Decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 142
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 25 luglio 2005 - Supplemento Ordinario n. 130
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 31 ottobre 2003, n. 306, ed in particolare l'articolo 1 e l'allegato B;
Vista la direttiva n. 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE del Consiglio e le direttive 98/78/CE e 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 marzo 2005;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera del deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 27 maggio 2005;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro della giustizia e con il Ministro degli affari esteri;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Titolo I
DISCIPLINA DEI CONGLOMERATI FINANZIARI
Capo I
Definizioni e campo di applicazione
Art. 1.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) testo unico bancario, di seguito denominato TUB: il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
b) testo unico della finanza, di seguito denominato TUF: il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni;
c) banca: l'impresa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del TUB;
d) istituto di moneta elettronica, di seguito denominato IMEL: l'impresa di cui all'articolo 1, comma 2, lettera h-bis), del TUB;
e) impresa di assicurazione: l'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività assicurativa ai sensi dei decreti legislativi 17 marzo 1995, n. 174 e n. 175;
f) imprese di investimento: le imprese di cui all'articolo 1, comma 1, lettera h), del TUF;
g) impresa regolamentata: una banca, un IMEL, un'impresa di assicurazione o un'impresa di investimento, autorizzati in Italia o in un altro Paese dell'Unione europea;
h) società di gestione patrimoniale: le società di gestione di cui all'articolo 1, comma 1, lettere o) e o-bis), del TUF;
i) impresa di riassicurazione: un'impresa, come definita dall'articolo 1, lettera e), del decreto legislativo n. 239 del 17 aprile 2001;
l) norme settoriali: il TUB, il TUF, le norme sulle assicurazioni e le relative disposizioni attuative;
m) settore finanziario: il settore composto di una o più delle seguenti imprese:
1) una banca, un IMEL, un intermediario finanziario di cui agli articoli 106 o 107 del TUB o un'impresa di servizi bancari ausiliari di cui all'articolo 1, paragrafo 23, della direttiva 200/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000 (settore bancario);
2) un'impresa di assicurazione, un'impresa di riassicurazione o una società di partecipazione assicurativa (settore assicurativo);
3) un'impresa di investimento o un ente finanziario ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 200/12/CE (settore servizi di investimento);
4) una società di partecipazione finanziaria mista;
n) conglomerato finanziario: un gruppo di imprese che soddisfi le condizioni di cui all'articolo 3;
o) settore finanziario di maggiori dimensioni: il settore finanziario all'interno di un conglomerato finanziario con il valore medio di cui all'articolo 3, comma 3, più elevato; ai fini di tale valutazione, il settore bancario e quello dei servizi di investimento sono considerati congiuntamente;
p) settore finanziario di minori dimensioni: il settore finanziario all'interno di un conglomerato finanziario con il valore medio di cui all'articolo 3, comma 3, meno elevato; ai fini di tale valutazione, il settore bancario e quello dei servizi di investimento sono considerati congiuntamente;
q) impresa madre: l'impresa che controlla un'altra impresa ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, e ogni impresa che eserciti un'influenza dominante su un'altra impresa ai sensi dell'articolo 23, comma 2, del TUB e dell'articolo 10, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 20;
r) impresa figlia: un'impresa soggetta al controllo di un'altra impresa ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, nonche' ogni impresa su cui un'impresa madre eserciti un'influenza dominante ai sensi dell'articolo 23, comma 2, del TUB e dell'articolo 10, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 20; tutte le imprese figlie di imprese figlie sono parimenti considerate imprese figlie dell'impresa madre che e' a capo di tali imprese;
s) partecipazione: i diritti, rappresentati o meno da titoli, nel capitale di altre imprese, i quali, realizzando una situazione di legame durevole con esse, sono destinati a sviluppare l'attività del partecipante. Si ha comunque partecipazione quando un soggetto e', direttamente o tramite un legame di controllo, titolare di almeno il 20 per cento dei diritti di voto o del capitale di un'impresa;
t) gruppo: un insieme di imprese composto dalla impresa madre, dalle imprese figlie e dalle società in cui l'impresa madre o le imprese figlie detengono una partecipazione, nonche' dalle imprese soggette a direzione unitaria in virtù di accordi o clausole statutarie e da quelle in cui gli organi di amministrazione, direzione e controllo sono costituiti in maggioranza dalle stesse persone;
u) stretti legami: i legami tra due o più persone fisiche o giuridiche consistenti in:
1) una partecipazione, ossia il fatto di detenere direttamente, o tramite un legame di controllo, il 20 per cento o più dei diritti di voto o del capitale di un'impresa;
2) un legame di controllo come definito dall'articolo 26 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127;
3) una situazione nella quale due o più persone fisiche o giuridiche siano legate in modo duraturo a una stessa persona da un legame di controllo;
v) società di partecipazione finanziaria mista: un'impresa madre, diversa da un'impresa regolamentata, che insieme con le sue imprese figlie, di cui almeno una sia un'impresa regolamentata con sede principale nell'Unione europea, e con altre imprese costituisca un conglomerato finanziario;
z) autorità competenti: le autorità nazionali dei Paesi dell'Unione europea preposte, in forza di legge o regolamento, all'esercizio della vigilanza sulle banche, sugli IMEL, sulle imprese di assicurazione, sulle imprese di investimento, sia a livello di singola impresa che di gruppo;
aa) autorità competenti rilevanti:
1) le autorità competenti dei Paesi dell'Unione europea preposte all'esercizio della vigilanza settoriale a livello di gruppo su qualsiasi impresa regolamentata appartenente ad un conglomerato finanziario;
2) il coordinatore se diverso dalle autorità di cui al numero 1;
3) le altre autorità competenti interessate, se ritenuto necessario dalle autorità di cui ai numeri 1 e 2; queste ultime tengono conto, in particolare, della quota di mercato delle imprese regolamentate del conglomerato in altri Stati comunitari, specie se essa supera il 5 per cento, e dell'importanza all'interno del conglomerato di qualsiasi impresa regolamentata che abbia sede in un altro Stato membro;
bb) autorità di vigilanza italiane: le autorità di vigilanza italiane competenti sui settori bancario, assicurativo e dei servizi di investimento;
cc) operazioni intragruppo: tutte le operazioni in cui l'adempimento di un'obbligazione, contrattuale o di altra natura, dietro pagamento o a titolo gratuito, a favore delle imprese regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario dipende, direttamente o indirettamente, da altre imprese dello stesso gruppo o da qualsiasi persona fisica o giuridica legata alle imprese appartenenti a quel gruppo da stretti legami;
dd) concentrazione dei rischi: tutte le esposizioni con un rischio di perdita potenziale per le imprese appartenenti a uno stesso conglomerato finanziario, di portata tale da compromettere la solvibilità o la posizione finanziaria generale delle imprese regolamentate appartenenti al conglomerato; tali esposizioni possono essere dovute a rischio di credito/controparte, rischio di investimento, rischio assicurativo, rischio di mercato, altri rischi oppure ad una combinazione o interazione dei rischi precedenti;
ee) requisiti di adeguatezza patrimoniale complessivi: l'ammontare minimo dei fondi propri di un'impresa regolamentata a fronte dei rischi complessivi della propria attività, calcolato per le singole imprese in base alle rispettive norme settoriali;
ff) vigilanza supplementare a livello di conglomerato: la vigilanza ulteriore, rispetto a quella prevista da ogni ordinamento nazionale di settore, che si effettua considerando unitariamente il conglomerato finanziario, ai fini stabiliti all'articolo 2, comma 1.
Art. 2.
Finalità e destinatari della vigilanza supplementare
1. La vigilanza supplementare sulle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario ha per scopo la salvaguardia della stabilità del conglomerato nel suo complesso e delle imprese, regolamentate e non, che ne fanno parte, nonche' la prevenzione degli effetti destabilizzanti sul sistema finanziario derivanti dalle difficoltà finanziarie delle imprese appartenenti a un conglomerato finanziario.
2. Sono sottoposte a vigilanza supplementare, a livello di conglomerato, le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario, tra le quali rientrano anche le imprese regolamentate:
a) a capo di un conglomerato finanziario;
b) la cui impresa madre e' una società di partecipazione finanziaria mista con sede principale nell'Unione europea;
c) che sono legate ad un'altra impresa del settore finanziario da una relazione, diversa dal controllo, che comporti l'assoggettamento a direzione unitaria in virtù di accordi o per effetto della quale gli organi di amministrazione, direzione e controllo sono costituiti in maggioranza dalle stesse persone.
3. I conglomerati finanziari che risultano essere sottogruppi di un altro conglomerato finanziario sono sottoposti a vigilanza supplementare nell'ambito di quest'ultimo.
4. Nel caso di soggetti che detengono partecipazioni o esercitano un'influenza notevole senza detenere partecipazioni o altri legami finanziari in una o più imprese regolamentate che non costituiscono un conglomerato finanziario, le autorità competenti rilevanti, di comune accordo, determinano se e in che misura debba essere esercitata la vigilanza supplementare su tali imprese regolamentate, come se costituissero un conglomerato finanziario. Per l'esercizio di tale vigilanza occorre che siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 3, comma 1, lettere d) ed e).
5. Salvo quanto disposto dall'articolo 11, l'esercizio della vigilanza supplementare a livello di conglomerato finanziario non implica l'esercizio della vigilanza individuale su società di partecipazione finanziaria mista, su imprese regolamentate di un Paese terzo appartenenti a un conglomerato finanziario o su imprese non regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario.
6. Le società di gestione patrimoniale inserite in un gruppo individuato come un conglomerato finanziario, ai sensi dell'articolo 3, rientrano nell'ambito di applicazione della vigilanza supplementare ai sensi del presente decreto.
7. Restano ferme le rispettive norme settoriali previste per le società di gestione patrimoniale ai fini dell'applicazione della vigilanza individuale, della vigilanza consolidata, ove le società di gestione patrimoniale siano incluse in un gruppo bancario o in un gruppo di società di investimento mobiliare, e della vigilanza supplementare a livello di gruppo assicurativo, ove le società di gestione patrimoniale siano incluse in un gruppo di imprese di assicurazione.
8. Ai fini della vigilanza supplementare di cui al presente decreto, le società di gestione patrimoniale rientrano nel settore finanziario relativo al gruppo (bancario, assicurativo, di servizi di investimento) a cui appartengono. Nel caso in cui le società di gestione patrimoniale non appartengano a nessun gruppo ma appartengano a un conglomerato finanziario, le medesime rientrano nel settore finanziario di maggiori dimensioni del conglomerato.
Art. 3.
Nozione di conglomerato finanziario
1. Costituisce un conglomerato finanziario, ai fini del presente decreto, qualsiasi gruppo, o sottogruppo di un gruppo, che soddisfi le seguenti condizioni:
a) a capo del gruppo vi sia un'impresa regolamentata o almeno una delle imprese figlie del gruppo sia un'impresa regolamentata;
b) qualora a capo del gruppo vi sia un'impresa regolamentata, questa sia un'impresa madre di un'altra impresa del settore finanziario, ovvero un'impresa che detiene una partecipazione in altra impresa del settore finanziario, ovvero un'impresa legata a un'impresa del settore finanziario da una relazione che comporti l'assoggettamento a direzione unitaria in virtù di accordi o clausole statutarie o in cui gli organi di amministrazione, direzione e controllo sono costituiti in maggioranza dalle stesse persone;
c) qualora a capo del gruppo non vi sia un'impresa regolamentata, le attività del gruppo si svolgano principalmente nel settore finanziario;
d) almeno una delle imprese del gruppo operi nel settore assicurativo e almeno una operi nel settore bancario o nel settore dei servizi di investimento;
e) le attività consolidate o aggregate delle imprese del gruppo che operano nel settore assicurativo e le attività consolidate o aggregate delle imprese che operano nel settore bancario e nel settore dei servizi finanziari siano entrambe significative.
2. Le attività di un gruppo di imprese sono considerate principalmente di carattere finanziario, ai sensi del comma 1, lettera c), se il rapporto tra il totale dello stato patrimoniale delle imprese, regolamentate o meno, operanti nel settore finanziario e appartenenti al gruppo e il totale dello stato patrimoniale del gruppo nel suo complesso e' superiore al 40 per cento.
3. Si considerano significative, ai sensi del comma 1, lettera e), le attività svolte nei diversi settori finanziari se, per ciascun settore finanziario (bancario, assicurativo, servizi di investimento), il valore medio del rapporto tra il totale dello stato patrimoniale di quel settore finanziario e il totale dello stato patrimoniale delle imprese del settore finanziario appartenenti al gruppo e del rapporto tra i requisiti di solvibilità del medesimo settore finanziario, calcolati in conformità delle pertinenti norme settoriali, e il totale dei requisiti di solvibilità delle predette imprese del settore finanziario appartenenti al gruppo e' superiore al 10 per cento.
4. Si considerano comunque significative le attività svolte nei diversi settori finanziari nel caso in cui il totale dello Stato patrimoniale del settore finanziario di minori dimensioni del gruppo sia superiore a 6 miliardi di euro. Ai fini del calcolo del valore medio e della valutazione delle dimensioni del settore finanziario, il settore bancario e quello dei servizi di investimento sono considerati congiuntamente.
5. Il calcolo di cui al presente articolo relativo allo stato patrimoniale e' effettuato sulla base del totale dello stato patrimoniale aggregato delle imprese appartenenti al gruppo, in conformità dei loro conti annuali. Ai fini di tale calcolo, le imprese in cui e' detenuta una partecipazione sono prese in considerazione per l'importo del loro stato patrimoniale totale corrispondente alla quota aggregata proporzionale detenuta dal gruppo. Tuttavia, qualora siano disponibili conti consolidati, questi sono utilizzati in luogo di quelli aggregati.
6. Nel caso in cui i rapporti indicati ai commi 2 e 3 scendano al di sotto rispettivamente del 40 per cento o del 10 per cento per i conglomerati che sono già oggetto della vigilanza supplementare, si applicano per i tre anni successivi coefficienti ridotti rispettivamente pari al 35 per cento e all'8 per cento. Analogamente, se il totale dello stato patrimoniale del settore finanziario di minori dimensioni del gruppo scende al di sotto di 6 miliardi di euro per i conglomerati già soggetti a vigilanza supplementare, si applica per i tre anni successivi una soglia inferiore, pari a 5 miliardi di euro. Tuttavia, il coordinatore, con l'accordo delle altre autorità competenti rilevanti, può decidere di non applicare i coefficienti o l'importo ridotti di cui sopra.
Art. 4.
Individuazione del conglomerato finanziario
1. Le autorità competenti, che hanno autorizzato le imprese regolamentate appartenenti ad un gruppo, stabiliscono se il gruppo costituisce un conglomerato finanziario ai sensi dell'articolo 3. A tale fine le autorità competenti collaborano strettamente tra loro e, in particolare, se un'autorità competente ritiene che un'impresa regolamentata da essa autorizzata appartenga a un gruppo che potrebbe costituire un conglomerato finanziario, non ancora individuato, comunica tale circostanza alle altre autorità competenti interessate.
2. Le autorità competenti rilevanti possono, sulla base di un accordo di coordinamento:
a) non includere il gruppo nell'ambito di applicazione del presente decreto o non applicare gli articoli 8, 9 o 10, se viene raggiunta la soglia di cui all'articolo 3, comma 4, ma non quella di cui all'articolo 3, comma 3, qualora ritengano che tale inclusione o l'applicazione dei predetti articoli non sia necessaria oppure la ritengano inopportuna o fuorviante rispetto agli obiettivi della vigilanza supplementare tenendo conto, ad esempio, del fatto che:
1) la dimensione relativa del settore finanziario di minori dimensioni, misurata in base alla media di cui all'articolo 3, comma 3, o in base al totale dello stato patrimoniale o ai requisiti di adeguatezza patrimoniale, non supera il 5 per cento;
2) in uno Stato dell'Unione europea, la quota di mercato di tale settore, misurata in base al totale dello stato patrimoniale nel settore bancario o nel settore dei servizi finanziari e in base ai premi lordi iscritti nel settore assicurativo, non supera il 5 per cento. La decisione e' notificata alle altre autorità competenti interessate;
b) escludere un'impresa dal calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare ai sensi dell'articolo 7, comma 4;
c) verificare, prima di individuare un conglomerato finanziario, il rispetto per 3 anni consecutivi delle soglie previste dall'articolo 3, commi 2 e 3;
d) verificare l'esistenza di un conglomerato finanziario, anche nel caso in cui le soglie di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, non siano rispettate per 3 anni consecutivi, qualora la struttura del gruppo subisca modifiche significative.
3. Qualora sia stato individuato un conglomerato finanziario, le decisioni di cui alle lettere da b) a d) del comma 2 sono adottate sulla base di una proposta del coordinatore di tale conglomerato finanziario.
4. Ai fini dell'applicazione dell'art. 3, commi 2 e 3, le autorità competenti rilevanti possono, in casi eccezionali e sulla base di un accordo di coordinamento, sostituire il criterio basato sul totale dello stato patrimoniale con il parametro della struttura dei redditi o con quello delle attività fuori bilancio o con entrambi o anche aggiungere uno o entrambi tali parametri qualora ritengano che essi abbiano particolare rilevanza ai fini della vigilanza supplementare.
Capo II
Coordinatore
Art. 5.
Nomina e compiti del coordinatore
1. Tra le autorità competenti, comprese quelle del Paese dove ha la sede principale la società di partecipazione finanziaria mista, e' individuata l'autorità di vigilanza responsabile per il coordinamento e l'esercizio della vigilanza supplementare, di seguito denominata coordinatore.
2. La presenza di un coordinatore con compiti specifici in materia di vigilanza supplementare lascia impregiudicati i compiti e le responsabilità attribuite alle autorità competenti ai sensi delle norme settoriali.
3. L'individuazione e' effettuata sulla base dei seguenti criteri:
a) qualora a capo di un conglomerato finanziario vi sia un'impresa regolamentata, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente che ha autorizzato la predetta impresa regolamentata all'esercizio dell'attività;
b) qualora a capo di un conglomerato finanziario non vi sia un'impresa regolamentata, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente individuata sulla base dei seguenti criteri:
1) nel caso in cui l'impresa madre di un'impresa regolamentata sia una società di partecipazione finanziaria mista, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente che ha autorizzato la predetta impresa regolamentata ai sensi delle pertinenti norme settoriali;
2) nel caso in cui più imprese regolamentate con sede principale nell'Unione europea abbiano come impresa madre la stessa società di partecipazione finanziaria mista e una di queste imprese abbia ricevuto l'autorizzazione nello Stato membro in cui ha la sede principale la società di partecipazione finanziaria mista, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente preposta alla vigilanza dell'impresa regolamentata autorizzata in tale Stato membro;
3) nel caso in cui nello Stato membro in cui la società di partecipazione finanziaria mista ha la sua sede principale siano state autorizzate più imprese regolamentate operanti in diversi settori finanziari, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente preposta alla vigilanza sull'impresa regolamentata operante nel settore finanziario di maggiori dimensioni;
4) nel caso in cui a capo del conglomerato finanziario vi siano più società di partecipazione finanziaria mista con la sede principale in diversi Paesi dell'Unione europea in ciascuno dei quali sia presente un'impresa regolamentata, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente preposta alla vigilanza dell'impresa regolamentata che presenti il totale dello stato patrimoniale più elevato, nel caso in cui tali imprese operino nello stesso settore finanziario, ovvero dall'autorità competente preposta alla vigilanza sull'impresa regolamentata operante nel settore finanziario di maggiori dimensioni;
5) nel caso in cui più imprese regolamentate con sede principale nell'Unione europea abbiano come impresa madre la stessa società di partecipazione finanziaria mista e nessuna di queste imprese abbia ricevuto l'autorizzazione nello Stato membro in cui ha la sede principale la società di partecipazione finanziaria mista, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente che ha concesso l'autorizzazione all'impresa regolamentata che presenta il totale dello stato patrimoniale più elevato nel settore finanziario di maggiori dimensioni;
6) nel caso in cui conglomerato finanziario sia un gruppo che non fa capo a un'impresa madre o in qualsiasi altro caso, il compito di coordinatore e' esercitato dall'autorità competente che ha concesso l'autorizzazione all'impresa regolamentata che presenta il totale dello stato patrimoniale più elevato nel settore finanziario di maggiori dimensioni.
4. Il coordinatore, individuato in conformità del comma 3, comunica all'impresa madre al vertice di un gruppo o, in assenza di questa, all'impresa regolamentata con il più elevato totale dello stato patrimoniale nel settore finanziario di maggiori dimensioni di un gruppo che il gruppo e' stato individuato come conglomerato finanziario ai sensi dell'articolo 4, nonche' la designazione del coordinatore. Il coordinatore informa altresì le autorità competenti che hanno autorizzato le imprese regolamentate appartenenti al gruppo e le autorità competenti dello Stato membro nel quale la società di partecipazione finanziaria mista ha la sua sede principale, nonche' la Commissione europea.
5. In casi particolari, le autorità competenti rilevanti possono, mediante accordi di coordinamento e sentito il conglomerato finanziario, stabilire di non applicare i criteri di cui al comma 3 qualora ciò risulti opportuno in considerazione della struttura del conglomerato e dell'importanza relativa delle sue attività in altri Paesi e nominare quale coordinatore un'autorità competente diversa.
6. I compiti di vigilanza supplementare del coordinatore includono:
a) il coordinamento della raccolta e della diffusione di informazioni pertinenti o essenziali tra le autorità competenti, sia nel quadro del normale esercizio delle proprie funzioni sia nelle situazioni di emergenza, ivi compresa la diffusione di informazioni importanti ai fini dell'esercizio della vigilanza da parte di un'autorità competente ai sensi delle norme settoriali;
b) la valutazione complessiva sotto il profilo della vigilanza e la valutazione della situazione finanziaria di un conglomerato finanziario;
c) la valutazione dell'osservanza delle disposizioni in materia di adeguatezza patrimoniale, di concentrazione dei rischi e di operazioni intragruppo di cui agli articoli 7, 8 e 9;
d) la valutazione complessiva delle operazioni intragruppo e della concentrazione dei rischi, tenendo sotto controllo, in particolare, i possibili rischi di contagio all'interno del conglomerato finanziario, i rischi di conflitto di interessi, i rischi di arbitraggio fra norme settoriali ed il livello o volume dei rischi;
e) la valutazione della struttura, dell'organizzazione e del sistema di controllo interno del conglomerato finanziario, di cui all'articolo 10;
f) la pianificazione e il coordinamento delle attività di vigilanza, in collaborazione con le autorità competenti rilevanti, sia nel quadro del normale esercizio delle proprie funzioni sia in situazioni di emergenza.
7. Il coordinatore, le altre autorità competenti rilevanti e, ove necessario, le altre autorità competenti interessate concludono accordi di coordinamento al fine di agevolare la vigilanza supplementare. L'accordo di coordinamento può conferire al coordinatore ulteriori compiti e può specificare le procedure per il processo decisionale fra le autorità competenti rilevanti e per la collaborazione con le altre autorità competenti.
8. Il coordinatore può chiedere alle autorità competenti del Paese dell'Unione europea nel quale ha la sede principale un'impresa madre, le quali non esercitino esse stesse la vigilanza supplementare, di sollecitare dall'impresa madre tutte le informazioni pertinenti per l'esercizio dei suoi compiti di coordinamento e di trasmettergliele.
9. Al fine di evitare la duplicazione delle segnalazioni alle varie autorità coinvolte nella vigilanza, se il coordinatore necessita di informazioni già fornite a un'altra autorità competente conformemente alle norme settoriali, si rivolge all'autorità in possesso di tali informazioni.
Art. 6.
Cooperazione e scambio di informazioni tra le autorità competenti
1. Ai fini della vigilanza supplementare, il coordinatore e le autorità competenti preposte all'esercizio della vigilanza sulle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario cooperano strettamente tra loro fornendo a richiesta tutte le informazioni pertinenti e comunicando di propria iniziativa tutte le informazioni essenziali.
2. Le autorità di vigilanza italiane competenti scambiano informazioni con le altre autorità di vigilanza competenti e non possono opporre a queste ultime il segreto d'ufficio.
3. La cooperazione prevede almeno la raccolta e lo scambio di informazioni in merito ai seguenti elementi:
a) l'accertamento della struttura del gruppo e l'individuazione di tutte le principali imprese appartenenti al conglomerato finanziario, nonche' delle autorità competenti delle imprese regolamentate del gruppo;
b) le strategie del conglomerato finanziario;
c) la situazione finanziaria del conglomerato finanziario, in particolare per quanto attiene all'adeguatezza patrimoniale, alle operazioni intragruppo, alla concentrazione dei rischi e alla redditività;
d) i principali azionisti e coloro che svolgono funzioni di direzione e amministrazione del conglomerato finanziario;
e) l'organizzazione, i sistemi di gestione del rischio e di controllo interno a livello del conglomerato finanziario;
f) le procedure per la raccolta di informazioni presso le imprese appartenenti al conglomerato finanziario e la verifica di tali informazioni;
g) i problemi incontrati dalle imprese regolamentate o da altre imprese del conglomerato finanziario, suscettibili di arrecare un serio pregiudizio alle imprese regolamentate;
h) le sanzioni di rilevante entità e i provvedimenti straordinari adottati dalle autorità competenti in conformità delle norme settoriali o del presente decreto.
4. Prima di adottare una decisione rilevante ai fini dell'esercizio dei compiti di vigilanza di altre autorità competenti e fatte salve le rispettive responsabilità definite dalle norme settoriali, le autorità competenti interessate si consultano in merito:
a) ai mutamenti nell'azionariato e nella struttura organizzativa e gestionale delle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario, che necessitano dell'approvazione ovvero dell'autorizzazione delle autorità competenti;
b) alle sanzioni di rilevante entità e ai provvedimenti straordinari adottati dalle autorità competenti.
5. Un'autorità competente può decidere di non procedere alla consultazione di cui al comma 4 in situazioni di urgenza o qualora ciò possa compromettere l'efficacia delle decisioni. In tali casi, l'autorità competente informa prontamente le altre autorità competenti.
6. Qualora le informazioni di cui al comma 3 del presente articolo siano già state fornite a un'autorità competente ai sensi delle norme settoriali, le altre autorità competenti preposte all'esercizio della vigilanza supplementare possono richiedere direttamente le informazioni all'autorità già in possesso delle stesse.
7. La raccolta o il possesso di informazioni concernenti imprese appartenenti a un conglomerato finanziario, diverse dalle imprese regolamentate, non implica in alcun modo che le autorità competenti siano tenute ad esercitare compiti di vigilanza individuale su tali imprese.
8. Nell'osservanza delle norme settoriali, le autorità competenti possono scambiare informazioni riguardanti le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario anche con le banche centrali, il sistema europeo di banche centrali e la Banca centrale europea, nella misura in cui ciò sia necessario per l'assolvimento dei rispettivi compiti.
9. Le imprese e le persone fisiche e giuridiche, regolamentate o meno, cui si applica la vigilanza supplementare possono scambiarsi informazioni pertinenti ai fini della vigilanza supplementare.
10. Le autorità competenti preposte all'esercizio della vigilanza supplementare possono accedere a tutte le informazioni pertinenti per l'esercizio di tale vigilanza; la richiesta di informazioni può essere effettuata direttamente dalle singole autorità competenti ai soggetti vigilati dalla medesima autorità oppure indirettamente, per il tramite dell'autorità di vigilanza di settore, per le imprese regolamentate non vigilate dall'autorità richiedente. Nei confronti delle società di partecipazione finanziaria mista la richiesta di informazioni e' inoltrata per il tramite dell'autorità di vigilanza preposta alla verifica dei requisiti di cui all'articolo 11.
11. Ai fini della vigilanza supplementare, le imprese regolamentate italiane forniscono, per il tramite delle competenti autorità di vigilanza italiane, informazioni alle autorità di vigilanza di altri Paesi dell'Unione europea.
Capo III
Posizione finanziaria
Art. 7.
Requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare
1. Le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario assicurano, mediante un'appropriata politica di adeguatezza patrimoniale a livello di conglomerato finanziario, che il totale dei mezzi propri disponibili a livello di conglomerato finanziario sia in ogni momento almeno equivalente ai requisiti di adeguatezza patrimoniale stabiliti sulla base di uno dei metodi di calcolo indicati nell'allegato. Il coordinatore, previa consultazione con le altre autorità competenti rilevanti e con il conglomerato finanziario stesso, individua il metodo di calcolo da applicare.
2. Il coordinatore valuta i requisiti di adeguatezza patrimoniale del conglomerato finanziario e verifica che il calcolo dei requisiti di cui al comma 1, sia effettuato almeno una volta l'anno dalle imprese regolamentate o dalla società di partecipazione finanziaria mista. Ai fini del calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale sono incluse nell'ambito della vigilanza supplementare tutte le imprese appartenenti al settore finanziario.
3. Il risultato del calcolo e i dati necessari per quest'ultimo sono trasmessi al coordinatore dall'impresa regolamentata o dalla società di partecipazione finanziaria mista a capo del conglomerato finanziario oppure da un'impresa regolamentata appartenente al conglomerato finanziario individuata dal coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e del conglomerato finanziario.
4. Il coordinatore può decidere, previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e salve le situazioni di urgenza, di escludere una determinata impresa dal calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare nei seguenti casi:
a) qualora l'impresa abbia sede in un Paese non appartenente all'Unione europea nel quale esistano ostacoli giuridici alla trasmissione delle informazioni necessarie; non sono considerati ostacoli le norme settoriali in materia di obbligo per le autorità competenti di negare l'autorizzazione qualora sia impedito loro l'effettivo esercizio dei compiti di vigilanza;
b) qualora l'impresa sia di interesse trascurabile ai fini dell'obiettivo della vigilanza supplementare sulle imprese regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario; le imprese di interesse trascurabile devono comunque essere incluse se, considerate nel loro insieme, presentano un interesse non trascurabile;
c) qualora l'inclusione di un'impresa sia inopportuna o fuorviante in relazione agli obiettivi della vigilanza supplementare.
5. Il coordinatore e le autorità di vigilanza rilevanti stabiliscono, mediante specifici accordi di coordinamento, i limiti quantitativi e le caratteristiche qualitative dell'impresa ai fini della esclusione dal calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare.
6. Nel caso in cui il coordinatore decida l'esclusione di un'impresa regolamentata italiana dal calcolo dell'adeguatezza patrimoniale, ai sensi del comma 4, lettera b), le autorità di vigilanza italiane possono chiedere all'impresa a capo del conglomerato finanziario di fornire informazioni per agevolare l'esercizio della vigilanza sull'impresa regolamentata.
Art. 8.
Concentrazione dei rischi
1. Le imprese regolamentate o le società di partecipazione finanziaria mista riferiscono, a intervalli regolari e almeno con cadenza annuale, al coordinatore in merito ad ogni significativa concentrazione dei rischi a livello del conglomerato finanziario. La soglia di significatività e' definita dal coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e del conglomerato stesso, ponendo a base i fondi propri obbligatori o le riserve tecniche.
2. Il coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti, individua il tipo di rischi che le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario sono tenute a segnalare, tenendo conto della specifica struttura di gruppo e di gestione del rischio del conglomerato finanziario.
3. Le informazioni necessarie sono trasmesse al coordinatore dall'impresa regolamentata o dalla società di partecipazione finanziaria mista che e' a capo del conglomerato finanziario oppure da un'impresa regolamentata appartenente al conglomerato finanziario individuata dal coordinatore previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e del conglomerato finanziario.
4. Le autorità di vigilanza competenti rilevanti, mediante specifici accordi di coordinamento, possono disporre limiti quantitativi che permettano di conseguire gli obiettivi di vigilanza supplementare, riguardo a qualsiasi concentrazione dei rischi a livello di conglomerato finanziario.
5. Qualora a capo di un conglomerato finanziario vi sia una società di partecipazione finanziaria mista, le norme settoriali in materia di concentrazione dei rischi del settore finanziario di maggiori dimensioni si applicano a tale settore finanziario nel suo complesso, ivi compresa la società di partecipazione finanziaria mista.
6. Le concentrazioni dei rischi sono sottoposte alla valutazione complessiva sotto il profilo della vigilanza supplementare da parte del coordinatore.
7. Ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 21, comma 6, della direttiva 2002/87/CE, le autorità di vigilanza italiane rendono noti al Ministero dell'economia e delle finanze i principi applicati in materia di vigilanza supplementare sulla concentrazione dei rischi.
Art. 9.
Operazioni intragruppo
1. Le imprese regolamentate o le società di partecipazione finanziaria mista riferiscono, a intervalli regolari e almeno con cadenza annuale, al coordinatore in merito alle operazioni intragruppo significative delle imprese regolamentate effettuate all'interno del conglomerato finanziario. La soglia di significatività e' definita dal coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e del conglomerato stesso, ponendo a base i fondi propri obbligatori o le riserve tecniche.
2. Fino all'individuazione, da parte del coordinatore, della soglia di significatività delle operazioni intragruppo, si presumono significative le operazioni superiori al 5 per cento dell'importo totale dei requisiti di adeguatezza patrimoniale a livello di conglomerato.
3. Il coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti, individua il tipo di operazioni che le imprese regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario sono tenute a segnalare, tenendo conto della specifica struttura di gruppo e di gestione del rischio del conglomerato.
4. Le informazioni necessarie sono trasmesse al coordinatore dall'impresa regolamentata o dalla società di partecipazione finanziaria mista che e' a capo del conglomerato finanziario oppure da un'impresa regolamentata appartenente al conglomerato finanziario individuata dal coordinatore previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti e del conglomerato finanziario.
5. Al fine di conseguire gli obiettivi di vigilanza supplementare, le autorità di vigilanza competenti rilevanti, mediante specifici accordi di coordinamento, possono fissare limiti quantitativi o requisiti qualitativi riguardo alle operazioni intragruppo di imprese regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario.
6. Qualora a capo di un conglomerato finanziario vi sia una società di partecipazione finanziaria mista, le norme settoriali in materia di operazioni intragruppo del settore finanziario di maggiori dimensioni si applicano a tale settore comprensivo della società di partecipazione finanziaria mista.
7. Le operazioni intragruppo sono sottoposte alla valutazione complessiva sotto il profilo della vigilanza supplementare da parte del coordinatore.
8. Ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 21, comma 6, della direttiva 2002/87/CE le autorità di vigilanza italiane rendono noti al Ministero dell'economia e delle finanze i principi applicati in materia di vigilanza supplementare sulle operazioni intragruppo.
Art. 10.
Controlli interni
1. Le imprese regolamentate pongono in essere nell'ambito del conglomerato finanziario e nel rispetto dei principi contenuti nei commi 2 e 3, adeguati meccanismi di controllo interno e procedure di gestione del rischio, comprese idonee procedure amministrative e contabili.
2. Le procedure di gestione del rischio includono:
a) governo societario e gestione sani, con l'approvazione e la revisione periodica delle strategie e delle politiche da parte dei soggetti ai quali sono attribuite le funzioni di amministrazione e di direzione a livello del conglomerato finanziario per quanto concerne tutti i rischi assunti;
b) opportune politiche di adeguatezza patrimoniale, al fine di anticipare l'impatto della strategia aziendale sul profilo del rischio e sui requisiti patrimoniali conformemente alle disposizioni dell'articolo 7 e dell'allegato al presente decreto;
c) procedure atte ad assicurare che i sistemi di monitoraggio dei rischi siano correttamente integrati nell'organizzazione aziendale e che siano prese tutte le misure necessarie a garantire la coerenza dei sistemi posti in essere in tutte le imprese incluse nel campo di applicazione della vigilanza supplementare, al fine di consentire la quantificazione, il monitoraggio e il controllo dei rischi a livello del conglomerato finanziario.
3. I meccanismi di controllo interno includono:
a) meccanismi adeguati per quanto concerne l'adeguatezza patrimoniale al fine di individuare e quantificare tutti i rischi materiali incorsi e stabilire un collegamento corretto tra mezzi propri e rischi;
b) valide procedure di segnalazione e contabili, atte a consentire l'accertamento, la quantificazione, il monitoraggio ed il controllo delle operazioni intragruppo e della concentrazione dei rischi.
4. Coerentemente con le pertinenti norme settoriali, in ogni impresa soggetta alla vigilanza supplementare sono istituiti adeguati meccanismi di controllo interno, definiti dalle autorità di vigilanza competenti mediante specifici accordi di coordinamento, per l'elaborazione dei dati e delle informazioni utili all'esercizio della vigilanza supplementare.
5. Il coordinatore valuta, sotto il profilo della vigilanza supplementare, le procedure e i meccanismi di cui al presente articolo per il conglomerato finanziario nel suo complesso.
Capo IV
Società di partecipazione finanziaria mista
Art. 11.
Requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle società di partecipazione finanziaria mista
1. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministero delle attività produttive e le autorità di vigilanza italiane, determina con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le società di partecipazione finanziaria mista.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dall'ufficio. Essa e' dichiarata dall'organo amministrativo entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto. In caso di inerzia, la decadenza e' pronunciata dall'autorità di vigilanza italiana che:
a) svolge il ruolo di coordinatore per l'esercizio della vigilanza supplementare di un conglomerato finanziario;
b) e' competente sul settore finanziario di maggiori dimensioni di un conglomerato finanziario costituito anche da imprese regolamentate italiane, nel caso in cui il coordinatore non sia un'autorità di vigilanza italiana;
c) e' competente sul settore finanziario di maggiori dimensioni di un conglomerato finanziario al quale non partecipano imprese regolamentate italiane con a capo una società di partecipazione finanziaria mista con sede principale in Italia.
3. Il regolamento previsto dal comma 1 stabilisce le cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata. La sospensione e' dichiarata con le modalità indicate nel comma 2.
Capo V
Poteri delle autorità di vigilanza
Art. 12.
Ispezioni
1. Ai fini della vigilanza supplementare, le autorità di vigilanza italiane che intendono verificare le informazioni riguardanti un'impresa, regolamentata o meno, appartenente ad un conglomerato finanziario e situata in un altro Paese dell'Unione europea possono chiedere alle autorità competenti del Paese di effettuare ispezioni presso tale impresa. L'autorità di vigilanza italiana richiedente può prendere parte all'ispezione, qualora non la effettui direttamente.
2. L'autorità di vigilanza italiana che riceve una richiesta di verifica da parte di autorità competenti di altri Paesi dell'Unione europea che intendono verificare le informazioni riguardanti un'impresa italiana, regolamentata o meno, appartenente ad un conglomerato finanziario, può procedere direttamente all'ispezione oppure può autorizzare l'autorità richiedente a procedere essa stessa all'ispezione. L'autorità richiedente può prendere parte all'ispezione nel caso in cui l'autorità di vigilanza italiana la effettui direttamente.
3. Per le società di partecipazione finanziaria mista, la richiesta di verifica di cui al comma 2 e' inoltrata all'autorità di vigilanza italiana competente, individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 2. L'autorità di vigilanza italiana che riceve la richiesta può procedere all'ispezione direttamente oppure può autorizzare l'autorità richiedente o una società di revisione a procedere all'ispezione. L'autorità richiedente può prendere parte all'ispezione nel caso in cui non la effettui direttamente.
4. Al comma 3, dell'articolo 68, del TUB, in fine, e' aggiunto il seguente periodo: «l'autorità competente richiedente, qualora non compia direttamente la verifica, può, se lo desidera, prendervi parte».
Art. 13.
Poteri supplementari e misure di esecuzione
1. In caso di mancata osservanza dei requisiti di vigilanza supplementare di cui agli articoli da 7 a 10 da parte delle imprese regolamentate appartenenti ad un conglomerato finanziario o qualora tali requisiti siano rispettati ma la solvibilità sia comunque compromessa oppure qualora le operazioni intragruppo o la concentrazione dei rischi compromettano la posizione finanziaria delle imprese regolamentate, le autorità competenti, anche su richiesta del coordinatore, possono adottare:
a) i provvedimenti previsti dal Titolo IV, Sezioni I, II e III del TUB;
b) i provvedimenti di cui alla Parte II, Titolo IV del TUF;
c) i provvedimenti previsti dalla normativa in materia di assicurazioni private, incluse le disposizioni di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576.
2. Il comma 1 si applica anche alle società di partecipazione finanziaria mista aventi sede in Italia e i provvedimenti applicabili sono quelli di competenza dell'autorità di vigilanza individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 2.
3. Nei casi di cui al comma 1, nei confronti delle società di partecipazione finanziaria mista aventi sede in un altro Paese dell'Unione europea, appartenenti ad un conglomerato finanziario, l'autorità di vigilanza italiana che svolge funzioni di coordinatore può chiedere all'autorità di vigilanza estera competente i provvedimenti necessari a rimediare alla situazione nel più breve tempo possibile.
4. Per le specifiche finalità di questo articolo, il coordinatore e le altre autorità competenti interessate concludono specifici accordi di coordinamento. Per la definizione dei provvedimenti nei confronti delle società di partecipazione finanziaria mista, gli accordi di coordinamento sono conclusi con l'autorità di vigilanza competente sulla verifica dei requisiti di onorabilità e di professionalità.
Art. 14.
Sanzioni nei confronti delle società di partecipazione finanziaria mista
1. Nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nelle società di partecipazione finanziaria mista aventi sede in Italia e' applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 103.000 per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 7, 8, 9, 10 e 11 o delle relative disposizioni generali o particolari impartite dalle autorità competenti.
2. Per le violazioni previste nel presente articolo, l'autorità competente individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 2, applica la procedura di accertamento delle violazioni e di applicazione delle sanzioni prevista dall'articolo 195 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Capo VI
Imprese madri con sede al di fuori dell'Unione europea
Art. 15.
Vigilanza supplementare equivalente
1. Le imprese regolamentate che non rientrano nel campo di applicazione della vigilanza supplementare di cui all'articolo 2, comma 2, e la cui impresa madre sia un'impresa regolamentata o una società di partecipazione finanziaria mista con sede principale in un Paese non appartenente all'Unione europea sono sottoposte a vigilanza supplementare secondo i limiti e le modalità indicate nel presente articolo.
2. L'autorità di vigilanza italiana, che rivestirebbe il ruolo di coordinatore qualora venissero applicate le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 3, verifica se le imprese regolamentate, di cui al comma 1, siano sottoposte a vigilanza da parte di un'autorità competente di un Paese non appartenente all'Unione europea, equivalente alla vigilanza supplementare prevista dalle disposizioni del presente decreto. La verifica e' effettuata di iniziativa oppure su richiesta dell'impresa madre o di qualsiasi impresa regolamentata autorizzata nell'Unione europea.
3. L'autorità di vigilanza italiana, di cui al comma 2, consulta le altre autorità competenti rilevanti e, prima di procedere alla verifica, consulta il comitato per i conglomerati finanziari di cui all'articolo 21, paragrafo 5, della direttiva 2002/87/CE e tiene conto delle eventuali indicazioni fornite da tale comitato.
4. Qualora dalla verifica risulti l'assenza di una vigilanza supplementare equivalente, le autorità di vigilanza italiane applicano alle imprese regolamentate, di cui al comma 1, le disposizioni in materia di vigilanza supplementare previste dal presente decreto oppure i metodi alternativi di vigilanza supplementare di cui al comma 5, che consentano di conseguire gli obiettivi di vigilanza supplementare di cui all'articolo 2.
5. I metodi alternativi di vigilanza supplementare sono concordati dall'autorità di vigilanza italiana, di cui al comma 2, con le altre autorità competenti rilevanti e comunicati alle autorità competenti interessate e alla Commissione europea. In particolare, l'autorità di vigilanza italiana di cui al comma 2 può disporre la costituzione di una società di partecipazione finanziaria mista con sede principale in un Paese dell'Unione europea e applicare la vigilanza supplementare di cui al presente decreto alle imprese regolamentate appartenenti al conglomerato finanziario facenti capo a tale società di partecipazione.
6. Le autorità di vigilanza italiane possono negoziare accordi con uno o più Paesi terzi in merito alle modalità di esercizio della vigilanza supplementare sulle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario. Il risultato di tali negoziati sono comunicati alla Commissione europea.
Titolo II
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA IN MATERIA DI ASSICURAZIONI
Art. 16.
Modifiche al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174
1. All'articolo 7 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. L'ISVAP consulta in via preliminare le autorità competenti degli altri Stati membri in merito al rilascio dell'autorizzazione a qualsiasi impresa di assicurazione che si trovi in una delle seguenti condizioni:
a) sia controllata da un'impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro;
b) sia controllata da un'impresa che controlla un'altra impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro;
c) sia controllata dalla stessa persona, fisica o giuridica, che controlla un'impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro.
4-ter. L'ISVAP, altresì, consulta in via preliminare le autorità competenti degli altri Stati membri preposte alla vigilanza degli enti creditizi e delle imprese di investimento in merito al rilascio dell'autorizzazione ad un'impresa di assicurazione che si trovi in una delle seguenti situazioni:
a) sia controllata da una banca o da un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea;
b) sia controllata da un'impresa che controlla una banca o un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea;
c) sia controllata dalla stessa persona, fisica o giuridica, che controlla una banca o un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea.
4-quater. L'ISVAP scambia reciprocamente e fornisce alle altre autorità competenti rilevanti ai sensi della direttiva 2002/87/CE le informazioni utili a valutare l'idoneità degli azionisti e la reputazione e l'esperienza dei soggetti ai quali sono attribuite le funzioni di amministrazione e di direzione partecipanti alla gestione di un'altra impresa dello stesso gruppo, anche ai fini delle verifiche delle condizioni di accesso e di esercizio dell'attività.».
2. All'articolo 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, dopo il comma 3 e' inserito il seguente:
«3-bis. Agli effetti del presente articolo, l'ISVAP stabilisce con proprio provvedimento le modalità con cui le imprese di assicurazione possono applicare al calcolo del margine di solvibilità, in quanto compatibili, i metodi 1, 2 o 3 dell'allegato al decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 142, di recepimento della direttiva 2002/87/CE.».
Art. 17.
Modifiche al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175
1. All'articolo 9 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti commi:
«4-bis. L'ISVAP consulta in via preliminare le autorità competenti degli altri Stati membri in merito al rilascio dell'autorizzazione nei casi in cui l'impresa di assicurazione si trovi in una delle seguenti situazioni:
a) sia controllata da un'impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro;
b) sia controllata da un'impresa che controlla un'altra impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro;
c) sia controllata dalla stessa persona, fisica o giuridica, che controlla un'impresa di assicurazione autorizzata in un altro Stato membro.
4-ter. L'ISVAP, altresì, consulta in via preliminare le autorità competenti degli altri Stati membri preposte alla vigilanza degli enti creditizi e delle imprese di investimento in merito al rilascio dell'autorizzazione ad un'impresa di assicurazione che si trovi in una delle seguenti situazioni:
a) sia controllata da una banca o da un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea;
b) sia controllata da un'impresa che controlla una banca o un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea;
c) sia controllata dalla stessa persona, fisica o giuridica, che controlla una banca o un'impresa di investimento autorizzata nell'Unione europea.
4-quater. L'ISVAP scambia reciprocamente e fornisce alle altre autorità competenti rilevanti ai sensi della direttiva 2002/87/CE le informazioni utili a valutare l'idoneità degli azionisti e la reputazione e l'esperienza dei soggetti ai quali sono attribuite le funzioni di amministrazione e di direzione partecipanti alla gestione di un'altra impresa dello stesso gruppo, anche ai fini delle verifiche delle condizioni di accesso e di esercizio dell'attività.».
2. All'articolo 33, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. l75, dopo il comma 3 e' inserito il seguente:
«3-bis. Agli effetti dei presente articolo, l'ISVAP stabilisce con proprio provvedimento le modalità con cui le imprese di assicurazione possono applicare al calcolo del margine di solvibilità, in quanto compatibili, i metodi 1, 2 o 3 dell'allegato al decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 142, di recepimento della direttiva 2002/87/CE.».
Art. 18.
Modifiche alla legge 9 gennaio 1991, n. 20
1. Dopo l'articolo 10 della legge 9 gennaio 1991, n. 20, e' inserito il seguente:
«Art. 10-bis (Consultazione con le altre autorità di vigilanza). - 1. L'ISVAP, nei casi di autorizzazione di cui all'articolo 10, consulta preliminarmente le autorità competenti degli altri Stati membri allorche' l'acquisizione o sottoscrizione di azioni o quote sia effettuata da un acquirente che, in virtù dell'acquisizione, diventa un'impresa madre, come definita dalla direttiva 2002/87/CE, dell'impresa acquisita o ne acquista comunque il controllo e che, nel contempo, sia:
a) un'impresa di assicurazione, una banca o un'impresa di investimento autorizzata in un altro Stato membro;
b) un'impresa madre, come definita dalla direttiva 2002/87/CE, delle imprese di cui alla lettera a);
c) una persona fisica o giuridica che controlla una delle imprese di cui alla lettera a).».
Art. 19.
Modifiche al decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239
1. Le lettere i), l), m) e n) dell'articolo 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239, sono sostituite dalle seguenti:
«i) impresa partecipante: un'impresa che detiene direttamente, anche per il tramite di società fiduciaria o interposta persona, o indirettamente, tramite società controllata, una partecipazione ai sensi della lettera h), ovvero un'impresa legata ad un'altra impresa da una relazione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 83/349/CEE;
l) impresa partecipata: un'impresa in cui e' detenuta direttamente, anche per il tramite di società fiduciaria o interposta persona, o indirettamente, tramite società controllata, una partecipazione ai sensi della lettera h), ovvero un'impresa legata ad un'altra impresa da una relazione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 83/349/CEE;
m) impresa di partecipazione assicurativa: un'impresa controllante il cui unico o principale oggetto consiste nell'assunzione di partecipazioni di controllo, nonche' nella gestione e valorizzazione di tali partecipazioni, se le imprese controllate sono esclusivamente o principalmente imprese di assicurazione, imprese di assicurazione aventi sede legale in uno Stato terzo, imprese di riassicurazione, sempre che almeno una di esse sia un'impresa di assicurazione avente sede legale nel territorio della Repubblica e che non sia una società di partecipazione finanziaria mista ai sensi della direttiva 2002/87/CE;
n) impresa di partecipazione assicurativa mista: un'impresa controllante diversa da un'impresa di assicurazione, da un'impresa di assicurazione avente sede legale in uno Stato terzo, da un'impresa di riassicurazione o da un'impresa di partecipazione assicurativa o una società di partecipazione finanziaria mista ai sensi della direttiva 2002/87/CE, sempre che almeno una delle sue imprese controllate sia un'impresa di assicurazione avente sede legale nel territorio della Repubblica;».
2. All'articolo 8 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Le imprese di assicurazione instaurano adeguati meccanismi di gestione del rischio e di controllo interno, ivi comprese idonee procedure contabili e di segnalazione, per consentire l'accertamento, la quantificazione, il monitoraggio e il controllo delle operazioni di cui ai commi 1 e 2.
2-ter. L'ISVAP verifica l'idoneità delle procedure e con provvedimento dispone prescrizioni generali in merito.».
3. All'articolo 11 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239, dopo il comma 4 e' aggiunto, in fine, il seguente:
«4-bis. Nel determinare criteri e modalità tecniche per il calcolo della situazione di solvibilità corretta, l'ISVAP tiene conto anche delle partecipazioni detenute in enti creditizi, imprese di investimento, enti finanziari e società di gestioni patrimoniale con riferimento alle disposizioni stabilite ai sensi dell'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, e dell'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175.».
4. All'articolo 18 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239, dopo il comma 3 e' inserito il seguente:
«3-bis. Qualora tra alcune delle imprese di un gruppo assicurativo non esistano legami patrimoniali, l'ISVAP stabilisce la quota proporzionale di cui dovrà tener conto.».
5. All'articolo 37 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 239, alla fine del comma 1 e' aggiunto il seguente periodo: «Ove l'autorità richiedente non proceda direttamente alla verifica, può prendervi parte.».
Titolo III
NORME FINALI
Art. 20.
Attuazione
1. Le disposizioni del presente decreto si applicano per la prima volta con riferimento al bilancio di esercizio relativo all'anno 2005.
2. Ai fini della prima individuazione dei conglomerati finanziari, rilevano i dati di bilancio relativi all'esercizio 2004. Le autorità di vigilanza italiane comunicano alle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario individuato ai sensi dell'articolo 4 l'applicazione della normativa sulla vigilanza supplementare di cui al presente decreto.
Art. 21.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
ALLEGATO
(previsto dall'art. 10, comma 2, lettera b))
1. METODI DI CALCOLO
A) Metodo del «consolidamento contabile».
Il calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare per le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario e' effettuato sulla base dei conti consolidati.
I requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare sono calcolati come differenza tra:
i) i fondi propri del conglomerato finanziario calcolati sulla base della posizione consolidata del gruppo; gli elementi ammessi sono quelli stabiliti dalle rispettive norme settoriali;
e,
ii) la somma dei requisiti di solvibilità per ogni settore finanziario rappresentato nel gruppo; i requisiti di solvibilità per ogni settore finanziario sono calcolati conformemente alle rispettive norme settoriali.
Per le imprese non regolamentate operanti nel settore finanziario che non sono incluse nei predetti calcoli dei requisiti di solvibilità settoriali, si calcola un requisito di solvibilità teorico.
La differenza non può essere negativa.
B) Metodo della «deduzione e aggregazione».
Il calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare per le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario e' effettuato sulla base dei conti di ciascuna impresa del gruppo.
I requisiti dell'adeguatezza patrimoniale supplementare sono calcolati come la differenza tra:
i) la somma dei fondi propri di ciascuna impresa, regolamentata o meno, operante nel settore finanziario, appartenente al conglomerato finanziario; gli elementi ammessi sono quelli stabiliti dalle rispettive norme settoriali;
e,
ii) la somma dei requisiti di solvibilità di ciascuna impresa regolamentata e non regolamentata, operante nel settore finanziario, appartenente al gruppo; i requisiti di solvibilità sono calcolati in conformità delle rispettive norme settoriali, e del valore contabile delle partecipazioni in altre imprese del gruppo.
Nel calcolo si tiene conto della quota proporzionale detenuta dall'impresa madre o da un'impresa che detiene una partecipazione in un'altra impresa del gruppo. Per «quota proporzionale» si intende la quota del capitale sottoscritto, detenuta direttamente o indirettamente da tale impresa.
Per le imprese non regolamentate operanti nel settore finanziario si calcola un requisito di solvibilità teorico. Si tiene conto dei fondi propri e dei requisiti di solvibilità ai fini del calcolo della loro quota proporzionale di cui al precedente capoverso, conformemente a quanto previsto al paragrafo 2 del presente allegato.
La differenza non può essere negativa.
C) Metodo della «deduzione del valore contabile della partecipazione del requisito di solvibilita».
Il calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale supplementare per le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario e' effettuato sulla base dei conti di ciascuna impresa del gruppo.
I requisiti dell'adeguatezza patrimoniale supplementare sono calcolati come differenza tra:
i) i fondi propri dell'impresa madre o dell'impresa a capo del conglomerato finanziario; gli elementi ammessi sono quelli stabiliti dalle rispettive norme settoriali;
e,
ii) la somma
d) del requisito di solvibilità dell'impresa madre o della capogruppo di cui al punto i), e;
e) del valore più alto tra il valore contabile della partecipazione della predetta in altre imprese del gruppo e il requisito di solvibilità di tali imprese; si tiene conto dei requisiti di solvibilità di queste ultime ai fini del calcolo della loro quota proporzionale di cui al successivo capoverso, e conformemente a quanto previsto al paragrafo 2 del presente allegato;
f) nel calcolo si tiene conto della quota proporzionale detenuta dall'impresa madre o da un'impresa che detiene una partecipazione in un'altra impresa dei gruppo. Per «quota proporzionale» si intende la quota del capitale sottoscritto detenuta direttamente o indirettamente da tale impresa.
Per le imprese non regolamentate si calcola un requisito di solvibilità teorico.
Per valutare gli elementi ammessi al calcolo dei requisiti dell'adeguatezza patrimoniale supplementare, le partecipazioni sono valutate secondo il metodo dell'equivalenza conformemente alla facoltà prevista all'articolo 59, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 78/660/CEE.
La differenza non può essere negativa.
D) Combinazione di metodi.
Le autorità competenti possono consentire una combinazione dei metodi A), B) e C) o una combinazione di due dei predetti metodi.
2. PRINCIPI TECNICI
A) Forma e portata del calcolo dei requisiti dell'adeguatezza patrimoniale supplementare.
Indipendentemente dal metodo applicato, se l'impresa e' un'impresa figlia e presenta un deficit rispetto al requisito di adeguatezza patrimoniale supplementare, oppure un deficit di solvibilità teorico nel caso si tratti di un'impresa non regolamentata operante nel settore finanziario, il deficit di solvibilità dell'impresa figlia va considerato per intero.
Se in quest'ultimo caso, secondo il coordinatore, la responsabilità dell'impresa madre che detiene una quota del capitale e' limitata rigorosamente e inequivocabilmente a tale quota di capitale, il coordinatore può consentire che il deficit di solvibilità dell'impresa figlia sia considerato su base proporzionale.
In assenza di legami patrimoniali tra le imprese di un conglomerato finanziario, il coordinatore, previa consultazione delle altre autorità competenti rilevanti, stabilisce la quota proporzionale da prendere in considerazione, tenendo conto delle passività che derivano dai legami esistenti.
B) Altri principi tecnici.
Indipendentemente dal metodo usato per il calcolo dei requisiti dell'adeguatezza patrimoniale supplementare per le imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario, il coordinatore, e ove necessario, le altre autorità competenti interessate, provvedono all'applicazione dei seguenti principi:
i) deve essere eliminato il computo multiplo degli elementi ammessi per il calcolo dei fondi propri a livello di conglomerato (multiple gearing) nonche' ogni altra costituzione indebita di fondi propri grazie ad operazioni interne al gruppo. Al fine di assicurare l'eliminazione del computo multiplo e della costituzione di fondi propri grazie ad operazioni interne al gruppo, le autorità competenti applicano per analogia i principi fissati in materia dalle relative norme settoriali;
ii) i requisiti di solvibilità per ognuno dei diversi settori finanziari di un conglomerato finanziario sono coperti da elementi dei fondi propri conformemente alle corrispondenti norme settoriali; in caso di deficit di fondi propri a livello di conglomerato finanziario, solo gli elementi dei fondi propri ammessi ai sensi di ciascuna norma settoriale («capitale intersettoriale») possono essere presi in considerazione ai fini della verifica dell'osservanza dei requisiti di solvibilità.
Se le norme settoriali prescrivono limiti all'ammissibilità di determinati fondi propri classificabili come capitale intersettoriale, tali limiti si applicano, in quanto compatibili, al calcolo dei fondi propri a livello di conglomerato finanziario.
Nel calcolo dei fondi propri a livello di conglomerato finanziario, le autorità competenti tengono altresì conto dell'efficacia della trasferibilità e disponibilità di fondi propri tra le varie imprese del gruppo, alla luce degli obiettivi delle norme sull'adeguatezza patrimoniale.
Quando, nel caso di un'impresa non regolamentata operante nel settore finanziario, viene calcolato un requisito di solvibilità teorico, conformemente al paragrafo 1 del presente allegato, si intende per requisito di solvibilità teorico il requisito patrimoniale che delle pertinenti norme settoriali qualora si trattasse di un'impresa regolamentata operante nel settore finanziario interessato; nel caso delle società di gestione patrimoniale, per requisito di solvibilità si intende il requisito patrimoniale di cui all'articolo 5-bis, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 85/611/CEE; il requisito di solvibilità teorico di una società di partecipazione finanziaria mista e' calcolato in base alle norme settoriali del settore finanziario di maggiori dimensioni nel conglomerato finanziario.