Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

76a SEDUTA

MARTEDI' 9 GENNAIO 2001

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
BIELLI (Dem. di Sin.-L’Ulivo), deputato
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
FRAGALA' (AN), deputato
PIREDDA (CCD), deputato
MANCA (Forza Italia), senatore
MANTICA (AN), senatore
RUZZANTE (Dem.di Sin.-l'Ulivo), deputato
TARADASH (Misto-PSRL), deputato

La seduta ha inizio alle ore 19.20.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito l'onorevole Fragalà a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRAGALA', segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 12 dicembre 2000.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l’ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti il cui elenco è in distribuzione e che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell’inchiesta.

Informo inoltre che i senatori Vincenzo Ruggero Manca, Marco Toniolli, Cosimo Ventucci e i deputati Antonio Leone, Raffaele Marotta e Enrico Nan hanno presentato un elaborato dal titolo "Il terrorismo e le stragi impunite in Italia".

 

DISCUSSIONE SULLE NUOVE EMERGENZE DEL TERRORISMO E DETERMINAZIONI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: "Discussione sulle nuove emergenze del terrorismo e determinazioni".

Come risulta anche dal processo verbale appena approvato, in chiusura dell'ultima seduta della Commissione mi sembrò giusto lanciare un allarme nel ricordare piazza Fontana. Dissi che nel Paese stava salendo una pericolosa tensione, che gli episodi di Nizza erano allarmanti, gli episodi avvenuti in una sede di Comunione e Liberazione a Milano erano allarmanti, che il riemergere di Forza Nuova era altrettanto allarmante. A queste parole si unì l'intervento del collega Bielli che stigmatizzò l'episodio dell'irruzione nella sede di Comunione e Liberazione. Risulta dal verbale approvato che richiamò anche la necessità che la Commissione monitorasse costantemente questi fenomeni di violenza sociale, ma con matrice politica.

Come diceva un grande giornalista sportivo che purtroppo non c'è più, i pronostici non li sbaglia soltanto chi non li fa. Però, a volte ci sono situazioni nella vita in cui uno spera di aver fatto una previsione sbagliata. Purtroppo questo non è stato il caso, perché dopo la nostra ultima seduta ci sono stati gli ultimi fatti eclatanti: la bomba inesplosa rivendicata da anarco-insurrezionalisti al Duomo di Milano e subito dopo la bomba che a Roma è esplosa nella sede del "Manifesto". Dopo questi episodi ho avuto richieste di convocazione della Commissione, tra gli altri da parte dell'onorevole Fragalà. Eravamo però alla vigilia di Natale e mi sembrava che l'urgenza non fosse tale da giustificare una riunione in quel momento. Però, subito dopo, il giorno 27, ho fatto un giro di telefonate e ho registrato l'indirizzo quasi generale da parte dell'Ufficio di Presidenza di non fissare questa riunione se non alla ripresa dei lavori dopo le ferie natalizie, cosa che abbiamo fatto. Però, a seduta già fissata è intervenuta questa nuova minaccia di attentato all'ambasciata USA e poi un nuovo volantino delle BR alla base di Aviano. In mezzo ci sono stati episodi di tensione a matrice politica durante la visita di Heider a Roma.

Penso che ci troviamo di fronte a due fenomeni che si intrecciano e che dovremmo fare lo sforzo di tenere distinti. La vicenda recente del minacciato attentato all'ambasciata USA e quindi dell’evacuazione dell'ambasciata (più che della chiusura, perché l'ambasciatore USA non ha mai abbandonato l'Italia), ci riporta ad uno scenario mondiale. Ne abbiamo già fatta una analisi nella relazione che la Commissione ha approvato subito dopo l'omicidio D'Antona. Ricorderete come in quell'occasione riprendemmo spunti che erano pervenuti dall'audizione del prefetto Ferrigno: il mondo è diventato piccolo, le frontiere sono diventate labili, non c'è paese che oggi possa dirsi al sicuro da fiammate terroristiche che nascono da tensioni che si generano all'esterno delle frontiere nazionali; attentati terroristici che possono trovare basi in paesi diversi e poi svilupparsi in un terzo paese; il prefetto Ferrigno ci ricordò che attentati a matrice islamica avvenuti in Francia avevano avuto in Italia la base logistica; la nostra riflessione fu che ci saremmo potuti trovare a parti invertite, con attentati contro obiettivi americani in Italia con base logistica in altri paesi europei, e però con matrice nell'islamismo. Soprattutto le grandi città sono abbastanza indifese di fronte ai fenomeni di questo genere, perché il carattere multietnico degli aggregati sociali della grande città finisce per essere una possibile cortina protettiva per terrorismi che vengono dall'estero.

Se quello sopra descritto è uno scenario mondiale, gli altri episodi ci rimandano ad una specificità nazionale. Dovremmo prendere atto che un passato che ritenevamo alle spalle, in qualche modo passato in giudicato, ha invece lasciato braci che covavano sotto la cenere della pacificazione degli anni Novanta. Ciò che si sta riattivando, non nei termini degli anni Settanta perché non esistono né le condizioni politiche interne né quelle internazionali, è uno scenario di dimensioni indubbiamente minori, ma in qualche modo vicende di quel periodo si stanno replicando in una spirale di violenza a matrice politica, che si è indubbiamente riattivata. Non penso di violare un segreto se dico che il giorno prima dell'attentato al "Manifesto" mi sono recato a Palazzo Chigi e ho chiesto un incontro con il presidente Amato, al quale ho detto che temevo nuovi attentati, questa volta in particolare con matrice di destra estrema. Le ragioni della previsione erano facili: c'erano state irruzioni in sedi di Comunione e Liberazione e in Roma in sedi di Forza Nuova; centri sociali e destra radicale si erano picchiati a Roma durante la visita di Heider; c'era stata la bomba con rivendicazione anarco-insurrezionalista, per fortuna non esplosa, a Milano; era facile prevedere che ci sarebbe stata una risposta dall'altra parte. La verità è che non riusciamo ad interrompere questa spirale. Non penso che possa interrompersi con una generale criminalizzazione: avrete registrato la mia perplessità di fronte all'ipotesi di scioglimento di Forza Nuova, per la quale a mio avviso non sussistono le condizioni giuridiche. Ricorderete del resto che Taviani ha riconosciuto di aver fatto una forzatura con lo scioglimento di Ordine Nuovo, atteso che un giudicato non si era ancora formato. Ciò malgrado, in quell’occasione, ritenne giusto procedere allo scioglimento. Ci disse però anche che Moro era contrario; e ragionando noi abbiamo pensato che Moro si ponesse il problema che, sciolto Ordine Nuovo, gli ordinovisti non venivano eliminati dalla vicenda nazionale: restavano gli ordinovisti. Oggi, Taviani, nelle ultime dichiarazioni ad un ufficiale di polizia giudiziaria, che abbiamo acquisito, ha causalizzato gli attentati del 1974, quello di Brescia e quello del treno "Italicus", affermando che gli stessi furono compiuti, a suo modo di vedere, da schegge impazzite di Ordine Nuovo, che, a seguito dello scioglimento e avendo visto interrotto un rapporto che avevano prima con gli apparati istituzionali, reagirono in quel modo.

Analogamente non sono del parere che giovi criminalizzare indiscriminatamente le comunità dei centri sociali; allo stesso modo non penso che sarebbe giusto oggi un provvedimento di scioglimento di Forza Nuova: spingeremmo ancora di più, non tutte le organizzazioni, ovviamente, ma pezzi di quelle organizzazioni, in situazioni di estremismo e di eventuale clandestinità.

Detto questo, noi dovremmo interrogarci pure sul perché questo sta avvenendo: perché questa incapacità nazionale di chiudere con quel passato? Spesso l’Italia sembra l’unico Paese europeo in cui la guerra fredda non è finita; e una serie di fantasmi, secondo me, ritorna anche per questo. Penso che in questo – voglio dirlo con chiarezza alla Commissione – come Commissione abbiamo una piccolissima parte di responsabilità. La difficoltà che stiamo incontrando nel trovare sulla valutazione del passato quel ragionevole accordo che abbiamo trovato, per esempio, nel giudicare il presente dopo l’omicidio D’Antona, a mio avviso non è un buon contributo a una chiusura dei conti con gli anni di piombo.

Ovviamente non basterebbe questo tipo di risposta politica, occorre attivare una serie di risposte istituzionali. La mia valutazione è che le analisi sono compiute con grande precisione, non c’è niente che ci sorprende in ciò che sta avvenendo. La componente anarco-insurrezionalista ci fu sottolineata da Ferrigno e poi da tutti i rapporti che abbiamo ricevuto. Andrea Insabato corrisponde a un identikit preciso: la sua vecchia militanza in Terza Posizione, il suo estremismo religioso, la sua contiguità a fasce estreme del tifo sportivo. Tutte queste cose ci sono state dette e risultano dai documenti e dalle analisi che abbiamo acquisiti.

Nell’attività di prevenzione e repressione di questi episodi criminali, però, si continua a registrare un deficit. La mia impressione è che su D’Antona siamo ancora al punto di partenza, cioè ad analisi come quelle che facemmo nell’immediatezza del delitto. Probabilmente di ciò c’è una serie di cause. Una serie di professionalità che erano all’interno della polizia e dei carabinieri specializzate nel contrasto al terrorismo sono venute meno con il passare del tempo, direi quasi naturalmente: gente che è andata in pensione o è passata ad altri incarichi perché ha fatto carriera. La stessa magistratura sta tardando nel ritrovare moduli operativi idonei a contrastare il crimine di matrice politica, perché le modalità operative che si usano contro la criminalità organizzata possono non funzionare, non essere altrettanto valide nel contrastare la criminalità di matrice politica.

Penso che su questo possiamo fare solo delle analisi, dare consigli, fare valutazioni. La cosa migliore che potremmo fare – continuo a dirlo – è cercare di arrivare a chiudere l’esperienza di questa Commissione con una relazione possibilmente approvata a larga maggioranza. A ciò ho cercato di dare un ultimo contributo: siccome nell’ultimo Ufficio di Presidenza avevamo deciso che per facilitare il dibattito i nostri consulenti sarebbero stati incaricati di redigere delle sintesi dei vari documenti, e siccome il collega Taradash, che ringrazio, aveva chiesto che la mia lunga intervista pubblicata da Einaudi costituisse uno dei documenti della discussione, dissi che anche io avrei fatto una sintesi di quello che a mio avviso potrebbe essere uno scheletro di relazione condivisa. A questo ho dedicato le ferie natalizie e ciascuno di voi ha ricevuto o riceverà una lettera con cui accompagno il documento.

Non so cosa avverrà, naturalmente dipende dal lavoro comune. Certo, quanto più ci allontaniamo dall’obiettivo di chiudere con una relazione che spieghi al Paese - e la spiegazione avrebbe senso soltanto se la relazione venisse approvata, non dico all’unanimità, ma a larga maggioranza, altrimenti resterebbe di parte, non sarebbe una "chiusura" con quel difficile passato - tanto più urgente diventa un altro compito che abbiamo in chiusura di legislatura, cioè non vanificare l’enorme lavoro che abbiamo fatto. Penso che abbiamo fatto un ottimo ed enorme lavoro di approfondimento e di analisi, per cui dovremmo lasciare al Paese almeno la possibilità di una consultazione, la più ampia possibile, di tutto il materiale che abbiamo prodotto. E allora, la decisione relativa alla pubblicazione degli atti, a mio avviso rappresenta un dovere che abbiamo nei confronti del Paese.

Dico un’ultima cosa, anche perché è presente il collega De Luca, che su questo aspetto ha dissentito da alcune mie dichiarazioni. L’aspetto nazionale del fenomeno e l’aspetto internazionale di cui parlavo prima, si incrociano e a loro volta potrebbero reciprocamente virulentarsi. Le Brigate rosse, inizialmente individuarono come target un bersaglio che in realtà non esisteva, lo Stato imperialista delle multinazionali: un errore teorico grave, perché in realtà le multinazionali hanno messo in crisi la statualità; però le multinazionali esistevano. Oggi, nel documento rivendicativo dell’omicidio D’Antona il target è un altro, la borghesia imperialista: un altro errore storico, perché la società che è nata dalla complessità in realtà è una società che supera la divisione in classi. Oggi anche le borghesie, i ceti medi conoscono nella complessità situazioni di marginalità, di esclusione; si caricano quindi le sacche di violenza, anche intellettuale.

La mia preoccupazione è che il target possa essere individuato nella globalizzazione, cioè nella modernità in sé. Non voglio criminalizzare nessuno, non faccio valutazioni: personalmente non amo la modernità e mi augurerei un mondo privo di tanti difetti del mondo attuale. Il processo di modernizzazione è tale che non potrà essere il terrorismo a sconfiggerlo: penso che la modernità possa essere soltanto governata e dobbiamo inventare modi migliori per governarla. Ma vi è il pericolo che si determini un collegamento tra diverse matrici terroristiche che individuino l’obiettivo comune nella globalizzazione. Ciò renderebbe sicuramente quei fenomeni eversivi, specialmente in un paese come l’Italia, più pericolosi di quanto non siano attualmente. Non faccio valutazioni: faccio analisi e descrivo fenomeni.

La proposta che avanzo è di fare in questo mese alcune audizioni mirate, che possano meglio informare la Commissione sullo stato delle cose, nell’analisi, nella prevenzione, nella risposta. Naturalmente spetterà a questo percorso verificare quanto le analisi che sommariamente ho fatto siano o no fondate.

La prima verifica è intanto affidata al dibattito di questa sera. Pertanto su quanto ho detto e sulle proposte che ho formulato avrò il piacere di registrare il vostro punto di vista.

MANCA. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per primo perché mi devo recare presso il Gruppo Forza Italia per ragioni d’ufficio.

Inizio con il ricordare a me stesso e agli altri che il primo compito della nostra Commissione non è quello di ricercare le cause per cui non sono stati individuati i responsabili delle stragi del passato: il primo compito è proprio quello che ci vede riuniti questa sera, e cioè riferire i risultati conseguiti allo stato attuale nella lotta al terrorismo in Italia. Lo dico perché, insieme all’onorevole Fragalà, in piena atmosfera natalizia, ho sentito il dovere di tener presente questo compito e di valutare una certa situazione di emergenza che richiedeva una risposta da parte di chi aveva questo compito specifico. A ciò si aggiunga che tutti gli anni di studio e di ricerca trascorsi in questa Commissione ci hanno insegnato soprattutto una cosa: se il passato ha avuto pagine dalle tinte fosche ciò è stato dovuto anche al fatto che le istituzioni dello Stato hanno risposto tardivamente e inadeguatamente. Quindi, perché non tener conto degli errori del passato e cercare di rimediare, senza correre il rischio di critiche future per non aver reagito? Certe volte andrebbe fatto un piccolo sacrificio tra Natale e Capodanno quando le istituzioni dello Stato devono dare una risposta all’emergenza di certe situazioni.

PRESIDENTE. Però, se ci fossimo visti soltanto io e lei non avremmo concluso molto.

MANCA. Naturalmente. Di fatto io ho subito capitolato e ho detto che ho fatto il mio dovere, punto e basta. Tutti i colleghi hanno deciso di riunirsi il 9 gennaio, però credo che riunirsi sarebbe stato un segnale importante.

Concordo con l’analisi fatta dal presidente Pellegrino, in base alla quale per certi aspetti la guerra fredda non è finita. Egli poi ha rivolto un rimprovero alla Commissione. Io lo personalizzerei maggiormente perché proprio in questi giorni sto ripassando tutta la storia della Commissione stragi e devo dire che è stato presente in noi per anni il monito di cercare di addivenire ad una relazione conclusiva che fosse condivisa, di leggere il passato con occhi obiettivi. Tutti voi sapete però – ed è inutile che io lo ripeta – come sono andate le cose e i guai che ha provocato alla Commissione e a noi la rottura di questa tacita intesa.

Per quanto riguarda l’oggetto della riunione odierna, come d’altra parte ha fatto il Presidente, partirei dal caso D’Antona: al di là di quanto è successo con la bomba al "Manifesto" e con quella a Milano, avevamo bisogno di essere aggiornati sul caso D’Antona. Ci è stato detto che purtroppo le indagini sul caso sono ancora in corso, che è tutto sospeso e ciò aggrava ulteriormente la situazione, ma noi avremmo già dovuto pronunciarci perché, al di là della situazione descrittaci dal dottor Andreassi, non abbiamo alcun risultato. E una Commissione come la nostra, che deve riferire al Parlamento sui risultati conseguiti e sullo stato attuale della lotta al terrorismo, aveva il dovere di aggiornarsi su questo punto. Quindi siamo al punto di partenza sul caso D’Antona, come ha detto il presidente Pellegrino. Inoltre dobbiamo tener conto del fatto che sono andate perdute delle professionalità e la stessa magistratura sembra non sintonizzarsi sulle nuove metodologie idonee per contrastare la criminalità politica.

Dobbiamo fare qualcosa, ma soprattutto dobbiamo fare il punto della situazione e decidere. Per fare questo dobbiamo ascoltare qualcuno.

PRESIDENTE. La invito a dare qualche suggerimento per le audizioni.

MANCA. Subito, però non vorrei tralasciare che, al di là di quanto è stato scritto sul caso D’Antona, quando si sono verificati gli episodi delle bombe di Milano e al "Manifesto" molti politici, o comunque alcuni commentatori, hanno parlato di nuova strategia della tensione. Questo è un motivo in più per allertarci.

PRESIDENTE. Lo ritengo un drammatico errore. La strategia della tensione non c’entra niente. Chi ha parlato di strategia della tensione sovrappone il passato al presente e non coglie le specificità del presente rispetto al passato.

MANCA. Non voglio entrare nel merito di queste affermazioni, ma per esempio anche l’onorevole Cossutta ha parlato di Servizi deviati.

PRESIDENTE. Non lo condivido.

MANCA. A proposito di Forza Nuova, poi, ho ufficializzato la ricezione di una lettera che credo sia stata mandata al Presidente.

PRESIDENTE. Io non l’ho ricevuta, è indirizzata a lei.

MANCA. Mi risulta che è stata indirizzata anche a lei.

PRESIDENTE. Spieghi per il verbale: c’è la richiesta di Forza Nuova di essere ascoltata dalla Commissione. Dovremmo pensarci due volte prima di dire di sì.

MANCA. Credevo l’avesse ricevuta anche il Presidente. Effettivamente c’è una lunga dissertazione con diverse argomentazioni se ascoltare o no i rappresentanti di Forza Nuova.

Personalmente propongo di audire il SISDE, il SISMI, il dottor Andreassi e il magistrato che conduce le indagini. Da quello che sembra, però, abbiamo soltanto un mese; notizie ufficiose infatti riferiscono che le Camere saranno sciolte verso la metà di febbraio. Allora, dinanzi a una situazione del genere possiamo accettare le cadenze abituali di questa Commissione, il fatto cioè che si possa lavorare solo se non si lavora in Aula? Ritorna ancora una vecchia proposta: possiamo giungere ad un accordo con la Presidenza della Camera e con quella del Senato per essere esentati qualche volta dai lavori dell’Aula e quindi partecipare solo a queste audizioni?

Propongo di fare il punto della situazione e di farlo al più presto, con una certa continuità. A tale scopo propongo anche che venga esaminata l’opportunità, per esempio, di iniziare a lavorare il mattino per finire la sera.

PRESIDENTE. E audizioni di autorità di Governo? Il Ministro dell’interno, per esempio, o un Sottosegretario.

MANCA. Queste personalità dovrebbero fare una sintesi, ma io propongo di ascoltare i singoli protagonisti. Se vogliamo poi acquisire la sintesi prevediamo anche l’audizione del Ministro. Tuttavia, a mio parere, sulla base dell’esperienza che abbiamo, sono sufficienti i rappresentanti degli organismi che ho citato.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, comincerei da un fatto oggettivo che mi sta a cuore, perché insieme a molti colleghi ci siamo impegnati in questi anni in questa Commissione: il grosso lavoro che abbiamo fatto non deve andare perduto, perché si tratta di un patrimonio che deve essere pubblico e accessibile. Quindi, sono d’accordo sulla necessità di trovare il modo affinché questo lavoro possa diventare patrimonio sì per il prossimo Parlamento, ma anche per l’opinione pubblica più in generale.

Leggerò quindi il documento che lei ha preparato, nel tentativo almeno di mettere insieme i punti sui quali vi è condivisione. Se il bilancio dei punti condivisi come qualità e quantità è significativo, credo che su questo possiamo raggiungere una tesi comune, facendo i distinguo su altre questioni. Ritengo che questo sia un fatto politicamente rilevante, che non significa omologare o appiattirsi tutti su un’unica lettura di tutti questi avvenimenti, ma significa da questo aver estrapolato dei giudizi generali, dei fatti, un’analisi che può aiutarci e diventare un contributo politico.

Devo dire che noi, rispetto a questa sfida, rispetto a questa scommessa siamo in una fase preelettorale, la qual cosa può essere letta in modo negativo o positivo.

PRESIDENTE. Nella lettera che riceverete cito il Capo dello Stato, il quale ci ha ammoniti – e poteva farlo – o meglio, ci ha invitati – e poteva ugualmente farlo – proprio in questa fase preelettorale a sottolineare maggiormente ciò che ci unisce rispetto a quello che ci divide. Penso che questo dovrebbe essere più facile soprattutto con riferimento al passato, mentre stranamente finisce per essere più difficile per il passato che per il presente.

DE LUCA Athos. Dicevo che c’è un aspetto che in questa congiuntura preelettorale può essere favorevole, proprio nel senso che dopo l’ultimo attentato alla sede del "Manifesto" e sentendo le dichiarazioni dei leader politici c’era la preoccupazione di non andare a una campagna elettorale costellata di violenza e di episodi di questo tipo, quindi l’appello alla necessità di ricondurre il confronto in termini democratici. L’aspetto che invece potrebbe essere ostativo a questo è che in una fase preelettorale vi è una spinta ad evidenziare i distinguo anziché i punti in comune. Io credo che i distinguo possiamo metterli in evidenza per molti aspetti, pur mettendo insieme dei punti fondamentali, perché ci sono dei valori democratici su cui chi fa parte di questa Commissione parlamentare può trovare una condivisione.

Credo anche, signor Presidente, che in virtù del grosso lavoro svolto noi dovremmo sentire il dovere di dare delle indicazioni (alla luce di queste audizioni, di questa analisi fatta) su cosa dovrebbero fare in futuro le istituzioni per prevenire ed evitare gli errori del passato (mi esprimo in questo modo), dando indicazioni anche in modo più generale. Per esempio, tutta la questione degli archivi con cui abbiamo avuto a che fare: vogliamo dire, come Commissione, come dovrebbe essere organizzata per il futuro in archivio una parte così delicata? Anche su questo forse potremmo trovare un accordo. Poi, una maggiore trasparenza, la consultazione degli archivi, il fatto che non ci siano mille archivi privati, l’accessibilità, la comunicazione, eccetera. Mi viene in mente, per esempio, la questione di Ustica: questa vicenda ci ha insegnato che forse il nostro codice dovrebbe essere arricchito di qualche altra fattispecie, per esempio la vicenda del depistaggio, e quindi introdurre cose nuove. Dico questo perché credo che non possiamo dare un contributo in positivo.

Si è parlato di devianza dei Servizi, eccetera: non credo che ci sia devianza in questa fase. Voglio dire una cosa che non ho mancato di dire altre volte in Commissione: credo che vi sia una responsabilità politica. Noi tutti abbiamo assistito all’audizione dell’ammiraglio Battelli in questa Commissione, audizione che secondo me fu disastrosa, non so dire se dal punto di vista della reticenza o altro. Mi sembrava comunque di ravvisare in quella vicenda, viste anche le scadenze, l’opportunità di dare anche un segno di rinnovamento, eccetera, ma questo non è stato fatto. Io credo che non ci sia devianza dei Servizi, ma la collaborazione che noi, signor Presidente, abbiamo avuto da certi settori ed organi dello Stato, non è stata brillante. Non abbiamo rivolto dei veri e propri appelli accorati chiedendo di aiutarci, perché siamo una Commissione senza pregiudizi, perché vogliamo accettare la sfida, dopo tanti anni, di poter fare luce, di regalare alla nostra democrazia un po’ di verità. Io sono tra quelli che, rispetto ai pentiti e ai terroristi, hanno sempre detto che bisognava vedere come chiudere certe vicende, ma quando vengono qui fanno scena muta o ci dicono delle cose, e poi scrivono dei libri e dicono cose che in Commissione non hanno detto.

In questo senso ci sono degli appuntamenti che abbiamo mancato, non tanto noi come Commissione, ma complessivamente la parte dirigente e politica, e in questo caso il Parlamento.

Non voglio dilungarmi, ma credo che nel caso D’Antona, al di là del fatto che ancora non abbiamo elementi, quella fuga di notizie, con tutte le polemiche che nella sostanza ci sono state, che sembra aver compromesso la possibilità di cogliere dei risultati è stata molto grave. Abbiamo quindi un sistema che non riesce a garantire questi elementi di riservatezza. Si è trattato di un vulnus che ci ha lasciato molto perplessi, almeno me personalmente. C’è anche chi ha detto che in quel caso la fuga di notizie fu fatta artatamente perché vi erano interessi affinché non andassero in porto certe indagini e certe cose.

Sono poi d’accordo di tenere queste audizioni: sicuramente i Servizi, per le ragioni che dicevo prima, ma anche il Governo. Studieremo insieme l’ordine se prima i Servizi e poi il Governo.

Infine, signor Presidente, forse la Commissione dovrebbe acquisire, se ancora non lo ha fatto, anche rispetto all’ultima vicenda dell’ambasciata americana il rapporto dei ROS.

PRESIDENTE. Anche il rapporto dell’UCIGOS su Forza Nuova.

DE LUCA Athos. Questo perché vorremmo avere un quadro più chiaro e più preciso di quello che è successo, perché francamente mi ha molto meravigliato quella decisione dell’ambasciata americana, che non so se sia dovuta ai nuovi assetti negli Stati Uniti, al nuovo Presidente, ad una nuova linea che vuole caratterizzarsi in questo modo. La cosa mi è sembrata molto estemporanea e preoccupante, da un certo punto di vista, se fosse un segnale di una nuova linea di politica estera o comunque di questo genere.

PRESIDENTE. Se in questo momento sapessimo che c’è un attentato suicida in questo palazzo che cosa faremmo? Svuoteremmo subito il palazzo.

DE LUCA Athos. Dovremmo dare il tempo a tutti di potersi mettere in salvo. Allora la questione andava posta in altri termini.

PRESIDENTE. Sono stati anche i media che hanno parlato di chiusura dell’ambasciata, ma si è trattato dell’evacuazione di un palazzo, perché l’ambasciatore è rimasto.

DE LUCA Athos. Comunque la questione mi è sembrata gestita per lo meno politicamente male.

Devo dire che certamente in Europa abbiamo dei segnali che destano una certa preoccupazione. Alcune questioni sociali o planetarie con cui dovremo abituarci a convivere come l’immigrazione, i grandi flussi migratori, danno origine a dei movimenti politici ed anche a delle prese di posizione politiche. Voglio far riferimento alla visita di Heider e a quello che rappresenta costui nell’immaginario collettivo: lasciamo perdere se ha detto una parola in più o in meno, ma questo personaggio incarna in qualche modo un approccio a questa realtà che è molto preoccupante. La classe dirigente, ma anche i partiti, credo debbano essere in grado di gestire lucidamente e con serietà fenomeni sociali come i grandi flussi migratori, altrimenti creiamo movimenti che individuano nella lotta all’immigrato, o in altre questioni simili, fronti sui quali organizzare azioni violente.

Credo, pertanto, che l’episodio di Heider abbia fatto da catalizzatore. D’altra parte anche quando avvenne l’assassinio di D’Antona dicemmo che accadde in un momento particolare, un momento di grande contestazione in cui qualcuno ha pensato che si potesse proprio con quell’attentato far scattare dei meccanismi.

Per quanto riguarda la globalizzazione, sul quale argomento lei signor Presidente ha precisato il suo punto di vista, credo che dovremmo distinguere certi slogan (come per esempio la parola imperialismo) errati del passato che abbiamo risentito anche oggi nei documenti di coloro che hanno rivendicato l’assassinio di D’Antona. Secondo me parlano di imperialismo seguendo i vecchi canoni. Il movimento cosiddetto Seattle-globalizzazione è una contestazione che opera su canoni completamente diversi.

Dissentivo da una certa analisi perché anche noi evitiamo di spingere certi movimenti, che nascono con altri presupposti, verso orizzonti che sono completamente diversi anche se alcuni aspetti possono essere condivisibili. Devo, però, ammettere che forse grazie a quelle contestazioni negli Stati Uniti, a Seattle, il problema della globalizzazione e tutti i problemi annessi hanno avuto un momento di democrazia e a partire da allora i Governi si stanno facendo carico di una maggiore partecipazione democratica alle grandi decisioni che riguardano la vita degli uomini per il presente e per il futuro.

E’ con questo spirito che credo potremo onorare le ultime settimane della Commissione a fronte di un lavoro serio svolto che sarebbe un peccato non valorizzare con quell’ottica a cui mi riferivo all’inizio del mio intervento. Verifichiamo, cioè, se sulle grandi questioni democratiche, che hanno riguardato il terrorismo ed altri argomenti, possiamo trovare una analisi comune, salvo poi differenziarci. Ciò potrebbe rappresentare un contributo politico che valorizzerebbe anche l’attività svolta da questa Commissione. Non so se questa Commissione manterrà la denominazione corrente; quando, però, qualcuno affermò che la Commissione era inutile, che bisognava chiudere, io dissi di no perché credo che in un futuro, quale quello che ci aspetta, con le caratteristiche a cui lei accennava e che anche altri colleghi, in altre sedi, hanno ammesso, in un mondo complesso, con nuove contraddizioni, nuove emergenze, nuove problematiche avere una sede bicamerale che rappresenti tutti i partiti, che possa raccogliere documenti, essere un presidio, un osservatorio su determinati fatti e sollevare anche questioni, ritengo rappresenti un elemento di democrazia che anche la prossima legislatura dovrebbe mantenere, eventualmente con dei correttivi per adeguarla ai nuovi compiti.

PRESIDENTE. Vorrei esporre una piccola osservazione, un interrogativo problematico. Anche nella cultura di Heider vi è qualcosa che va contro la globalizzazione. E’ questa la mia preoccupazione.

DE LUCA Athos. Vi è il nazionalismo, che è un’altra cosa.

PRESIDENTE. Ma lei, senatore De Luca, è sicuro che tra coloro che hanno creato i disordini di Nizza non ci fossero anche componenti abbastanza vicini alla cultura di Heider? I valligiani che vogliono proteggere un certo tipo di prodotto locale, queste culture chiuse rappresentano la mia preoccupazione. Capisco che attualmente sono fenomeni culturalmente e politicamente distinti ma la mia preoccupazione riguarda il domani, la possibile convergenza di queste culture diverse.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, non voglio aprire un dibattito ma non confondiamo la difesa del formaggio o dello champagne con il terrorismo e questi scenari, perché sono cose completamente diverse. Bouvé è una persona che compie azioni, che è diventato simbolo di una certa protesta ma credo, signor Presidente, che né io né lei, nessuno in questa stanza può pensare che Bouvé possa essere protagonista di nuovi fatti di terrorismo.

MAROTTA. Innanzitutto, dobbiamo tenere presente qual è l’oggetto della riunione di questa sera e prendere posizione sul da farsi in ordine ai fatti violenti che oggi avvengono.

Prendo le mosse da quanto affermato dal signor Presidente: "hanno invaso la sede di Comunione e Liberazione; si sono verificati gli eventi di Nizza" che non sono certo opera della destra. Questi sono i fatti, che in ordine di tempo si sono verificati.

Quando il Presidente ha affermato di essersi recato da Amato, al quale avrebbe prospettato la previsione di fatti violenti da parte della destra, questi fatti li metteva in relazione a quelli di prima, erano cioè una reazione ai fatti di sinistra. Questo è il punto dal quale bisogna partire.

Cosa dovrebbe fare la Commissione stragi?

Il senatore Manca affermava che non eravamo stati informati sugli sviluppi del caso D’Antona. Ma vi sono indagini in corso, non sappiamo nulla. Ricordate quando venne il prefetto e mi permisi di svolgere delle considerazioni? In qualità di ex magistrato capii subito che le indagini erano assolutamente destinate al fallimento. Non c’era nulla da fare. D’altra parte questa non è una Commissione che deve controllare la magistratura.

Il primo suggerimento: dobbiamo domandarci per quale motivo oggi, dopo tutto ciò che è avvenuto, le forze dell’ordine non sono in grado di approdare ad un risultato di qualche rilievo con le indagini investigative. Ci sarà un motivo.

Il Presidente affermava che la fase non è ancora conclusa. E allora pongo un’altra domanda. Perché non è conclusa? Qual è la ragione politica e sociale? Secondo me, è la stessa di venti o trenta anni fa, è tale e quale a quella di allora.

Per quale motivo Cossutta parla di Servizi deviati? Perché non vuole, come non volle allora, riconoscere che anche la sinistra ha la sua violenza.

Signor Presidente, la domanda che dobbiamo porci – e in questo senso posso avanzare suggerimenti sul da farsi – è questa: allora si parlò di forze dell’ordine allo sbando; non sono d’accordo su questo; oggi, comunque, dopo cinquant’anni le forze dell’ordine non lo sono più. Mi chiedo allora il motivo per cui non approdano a nessun risultato. Il senatore Manca diceva che non eravamo stati informati sul caso D’Antona. Mi chiedo personalmente su che cosa avremmo dovuto essere informati. Vi sono indagini in corso nonché il segreto istruttorio. La nostra può essere solo una funzione sollecitatoria, politica e di analisi sociologica. Per quale motivo questa fase non si è chiusa? Nei fatti di oggi intravedo la medesima situazione di trent’anni fa. Parliamoci chiaro. Non sono io a dire questo. Lo ha ribadito anche il Presidente. Qual è la motivazione retrostante i fatti di trent’anni fa? Le multinazionali. Oggi vi è la globalizzazione. Per quale motivo Cossutta dà la colpa ai Servizi deviati? La verità è che una parte politica non vuole riconoscere un determinato fatto. Questo potrebbe favorire una eventuale conclusione unanime o quasi della nostra Commissione: se la Sinistra discute ancora se le Brigate rosse siano state rosse o verdi, dovete dirmi che vogliamo fare. Purtroppo erano rosse allora così come lo sono oggi: il colore non è venuto meno. La Destra reagisce e questo è esatto. E’ proprio questo il fenomeno purtroppo. Vi è una forza politica, però, presente in Parlamento, che sparla della globalizzazione. Purtroppo è così. Chi ha messo in essere quegli atti a Nizza, signor Presidente? Una forza politica presente in Parlamento che sostiene l’esatto contrario di quello che oggi un’altra parte politica pure della Sinistra dice. Oggi si è verificato l’esatto contrario di ciò che la Sinistra trenta o quarant’anni fa prevedeva: il famoso collettivismo è finito ed il processo di globalizzazione è inarrestabile. Se non si riesce a far capire questo alle forze politiche non andiamo lontano. Il Presidente parlava di questo atteggiamento anche da parte della Destra. Si tratta della coincidentia oppositorum.

PRESIDENTE. Anche l’onorevole Bossi non è tanto convinto della globalizzazione.

MAROTTA. Chi dice il contrario? Mi permetto semplicemente di esprimere dei giudizi personali resi possibili innanzitutto dalla mia età (ho vissuto tutti i fatti avvenuti) e poi da una certa competenza per il mestiere che ho svolto fino a pochi anni fa.

Questa è la sacrosanta verità. Purtroppo dobbiamo trovare un accordo su alcuni aspetti; solo allora potremmo arrivare ad una conclusione quasi unanime del lavoro della Commissione: se continuiamo semplicemente ad attribuire ai Servizi deviati la responsabilità degli incidenti avvenuti non ci siamo. Lei, signor Presidente, giustamente ha detto di non crederci. Purtroppo però una forza politica sostiene proprio questa tesi.

PRESIDENTE. Le chiedo di spiegare come il generale Arpino, recatosi in questa sede, ci ha riferito che ancora negli anni Ottanta per gli apparati di forza un terzo del Parlamento italiano era nemico. Non è questa la situazione attuale. Non posso pensare che i carabinieri ritengano di essere trattati meglio o peggio dal Polo rispetto all’Ulivo. Gli apparati attualmente sono abbastanza indifferenti a tutto ciò. Considero questo un progresso quanto alle soluzioni politiche.

MAROTTA. Ciò che voglio dire, signor Presidente, è che per arrivare ad una certa conclusione bisogna che ognuno riconosca le proprie responsabilità e non le addossi ad altri. La mia impressione è che una certa forza politica tenda a dimostrare che il passato è addebitabile all’altro contro l'evidenza dei fatti.

Come suggerimento dobbiamo sentire le persone in grado di spiegarci il motivo per cui purtroppo oggi le forze dell’ordine, non impreparate come si diceva quaranta anni fa, non approdino a nessun risultato; anzi, si debbano sconfessare ad ogni piè sospinto, vedi il caso D’Antona. Parliamo di fatti avvenuti trenta anni fa quando vi sono fatti avvenuti ieri, dei quali non sappiamo alcunché. E' ridicolo che parliamo di Moro e non sappiamo dire che cosa è successo a D'Antona con tutta l’esperienza di Moro.

Le persone che si devono sentire sono quindi quelle in grado di dire quali difficoltà si sono incontrate. Disponiamo di forze dell’ordine, le più numerose d’Europa anche se continuiamo a dire che mancano gli organici: disponiamo di una unità ogni 170 abitanti. Altri Paesi quali la Germania e la Francia dispongono di un uomo ogni 3.400 abitanti. Impreparate non lo sono. Una ragione deve quindi esserci. Dobbiamo domandarci inoltre dal punto di vista politico e sociale il motivo per cui non si è chiusa questa fase come lei giustamente ha detto. Siamo purtroppo l’unico Paese a non aver chiuso i conti con il passato. Per quale motivo ciò è avvenuto? Vi sarà una ragione, signor Presidente, che è importante scoprire.

Su questo la nostra Commissione, politica, deve indagare più che sulle responsabilità su cui decideranno la polizia e la magistratura.

Il nostro compito è quello di sapere per quale motivo dopo trenta anni, dopo tutti i lutti subiti, questa fase non si è chiusa. Si assiste a tentativi da parte sia della Destra sia della Sinistra di addossare reciprocamente le responsabilità all'avversario, escludendo le proprie. Dobbiamo pertanto dare inizio ad una indagine in ordine all’insufficienza – dobbiamo dirlo –se non alla mancanza di risultato delle indagini. Le forze anarchiche di Sinistra hanno rivendicato il fatto di Milano. Personalmente sono contro su tutto ciò che è basato sulle supposizioni.

PRESIDENTE. Il comunicato di rivendicazione anarco-insurrezionalista c’è stato; possiamo discutere sulla sua autenticità.

MAROTTA. Potevo essere stato io a scriverlo. Ritengo che sia necessario ragionare su fatti certi dai quali si può desumere qualcosa anche in via presuntiva. Sono necessari indizi gravi, precisi e concordanti. Non è comunque mia intenzione approfondire questo aspetto politico relativo alla Destra o alla Sinistra. Credo che il Presidente abbia posto nei termini esatti la questione; farò altrettanto io: vi sono fatti di violenza inaudita per i tempi di oggi che hanno preceduto questi altri fatti che vengono dalla Destra. Lei disse che la Destra avrebbe reagito. Così è stato. Oggi si parla dei Servizi deviati. Quali prove ci sono? Ripercorriamo la stessa strada del passato. Una conclusione comune all’unanimità o quasi può essere raggiunta, signor Presidente, solo se ci rendiamo conto tutti quanti di quello che dobbiamo fare, senza che nessuna delle parti addossi le responsabilità all’altra, escludendo le proprie, altrimenti è una guerra continua. Di tutto ciò dobbiamo scoprire le cause. Chi potrà riferire in ordine alla causa della mancata conclusione della fase? Le forze politiche, il Governo, il Ministro dell’interno. L’unica cosa certa è che come lei ha detto l’Italia è l’unico Paese in cui i conti con il passato non sono stati fatti. Una ragione ci sarà. Però, lei giustamente rammentava che anche a Destra qualcuno è contro la globalizzazione. E’ vero: coincidentia oppositorum. Sono sempre stato di quest’avviso. Sul fatto che Bossi la pensi così non so.

PRESIDENTE. Almeno in parte.

MAROTTA. Non ho motivo di contraddire ciò, anzi ciò è nella linea evolutiva della mia premessa.

Dobbiamo dire per quali motivi sono avvenuti questi fatti. Si tratta, signor Presidente, di responsabilità di forze politiche - è inutile perdere ancora tempo su questo argomento – che, all’indomani di certi avvenimenti si difendono nel modo che conosciamo. Avete sentito tutti che cosa è avvenuto a seguito dei fatti di Nizza, avete ascoltato tutti che cosa è stato detto dopo l’attentato ad un ristorante McDonald’s, da parte di un esponente politico in ordine a questi avvenimenti.

Lei, signor Presidente, ha accennato ad una certa responsabilità della nostra Commissione. A riguardo, ritengo che la responsabilità stia in realtà in questo voler insistere sui temi nei termini suddetti. Francamente non credo che esista una responsabilità di questa Commissione, anzi ritengo che essa sia quasi del tutto inutile. Ribadisco che responsabilità di questo genere non possano essere addebitate alla nostra Commissione. Ripeto, la responsabilità, signor Presidente è politica!

PRESIDENTE. E noi siamo un organismo politico!

MAROTTA. Proprio per questo sostengo che più che controllare la magistratura, i carabinieri o le forze dell’ordine riguardo al loro operato – anche se si tratta comunque di un’attività importante – è necessario spiegare il motivo per cui non si sono avuti esiti di qualche rilievo. Torno a ribadire che più che questi aspetti dobbiamo coltivare l’altra parte, quella politica. Dobbiamo spiegarci perché questi fatti avvengono ancora dopo cinquant’anni, dopo tutti i lutti che hanno insanguinato il Paese! Eppure oggi tutti sosteniamo che, grazie al cielo, le condizioni sociali ed economiche non sono più quelle di trenta-quaranta anni fa, ciononostante questi fatti avvengono ancora, gli stessi fatti! Questa è la domanda che dobbiamo porci. Noi facciamo parte di una Commissione politica ed il nostro compito è quello di cercare di spiegare le ragioni di questi fatti. Anche perché dobbiamo indagare sulle cause, non su altro, non sulle responsabilità di Tizio, Caio o Sempronio! Questa è la direttrice che dobbiamo seguire.

PRESIDENTE. Indubbiamente l’interrogativo che lei pone è lo stesso che anch’io mi pongo.

Nel corso di un recente dibattito, il giornalista Eugenio Scalfari ha dato una risposta a questa domanda citando Tomasi di Lampedusa, affermando che quello che il Principe di Salina diceva della nobiltà siciliana, probabilmente vale anche per tutti gli italiani. In base a questa tesi noi ci sentiremmo degli dei e gli dei vivono in una dimensione atemporale in cui il passato è sempre presente. Non so se questo sia giusto, ma si tratta di una frase che mi ha molto colpito.

MAROTTA. Noi ci sentiamo dei, ma chi lo dice, Scalfari!

PIREDDA. Signor Presidente, ritengo che tra le tante considerazioni svolte si renda necessario circoscrivere il campo, altrimenti si corre il rischio di ripetere le discussioni effettuate in questa Commissione nel corso di cinque anni di lavoro.

Condivido a pieno la sua analisi, signor Presidente, anche a proposito di quanto ha delle sulle intersecazioni di movimenti nazionali ed internazionali che a loro volta si potenziano. Mi riferisco ai fatti di violenza politica che sono avvenuti nell’ultimissimo periodo e che credo siano l’oggetto prevalente della presente seduta. Mi sembra, infatti, che ci siamo riuniti per verificare quali siano le cause per le quali non è stato possibile porre alcun punto fermo riguardo alla storia del passato recente del nostro Paese. Aggiungo a questi fenomeni inquietanti che lei ha citato, signor Presidente, anche alcuni avvenimenti recentissimi, della giornata di ieri: sono ricomparse in Sardegna le scritte sui muri contro lo Stato, i carabinieri ed altre istituzioni…

PRESIDENTE. Si riferisce a quelle di "Barbagia rossa".

PIREDDA. Questo non lo so dire, dal momento che ai tempi in cui c’erano le Brigate rosse, "Barbagia rossa" rivendicava le sue azioni per differenziarsi. Mi riferisco a quando i vari Savasta, o il movimento "Emilia libera" venivano in Sardegna per suscitare ribellioni a causa del sottosviluppo dell’isola. Non desidero tuttavia entrare nel merito di questi fatti.

A mio avviso deve essere una preoccupazione straordinaria della collettività nazionale quella di analizzare e capire perché stiano avvenendo questi fatti. Per quanto mi riguarda non li considero semplici reazioni, come mi sembra sostenesse lei, signor Presidente, facendo riferimento alla sua visita a Palazzo Chigi, in occasione della quale ha avuto modo di sottolineare al Presidente del Consiglio la inevitabile reazione dell’altra parte rispetto ai fenomeni precedentemente intervenuti. Infatti, credo che debba essere ricercata la ragione per cui sono avvenuti i primi fatti a cui avrebbero poi corrisposto – giustamente o ingiustamente – gli ultimi avvenimenti, ossia le reazioni.

In primo luogo non credo che nessuno possa affermare di essere contento rispetto al fenomeno della globalizzazione, e al riguardo se c’è un’ulteriore perplessità da citare posso aggiungere la mia, proprio in ragione degli effetti devastanti determinati da questo fenomeno soprattutto per quanto riguarda le zone più povere del mondo. Non voglio neanche addentrarmi nel merito di quello che sono il movimento di Seattle o i fatti di Nizza, né su le responsabilità, il fatto è che esiste una sofferenza avvertita nel nostro tempo. Certamente non si tratta della strategia della tensione intesa come fatto programmato, ma, tuttavia questa strategia della tensione deriva dal contesto delle interpretazioni degli avvenimenti, mi riferisco al fatto che la sinistra magari protesta contro le tesi di Heider e la destra risponde contestando le tesi della sinistra, affermando anche che la colpa è di Bertinotti che non accetta la mondializzazione ed è contro Mc Donald's.

Credo che oggettivamente le reazioni che avvengono via via nel tempo siano assolutamente naturali. Il problema è che lo Stato per potersi difendere, o per mantenere le regole democratiche deve capire permanentemente le reazioni, cioè deve seguire il divenire delle reazioni ai singoli fatti. A me non sembra si tratti di un fatto diverso, né mi straccio le vesti se prima questi eventi avevano come obiettivo le multinazionali e adesso invece la globalizzazione. Il problema è dare sfogo, o in ogni caso tenere più presenti, anche nella vita politica, le cose di cui si lamenta la gente. In Parlamento non compare la realtà della società che ci circonda, perché siamo astratti. Pensiamo più ai grandi temi che alle piccole cose, per cui la gente si chiede: ma chi ci governa?

Non sono né radicale, né anarcoide, né contestatore del sistema, dico solo che probabilmente siamo distratti. Rispetto a questo che cosa dobbiamo fare? Per quanto mi riguarda invito la Presidenza della Commissione a riflettere su come più razionalmente utilizzare questi prossimi due o tre mesi che ci rimangono. Probabilmente ha ragione chi sostiene che si potrebbe chiedere, se veramente desideriamo mettere alcuni punti fermi, alla Presidenza della Camera e del Senato di consentire a questa Commissione di concludere, anche se non definitivamente, il proprio lavoro. E’ inutile infatti pensare di poter chiudere definitivamente il passato perché il caso Moro o quello di Ustica sono enormi, giacché si è trattato anche di uno scontro internazionale. Le Brigate rosse non erano solo un fenomeno italiano, ma esisteva anche qualche induzione esterna. E rispetto a questo qualcuno continuerà a dire che è colpa della Democrazia Cristiana o di altri. Lo dico pur essendo democristiano, tanto per fare chiarezza… (Commenti dell’onorevole Taradash).

Onorevole Taradash, i radicali a volte cambiano, ma i democristiani restano. Ricordo che lei era una radicale, ma adesso ha un’altra veste.

TARADASH. Non so in quale partito lei militi visto che i democristiani sono dappertutto.

PIREDDA. Non sa dove sono i democristiani? Molti sono con lei e condividono anche i suoi punti di vista che non sono diversi oggi rispetto al passato, ma forse è meglio lasciar perdere! Mi avvio alla conclusione, anche se ovviamente ci sarebbero da dire moltissime cose, e sarebbe necessario fare un’infinità di puntualizzazioni.

Il monitoraggio dei fenomeni reattivi che si determinano nella società italiana, adesso come sempre, è stato e sarà – sto dicendo cose ovvie come l’acqua calda - …

PRESIDENTE. Molte delle cose che lei sta dicendo sono scritte nella parte iniziale di una relazione che è stata già approvata dalla Commissione, mi riferisco alla relazione D’Antona, ma in quel periodo lei non faceva ancora parte della Commissione. Ripeto, comunque, che molte delle analisi da lei effettuate erano contenute in un mio documento che la Commissione ebbe la bontà di approvare.

PIREDDA. Condivido molte delle sue tesi, signor Presidente. Tuttavia senza voler scoprire l’acqua calda, sto solo affermando che rispetto al contesto di questa riunione…

PRESIDENTE. Per confermare la coincidenza, la democrazia del maggioritario finisce per non dare rappresentanza politica alle sacche di esclusione che la società complessa determina.

PIREDDA. È esatto. L'ho detto in Commissione industria del Senato e anche alla Camera, provocando i DS: se tutta la collettività nazionale politica si interrogasse sul perché una parte sempre più rilevante di cittadini non va a votare, probabilmente si accorgerebbe che è in atto una contestazione, un rifiuto del sistema e che il rifiuto deve avere punti di sbocco. Per questo sono d'accordo con il Presidente sul fatto che Forza Nuova non deve assolutamente essere sciolta.

TARADASH. Iscriviamoci tutti a Forza Nuova.

PIREDDA. Può darsi che lei diventerà ad un certo punto radicale di destra.

Mi avvio a concludere. Sono d'accordo con il Presidente, ma quello che ha detto rientra in una filosofia dello Stato, riguarda come cogliere ed incanalare le proteste e come tenerne conto, se la collettività nazionale non ha un sistema attento di monitoraggio e non utilizza le sue forze dell'ordine e anche la magistratura, perché possiamo anche non criticare la magistratura ma ha gravissime pecche.

PRESIDENTE. Un anno fa a Priverno ho partecipato ad un dibattito e sono rimasto stupefatto della differenza fra Laudi e Papalia su una stessa vicenda. In pratica, due procure che indagavano sullo stesso fenomeno facevano analisi totalmente contrapposte. Non so chi avesse ragione e chi torto, però mi ha preoccupato questa differenza di analisi.

MAROTTA. Quando i magistrati fanno analisi politiche, sbagliano.

PIREDDA. Le audizioni proposte le ritengo utili e necessarie perché probabilmente possono illuminarci sul sistema esistente in Italia di monitoraggio di questo fenomeno. In base ad esse forse potremo stendere un documento condivisibile in cui indicare come rivedere l'organizzazione, probabilmente cercando anche di dimostrare la necessità di una sorta di authority politica, che potrebbe essere solo questa Commissione bicamerale che dovrebbe essere conservata. È inutile dire che, chiuse le vicende di Moro, Ustica, e così via, la Commissione stragi deve andare a casa. Il terrorismo è una dimensione.

PRESIDENTE. Nella proposta di relazione del 1995 ho suggerito la trasformazione di questa Commissione in un osservatorio democratico sulle tensioni sociali. Onorevole Piredda, se leggerà i documenti che le ho indicato sul passato, vedrà che sono più i punti di condivisione che di contrasto.

FRAGALA'. Signor Presidente, cari colleghi, devo dire innanzitutto che in linea di massima sono d'accordo con quanto proposto dal Presidente sulla necessità di una serie di audizioni a supporto della nostra analisi riguardo a questo particolare momento. Ritengo che questa fase debba partire dal più grave delitto e atto di terrorismo accaduto in Italia negli ultimi anni, cioè il caso D'Antona, rispetto al quale le indagini - ha ragione il Presidente - sono completamente a zero. La procura di Roma ha mancato per l'ennesima volta nell'accertamento di una serie di responsabilità che sulla base dell'audizione del prefetto Andreassi sembravano, almeno sul piano della individuazione, addirittura possibili. Andreassi ci disse che l'UCIGOS era in grado di sapere chi poteva aver ucciso il professor D'Antona, ma non vi erano le prove per poterlo indicare sul piano giudiziario. Ebbene, che a quasi due anni da quel terribile atto terroristico ancora si brancoli nel buio, soprattutto dopo aver esperito il tentativo di indagine sul telefonista, che è apparsa subito una bufala, è un fatto gravissimo che questa Commissione dovrebbe verificare attraverso l'audizione del magistrato o dei magistrati responsabili di questa indagine ancora all'anno zero.

PRESIDENTE. Non potremmo pretendere che i magistrati ci dicano se non sono all'anno zero, perché se hanno fatto qualche piccolo passo in avanti, lo brucierebbero in questa sede.

FRAGALA'. Capisco che è una audizione delicata, ma abbiamo fatto così per altre situazioni. Soprattutto però ritengo che non si possa su una vicenda di questo genere, su cui abbiamo ascoltato il capo dell'UCIGOS che ci ha fornito indicazioni assolutamente chiare, avere la remora ad ascoltare i responsabili giudiziari dell'indagine, soprattutto sapendo che all'indomani del delitto D'Antona alcuni capi dei centri sociali di Roma sono entrati in clandestinità. Su questo dato almeno, che è obiettivo, non vi è stata alcuna indicazione investigativa.

Credo sia legittimo che la Commissione interroghi i responsabili delle indagini, perché sono passati due anni, perché l'anno scorso è accaduto quello che è accaduto a disdoro di un apparato giudiziario che aveva fatto arrestare nel modo incredibile che tutti noi sappiamo il cosiddetto telefonista delle BR. Credo dunque che su questo punto dovremmo intervenire.

Per quanto invece riguarda la bomba fatta ritrovare inesplosa al duomo di Milano, la bomba carta scoppiata o fatta scoppiare al "Manifesto" e le attività insurrezionali portate a Nizza e a Roma a Castel Sant'Angelo durante la visita di Heider, dobbiamo fare una riflessione collegata anche ad un avvenimento più eclatante su cui credo che l'attenzione dei commissari debba avere un momento di riflessione particolare. Cioè il fatto che per la prima volta nel nostro Paese è stata evacuata l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma per il gravissimo pericolo di un attentato. E c’è la lettura particolare che di questo evento ha fatto l’ex Presidente della Repubblica, il senatore a vita Francesco Cossiga, che ha detto chiaramente di avere delle informazioni secondo le quali quella evacuazione era il segnale politico molto preciso per l’atteggiamento assunto da ambienti politici italiani, anche a livello istituzionale, sulla vicenda dei proiettili all’uranio impoverito e la guerra nei Balcani.

Ora, cari colleghi, se si arriva a evacuare una rappresentanza diplomatica così importante, come quella del maggiore Paese alleato dell’Italia, in polemica – si dice da parte dell’ex Presidente della Repubblica – con apparati istituzionali di altissimo livello, credo che la Commissione su questi temi dovrebbe audire il ministro dell’interno Bianco e il ministro degli esteri Dini, nonché – lo hanno già detto altri colleghi – i responsabili dei Servizi.

In ultimo, desidero svolgere una serie di considerazioni sulla vicenda della bomba scoppiata al "Manifesto", considerazioni che ho ritenuto di esprimere quando, il 27 dicembre dello scorso anno, ho letto l’intervista al fratello di Andrea Insabato e allo stesso Andrea Insabato ricoverato in ospedale, pubblicata sul quotidiano "la Repubblica", intitolata: "Lo giuro, non c’entro mi hanno teso una trappola".

Stando almeno alle ultime risultanze investigative, ritengo che non vi sia più alcun dubbio che la bomba carta o il cosiddetto "pallone di Maradona" esploso al terzo piano di via Tomacelli, poco dopo le ore 12 del 22 dicembre scorso, sia stato volontariamente o involontariamente portato da Andrea Insabato, 41 anni, originario di Palombara Sabina (Rieti), già militante di Terza Posizione nella zona di Balduina–Montemario. Orfano di entrambi i genitori, assistito dal fratello avvocato Carlo, padre di due figli, gravemente affetto da disturbi del comportamento, Insabato negli ultimi tempi era in un evidente e preoccupante stato depressivo.

Assolto dalla Corte d’assise di Roma per insufficienza di prove nel marzo 1985 (i reati contestati erano partecipazione a banda armata e associazione sovversiva) nell’ambito del processo contro un gruppo di persone accusate di aver fatto parte dell’organizzazione Terza Posizione (i prosciolti erano, oltre ad Andrea Insabato: Giancarlo Laganà, Vincenzo Piso, Walter Spedicato, Gianluca Zucco, Fabrizio Mottironi e Francesco Butta), Insabato era stato arrestato dai carabinieri del reparto operativo di Roma – il 2 o 3 marzo 1983 – nella Libreria Romana di via dei Prefetti a Roma. In quello stesso processo, Francesca Mambro e Valerio Giusva Fioravanti subirono una pena di 14 anni di reclusione.

Latitante da otre due anni, l’estremista – secondo quanto venne accertato dai Carabinieri – era risultato in contatto con altri militanti della destra radicale, fra cui Walter Spedicato e Roberto Fiore. Con Insabato venne arrestato anche uno studente universitario libanese, Marie Gilbert Dawed, di 25 anni, figlio di un funzionario della FAO. All’epoca latitante in Inghilterra, Fiore venne arrestato a Londra il 12 settembre 1982 (il giorno prima era stato arrestato Morsello insieme ad Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci e Marinella Rita), in seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dalla magistratura italiana, ma poi restituito in libertà poiché i giudici inglesi negarono l’estradizione per reati di natura politica.

Nel settembre 1991 lo troviamo a Zagabria, quale promotore del gruppo Rinascita Nazionale, in contatto con analoghi gruppi oltranzisti e irredentisti stranieri, per incontrare i dirigenti del Partito del Diritto croato. La missione sortì esito negativo poiché l’italiano, oltre ad alcune divergenze politiche, aveva pochi giorni prima firmato un volantino in cui si rilanciava l’ipotesi della riannessione dell’Istria e della Dalmazia, a patto di un’azione di supporto ed aiuto a favore "dei fratelli croati", in quel momento impegnati nella sanguinosa guerra con la Serbia (appoggiata dalla Russia). Nel marzo 1993 Insabato viene quindi condannato dal tribunale di Roma ad un anno e sei mesi di reclusione per istigazione all’odio razziale e uso di materiali esplodenti (accensioni di esplosioni pericolose).

Ha militato anche in Militia Christi, il movimento ultrafondamentalista cattolico collegato a omologhe e gemellate formazioni attive soprattutto nell’Est europeo, nell’ex URSS e nei Balcani. La carriera politica di Insabato è sempre stata caratterizzata da una congenita debolezza sul piano della coerenza, causata dalla sua instabilità mentale: un cane sciolto, un personaggio scomodo e delegittimato, un personaggio di certo giudicato inaffidabile sul piano della tenuta psicologica, ma parimenti utile se non insostituibile per qualche operazione.

Massimo Morsello e Roberto Fiore riparano in terra inglese in stato di latitanza poiché colpiti all'indomani della strage alla stazione di Bologna da mandati di cattura internazionali emessi dalla magistratura italiana. In Gran Bretagna entrano subito in contatto con Nick Griffin con il quale danno vita alla creatura International Third Position. La loro latitanza è di oltre 1.500 unità immobiliari di cui molte nella city londinese intestate o riconducibili alla loro holding che comprende case discografiche, agenzie di collocamento e di viaggio, strutture ricettive, locali pubblici ed alberghi), permette loro di condurre una vita al di sopra delle possibilità di un qualsiasi comune latitante per reati politici. In quegli anni (siamo nei primi degli Ottanta) alcuni militanti della Destra radicale hanno l'opportunità di incontrare Morsello e Fiore a Londra e rimangono colpiti e stupiti dalle loro enormi possibilità economiche e finanziarie: cosa che in Italia non s'era mai evidenziata.

PRESIDENTE. Sta facendo una relazione su tutto questo. Sono documenti che probabilmente potremmo acquisire, ma a cosa tende la conclusione politica? Le sarei grato se potesse venire al punto.

FRAGALA’. La conclusione tende a questo: chiedo che Morsello e Fiore vengano auditi da questa Commissione, perché in un documento ufficiale, la relazione pubblicata nel dicembre 1991 dalla Commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo sul razzismo e la xenofobia, proprio Roberto Fiore viene indicato quale agente dell’MI6, una branca dell’Intelligence Service britannico, fin dai primi anni ‘80, infiltrato nel movimento della destra radicale nazionalista inglese al fine di annientare il National Front di Nick Griffin. I collegamenti che il National Front ha avuto con il Fiore non hanno fatto altro che danneggiare questa formazione politica – si legge nella relazione -. Se vuole, Presidente, continuo.

Ma chi è Nick Griffin? National chairman del BNP, nasce a nord di Londra nel 1959, sposato e padre di quattro figli. Militante della causa nazionalista fin dall'età di 15 anni, lo vediamo già schierato contro l'entrata della Gran Bretagna nella CEE nel referendum del 1975. Ha studiato storia e legge al Dowing College, all'università di Cambridge, dove ottiene l'Honours Degree (la laurea d'onore) in legge. Dopo l'università, ha lavorato nel settore dell'ingegneria agricola e nel settore dell'ambiente (agricoltura e foreste). Scrittore, collaboratore di varie testate politiche, abile oratore, Griffin riesce ad avviare un'intelligente operazione di penetrazione ed infiltrazione dei sindacati inglesi (Trade Unions). La vicenda venne denunciata all'opinione pubblica inglese dal quotidiano londinese "Daily Express" - nel luglio del 1984 - attraverso un'inchiesta condotta sulle infiltrazioni dell'estrema destra britannica negli ambienti dei sindacati. Secondo la testata vicina al Partito Conservatore, il National Front sarebbe riuscito a penetrare in molte Unions: da quello vastissimo dei trasporti a quelli dei dipendenti pubblici e dei vigili del fuoco. Sempre per il "Daily Express" sosteneva che il responsabile di questo "assalto" ai sindacati, Nick Griffin, sarebbe stato spalleggiato da un italiano arrestato nel 1981 a Londra insieme con altri otto connazionali su segnalazione della magistratura italiana: Roberto Fiore, già leader nel 1977 del gruppo Lotta studentesca attivo nel settore giovanile e scolastico della capitale italiana.

PRESIDENTE. Ce la può consegnare, onorevole Fragalà.

FRAGALA’. In pratica Morsello e Fiore trattano con gli estremisti britannici e irlandesi per conto dei servizi di sicurezza di Londra, al punto che riescono a boicottare l’entrata dei nazionalisti irlandesi nell’"internazionale" di Terza Posizione, favorendo in quel momento il Front britannico, capeggiato da Nick Griffin e sorretto da una solida fede protestante, evidentemente in contrapposizione con la fede cattolica del nazionalismo irlandese.

In pratica, quando tutti facevano finta di meravigliarsi sul perché Morsello e Fiore potessero stare in Inghilterra e potessero essere non soltanto protetti dalle autorità politiche e istituzionali inglesi…

PRESIDENTE. Lei ritiene che siano stati agenti del Servizio inglese.

FRAGALA’. No "ritengo": è un dato obiettivo, pubblicato da una relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo nel 1991, cioè dieci anni fa, e mai smentito da alcuno.

D’altro canto, Presidente, chiedo a me stesso – come dice qualche volta il senatore Andreotti – ma come si fa a immaginare che due latitanti italiani in Inghilterra possano costruire lì un impero economico e finanziario di 1300 appartamenti, alla cui proprietà partecipano centinaia e centinaia di investitori di tutto il mondo; poi, in Italia, naturalmente per coprire questa cosa, con la relazione dell’UCIGOS - per questo chiedo che Andreassi, sulla relazione fatta su Morsello e Fiore, venga audito da questa Commissione – si è detto che erano stati segnalati dal servizio segreto inglese come pericolosi estremisti, che non si sa come avessero potuto costruire in terra inglese quel patrimonio mobiliare e immobiliare. Quindi, o l’UCIGOS ha avuto documenti assolutamente inaffidabili, di terza mano e falsi da parte dei servizi segreti inglesi, e ci è venuto a raccontare questa cosa che non sta né in cielo né in terra e non ha mai letto neppure la relazione pubblicata dalla Commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo sul razzismo e la xenofobia, oppure si è inventata una immagine di questi personaggi, e anche di Insabato, per cui l’intervista pubblicata dal quotidiano "la Repubblica", in cui si dice che qualcuno ha teso…

PRESIDENTE. Perché dovremmo sentirli? Quale possibilità ci sarebbe che ci vengano a dire che erano o sono agenti dei servizi inglesi? Lei ha detto che dobbiamo sentire Morsello e Fiore; nello stesso tempo sta dicendo che sono spie degli inglesi.

FRAGALA’. No, sto chiedendo di sentire Morsello e Fiore proprio per contestare loro una serie di elementi che vengono da documenti...

PRESIDENTE. Lasciamo che lo faccia la magistratura. Glielo dico francamente: da notizie giornalistiche risulta che quando Fiore è arrivato in Italia lei facesse parte di una specie di comitato di accoglienza che si era recato a riceverlo.

FRAGALA’. No.

PRESIDENTE. Mi auguro che questo non sia vero, però vorrei che al riguardo si muovesse prima la magistratura. Non mi sentirei di dare una tribuna parlamentare a queste persone, così come non sentirei mai quelli dei CARC, non sentirei la rappresentanza dei centri sociali. Il discorso è delicato per quello che diceva poco fa il senatore Piredda, però non credo sia opportuno dare loro una tribuna istituzionale. Morsello e Fiore verrebbero a dire che non è vero, che la Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo si è sbagliata.

FRAGALA’. Signor Presidente, fino ad ora la tribuna a Forza Nuova, a Fiore e a Morsello l’hanno data tutti coloro che hanno chiesto lo scioglimento di quel movimento.

PRESIDENTE. Io non sono tra questi. Tuttavia, stando alle cose che lei va dicendo, comincio a pensare che se la magistratura le accerta farebbe benissimo a scioglierlo, se è una struttura di intelligence illegale che opera in Italia.

FRAGALA’. No, Presidente, è esattamente il contrario. Se Forza Nuova, Morsello e Fiore sono stati in Inghilterra quello che viene descritto dalla Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo, l’immagine dei due personaggi che si è voluta costruire in Italia, ma soprattutto l’incredibile accumulo finanziario e patrimoniale che sembra sorto dal nulla devono avere una spiegazione, o c’è chi in Italia ci marcia per sbattere dei mostri in prima pagina, ben sapendo che invece sono due personaggi con una collocazione assolutamente precisa nel servizio segreto inglese. E allora il ministro Bianco ci deve spiegare se lo ha saputo, se non lo ha saputo, perché non lo ha detto!

PRESIDENTE. Ma dove sta la certezza che questo rapporto sia rimasto? Molto spesso questi elementi vengono agganciati dai Servizi e poi sfuggono al controllo. La storia su cui indaghiamo, se pure non riusciamo a giungere a una condivisione, sembra essere piena di ipotesi di questo genere.

MANTICA. Come Omar Bin Laden che era un agente della CIA. Poi ha cambiato opinione.

PRESIDENTE. Quindi lei è d’accordo con me.

FRAGALA’. Glielo dico subito, Presidente. A questo punto devo riportare la parte finale di questa mia breve relazione.

Quando Fiore e Morsello vengono allontanati da Nick Griffin, perché evidentemente il Partito nazionalista inglese ha scoperto il doppio gioco, ci sono delle informazioni provenienti dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda - che allego in fotocopia (tutto quello che sto dicendo è riportato in una serie di documenti che produco alla Commissione, non sono né deduzioni né ipotesi) - in cui si sostiene non solo che i due soggetti continuano ad essere in forza ad un settore del Secret intelligence service inglese, ma addirittura che l’avventura politica rappresentata dal movimento denominato Forza Nuova abbia quale referenti occulti gruppi nazionalcomunisti attivi prevalentemente all’estero, in paesi come la Russia, la Bulgaria, la Romania e la Serbia. Hanno fondato un villaggio nazionalcomunitarista – c’è un documento qui che lo dimostra – nella Penisola iberica e altre strutture similari stanno nascendo con il loro supporto e finanziamento nell'Europa dell'ex blocco sovietico in appoggio alle formazioni nazionalcomuniste. L’attività politica di Roberto Fiore e Massimo Morsello può ragionevolmente rappresentare per la comunità di intelligence d’oltremanica una sorta di cavallo di Troia negli ambienti più prossimi agli apparati di sicurezza dell’ex Patto di Varsavia (quindi l’utilizzazione è odierna), ambienti questi rappresentabili o identificabili in movimenti e formazioni politiche come: Slavic National Unity, Russian Skinhead, Russian National Socialist Party, National Patriotic Front Pamyat russo e Russian National Unity. In particolare, nelle pagine 7 e 8 al numero 0 del mensile "Rosso è nero" (che depositiamo agli atti della Commissione), finanziato dall'organizzazione messa in piedi da Fiore e Morsello, vi è un appello "all'unità dei Nazionalrivoluzionari europei del Comitato Centrale del PCN (Partito Comunista Nazionalista)", in cui - partendo da un libro intitolato "Nazionalcomunismo" scritto da Luc Michel, fondatore nel 1984 del PCN, ed edito dalla società editrice Barbarossa - viene avanzata la proposta di "sottrarre all'estrema destra la sua frangia nazionalista. In questo senso, la strategia si concretizza nella costituzione del Fronte Nero-Rosso Verde costituito dal PCN, dove militano assieme ex militanti nazionalrivoluzionari, ex comunisti ed ecologisti".

PRESIDENTE. Mi scusi, ma se lei pensa tutte queste cose perché poi è contrario allo scioglimento?

FRAGALA’. Scusi, Presidente, lo scioglimento viene proposto da coloro che criminalizzando un contenitore...

PRESIDENTE. Quindi lei ritiene che questo valga per il vertice di Forza Nuova e non per l’intera struttura?

FRAGALA’. Certo, è chiaro, è ovvio. Ci sono i documenti che parlano e poi si possono discutere.

PRESIDENTE. La ringrazio dei documenti che ci consegna, naturalmente li leggerò e li analizzerò. Spero di non dover cambiare idea sullo scioglimento.

FRAGALA’. In particolare, nelle pagine 7 e 8 del numero 0 del mensile "Rosso è Nero", che deposito agli atti della Commissione, finanziato dall’organizzazione messa in piedi da Fiore e Morsello, vi è un appello all’unità dei nazional-rivoluzionari europei del Comitato centrale del Partito comunista nazionalista che viene avanzato con la proposta di sottrarre all’estrema destra la sua frangia nazionalista. In questo senso la strategia si concretizza nella costituzione del Fronte nero-rosso-verde costituito dal Partito comunista nazionalista, dove militano, assieme ad ex militanti nazional-rivoluzionari, ex comunisti ed ecologisti. Produco anche questo documento alla Commissione.

PRESIDENTE. Questo è sempre il parere della Commissione del Parlamento europeo?

DE LUCA Athos. Chi dice queste cose?

FRAGALA’. Questa conclusione è tratta dall’appello all’unità dei nazional-rivoluzionari europei del Comitato centrale del Partito comunista nazionalista pubblicato nella rivista "Rosso è Nero".

PRESIDENTE. La ringraziamo di questa produzione, che esaminerò. Per la verità ritengo che se andiamo a vedere i vecchi verbali delle audizioni sulle varie insorgenze terroristiche risulti rivolta agli ufficiali o funzionari di polizia che abbiamo ascoltato la domanda se questi due soggetti potessero essere punte del Servizio inglese. Non ricordo se la feci privatamente o se è riportata nei verbali, ma era un mio sospetto. Ritenevo però che si trattasse di un vecchio legame con l’intelligence, non un legame attuale.

DE LUCA Athos. Ma che valore hanno queste cose? Si scrive un documento e poi lo si legge in Commissione!

TARADASH. Signor Presidente, vorrei dire poche cose sulla sua relazione introduttiva: il nostro non esserci riuniti a Natale per fortuna non è stato causa di altri attentati di terrorismo. D’altra parte il non avere noi prodotto una relazione conclusiva unitaria non credo sia una concausa dell’insorgenza di nuovi fenomeni di terrorismo. Credo che noi abbiamo il dovere di cercare la verità, ma se non riusciamo a trovare una verità condivisa è meglio che ciascuno di noi resti con le sue idee. Non ho ancora letto il testo che lei ha prodotto sulla base del libro, ma certo un conto è la relazione del 1995, con annessi e connessi fino alla relazione Bielli, un altro è quello che io ho letto nel libro, perché mi sembrano due punti di vista diversi soprattutto per il maggiore rispetto dei fatti e delle ipotesi, separando i fatti dalle ipotesi come è stato fatto nel libro che ho letto qualche tempo fa. Quindi mi pare che stiamo tentando di avvicinarci ad una relazione conclusiva unitaria, ma che il cammino che stiamo facendo sia responsabile, nel senso che reazioni emergenzialiste del tipo unirci tutti intorno ad una bandiera quale che sia, purché sia unitaria, è la cosa più sbagliata che possiamo fare. Se riusciamo invece ad operare le distinzioni, forse adempiamo a quello che è il nostro compito.

Detto questo, spero che inizi la discussione sui testi che abbiamo a disposizione, per vedere se sia possibile produrre qualcosa di comune, ritenendo che questo non sia assolutamente necessario, sarebbe bene, ma meglio non farlo se è in nome dell’emergenza. Dobbiamo stare molto attenti, secondo me, a come ci comportiamo in questo frangente. Certo, fra i compiti della nostra Commissione c’è anche l’analisi dello stato attuale della lotta al terrorismo, però rischiamo di trasformarci in una Commissione di analisi del fenomeno terroristico che lascerebbe il tempo che trova. Ciascuno di noi ha le sue valutazioni sulla globalizzazione e sulle relative reazioni; credo che non ci siano quelli che amano la globalizzazione in quanto tale. È un po’ difficile che cominciamo adesso a discutere di globalizzazione ritenendo che questo sia il nostro compito, non lo credo per cui non espongo neppure la mia opinione in merito.

Credo che siamo di fronte ad atti di terrorismo non al fenomeno terrorista; in Italia oggi non c’è un fenomeno terrorista: ci sono degli atti di terrorismo. C’è una bomba inesplosa messa da una sinistra abbastanza vaga e una bomba esplosa su chi la portava messa da una destra altrettanto vaga. Poi c’è il malessere generale che c’è sempre ovunque: l’Italia è un paese dove la violenza politica è stata di uso comune quasi sempre, dovremmo anzi meravigliarci del fatto che in questi anni ce n’è stata così poca nel nostro Paese, grazie al cielo e grazie forse anche alle contrapposizioni sul maggioritario. Su questo punto ho idee assolutamente contrapposte alle sue, signor Presidente, perché ritengo che nel magma proporzionalista dove tutti possono dire la propria opinione ma nessuno conta niente è molto più facile, ad un certo punto, che qualcuno voglia passare dalle parole inutili, dalle chiacchiere ai fatti, mentre in una ipotesi maggioritaria, dove le parole continuano a dominare ma c’è anche la vaga idea che qualcuno possa prendere le decisioni, i rischi di terrorismo o di violenza comunque siano molto meno presenti.

Detto questo credo che il nostro compito sia quello di verificare la funzionalità degli apparati. Le cose che ha detto l’onorevole Fragalà sono interessanti, perché se è vero che questi signori Morsello e Fiore hanno lavorato per i Servizi segreti britannici, che hanno fatto opera meritoria in quel senso perché hanno contribuito a disinnescare una minaccia eversiva in Gran Bretagna, credo anche che i nostri Servizi segreti ne fossero al corrente, perché non credo che i servizi segreti britannici abbiano intenzione di inserire in Italia dei fenomeni di eversione, non ne hanno l’interesse. Quindi, i nostri servizi segreti sapranno che Morsello e Fiore se hanno fatto quelle cose in Gran Bretagna sono personaggi abbastanza disponibili a lavorare in quella direzione in cambio di denaro o di una maggiore possibilità di organizzazione delle loro idee politiche, perché questi personaggi hanno anche delle idealità politiche che, lavorando ai margini del sistema, poi piegano ad interessi più concreti e più torbidi.

Quindi, vorrei sapere dai servizi segreti italiani se lo sanno e, in caso affermativo, qual è il loro livello di attenzione.

PRESIDENTE. Lenin era un agente tedesco e organizzò il bolscevismo.

TARADASH. Questi fenomeni consentono sempre molteplici letture. Adesso che lo sappiamo anche noi, i servizi segreti italiani ce lo devono dire. Fino a ieri potevano dire che non ce lo avevano detto nell’interesse supremo della nazione. Adesso lo sappiamo anche noi e quindi devono farci il quadro della situazione facendoci conoscere, nei limiti di quanto è consentito, la pericolosità reale o illusoria di questa Forza Nuova e le relazioni con possibili eventi terroristici come quello del povero attentatore del "Manifesto".

Sicuramente quindi i servizi segreti vanno sentiti, ma credo anche il Ministro dell’interno: il quadro della situazione lo deve dare l’autorità politica.

BIELLI. L’unica vittima è stato l’attentatore.

TARADASH. Sì, l’unica vittima di quell’attentato è l’attentatore, su questo non c’è dubbio. Anche sul fatto che sia un povero attentatore non c’è dubbio, gli è andata bene, perché evidentemente la bomba che portava non era particolarmente potente. Poteva lasciarci la pelle.

BIELLI. Poteva andare molto peggio ad altri.

TARADASH. Onorevole Bielli, lasci la possibilità per un attimo di uscire dalla rigidità del nostro mestiere antiterrorista. C’è stata un’unica vittima ed è un povero disgraziato probabilmente pieno di turbe mentali, il quale si è convinto o è stato convinto a fare quell’attentato di cui è rimasto unica vittima.

Credo che i nostri apparati debbano essere chiamati a comunicarci le informazioni che hanno. Aggiungo poi che una nostra riflessione dovrebbe essere fatta proprio sul problema della magistratura, perché le indagini sono nelle mani non tanto delle forze dell’ordine quanto dei magistrati e la procura di Roma per l’ennesima volta – se è vera la notizia che mi veniva riferita poco fa – dà esempio di assoluta incapacità di fronteggiare gli eventi. Non voglio ritornare sul caso Marta Russo, ma questi sono veramente incapaci di fare il loro mestiere. Se sono incapaci di farlo davanti a fenomeni di criminalità comune, dobbiamo anche prendere atto che sono incapaci di farlo esponenzialmente di fronte ad episodi di criminalità politica.

Allora c’è un problema, nel nostro Paese, di magistrati che non sanno fare il loro mestiere, anche perché, probabilmente, quello non è il loro mestiere, non dovrebbero fare gli investigatori come fanno oggi. Il nostro problema politico è anche quello di capire se analisi come quella che sto facendo (che sono comuni ad altri colleghi) sono vere o no e nell’un caso o nell’altro cercare di suggerire al Parlamento che cosa si possa fare di fronte a una così clamorosa impotenza degli apparati che nasce forse da cause strutturali.

PRESIDENTE. Io feci una proposta su questo quando dissi di ampliare le competenze della Direzione nazionale antimafia ai reati di terrorismo e rimasi in paurosa minoranza in questa Commissione.

TARADASH. Lei propose di creare una nuova fattispecie penale. Non è questo il problema. Il problema è che nel nostro Paese evidentemente il contrasto al terrorismo oggi è polverizzato.

PRESIDENTE. Nell’unico colloquio che ho avuto con l’attuale Capo dello Stato lui è rimasto meravigliato quando gli ho spiegato che in Italia la Procura nazionale antimafia non può indagare su atti di terrorismo perché sono al di fuori della sua competenza.

TARADASH. Certo, si chiama Procura nazionale antimafia, è evidente.

PRESIDENTE. Ciampi avanzò un’osservazione molto semplice: dov’è il confine tra terrorismo e criminalità organizzata, che mi sembra un’osservazione giusta. Pensiamo ai fatti del 1992 e del 1993.

TARADASH. Bisogna rilevare che il fenomeno mafioso ha delle caratteristiche completamente diverse dal fenomeno terroristico e se c’è una specializzazione – si spera - acquisita da alcuni magistrati nel campo del contrasto alla mafia, se li mettessimo a fare il contrasto al terrorismo non sono affatto certo che avrebbero le stesse capacità perché si tratta di due fenomeni diversi. Questo problema esiste, come esiste anche il problema che non sono le procure nazionali ma le forze di polizia a non avere oggi gli strumenti per poter agire efficacemente.

Per prima cosa cominciamo a lavorare sulla relazione conclusiva della Commissione; in secondo luogo, in riferimento ai fenomeni non di terrorismo ma ai fenomeni terroristici, ascoltiamo i responsabili, in particolare sul caso Morsello e Fiore, emerso questa sera dall’intervento dell’onorevole Fragalà, dovremo cercare di ottenere una risposta; infine vorrei vi fosse l’occasione di interrogarci sulla funzionalità delle strutture attuali tendenti a contrastare il fenomeno del terrorismo.

BIELLI. Per quanto riguarda il problema dei lavori della Commissione, credo che la proposta da lei avanzata signor Presidente, di valutare come procedere alla pubblicazione degli atti, per permettere che il materiale non vada disperso credo debba essere oggetto del prossimo Ufficio di Presidenza che dovrà definire esattamente in cosa consisterà questa operazione che dovrà essere compiuta. Andrà decisa in tempi brevissimi, perché dobbiamo far sì che il materiale che abbiamo acquisito possa diventare patrimonio di tutti coloro che vogliono consultarlo. Credo che su tale questione non si possa aspettare altro tempo perché altrimenti rimarrà soltanto un auspicio e da questo punto di vista le cose che lei ha affermato dovranno trovare la concretezza necessaria per essere attuate.

Seconda questione: nel precedente Ufficio di Presidenza ebbi modo di dichiarare che se lei avesse tentato di compiere una sintesi dei lavori svolti utilizzando anche il suo libro-intervista, cosa sicuramente anomala per un Presidente, poteva comunque diventare utile per aprire un dibattito più sereno in Commissione; per quanto mi riguardava, non soltanto non vi erano ostacoli ma lo consideravo un fatto positivo e a tal riguardo sarei propenso a valutare il lavoro che lei ha svolto e vedere se esistono le condizioni per arrivare alla verità, non so se condivisa, ma più vicina rispetto alle difficoltà che oggi abbiamo incontrato. Metto, però, le mani avanti rispetto a tale questione. Se vogliamo, infatti, evitare di compiere l’operazione "tutto o niente", dobbiamo tenere a mente che in politica esistono anche le condizioni per affermare che su alcuni punti siamo d’accordo su altri non lo siamo. Credo che si possa ragionare sul lavoro da lei svolto, che non ho letto…

PRESIDENTE. Vi pregherei di leggerlo quanto prima, potrebbe sembrarvi una serie di cose inaccettabili.

BIELLI. Si può arrivare al punto di dire che su una parte c’è una verità che riguarda tutti. Su un’altra questione esistono due opinioni diverse. Vorrei essere chiaro.

Lei, signor Presidente, porta sempre avanti il discorso che sia necessaria, comunque, una verità condivisa, il massimo di unità. Questo è il fine.

PRESIDENTE. Quando leggerà il documento, si renderà conto che non parlo affatto di verità, ma di ragionevole spiegazione di ciò che è avvenuto.

BIELLI. Abbiamo compiuto due operazioni sulle quali tutte le forze politiche hanno avanzato delle riserve. La prima è stata quella di pensare che si potessero organizzare "pastrocchi", che ci si potesse mettere tutti d’accordo quando le condizioni non esistevano; abbiamo criticato una logica politica, per la quale, in verità, maggioranza e minoranza non avevano distinzioni di ruoli e affermavano che ciò creava confusione.

So bene che su temi come stragi e terrorismo il discorso è diverso, ma dobbiamo riuscire a trovare un filo, un ragionamento comune che permetta di dire a tutto il Paese che su tale questione abbiamo compiuto passi in avanti. Lei, signor Presidente, troverà il nostro gruppo impegnato su tale linea fino in fondo, e aggiungo che fino in fondo significa avere la consapevolezza che se c’è qualcosa che non è condivisibile, ammetteremo che su quella questione la pensiamo diversamente. Ciò non costituirebbe un fallimento per la Commissione ma sarebbe – credo – un metodo serio per cominciare a portare avanti dei progetti.

Quando pensiamo alla relazione sulla P2 - mi rivolgo a lei signor Presidente ma anche ai colleghi – pensiamo alla relazione di grande maggioranza, mentre furono presentate anche relazioni di minoranza. Cerchiamo di avere la consapevolezza che il lavoro che abbiamo svolto è stato molto e fare in modo che sia il più utile possibile, poi valuteremo fino in fondo cosa significa "il più utile possibile" sapendo che per quanto riguarda il nostro gruppo lavoreremo per il massimo di unità su tale questione.

Vi sono delle questioni sulle quali vorrei esprimere delle opinioni personali, partendo da un argomento in particolare. La discussione svolta in merito allo scioglimento o meno di Forza Nuova - lo dico con molta franchezza – a me sembra impostata male poiché esiste una legge (la legge Mancino) e se vi sono atti che vanno contro tale legge essa va applicata, se tali atti, invece, non ci sono è giusto che non sia sciolta. Non vorrei che discutessimo di tale questione con l'idea di un presunto vantaggio politico.

Se in questo Paese esistono le leggi, è giusto siano applicate. E’ necessario valutare se sono stati compiuti atti di un certo tipo o meno. Se non sono stati compiuti non capisco per quale motivo tale organizzazione debba essere sciolta.

Da questo punto di vista non mi sento di appartenere ad alcun partito, perché non mi sembra si tratti di una questione che spetti a noi, poiché non abbiamo elementi sufficienti.

Lei afferma, signor Presidente, che non dobbiamo commettere l’errore di fare andare in clandestinità gli appartenenti a Forza Nuova. Certamente, la prima cosa che non si dovrebbe fare, nel caso qualcuno pensasse di sciogliere Forza Nuova, è di dirlo. Non sono, infatti, decisioni che si annunciano.

E’, innanzitutto, necessario compiere un monitoraggio per poi prendere decisioni. Se si comunica immediatamente lo scioglimento è chiaro che coloro che vogliono andare in clandestinità, lo faranno.

TARADASH. Si scioglie l’organizzazione, non si compie un arresto.

BIELLI. Da questo punto di vista a me sembra ci sia qualcosa che non convince.

Penso ad Ordine Nuovo. Vi sono state due esplosioni di bombe nelle quali si pensa che i responsabili siano da ricercare tra gli aderenti a Ordine Nuovo, ed allora era un’organizzazione legale. Un terzo attentato si è verificato quando l’organizzazione era stata sciolta.

Non è questo il punto che favorisce un’ipotesi piuttosto che un’altra ma dal punto di vista politico, per quale motivo dovrei essere d’accordo con la decisione di sciogliere Forza Nuova?

Il problema è un altro. Se agiscono quelli di Forza Nuova, come ha fatto intendere l’onorevole Fragalà poc’anzi, le ragioni per lo scioglimento ci sono tutte, proprio in ragione delle cose a cui lo stesso onorevole si riferiva.

PRESIDENTE. Credo sia opportuno che la magistratura romana sia informata di quanto riferito dall’onorevole Fragalà.

BIELLI. Affronterei l’argomento con questo spirito evitando di introdurre un discorso politico che non ci appartiene e che secondo me è anche sbagliato.

Vorrei riprendere l’argomento relativo a Forza Nuova. Onorevole Fragalà ho apprezzato quanto ha riferito rispetto ai fatti relativi ai servizi segreti inglesi, fatti che avevo in qualche modo adombrato e già segnalato. Sono convinto, anche se le conclusioni sono diverse rispetto a quanto pensa lei, che qualche rapporto con i Servizi inglesi Fiore e Morsello lo hanno avuto.

Non ero al corrente di tutti i fatti da lei esposti, onorevole Fragalà però aggiungo, e lo affermo qui, tra colleghi che polemizzano anche aspramente ma che si parlano francamente, che conoscendo questi fatti non si va in aeroporto a ricevere un tizio affermando che lo si è fatto per motivi umanitari e che quella data persona non si conosceva neppure. Se fosse andato Bielli all’aeroporto a ricevere Casimirri che arrivava in Italia, credo sarebbe stato linciato da lei onorevole Fragalà. Se l’onorevole Fragalà dice tutto ciò non si capisce per quale motivo fosse stato istituito quasi un comitato d’onore. Si dice per motivi umanitari.

PRESIDENTE. Ritengo che l’onorevole Fragalà non fosse allora a conoscenza di tutto ciò considerato che si sono svolti dibattiti su Forza Nuova e non ha mai riferito di questi elementi. Il problema era che Fiore proveniva comunque da Terza Posizione che è in sé un fenomeno di spontaneismo armato della destra radicale nella seconda metà degli anni ’70. E’ una formazione terroristica.

BIELLI. Non solo; da latitante tornava in Italia per la prescrizione della pena. Sono d’accordo sul fatto che dobbiamo acquisire tutte le informazioni su cosa facessero, su come fossero organizzati in Inghilterra, sulle fonti di finanziamento di questo gruppo e sui referenti cui mandavano i soldi. Che abbiano avuto dei rapporti con i Paesi dell’Est o con qualche partito comunista mi inquieta ancor di più perché il "nazionalismo" può unire il rosso e il nero.

PRESIDENTE. E’ rinato un nazionalismo.

BIELLI. Bisogna quindi andare avanti e capire che, a livello mondiale, vi è qualcosa di nuovo. La pericolosità dei fenomeni terroristici forse può essere individuata anche riflettendo sulla genesi e sui processi che hanno seguito questo gruppo.

PRESIDENTE. In Insabato vi era una componente antiatlantica ed antiamericana essendo costui un filo-palestinese.

BIELLI. Fragalà ci ha ricordato il rapporto con gli irlandesi ed il lavoro che hanno fatto per il loro paese: il tanto osannato ex Presidente della Repubblica, Cossiga, nel suo libro parla, riferendosi alle carte di Moro, di campi militari irlandesi.

Dall’analisi effettuata nelle carte di Moro non vi è mai un riferimento ai campi irlandesi. Oggi scopriamo che invece questi campi irlandesi sono conosciuti da Fiore e Morsello. Vuoi scommettere che li conosce anche Cossiga? Se riusciamo a monitorare meglio gli elementi a disposizione potremmo allora cominciare non dico a capire fino in fondo ma almeno a tentare di interpretarli.

Credo quindi che dobbiamo favorire un’operazione o della magistratura o del Governo. Vogliamo cioè che sia attivata una rogatoria internazionale per conoscere esattamente quanto è successo nelle banche inglesi e come si sono mossi i soldi di Fiore e di Morsello; dove sono andati, in quali conti correnti, a chi andavano.

Come Commissione dobbiamo dire che qualcuno si deve attivare. Faccio pertanto una richiesta esplicita: alla fine di questo incontro si chieda di attivare ogni mezzo consentito per sapere meglio come questa organizzazione agiva in Inghilterra perché sembra tutto molto strano così come è strano il modo in cui l’hanno favorita in questi anni; in poco tempo negozi, società, villaggi in Spagna, incontri con organizzazioni eversive che agivano in Europa.

A proposito di Insabato si tratterà probabilmente di un povero ragazzo cui è esplosa in mano la bomba così come successe a Nico Azzi, come lascia intendere il collega Fragalà: ma è credibile?. Era un pazzo anche Bertoli per alcuni; però, tra l’organizzazione di Forza nuova e l’attentatore del "Manifesto" un rapporto c’è sempre stato. Non si tiene a libro paga un "pazzo" visto che risulterebbe che da Forza Nuova arrivavano soldi ad Insabato. I pazzi sono pericolosi ma possono servire. Non so se fosse pazzo costui: questa è una interpretazione ma non di Fiore o di Morsello; essa cambia in base alle interviste. Una volta è pazzo e una volta non lo è. Non sta a noi deciderlo ma so di un rapporto tra Forza Nuova ed Insabato.

Abbiamo bisogno di acquisire altri elementi. Questa è la richiesta esplicita alla Commissione: chiedo l’acquisizione dei documenti su Forza Nuova oltre al documento che fa maggiore riferimento al rapporto con gli inglesi in possesso della UCIGOS. Lo scopo è quello di capire esattamente quali fossero le conoscenze della UCIGOS relativamente al documento nonché all’ipotetica esistenza di un documento non inviato dai servizi segreti inglesi ma dalla polizia inglese sul duo Morsello-Fiore in suo possesso.

La Commissione non si è potuta riunire dalle festività natalizie ad oggi ma si potevano sollecitare gli uffici ad acquisire tutta la documentazione. Se acquisiamo questa documentazione in tempi brevi e spingiamo perché sia fatta questa rogatoria internazionale possiamo prevedere allora delle audizioni. Non so se sia possibile predisporre la scaletta proposta dall’onorevole Fragalà. Avanzerei una proposta diversa che si muove nell’ottica di acquisire il maggior numero di informazioni: può essere audito il Ministro dell’interno, coadiuvato da qualcuno dei servizi segreti, dei servizi di sicurezza per svolgere una audizione molto più lunga della norma in cui sia possibile interloquire con l’uno o con l’altro. Mi sembra inverosimile invece prevedere una audizione di Morsello e Fiore.

PRESIDENTE. Sono nettamente contrario dell’audizione di Morsello e Fiore.

BIELLI. Infine credo giusto continuare le audizioni guardando al fenomeno del terrorismo da me definito "nostrano" facendo riferimento alle BR e al delitto D’Antona, in merito al quale sembra siamo ancora all’anno zero e questo mi preoccupa perché avevamo ricevuto informazioni in altra direzione. Ci sembrava che il tempo avrebbe permesso di andare oltre. Questo è uno smacco per lo Stato, per il Governo, per la magistratura, per le forze di sicurezza del nostro Paese. Quale contributo possiamo dare senza interferire con le indagini? Non è una questione semplice; però, mi permetto di dire che abbiamo bisogno di incontrare nuovamente il prefetto Andreassi o chi per lui per ulteriore informazione.

Qui, signor Presidente, provo a formulare una riflessione, che può darsi sia sbagliata, ma che comunque sento di dover fare proprio perché ritengo che la Commissione sia il luogo in cui è possibile riflettere su alcune questioni. D’Antona venne ucciso in un momento politico particolare in cui tra il Governo, i sindacati e la Confindustria si stabiliva un metodo di rapporti tra forze sociali decisive di questo Paese, mi riferisco cioè a quello che veniva definito con il termine "concertazione". Una volta morto D’Antona, non si è parlato più di concertazione, neanche nei libri. Intendo dire che è fallita un’idea, in base alla quale determinare un nuovo modo di essere di questo Paese.

Pur essendo di Forlì non conoscevo Roberto Ruffilli. Ripeto, in quel momento ero un dirigente del PCI a Forlì eppure non conoscevo Ruffilli, se non per aver letto qualche suo saggio. Mi risulta che fossero dieci, forse meno, le persone che si riunivano per parlare di riforme istituzionali con Ruffilli. Gli incontri riservati di D'Antona impegnavano anch'essi poche persone. Ebbene da tutto ciò viene fuori che il tema della concertazione, e quello delle riforme istituzionali veniva discusso in ambiti molto ristretti ed al riguardo vi era anche una certa riservatezza.

Rispetto al delitto Ruffilli si era ritenuto di aver trovato i colpevoli. Ebbene se si ripensa a tale delitto, il tutto risulta incredibile. Se si pensa ai colpevoli, a gente che venne a Forlì con un Fiorino, in cui il simbolo delle Poste il cui simbolo era realizzato in cartone e colorato a mano. Ebbene, spiegatemi voi se si può compiere un attentato in questo modo! Allora venne detto che si erano individuati i colpevoli del delitto Ruffilli, poi rispetto al delitto D’Antona si è parlato dei resti delle Brigate rosse toscane, ossia di coloro che erano stati i protagonisti dell’omicidio di Ruffilli. Questa è la mia riflessione: io credo che partendo dal delitto Ruffilli, per poi arrivare a quello D’Antona e valutando le due dinamiche sia possibile, pur senza formulare grandi ipotesi, capire che siamo di fronte a due personaggi morti in due periodi diversi e che non hanno attinenza tra di loro, ma rispetto ai quali chi sapeva le questioni vere di cui essi discutevano non erano il Geri della situazione, ma altri, ed in tal senso le indagini vanno condotte a un livello più alto.

Auspico quindi che su tale questione venga compiuto uno sforzo per comprendere come a partire dal delitto Ruffilli si possa forse comprendere meglio anche l’omicidio di D’Antona.

Signor Presidente, quando lei parla della necessità per la Commissione di avere verità condivise, mi trova d’accordo, tuttavia credo che abbiamo bisogno anche di un’altra cosa. Non siamo noi a determinare un altro certo clima nel Paese, anche se comunque possiamo favorirlo, ma è il modo in cui la magistratura, le forze dell’ordine e gli organismi preposti operano e fanno la propria parte. Su tali questioni credo che qualcun altro debba riprendere le indagini e lei, signor Presidente, ha ragione riguardo ad un aspetto e cioè sulla necessità di un raccordo tra le procure. Questa è un’esigenza vera, e un’indicazione in tal senso l’abbiamo già data.

MANTICA. Signor Presidente, innanzi tutto desidero scusarmi per non aver partecipato all’inizio dei lavori della Commissione, quindi purtroppo non sarò al corrente di alcuni aspetti. Tuttavia, questa mia assenza forse servirà a darvi una notizia fornita dal telegiornale delle 20.00.

Due fatti hanno destato la mia perplessità e pur non avendo un’attinenza diretta con il terrorismo, testimoniano comunque la difficoltà del ruolo delle istituzioni in questo Paese. Alle ore venti di questa sera il telegiornale ha fornito la dichiarazione del ministro Bianco secondo cui l’Italia sarebbe piena di terroristi islamici. Non so se questo sia vero, tuttavia se un Ministro dell’interno rilascia queste dichiarazioni anche alla luce della chiusura dell’ambasciata americana, mi chiedo che cosa si possa pensare. Che cosa si può pensare di un Ministro che rilascia dichiarazioni di questo tipo? Ora io posso pensare quello che voglio di un Ministro come persona ma in questo momento, lo considero nel suo ruolo istituzionale. Ebbene, ripeto, quest’ultimo oggi ha dichiarato che l’Italia sarebbe piena di terroristi islamici. Il ministro Bianco lo sapeva da prima? Glielo hanno riferito oggi, il Governo ne è informato? Chi gli ha fornito questa notizia, i servizi segreti americani? Si resta sconcertati dal ruolo svolto dalle istituzioni rispetto ad argomenti di questo tipo.

Passo ora al secondo elemento che non riguarda direttamente il terrorismo. Il presidente del Consiglio Amato ieri ha dichiarato che la NATO ci deve spiegare quello che è successo in Bosnia. Vorrei solo far presente al Presidente del Consiglio, considerato come istituzione, che l’ammiraglio Venturoni è presidente dei Capi di Stato maggiore della NATO. Ebbene perché il Presidente del Consiglio non telefona all’ammiraglio Venturoni? Che cosa vuol dire che la NATO ci deve spiegare che cosa è successo in Bosnia? Abbiamo un comandante in Kosovo che è italiano. Ebbene, che cosa vuole dire che il Presidente del Consiglio dell’Italia - cioè di un Paese che fa parte a pieno titolo della NATO e che partecipa alle riunioni dei vertici di questo organismo - dichiara che la NATO ci deve spiegare! Noi siamo la NATO, e in questo ambito abbiamo organismi, uomini e situazioni. Questo atteggiamento delle istituzioni – e vengo alla proposta che nel merito desidero avanzare – mi sembra rappresenti uno degli elementi di difficoltà rispetto alla comprensione dei ruoli. Faccio un esempio, questa volta attinente i lavori della Commissione, relativa ad una dichiarazione del Presidente comparsa sulle pagine del quotidiano "Liberazione". La informo che lei, signor Presidente, in base a quanto riportato da questo quotidiano avrebbe dichiarato di non essere a conoscenza di quel documento del comando generale dell’Arma dei carabinieri del 28 aprile 1978 che invece è depositato agli atti della Commissione ed è citato in una relazione che abbiamo presentato assieme al collega Fragalà.

PRESIDENTE. Il nostro archivio è composto da circa un milione e cinquecento pagine. Non pretenderà che le ricordi tutte a memoria, quando magari un giornalista mi telefona ed io nello specifico stavo partecipando al funerale di un carissimo amico.

MANTICA. La mia non era una polemica nei suoi riguardi. Desideravo solo dire che lo scoop di "Liberazione" in realtà non era tale. Tuttavia, sulla base di questa vicenda – mi riservo di farle avere questo documento composto di cinque pagine che comunque non mi sembra il caso di leggere in questa sede – viene da riflettere sul fatto che i carabinieri, o perlomeno i nostri servizi segreti fossero al corrente di tutto. Il titolo esatto dell’articolo pubblicato su "Liberazione" è: "Moro, cosa sapevano i carabinieri?" Ebbene, anche questo ci deve far riflettere perché quel documento del comando generale dell’Arma riprende tutta una serie di informazioni, il che perlomeno dimostra che i nostri Servizi erano in condizione di essere nello stato di massima allerta sin dalla primavera del 1978.

PRESIDENTE. Nel documento che ho consegnato, pongo questo problema, sostenendo che si trattava di un sequestro prevedibile e in qualche modo largamente annunciato. Voglio aggiungere in proposito che come lei sa, senatore Mantica, nel corso di una seduta della Camera dei deputati sono stato personalmente attaccato giacché continuo a sostenere queste cose.

MANTICA. Ebbene, in tal senso le darò appoggio, giacché vorrei giungere a formulare una valutazione. In base a quanto credo esista nel nostro Paese – rispetto al quale forse più giustamente la Commissione può svolgere il proprio ruolo, non per quanto riguarda la parte di ricostruzione storica, ma per ciò che concerne l’osservatorio permanente sui fatti del terrorismo, in tal senso riprendendo alcune importanti osservazioni effettuate questa sera dal collega Bielli analogamente a quanto sostenuto dall'onorevole Fragalà - ho la sensazione che i nostri servizi di sicurezza, i nostri servizi di intelligence, i ROS siano molto più informati di quanto normalmente non appaia, dal momento che ogni volta che andiamo a mettere mano nei documenti ci accorgiamo, ad esempio, che Giraudo per quanto riguarda la strage di piazza Fontana ha dichiarato che i rapporti non erano con la CIA ma con il CIC. Veniamo cioè a scoprire che in Italia, e cioè nei territori del nord-est ci sono le basi aeree americane e quindi che i servizi segreti militari sono interessati a difendere la cosa. Ebbene, questo non l’ha scoperto Giraudo nel 2000, ma credo che ne fossero al corrente i marescialli dei carabinieri di Aviano sin dal 1964-'65. Intendo dire che si tratta di una vecchia storia. Ebbene, il problema va individuato - tra l’altro questo aspetto si riallaccia con quanto dichiarato da Andreassi a proposito del delitto D’Antona e su alcune informazioni – nel fatto che i Servizi o gli apparati, in linea di massima hanno il monitoraggio della situazione italiana. A mio avviso non sono tuttavia attrezzati a dare un peso politico alle informazioni di cui sono in possesso. E’ certo, comunque, che quanto sta avvenendo in fase di trasformazione di una certa politica di alternativa al sistema nel quale noi viviamo, il movimento di Seattle o il fenomeno della globalizzazione stanno modificando i rapporti, le relazioni e le distinzioni tra destra e sinistra classicamente intese e su cui abbiamo sempre ragionato. È probabile che i Servizi su questo non siano in grado di svolgere approfondimenti. Però, ritornando alla dichiarazione del ministro Bianco, voglio dire che evidentemente il ceto politico, che legge queste note dei Servizi cercando di discuterne e darne un peso politico, non può rendere noto solo che un certo signore è passato dall'Italia, così come Gallinari in via Appia Nuova era stato trovato insieme ad un giovane di ventidue anni tedesco poi risultato appartenente all'organizzazione "2 giugno", la stessa organizzazione che era in contatto con la RAF. Fu data questa notizia e basta.

Ho la vaga sensazione che ci sia uno iato fra la capacità di monitoraggio e la conoscenza degli apparati, che non sarà eccelsa, ma ogni volta che andiamo a fare una ricerca troviamo che informazioni ci sono, magari disarticolate, e che il ceto politico di Governo di queste informazioni non sa che farne. Oltretutto c'è una strana cultura in noi e lo possiamo verificare a proposito della vicenda dell'uranio impoverito: noi siamo convinti che non facciamo mai la guerra, che andiamo a portare i fiori nei cannoni, che andiamo vestiti di bianco senza fare bombardamenti aerei, che la NATO sgancia cioccolatini che gli A10 sono aerei da trasporto per turisti che vanno in Kosovo, cioè falsifichiamo tutto così tanto che non comprendiamo le ragioni. Sulla base di Aviano, Galloni ci venne a dire che una sera si trovava a Washington e che venne aggredito da Luttwak che pose il problema delle basi militari. Cosa si deve pensare se il segretario del maggior partito di maggioranza e di Governo negli anni Settanta non avesse idea di cosa era la base di Aviano. E se era vero, era ancor più grave.

C'è dunque uno iato enorme tra capacità di conoscenza e monitoraggio dei servizi segreti, c'è un ceto politico di Governo ed una cultura politica che non dà chiavi di lettura su tutto questo.

Il collega Bielli ha detto una cosa importantissima questa sera già adombrata più volte in Commissione: ha correlato gli omicidi Ruffilli e D'Antona, due persone assolutamente sconosciute al mondo, di cui nessuno sapeva il ruolo importante, ma che qualcuno conosceva molto bene tanto che ha trovato qualcun altro che li ha ammazzati. C'è allora un mondo politico di Governo incapace di dare una chiave di lettura e un peso a queste informazioni degli apparati o c'è invece qualcuno (e questo qualche volta lo ho espresso e lo ribadisco perché lo temo) che, in una logica molto antica, alcuni rami o alcune braci sotto la cenere le tiene accese, perché nella vita non si sa mai, possono servire, una volta di colore nero, una volta rosso, una volta rosso e nero, non si sa in tutta questa confusione.

Allora, il ruolo della Commissione secondo me deve essere quello di raccordarsi con Servizi e apparati, Governo e istituzioni per dare un contributo e un peso politico alle informazioni che ci sono. Se non ho capito male, Andreassi è venuto qui a dirci che grosso modo i terroristi BR si contano sulle dita di una mano e al massimo arrivano a 15. È una informazione importante, vuol dire che grosso modo si ha una visione della dimensione del problema e dei nomi. Ci ha anche detto che grosso modo sono conosciuti ma che si attende a mettere le mani su di loro perché si vuole arrivare ai vertici. Ci ha detto tutto questo non ieri, un anno fa. Allora, o Andreassi viene qui e ci dice: scusate, ho sbagliato, vi ho raccontato una frottola, oppure a questo punto vogliamo sapere se quei quindici sono diventati quarantadue, se è stato elevato il tono delle indagini, se sono state mobilitate le istituzioni per arrivare a capire quali sono i collegamenti in quella che più volte abbiamo ripreso e chiamato la "zona grigia" che esiste ancora e che forse ancora impedisce culturalmente di dare un peso e un valore alle informazioni che provengono dagli apparati. C'è allora da discutere anche il ruolo del Comitato presieduto dall'onorevole Frattini, perché non deve controllare i Servizi nel senso di sapere se vengono pagati gli stipendi o quanti sono i dipendenti. È un Comitato politico che dovrebbe dare un giudizio politico sulle attività, le indicazioni, i monitoraggi dei Servizi.

PRESIDENTE. Può darsi anche che Frattini, che più volte ha detto che i nostri Servizi funzionano, individui lo stesso difetto per cui ad un certo punto dell'analisi informativa, nella fase dell'attività della polizia di prevenzione o giudiziaria, qualcosa si interrompe.

MANTICA. Per questo dobbiamo cercare un raccordo e capire il ruolo del Comitato di controllo, se tutto questo rientra nei suoi poteri, se è una funzione della nostra Commissione o di una sua attività che possiamo chiamare di osservatorio permanente, attività distinta da quella di ricostruzione delle stragi. È necessario che il sindacato di controllo del Parlamento sulle attività dei Servizi e sulle attività del Governo rispetto all'utilizzo delle informazioni dei Servizi si trasformi e non sia più un buco nero. Molte delle informazioni non circolano o quantomeno c'è una sottovalutazione delle informazioni.

Tornando a quanto dicevo prima a proposito del presidente Amato, e al modo strano di intendere la politica internazionale e i rapporti con l'estero, voglio sottolineare di nuovo la stranezza che un Presidente del Consiglio affermi: "la NATO ci dica". C'è un ammiraglio italiano al comando dei capi di stato maggiore della NATO. Cosa fanno i nostri rappresentanti, i nostri militari, i nostri apparati? Che tipo di rapporto hanno con il Governo italiano? Credo che l'ammiraglio Venturoni nella sua funzione ogni tanto farà qualche relazione al Ministro della difesa o a quello degli esteri o al Presidente del Consiglio. Se invece fa relazioni agli americani, è un problema che dobbiamo affrontare, perché se qualche giustificazione poteva esserci negli anni Sessanta o Settanta, oggi non c'è più.

Mi sembra dunque che questo sia il problema politico su cui dobbiamo fare uno sforzo di comprensione attraverso le audizioni che dobbiamo svolgere. Non credo serva il Ministro dell'interno, ma come soprammobile in questo dibattito lo possiamo anche prevedere. Dobbiamo però risentire anche Andreassi e gli apparati di prevenzione, perché credo sia nostro dovere e credo anche che dobbiamo cercare di far capire loro la nostra posizione, perché un'altra delle cose un po’ tragiche è che vengono qui a riferire quello che vogliono loro. Non vorrei si ripetesse quello che Sabatelli disse sui documenti in merito alle organizzazioni comunisti, e cioè che c'era un documento degli anni Cinquanta che era stato ritrovato e basta.

PRESIDENTE. Però, l'UCIGOS, Ferrigno, Andreassi ci hanno dato informazioni precise.

MANTICA. Dobbiamo poi far capire loro che siamo qui anche per aiutarli e per individuare insieme a loro i punti deboli del sistema per cercare di vedere e indicare come questi aspetti devono funzionare nel nostro paese. È vero che ci vuole una razionalizzazione dei Servizi. Non so sulle unità anti-terrorismo cosa ci vuole, ma è un tema di dibattito su cui questa Commissione qualche opinione credo abbia il diritto di esprimere come sindacato di controllo parlamentare, altrimenti prendiamo atto delle indicazioni di Andreassi e aspettiamo che succeda qualcosa. Andreassi potrebbe venire a dire che ha riferito a chi di competenza quanto sapeva e tutto si è fermato lì. Non voglio riaprire il caso di Ustica, ma è come dire che ci sono forse quattro generali che hanno compiuto atti di alto tradimento: ma gli ordini sulla base dei quali hanno tradito chi li ha dati? Oppure apprendiamo che abbiamo apparati militari che esercitano un potere improprio e anche questo è un problema su cui vorrei discutere. I nostri servizi segreti riferiscono al Ministro dell’interno o ai Servizi americani, russi, francesi? Vogliamo riappropriarci del ruolo istituzionale degli apparati e della politica? Credo che questa sia la nostra funzione. Il caso di Fiore che ha illustrato il collega Fragalà, con il quale sono d'accordo, è emblematico: il problema non è tanto se Forza Nuova va sciolta oppure no, ma cosa conoscevano gli apparati di Forza Nuova, quanto hanno indagato, se si sono limitati a prendere l'elenco dei tesserati o si sono sforzati di capire di più. A Genova si è svolta recentemente una manifestazione dei centri sociali definita una recita teatrale. È stata simulata una manifestazione di piazza e invece degli scudi e dei poliziotti c'erano dei cartoni. Posso far finta di accettare che si sia trattato di una recita: combinazione è stata fatta a Genova, dove a luglio si riunirà il G8, ma è solo una combinazione. Però, gli apparati di sicurezza sui centri sociali, che non possono essere pericolosi, vogliano darci informazioni, farci capire come funzionano quando vanno in piazza organizzati con le tute bianche ed i copertoni delle autovetture? Vogliono dirci se si tratta di ragazzi giovani che prendono una birra insieme ogni tanto e cantano canzoni o se sono qualcosa di diverso?

Il fenomeno degli ultrà riguarda certamente le squadre di calcio: per certi versi sì, per altri versi ogni tanto viene qualche dubbio che sia una copertura di qualche organizzazione diversa. Ora, su questo i Servizi dovrebbero informare il Governo e il Governo dovrebbe dare delle valutazioni politiche.

PRESIDENTE. Andiamo anche al di là dei Servizi: è la polizia di prevenzione, che poi dovrebbe trasformarsi in polizia giudiziaria, che dovrebbe dare delle informazioni. Può darsi che verranno a dirci che i rapporti sono stati fatti e che non dipende da loro che in sede giudiziaria non abbiano avuto sviluppo.

MANTICA. Ho capito, ma allora abbiamo il dovere di capire dove finiscono queste informazioni e perché non si trasformano, per la polizia di prevenzione, in atti di controllo perlomeno politico.

PRESIDENTE. Sono d’accordo con lei, dovremmo capire quale anello della catena non sta tenendo.

MANTICA. Per esempio, non credo che si possa audire Frattini in quanto Presidente, ma un incontro tra gli Uffici di Presidenza del COPACO e della Commissione stragi, per valutare, per confrontarci su questo tema e avere anche da loro delle indicazioni, conoscere le limitazioni del loro atto istitutivo e così via, credo che vada fatto. In qualche caso già ci siamo trovati non dico in disaccordo, ma in situazioni confinanti…

PRESIDENTE. Su questo c’è accordo, mi sembra una buona idea: vedere di stabilire un contatto con il Comitato.

MANTICA. Questo anche sulla base dell’esperienza che abbiamo a fine legislatura, per il futuro, per dire se questa cosa funziona o non funziona, fate voi o facciamo noi, ci vuole una Commissione… Io credo che lavorando intorno a questo vi sia un importante ruolo politico di questa Commissione.

Anche perché – voglio dirlo con chiarezza all’amico Bielli con il quale molto spesso mi scontro – non è che Alleanza Nazionale dopo Fiuggi tende a coprire ciò che è alla sua destra: io credo che Alleanza Nazionale sia nella stessa situazione in cui si trovano i DS quando il fenomeno non riguarda il radicalismo alternativo della destra ma quello della sinistra. Io credo che dobbiamo acquisire alla nostra coscienza politica che questo lungo percorso verso la democrazia di tutti i maggiori partiti italiani si è concluso, e quindi c’è una valutazione complessiva di rottura rispetto a elementi di antagonismo politico…

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo: forse un codice di autoregolamentazione più severo potrebbe funzionare.

MANTICA. Potrebbe essere un altro aspetto.

PRESIDENTE. Per esempio, non andare in piazza con i manifestanti che la polizia carica, non andare – mi consenta Fragalà – a fare comitati di accoglienza. Sono cose che fanno parte di un costume politico antico, che forse oggi dovrebbero finire.

MANTICA. Anche questo può essere un tema di discussione o di valutazione. Vorrei che Bielli cercasse di capire: è umano che scattino ancora antichi meccanismi per cui quando io ti attacco il partito comunista internazionalista, che non so neanche che cavolo sia… perché poi anche io un domani posso fondare un partito comunista neonazista…

BIELLI. Ma Fiore non può essere invitato al convegno di CL dove interviene davanti a duemila giovani…

MANTICA. Questo è un particolare che non conoscevo.

PRESIDENTE. Al congresso di quest’anno.

BIELLI. Con questi qui vi siete frequentati fino all’altro giorno.

MANTICA. Se lei parla di dirigenti credo di negarlo. Che ci sia invece, come c’è anche dall’altra parte, un’area grigia fra chi fa politica in maniera ufficiale e chi fa politica – passatemi l’espressione – in maniera ufficiosa… È vero, ci sono rapporti anche personali storici.

BIELLI. Voglio essere chiaro. Io sento Marotta che dice: "Rosso vuol dire rosso": per me chi pratica la violenza non ha colore, io con questa gente non ho niente a che fare. Si chiama comunista, ma per me quello è un delinquente.

MANTICA. Questa dovrebbe essere la posizione!

BIELLI. Facciamo questa scelta!

PRESIDENTE. Questa mi sembra un’acquisizione molto importante.

MANTICA. Sono arrivato a questa affermazione perché nel suo intervento di questa sera – con grande difficoltà, me ne rendo conto – ho sentito un modo di sentire che, pur partendo da posizioni diverse, coincide con il nostro: laborioso e difficoltoso anche perché non è che in 22 secondi cancelli la storia personale, la ragione ti spinge a certe cose, il sentimento ad altre. Tuttavia, arrivare ad un codice di autoregolamentazione per cui questa Commissione possa sindacare alcuni atteggiamenti devianti di forze politiche o di personaggi istituzionali, credo che come richiamo possa rientrarvi.

PRESIDENTE. È molto importante che questa sera, in un atto ufficiale del Parlamento, ci stiamo trovando tutti d’accordo su questo aspetto. È un’acquisizione importantissima.

MANTICA. Credo di non avere problemi ad affermare quanto ho detto sopra. Anche perché credo che nell’unione delle forze politiche, qualunque sia la loro provenienza storica, ma che si riconoscono in questo sistema democratico che abbiamo faticosamente costruito, c’è una sinergia più forte nel condannare la violenza rispetto a un fatto di parte, cioè che la destra condanna la violenza di sinistra e la sinistra condanna quella di destra. Dovremmo metterci d’accordo su questo. Senza polemica, ma per capirci meglio, voglio ricordare che quando avviene l’attentato, c’è un atto credo importante: il segretario di Alleanza Nazionale si reca nella sede del " Manifesto", dove riceve una accoglienza non dico cordiale ma istituzionalmente molto corretta; nei giorni successivi, il "Manifesto", che era partito in maniera molto corretta rispetto al fatto, riecheggia ancora: "Forza Nuova–AN, AN–Berlusconi, Berlusconi–Casa delle Libertà": siamo quasi ritornati al vecchio giochino. Anche questo fa parte purtroppo della nostra vicenda.

Io credo che questa Commissione debba funzionare come osservatorio, con l’intento di capire dove si perde la ricchezza delle informazioni che i vari apparati, magari in maniera non organica, hanno prodotto, come dimostra ciò che abbiamo raccolto nel tempo. Quindi sottoscrivo la richiesta di Bielli di un’audizione di Andreassi e del ministro Bianco. Non credo che i ROS vengano, ma sarebbe anche opportuno far capire ai carabinieri che sono un’istituzione dello Stato italiano, non la quarta armata di un esercito mondiale e che anche loro rispondono dei problemi dello Stato: forse audire il comandante dell’Arma dei carabinieri, accompagnato dal suo capo dei ROS, per capire cosa fanno (visto che ascoltiamo il SISMI) non credo sia male. E poi questo incontro fra gli Uffici di Presidenza del COPACO e della Commissione stragi, direi per valutare l’esperienza dei cinque anni della XIII legislatura e capire quale ruolo possano avere le due Commissioni congiuntamente e ciascuna nel suo ruolo.

PRESIDENTE. Do la parola ora all’onorevole Ruzzante, dopodiché traiamo le conclusioni per capire quello che dobbiamo fare; mi sembra però che vi sia una grossa convergenza.

RUZZANTE. Delle brevi considerazioni, perché l’intervento del senatore Mantica mi aiuta sulla prima parte del ragionamento che coincide perfettamente.

Ritengo che sia assurdo che ogni volta che ci troviamo di fronte ad atti terroristici nuovi all’interno di questa Commissione, da parte di qualcuno, non certo da parte della maggioranza dei rappresentanti, si debba ripartire da zero, in un processo che trovo del tutto anomalo e pericoloso; perché se poi questi ragionamenti sono riportati nel Paese rischiano di riaprire fratture insanabili che ritengo non siano positive. Di fronte a episodi di questo tipo, davanti a qualsiasi atto di violenza, terroristico, voglio pensare, credo fermamente che il Parlamento abbia un atteggiamento unanime, di tutte le forze politiche.

MAROTTA. Da parte delle forze parlamentari!

RUZZANTE. Mi scusi, onorevole Marotta, io non ho condiviso assolutamente il suo intervento, ma non ho interrotto: ritengo che anche questo sia un metodo del far politica, dobbiamo imparare ad ascoltare e a rispettarci.

Da questo punto di vista credo che ci sia una profonda differenza tra il partecipare a una manifestazione pubblica – autorizzata o meno è un altro paio di maniche – e il condividere un atto di violenza terroristica, mascherato o quant’altro.

Credo ci sia una profonda differenza sotto questo profilo. Comunque, avevo la stessa opinione anche rispetto alle situazioni del passato.

L’unica volta in cui sono stato personalmente coinvolto in un episodio di violenza è stato in uno scontro con i centri sociali, quindi con chi stava alla mia sinistra; ho ancora una frattura al setto nasale grazie all’incontro non certo piacevole con quella componente politica. Pertanto non penso di poter essere sospettato da questo punto di vista.

Credo che nel passato sia stato puerile e sbagliato addossare responsabilità e colpe alle forze democratiche; tanto più lo trovo fuori luogo oggi: di fronte agli ultimi atti terroristici attribuire paternità o dare dignità ad episodi che non hanno alcuna dignità e alcuna colorazione politica ritengo sia sbagliato, inutile e assurdo.

Guardiamo anche all’Europa. Recentemente sono stato in Germania e di fronte al neo Partito nazionalista l’atteggiamento di CDU e SPD è analogo. C’è stata una manifestazione in piazza che ha visto duecentomila partecipanti del CDU e del SPD tenere un atteggiamento fermo di condanna nei confronti del costituendo neo Partito nazionalista tedesco, nonostante le differenti posizioni politiche che poi potranno assumere.

Questo deve essere l’atteggiamento: non ci possono essere dubbi, tanto meno all’interno di questa Commissione, ma in tutto il Parlamento sull’atteggiamento che le forze politiche devono mantenere reciprocamente. Non è banale. Riuscire a far crescere il livello di rispetto e di civiltà nel dibattito politico significa lanciare un messaggio al paese, significa eliminare un terreno di coltivazione delle frange estremistiche. Ritengo pertanto importante far emergere un parere comune della Commissione stragi e del Parlamento nel suo complesso. Certo, ci divideremo sulle analisi contenute nella relazione conclusiva, ma un conto è dividersi su un pezzo di analisi, altra cosa è non lavorare per favorire un certo clima nel Paese.

Oggi siamo sufficientemente maturi. Pur continuando a scavare nel passato - perché il lavoro della Commissione è anche questo - e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili degli atti terroristici e delle stragi, credo che oggi il Paese sia sufficientemente maturo per far avanzare questo clima di rispetto.

Visto che sono stati fatti dei riferimenti, permettetemi soltanto una battuta sulla questione dell’uranio impoverito. Oggi all’unanimità la Commissione difesa della Camera ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva sugli aspetti di competenza del Parlamento, e quindi sugli aspetti preventivi e sanitari, per individuare comunque le possibili soluzioni. Qui non è in discussione quanto diceva prima il senatore Mantica; il problema vero è la conoscenza e quindi la necessità di fissare dei protocolli internazionali che consentano ai paesi che, per esempio, ospitano le basi della NATO di partecipare alla decisione su quale tipo di armamento convenzionale viene utilizzato nell’ambito di operazioni NATO. Circa la missione in Kosovo l’Italia era informata su cosa veniva sganciato dagli aerei che partivano dalle nostre basi; la questione è legata alle operazioni in Bosnia, sulle quali il nostro Governo non era informato dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito. Il problema non riguarda l’uso di armi convenzionali, ma l’uso di armi che possono provocare danni a decenni, se non a secoli di distanza. Il Parlamento ha unanimemente abolito la produzione e l’esportazione da parte italiana delle mine antiuomo perché tali armi avrebbero potuto causare danni a un bambino che giocava o a un agricoltore che andava a coltivare i campi. La stessa cosa, secondo me, potrebbe riguardare l’uranio impoverito. Quindi ben venga un’indagine approfondita su tale aspetto: una volta che avremo dati certi dal punto di vista scientifico dovremo comportarci di conseguenza.

Un’ultima considerazione su Forza Nuova. Condivido le valutazioni fatte prima dall’onorevole Bielli; non credo vi possano essere valutazioni di tipo ideologico e di convenienza. Quando si arriva ad ipotizzare lo scioglimento di una organizzazione, questa intanto non è materia di competenza di questa Commissione, né dei singoli parlamentari (nonostante ciascuno possa esprimere la propria opinione): ci sono delle leggi e queste vanno applicate.

Poiché ritengo potrà essere utile rispetto al nostro lavoro futuro, aggiungo un elemento relativo ad una vicenda avvenuta nella mia città, Padova, in cui vi sono stati degli arresti di esponenti del movimento Forza Nuova; sono state inoltre fermate due persone, poi rilasciate, tra cui un candidato alle elezioni comunali presente nelle liste di Forza Nuova. Per quanto riguarda i due arresti è stato immediatamente smentito che appartenessero al movimento Forza Nuova (cosa che in parte si è verificata anche nei confronti di Insabato). Fatto sta che quando ci sono dieci persone a manifestare per Forza Nuova davanti al tribunale e i due arrestati appaiono in una foto tra queste dieci persone, è difficile ipotizzare che essi non appartengano a quel movimento; diverso il caso in cui si tratta di una manifestazione di centomila persone. Credo che sia alquanto puerile continuare a smentire l’appartenenza di questi soggetti a tale movimento. Ritengo si tratti di una materia sulla quale indagare per trovare elementi di collegamento con le riflessioni fatte stasera all’interno di questa Commissione; infatti ai due arrestati sono state contestate cinque rapine compiute a Padova.

PRESIDENTE. Quindi c’è un probabile collegamento con gesti criminali che servono anche a finanziare Forza Nuova.

RUZZANTE. Potrebbero, signor Presidente, potrebbero: non sono mai solito dire cose di cui non sono certo. Potrebbe essere un elemento di indagine, anche perché successivamente, a pochi giorni di distanza dagli arresti, sempre a Padova è stato ritrovato un arsenale che non era compatibile con le rapine compiute normalmente dalla criminalità organizzata, ma aveva dimensioni decisamente superiori, tanto che dai giornali locali è stato paragonato all’arsenale della banda Maniero. Ritengo che anche questo sia un ulteriore elemento di indagine e di verifica.

Condivido la proposta avanzata dall’onorevole Fragalà e ripresa poi dall’onorevole Bielli sulla necessità di indagare in particolar modo sugli aspetti internazionali. Non è la prima volta che ci troviamo a dover fare collegamenti tra situazioni internazionali ed episodi avvenuti sul nostro territorio; credo che questa sia una chiave di lettura importante ed interessante che ci può dare anche alcune risposte, soprattutto sulla disponibilità di fondi internazionali e sui rapporti internazionali dei movimenti terroristici. Quindi mi trovo perfettamente d’accordo sull’ipotesi di audizione, con lo scopo che però sottolineava il senatore Mantica: non possono venire qui soltanto per fare una relazioncina senza altre conseguenze.

Credo che alcuni elementi portati alla nostra attenzione questa sera siano utili anche ai fini di un confronto e per aiutare le autorità competenti a collegare aspetti che a volte possono sfuggire. Ritengo che il lavoro di indagine che la Commissione sta svolgendo, data la nostra attenzione e sensibilità su queste tematiche, debba essere portato come contributo affinché le autorità competenti possano collegare fatti, che magari non vengono sempre collegati, per un esito più proficuo delle indagini da loro condotte.

MAROTTA. Signor Presidente, vorrei far rilevare che per quanto riguarda i fatti di violenza di cui ho parlato prima non ho messo in discussione alcuna parte politica quando ho detto che alcuni parlamentari (si sa a chi mi riferisco) erano presenti agli atti di violenza compiuti a Nizza e a Roma contro la polizia. Se politicamente abbiamo delle forze che partecipano e difendono coloro che fanno violenza in quelle occasioni lascio a voi ogni considerazione.

PRESIDENTE. Questa sera abbiamo raggiunto un punto molto importante e mi dispiace che non sia presente l’onorevole Taradash perché ha equivocato su una mia espressione: io credo nella democrazia del maggioritario. Naturalmente è un sistema politico e, come tutti i sistemi politici ha pregi e difetti. I pregi, a mio avviso, superano i difetti e quindi credo nella democrazia del maggioritario. Però dobbiamo dare atto che uno dei difetti è il fatto che, non lasciando rappresentanza politica a frange estreme della società, naturalmente quelle frange non sentendosi rappresentate, non trovando uno sbocco istituzionale tendono più a caratterizzarsi di violenza.

Proprio per questo è importante, a mio avviso, in una democrazia compiuta del maggioritario un codice di autoregolamentazione, un self restraint delle rappresentanze politiche nei confronti di fenomeni come quelli di cui abbiamo parlato questa sera. Mi sembra di aver trovato accordo sulle scelte prossime. Noi dovremmo fare le audizioni di tutti i responsabili della sicurezza, anche ravvicinate e semmai concentrate in singole riunioni. Penso che nei prossimi mesi il problema della presenza in Aula si attenuerà fatalmente e quindi potremo lavorare anche la mattina, avendo più tempo a disposizione. Il problema è se farle seguire o precedere da una audizione del vertice politico, cioè del Ministro dell’interno. Potremmo sentire se il Ministro dell’interno è disponibile a venire subito, così da sentirlo per primo, per poi sentire gli altri, oppure agire in maniera opposta.

FRAGALA’. Forse è meglio fare in maniera opposta.

PRESIDENTE. Partiamo quindi con queste audizioni. Provvederò poi domani stesso, esaminando il verbale, a tutte le richieste di acquisizioni documentali che mi sono state fatte; sentirò l’onorevole Frattini per quel contatto fra i due organismi che pure mi sembra una buona idea e su questo siamo tutti d’accordo. Resta il problema dell’audizione della magistratura, che è possibile nel momento in cui i magistrati sono disponibili, perché per Regolamento non li possiamo costringere a venire. Ovviamente potremo parlare di scenari e di metodologie, non potremo pretendere che ci dicano cosa stanno in concreto facendo, altrimenti vanificherebbero ancora di più quegli scarsi risultati che finora sono stati raggiunti. Per quanto riguarda Panizzari, per esempio, sembrava che quando era stato trovato si fosse raggiunto il bandolo della matassa ma improvvisamente è calato il silenzio. Io trovavo terribile il fatto che ci fosse una specie di "radiocronaca minuto per minuto" sui giornali dell’indagine che si stava svolgendo, perché era il modo migliore per farla fallire. Spero che su quella strada si stia procedendo e che possa dare qualche risultato.

Io ho una mia idea personale di come si combatte il terrorismo: in tutto il mondo si è combattuto in un certo modo, ma mi sembra che queste antiche metodologie non vengono riprese in questa fase, probabilmente perché pensavamo che fosse un qualche cosa da cui eravamo rimasti fuori.

Per quanto riguarda ciò che ha riferito il senatore Mantica del Ministro dell’interno penso che si tratti di una enfatizzazione verbale: dalle analisi e dai documenti che abbiamo dire che siamo pieni di terroristi islamici mi sembra un’esagerazione. Però noi già sappiamo da tempo che in Italia ci sono state basi di attentati islamici che sono avvenuti in Francia. Questo ce lo disse già Ferrigno e io penso che questa patologia sia ancora presente in questi limiti naturalmente non sempre facili da individuare. Proprio per questo penso che alla fine dovremo concludere con l’audizione del Ministro dell’interno.

DE LUCA Athos. Questa acquisizione degli atti dell’UCIGOS rispetto a Forza Nuova, eccetera, viene fatta d’ufficio?

PRESIDENTE. Domani stesso io leggerò il verbale e vedrò tutte le cose che avete detto di acquisire e scriverò a chi di dovere per chiedere il rilascio di questa documentazione.

Ringrazio tutti per un dibattito che ritengo sia stato utile e chiudiamo qui i nostri lavori.

La seduta termina alle ore 22,20.

Home page Commissione stragi