Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

33ª SEDUTA

MERCOLEDI 11 MARZO 1998

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
NAPOLITANO
DE LUCA Athos (Verdi - l'Ulivo), senatore 1- 2
FRAGALA' (AN), deputato
GUALTIERI (Sin.Dem.-l'Ulivo), senatore
SARACENI (Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato
TASSONE (Misto-CDU), deputato

La seduta ha inizio alle ore 20,20.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore De Luca Athos a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

DE LUCA Athos, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 18 febbraio 1998.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE.

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.

 

AUDIZIONE DEL MINISTRO DELL’INTERNO, ONOREVOLE GIORGIO NAPOLITANO

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'interno, che è con noi e che ringrazio per la sua disponibilità.

I colleghi ricorderanno che, a seguito del ritrovamento di materiale archivistico del Ministero dell'interno in un deposito in via circonvallazione Appia, abbiamo già udito il Ministro nella seduta del 29 novembre 1996. Il Ministro in quella sede manifestò non solo l'impegno suo e dell'Amministrazione a una piena collaborazione con l'autorità giudiziaria, (una collaborazione che era già in corso e anzi, vorrei aggiungere che il "ritrovamento" avviene proprio per la collaborazione che l'Amministrazione stava dando all'autorità giudiziaria), ma assunse anche l'impegno con noi ad attivare un autonomo potere d'inchiesta dell'Amministrazione sull'intera vicenda.

Questo è avvenuto tempestivamente perché, con decreto del Ministro dell'interno del 21 dicembre 1996, è stata istituita un'apposita commissione d'inchiesta, presieduta dall'avvocato dello Stato Caramazza. Per quello che può valere dico che i presidi che sono stati sottoposti a quella commissione d'inchiesta mi sembrano ampi, puntuali e pienamente esaustivi di tutti i duplici interessi che si potevano attivare sulla vicenda. La commissione Caramazza ha concluso i suoi lavori rassegnando le sue conclusioni con una relazione del 20 marzo 1997. Questa relazione è stata acquisita dalla nostra Commissione a seguito di una lettera del Presidente del Senato, senatore Mancino, del 27 ottobre 1997, con la raccomandazione di rispettarne il carattere riservato. Questo ci imporrà di affrontare in seduta segreta non soltanto i passaggi che il Ministro riterrà opportuno si svolgano in quella sede, ma anche i passaggi che dovessero nascere da mie o vostre domande e che riguardino aspetti particolari della relazione Caramazza.

Anticipo subito una valutazione su cui vorrei poi conoscere il parere del Ministro. Non sono riuscito a rendermi conto delle ragioni che hanno spinto a considerare riservato il testo di quella relazione. Mi sembra che nei suoi contenuti non vi sia nulla che, una volta conosciuto, possa comunque nuocere alla sicurezza dello Stato e aggiungo che, dato tutto il clamore che c'era stato intorno alla vicenda, la mia personale valutazione è che, maggiore trasparenza vi è, minori sospetti si addensano. Questo vale per la relazione Caramazza, ma se il Ministro me lo consente deve valere anche per il piano Paters. Se quel piano fosse stato conosciuto immediatamente nei suoi contenuti, probabilmente, una serie di nubi che vediamo addensarsi sulla pubblica amministrazione non si sarebbero formate. Si tratta di un piano operativo che indubbiamente doveva essere riservato e segreto nel momento in cui fu pensato e scritto. Però da allora sono trascorsi oltre vent'anni e probabilmente le ragioni di riservatezza non dovrebbero sussistere più.

Pur con questa avvertenza sul carattere riservato che l'audizione deve avere per aspetti particolari della relazione Caramazza, penso di potermi consentire di dire in seduta pubblica che il lavoro di quella commissione ha ovviamente risentito dei limiti in cui la commissione stessa si è dovuta muovere. Tra l'altro in quel momento i documenti ritrovati nell'archivio erano sottoposti a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria e quindi la commissione non li poteva esaminare. Molti dei funzionari del Ministero dell'interno che assumevano rilievo nella vicenda, inoltre, erano morti e quindi non potevano essere sentiti, altri erano molto anziani ed avevano, ovviamente, i ricordi annebbiati dall'età. Comunque erano non più in servizio e quindi meno sottoposti al potere ispettivo della pubblica amministrazione.

Prima di lasciargli la parola, vorrei solo anticipare al ministro Napolitano che la commissione Caramazza giunge a conclusioni che sembrano accettabili se la relazione viene letta nelle sue premesse. Nella prospettiva della nostra Commissione, e quindi sulla base di una serie di conoscenze che la Commissione ha, probabilmente, quelle conclusioni non sono pienamente condivisibili. Forse un giudizio più forte e più severo diventa possibile alla stregua delle nostre conoscenze complessive.

Do ora la parola al Ministro chiedendogli, nel momento in cui ritenesse di passare in seduta segreta, di avvertirmi e comunque mi riservo di porgli qualche altro breve quesito per poi lasciare la parola ai colleghi che intendono formulare delle domande.

NAPOLITANO. La ringrazio Presidente. Non so se riuscirò ad essere puntuale nell'indicare eventuali momenti di passaggio alla seduta segreta. Potrà lei stesso aiutarmi in questa valutazione.

Come lei ha ricordato io diedi notizia, dopo il ritrovamento dell'archivio in via circonvallazione Appia, dell'intento del Ministro di procedere a un'inchiesta di carattere amministrativo, quella a cui lei ha fatto appena riferimento. La relazione conclusiva della commissione presieduta dall'avvocato dello Stato Caramazza fu inviata in data 2 maggio 1997 ai Presidenti di Camera e Senato. Io ritenni di dover rimettere loro la valutazione delle richieste formulate sia dal Presidente della Commissione d'inchiesta sulle stragi sia dal Presidente del Comitato parlamentare di controllo per i servizi di informazione e sicurezza di avere copia di quella relazione.

La questione è rimasta abbastanza a lungo all'esame dei Presidenti dei due rami del Parlamento, i quali mi hanno preannunciato in data 24 ottobre 1997, anche sulla base di un carteggio nel frattempo intercorso con il Presidente della Commissione stragi, l'invio del documento non al Comitato parlamentare di controllo per i servizi d'informazione e sicurezza, ma, per maggior competenza, alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, comunicando che veniva mantenuta ferma la classifica "riservato". Io naturalmente prendo buona nota delle osservazioni e dei suggerimenti del presidente Pellegrino, possiamo anche senz'altro riesaminare la questione del mantenimento o meno della classifica di riservato per questo documento, quello che mi preme subito aggiungere è che la relazione venne anche inviata, su richiesta della procura della Repubblica di Roma, richiesta inoltrataci in data 20 ottobre 1997, immediatamente, attraverso la questura di Roma, alla procura stessa, il 23 ottobre 1997.

Allo stato attuale su questioni collegate al materiale acquisito, sequestrato da diverse procure, sono in corso tre indagini: una della procura di Milano, procedimento per la strage di piazza Fontana; una della procura di Roma sul caso Gianadelio Maletti, procedimento nei confronti di Gianadelio Maletti e altri e, infine, quella del giudice istruttore di Venezia, dottor Mastelloni, procedimento penale relativo al caso Argo 16.

Innanzitutto l'archivio che era stato ritrovato in via di circonvallazione Appia fu immediatamente trasferito per le condizioni di grave deterioramento di quei locali - ne parlammo a suo tempo - nella caserma della pubblica sicurezza di via David Campari in Roma, d'intesa e su disposizione dell'autorità giudiziaria di Milano.

Nel mese di novembre scorso, esattamente il 19 novembre 1997, intervenne un provvedimento di dissequestro da parte dell'autorità giudiziaria. Il provvedimento di dissequestro comportò successivamente la restituzione alla Direzione centrale della polizia di prevenzione con obbligo di custodia. La procura di Milano si era già rimessa alle decisioni della procura di Roma circa il dissequestro. Devo dire che il provvedimento di dissequestro fu concepito nel senso di prevedere la restituzione agli organi a cui compete la disponibilità, secondo le previsioni interne del Ministero, ma con il vincolo della custodia, in modo da consentire l'immediata esibizione di documenti a richiesta dell'autorità giudiziaria - ai sensi dell'articolo 259 del codice di procedura penale -, e con l'obbligo di preservare l'integrità non solo dei documenti, ma anche delle serie archivistiche ai fini del procedimento in corso.

Nel frattempo sono state iniziate, dopo una radicale operazione di pulizia dell'ambiente di via Circonvallazione Appia, anche opere di riparazione di quella struttura e successivamente sono stati presi i contatti dal Ministero dell'interno con l'Archivio di Stato per valutare le iniziative possibili e necessarie per riordinare il materiale documentale, ma con il limite che non si poteva procedere a nuova catalogazione, ma bisognava preservare le serie archivistiche, quali erano state constatate al momento del sequestro. Desidero aggiungere subito che non vi è alcuna difficoltà o alcuno ostacolo al fatto che la Commissione di inchiesta sulle stragi, se e quando lo ritenga opportuno, visioni tutto il carteggio rinvenuto nell'archivio di deposito di via Circonvallazione Appia.

PRESIDENTE. Mi sembra che questa sia una notizia importante, perché alcuni nostri consulenti sono stati anche consulenti dell'autorità giudiziaria, ma finora si sono sentiti vincolati dal segreto istruttorio. Oggi, quindi, la documentazione sarebbe visionabile dai nostri consulenti?

NAPOLITANO. Fatta salva la richiesta che ovviamente la Commissione formula alla procura della Repubblica di Roma con l'impegno a preservare le serie archivistiche.

Ho già fatto riferimento al procedimenti in corso e tornerò tra breve anche sul provvedimenti che sono stati adottati dall'autorità giudiziaria sulla base di quei procedimenti e tenendo conto, in modo particolare, di posizioni di singoli dirigenti e funzionari, o anche di ex dirigenti e funzionari del Ministero dell'interno.

Prima, però, desidero ragguagliare rapidamente la Commissione - mi scuso se probabilmente dirò cose già note ed ovvie - sulla materia relativa alla gestione degli archivi. La legislazione archivistica ha subìto una radicale riforma con l'emanazione dei provvedimenti mediante i quali, a suo tempo, si è provveduto a trasferire al Ministero dei beni culturali e ambientali gran parte della competenza in materia di archivi del Ministero dell'interno. Con il decreto istitutivo del Ministero dei beni culturali n. 657 del 1974, convertito nella legge 29 gennaio 1975, n. 5, furono devolute al Ministero dei beni culturali e ambientali tutte le attribuzioni del Ministero dell'interno in materia archivistica, salvo quelle relative agli atti considerati come eccezione alla consultabilità dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1409 del 1963.

Pertanto, da allora, cioè dal 1975, venne soppressa la Direzione generale degli archivi del Ministero dell'interno, mentre fu istituito presso il Ministero dei beni culturali e ambientali l'Ufficio centrale per i beni archivistici. Di conseguenza, cessarono la loro attività sia il Consiglio superiore degli archivi, precedentemente istituito presso il Ministero dell'interno, sia la Giunta del Consiglio, egualmente istituita presso il Ministero dell'interno, e fu sciolta - come ho già sottolineato - anche la Direzione generale che prima operava presso il Ministero.

Le attribuzioni di tutti gli organi da me citati furono assunte dal Consiglio nazionale per i beni culturali e dal Comitato di settore degli archivi, entrambi organi del Ministero dei beni culturali e ambientali. Presso il Ministero dell'interno è rimasto soltanto, appositamente istituito con provvedimento del dicembre 1975, un ispettorato centrale per i servizi archivistici, con le seguenti molto limitate competenze: esercitare la vigilanza sui documenti che costituiscono eccezione alla consultabilità e autorizzare, nei casi e con le procedure previste dalle disposizioni vigenti, la consultazione degli atti di cui sopra. Mi riferisco - come si legge, appunto, nel citato decreto presidenziale del 1963 - al fatto che fanno eccezione alla libera consultabilità i documenti conservati negli archivi di Stato che abbiano carattere riservato, relativi alla politica estera o interna dello Stato, che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data, e quelli riservati relativi a situazioni puramente private di persone, che divengono consultabili dopo 70 anni. Quindi, il compito esclusivo dell'ispettorato centrale per i servizi archivistici del Ministero dell'interno è quello di occuparsi di tali documenti e di consentire in determinati casi (come ho già detto, secondo le procedure vigenti) la consultazione anche prima, rispettivamente, dei 50 anni e dei 70 anni.

Per quanto riguarda gli archivi propri e i documenti propri del Ministero dell'interno, (ma non solo di questo, perché ciò riguarda tutti i ministeri), l'attuale normativa prevede che i documenti di recente formazione e di frequente consultazione siano conservati nell'archivio corrente e che gli atti non più in uso siano trasferiti all'archivio di deposito. Dopo un quinquennio gli atti dell'archivio di deposito vengono esaminati dalle commissioni di sorveglianza che scartano i documenti privi di qualunque interesse; i rimanenti documenti dell'archivio di deposito, che rivestano rilevanza sotto il profilo storico, sono versati all'archivio di Stato con i relativi registri di protocollo e le rubriche (ho già parlato di quali fanno eccezione alla consultabilità).

Si deve mettere in evidenza che questa normativa, sulla cui efficacia farà qualche rilievo tra breve, ci ha posto dinanzi a seri interrogativi dopo il rinvenimento di materiale documentale, in gran parte non catalogato, nell'archivio di deposito di via Circonvallazione Appia. Immediatamente dopo, nel dicembre 1996, è stata quindi impartita una direttiva ai Direttori generali per l'osservanza scrupolosa, da parte di tutti i settori dell'amministrazione, delle norme che regolano la tenuta degli archivi, ed è stata perciò disposta una verifica dello stato di tutti gli archivi correnti e di deposito delle direzioni generali, estesa anche a quelli ubicati al di fuori del complesso del Viminale, al fine di accertare anche l'eventuale giacenza di materiale del quale non fosse stata accertata l'opportunità di disporre lo scarto. In tale occasione, si chiese ai direttori generali di attivare la Commissione di sorveglianza sugli archivi affinché si procedesse ad un esame della situazione in cui si trovava il carteggio di pertinenza dei singoli uffici.

Dalle verifiche effettuate - poi dirò ancora una parola sulle commissioni di sorveglianza del Ministero dell'interno, di cui ho provveduto a rinnovare la composizione già nel 1997 - è emersa una generalizzata carenza di locali e di spazi adeguati; l'esigenza di una più razionale distribuzione logistica degli archivi; la necessità del ripianamento degli organici del personale e l'opportunità di una rapida dotazione di strumenti e supporti informatici. Le commissioni di sorveglianza hanno proceduto e continuano a procedere all'esame del carteggio ai fini della sua sistemazione e dello scarto, naturalmente nella consapevolezza che la notevolissima quantità di documenti cartacei e l'esigenza di un esame attento degli atti comporta complicazioni, anche temporali, non lievi. Per quanto concerne il Dipartimento della pubblica sicurezza, la commissione di sorveglianza ha completato l'attività di ricognizione degli archivi correnti e di deposito di tutti gli uffici non rilevando significative irregolarità nella tenuta del carteggio e questa stessa commissione - solo per quanto riguarda il Dipartimento della pubblica sicurezza - ha proceduto allo scarto degli atti documentali di sette uffici in prima fase, per un quantitativo di atti documentali scartati di circa 81 tonnellate.

Voglio dire con molta chiarezza che, a mio avviso, il fatto che non si sia proceduto regolarmente e periodicamente alle operazioni di scarto - almeno si diceva ogni quinquennio - costituisce di per sé uno stato di pericolo per la corretta conservazione dei documenti, Infatti, l'accrescersi smisurato della massa documentaria in condizioni di sempre maggiori difficoltà per quello che riguarda locali e personale naturalmente può favorire qualsiasi elemento, anche soltanto di confusione, di disordine, di smarrimento e, in astratto, persino di manipolazione.

Quindi, a me sembra che questa sia una assoluta necessità: occorre procedere - non mi permetto di dire in tutti i Ministeri, però, per quello che mi risulta la situazione di trascuranza è generalizzata da diversi lustri - sulla via di uno sforzo serio di tenuta ordinata, di sistematico scarto, di passaggio all'Archivio dello Stato presso il Ministero dei beni culturali, eccetera, dei materiali documentari.

In ogni caso, a partire dal febbraio 1997 - come dicevo - ho rinnovato le commissioni di sorveglianza dell'ufficio di Gabinetto del Ministro, del Dipartimento della pubblica sicurezza, della direzione generale affari del personale, della direzione generale dell'amministrazione civile e così via; non proseguo perché sono tutte le direzioni generali che hanno visto modificate le loro commissioni di sorveglianza.

Io sollevo - naturalmente per me stesso e ogni sollecitazione o suggerimento del Parlamento al riguardo sarà bene accetto - anche il problema di una verifica delle procedure stabilite dalla normativa vigente. Infatti, comportando tali procedure l'esame analitico di ponderose serie archivistiche ad opera di commissioni di sorveglianza, composte ai sensi della normativa vigente da quattro funzionari, di cui uno appartenente agli Archivi di Stato e uno all'Ispettorato centrale per i servizi archivistici nel caso del Ministero dell'interno, davvero il loro espletamento può riuscire enormemente complesso, defatigante e prolungarsi nel tempo.

Noi abbiamo in corso anche iniziative per il reperimento di nuovi locali, per la risistemazione di una parte dei nostri materiali d'archivio e per l'attribuzione di maggiori risorse di bilancio a questo settore, che è stato generalmente del tutto trascurato anche - ripeto - nell'uso dei mezzi finanziari disponibili.

Desidero dire che la relazione di quella commissione d'inchiesta amministrativa, su cui si è brevemente soffermato anche il presidente Pellegrino, ha fornito elementi che noi riteniamo possano essere utili all'autorità giudiziaria, alle Commissioni parlamentari competenti e ci ha anche impegnato ad adottare, nella misura del possibile, cioè nel confronti di funzionari tuttora in vita e in servizio, procedimenti disciplinari per contestazioni che potevano essere mosse sulla base dei rilievi della commissione Caramazza. Infatti, sono stati avviati provvedimenti disciplinari nei confronti del dirigente superiore della polizia di Stato, dottor Carlo Morselli, per negligenza in servizio, in quanto all'epoca dei fatti responsabile della divisione A-1 della direzione centrale della polizia di prevenzione, nonché nei confronti del direttore tecnico principale, ingegner Ballabene, per grave negligenza in servizio, quale presidente della commissione di collaudo che approvò il lavoro di trasloco dal Ministero dell'interno -Viminale all'archivio deposito di circonvallazione Appia. Si tratta di procedimenti in corso, anche perché sono stati richiesti dagli interessati approfondimenti e sono state presentate controdeduzioni sia dal dottor Morselli che dall'ingegnere Ballabene. Sono stati inoltre attivati procedimenti disciplinari nei confronti di Franco Vitale e Luciano Tuzzi, che avrebbero dovuto curare la movimentazione dei fascicoli e la loro corretta disposizione nell'archivio di Circonvallazione Appia. E’ stato successivamente disposto l'esame disciplinare anche della posizione di Tommaso Romeo e di Maurenzio Ciombolini, quali componenti della commissione di collaudo, per non aver accertato che i lavori fossero stati eseguiti correttamente e, nel frattempo, il Ciombolini è stato collocato in quiescenza, ma comunque si è avviato, nel limiti temporalmente sostenibili, il procedimento nei confronti di costoro.

La procura della Repubblica di Roma ha formalmente disposto, ai sensi dell'articolo 531 del codice penale per violazione della pubblica custodia di cose, un procedimento nei confronti del dottor Cera per la distruzione dei cartellini del cosiddetto archivio Russomanno. L'avviso di comparizione è stato indirizzato al dottor Cera ed egli è stato sentito in data 30 aprile 1997.

Il giudice istruttore Mastelloni, che come ho già detto conduce un'indagine sul caso Argo 16, ha anch'egli sequestrato materiale di documentazione ...

PRESIDENTE. L'indagine è stata conclusa.

NAPOLITANO. Ne prendo atto; in ogni caso, non so quale sarà il corso della contestazione di falso per soppressione di atti nel confronti dei funzionari Russomanno e Cappuccio, già appartenenti all'Ufficio Affari riservati. Nei confronti del prefetto Ferrigno e del commissario Savio, la procura della Repubblica di Milano ha aperto - uso il passato prossimo, ma potrei meglio usare il passato remoto - un'indagine, per cui ha chiesto una prima e una seconda proroga, l'ultima possibile, su cui peraltro ancora non si è pronunciato il GIP.

Vorrei dire ancora una parola. Sull'impegno di collaborazione con l'autorità giudiziaria, cui ha fatto cenno il presidente Pellegrino - e lo ringrazio - sul quale hanno potuto contare magistrati inquirenti e periti che, per conto dei magistrati, hanno condotto le ricerche, ho ricevuto, naturalmente con piacere, non solo dal perito Giannuli ma anche dal giudice istruttore Salvini, in data 25 gennaio e 20 febbraio, lettere di forte riconoscimento, a conclusione della seconda delle quali il giudice istruttore ha ritenuto anche di dover citare i nomi dei dirigenti e dei funzionari della Direzione centrale di polizia e di prevenzione per sollecitare il riconoscimento di un formale encomio per la collaborazione prestata all'autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione. Molte delle domande che volevo rivolgergli diventano superflue perché mi sembra abbiano già avuto risposta. Vorrei fare un rilievo in seduta segreta.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 20,55.

... omissis ...

I lavori riprendono in seduta pubblica alle ore 21,03.

PRESIDENTE. La ringrazio di questo chiarimento. Credo che il significato istituzionale del suo punto di vista sia molto chiaro e molto impegnativo per noi. Il punto di vista del Governo è che, ferma restando l'autonomia valutativa da parte dell'autorità giudiziaria per ciò che riguarda le istituzioni rappresentative del paese, sia compito di questa Commissione, alla quale il Governo assicura la massima collaborazione - e di questo ringrazio il Ministro - dire una parola finale su questa vicenda del passato. Volevo fare questa precisazione ai colleghi della Commissione, perché essi sanno che il mio impegno è in tale direzione, e vorrei dire al Ministro che io sento questa responsabilità. Pertanto, penso che questa responsabilità debba imporre alla nostra Commissione, anche nella logica democratica della formazione di maggioranze, di rassegnare al Parlamento quanto prima possibile le sue valutazioni su questo periodo del passato. Si tratta di un nostro impegno e penso che giustamente il Ministro abbia sottolineato che non possiamo delegare al Governo questo compito che attiene al passato, dal momento che il Governo è così fortemente impegnato nel problemi del presente.

DE LUCA Athos. Signor Ministro, innanzi tutto la ringrazio per la sua chiara esposizione dei fatti, che ci fornisce importanti elementi di valutazione. Certamente l'uso degli archivi è un aspetto molto delicato, lo è stato in passato e questa vicenda lo dimostra. Anche per il futuro credo che dobbiamo consegnare al paese degli archivi trasparenti, consultabili da parte di tutti, in primo luogo dai magistrati. Infatti, l'aspetto più grave di questa vicenda è data dal fatto che gli stessi magistrati che indagavano sulle stragi e sugli atti di terrorismo si trovavano nell'impossibilità di avere fonti certe, perché questi archivi, così come erano stati organizzati, potevano essere consultati solo da pochissime persone che sapevano dove, quando e in che modo reperire le informazioni e attingere alle fonti. Tutto ciò genera delle preoccupazioni anche sull'esito di alcune indagini della magistratura a proposito di certe stragi e di certi fatti di terrorismo.

Questa Commissione, grazie anche alla responsabilità di tutti i colleghi e del Presidente, ha intrattenuto un carteggio per arrivare ad acquisire questa relazione segreta e io credo sia stato importante che la Commissione abbia esercitato questa sua prerogativa. Infatti, se oggi lei è qui a fornirci queste comunicazioni così chiare, significa che la Commissione ha una funzione importante. Quando ci trovavamo in dubbio se chiedere o meno una proroga del mandato di questa Commissione, qualcuno si domandava quale fosse il suo compito: penso che questo episodio sia uno di quelli che ci conforta nel fatto che l'esistenza di questa Commissione bicamerale, con i poteri che può esercitare, nel nostro paese ha ancora un ruolo da svolgere.

Prendo atto delle iniziative del Ministro e del fatto che l'indagine che è stata svolta è di natura amministrativa. Certo, dovremo vedere l'esito delle indagini, delle iniziative dei magistrati, ma a questo punto ci viene spontaneo domandarci (e il Presidente ha già anticipato tale quesito) di chi fossero le responsabilità politiche in quegli anni. In sostanza, perché tutti quei funzionari si sono comportati in quel modo? Per negligenza? Una serie di negligenze così continuate e così mirate, che poi esponevano gli stessi funzionari al venir meno al loro doveri, è abbastanza difficile da giustificare. Allora, se non si tratta solo di negligenza, chi aveva la responsabilità politica dovrebbe chiarire perché tutto ciò sia avvenuto. Ecco perché credo che a fianco di questa commissione amministrativa, che ha svolto il suo compito, probabilmente sarebbe opportuno costituire - e questa è una decisione che ci riserveremo di assumere - una Commissione parlamentare d'inchiesta, che possa acquisire e sviscerare tali aspetti ed aiutare a far luce sull'intera vicenda. Anche perché ciò che è accaduto per gli archivi di cui stiamo parlando potrebbe essersi verificato anche per altri archivi che si trovano presso altri Dicasteri, che dipendono da altri organi dello Stato e che credo debbano rispondere agli stessi requisiti di trasparenza per coloro che, esercitando determinati ruoli, hanno titolo a consultarli. Quindi, accanto al problema posto dal Capo dello Stato della riforma dei Servizi, credo che anche la questione degli archivi entri nel novero degli impegni che il Governo deve assumersi, coadiuvato anche dall'azione di questa Commissione parlamentare.

Vengo ora alla domanda principale che vorrei porre al Ministro. Mi pare che nel suo ragionamento lei ritenga esaurito il suo compito, a questo punto.

PRESIDENTE. Mi sembrerebbe di no, perché il Ministro ha detto che sono in corso i provvedimenti disciplinari che dovrebbero ancora essere conclusi.

NAPOLITANO. Ma soprattutto mi permetto di dire che non è esaurito il mio compito nel senso di garantire la regolare tenuta degli archivi e di procedere al riordinamento degli archivi trovati in condizioni di deplorevole ritardo o abbandono. Questa è una mia responsabilità di oggi, a cui non intendo sottrarmi in nessun modo e di cui darò conto via via che procederemo - e già lo stiamo facendo - in quel senso.

DE LUCA Athos. In questo compito però non sfuggirà al signor Ministro che i tempi con i quali noi adempiremo al compito di rendere più trasparenti e consultabili gli archivi non sono indifferenti e quindi probabilmente ci saranno anche dei problemi organizzativi, data la loro mole, e di disporre di risorse particolari. Su questo argomento lei è più informato di noi, ma mi permetto di insistere su questo aspetto. Alla luce delle sue conoscenze, cioè di quelle degli uffici, in quanto tempo e con quali iniziative noi possiamo dire al paese e al Parlamento che questi archivi potranno essere consultati? Abbiamo preso atto del fatto che, su richiesta, i nostri consulenti potranno consultarli e questo mi pare che sia già molto importante. Però vorrei sapere in quanto tempo, con quali risorse e affrontando quali problemi si potranno rendere chiari questi archivi a chi dovrà potervi accedere.

Infine, vorrei porle una domanda più generale. Lei ha detto che in base alle regole oggi esistenti, devono trascorrere 50 anni e 70 anni per poter consultare questi documenti. Non pensa che anche tale normativa vada rivista? Vorrei sapere se su questo fronte lei intende dare un suo contributo, prendere un'iniziativa. Inoltre, ma questo riguarda più la Commissione, noi ci siamo trovati spesso, signor Ministro (cogliamo questa occasione per parlarne) di fronte a documenti che vengono dichiarati riservati, come questo stesso di cui stiamo parlando. Vi è discrezionalità sulla riservatezza dei documenti rispetto ad una Commissione come la nostra che ha delle prerogative e dei poteri speciali (perché le si da mandato di indagare su questioni che riguardano aspetti importanti della vita democratica del paese), ma poi su questa continua secretazione di atti debbo dirle anche con grande rammarico, o comunque quasi con nostra delegittimazione, che rileviamo che gli atti che poi a noi sono secretati e per i quali dobbiamo osservare tutte queste prudenze finiamo poi per leggerli sui giornali, anche se lei mi risponderà che ciò non rientra nelle sue responsabilità. Ma effettivamente c'è qualcosa in questa discrezionalità, sul mettere il segreto, che inibisce spesso la stessa attività, tempestività ed efficacia della nostra iniziativa.

NAPOLITANO. Non sono affatto contrario anche ad affrontare un problema di programmazione nel tempo del riordino, della risistemazione di tutti gli archivi: questo è qualcosa su cui si può lavorare da parte mia e da parte del Ministero dell'interno. Vorrei però ripetere quanto ho detto all'inizio. La consultabilità da parte della Commissione stragi, in modo particolare di quell'archivio della circonvallazione Appia (su cui si è concentrata l'attenzione), è immediata; naturalmente, abbiamo questo vincolo di rispettare le serie archivistiche, quindi non possiamo procedere ad una ricatalogazione di quel materiale, ma le possibilità di accesso da parte della Commissione sono immediate e più in generale, per quel che riguarda - ammesso che questo, ovviamente, sia di interesse nella Commissione - gli archivi di tutte le direzioni generali del Ministero, alcuni dei quali sono anche in condizione di ordine e quindi di facile penetrazione, intelligenza; questo, però - ripeto -, dipende anche dal fatto che si presume da parte della Commissione che contengano materiale di interesse per la Commissione stessa. Ma qui non si sta dicendo ai signori della Commissione che tra "x" mesi o anni potranno venire a consultare, ma che - se lo ritenete opportuno - potete venire a vedere anche domani, innanzi tutto per quel che riguarda il materiale su cui si è già concentrata la nostra attenzione per tutte le ragioni note. Tuttavia, sono senz'altro dell'avviso che si debba cercare da parte nostra anche di programmare (sulla base di una attribuzione di risorse per locali e personale, rivedendo - se necessario - le norme di funzionamento delle Commissioni di sorveglianza per le operazioni di scarto che attualmente, come dicevo, sono troppo defatiganti e lunghe) dicendo "ci proponiamo queste tappe per una sistemazione complessiva" - ripeto - anche per direzioni che probabilmente non interessano dal punto di vista della documentazione d'archivio; ma noi dobbiamo preoccuparci che sia in ordine anche la direzione della protezione civile o magari dei servizi antincendio: tutte le direzioni, infatti, hanno un loro archivio, una propria commissione di scarto e bisogna mettere tutto in ordine, se ancora non lo è.

Per quel che riguarda la consultabilità dei documenti, bisogna rifarsi alla legge dello Stato, e il Parlamento è sovrano: se intende modificare le norme circa i 50 anni e i 70 anni che devono passare per la piena e libera consultabilità dei documenti riservati anche in materia di politica interna ed estera, e di documenti relativi alle posizioni delle persone, può sempre intervenire con proposte di legge.

Infine, mi sembra che questo Governo abbia dato numerose prove della sua intenzione di liberare dalle classifiche di segretezza, anche apposte in precedenza, la maggior quantità possibile di documenti. Non mi riferisco alla relazione Caramazza - su cui ho già detto all'inizio, e non mi ripeto, avendo anche preso buona nota delle considerazioni del senatore Pellegrino - ma, in modo particolare di fronte a richieste del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza, il Presidente del Consiglio ha tolto la classifica di segretezza a tutta una serie di atti, accogliendo le richieste del Comitato.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor Ministro. Vorrei fare un'osservazione. Tutto sommato questo lavoro opportuno e benefico che già si è fatto, porterebbe ad escludere dall'ambito delle probabilità che tra una quindicina di giorni o tra un mese non si trovi un altro "casermone" pieno di carte?

NAPOLITANO. Lei, signor Presidente, ha usato il condizionale e consentirà a me di fare altrettanto affermando che tutto ciò dovrebbe portare al non ripetersi di inconvenienti; però credo che la garanzia piena la avremo a mano a mano che rimettiamo in ordine, anche liberando da una massa di documenti superflui, da scartare, che incombono anche su documenti più delicati e sensibili...

PRESIDENTE. Che possono quindi rappresentare la via dell'occultamento - questo, riesco a capirlo - voluto od anche soltanto colposo!

FRAGALA’. Signor Ministro, lei, nella scorsa audizione dinanzi a questa Commissione ha risposto con un paradosso alla domanda che le ponevo sul problema se, occupata la carica di Ministro dell'interno, lei ritenesse possibile, alla luce di quello che era accaduto col ritrovamento fortuito di questo archivio, di svuotare i cassetti ma di dare anche chiarezza per quanto riguarda il compendio archivistico dello Stato; lei rispose, per l'appunto, con un paradosso, affermando che a questo punto non bastava più svuotare i cassetti, come diceva quando era esponente dell'opposizione, ma bisognava svuotare gli armadi e probabilmente i vagoni.

Ho apprezzato le conclusioni della relazione Caramazza, per la loro linearità e soprattutto per la consequenzialità di escludere archivi paralleli, complotti e trame di qualunque tipo per occultare chissacché affidandosi ad un elemento obiettivo e logico per un archivio che era stato - prima per possibilità di consultazione immediata da parte di Russomanno, e poi per sciatteria o per l'esigenza di impiantare un centralino telefonico in quei locali, che fino a quel momento erano adibiti a deposito di queste carte - ... insomma, la relazione Caramazza alla fine era arrivata alla obiettiva conclusione che questo archivio non aveva degli scopi di occultamento o di utilizzazione deviata, perché altrimenti avrebbe seguito le sorte dei funzionari che avevano, ove dolosamente, architettato quest'ipotesi nel momento in cui venivano trasferiti ad altri incarichi, mentre l'archivio ha seguito invece la strada di un capannone, di un deposito e addirittura è stato abbandonato alle intemperie e ai roditori. Ebbene, alla luce di tutto questo le chiedo se rispetto alla scorsa audizione ha la possibilità di riferire alla Commissione stragi se ci sono ancora cassetti, armadi, vagoni da vuotare, o invece la situazione degli archivi è sotto controllo per quanto riguarda le direzioni di responsabilità del suo Ministero?

NAPOLITANO. Espressi quella preoccupazione anche in termini paradossali. In effetti quello che le direzioni generali hanno riferito, dopo aver ricevuto l'indicazione da me nel dicembre del 1996 di procedere ad una verifica dello stato di custodia degli archivi, mi induce a parlare veramente di vagoni.

PRESIDENTE. Ottantuno tonnellate.

NAPOLITANO. Solo in sette uffici del dipartimento già scartati, perché effettivamente la massa di documenti che si è venuta accumulando nel ritardo, nella carenza delle operazioni di scarto e anche di conferimento all'archivio centrale dello Stato è impressionante.

Lei si è riferito nuovamente ad una valutazione della relazione Caramazza, specificamente sull'archivio Russomanno; non sto a ripetermi in proposito. In generale voglio dire che è ancora molto pressante la sollecitazione da parte del Ministro e del gabinetto del Ministro perché qualsiasi constatazione di irregolarità, innanzi tutto nel senso del tenere materiale non regolarmente catalogato, che è la grossa questione che è esplosa con l'archivio di via circonvallazione Appia, non ci sia più come dato in nessun settore del Ministero. L'impegno è di una verifica continua, ma non mi sento tranquillo per aver dato una volta tanto questa direttiva, per aver ricevuto risposte e assicurazioni, anche perché, soprattutto dov'è così ingente la quantità di materiale accumulatosi, non è da escludersi che non si sia ancora verificato se c'è qualche settore di quel materiale che non garantisca una regolare catalogazione e quindi consultabilità e controllabilità.

PRESIDENTE. Anche per la completezza del verbale, vorrei dire che non condivido questo tipo di valutazione che lei ha fatto. Che un ufficio delicatissimo, come quello cui era preposto il dottor Russomanno, tenga dei documenti che vengono classificati secondo un criterio diverso da quello generale, per cui nel momento in cui si informatizza un archivio questi documenti restano fuori, in un'amministrazione democratica è un fatto di gravissima irregolarità, anche se non ci fosse stata intenzionalità. Do atto al Ministro che l’impegno del Governo è che questo non possa più accadere.

FRAGALA’. Comunque, questa non era la mia valutazione. Prendevo atto delle conclusioni obiettive della relazione Caramazza, che ha escluso che vi siano state delle trame o un complotto, un archivio parallelo o un archivio deviato. Per mia formazione scientifica e attitudine professionale sono assolutamente lontano da ricostruzioni dietrologiche o complottiste e nel momento in cui la relazione spiega i motivi obiettivi per cui questa ipotesi da romanzo giallo o da archivio parallelo non sta in piedi, ne prendo atto e quindi su questo rivolgo la domanda al Ministro.

Per la seconda domanda traggo spunto da quanto ha osservato adesso il presidente Pellegrino, cioè che in uno Stato democratico, che vi sia poca trasparenza negli archivi, è un fatto assai singolare se non addirittura censurabile. Le pongo, signor Ministro, la domanda che si pongono gli storici di storia contemporanea: per la sua esperienza, ovviamente da quando ha assunto l'incarico di Ministro dell'interno, come mai nel periodo fascista - quindi nel periodo della dittatura - vi era un versamento puntuale e costante negli archivi dello Stato di tutti gli atti, non soltanto del Ministero dell'interno ma addirittura delle polizie speciali, delle polizie politiche, dell'OVRA, per cui gli storici hanno immediatamente anche le telefonate intercettate del Capo di Governo di allora, che era il capo di un Governo totalitario, era un dittatore (quindi le intercettazioni fatte dall'OVRA sono a disposizione degli storici di storia contemporanea e lo sono state immediatamente, dal primo momento) e invece per quanto riguarda il versamento all'archivio dello Stato dei documenti della polizia "politica" del sistema democratico, non soltanto il ritardo è incredibile, ma addirittura vi è una continua omissione in questo senso, per cui gli storici lamentano che nel periodo repubblicano e democratico gli archivi che riguardano la cosiddetta polizia politica sono assolutamente inesistenti? Prendendo proprio spunto da quella osservazione del Presidente, le chiedo cosa può assicurare, come attuale Ministro dell'interno - è inutile fare il processo al passato - come sua iniziativa politica e amministrativa affinché vengano recuperati i ritardi e i vuoti del passato per il versamento dei documenti all'archivio dello Stato e quel che si può fare per far sì, dato che adesso non arrivano in orario i treni, che almeno arrivino in orario i documenti nell'archivio dello Stato e siano a disposizione degli storici di storia contemporanea che intendano consultarli.

NAPOLITANO. Onorevole Fragalà, per quanto riguarda i versamenti all'archivio centrale dello Stato rimane un vincolo di consultabilità. La questione è duplice: da un lato è quella di una tenuta corretta, regolare, ordinata degli archivi, quindi con il massimo di possibilità di lettura e ricostruzione storica quando divengano consultabili i documenti; dall'altro è quella del vincolo temporale, che a sua volta si lega alla classifica di riservatezza per atti relativi alla politica interna o alla politica estera dello Stato.

Dico che la questione è duplice perché gli storici possono essere agevolati nel loro lavoro, ma teniamo conto del fatto che il vincolo temporale di cinquant'anni significa che oggi sono liberamente consultabili documenti che si riferiscono ancora agli albori della Repubblica, al 1947 o ai primi mesi del 1948. Allora bisogna garantire che nel momento in cui divengano consultabili siano regolarmente acquisiti, perché se poi si riscontreranno lacune e manipolazioni allora davvero viene vulnerata anche la funzione dello storico. Altra questione è se consentire con valutazioni discrezionali, che allo stato attuale sono rimesse al Ministero dell'interno, una consultazione anticipata, o se modificare la norma relativa ai cinquanta e ai settant'anni, ovvero, ancora, se procedere ad una declassificazione di atti che, in quanto riservati, non possono essere consultati prima di quei termini temporali ma che, ove vengano declassificati, possono essere consultati più rapidamente. Quindi, adesso, per quanto riguarda la preoccupazione degli storici - bisogna vedere se fondamentalmente riferita al primo aspetto - come ritroveremo questi archivi, questi documenti quando potremo liberalmente consultarli? Li troveremo in totale disordine, lacunosi, manipolati? Le altre preoccupazioni possono avere invece altre risposte: ridurre il termine temporale, ridurre gli atti riservati, consentire più flessibilmente la libera consultazione anche prima di quelle scadenze. Debbo dire che, anche di recente, mi sono occupato di qualche richiesta di studiosi e, anche se la materia era ancora più delicata perché riguardava atti concernenti privati, per i quali vale il termine dei settant'anni, mi sono adoperato, con certe cautele, perché fosse consentita la consultazione anticipata di quegli atti per indagini di carattere storico.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al presidente Gualtieri che penso tornerà sul problema, lasciatemi dire che una delle proposte che potremo fare al Parlamento sarà proprio quella di rendere più breve lo spazio temporale al di là del quale la declassificazione diventa automatica, salvo eventualmente una possibilità per il Governo di prolungare quel termine, ad esempio per quanto concerne i nomi delle fonti. Quello potrebbe essere un settore in cui anche al di là del ventennio effettivamente la necessità della riservatezza permane.

GUALTIERI. Signor Presidente, signor Ministro, non ho mai dubitato che, una volta emerso il problema dello stato degli archivi e della sua gestione, il ministro Napolitano avrebbe affrontato con ogni energia e decisione la risistemazione e la messa in ordine degli archivi stessi. Credo, infatti, che il ministro Napolitano più di ogni altro abbia sempre saputo che dalla tenuta degli archivi dipende gran parte della possibilità di avere una corretta interpretazione anche dei fatti della storia. Molto importante è invece quanto ci ha detto stasera della decisione del Governo di rendere disponibili alla consultazione, con determinate garanzie, tutti gli archivi, non solo quelli del Ministero dell'interno. Anche se, quando si dice tutti gli archivi, credo permanga l'eccezione degli archivi di Esteri e Difesa, che sono sempre stati compresi in una legislazione speciale per la consultazione.

In qualunque archivio, come ci ha detto il Ministro, ma risulta anche dalla registrazione, c'è l'archivio corrente e l'archivio di deposito; poi, fatto uno scarto, il materiale che abbia un interesse storico va a finire nell'Archivio di Stato. Mi sembra di ricordare da una lettura che ho fatto che normalmente i documenti dovrebbero restare due o tre anni nell'archivio corrente, per poi passare all'archivio di deposito e quindi, dopo un certo numero di anni, cinque mi pare, dovrebbe essere fatta un'ulteriore ricerca e i documenti dovrebbero passare all'Archivio di Stato. Anche la parte di essi che viene distrutta va verbalizzata. Non si può procedere alla distruzione senza che ne rimanga traccia. Ora però, da quello che abbiamo visto, non solo c'è stata confusione tra l'archivio corrente e quello di deposito, ma anche all'Archivio di Stato, per anni, anni e anni, non è andato niente. In questo momento presso l'Archivio di Stato di tutto quello che è il materiale relativo agli anni che interessano a noi non è affluito praticamente nulla, perché non hanno mai funzionato le commissioni di scarto e non si è mai provveduto a fare una selezione. Pertanto si sono accumulate queste tonnellate di materiale confuso, ma all'Archivio di Stato il materiale di un certo interesse storico, importante, non è mai arrivato.

Questa è la situazione dei vari archivi che sono poi numerosi. Del Ministero dell'interno il ministro Napolitano ci ha già detto che ha vari archivi, quello di cui si è parlato recentemente, quello della divisione della polizia di prevenzione, e quello trovato in via circonvallazione Appia è uno dei tanti archivi. Quando si è data la caccia all'archivio di Federico Umberto D'Amato si è andati a cercare negli archivi delle divisioni della polizia ferroviaria e della polizia di confine perché per un certo numero di anni D'Amato aveva lavorato lì, ma in quelle divisioni non si è trovato praticamente niente del materiale di D'Amato.

Voglio partire da questo per dire che sono tanti gli archivi che hanno interessato la nostra Commissione, signor Ministro. Sia noi che i magistrati, per le inchieste che abbiamo svolto, ci siamo imbattuti negli archivi dei due Servizi. In quello del Sismi abbiamo trovato una grande confusione, con milioni di carte tuttora accatastate. Il Sismi le operazioni di scarto non le ha mai fatte. Quello del Sisde è invece un archivio più recente, perché il Sisde è nato intorno al 1978-1980, ed è quindi più consultabile. Nessuna penetrazione è mai riuscita dell'archivio, interessantissimo, dell'Arma dei carabinieri. Ho letto recentemente che doveva partire un'inchiesta amministrativa sulla divisione Pastrengo, in seguito a quello che è emerso, ma il comando ha affermato di non aver trovato carte del periodo perché si sa come gli archivi dell'Arma dei carabinieri sono tenuti.

PRESIDENTE. La tesi è che gli archivi dei carabinieri siano territorializzati e che quindi non esista un archivio centrale.

GUALTIERI. E non è vero perché allora ci dovrebbero essere gli archivi del comando della Pastrengo. Il famoso piano Paters, di cui si parla adesso, non è stato trovato al Ministero dell'interno, è stato trovato negli archivi della Presidenza del Consiglio.

PRESIDENTE. La copertina.

GUALTIERI. La copertina è stata trovata nell'archivio della Presidenza del Consiglio.

NAPOLITANO. Il piano Paters non ha formato oggetto di una particolare attività di ricerca o di rinvenimento. Nel momento in cui è stato trovato un appunto presso la Presidenza del Consiglio, a cui non corrispondeva il testo del piano, si è chiesto al Ministero dell'interno di verificare se ne esistesse copia presso di esso.

PRESIDENTE. E ce n'erano sei.

NAPOLITANO. No, meno. La documentazione era comunque perfettamente catalogata e immediatamente reperibile.

GUALTIERI. Io non volevo dire che c'era una parte di materiale che veniva sottratta, ma che la traccia di questo piano è stata trovata attraverso un'altra ricerca, addirittura sulle carte di Ustica, svolta nell'archivio della Presidenza del Consiglio dei ministri. La Presidenza del Consiglio dei ministri, signor Ministro, in questi anni sta pubblicando in carta patinata dei bellissimi libri sui verbali dei Consigli dei ministri degli anni 1943-1944-1945 (è arrivata fino al Governo Parri): si tratta dei verbali minuziosi delle discussioni svolte nel Consiglio dei ministri dell'epoca, pubblicate in carta patinata. Se noi chiediamo i verbali dei Consigli dei ministri dei famoso giorno di Ustica o del periodo di Moro, non riusciamo ad ottenerli! I magistrati o le Commissioni di inchiesta - non sto parlando di storici - si trovano di fronte ad un difficilissimo problema di archivi; infatti, non si tratta soltanto di un archivio, ma del fatto che in tutto questo periodo non è stato attuato quello che la legge prescrive. La legislazione della tenuta degli archivi - che è recente perché, come ha detto il Ministro, è venuta fuori quando è stato istituito il Ministero dei beni culturali e ambientali - è molto precisa ed accurata: l'archivio corrente, l'archivio di deposito, lo scarto e l'invio del materiale all'archivio di Stato. Non può sfuggire neanche un foglio!

Nel 1980, nel corso della mia lunga carriera - se posso dire così - di "ricercatore", presiedevo il Comitato dei servizi che aveva per legge la responsabilità di sovrintendere alla banca dati della polizia; come Comitato dei servizi (ricordo che con me c'erano anche Pecchioli e Violante) per anni abbiamo condotto una battaglia per poter esercitare quello che la legge ci dava il diritto di fare, cioè il controllo della banca dati della polizia. Sovrintendeva un prefetto (era vice capo della polizia, poi diventato prefetto di Bologna e successivamente anche consulente di codesta Commissione), il quale ci diceva che non ci potevano far vedere niente, perché non avevamo il diritto di guardare nominativamente i dati della polizia. Ora, l'accesso alla banca dati della polizia è regolato da quattro ingressi: una volante della polizia, cioè, può chiedere per telefono a chi corrisponda una certa targa e questo gli viene detto immediatamente; un livello superiore, ad esempio un commissario, può domandare informazioni su un individuo, e così via per gli altri due livelli. Noi, che eravamo i controllori di tutti, non potevamo ottenere risposte: se chiedevamo cosa c'era scritto, ad esempio, su Gelli, ci rispondevano che non ne avevamo il diritto! Abbiamo combattuto una battaglia durata due anni e devo dire che il Ministro dell'interno dell'epoca, cioè l'attuale Presidente della Repubblica, diede ragione a noi e ci fece penetrare nella banca dati della polizia, diritto che attualmente il Comitato mantiene. Ma questo prefetto, che - ripeto - era il vice capo della polizia, diceva: "Sì, ma il nostro vero archivio non ve lo facciamo vedere, perché forse voi volete vedere l'archivio degli anonimi", e allora noi imparammo che c'era un archivio degli anonimi; il prefetto poi continuava dicendo: "Non vorrete poi vedere l’archivio...", perché in effetti c'è sempre un archivio dietro alle spalle. Quindi, sono più di venti anni che conduciamo battaglie su questioni relative agli archivi. Prendo atto con grandissima soddisfazione del fatto che il Ministro affermi di voler mettere ordine in questo campo. Sono convinto - l'ho detto subito - che il ministro Napolitano capisca che questa è una battaglia fondamentale. Per come sono stati tenuti fino a poco tempo fa gli archivi, in gran parte e non solo nel Ministero dell'interno, sono tali che...Quando abbiamo iniziato la raccolta delle informazioni su Ustica, dopo un anno che chiedevamo cosa c'era negli archivi, ci avevano inviato tre paginette: poi, dopo anni di ricerca, abbiamo riempito due stanze di milioni di fogli! Evidentemente questi, poi, si trovano!

Abbiamo estremo bisogno di ciò, perché noi indaghiamo sul periodo che va dal 1969 al 1980. Pertanto, signor Ministro, senza guardare ora alla questione dei 50 anni o dei 70 anni, spero che lei possa consentire a nostri ricercatori, cioè a dei veri consulenti - che svolgono ricerche per la Commissione e non per scrivere libri - con le garanzie offerte dalla Commissione stragi, di esaminare il materiale su questo periodo; lei, dunque, ci dovrebbe aiutare in questo, dal momento che per quegli anni abbiamo bisogno di penetrare in tutti gli archivi che ancora ci possano consentire di chiudere tale periodo nella ricerca della verità. Lei ha la possibilità di aiutarci in questo: chiediamo che gli archivi ancora disponibili, relativi al periodo intercorrente tra il 1969 e il 1980, possano essere visitati da nostri consulenti.

PRESIDENTE. Mi pare che il Ministro abbia già offerto su questo la sua piena disponibilità, di cui l'ho ringraziato personalmente.

NAPOLITANO. Vorrei svolgere una osservazione, come interrogativo che riguarda anche me, proprio partendo dal piano Paters (del quale si è discusso anche in altra sede e con altri interlocutori, e quindi non voglio entrare nel merito): come avrebbe potuto essere acquisita notizia dell'esistenza di questo piano? Come voi sapete, questo piano non venne predisposto per il tentativo di liberazione dell'onorevole Moro, ma venne elaborato nell'autunno del 1977 (fra il mese di ottobre e quello di novembre) dall'allora Ministro dell'interno come piano di carattere operativo astratto, prontuario di misure di intervento, di mobilitazioni e di dispiegamento delle forze per fare fronte a qualsiasi attacco di carattere terroristico. Pertanto, se la ricerca era indirizzata verso documenti inerenti il periodo del sequestro Moro, quel documento non poteva essere acquisito, perché non si trattava di un documento del periodo del sequestro dell'onorevole Moro: anche il modo di interpellare gli archivi è un problema di non poco conto. Si sarebbe potuto dire: vogliamo conoscere se di fronte al fenomeno terroristico, anche in mesi o in anni precedenti il sequestro dell'onorevole Moro, erano stati predisposti piani di intervento. Pongo quindi il quesito relativo al modo con cui interpellare gli archivi, anche di quelli meglio ordinati.

GUALTIERI. Durante il periodo Moro, sulla ricerca relativa a Moro, ad esempio, sono venuti fuori molto in ritardo i due piani, il piano Mike e il piano Victor, cioè "Moro morto"e "Moro vivo", predisposti sempre in quel periodo: li abbiamo tirati fuori 15 anni dopo!

NAPOLITANO. Naturalmente, per sobrietà e per una ragione di costume, avendo oggi una funzione di Governo, non dico nulla su come in passato possano essere stati aperti, non aperti, dischiusi o tenuti chiusi gli archivi anche a Commissioni di inchiesta. Sul presente sono d'accordo con lei, come ha già ricordato il presidente Pellegrino.

TASSONE. Signor Presidente, vorrei fare una breve valutazione e una domanda implicita, ovviamente senza fare un trattato dotto sugli archivi, come hanno fatto i miei colleghi, con i quali concordo pienamente. Vorrei ricordare soprattutto a me stesso che codesta Commissione si sta interessando di questo problema per una vicenda che ha creato dubbi, perplessità e confusioni. Pertanto, anche l'audizione che noi facciamo con il Ministro dell'interno dovrebbe servire, a mio avviso, per capire di più rispetto a quella questione, senza ovviamente voler andare ad individuare e ad attribuire responsabilità all'attuale Ministro. L'esigenza però che avvertiamo in questo momento è quella di conoscere da parte del Ministro dell'interno se la situazione confusionale degli archivi, soprattutto in riferimento ad un particolare periodo storico, nasce da un'indolenza da parte di alcuni settori dell'amministrazione, da alcune assenze o da alcune mancanze di controllo politico. Io credo che a tale domanda occorra rispondere, non vale per quanto riguarda questa problematica il principio giuridico del tempus regit acta. Non c'è dubbio che noi prendiamo atto della disponibilità del Ministro e della possibilità che ci viene data di leggere questi atti: poi ovviamente dovremo sapere come e perché, anche per il semplice motivo che non sappiamo se sono stati manipolati, se alcune notizie importanti e fondamentali sono state disperse o vanificate. Pertanto, volevamo dal Ministro soprattutto una valutazione, ossia sapere se è tranquillo per quanto riguarda il passato e per quanto concerne l'organizzazione del Viminale rispetto a questi dati, se c'è stato dolo.

Al riguardo, una valutazione va fatta ed ovviamente essa si accompagna alla richiesta di andare ad individuare eventuali responsabilità di gestione che riguardano e possono riguardare storicamente anche il dato politico. Siccome per tanto tempo noi abbiamo affrontato questi problemi, ci sono state notizie, c'è stato chi attribuiva al Ministro tizio o al Ministro calo un certo disegno o una certa complicità o stragismo, poi sono emersi questi fatti che arricchiscono ulteriormente il volume delle notizie che sono in nostro possesso, tutto ciò ovviamente deve imporre all'attuale Ministro dell'interno la possibilità di andare ad accertare se il sistema non ha funzionato, se ciò è stato determinato anche da una certa volontà e da un certo dinamismo per occultare notizie o distorcere alcune situazioni.

Su questo abbiamo impostato l'odierna audizione, altrimenti avremmo anche potuto evitare di sentire nuovamente il Ministro dell'interno perché, dopo aver preso atto della disponibilità e della correttezza dell'onorevole Napolitano, dovremmo prendere atto del fatto che in fondo ogni periodo ha le sue responsabilità. Ora, siamo d'accordo sulle responsabilità politiche, ma per quanto riguarda il Viminale, io ritengo che non si possano dividere i periodi storici, soprattutto quando si parla della pubblica amministrazione e delle responsabilità che tanta gente ha avuto nel corso degli anni.

NAPOLITANO. Onorevole Tassone, io ho inteso il senso di questa audizione - e penso, anzi spero che possa essere risultata utile - per rispondere su quello che il Ministro ha fatto dopo il ritrovamento del famoso deposito di circonvallazione Appia, dal momento della istituzione di una commissione di inchiesta alle conclusioni cui essa è pervenuta, a successive iniziative e, in particolare, a ciò che il Ministro ha fatto e continua a fare in materia di riordino e regolare tenuta degli archivi. Lei mi ha posto delle domande, in particolare sulla possibile riconduzione dello stato insoddisfacente o addirittura grave degli archivi a indolenze. Io penso che sicuramente la componente indolenza vi sia stata, essa direi è in qualche modo inevitabile nelle nostre amministrazioni; se lei però mi chiede se c'è stato dolo, io non sono in grado di rispondere e non penso che competa a me farlo. Lo stesso uso, non casuale, del termine "dolo" invoca l'accertamento di responsabilità penali, che è demandato in questo momento a due procure e a un giudice istruttore.

Nell'anticamera del mio ufficio c'è un grande quadro, che ho trovato lì appeso al muro, con l'elenco dei Ministri dell'interno e dei relativi periodi di permanenza nell'incarico dalla fondazione dello Stato unitario ad oggi. Non risalirò, naturalmente, ad epoche pre o post-giolittiane, ma non posso neanche interrogarmi per quello che riguarda il periodo 1969 - 1980 o quel che sia. Ad esempio, dall'anno tot all'anno x il Ministro era Pinco Pallino, nel periodo successivo il Ministro era tal altro; costui ha controllato o non ha controllato politicamente la tenuta degli archivi? Ebbene, io non credo che lei possa pormi queste domande e chiedermi queste risposte. Pertanto, dal momento che lei mi ha chiesto se mi sento tranquillo, posso risponderle che non mi sento affatto tranquillo per il passato, che mi sento impegnato per il presente e fiducioso per il futuro; pongo l'accento sull'impegnato per il presente.

SARACENI. Mi rendo perfettamente conto dei limiti in cui si può interpellare la responsabilità dell'attuale Ministro dell'interno, che non può evidentemente fare il mestiere dello storico e neanche del magistrato inquirente. Peraltro, voglio dare atto qui della disponibilità di questo Ministro dell'interno non solo in questa sede, ma anche - lo abbiamo detto ieri nell'aula di Montecitorio - per quanto riguarda la grande apertura nei confronti del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti; infatti, per la prima volta, sono stati messi a disposizione, per il diretto accesso, atti e documenti. Questo quindi è fuori discussione. Faccio poi un'altra brevissima premessa. Personalmente ritengo che la vicenda delle Brigate rosse e in particolare l'operazione più grossa da esse compiuta, ossia il sequestro e l'uccisione di Moro, sia un fatto riconducibile, per la maggior parte, alle responsabilità che già si conoscono: non aderisco cioè alle teorie dei complotti, dell'eterodirezione, eccetera, credo che, salvo dettagli, sia abbastanza chiaro quello che è successo. Tuttavia, mi resta ...

NAPOLITANO. Mi scusi, chiedevo notizie su un libro che mi pare sia uscito e di cui non ho preso visione.

SARACENI. Stavo dicendo che credo che quella vicenda sia andata in gran parte per come la si conosce; tuttavia, mi resta un punto al quale veramente non so dare risposta e per questo mi rivolgo al Ministro dell'interno, proprio per vedere se si può svolgere un'indagine mirata, attraverso gli archivi e nei limiti in cui è possibile, su questo aspetto. In una delle scorse audizioni - al riguardo, mi sono appositamente letto anche il resoconto della parte segreta della seduta - il generale Bozzo ci ha confermato che nelle Brigate rosse non ci sono state infiltrazioni, se non un caso, oltre quello famoso di Girotto, del 1976 che ha portato poi allo scontro a fuoco con Renato Curcio. "Da allora" - dice il generale Bozzo - "non c'è mai stata più nessuna infiltrazione nelle Brigate rosse". Ora io credo che sarebbe interessante capire da questo punto di vista se ci fu una scelta in questo senso perché io ricordo sempre il fatto conosciutissimo che in una piccola associazione di ragazzi sbandati, quali erano quegli anarchici cui fu attribuita, in un primo tempo, nel 1969 la strage di piazza Fontana, c'erano ben tre infiltrati: uno della parte politica avversa, uno dei servizi e uno della questura di Roma. Come mai dunque nelle Brigate rosse non ci fu neanche un tentativo di infiltrazione? Ci si provò? Non ci si riuscì? Cosa accadde? Si abdicò all'uso di quello che è sempre stato uno strumento tradizionale, specie in gruppi che agiscono clandestinamente? E’ possibile, secondo il Ministro dell'interno - non so a chi spetti ma vorrei sapere cosa ne pensa -fare un'indagine mirata su questo problema con gli atti che sono a disposizione del Ministro dell'interno.

NAPOLITANO. Ritengo che un'indagine mirata possa essere condotta sugli archivi del Ministero, anche se non so con quante probabilità di ritrovamento di documenti utili non solo perché possono essere stati sottratti alla disponibilità, oltre che non catalogati, ma anche perché può darsi che non siano mai esistiti riscontri cartacei del genere. Un'indagine mirata può dunque essere fatta ma forse dovrebbe essere rivolta a persone, titolari di funzioni, che siano ancora ascoltabili, politiche o operative: polizia di Stato (anzi prima del 1981 non esisteva neppure la polizia di Stato ma le guardie di pubblica sicurezza) e servizi di informazione quali erano anche prima della riforma del 1977, prima della legge n. 801. Non so quante di queste persone siano già state ascoltate nel corso dei ripetuti e lunghi processi sulla questione e anche delle indagini che si sono succedute in sede parlamentare. Comunque si può fare ancora un tentativo, non lo escludo, il fatto stesso che mi venga posto un problema mi stimola a fare una verifica sulla praticabilità di questa indagine.

Personalmente non mi considero, perché non mi ci sono mai dedicato, un esperto di questa terribile vicenda: tendo a simpatizzare con la tesi che il senatore Saraceni ha espresso, ma forse si tratta di una questione di forma mentis perché ci possono essere spiegazioni sufficienti senza bisogno di ricorrere ad altre. Non voglio dire che quelle che appaiono sufficienti siano sempre esaustive però il fatto che abbiano una loro logica e attendibilità è già importante magari per resistere a tentazioni, se si tratta solo di queste, di scoperta di altri nessi o cause. Tuttavia una cosa è che non si sia tentato, un'altra è che non si sia riusciti: all'affermazione che non c'è stato nessun infiltrato nelle Brigate rosse la risposta può essere duplice e cioè che non ci abbiamo nemmeno provato o che ci abbiamo provato e non ci siamo riusciti. Nel secondo caso potrebbe esserci qualche motivazione anche forte, cioè le caratteristiche di questa organizzazione, che credo fossero abbastanza diverse da quelle dell'altra che lei ha citato, in quanto il carattere di alta densità ideologica e di fortissima applicazione organizzativa ne facevano qualcosa di assai meno facilmente penetrabile. E’ vero che abbiamo visto in tempi recenti organizzazioni criminali che si ritenevano impenetrabili, come Cosa nostra, aprirsi largamente non proprio a fenomeni di infiltrazione ma comunque di condizionamento dall'interno da parte della magistratura e delle forze dell'ordine. In ogni caso ho preso nota della richiesta: affronterò il problema con i collaboratori attuali del Ministro che possono darmi qualche traccia per il passato.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro di questo ulteriore impegno che mi suggerisce un'ultima domanda. Lei oggi ha questa responsabilità istituzionale così alta e gravosa, soprattutto per i problemi del presente ma è stato anche un esponente politico di spicco, sia pure dell'opposizione, di gran parte della storia repubblicana ed inoltre è un intellettuale.

La mia domanda è dunque se dalla nuova postazione così importante, come quella del Ministero dell'interno, non le sia venuta la tentazione di rivisitare la storia del paese e di dare oggi risposta ad una serie di interrogativi sul senso complessivo della sua storia, che lei sicuramente come tutti noi si sarà posto nel momento in cui i fatti si svolgevano, o dobbiamo forse aspettare un libro di memorie quando svolgerà una riflessione sulla sua esperienza.

NAPOLITANO. Onestamente non direi che in questo periodo, ormai di un anno e dieci mesi circa, ho tratto particolari suggestioni per una ricostruzione storica delle vicende della Repubblica, al di là degli elementi che credevo di avere in modo più libero e disinteressato, intuito, colto, abbozzato in precedenza: il fatto cioè che moltissime vicende fossero da ricondurre ad una condizione abbastanza speciale in Italia, quella che si è definita tante volte nel passato - anche se adesso sembra che non se ne parli più - di democrazia bloccata e non posso che confermarlo. Parlando di questioni che non sono attinenti alle mie responsabilità attuali, da un lato c'erano le compensazioni ad una opposizione che era esclusa concretamente dalla possibilità di accesso al Governo del paese, da una possibilità di alternanza, ed erano nei rapporti parlamentari, fondamentalmente nel ruolo che veniva riconosciuto al Parlamento in quanto tale, all'opposizione in quanto tale, al di là di ciò che a mio avviso dovrebbe consentire un corretto funzionamento del sistema democratico con le relative nette distinzioni tra responsabilità dell'Esecutivo e quelle delle Assemblee rappresentative e quindi c'era anche una commistione di responsabilità. Ritengo poi che ciò in ultima istanza non abbia giovato al Parlamento, oltre a non giovare ad una limpidezza di confronto tra le parti politiche: il Parlamento ha finito per essere esaltato ipertroficamente in certe funzioni e di fatto sacrificato in altre o messo in difficoltà gravi ad esercitarne altre; in concreto si è esaltata la funzione legislativa senza che si imboccasse per tempo la strada della delegificazione, anzi in sostanza si è percorso per lungo tempo il sentiero della sovralegificazione con grave sacrificio invece della funzione di controllo, non intendendo per controllo solo la presentazione in numero sterminato e su argomenti futili delle interrogazioni. Poi ci sono state complicazioni anche più gravi di quelle che nascevano da questo tipo di compensazione del rapporto con l'opposizione, esclusa da una dialettica reale di alternanza. E si tratta di complicazioni di cui voi vi siete occupati in modo particolare. Però, la convinzione che mi sono formato nel corso di questo periodo trascorso al Ministero dell'interno, che era considerato una sorta di santuario, se è vero .

PRESIDENTE. Cioè un luogo inaccessibile?

NAPOLITANO. No, un santuario dal punto di vista politico, se è vero che anche i partiti alleati per decenni del maggior partito di Governo non hanno mai avuto la titolarità del Ministero dell'interno.

TASSONE. A parte il caso di Romita.

NAPOLITANO. Ma il Governo di unità nazionale era un'altra cosa; dopo il breve periodo del socialista Romita al Ministero dell'interno, se la memoria non mi tradisce, dal 1947 al 1994, quando fu chiamato un parlamentare della Lega Nord a rivestire tale carica, anche i partiti tradizionalmente alleati nelle coalizioni di centro e di centrosinistra non ebbero mai la titolarità del Dicastero dell'interno. Essendo io stato secondo, dopo l'onorevole Maroni, come esponente di un partito politico (poi ci sono stati Ministri tecnici, in modo particolare il compianto presidente Brancaccio e successivamente il dottor Coronas), mi sono chiesto quanto effettivamente, soprattutto in quel Ministero di straordinaria complessità dal punto di vista della struttura e delle competenze, il responsabile politico abbia potuto incidere e controllare, abbia dato direttive, abbia avuto scienza e conoscenza di tutto ciò che quell'apparato faceva. Questo è il quesito più intrigante per me, visto che oggi io, che dichiaro di poter contare sulla leale collaborazione di tutti i settori del Ministero dell'intero, verifico le difficoltà di intervento quotidiano nella gestione di tanti settori di attività. E’ un problema molto serio e - ripeto -va al di là anche della buona fede o della malafede, di intenzioni perverse o di tentazioni di complotto. E’ anche una logica dei grandi apparati burocratici, come in particolare quello del Ministero dell'interno.

PRESIDENTE. Signor Ministro, questa sua ultima considerazione combacia con le esperienze della nostra Commissione. Penso che molto dipenda dalla personalità del Ministro: abbiamo ascoltato Ministri che sembravano pienamente padroni dell'apparato e che hanno avuto anche la lealtà qui in Commissione di assumersi una serie di responsabilità, di spiegarci le ragioni politiche di certe scelte; abbiamo ascoltato però altri titolari del Dicastero dell'interno che chiaramente dimostravano di non essere riusciti a percepire la realtà del problema, che cosa avveniva durante il periodo del loro incarico ministeriale.

DE LUCA Athos. Vorrei chiedere un ulteriore chiarimento. Rispetto agli archivi in cui si è parlato dell'Arma dei carabinieri, il Presidente dava una spiegazione affermando che sono considerati territoriali, per cui non esistono. Allora, è un settore che dobbiamo ritenere inesistente, insondabile, oppure possiamo compiere qualche azione in proposito?

PRESIDENTE. Senatore De Luca, questa domanda dovrà essere rivolta al Ministro della difesa.

NAPOLITANO. Non sono in grado di dirle parola, perché l'Arma dei carabinieri dipende gerarchicamente e strutturalmente dal Ministero della difesa.

DE LUCA Athos. Allora, signor Presidente, a questo punto propongo l'audizione del Ministro della difesa perché sia chiarito questo aspetto.

PRESIDENTE. Esamineremo la sua proposta nell'Ufficio di Presidenza.

Ringrazio il Ministro per essere intervenuto.

La seduta termina alle ore 22,15.

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