cinque impianti contenuta nel piano regionale sia stata successivamente ridimensionata a due soli impianti; tuttavia le affermazioni del ministro non hanno trovato riscontro nelle parole del presidente della regione, il quale ha confermato la necessità dei cinque impianti indicati nel piano regionale. Si tratta di una questione di rilevante entità – anche per i richiamati pareri negativi degli enti locali interessati – sui quali la Commissione auspica una verifica, valutate anche nel dettaglio le previsioni della raccolta differenziata e del riciclaggio.

La Commissione ha poi avuto modo, nel corso delle missioni svolte in Campania, di approfondire la situazione della gestione dei rifiuti solidi urbani in alcune realtà locali. Nel corso della missione a Caserta sono stati sentiti in audizione i responsabili dei quattro consorzi di smaltimento in cui è suddiviso quel territorio, i quali hanno evidenziato in particolare le difficoltà nel reperire i siti di smaltimento: tuttavia, solo il presidente del consorzio CE2 ha segnalato l'avvio della raccolta differenziata in 22 dei 26 comuni rientranti nella sua area di competenza. Mentre, da questo punto di vista, appare emblematico quanto dichiarato alla Commissione dal sindaco di Caserta, cioè che nella città si attua la raccolta differenziata, ma anche questa frazione viene successivamente inviata in discarica poiché manca la piattaforma per lo stoccaggio delle materie secche.

Il sindaco di Napoli ha invece evidenziato una buona rispondenza della città alla raccolta differenziata (che riguarda vetro, carta, contenitori in plastica per liquidi, farmaci scaduti e batterie esauste): i materiali così raccolti vengono poi inviati al riciclaggio grazie ad accordi che il comune ha raggiunto con i diversi consorzi obbligatori, ed è stata segnalato alla Commissione il positivo andamento della raccolta differenziato, grazie al quale il materiale così raccolto risulta essere di buona qualità. I rappresentanti della provincia hanno segnalato un ritardo da parte degli altri comuni, comunicando che in alcune realtà è stata constatata addirittura l'assenza di responsabili per tale servizio.

Per quanto riguarda il comune di Salerno, infine, il sindaco ha segnalato un buono stato della raccolta differenziata (che riguarda carta, contenitori in plastica per liquidi, vetro, farmaci scaduti e batterie esauste): anche in questo caso il comune ha sottoscritto appositi accordi con i diversi consorzi obbligatori, inviando quindi il materiale raccolto a un effettivo trattamento. Gli altri comuni della provincia, invece, non si trovano nelle medesime condizioni, ed anzi in alcuni casi inviano in discarica anche i materiali raccolti in maniera differenziata.

 

 

4) Il ciclo dei rifiuti.

a) I rifiuti solidi urbani: la produzione.

Le problematiche relative alla gestione dei rifiuti solidi urbani in Campania sono state ampiamente affrontate nei precedenti capitoli di questa relazione. In questa sede è tuttavia opportuno riportare l'attuale situazione relativa alla produzione degli Rsu suddivisa su base provinciale e sulla base dei nuovi ambiti territoriali ottimali di smaltimento, per offrire nel dettaglio un quadro il più completo possibile:

LA PRODUZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI IN CAMPANIA

(suddivisione per provincia)

Prov.

Gen.

Feb.

Mar.

Apr.

Mag.

Giu.

Lug.

Ago.

Set.

Ott.

Nov.

Dic.

Totale

(Ton/Anno)

AV

12.939

10.544

9.936

11.047

12.418

11.519

11.818

13.405

11.444

10.549

13.074

10.788

139.461

BN

7.571

6.338

7.100

7.395

7.586

7.389

7.465

7.853

7.750

7.740

4.689

658

79.534

CE

28.268

25.040

27.360

28.119

24.475

27.163

30.402

33.529

30.256

32.194

28.525

29.597

349.928

NA

122.788

112.716

119.872

125.398

133.711

123.407

125.392

112.523

120.483

133.147

126.717

133.366

1.496.320

SA

31.382

27.954

30.065

62.757

33.872

31.118

34.522

35.694

32.922

34.653

31.210

32.118

388.265

 

 

 

 

LA PRODUZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI IN CAMPANIA

(suddivisione per ambiti territoriali ottimali di smaltimento)

SCANSIONE TERRITORIALE

Popolazione

Residente

Dati ISTAT 95

Conferimento

Annnuo

(Tonnellate)

Conferimento

Mensile

(Tonnellate)

Valore Medio

Produzione

Giornaliera

(Tonnellate)

 

A.T.O.S.

Mensile

Procapite (Kg)

Giornaliero

Procapite (Kg)

ATOS 1 (NA5)

1.050.234

548.515

45.711,25

43,52

1,45

1.524

ATOS 2 (NA1+NA2)

958.681

472.308

39.539,00

41,06

1,37

1.312

ATOS 3 (NA3+NA4)

1.128.181

489.071

40.755,92

36,13

1,20

1.359

ATOS 4 (CE1+CE2+CE3+CE4)

840.737

349.928

29.160,67

34,68

1,16

972

ATOS 5 (SA1+SA2+SA3+SA4)

1.980.221

387.285

32.273,75

29,88

1,00

1.076

ATOS 6 (AV1+AV2+BN1+BN2+BN3)

704.464

208.401

17.366,75

24,65

0,82

579

 

 

b) I rifiuti industriali.

In tutte le province della Campania esistono i Consorzi delle aree di sviluppo industriale (Asi). Dalle loro dichiarazioni alla regione si evince quale sia oggi la presenza di imprese in questo territorio, le loro attività, la loro consistenza e quindi il livello di produzione dei rifiuti, argomento oggetto di questa relazione. La situazione, suddivisa su scala provinciale, si presenta in questi termini.

Provincia di Avellino.

Il consorzio Asi di questa provincia ha segnalato l'esistenza di 4 agglomerati industriali: agglomerato di Pianodardine, con 63 aziende in esercizio, 6 aziende in costruzione e 7 aziende in programma; agglomerato di Solofra, con 118 aziende in esercizio, 18 aziende in costruzione e 11 aziende in programma; agglomerato di Valle Ufita, con 8 aziende in esercizio, 3 aziende in costruzione e 6 aziende in programma; agglomerato di Valle Caudina, con 1 azienda in esercizio, 1 azienda in costruzione e 3 in programma.

Provincia di Benevento.

Il consorzio Asi di questa provincia ha segnalato l'esistenza dell'agglomerato industriale: di Ponte Valentino, suddiviso in 5 zone, con 9 aziende in esercizio e 6 aziende in costruzione.

Provincia di Caserta.

Il consorzio Asi di questa provincia ha segnalato l'esistenza di 6 agglomerati industriali, senza fornire però un elenco delle aziende operanti ma solo il consumo annuale di energia elettrica: agglomerato di Volturno nord, consumo KVA 6,750; agglomerato di Aversa nord, consumo KVA 10,970; agglomerato di Marcianise, consumo KVA 12,110; agglomerato di Marco, consumo KVA 11,070; agglomerato di Ponteselice, consumo KVA 4,500; agglomerato di Nicola, consumo KVA 49,200.

Provincia di Napoli.

Il consorzio Asi di questa provincia ha segnalato l'esistenza di 7 agglomerati industriali: agglomerato di Acerra, con 2 aziende in esercizio e 2 in programma; agglomerato di Caivano, con 39 aziende in esercizio, 29 aziende in programma, 12 aziende non attive e 3 aziende in costruzione; agglomerato di Casoria-Acerra-Frattamaggiore, con 56 aziende in esercizio, 13 aziende in programma, 7 aziende non attive e 4 aziende in costruzione; agglomerato di Foce del Sarno, con 17 aziende in esercizio, 18 aziende in programma, 6 aziende non attive e 2 aziende in costruzione; agglomerato di Giugliano-Qualiano, con 17 aziende in esercizio, 18 aziende in programma, 6 aziende non attive e 3 aziende in costruzione; agglomerato di Nola-Marigliano, con 15 aziende in esercizio, 38 aziende in programma e 1 azienda non attiva; agglomerato di Pomigliano D'Arco, con 5 aziende in esercizio e 3 aziende in programma.

Provincia di Salerno.

Anche il consorzio Asi di questa provincia ha indicato solo il consumo annuo elettrico dei quattro agglomerati industriali esistenti: agglomerato di Salerno, consumo annuo MW 13; agglomerato di Battipaglia, consumo annuo MW 27; agglomerato di Mercato S. Severino-Fisciano, consumo annuo MW 3,5; agglomerato di Cava dei Tirreni, consumo annuo MW 2,8.

A questi dati vanno aggiunte le aree industriali realizzate con i fondi per la ricostruzione erogati dopo il terremoto dell'Irpinia, collocate nella provincia di Avellino ed in quella di Salerno, tutte di dimensioni più ridotte rispetto a quelle elencate precedentemente.

Per quanto concerne la produzione di rifiuti, la regione Campania nella fase di elaborazione del piano di smaltimento ha fatto riferimento unicamente ad indagini abbastanza datate. La produzione di rifiuti viene presentata nelle tabelle che seguono, dove sono riportati i risultati della ricerca compiuta dall'ENEA nel 1984 e di quella redatta in occasione del primo rapporto sullo stato dell'ambiente pubblicato dal Ministero dell'ambiente nel 1992:

LA PRODUZIONE DI RIFIUTI INDUSTRIALI IN CAMPANIA

(indagine ENEA 1984)

Provincia di Avellino

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

21.676

692

0

22.368

Liquidi

0

688

1.445

2.133

Fangosi

0

14.974

1.277

16.251

Totale

21.676

16.354

2.722

40.752

Provincia di Benevento

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

5.112

3.459

0

8.571

Liquidi

0

1.042

405

1.447

Fangosi

0

8.047

165

8.212

Totale

5.112

12.548

570

18.230

Provincia di Caserta

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

30.538

1.651

181

32.370

Liquidi

0

1.874

2.962

4.836

Fangosi

0

27.309

9.826

37.135

Totale

30.538

30.834

12.969

74.341

Provincia di Napoli

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

330.847

12.063

1.457

344.367

Liquidi

0

29.991

8.564

38.555

Fangosi

0

97.622

58.232

155.854

Totale

330.847

139.676

68.253

538.776

Provincia di Salerno

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

100.074

38.109

412

138.595

Liquidi

0

4.644

2.287

6.931

Fangosi

0

26.680

1.908

28.588

Totale

100.074

69.433

4.607

174.114

 

 

Regione Campania

 

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici e Nocivi

Totale

Solidi

488.247

55.974

2.050

546.271

Liquidi

0

38.239

15.663

53.902

Fangosi

0

174.632

71.408

246.040

Totale

488.247

268.845

89.121

846.213

 

 

Provincia

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici o Nocivi

Totale

Avellino

2,6

2

0,4

5

Caserta

3,6

3,6

1,5

8,7

Benevento

0,6

1,4

0

2

Napoli

39,2

16,5

8,1

63,8

Salerno

11,8

8,2

0,5

20,5

 

57,8

31,7

10,5

100

 

 

Provincia

Assimilabili

Speciali

Presumibilmente Tossici o Nocivi

Totale

Avellino

4.430

2.221

208

6.859

Caserta

21.178

22.730

5.813

49.721

Benevento

444

2.127

1

2.572

Napoli

41.951

200.156

3.522

245.629

Salerno

60.196

14.698

384

75.278

 

128.199

241.932

9.928

380.059

 

LA PRODUZIONE DI RIFIUTI INDUSTRIALI IN CAMPANIA

(fonte Unioncamere - Ministero ambiente 1992)

Provincia

Avellino

Benevento

Caserta

Napoli

Salerno

Totale

Tipologia

           

Inerti

115.000

50.000

107.000

273.000

192.000

737.000

Toss. e Noc.

35.000

11.000

21.000

77.000

20.000

164.000

Spec. A+B

61.000

18.000

59.000

960.000

95.000

1.193.000

Tot. Provinc

211.000

79.000

187.000

1.310.000

307.000

2.094.000

 

Il dato più aggiornato è stato riferito dall'Ecocerved di Bologna, sulla base della dichiarazione unica MUD per l'anno 1995, in base alla quale in Campania si ha una produzione di rifiuti industriali pari a 3.333.534 t/anno. Nel piano regionale di smaltimento non sono contenute indicazioni definitive, ma si propone unicamente di realizzare la piattaforma (o le piattaforme) di smaltimento per questa tipologia di rifiuti in una delle aree Asi regionali, con tre possibili localizzazioni: Acerra, Teverola o Avellino. Il presidente della regione Campania e commissario di Governo ha dichiarato a questa Commissione che esiste anche un accordo di massima dell'unione industriali per la realizzazione di un unico impianto di smaltimento, senza però fornire ulteriori specifiche per quanto concerne la localizzazione.

Tale indeterminatezza incide negativamente sul piano di smaltimento, poiché non fornisce le risposte concrete che si attendono da un ente pubblico in una materia tanto delicato come la gestione dei rifiuti, considerando poi che in questa fase si stanno trattando le tipologie più pericolose. A questo proposito è utile riportare i dati contenuti nell'ultimo rapporto sullo stato dell'ambiente, presentato dal Ministero dell'ambiente nel 1997, nel quale si evidenzia per la Campania una produzione annua di rifiuti pericolosi (riferita al periodo 1993-1994) di 164.000 tonnellate, di cui solo 15.000 smaltite in regione, mentre della gestione delle restanti 149.000 tonnellate non viene fornita alcuna indicazione.

c) I rifiuti ospedalieri.

Lo stato della produzione dei rifiuti sanitari in Campania è sintetizzato nella tabella che segue, redatta sulla base di un'apposita ricerca effettuata dal commissario di Governo nella fase di realizzazione del piano regionale di smaltimento.

 

 

 

I RIFIUTI OSPEDALIERI PRODOTTI IN CAMPANIA

Provincia

Posti letto

Fattore di Produzione (kg/g/letto)

Quantità Prodotta (t/a)

Quantità Prodotta (kg/g)

Q.tà sanit. non ass. ad urbani (t/a)

Avellino

2.236

0,76

1.699

816

573,65

Benevento

1.483

0,76

1.127

411

288,93

Caserta

3.657

0,76

2.779

1.014

712,84

Napoli

17.524

0,76

13.318

4.861

3.417,28

Salerno

8.151

0,76

6.195

2.261

1.589,48

Tot. Regione

33.051

0,76

25.118

9.363

6.582,19

 

Attualmente, i rifiuti ospedalieri della Campania vengono smaltiti presso i seguenti impianti:

impianto di smaltimento presso l'ospedale 'San Paolo` (ASL NA1): forno di incenerimento con capacità di 1 t/giorno;

impianto di smaltimento presso l'azienda ospedaliera 'G. Rummo` (BN): forno di incenerimento con capacità di 1,2 t/giorno;

impianto di smaltimento presso l'ospedale 'D. Cotugno` (NA): due forni di incenerimento con capacità complessiva di 1,6 t/giorno;

impianto di smaltimento presso l'ospedale 'Frullone` (NA): due forni di incenerimento con capacità complessiva di 1,2 t/giorno (l'impianto è in attesa di collaudo);

impianto di smaltimento presso l'ospedale 'Monaldi` (NA): due forni di incenerimento con capacità complessiva di 2,9 t/giorno (l'impianto non è attivo dal 1992 perché necessita di lavori di adeguamento);

impianto di smaltimento presso il II Policlinico (NA): un forno di incenerimento con capacità di 0,2 t/giorno (l'impianto non è attivo perché necessita di lavori di adeguamento);

impianto di smaltimento presso il presidio ospedaliero di Battipaglia: non funzionante e non adeguabile;

impianto di smaltimento presso l'ospedale 'G. Moscati`: nessuno dei quattro plessi dell'ospedale ha un impianto attivo.

La situazione si presenta quindi largamente deficitaria, e se anche entrassero in funzione gli impianti degli ospedali 'D. Cotugno`, 'Frullone`, 'Monaldi` e 'II Policlinico`, la potenzialità complessiva di smaltimento giungerebbe a 2.500 t/anno, vale a dire il 40 per cento dell'intera produzione di rifiuti ospedalieri della Campania che ammonta a circa 6.500 t/anno. Il presidente della regione Campania e commissario di Governo Antonio Rastrelli ha denunciato a questa Commissione che è stata accertata la presenza di rifiuti ospedalieri anche tra i rifiuti solidi urbani; e che le aziende sanitarie locali 'si limitano soltanto ad avere una bolletta di trasporto dello smaltitore che raccoglie i rifiuti: non si sa però cosa avvenga di questi rifiuti`.

A fronte di tale quadro, però, il piano regionale di smaltimento pubblicato il 14 luglio 1997 non fornisce soluzioni concrete ed immediate, ma tre possibili ipotesi di lavoro:

1) installazione di un inceneritore di ridotte dimensioni per ogni ASL o per più ASL limitrofe;

2) installazione di un inceneritore di dimensioni medio-piccole per ogni ambito territoriale ottimale di smaltimento;

3) installazione di un unico inceneritore che serva tutta la regione.

 

La struttura commissariale mostra preferenza per quest'ultima ipotesi: il presidente della regione Campania e commissario di Governo ha affermato a questa Commissione che è stata individuata l'area di Maddaloni. La Commissione non intende entrare nel merito della scelta, ma sollecita gli organi competenti ad agire in tempi rapidi, vista la situazione di grave difficoltà descritta.

d) Le bonifiche in corso ed i progetti di risanamento.

Già la Commissione parlamentare d'inchiesta della XII legislatura aveva avuto modo di segnalare, nella relazione trimestrale e nella relazione conclusiva, la drammaticità della situazione riscontrata in Campania per quanto concerne gli smaltimenti illeciti di rifiuti. Questa Commissione deve purtroppo ribadire quelle preoccupazioni a suo tempo espresse, vista la quantità e la qualità dei sequestri che l'autorità giudiziaria ha effettuato anche nell'ultimo periodo in Campania. La Commissione ha potuto positivamente riscontrare che dai 'laghetti` del litorale domizio-flegreo sono stati rimossi i macchinari che consentivano l'attività estrattiva abusiva; ma ha appreso, in sede di audizione, dal sostituto procuratore presso la Pretura circondariale di Santa Maria Capua Vetere, che l'intensità dei traffici non è affatto diminuita negli ultimi mesi. Sulla natura degli illeciti si tornerà in seguito; qui è opportuno rilevare come, anche sulla scorta di tali notizie, trovi conferma il fatto che l'avvelenamento del territorio campano sta tuttora proseguendo.

La Commissione deve però rilevare come la questione delle bonifiche dei siti inquinati – già evidenziata come urgente dalla Commissione parlamentare della XII legislatura – non sia tuttora stata affrontata con la necessaria decisione da parte degli organismi competenti. Il prefetto di Napoli, commissario di Governo all'emergenza smaltimento, in una nota ha comunicato alla Commissione lo stato di attuazione della sola messa in sicurezza delle discariche esaurite. La situazione si presenta nei termini di seguito riportati.

Provincia di Napoli:

discarica AlMa: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono in corso di ultimazione;

discarica Novambiente: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono avviati;

discarica Ammendola e Formisano: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono in corso di ultimazione;

discarica SaRe: i lavori di sistemazione finale sono ultimati;

discarica Ardolino: i lavori di sistemazione finale sono ultimati;

discarica Iovino: i lavori di sistemazione finale sono ultimati;

discarica DiFraBi: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono in corso;

discarica Schiavi di Giugliano: in corso di istruttoria il progetto di sistemazione finale;

discarica CiMeVi: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono in corso;

discarica Fungaia Monte Somma: approvato il progetto di sistemazione finale, i lavori relativi sono in corso.

Provincia di Caserta:

discarica Ecologica Meridionale: il progetto di sistemazione finale è all'esame della commissione tecnica;

discarica SoGeRi: richiesta l'intesa della regione sullo schema di ordinanza di approvazione del progetto di sistemazione finale.

Per quanto riguarda le discariche abusive, la redazione del relativo piano di intervento è attribuita al presidente della giunta regionale, commissario di Governo per la redazione del piano di smaltimento. Nel piano stesso, però, l'argomento viene affrontato solo nelle linee generali, poiché 'è in corso da parte dell'assessorato all'ecologia della regione Campania un apposito studio mirante alla individuazione dei siti inquinati e, solo a seguito delle risultanze di esso, potranno essere valutati i flussi finanziari occorrenti alle attività di bonifica`.

A questo proposito, va segnalato che il presidente della Commissione è stato invitato il 21 gennaio 1998 a partecipare a Castel Volturno ad un incontro con i sindaci dell'agro aversano, area ove è prevista la realizzazione di una nuova discarica per Rsu in località Masseria del Pozzo.

Da parte degli amministratori locali non è stata contestata in quella sede la localizzazione della discarica, ma è stato richiesto di collegare la realizzazione dell'impianto con l'avvio della fase di monitoraggio, propedeutica a qualsiasi intervento di bonifica. Sulla base di tale argomentazione il presidente ha invitato il prefetto di Napoli a sospendere la localizzazione della discarica in attesa di atti concreti sul versante del recupero del territorio; il prefetto di Napoli ha aderito a tale richiesta.

Nella stessa data, il presidente onorevole Scalia ha incontrato, presso la prefettura di Caserta, la specifica unità di crisi istituita da quella provincia per monitorare la situazione nel territorio, già definito dalla precedente Commissione territorio dell'ecomafia': tra i compiti che l'unità di crisi si propone c'è anche l'avvio della fase di studio propedeutica all'attività di bonifica, fase che richiede risorse finanziarie non disponibili da parte della provincia.

Per tale motivo la Commissione riformula l'ipotesi, già avanzata nella relazione conclusiva della XII legislatura, di promuovere un impegno statale per il ripristino, la bonifica ed il risanamento ambientale delle aree interessate dagli sversamenti abusivi di rifiuti; tale impegno avrebbe anche natura di 'risarcimento` ambientale per aree avvelenate da rifiuti provenienti da tutto il territorio nazionale. Nel corso dello stesso sono state esaminate le sollecitazioni degli amministratori locali che richiedevano l'inserimento degli studi e delle bonifiche tra gli interventi da finanziare con la nuova ordinanza di commissariamento della regione. L'articolo 2 dell'ordinanza 2774 del Ministero dell'interno del 31 marzo 1998 – che proroga lo stato di emergenza in regione – in effetti assegna al commissario delegato specifici compiti in materia.

In quell'occasione l'assessore all'ambiente della provincia di Caserta ha anche reso noto che numerosi ospedali di quel territorio stanno constatando un 'netto` aumento delle neoplasie, in particolare delle leucemie e dei linfomi. Anche dal punto di vista sanitario, pertanto, la situazione presenta profili di forte preoccupazione, che richiedono risposte concrete ed urgenti, anche a livello centrale.

e) La discarica di Castelluccio.

Infine, la Commissione ha affrontato in maniera specifica la questione della bonifica della discarica esaurita in località 'Castelluccio` nel comune di Eboli, in provincia di Salerno. È opportuno, in questa sede, approfondire la storia di quest'impianto, progettato e gestito in una prima fase dalla società Ismar e successivamente requisito dal prefetto di Napoli, commissario di Governo all'emergenza smaltimento, ed affidato in gestione all'ENEA. Al momento della requisizione esisteva unicamente il solo progetto esecutivo relativo alla realizzazione dell'impianto, mentre la società Ismar ha elaborato il progetto esecutivo di bonifica e i criteri di gestione post-mortem successivamente alla derequisizione. La discarica è ubicata a cavallo di altre due discariche in stato di assoluto abbandono, il che configura una situazione ambientale decisamente preoccupante, anche perché le torce di combustione presenti in questi due ultimi impianti risultano costantemente spente, ad indicare la dispersione del biogas direttamente in atmosfera. La discarica di Castelluccio è stata esaurita il 30 aprile 1996 e da allora è in corso una vertenza legale tra la società Ismar ed il prefetto di Napoli (nella sua veste di commissario di Governo all'emergenza smaltimento): la società denuncia, infatti, una presunta gestione irregolare da parte dell'ENEA che avrebbe provocato – tra l'altro – copiose fuoriuscite di percolato, e per questo ha richiesto alla prefettura di Napoli una dotazione di mezzi finanziari per i lavori di sistemazione.

Il prefetto di Napoli, il 26 novembre 1996, emette un provvedimento che impone alla società Ismar di avviare i lavori di bonifica; contro tale provvedimento la società Ismar ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale della Campania che, il 1° luglio 1997, ha decretato l'annullamento dell'atto prefettizio per 'l'insussistenza di specifico titolo per accollare al ricorrente tutti i costi richiesti per la bonifica della discarica, dovendosi questi essere supportati ovviamente anche da parte di chi ha gestito la discarica, in misura proporzionata alla gestione svolta`. La prefettura di Napoli ha successivamente interessato della questione l'avvocatura dello Stato. A fronte di tale vertenza legale, non è stato avviato alcun intervento di messa in sicurezza dell'area che, è opportuno ricordare, comprende non solo tale impianto ma anche le due discariche preesistenti. La Commissione ritiene opportuno che su tale vicenda vi sia un'accentuata azione delle amministrazioni comunali, così come previsto dall'articolo17 del decreto legislativo 22 del 1997, che al comma 11 impone ad esse la titolarità d'ufficio delle opere di bonifica, fatto salvo il diritto delle stesse amministrazioni di rivalersi in danno sui responsabili dell'azione inquinante avvenuta sull'intera area.

f) Osservazioni conclusive sugli impianti.

La Campania, alla luce di quanto emerso nel corso delle missioni e delle audizioni, dimostra tuttora un grave deficit di impianti di smaltimento, peraltro rappresentati in massima parte dalle discariche. La Commissione non può non sottolineare che, in questi anni di commissariamento, la regione non sembra aver compiuto significativi passi in avanti circa la gestione dei rifiuti solidi urbani, restando tuttora ancorata al sistema che ha sostanzialmente determinato l'emergenza. Uno dei pochi elementi potuti riscontrare riguarda la gestione delle discariche, non più prive di qualsiasi regolamentazione. Ciò però non consente alcun tipo di ottimismo sul futuro, poiché tale sistema di smaltimento non è più in linea con quanto previsto dalla legislazione nazionale (per tacere dei notevoli problemi di consumo del territorio da esso provocati).

g) L'azione e l'attività di controllo delle associazioni ambientaliste.

La Commissione ha incontrato anche in questa regione i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, che hanno avuto modo di esporre il loro punto di vista sulla questione rifiuti e di consegnare la documentazione prodotta in questi anni in materia. Tutte le associazioni audite hanno concordato nell'affermare che il commissariamento della regione Campania non ha prodotto quel salto di qualità che era auspicabile. Anzi, Legambiente e WWF, in particolare, hanno segnalato come la regione sembrerebbe alla vigilia di una nuova emergenza rifiuti. A loro dire, nessun problema è stato risolto e gli interventi "tampone" posti in essere hanno semplicemente rinviato tale nuova fase emergenziale. Hanno denunciato l'assenza, in questi anni, di uno sviluppo organico e coordinato della raccolta differenziata (con la previsione di nuovi impianti di recupero e riciclaggio) ed il continuo ricorso alla discarica come unica forma di smaltimento. Hanno, infine, espresso la convinzione che i traffici illeciti di rifiuti che hanno come mèta finale la Campania non siano affatto diminuiti nel corso degli ultimi anni. Su questo tema i rappresentanti del WWF hanno fornito una dettagliata documentazione degli sversamenti abusivi nell'area di pertinenza del parco del Vesuvio, mentre la Legambiente Campania ha consegnato alla Commissione il rapporto 'Le nuove frontiere dell'ecomafia – Il caso Campanià, nel quale viene attentamente descritta la situazione nella regione per quanto concerne i traffici e gli smaltimenti illeciti. Tale documentazione è, attualmente, all'esame della Commissione.

 

 

5) Le attività illecite nel ciclo dei rifiuti in Campania.

Sul rapporto intercorrente tra traffico illegale di rifiuti e criminalità organizzata, la Commissione ha ascoltato vari magistrati, che hanno avuto modo di occuparsi della questione nel corso delle inchieste attinenti alle organizzazioni criminali operanti in Campania.

Le inchieste più significative riguardano traffici di rifiuti pericolosi prodotti nel nord Italia, trasportati da aziende vicine alla criminalità organizzata e smaltiti in maniera illecita in discariche abusive distribuite principalmente nella provincia di Caserta, ma distribuite anche su altre aree del territorio nazionale. Altre indagini riguardano il presunto smaltimento di rifiuti di varia tipologia nei cosiddetti 'laghetti` formati dall'attività estrattiva abusiva sul litorale domizio-flegreo. Inoltre la magistratura è impegnata in indagini tese ad accertare l'infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema degli appalti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti sanitari.

Il quadro generale è stato fornito dalla procura nazionale antimafia, organismo che attraverso una banca dati collegata con quelle delle singole procure distrettuali dovrebbe essere in grado di conoscere lo stato delle indagini relative alla criminalità organizzata. Per ciò che riguarda la Campania, è stato riferito che da ampie parti del territorio, adibite a ben altre finalità, in pochissimo tempo sono state ricavate una serie di fosse (in molti casi scavate per l'occasione e ricoperte immediatamente) ove sono stati sversati rifiuti: da tale azione è conseguito l'avvelenamento di falde acquifere, oltre alla distruzione del territorio circostante.

La presenza della criminalità organizzata nello specifico settore dei rifiuti è stata definita, a livello nazionale, episodica, non programmata, né organica. Nel napoletano, invece, sembra in atto un fenomeno più complesso, nel senso che la 'famiglia` o le 'famiglie` interessate avrebbero offerto una soluzione al problema mediante acquisizioni di terreni (aree molto ampie destinate all'agricoltura o addirittura ad attività di produzione, ad esempio nel settore dell'allevamento ittico), e la loro utilizzazione per lo smaltimento/interramento illegale, e devastante per il territorio, di ingenti quantitativi di rifiuti.

Si tratta di un'analisi sulla quale ha parzialmente concordato l'autorità giudiziaria di Napoli, precisando tuttavia che è forte la preoccupazione circa il ruolo attivo delle organizzazioni camorristiche, di quelle casertane in particolare, in un settore come quello dei rifiuti, nel quale svolgono un ruolo trainante.

 

 

5.1) L'imprenditoria mafiosa.

Appare in tale contesto evidente il ruolo preminente delle organizzazioni camorristiche nel settore del trasporto e dello smaltimento illecito dei rifiuti, facendo anche riferimento alla presenza quasi monopolistica imposta nel settore della commercializzazione del calcestruzzo, attraverso la formazione di due società consortili, corrispondenti alle aree di influenza delle due principali organizzazioni camorristiche operanti in Campania: Procal operante nella zona vesuviana, nolana e della città di Napoli, area di influenza del clan Alfieri, e Cedic, operante nel casertano, area di influenza del clan dei casalesi. Questa attività (finalizzata anche al riparto interno delle quote spettanti alle varie organizzazioni criminali) viene riprodotta dalla camorra anche nel settore dei rifiuti, ove le organizzazioni criminali più importanti assolvono ad un ruolo catalizzatore degli interessi riconducibili ad organizzazioni di minore importanza. Quanto alle imprese, le indagini in corso hanno consentito di ricondurre direttamente la loro attività alle organizzazioni camorristiche. Alcune imprese sono società di particolare rilevanza nel settore dell'intermediazione, del trasporto e dello smaltimento di rifiuti, e dispongono di notevoli mezzi finanziari, possono imporre tariffari controllati per la trattazione di materiali ed hanno la capacità di gestire i traffici con efficienza e mobilità sull'intero territorio nazionale. Ancora, secondo l'autorità giudiziaria napoletana, il ruolo assunto dalle organizzazioni camorristiche napoletane e casertane nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti, anche tossici e nocivi, ha rappresentato, all'inizio di questo decennio, un fatto del tutto nuovo per gli stessi inquirenti che si occupavano di criminalità organizzata; le conoscenze formatesi in questi anni hanno confermato che il settore d'impresa relativo all'attività di trasporto e di smaltimento dei rifiuti è segnato da una presenza massiva e pervasiva delle organizzazioni di tipo mafioso, ed in particolare di quelle camorristiche operanti in Campania.

Su tali dichiarazioni la Commissione non può che esprimere perplessità, in quanto i giudizi ed i dati riferiti dalla procura nazionale antimafia e dalla magistratura napoletana non coincidono. A questo proposito, occorre prendere atto che, a tutt'oggi, non è stato dato seguito alla richiesta formulata dalla Commissione alla procura nazionale antimafia per la resa delle notizie sui procedimenti penali accesi sul problema rifiuti. Il procuratore aggiunto presso la procura nazionale antimafia ha riferito di un monitoraggio del suo ufficio sul problema rifiuti, ma tale documentazione – benché richiesta in più occasioni – non è mai stata trasmessa alla Commissione.

Va segnalato che i trafficanti di rifiuti spesso utilizzano quali discariche le cave, per lo più abusive, dalle quali vengono estratti gli inerti necessari alla produzione del calcestruzzo, le cui forniture sono storicamente controllate dalle organizzazioni camorristiche; in Campania la situazione è tale che le organizzazioni camorristiche controllano persino la formazione di consorzi per il controllo della commercializzazione del calcestruzzo, consorzi che sono stati sanzionati dall'autorità antitrust proprio per le posizioni di monopolio conquistate nel settore. Tale attività produce effetti devastanti, a volte irreversibili, sul piano ambientale, come ha dimostrato l'indagine 'Adelphi`, che ha fatto registrare un fenomeno di smaltimento abusivo per milioni di tonnellate di rifiuti di ogni tipologia, nonché denunce di gravissimi casi di occultamento di rifiuti tossici; da allora (le inchieste lo confermano) la situazione si è persino aggravata e si è consolidata la vocazione della Campania a fungere da 'pattumiera d'Italia`. Il territorio campano oggi sembra essere saturo, al punto da non poter più assolvere a tale 'vocazione`. Per questo aumentano i casi che coinvolgono altre regioni, come il Lazio, la Basilicata e soprattutto l'Abruzzo.

Un ulteriore esempio sulla cosiddetta "circolarità" di cicli d'impresa apparentemente diversificati emerge dall'attività di estrazione della sabbia – materiale che, insieme agli inerti, è uno degli elementi impiegati nella produzione del calcestruzzo – attività regolata da normative e potestà amministrative regionali: per evitare tali controlli e sostituirli con quelli di competenza delle amministrazioni comunali, giudicati più facilmente condizionabili, si è diffusa la pratica di impiantare attività di allevamento di pesci che mascherino le attività di estrazione della sabbia e quelle di successivo occultamento dei rifiuti nei vuoti provocati dalle pratiche estrattive. In alcune zone si sono diffuse vasche ittiche nelle quali sono presenti pochissimi pesci e le stesse vasche segnano i luoghi in cui, a seguito dell'estrazione incontrollata di sabbia, si sono determinate fratture tali da provocare l'abbassamento del livello del suolo in aree piuttosto estese del casertano e nella zona di Villa Literno: questi vuoti vengono colmati attraverso lo sversamento abusivo di rifiuti, in modo da "saldare" le fratture precedentemente provocate: le verifiche investigative fin qui effettuate, ed inserite nel contesto di un'inchiesta tuttora in corso, hanno dato risultati allarmanti anche per la rilevazione di segnali di radioattività anomala.

Altri filoni di indagine confermano ulteriormente il ruolo svolto dalle organizzazioni mafiose in Campania: tale è quello costituito dalla registrata posizione di monopolio di imprese ritenute espressione di ambienti criminali campani nel traffico illegale di alcune tipologie di rifiuti tossici e nocivi, traffico realizzato in maniera assai più sofisticata di quello finora registrato del mero sversamento in luoghi sottratti a possibilità di controllo e sui quali si rimanda a quanto riferito alla Commissione dal dottor Federico Cafiero De Raho, titolare di un'importante inchiesta su tale aspetto.

È stato poi posto in evidenza il ruolo assunto da molti centri di stoccaggio, che si vanno configurando come il nodo nevralgico in cui si realizza l'operazione illegale, luogo in cui operano i soggetti d'impresa maggiormente coinvolti, anche se livelli di coinvolgimento analoghi si ritrovano sia nella fase di produzione del rifiuto, sia in quella di utilizzazione illecita.

Le audizioni dei collaboratori di giustizia hanno confermato lo scenario disegnato dalla magistratura inquirente, scenario che è stato delineato nei suoi termini più compiuti dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli che, nel corso di due distinti incontri, ha portato a conoscenza lo stato delle indagini in materia di traffici illeciti di rifiuti. In particolare, dall'indagine sul clan dei casalesi capeggiato da Francesco Schiavone soprannominato 'Sandokan`, emerge che il traffico dei rifiuti – provenienti in gran parte dal nord Italia e costituiti principalmente da scorie di natura tossico-nociva – si muove lungo la dorsale tirrenica per fermarsi nel territorio casertano: il traffico si avvale di società di stoccaggio, in luoghi ove i rifiuti cambiano tipologia divenendo rifiuti normali. Vengono poi immessi nel casertano, mediante certificazioni false, soprattutto nelle zone di Villa Literno e Baia Verde. In queste località è stato reperito un considerevole numero di bidoni contenenti rifiuti di natura tossica, di difficile recupero. Le indagini svolte dal nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri hanno confermato la gestione monopolistica dei rifiuti da parte del clan dei casalesi, all'interno del quale alcuni esponenti avevano creato una vera e propria rete attraverso società di intermediazione, di stoccaggio e di trasporto: con questo sistema, ha aggiunto, riuscivano a gestire direttamente e con costi minimali l'intero traffico.

Da parte della direzione distrettuale antimafia di Napoli è stata posta anche in evidenza la preziosa opera di intelligence del nucleo operativo ecologico dei carabinieri, che ha accertato (in un'inchiesta ancora coperta dal segreto istruttorio) come, seguendo le localizzazioni delle discariche e le attività del gruppo camorristico, sia stato possibile individuare quando ed in che modo le discariche venivano trasformate in depositi di materiali pericolosi. Tra i primi mesi del 1995 e la fine del 1996 sono state sequestrate numerose discariche e, in occasione di ogni sequestro, è stato acceso un procedimento penale presso la procura circondariale territorialmente competente. Dopo ogni sequestro l'organizzazione normalmente provvede ad individuare un nuovo sito di smaltimento, per svolgervi le medesime attività illecite.

L'indagine, condotta in collaborazione tra il NOE e il raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, ha consentito di ricostruire le varie fasi attraversate dal rifiuto tossico-nocivo e/o speciale, da quando viene prodotto fino allo smaltimento finale. Le industrie di lavorazione dei metalli, in particolare dell'alluminio, ottengono quale materiale di scarto le polveri di macinazione, le schiumature di alluminio e le polveri di abbattimento dei fumi, che non possono essere riciclate e reinserite nel ciclo produttivo a causa dell'elevato costo di lavorazione e dell'esigua quantità di alluminio ricavabile, per cui questo materiale di scarto deve essere smaltito tramite terze società. Il prodotto residuo è un rifiuto speciale o tossico-nocivo per via della presenza, anche in percentuali elevate, di ammoniaca ed ossidi di varia natura; pertanto, è necessario adottare accorgimenti perché l'esposizione agli agenti atmosferici innesca pericolose ed incontrollabili reazioni chimiche, con trasformazione del materiale in miscela liquido-gassosa letale per ogni forma di vita.

Sul punto la Commissione osserva che, sebbene sia economicamente più conveniente smaltire che reimpiegare, le industrie devono comunque farsi carico dei costi in considerazione del fatto che, con la lavorazione del prodotto, si ottiene il 50-60 per cento di materiali di scarto, e le discariche attrezzate ed autorizzate al particolare trattamento sono, sull'intero territorio nazionale, in numero assai esiguo. Invece le inchieste di forze dell'ordine e magistratura stanno facendo emergere che da parte di alcune imprese, per abbattere i costi, è stata adottata la strategia della declassificazione fittizia dei rifiuti, che vengono fatti passare per residui riutilizzabili, modificati nella loro natura tramite la documentazione di accompagnamento prodotta all'origine presso i produttori o lungo il tragitto verso i luoghi di smaltimento (il cosiddetto 'giro di bolla`); per ridurre ulteriormente i costi, i rifiuti sarebbero infine smaltiti in discariche abusive, costituite essenzialmente da semplici buchi nel terreno.

L'inchiesta della direzione distrettuale antimafia, in particolare, ha approfondito le attività dell'Ecologia Ambientale di Napoli di Pasquale Di Giovanni; della Certezza Ecologia di Massa di Cesare Laffi e della Siveco di Bologna: tre società commerciali che inizialmente avevano individuato come primo luogo di smaltimento finale (in senso improprio) la società Italbeton di Rodolfo Statuto, personaggio inserito organicamente nell'organizzazione camorristica dei casalesi e raggiunto da ordinanza di custodia in carcere del 25 novembre 1995 (emessa nei confronti di 146 appartenenti al medesimo clan).Tale filone di indagine presenta profili di estremo interesse per le interconnessioni tra imprenditoria deviata e criminalità organizzata. Lo Statuto, infatti, è un soggetto che, pur se legato organicamente alla camorra, ha compiti prettamente imprenditoriali interessandosi, per conto dell'organizzazione, di vari settori della finanza. Peraltro, è l'esponente di maggior rilievo attraverso cui avviene l'intera gestione del ciclo dei rifiuti tossici; circostanza, questa, confermata dal fatto che presso la ditta dello Statuto risultano depositate ingenti quantità di rifiuti tossici e nocivi. Il condurre tale attività in siti ben individuati (come la Italbeton di Santa Maria Capua Vetere), in luoghi abitati e non molto lontani dal centro, dimostra la possibilità di operare indisturbato. Ed infatti, anche nel settore rifiuti, il terreno di coltura della criminalità organizzata è rappresentato dal controllo del territorio, ivi compreso il controllo sulle rappresentanze politiche. Tale è l'esempio di Villa Literno – luogo di costanti rinvenimenti di rifiuti tossici e nocivi – ove, almeno negli anni passati, si sono succeduti sindaci come Riccardi e Vincenzo Tavoletta, legati all'organizzazione camorristica; ed ancora il caso di Casal di Principe, comune nel quale, per anni, è stato imposto con i voti controllati dalla camorra un sindaco della stessa: cioè una vera e propria immedesimazione tra politica e criminalità organizzata.

La Italbeton di Rodolfo Statuto venne individuata come uno dei primi siti in cui venivano depositati i rifiuti tossico nocivi fin dagli inizi del 1994, tanto che nel settembre di quell'anno l'area venne sottoposta a sequestro parziale; con il sequestro dell'impianto è stata successivamente individuata la ex Fonderie Castelli di Tortona come luogo ove venivano stoccati temporaneamente i materiali, in attesa del dissequestro dell'area di Serre – altro sito di proprietà della ecologia Ambientale del quale disponeva Pasquale Di Giovanni –, un'area temporaneamente sequestrata ma che, da un momento all'altro, si aspettava dovesse essere restituita. La ex Fonderie, ha precisato il magistrato, si è prestata a fornire soltanto una copertura per l'organizzazione, lasciando apparire una produzione di residui riutilizzabili e venendo, così, a soddisfare le necessità delle società suindicate e, in particolare, del Di Giovanni; lo stoccaggio presso la ex Fonderie è proseguita fino al febbraio 1995, periodo in cui è stata sequestrata e, in attesa dell'imminente dissequestro della discarica di Serre, ha avuto inizio la ricerca di una serie di altre località attraverso le quali poter garantire lo stoccaggio delle sostanze.

I successivi siti furono localizzati nelle società Marsid di Capalbio, Busisi Rottami di Grosseto, Trenta Vizi di Orvieto, Ecoliner di Capranica (Viterbo), Raffinerie Metalli Quartaccio di Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo; i siti di queste società sono stati utilizzati come centri di stoccaggio intermedio tra le ditte produttrici del rifiuto e quella che sarebbe dovuta essere la discarica finale. Il pubblico ministero ha raccontato che, presso il centro di stoccaggio Trenta Vizi, sono addirittura giunte direttamente le polveri di abbattimento fumi, sostanze con una tossicità così elevata che il titolare, per non detenerle in grosse quantità, ad un certo momento ne ha rifiutato una parte. Il meccanismo di continue nuove individuazioni di siti di smaltimento abusivo è proseguito per tutto il 1996, interessando diverse parti del territorio nazionale e coinvolgendo aziende operanti sia nell'Italia settentrionale che in quella meridionale.

 

 

5.2) Lo stato dei controlli ed i rapporti tra politica e criminalità organizzata.

Riferendosi all'esperienza della prima inchiesta nel settore (nota come 'Adelphi`), è stato ricordato che proprio da quell'indagine occorre prendere le mosse per fissare alcuni punti che, pur senza costituire riferimenti cristallizzati o ripetitivi, sono premessa necessaria per definire un quadro delle situazione alla luce delle conoscenze acquisite ed alle difficoltà d'intervento incontrate. La propensione – spesso di tipo corruttiva – alla caduta dei livelli di controllo amministrativo si moltiplica se l'atteggiamento del soggetto imprenditoriale con il quale l'amministrazione pubblica entra in contatto ha non solo i connotati tipici di chi vuole concludere l'affare ma è anche alimentata dalla forza delle organizzazioni criminali: sotto tale profilo, in Campania si registra una situazione di particolare gravità e potrebbe essere la chiave di lettura della rilevanza tutta speciale della camorra nel controllo di questi traffici. La crescita degli interessi mafiosi nel settore appare in connessione con altri cicli imprenditoriali, nei quali è tradizionalmente consolidata la presenza mafiosa, quali la produzione dei materiali inerti, del cemento, del calcestruzzo: tutti settori nei quali – secondo documenti processuali affidabili – la presenza delle organizzazioni camorristiche è assolutamente predominante.

L'intreccio economico-culturale tra camorra e politica è altresì presente in altre realtà ricordate nel corso dell'audizione con la magistratura campana. Così, per il comune di San Tammaro, il cui sindaco è stato arrestato per collegamenti con l'organizzazione che operava estorsioni ai cantieri dell'alta velocità; così per il sindaco di Mondragone, arrestato per favoreggiamento aggravato in relazione ad una serie di estorsioni poste in essere in danno di imprenditori; così per il sindaco di Parete, presidente di un consorzio che ha versato ripetutamente alla camorra somme di denaro a titolo di tangenti legate ad appalti.

Peraltro, lo stesso procuratore della Repubblica di Napoli, dottor Agostino Cordova, sollecitato a rendere ostensive le ragioni che impediscono di catturare latitanti di cui è di pubblico dominio la loro permanenza nelle zone di origine ha osservato che il territorio casertano è una sorta di zona off-limits, con vedette della camorra poste all'ingresso di ciascun centro abitato e con comportamenti omertosi degli abitanti del circondario, per cui l'assenza dello Stato nel controllo di questi territori rende tale compito estremamente arduo. A tale ragione, secondo la Commissione, va ricondotto anche il fatto che la sola pretura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto negli ultimi quattro anni circa mille sequestri di altrettanti siti inquinati: un numero elevatissimo di interventi, che rende in maniera evidente lo stato di degrado di quel territorio.

 

 

5.3) L'azione di contrasto.

Sul coordinamento tra uffici del pubblico ministero, la magistratura campana ritiene che lo scambio di informazioni tra procure circondariali, ordinarie e distrettuali costituisce un'utile fonte per acquisire informazioni che consentano una maggiore conoscenza ed una più efficace azione di contrasto.

La magistratura ha in più occasioni sottolineato l'impossibilità di procedere penalmente per i semplici reati di natura ambientale: tuttavia la stessa autorità giudiziaria, a fronte della possibilità prospettata di contestare diverse fattispecie penali (quali la truffa o il falso in bilancio), ha singolarmente affermato che per configurare un falso in bilancio è necessario acquisire la documentazione e, successivamente, effettuare accertamenti ed approfondimenti. La Commissione, a questo proposito, non può non osservare che – prevedendo la normativa italiana sanzioni unicamente amministrative – la magistratura ha tuttavia a disposizione fattispecie penali immediatamente utilizzabili, come dimostrano inchieste condotte da diverse procure: né può valere come giustificazione l'eventuale maggiore difficoltà delle indagini.

L'autorità giudiziaria di Napoli ha invece sostenuto di trovare utilissimo il sistema di controlli all'origine della produzione dei rifiuti, come avviene al nord, mentre i controlli riferiti allo smaltimento avvengono a posteriori, con tutte le difficoltà che derivano per l'identificazione dei gestori dei depositi abusivi: a tale proposito, è senz'altro da segnalare positivamente l'iniziativa del comandante della polizia stradale di Napoli, che ha predisposto una serie di controlli lungo le autostrade mediante personale specializzato ed addestrato allo scopo.

Va senz'altro ricordata l'attuale situazione della procura napoletana ove, a fronte di un organico di ventidue sostituti procuratori in servizio presso la direzione distrettuale antimafia, ben sette magistrati si occupano a tempo pieno delle indagini sul casertano; secondo il titolare dell'ufficio, tuttavia, occorrerebbero almeno dieci sostituti procuratori da impiegare esclusivamente nelle indagini sul casertano, tenendo anche presente il fatto che la necessaria presenza ai dibattimenti riduce di circa due terzi il tempo da dedicare alle indagini da parte dei magistrati. È stato inoltre affermato che la procura di Napoli è un ufficio giudiziario ai limiti della paralisi funzionale, con organici ridotti e personale costretto a rinunciare, per mancanza di fondi, all'effettuazione di prestazioni straordinarie: una situazione di grave dissesto che si aggiunge all'inquinamento presente non solo nel campo della pubblica amministrazione in senso lato ma anche in quello della polizia giudiziaria, come testimoniato dall'arresto, nell'ambito dell'operazione 'Spartacus`, di sette comandanti di stazione dei carabinieri del casertano, accusati di collusione con la camorra.

Se, come detto, l'attuale situazione della procura di Napoli appare senz'altro difficile, addirittura peggiore risulta quella degli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere, che soffre dello sciopero degli avvocati che dura praticamente senza interruzioni da cinque anni: ciò ha determinato da quella data il blocco pressoché totale delle udienze e la prescrizione di numerosissimi reati, tra i quali quelli previsti dall'attuale normativa in materia di rifiuti.

 

 

5.4) Il sistema sanzionatorio: limiti e proposte.

Le audizioni hanno anche fatto emergere la crisi di razionalità delle misure di prevenzione. In tale materia si registrerebbero gravi carenze legislative, che non consentirebbero – nonostante l'individuazione di precisi interessi economici e patrimoniali direttamente riconducibili alle organizzazioni camorristiche – di spogliare l'impresa camorristica della sua complessiva capacità di reinvestire, di continuare ad essere presente. In questo modo, secondo la magistratura, gli enormi patrimoni mafiosi che si formano attraverso lo sfruttamento dei rifiuti vengono sostanzialmente sottratti ad un'efficace azione giudiziaria; tale situazione si sarebbe paradossalmente accentuata con l'istituzione delle direzioni distrettuali antimafia, le quali hanno competenza a svolgere indagini in tutto il distretto della corte d'appello, ma hanno competenza a proporre l'applicazione di misure di prevenzione soltanto per i soggetti che risiedono nel circondario, ambito territoriale originario delle procure della Repubblica con sede nel capoluogo del distretto. Ne consegue l'impossibilità, da parte delle procure distrettuali antimafia, di riversare nei procedimenti di prevenzione le conoscenze processuali acquisite in materia di criminalità organizzata, perché per i soggetti e le imprese operanti negli altri circondari del distretto gli atti devono essere trasmessi alle rispettive procure di competenza: queste ultime, spogliate della competenza in materia di indagini antimafia, conservano la competenza nelle misure di prevenzione pur non avendo, oramai da anni, più conoscenze in termini di indagini.

La situazione di sostanziale crisi del sistema delle misure di prevenzione risulterebbe poi aggravata dal fatto che il procuratore nazionale antimafia – che potrebbe intervenire in via surrogatoria – ha competenza a proporre l'applicazione di misure di prevenzione personali ma non anche di misure di prevenzione patrimoniali, così che il contrasto alla criminalità mafiosa dal versante del fondamento della sua forza, cioè della sua dimensione economica ed imprenditoriale, è complessivamente inefficiente. Tale regime giuridico si ripercuote sull'efficacia di molti interventi giudiziari, anche di quelli attinenti alle indagini in materia di imprese operanti nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti. Su tale delicata tematica la Commissione rinnova il proprio impegno a rivisitare il problema dell'adeguatezza degli interventi di tipo sanzionatorio (la materia dei rifiuti è, per lo più, governata da previsioni contravvenzionali) e di riconsiderare l'opportunità di approfondire i temi concernenti lo schema associativo, sì da poter ricomprendere nell'articolo 416-bis anche i reati che derivano da distinte attività di soggetti che concorrono allo stesso risultato illecito.

Va ad esempio ricordata la scelta processuale fatta da uno degli uffici operanti nel distretto della corte d'appello di Napoli, la procura di Nola, la quale ha posto sotto sequestro una discarica di rifiuti speciali, configurando l'ipotesi del reato di cui agli articoli 434 e 440 del codice penale, riguardanti l'adulterazione di sostanze alimentari; in questo caso lo smaltimento di rifiuti nocivi aveva provocato l'inquinamento di una falda acquifera sottostante le acque stesse, per cui il reato contemplato dall'articolo 434 del codice penale è stato contestato perché, nel dettato delle ipotesi di condotte tese a provocare la distruzione ed il crollo di edifici ovvero altri disastri, l'espressione 'altri disastri` è stata interpretata come comprensiva di qualsivoglia situazione di pericolo concreto per l'incolumità pubblica e per gli interessi di una massa indeterminata di soggetti. Lo sforzo effettuato nell'utilizzazione normativa non può, tuttavia, surrogare l'esigenza di una norma precisa per ciò che attiene alle prassi applicative ed investigative; la semplificazione normativa e l'individuazione di meccanismi sanzionatori semplici, chiari ed efficaci, farebbero accrescere, a suo giudizio, sia i livelli di deterrenza nei confronti dei soggetti destinatari delle norme che i livelli di efficacia dell'azione degli uffici requirenti e di polizia.

A giudizio della Commissione, non può, tuttavia, sottacersi che lo strumento processuale è sì importante, ma non decisivo, perché ciò su cui fare affidamento è soprattutto l'effettività dei controlli amministrativi preventivi. Per tale profilo la situazione della Campania appare estremamente grave, perché gli interessi illeciti che si muovono nel settore rifiuti non appaiono accompagnati da adeguati contrasti sul piano dell'azione di controllo della pubblica amministrazione.

Peraltro, la stessa imprenditoria locale appare fortemente condizionata dalla camorra, che favorisce situazioni monopolistiche di fatto. Sotto altro profilo, un'eccessiva attenzione penale sul settore rischia paradossalmente di deresponsabilizzare l'attività di controllo amministrativo, costringendo la magistratura ad un ruolo di supplenza, spesso inadeguato. A parere della Commissione, è pertanto opportuno che misure preventive e sanzioni incidano, più che sulla gravità delle misure personali, sul ripristino e sul risanamento ambientali.

 

 

6) Conclusioni.

L'insieme delle problematiche affrontate sin qui offrono un quadro sicuramente grave per i diversi profili: programmatorio, gestionale, sanitario e criminale. La Campania è tuttora in una fase emergenziale per quanto concerne lo smaltimento dei propri rifiuti, e gli interventi attuati sinora non hanno le caratteristiche necessarie per poter superare tale fase. Certo, si dà atto che il prefetto di Napoli, commissario di Governo per l'emergenza smaltimento, sta effettivamente ricercando siti idonei per poter coprire le necessità di smaltimento dei rifiuti prodotti nella regione; tale attività tuttavia – nonostante corrisponda a ciò che viene a lui richiesto dalle ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri – non può però essere che provvisoria, nell'attesa di una nuova politica dei rifiuti. Inoltre, le scelte operative commissariali si scontrano con l'indisponibilità di alcune amministrazioni comunali ad accogliere l'insediamento di nuove discariche sul proprio territorio.

Ma, al momento, questa sembra essere l'unica strada possibile per i rifiuti solidi urbani prodotti in Campania, giacche – come si è visto – la raccolta differenziata da destinare al riciclaggio è attualmente limitata a pochi comuni, anche se di rilevanti dimensioni come Napoli e Salerno. Il piano regionale di smaltimento – emanato dal presidente della regione Campania, commissario di Governo alla predisposizione del piano – non sembra offrire quelle soluzioni concrete e di forte impatto che la situazione richiede. Com'è stato già evidenziato, il piano regionale manca di individuare numerosi impianti di smaltimento e fornisce elementi di previsione in materia di raccolta differenziata che non risultano basati su alcuna politica effettiva. Il discorso, peraltro, riguarda anche altre tipologie di rifiuti – come gli industriali e gli ospedalieri – per le quali non è dato rinvenire alcuna concreta previsione di realizzazione di impianti di smaltimento. La Commissione esprime viva preoccupazione per tale stato di cose, che potrebbe determinare il protrarsi della situazione di emergenza senza però offrire concretamente soluzioni operative. Ritiene, pertanto, opportuno richiedere al presidente della regione Campania, commissario di Governo alla predisposizione del piano di smaltimento, un'attivazione straordinaria perché in tempi rapidi si possano riempire i vuoti di programmazione, per offrire un futuro certo alle necessità di smaltimento dei rifiuti in Campania.

Altrettanta preoccupazione si nutre per l'emergenza ambientale derivante dalla creazione di un numero imprecisabile di discariche abusive nel territorio campano, con continui fenomeni di sversamento illecito di rifiuti, solidi e liquidi, sul territorio. È stato accertato che analisi compiute su alcune colture di Villa Literno hanno evidenziato una concentrazione di metalli pesanti assai superiore ai limiti previsti dalla legge, determinando l'incenerimento degli ortaggi ed aumenti di neoplasie, soprattutto nella provincia di Caserta. Si tratta di una situazione da tenere sotto stretto controllo, adottando idonee misure e promuovendo indagini epidemiologiche specifiche, per accertare eventualmente la connessione tra tali episodi e gli smaltimenti illeciti di rifiuti nel territorio.

Anche a prescindere dai risultati di tali indagini, in ogni caso assume carattere prioritario la questione del recupero ambientale di questo territorio, in particolare dell'area domizio-flegrea e dell'agro aversano: sono, infatti, queste due le aree maggiormente interessate dalle attività di illecito smaltimento. Per tali compiti la Commissione ritiene possa svolgere un'utile azione l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di recente istituzione, per il ruolo di coordinamento che tale istituto potrà rivestire in questa fase.

Peraltro, le acquisizioni assunte dalla Commissione portano ad affermare come gli enti di ricerca italiani abbiano dotazioni di strumenti di rilevamento all'avanguardia a livello internazionale: tali strutture potrebbero essere utilizzate nelle aree interessate, per le operazioni di monitoraggio propedeutiche agli interventi di bonifica. Si potrebbe in questo modo avere un quadro dettagliato delle componenti inquinanti presenti nel terreno ed una localizzazione precisa degli sversatoi abusivi.

L'avvio di questa fase conoscitiva, supportata dagli enti di ricerca scientifica, starebbe a significare un'importante inversione di tendenza verso la fine dell'emergenza, fornendo anche prime positive risposte alle domande delle popolazioni e degli enti locali interessati, che richiedono effettivi recuperi ambientali del territorio. Si tratta, evidentemente, di operazioni di rilevanti dimensioni, anche dal punto di vista economico. È bene ripetere, però, che un intervento del Governo nazionale diretto a finanziare i recuperi avrebbe un valore di 'risarcimento` a favore di un'area avvelenata da rifiuti prodotti prevalentemente in altre zone del Paese.

Sull'azione di contrasto contro la criminalità organizzata la Commissione non può non rilevare come l'attività di indagine abbia compiuto un salto di qualità rispetto a quanto rilevato dalla precedente Commissione. Tuttavia, emerge come la magistratura si debba confrontare con una normativa inadeguata rispetto ai traffici illeciti in argomento(1)[ (1) A questo proposito, la Commissione ha approvato un documento con il quale riferisce alle Camere sull'esito di uno studio in tema di reati ambientali, che si conclude con la richiesta dell'introduzione nel codice penale della nozione di "delitto ambientale", con una proposta di articolato in materia.], anche se alcuni strumenti offerti dal codice penale possono già oggi essere utilizzati con risultati positivi, come dimostrato dall'attività di uffici giudiziari di altre regioni.

Riguardo alle risorse da impiegare, trattandosi di indagini complesse, la Commissione si impegna a sollecitare gli organi competenti affinché le procure e la direzione distrettuale antimafia vengano potenziati con personale e strumenti in grado di consentire una più idonea distribuzione del lavoro. In ogni caso, la Commissione assicura all'autorità giudiziaria della regione Campania la sua costante attenzione sull'evolversi delle situazioni e delle indagini in corso.

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