Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi
19ª SEDUTA
GIOVEDI 22 MAGGIO1997
Presidenza del Presidente PELLEGRINO
Indice interventi
La seduta ha inizio alle ore 20,15.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.
Invito l'onorevole Pace a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
PACE, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 15 maggio 1997.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.
Comunico che i colleghi Bianchi Clerici e Gnaga mi hanno fatto pervenire la seguente lettera:
"Egregio Presidente,
in merito alla seduta di Commissione convocata il giorno 22 maggio alle ore 20, desideriamo farLe presente l'impossibilità a presenziare a causa di inderogabili impegni politici nei rispettivi territori di appartenenza. In particolare, riguardo alla campagna elettorale per le elezioni politiche nel collegio di Tradate, in programma per il prossimo 1° giugno. Di conseguenza Le chiediamo la cortesia di non prevedere alcun tipo di formalizzazione (per esempio con il voto) delle eventuali decisioni o adempimenti che potrebbero essere individuati nel corso della seduta in oggetto.
Sarebbe, inoltre, a nostro giudizio, auspicabile che lUfficio di Presidenza della Commissione stessa valutasse l'opportunità di convocare le sedute durante le giornate (o serate) di martedì e mercoledì, consentendo così ai componenti di espletare il proprio lavoro nei collegi di provenienza.
Grati per l'attenzione che vorrà prestare alla richiesta, inviamo cordiali saluti".
La stessa richiesta mi ha fatto il senatore Castelli, sempre del Gruppo Lega Nord per la Padania indipendente.
In effetti mi sembra che questa sera (faccio una constatazione rapida) non siamo in numero legale, quindi avremmo impossibilità di procedere con un voto. Propongo allora di iniziare la discussione e di riconvocarci la prossima settimana per formalizzare le decisioni che la Commissione deciderà di assumere.
DISCUSSIONE SULLO STATO DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE: DECISIONI SULLE INIZIATIVE DA ASSUMERE AL RIGUARDO
PRESIDENTE. Informo che sono stati presentati due ordini del giorno, il primo dall'onorevole Fragalà e il secondo dall'onorevole Corsini, ordini del giorno che, per il loro contenuto, mi esonerano da una introduzione dal momento che nel loro insieme li ritengo esaustivi. Il testo degli ordini del giorno è il seguente:
La Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi udito il dibattito svoltosi nelle sedute del 22 e del 27 maggio 1997, dà mandato al Presidente di trasmettere ai Presidenti dei Gruppi parlamentari della Camera e del Senato il presente documento:
considerato che, secondo la legge istitutiva, la Commissione medesima dovrà concludere i propri lavori entro il 31 ottobre 1997; valutato che, la sua proficua ed efficace attività di inchiesta, specialmente nell'ultimo periodo, ha portato alla luce una serie di nuovi elementi che, da una parte, consentono di disvelare scenari e cause prima inesplorati e che, dall'altra, impongono approfondimenti ed analisi assolutamente ineludibili, attraverso acquisizione di documenti, audizioni ed altre iniziative di indagine; ritenuto che, il Parlamento, le forze politiche e l'intera opinione pubblica condividono, come valore essenziale della democrazia, la esigenza che la Commissione medesima raggiunga, compiutamente, l'obiettivo di rendere trasparente e pubblico l'operato di tutte le istituzioni nelle vicende connesse alle stragi ed al terrorismo; tenuto conto che, la Commissione medesima è stata e dovrà essere la sede istituzionale di confronto e di dibattito di tutte le vicende legate ai fatti di terrorismo, di eversione e di violenza politica, ritiene opportuno che il Parlamento proceda a legiferare affinché i lavori della Commissione medesima proseguano oltre il termine stabilito dalla legge istitutiva, attraverso l'approvazione di un provvedimento legislativo che ne determini una durata pari a quella della legislatura, fissando, altresì, i contenuti e le finalità, in assonanza con gli intenti precisati in premessa.
FRAGALA, LEONE, COLA, NAN, TASSONE, GAGLIARDI, MANCA,PACE, CIRAMI, MAROTTA
La Commissione
udito il dibattito svolto nelle sedute del 22 e 27 maggio;
considerato che secondo la legge istitutiva la Commissione dovrà concludere i suoi lavori entro il 31 ottobre 1997 e i Presidenti di Camera e Senato nel conferire l'incarico all'attuale Presidente lo hanno espressamente vincolato ad una conclusione dei lavori della Commissione sulla base della proposta di relazione redatta dallo stesso Presidente nella scorsa legislatura;
che nella presente legislatura la Commissione ha svolto un lavoro proficuo attraverso audizioni e acquisizioni di documenti;
che i risultati di tale ulteriore attività di indagine nella quasi totalità confermano l'impianto categoriale ed interpretativo della proposta di relazione del Presidente;
che dopo oltre nove anni di lavoro è già possibile e insieme necessario che la Commissione esprima, sia pur allo stato delle acquisizioni, un giudizio complessivo in ordine alla quasi totalità degli oggetti di inchiesta;
che spetterà poi all'autonoma valutazione del Parlamento assumere nuove determinazioni normative in ordine o ad una proroga dell'attuale Commissione o alla sua ricostituzione con oggetto eventualmente in parte modificato e ulteriormente definito o alla costituzione di un nuovo organismo parlamentare con compiti di osservatorio su fatti eversivi dell'ordine democratico e sulla funzionalità delle istituzioni rappresentative;
che tali scelte appaiono opportune anche perché su molti episodi stragistici e di terrorismo nuove indagini giudiziarie potranno a breve portare a nuovi accertamenti nonché ad acquisizioni idonee alla formulazione di una rinnovata e più approfondita valutazione;
determina di acquisire la proposta di relazione del Presidente come documento ufficiale dell'inchiesta nonché come base di discussione e quindi come prerelazione conclusiva, dà mandato al Presidente:
di proseguire in un piano organico e programmato di audizioni sino alla fine del prossimo mese di luglio; di redigere sulla base della prerelazione già acquisita un testo di sintesi da dibattere e proporre ad approvazione finale entro la fine di ottobre affinché sia inviato al Parlamento e discusso in sedute d'Aula pubblicizzate attraverso i media.
2 CORSINI, CALVI, CAPPELLA, RUZZANTE, ZANI
FRAGALA. Signor Presidente, senatori deputati, illustro brevemente l'ordine del giorno.
L'esigenza che la Commissione valuti ed eventualmente approvi l'ordine del giorno sottoscritto da numerosi colleghi componenti la Commissione stragi nasce dal fatto che ad un certo punto, nelle ultime settimane, mentre la Commissione acquisiva, attraverso nuovi atti di indagine ma soprattutto attraverso delle audizioni, importanti e nuovi elementi che disvelavano e disvelano scenari assolutamente inesplorati, con riguardo agli scopi e alla finalità di questa Commissione, dagli organi di stampa apprendevamo che al presidente Pellegrino venivano attribuite dichiarazioni e commenti secondo le quali la Commissione stragi aveva esaurito il suo motivo di essere e che era approdata ad un punto definitivo di chiarimento dei fatti, scopo per il quale era nata: per cui doveva andare addirittura "a casa", non essendovi più alcun motivo che ne giustificasse la vita e in particolare la eventuale proroga.
Naturalmente, quando abbiamo appreso dalla stampa queste valutazioni da parte del Presidente, abbiamo posto il problema che la Commissione dovrebbe terminare i suoi lavori proprio nel momento in cui la sua attività di inchiesta è diventata più penetrante e più efficace, e addirittura il momento politico, le condizioni avevano portato alcuni personaggi di primissimo piano, come il senatore Andreotti e l'onorevole Forlani, ma soprattutto personaggi degli apparati istituzionali del passato, come il generale Maletti, a fornire alla Commissione stessa degli elementi e degli spunti che qualche mese fa o qualche anno fa erano assolutamente imprevedibili e certamente irrealizzabili.
Io personalmente, ma anche tantissimi colleghi della Commissione, ci siamo posti la domanda del perché la stampa attribuisse al presidente Pellegrino una volontà di concludere i lavori di una Commissione che proprio in questo momento appare invece uno strumento utilissimo per disvelare scenari, motivazioni e cause rispetto alla stagione dell'eversione, delle stragi e degli attentati alla democrazia, che sono di assoluta importanza. Abbiamo invece ritenuto che il momento utile per una discussione attorno a questi atteggiamenti fosse proprio la Commissione, in particolare con la discussione di ordini del giorno; abbiamo ritenuto, infatti, che la scadenza ufficiale, quella prevista dalla legge istitutiva del 31 ottobre 1997, naturalmente non vincolasse la Commissione, se non sul piano esclusivamente formale, in quanto la Commissione stessa avrebbe potuto fornire un indirizzo al Parlamento, ai Gruppi parlamentari, teso ad evidenziare l'esigenza che si proseguissero, si prorogassero i lavori, ma soprattutto si formulasse un nuovo disegno di legge che desse alla Commissione una serie di indirizzi, di contenuti e di finalità certamente diversi rispetto a quelli della precedente legge istitutiva.
L'ordine del giorno, quindi, scaturisce da questo, ma anche da un opinione, da una valutazione che è esattamente opposta a quella che è stata rappresentata nel suo ordine del giorno dall'amico e collega onorevole Corsini. I sottoscrittori dell'ordine del giorno che ho l'onore di presentare, infatti, ritengono che la bozza di relazione del senatore Pellegrino sia ampiamente superata sia dal punto di vista categoriale, come rappresentato dall'onorevole Corsini, sia dal punto di vista delle analisi e delle introspezioni rispetto ad avvenimenti, scenari e fatti che in quella relazione - come lo stesso presidente Pellegrino, con la lealtà e l'umiltà intellettuale che gli riconosciamo, ha più volte ammesso - appaiono avere una datazione che rispetto alle acquisizioni di questo ultimo anno e mezzo dell'inchiesta della Commissione porta ad escludere che, come ritenuto da qualcuno, tale bozza di relazione del Presidente sia esaustiva ed esauriente del quadro, dello scenario, delle motivazioni, della stagione dell'eversione, delle stragi e della violenza politica nella nostra Italia.
Credo che la Commissione debba porre due ordini di indirizzo al Parlamento. Naturalmente, nulla vieta che la bozza di relazione del senatore Pellegrino rimanga agli atti della Commissione, così come gli interventi del Presidente e di tutti noi, come le valutazioni e le prospettazioni che nel corso dell'attività d'inchiesta della Commissione ogni singolo componente ha fatto per iscritto od oralmente. Naturalmente noi riteniamo che la bozza di relazione non possa essere un punto di partenza o conclusivo rispetto alla ricostruzione storico-politica delle motivazioni e soprattutto delle cause per cui in Italia certi fatti di terrorismo e di eversione non hanno trovato un chiarimento. In particolare, credo che questa relazione debba essere ampiamente rivisitata alla luce ed alla stregua di tutti gli elementi che abbiamo acquisito nelle ultime settimane.
Credo, invece, che un ordine del giorno alla fine potrebbe trovare la condivisione non soltanto della stragrande maggioranza di questa Commissione, ma addirittura di tutti i suoi componenti; tale ordine del giorno non dovrebbe partire da posizioni pregiudiziali di chi dice "condivido una bozza di relazione, il suo metodo, il suo contenuto, la sua analisi, la sua interpretazione dei fatti e la sua ricostruzione" perché su ciò - lo dico subito con estrema lealtà - chiaramente non potrei essere d'accordo. Infatti, la relazione pecca per datazione, ma soprattutto per inadeguatezza rispetto agli elementi nuovi che sono emersi ed anche per una certa storiografia sociologica, assolutamente ideologizzata, che si nutre di paradigmi e di stereotipi che credo non possano essere consegnati - amico e collega Corsini - non solo al Parlamento italiano, ma neppure alla storia, perché questa ricostruzione diventerebbe soltanto motivo di polemica politica o addirittura di polemica libellistica; credo, invece, che al Parlamento la Commissione nel suo insieme dovrà poter fornire un contributo complessivo di ricostruzione del periodo e della stagione dell'eversione, della sovversione, della violenza politica e del terrorismo attraverso un'interpretazione obiettiva, che dia anche conto del perché in certi momenti storici certe parti politiche hanno ritenuto di essere miopi, di non guardare all'essenza dei problemi, di non saper separare la posizione politica, partitica e ideologica dal dovere interpretativo di vicende e di fatti senza capire i quali, evidentemente, la storia, ma soprattutto il futuro della nostra democrazia, continuerebbero ad avere dei buchi neri: condizioni che potrebbero far ripetere esperienze che invece noi non vogliamo assolutamente che si ripetano più e che vogliamo non abbiano più nessuna possibilità di protagonismo nella storia politica del nostro Paese.
Per ottenere questo risultato credo che non sia assolutamente necessario che improvvisamente siamo tutti colpiti dall'esigenza che perché sono trascorsi nove anni, o anche cinque o venticinque, abbiamo un dovere di produzione cartacea rispetto al lavoro fatto. Potremmo anche accedere a questa soluzione, così come avviene nella Commissione antimafia in cui ogni sei mesi si fa una relazione sul lavoro svolto: una scelta di metodo che non c'entra con il problema che sono passati nove anni dal momento in cui hanno avuto inizio i lavori della Commissione.
L'esigenza, a mio avviso importante, che dobbiamo porci nel momento in cui con un ordine del giorno impegnamo, attraverso i Gruppi politici presenti in Parlamento, l'intero Parlamento è che si riconosca alla Commissione cosiddetta stragi innanzi tutto una funzione importante nell'attualità. Infatti, soprattutto nell'ultimo periodo, caduti gli steccati ideologici, rallentati i vincoli ideologici e trovata una condizione generale dal punto di vista politico per cui tanti personaggi sono disposti a dire cose che prima non avrebbero mai potuto o voluto riferire, e necessario allora che il Parlamento, le forze politiche e l'opinione pubblica condividano un valore essenziale per la democrazia e cioè che questa Commissione possa diventare il luogo istituzionale di dibattito e confronto sui problemi legati all'operato delle istituzioni nel passato riguardante le vicende connesse alle stragi e al terrorismo ma che anche per il futuro possa rappresentare un momento di confronto e di dibattito per quanto riguarda il valore condiviso che in una democrazia gli interventi degli apparati istituzionali siano tutti trasparenti.
Non sto qui a ricordare quante inquietanti domande ci siamo posti, per primo il presidente Pellegrino, rispetto alla vicenda della cosiddetta Armata del Governo Serenissimo di Venezia: non sto qui a ricordare come in questo momento sia avvertita nell'intero paese l'esigenza che si aprano tutti gli armadi e tutti i cassetti e si renda pubblico l'operato di tutti gli apparati istituzionali rispetto alle vicende politiche ma soprattutto rispetto alle vicende dell'eversione politica.
Credo dunque che dopo un dibattito complessivo dobbiamo arrivare ad una soluzione da indicare al Parlamento e ai gruppi politici. Non credo che sia utile che noi rappresentiamo un ventaglio di opzioni e di possibilità, così come mi pare rappresenti l'onorevole Corsini, perché a mio avviso questa Commissione dovrà essere trasformata in una Commissione di legislatura come l'antimafia. che mantenga i poteri d'inchiesta come quella, ma una Commissione che soprattutto possa dare una risposta a quelle che ho chiamato le esigenze ineludibili dell'intera opinione pubblica affinché si faccia luce su quanto è avvenuto in passato e su quello che potrebbe continuare a succedere anche nel presente.
PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Fragalà. Lei ha illustrato il suo ordine del giorno poi però è intervenuto pure sull'ordine del giorno presentato dall'onorevole Corsini. Debbo dunque ritenere che nella prima parte ha parlato a nome di tutti i firmatari, per la seconda che il suo sia un intervento a titolo personale. Non perché gli altri non possano condividere quanto da lei affermato, ma in quanto le avevo dato la parola come firmatario dell'ordine del giorno.
GUALTIERI. Vorrei sapere chi sono gli altri firmatari degli ordini del giorno Corsini e Fragalà.
PRESIDENTE. I firmatari dell'ordine del giorno Fragalà sono: Leone, Cola, Tassone, Manca, Fragalà, Nan, Gagliardi, Pace, Cirami e Marotta.
CORSINI. I firmatari dell'ordine del giorno da me presentato, oltre me, sono Calvi, Cappella, Ruzzante e Zani.
Ho ascoltato con attenzione, come merita, per la stima che porto nei suoi confronti, le argomentazioni esposte dall'onorevole Fragalà e, constato che una delle sue proposte è esplicitamente ventilata nel testo che io e altri abbiamo avanzato alla vostra attenzione. Non mi limiterò ad illustrare i passaggi e le ipotesi di prosecuzione dei lavori fino all'approdo di un testo da presentare alle due Camere, ma cercherò di motivare le ragioni che sono sottese a questa proposta.
Innanzi tutto una valutazione sul lavoro svolto in questa legislatura da questa Commissione: indubbiamente un lavoro proficuo e positivo che ha consentito, attraverso significative audizioni e l'acquisizione di materiale documentale certamente rilevante, nonché di perizie che sono state sottoposte alla nostra attenzione, di definire una raffigurazione più compiuta, più ricca ed articolata del fenomeno dello stragismo politico e della vicenda terroristica che costituiscono il mandato d'esame conferitoci.
Tutti abbiamo constatato che la Commissione ha visto presenze numericamente non rilevanti ma questo non ha impedito che il corso dei lavori sia stato caratterizzato da un dibattito estremamente franco, corretto e aperto e anche ciò mi pare di poter assegnare ad un bilancio positivo dei lavori svolti.
Credo che il lavoro che il presidente Pellegrino ci ha consegnato come risultato dell'attività della Commissione sviluppata nella precedente legislatura costituisca per molti versi un punto di riferimento non eludibile. Ciò è dovuto sia per il rispetto che possiamo e dobbiamo portare al Presidente sia per il rispetto che dobbiamo portare ai colleghi che ci hanno preceduto. Così pure credo che le altre relazioni, che costituiscono il bagaglio documentale, direi la saggistica che abbiamo a disposizione, elaborate dal collega Gualtieri e dagli altri Commissari definiscano un complesso di acquisizioni che certamente assume un significato positivo nella valutazione generale della vicenda pluriennale di questa Commissione.
Nella fattispecie, per quanto riguarda la proposta di relazione del presidente Pellegrino, le audizioni e i materiali documentali che abbiamo potuto acquisire non mi pare che sostanzialmente non cambino l'impianto categoriale e interpretativo della proposta di relazione presentata in conclusione nella scorsa legislatura. In effetti, se prendiamo in considerazione gli strumenti concettuali abbastanza raffinati che provengono sia dalle ricerche storiografiche che dagli accertamenti dei magistrati mi pare che questo impianto possa costituire un canovaccio utile, fecondo per l'interpretazione complessiva dei fenomeni. Mi permetto di richiamare alcune di queste categorie che possono essere oggetto di valutazione tra loro contrapposte ma che comunque rimandano ad un universo concettuale che tutta la ricerca di cui disponiamo ampiamente tematizza.
Il tema per esempio del doppio Stato, del potere invisibile, la suggestione anche filosofica degli arcani imperi, il fatto che il nostro sia stato un paese di frontiera, l'idea di una doppia consociazione, la categoria politologica della democrazia bloccata e incompiuta fino alle letture estreme del fenomeno, la teorizzazione dello Stato delle stragi (dove il genitivo ha valenza sia di tipo soggettivo sia di tipo oggettivo), la periodizzazione della vicenda stragistica, in particolare del quindicennio dal 1969 al 1984, sulla base di uno schema di lettura che distingue tra una fase caratterizzata da un'impronta esplicitamente politico-ideologica ed una successiva fase caratterizzata da un'impronta politico-affaristica: il fatto che, mentre per quanto riguarda il terrorismo rosso e le vicende mafiose (mi riferisco alle drammatiche stragi di Capaci e via D'Amelio) molti santuari siano stati scoperchiati, mentre al contrario per le vicende dello stragismo politico, proprio perché lì opera per molti versi quello che è stato definito l'antistato o l'altro Stato, ciò non è avvenuto, l'utilizzo della categoria dell'oltranzismo atlantico; il fatto che in Italia si sia sviluppata una guerra civile a tensione variabile dipendente dalle diverse stagioni politiche; e ancora, il riscontro di vicende di omertà, i depistaggi, e falsificazioni, le omissioni, le complicità, il fatto che a fianco di una Gladio militare abbia operato una sorta di Gladio civile con delle caratteristiche diverse (come opportunamente evidenzia, in un documento che ho appena scorso, il collega Libero Gualtieri). Sembra che questo complesso categoriale costituisca un riferimento che non è possibile rimuovere o esorcizzare.
Come procedere e dar vita ad una nuova fase dei lavori? Anche alla luce di nuove vicende venute allo scoperto, credo che non sia secondaria la ripresa di attenzione dell'opinione pubblica anche grazie all'intervento di molti seri e consapevoli giornalisti, che hanno talvolta ripreso le ricerche o che con la pubblicazione di articoli hanno offerto anche a noi utili strumenti di comprensione. A questo punto ritengo doveroso da parte nostra rendere conto al Parlamento e all'opinione pubblica dei principali punti di approdo del nostro lavoro.
Proprio perché ho ascoltato e considero niente affatto peregrine ed estemporanee le argomentazioni del collega Fragalà, dirò che anche la Commissione Moro o altre Commissioni di inchiesta, come quella sulla P2, non hanno protratto all'infinito i loro lavori: ad un certo punto della loro elaborazione hanno ritenuto non dico di mettere la parola "fine" - non è un caso che anche questa Commissione abbia ripreso spunti, suggestioni o temi, per la necessità di ripensare e riaggiornare la nostra comprensione e la nostra valutazione su certe vicende -, ma resta il fatto che a nove anni dalla costituzione di questa Commissione è venuto il momento di assumere la responsabilità di dire alle Camere e all'opinione pubblica qual è il punto di approdo, il grado di verità storico-politica che è stato acquisito sulla stagione dello stragismo politico. Il che non implica assolutamente di essere sordi o ciechi rispetto al fatto che nuove acquisizioni documentarie, nuovi rinvenimenti di materiale e nuove inchieste giudiziarie possono ulteriormente arricchire, approfondire e rendere più compiuto il grado delle nostre consapevolezze.
Nell'ordine del giorno che ho proposto all'attenzione della Commissione individuo tre possibilità, correttamente affidate alla scelta che le Camere opereranno anche alla luce del dibattito che emergerà. La prima possibilità, collega Fragalà, è esattamente quella che lei richiamava, che non mi sento assolutamente di escludere, anzi: potrebbe essere una ipotesi assolutamente interessante. Infatti nell'ordine del giorno preciso che: "spetterà poi all'autonoma valutazione del Parlamento assumere nuove determinazioni normative in ordine o a una proroga dell'attuale Commissione" - non mi sento assolutamente di escluderla, potrebbe essere una ipotesi seria e utile da perseguire - "o alla sua ricostituzione con un oggetto eventualmente in parte modificato, ulteriormente definito" - cosa che scaturirebbe da una esigenza che anche noi abbiamo posto. Se non sbaglio, quattro erano gli oggetti che in modo particolare abbiamo ritenuto di preferenziare: piazza Fontana, piazza della Loggia, Gladio e la questione drammatica su cui bisogna promuovere tutti gli sforzi possibili che riguarda Ustica. Terza ipotesi che avanzo nell'ordine del giorno, e non come la volontà di una deprivazione delle ipotesi sollevate dal collega Fragalà ma come un contributo, un arricchimento, unulteriore ipotesi che responsabilmente il Parlamento può assumere, è la seguente: "... dare vita ad un osservatorio sii fatti eversivi dell'ordine democratico e la funzionalità delle istituzioni rappresentative ". Ritengo che in questo paese oggi si stiano consumando alcune vicende eversive dell'ordine repubblicano.
Proporre un ventaglio di ipotesi non mi sembra costituisca una deprivazione, una sminuizione del nostro ruolo ma la necessità di ripensare in modo adeguato alla sua contemporaneizzazione; un ruolo che sia acclimatato con la nuova stagione che prima il collega Fragalà delineava con parole che condivido. Una stagione che ha visto la caduta dei bastioni ideologici e dei muri della contrapposizione frontale, che va nel segno di una interiorizzazione comune e condivisa dei valori democratici e liberali dello stato dì diritto. Questa nuova stagione impone a noi una riflessione che amplii il dettaglio delle possibili ipotesi che possiamo percorrere. E' venuto il momento di investire anche il Parlamento di questa responsabilità e di assumerci noi la responsabilità anche rispetto ad una opinione pubblica che non ha visto soddisfatta ad oggi per molte vicende appagata la sua sete di giustizia e non ha visto soddisfatta l'esigenza di acquisire una verità che è stata per molti versi nascosta, celata da qualcuno, che non è stata portata alla luce, fuori dal suo nascondimento. Queste sono le ragioni per cui ho avanzato questa proposta.
Operativamente come possiamo procedere?
La relazione del presidente Pellegrino costituisce un punto di riferimento: mi rendo conto che non potrà universalmente essere condivisa, però al di là degli arricchimenti e delle correzioni che possono essere introdotti, può essere condivisa. Ad esempio non ho alcuna difficoltà a dire che a proposito di una pagina di quella relazione, laddove il nostro Presidente discute del grado di interiorizzazione dei valori democratici della classe politica al Governo negli anni delle stragi, in cui scriverei parole più critiche, dure e problematiche. Tuttavia quell'impianto categoriale non mi sembra frutto di improvvisazione, anzi è il segno di un lavoro che ha prodotto risultati significativi.
Visto che fino ad oggi abbiamo lavorato e proceduto in modo unitario, potremmo stabilire un programma di audizioni definite, per sentire personaggi che possono offrirci un quadro globale in ragione delle responsabilità che hanno detenuto per i loro ruoli di Governo (si sono fatti già alcuni nomi); condurre altre audizioni programmate (peraltro con il collega Fragalà abbiamo intendimenti comuni circa l'individuazione dei personaggi); portare a compimento questa fase entro la fine del mese di luglio; dedicare i mesi di settembre ed ottobre ad un confronto serrato (abbiamo molto discusso nel corso delle audizioni, ma un confronto tra di noi sulla interpretazione globale del fenomeno non lo abbiamo ancora enucleato; anche sotto questo profilo credo sia giunto il momento di una verifica comune delle acquisizioni e del grado di condivisione di una lettura di sintesi) per poi elaborare un testo da sottoporre alle Camere.
Si può elaborare un testo di sintesi da proporre alle Camere, oppure più testi perché è possibile che non vi sia una condivisione di analisi e di sintesi del fenomeno. Di ciò non mi scandalizzerei perché sarebbe segno di democrazia operante e di dialogo attivo e non di attitudine passiva. Credo che una volta compiuta questa discussione, debba esserci un voto nell'ambito di una realtà di cui Parlamento e opinione pubblica abbiano piena contezza dello sviluppo dei nostri lavori. Infatti, a me pare che l'opinione pubblica conosca le nostre posizioni a livello del giudizio che diamo di questo o quell'argomento con dichiarazioni stampa, con prese di posizione, a seconda di quello che il singolo magistrato o testimone o esponente politico dichiarano nelle audizioni, mentre non conosce l'orientamento complessivo della Commissione.
Dunque questo dibattito va fatto nella piena assunzione dell'autorevolezza del Parlamento e va pubblicizzato attraverso i media perché il Paese sappia come le istituzioni rappresentative fanno i conti con queste vicende drammatiche che hanno visto non remunerate anche le attese delle famiglie delle vittime. Ho pensato anche a loro quando ho redatto questo testo, perché è giusto che le famiglie delle vittime dopo quattordici anni dalla strage del 1984 e dopo quattro anni dalle stragi del 1993 sappiano cosa pensa il Parlamento della vicenda che si è consumata.
Dopo tutto ciò, alla luce del punto d'approdo definitivo, credo che in questa Commissione e nell'ambito dei Gruppi parlamentari si possa insieme decidere lungo le tre direttrici che ho indicato, perché non mi sembra un fatto deflagrante o tale da portare a laceranti divisioni.
A maggior ragione mi sono sforzato con i colleghi di assumere le motivazioni che l'onorevole Fragalà ha proposto. Mi sembra corretto che ciascuno si faccia carico degli argomenti degli altri, se la democrazia è persuasione reciproca. Ritengo che le tre prospettive delineate ci spingano alla riflessione e in nessun modo credo bloccano la discussione o prefigurano una soluzione già precostituita. Mi sembra anzi una proposta assolutamente aperta, elaborata con atteggiamento di dialogo, come sempre abbiamo fatto e queste sono le ragioni che intendo sottoporre all'attenzione dei colleghi.
PRESIDENTE. Vorrei dire alcune cose di carattere metodologico. Noi dobbiamo distinguere ciò che è nella disponibilità della Commissione da ciò che non è e che possiamo soltanto auspicare. Onorevole Fragalà, voglio dire che se avessimo la certezza che prima del 31 ottobre intervenisse una legge dì proroga di questa Commissione, probabilmente non sarebbe stata necessaria la convocazione della seduta di oggi e di quella della prossima settimana. Indubbiamente siamo in una fase molto interessante, soprattutto se potessimo pensare ad una prosecuzione dei lavori per un tempo pari a quello della legislatura e potessimo pensare ad una durata normale della legislatura. Certamente nell'arco della legislatura ci troveremmo di fronte alla possibilità di proseguire utilmente la nostra inchiesta. Io condivido quello che hanno detto gli onorevoli Fragalà e Corsini, effettivamente in questa legislatura abbiamo avuto momenti di forte acquisizione di novità. Ad esempio, ritengo tale l'audizione del generale Maletti e riterrei sotto questo profilo estremamente interessante l'audizione che l'onorevole Fragalà ha proposto di Bettino Craxi, perché secondo me chi oggi è fuori dal sistema può covare verso il sistema una tale carica di risentimento da farlo parlare. Naturalmente dovremmo fare un filtro rispetto a quanto ci verrebbe detto. Tutto ciò che Maletti ha detto a sua difesa non lo assumo per intero, però molte delle cose che ha detto, alcune delle quali hanno avuto autorevole conferma, mi sembrano decisive. Maletti ci ha detto che fino al 1974 non era mai stato spiegato se dovevano o no difendere la Costituzione e poi Andreotti ci ha detto che la svolta ci fu nel 1974: questi sono riscontri. Dal 1974 in poi l'apparato di sicurezza di intelligence ha operato soprattutto nel senso di troncare alcuni rapporti con la Destra radicale per stringere sulla Destra radicale e questa mi sembra una cosa emersa con sufficiente chiarezza. Resta il problema di stabilire fino a che punto queste istruzioni, questo input sia stato seguito fino in fondo.
Se avessimo dunque questa certezza sarei anch'io d'accordo nel proseguire l'inchiesta. Noi stiamo lavorando, cerchiamo di essere ordinati e anche prudenti. Vorrei dire al senatore De Luca che il Ministero dell'interno non conosce affatto i nomi degli informatori contenuti nell'elenco sequestrato dal giudice Mastelloni proprio perché l'ha sequestrato e il Ministro dell'interno non ne conosce il contenuto. La relazione Caramazza è solamente una relazione di inchiesta amministrativa che il ministro Napolitano ci aveva preannunciato, che ha consegnato ai presidenti del Parlamento e che io sto aspettando dal Presidente del Senato. Dobbiamo dunque stare attenti a non dare messaggi che possono essere fuorvianti.
Se potessi dunque avere la certezza della proroga non vi avrei convocato questa sera per una discussione ma forse per una audizione. Ma chi mi dà questa certezza? Se la proroga non vi fosse, il 31 ottobre cosa dovrei fare? Dovrei presentare una relazione ai presidenti del Parlamento in cui affermo di essere rimasto indifferente ad un mandato che mi imponeva di chiudere entro il 31 ottobre ad un mandato preciso che i Presidenti del Parlamento mi hanno dato, quello di chiudere i lavori della Commissione. Dobbiamo quindi mediare questi due punti di vista: ciò che possiamo auspicare e ciò che comunque dobbiamo fare perché è nostro dovere istituzionale, perché ci viene dalla legge istitutiva della Commissione che non è legge di proroga perché la nostra Commissione è nuova rispetto a quelle precedenti e perché questo è il personale mandato dai presidenti del Parlamento. Dobbiamo quindi prepararci ad uno scenario rispetto al quale siamo in grado di sapere come comportarci in caso di mancata proroga.
TASSONE. Questa non è una Commissione nuova, noi siamo in regime di proroga.
PRESIDENTE. No, perché la legge è intervenuta dopo la scadenza del termine della precedente Commissione di inchiesta. Tanto è vero che io sono stato rinominato Presidente con un mandato specifico che teneva conto della legge istitutiva. Questa Commissione ha avuto alcune leggi di proroga e alcune leggi di ricostituzione: vi è proroga quando la legge interviene prima della scadenza del termine.
Vorrei dunque evitare un esito del genere e penso che tutti dovremmo avere questo interesse. La Commissione dopo il 31 ottobre potrebbe non essere ricostituita e se noi non fossimo preparati a questo, a cosa sarebbe servito il nostro lavoro, che figura farebbe il Parlamento? Vi sarebbe stato un organo di inchiesta che non ha concluso i lavori. Dobbiamo dunque assumere una conclusione che sarà intrinsecamente di tipo provvisorio. Se il Parlamento prorogherà la Commissione avremo uno spazio operativo più lungo, ma dobbiamo essere preparati all'ipotesi in cui la proroga non vi sia.
Per quanto riguarda il problema relativo alla mia proposta di relazione, devo dire con tutta la modestia possibile che, con tutto ciò che è successo in questa legislatura, gli elementi di conferma delle mie ipotesi mi sembra facciano aggio sugli elementi che invece imporrebbero delle correzioni. Uno degli aspetti su cui forse dovrei correggere le mie affermazioni riguarda l'atteggiamento della classe politica rispetto ai Servizi. Effettivamente, in questo caso, il giudizio che ho espresso è valido fino al 1974, mentre, per quanto riguarda gli avvenimenti che vanno da quella data in poi, oggi abbiamo degli elementi che impongono una correzione. Se i colleghi mi faranno la cortesia di rileggere l'interrogatorio di Maletti, che tutti riteniamo interessante, si accorgeranno che tutte le volte che a Maletti ho detto: "nella proposta di relazione - che lui aveva letto - ho ipotizzato questo ... ", il generale ha risposto che si trattava di un fatto vero o comunque di un'ipotesi fortemente verosimile. Pensiamo per esempio a Gladio: avevo ipotizzato che ci fosse un livello sotterraneo di Gladio, che non conosciamo, oppure che Gladio era stata pensata in funzione dell'attivazione di strutture parallele e Maletti ha affermato che sono vere tutte e due le ipotesi. Non voglio dire che dobbiamo prendere per oro colato ciò che ha detto, però comunque non mi sembra che abbia smentito la proposta di relazione. Nel primo capitolo' della relazione avevo scritto che mi sembrava fortemente probabile che ci fosse anche una Gladio civile e gli accertamenti di questi ultimi giorni hanno dimostrato che si trattava di una ipotesi giusta.
FRAGALÁ. Non mi pare. E esattamente il contrario! Chi sa leggere può notare che l'accertamento di Mastelloni dimostra il contrario.
PRESIDENTE. No, mi scusi, onorevole Fragalà. Lei può dimostrare il contrario, dal suo punto di vista, per quanto riguarda il tipo di operatività, ma che ci fosse una struttura parallela che facesse capo al Viminale, l'avevo...
FRAGALA. Allora anche i ROS e il GICO sono strutture parallele!
PRESIDENTE. Non è così. Aveva il carattere della rete non istituzionale. Poi ne discuteremo.
FRAGALA. Allora la cassa del Capo della polizia, gli informatori.
PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, io non l'ho interrotta, quindi per cortesia mi lasci continuare. Io penso che si tratti di una conferma delle ipotesi avanzate nella proposta di relazione. Anche Gladio era finanziata da fondi pubblici.
FRAGALA. Perché Gladio era legittima!
PRESIDENTE. Ma era una rete clandestina cioè non era conosciuta, non si sapeva che ci fosse quella rete, che in uffici privati dei capoluoghi di regione esistessero - fuori dalle questure - apparati di sicurezza soprattutto dal 1978 in poi, quando l'attività di intelligence era riservata al SISDE: si tratta indubbiamente di una deviazione istituzionale. Ovviamente con le dovute diversità, però era ciò che intendevo quando dicevo che con le leggi sulla protezione civile si voleva formalizzare qualcosa che probabilmente era esistente.
Autorevolissime conferme, poi, sono venute dalle parti politiche. Così come mi dà atto di onestà intellettuale, lei dovrebbe riconoscere che alcune sue posizioni, pienamente sostenibili, sono sue posizioni personali, che sono state smentite da dichiarazioni pubbliche del segretario del suo partito. L'onorevole Fini ha affermato che è tempo di riconoscere che la Destra radicale è stata usata come manovalanza ed ha aggiunto che però si deve ancora capire chi l'ha manovrata. Secondo me questa è una dichiarazione molto importante, che rispetto, e che mi sembra non vada in contraddizione con quei tipi di strumenti interpretativi di cui parlava l'onorevole Corsini.
A tutto ciò aggiungo la conferma del mandato che ho ricevuto dai presidenti Mancino e Violante, i quali hanno letto la proposta di relazione e mi hanno dato l'input per chiudere i lavori, non facendo approvare quella relazione, ma ponendo questa come ipotesi ricostruttiva intorno alla quale articolare un dibattito. Qualche giorno fa, a Brescia, si è tenuto un dibattito, a cui hanno partecipato l'onorevole Selva e il ministro Napolitano. Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente l'onorevole Selva per aver letto lunghi brani di quella proposta di relazione e per aver espresso apprezzamento su di essa, concordando anche con l'onorevole Napolitano sul fatto che è ormai tempo che il Parlamento dica al paese parole di verità.
Bisogna anche ricordare le posizioni del Presidente della Camera, il quale ha affermato più volte che è necessario dire al paese che in realtà è proseguita una guerra civile anche dopo la costituzione della Repubblica. Personalmente, ho considerato queste parole come una conferma di un'ipotesi ricostruttiva.
Ma il problema - lo ripeto - è metodologico. Se avessi la certezza che il Parlamento approvi una legge di proroga, proporrei di continuare a svolgere indagini almeno fino a tutta la fine di luglio. Ma è chiaro che se dopo la pausa estiva la legge di proroga non sarà stata approvata, ho il dovere istituzionale di presentarvi un documento e chiedervi di votarlo. Poi, democraticamente, la Commissione potrà approvarlo o meno, ma io mi auguro soprattutto di poter disporre di altri documenti. Il senatore Gualtieri, per esempio, ha prodotto una serie di documenti secondo me ben fatti, molto importanti e di cui certamente terrò conto nell'elaborare questo tipo di relazione conclusiva. Riconosco che nella proposta di relazione la descrizione di una serie di fenomeni probabilmente è inutile, pleonastica. Non c'è nessun bisogno che il Parlamento ci dica che cosa sono state le Brigate rosse, perché questo lo sappiamo, oppure descriverne la formazione e i vari episodi. C'è tutto un aspetto narrativo che forse non è proprio di un documento politico e parlamentare. Mi sembra invece che un documento di sintesi, magari di cento pagine, che esprima una valutazione di insieme, sia un documento su cui più facilmente si possa aprire un confronto più politico all'interno della Commissione per approvarlo o meno. Ci potranno essere anche documenti diversi sui quali si potrà formare una diversa maggioranza. Però a questo punto abbiamo il dovere di misurarci con questo obbligo istituzionale, cioè di esprimere una valutazione, che magari non sarà conclusiva ma che tutti riteniamo possibile già agli atti. Rifiuto ciò che ci ha detto il senatore Andreotti cioè che non possiamo dire ancora niente perché è necessario essere prudenti dal momento che molti chiarimenti dovranno intervenire.
FRAGALA. Però, se lo dice lui!
PRESIDENTE. Forse proprio perché lo dice lui può darsi che non sia l'atteggiamento più valido che il Parlamento della seconda Repubblica dovrebbe prendere per porre una parola non voglio dire conclusiva, perché in questi casi una conclusione definitiva non c'è mai. Però sarebbe grave ritenere che non possiamo esprimere una valutazione allo stato delle cose, degli atti e delle acquisizioni. Se abbiamo tempo per ricevere ulteriori acquisizioni, ben venga. Ma se il primo settembre non ci sarà stata la proroga, che cosa possiamo fare logicamente se non cercare di formulare una conclusione provvisoria? Quanti libri abbiamo letto che alla fine hanno un capitolo intitolato "conclusione provvisoria". Qualsiasi libro di storia in fondo propone conclusioni provvisorie, perché niente può escludere che successivamente emergano nuovi documenti, nuovi accertamenti e nuovi strumenti di analisi e la storia viene fatalmente riscritta. Che poi ciò avvenga da parte di un organo politico come il Parlamento, questo è ancora più naturale.
DE LUCA Athos. Signor Presidente, sarò molto rapido. Innanzitutto anche io penso che la sua relazione non sia peregrina. Ritengo che lei abbia colto - e mi auguro che lo faccia anche nel prosieguo - che forse i tempi nel nostro paese sono maturi e le condizioni politiche che tutti noi abbiamo creato ci consentono oggi di fare ciò che questa Commissione in passato non ha potuto fare. Quindi questa è un'occasione storica, importante. Per la verità, Presidente, mi consenta di aggiungere che sarei orgoglioso del fatto che il Governo che sostengo fosse, dopo tanti anni, proprio quello che riuscisse insieme al Parlamento a far luce su queste vicende così drammatiche del nostro paese. Quindi vi sono molte ragioni per cui credo che sia necessario prendere atto del fatto che il nostro lavoro ha messo in luce e ha aperto verità o spiragli di scenari nuovi, che molti giudici si sono attivati su indagini e anche con mentalità nuove, diverse. Anche essi, secondo me, risentono delle condizioni diverse e quindi affrontano questa problematica scevri da luoghi comuni, da letture del passato e quindi con l'animo libero per appurare effettivamente la verità sapendo che in questo caso giova a questa Repubblica e al nostro Paese. Oggi si parla di spirito costituente e tutti i partiti sono intorno ad un tavolo per cercare di dare nuove regole al paese e per confermare la democrazia perché questa ha bisogno ogni tanto, di guardarsi allo specchio come facciamo noi uomini per correggerci e ridare slancio alla nostra vita. Ecco il momento che il nostro Paese sta vivendo.
Signor Presidente, in presenza di tale spirito, credo sarebbe un errore politico se noi ponessimo fine per un fatto temporale, ad un lavoro che si sta facendo e privarne oggi il Paese anche in questa fase nuova e delicata. Qualcuno ha citato gli avvenimenti del Veneto, ma ce ne sono anche altri quale quello del colpo sparato all'università di Roma che mi ha turbato che vorrò capire meglio anche per stabilire come possa essere successo visto che sino ad oggi non me ne sono convinto. Ma al di là di queste suggestioni personali, privare il paese di un punto di riferimento istituzionale dove sono rappresentate tutte le parti politiche con i poteri investigativi e l'autorevolezza di cui dispone questa Commissione a parer mio sarebbe, prima di tutto, male interpretato. Potrebbe sembrare come se volessimo archiviare e chiudere qualche cosa non avendo acquisito il possibile. Stiamo attenti a non apparire come quelli che vogliono chiudere la Commissione stragi, perché non vogliono più che si indaghi è ciò che dico ai colleghi. Noi viviamo qui dentro, ma molta gente vive al di fuori di queste Aule e potrebbe dire che la Commissione è stata chiusa perché magari stava emergendo la verità.
Al di là di questo, anche perché non dobbiamo essere sotto le pressioni e le suggestioni esterne, sarebbe un errore politico, lo ripeto, porre fine ai lavori di questa Commissione. Non propongo una mediazione, però lei stesso ha parlato in questi termini, ma un percorso che ci consenta di ottenere i due risultati. Intanto voglio dire come memoria storica, è vero che sono nove anni, ma questa Commissione non è che può avere il fardello di questi anni, lavora da molto meno tempo e così come nei Governi c'è una continuità, però le responsabilità politiche sono diverse.
Colleghi, ritengo sia giusto, siccome abbiamo acquisito dei dati, ci siamo fatti dei giudizi di fondo - nutrendo sempre riserve ed interrogativi - su dei punti che i colleghi ricordavano prima; mi pare che forse al novanta per cento possiamo concordare sui rapporti che c'erano tra i servizi segreti e lo Stato, sul significato dei Servizi su come ci muovessero, sull'uso dell'eversione di Destra e di Sinistra in un certo modo; non voglio semplificare ma mi riferisco a questi temi. Noi diamo per scontato questo, ma altrettanto non fa la grande opinione pubblica nazionale e quindi la mia proposta in ultima analisi, signor Presidente e colleghi, è questa: dobbiamo prendere la relazione Pellegrino, discuterla e preparare una prima relazione, non so magari solo un primo punto allo stato dell'arte di oggi, siccome abbiamo acquisito dei dati importanti per il paese, e su questo cercare, se possibile, di dare un giudizio e questo può essere anche il momento del Parlamento, della discussione. Questo è l'aspetto delicato e sul quale vorrei consigliare di riflettere. Dobbiamo contestualmente esprimere l'opzione di continuare il nostro lavoro, anche oggi stesso o martedì prossimo quando ci riuniremo perché non è che dobbiamo attendere le calende greche come Commissione per decidere cosa fare. Ho la delega del mio partito, così come voi tutti a partecipare ai lavori di questa Commissione, quindi abbiamo la titolarità, il dovere di essere noi a rappresentare ai nostri gruppi politici, alla luce di ciò che abbiamo visto, le nostre opinioni, dire ciò che si dovrebbe fare, o almeno indicare la nostra opzione, la nostra richiesta e formalizzarla in questa fase non sospetta. t un punto di forza della Commissione che al momento in cui avverto che il Paese deve avere almeno una prima verità, vogliamo anche dibatterla in Aula in modo solenne e pubblico però contestualmente noi diciamo che vogliamo che il Parlamento e a lui chiediamo, spiegandolo proprio in quella sede quando faremo il primo punto la necessità, per le ragioni prima espresse che sia consentito alla Commissione il continuare ad essere un punto di riferimento. Non voglio fare il gioco delle parti, però per un magistrato avere oggi questo consesso democratico e libero secondo me se vuole lavorare costituisce una garanzia così come può esserlo per altri settori dello Stato perché si tratta di un organo che ha le competenze e la rappresentatività democratica.
Io non me la sentirei di chiudere i nostri lavori, a meno che non mi convinciate del contrario (perché essendo un laico sono disponibile a convertirmi del contrario), Intanto sottoscrivo anche il testo che ci proponeva Corsini con questa specifica visto che mi sembra recitasse così: "che spetterà all'autonoma valutazione del Parlamento...". Dobbiamo esprimerci e presentare la nostra proposta; naturalmente il Parlamento sovrano deciderà, però abbiamo il dovere di rappresentare la nostra convinzione al mantenimento di questa Commissione, potendo anche, come qualcuno suggeriva, denominarla in altro modo, di fare qualche correttivo; però sia bene inteso, sempre che non si faccia la cosa "alla chiacchiera" perché deve avere i poteri che ha questa Commissione altrimenti la declassiamo, facciamo un pour parler. I poteri giuridici e legali devono rimanere gli stessi, così da poter audire, legalizzare, richiedere atti. In presenza di tali poteri, possiamo naturalmente aggiornare la terminologia per proiettarla al futuro. In questo scenario, la richiesta specifica deve essere fatta oggi, perché noi Presidente dobbiamo sapere se si tratta dell'ultima e conclusiva relazione che facciamo. Dovrò dare delle spiegazioni delle conclusioni e se il primo bilancio che noi facciamo rispetto ai fatti è questo. Mi auguro di essere stato chiaro e desidererei che noi così ci comportassimo nell'unità e in quella convinzione.
Devo ringraziare lei, signor Presidente, e tutti i colleghi, perché effettivamente, salvo qualche momento di polemica particolare, ho sempre riscontrato che ciascuno di noi è stato animato da questo fattivo, reale, sostanziale desiderio di approfondire di audire chicchessia, qualora lo si ritenesse opportuno, perché anche da persone addirittura screditate possiamo capire delle cose che in passato le orecchie non volevano sentire e che i nostri invece, perché differenti, vogliono ascoltare per dare al Paese ciò che si merita dopo tanti anni.
PRESIDENTE. Colleghi, permettetemi una sola osservazione. In tutto questo periodo mi sarei aspettato un atto di iniziativa parlamentare, visto che per proporre una legge di proroga basta sostituire le parole: "31 ottobre" con le parole: "fino alla fine della XIII legislatura".
GUALTIERI. Signor Presidente e colleghi considero molto importante la discussione che stiamo facendo questa sera, una discussione di tipo ordinatorio, programmatico, ma profondamente politica. Forse, avremmo potuto farla anche prima; comunque, anche facendola solo oggi, essa ha molta importanza.
Sorprenderò qualcuno dicendo che mi trovo d'accordo sia con la posizione espressa dall'onorevole Corsini e dal presidente Pellegrino sia con quella illustrata dall'onorevole Fragalà e che considero importante l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Fragalà (e dirò perché).
Questa Commissione ha avuto sempre una storia molto travagliata. Intanto era nata, presidente Pellegrino, con un compito molto più ristretto di quello acquisito nel corso delle varie legislature; infatti, con ordini del giorno e mandati successivi del Parlamento le sono stati assegnati compiti che essa non aveva all'inizio, come i casi Gladio e Ustica; ha preso in esame anche la vicenda della Uno bianca, che non c'era all'inizio. Insomma, il corso iniziale della Commissione ha ricevuto spunti di approfondimento anche molto importanti. E voi sapete quale parte hanno avuto nei lavori di questa Commissione le inchieste su Gladio e Ustica.
Era nata come Commissione sul terrorismo e con il compito di accertare le cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi. Voglio dire che non si tratta di unica cosa; sono due aspetti diversi e commettiamo un errore a considerarli compiti intercambiabili o connessi.
Io ho sempre considerato che questa Commissione dovesse avere un carattere permanente; la Commissione era partita con il terrorismo ma oggi potrebbe benissimo titolarsi "della sicurezza democratica" o "dell'ordine democratico". In particolare nella fase storica che sta attraversando il paese, con i problemi che insorgono nelle varie parti. A questo proposito, sono d'accordo con quanto affermava il senatore De Luca nell'ultima parte del suo intervento è una Commissione che ha compiti di presenza attiva nelle fasi di sfasamento o di sfaldamento della struttura democratica del paese. E' un organo parlamentare alto, con poteri di indagine alti e profondi deve rimanere nel paese.
Quanto all'accertamento delle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi - ecco perché sono d'accordo con Corsini e con il Presidente (credo che convenga anche l'onorevole Fragalà) - in questa fase noi siamo in grado di dire al paese qualcosa di quasi definitivo sul perché non sono stati individuati i responsabili delle stragi.
Noi non abbiamo avuto il compito di individuare i responsabili delle stragi, perché ciò spetta alla magistratura, né abbiamo avuto il compito di individuare i responsabili dell'abbattimento dell'aereo di Ustica. Noi abbiamo avuto il compito di accertare perché non è stato possibile individuare i colpevoli e i mandanti.
Allora, sullo stragismo, il tema per il quale era nata questa Commissione - il periodo è stato individuato dal presidente Pellegrino nella sua relazione: sono gli anni più importanti e lo stesso presidente Pellegrino ha dichiarato che altre parti potrebbero essere stralciate o corrette (gliene do atto e credo che egli sappia che sono del tutto sincero a dirgli questo) - noi siamo in grado di trasmettere al Parlamento una relazione, non solo per quanto abbiamo accertato negli anni passati, ma anche per quello che abbiamo accertato in questa legislatura, per esempio con le ultime audizioni e con gli ultimi approfondimenti. Abbiamo acquisito la certezza che la difficoltà nell'individuare i responsabili e i mandanti delle stragi è dipesa dalla responsabilità di settori dello Stato ormai ben individuati che hanno intralciato la ricerca della verità, sia nei confronti della magistratura sia nei confronti degli apparati di sicurezza sia ancora nei confronti di coloro (anche forze politiche) che hanno cercato dì arrivare a capire.
Vediamo che ì magistrati ci mandano le prove che una struttura, non segreta ma riservata, del Ministero dell'interno ha operato istituzionalmente: del che sapevano tutto i Ministri e capi della polizia perché quella struttura era uno dei principali organi del Ministero dell'interno. La magistratura cì dice che queste strutture hanno inquinato le inchieste e hanno compiuto determinate attività, hanno fatto persino dei depistaggi e addirittura delitti. A chi dobbiamo ricondurre queste attività? Perché non dovremmo dire che i responsabili dell'interno - vivi o morti, non interessa - hanno avuto la responsabilità di non avere tenuto sotto controllo questo settore dell'apparato dello Stato? Se si viene a scoprire che l'inchiesta sulla strage dì Peteano, per esempio, è stata inquinata (è quella dì cui abbiamo la certezza) e nelle carte processuali definitive abbiamo la certezza che sono stati inviati gli input per mandare sulla strada sbagliata la magistratura, i magistrati dicono che il depistaggio non è stato messo in opera da un servizio segreto misterioso, da uno degli apparati centrali del Ministero dell'interno, lo possiamo dire al Parlamento? lo dico di sì, presidente Pellegrino, dobbiamo dire che ci sono delle responsabilità accertate. Sono pronto a dirlo: lo dico da sempre e mi si darà atto di aver rivolto agli uomini che sono venuti qui (Forlani, Gui, Andreotti) domande specifiche, come: "Avevate il controllo di questi apparati?", "E' possibile che chi è stato a capo dei questi Ministeri non abbia la conoscenza di cosa abbiano fatto organi come questi?". Lo possiamo dire o no? Vogliamo mandare una relazione in questo senso? Io sono pronto a dire di sì. E possiamo mandare al Parlamento dati su Ustica? Io dico di sì.
Però devo dire anche una cosa. Voglio pregare tutte le forze politiche. Abbiamo trasmesso al Parlamento una serie di relazioni (non le ha fatte tutte la mia Commissione, ma ve ne sono anche di precedenti), ma il Parlamento non ne ha mai esaminata neanche una.
PRESIDENTE. E un problema di costituzione materiale: tutto si chiude con il termine dell'operato della Commissione!
GUALTIERI. Visto che anche il collega Corsini sostiene che bisogna interessare i media e il Parlamento, per poter far sì che una nostra relazione (magari quella futura, che invieremo, sulle responsabilità delle stragi) sia conosciuta, basterebbe che un gruppo parlamentare chiedesse per iscritto ad un Presidente di una Camera di metterla all'ordine del giorno. Le nostre relazioni - ripeto - non sono mai state poste all'ordine del giorno di una Camera: il Parlamento, cioè, non le conosce. Non rilevo questo a miei fini, ma per un dovuto rispetto verso coloro che hanno lavorato alle precedenti relazioni. Abbiamo trasmesso le relazioni su Gladio o su altro, ma non sono mai state recepite dal Parlamento!
Naturalmente il Presidente ci presenterà un testo e noi lo valuteremo, lo emenderemo e lo approveremo, ma rimane il dubbio: perché debbono terminare i lavori della Commissione, una volta trasmessa tale relazione? Perché non dovrebbe rimanere in piedi? Aggiungo, anzi, che nella prossima seduta di martedì presenterò il testo di una proposta legislativa che vorrei sottoporre ai colleghi. Perché non dobbiamo proporre l'istituzione di una Commissione permanente che operi per un periodo temporalmente coincidente con la legislatura, e che sorvegli e presieda ai problemi della sicurezza democratica del Paese?
CORSINI. Senatore Gualtieri, sta riaffermando quanto contenuto nel nostro ordine del giorno!
GUALTIERI. L'ho detto all'inizio del mio intervento di essere d'accordo con tutti e due gli ordini del giorno. Forse non si può essere d'accordo con tutti, ma quando tutti dicono che una Commissione come questa deve rimanere in piedi, l'accordo si determina per forza.
FRAGALA. Non sono d'accordo con chi vuole terminare i lavori la Commissione!
GUALTIERI. Questa Commissione, nel corso delle quattro legislature in cui ha operato, ha avuto una vita travagliata perché tra la fine di una legislatura e quella successiva è passato talmente tanto tempo...
PRESIDENTE. E stato di più il tempo in cui non era costituita che quello in cui ha operato!
GUALTIERI. Dalla decima legislatura, dal febbraio del 1992, è stata "ricaricata" nel giugno del 1993, cioè dopo quasi un anno e mezzo; dal febbraio del 1994 è stata ricaricata nell'agosto del 1994; dal febbraio del 1996 si è andati al settembre del 1996: abbiamo perduto più di due anni tra le varie legislature, periodo durante il quale questa Commissione non è esistita.
Il Presidente della Repubblica Cossiga, nel 1991, fece una battaglia "alla morte" per non concederci la proroga di questa Commissione che fu vinta con una battaglia parlamentare: questa Commissione ha il compito di sorvegliare la legittimità democratica, la struttura democratica del Paese.
Abbiamo sollevato un problema di fondamentale importanza, che bisognerà riprendere. Abbiamo fatto un approfondimento, ma che deve essere concluso: la tenuta degli archivi del sistema della sicurezza del nostro Paese è un drammatico buco nero vergognosamente gestito, con delle leggi ignorate. Vi sono commissioni nominate con decreto ministeriale di cui non si conosce l'esistenza e l'operato, abbiamo un sistema di archiviazione dei dati inadeguato e una Commissione come questa non deve rimettervi ordine?
PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno sosteneva che la Commissione costituita a questo scopo ha tempi di lavoro tali che probabilmente terminerà i suoi lavori nel 2000!
GUALTIERI. Non mi riferisco solo al Ministro dell'interno, ma anche a quelli della difesa e degli esteri, che hanno archivi sottratti alla specifica legge. Una nazione che non ha in ordine i suoi archivi, cioè le sue carte, fa sì che poi circolino disordine e ricatti.
Dirò una cosa che forse non è conosciuta da molti: persino un Ministro dell'interno come Scelba, nel 1956, fu soggetto a ricatto su documenti che l'ufficio Affari riservati aveva cumulato su di lui per farlo votare in un certo modo, approfittando del fatto che in essi risultava che questi aveva una relazione con una signora: è riportato su documenti che Scelba è stato tenuto sotto ricatto per dei mesi. Ripeto: si trattava di Scelba, un Ministro dell'interno.
Quando poi qualcuno chiede di bruciare gli archivi (credo che il presidente Pellegrino abbia la stessa mia opinione su questo), io invece rispondo che non si deve bruciare proprio nulla: gli archivi devono essere tenuti in ordine, non devono essere bruciati, perché costituiscono la storia del Paese.
PRESIDENTE. Non si brucia la storia!
GUALTIERI. Bruciando gli archivi, si bruciano cose che sarebbe interessante sapere! Termino il mio intervento.
Il Presidente ha affermato che non c'è disponibilità. 1 gruppi politici sono d'accordo a richiedere la proroga o la trasformazione della Commissione (presenterò una proposta in questo senso), appoggiando insomma uno strumento teso a ricaricare la Commissione e ad assegnarci il compito nobile di seguire le vicende del Paese.
A mio avviso è cambiato il clima e sono stati fatti dei passi avanti.
Non è un segreto che quando è stato rinominato, in questa legislatura, il presidente Pellegrino, ha avuto un mandato temporalmente vincolato, ma una delle ragioni per questo è stata che così facendo si riusciva a restituire la Commissione. In quei giorni si dovevano ricaricare quasi tutte le Commissioni del Parlamento: una delle Commissioni che non si voleva ricaricare o che si aveva difficoltà a ricaricare era proprio questa.
PRESIDENTE. Proprio per questo sono preoccupato!
GUALTIERI. Ci si diceva da varie parli: "Ma a che serve? Chiudiamola! Non reistituiamola!!"; per questo è stato concesso un mandato ristretto. Questa Commissione è nata così. Oggi, però, rilevo che i colleghi che sono qui sono tutti d'accordo sul fatto che abbiamo fatto un buon lavoro, abbiamo lavorato con reciproco rispetto e abbiamo cercato di capire le cose.
A questo punto, dato che abbiamo fatto qualcosa (e il presidente Pellegrino ha la sua parte di merito in questo), perché dovremmo perdere il significato di questo lavoro, di questa Commissione e perché non dovremmo invece lasciare operare questa Commissione sui problemi della sicurezza democratica di questo Paese? Vedrete che negli anni che verranno, nei mesi che verranno, ci saranno problemi che faranno tremare le vene ai polsi a molta gente! Una Commissione come questa è necessaria alla democrazia!
PRESIDENTE. Senatore Gualtieri, la ringrazio per il suo intervento, anche a titolo personale.
Vorrei però aggiungere qualcosa, se mi è consentito, sempre sotto il piano del metodo: rispetto al carattere quasi permanente di questa Commissione e di quella dell'Antimafia è nata qualche perplessità sotto il profilo costituzionale. Ci si domanda, infatti (era la posizione di Cossiga, nel 1991), se sia possibile che un organo del Parlamento eserciti permanentemente i poteri dell'autorità giudiziaria, come è tipico delle Commissioni d'inchiesta. La norma costituzionale, infatti, prevede che questo possa avvenire per tempo definito e mai in maniera stabile e permanente. Poiché però la questione per l'Antimafia è stata superata, ciò costituisce un precedente tutto sommato importante, quanto meno sul piano della costituzione materiale. Preciso questo per giustizia, per spiegare perché Cossiga...
DE LUCA Athos. Cossiga forse aveva anche altri motivi.
PRESIDENTE. Il problema formalmente c'è. Se poi la Commissione si trasformasse in un organismo diverso la necessità che produca un documento conclusivo diventa ineludibile in quanto l'organismo che nasce è altro, non è la prosecuzione della Commissione: avrà una composizione diversa, un oggetto diverso. Si dovrebbe cioè ricostituire un organo nuovo e ciò non attiene al lavoro della Commissione ma è proprio del Parlamento mettersi d'accordo in quanto non è indifferente rispetto a ciò che dobbiamo fare, ipotizzare una proroga o la nascita di un altro organismo perché in ogni caso questa Commissione il 31 ottobre chiude, salvo poi prevedere un altro organismo. Ovviamente si potrebbe ad esso affidare il compito di osservatorio permanente sulla democrazia e insieme quello di aggiornare le conclusioni a cui questa Commissione sarà nel frattempo pervenuta: avrebbe lo stesso rapporto che noi abbiamo avuto rispetto alla Commissione Moro. Quest'ultima aveva esaurito il proprio mandato ma quell'archivio ci è stato affidato e ci è stato detto di aggiornare il lavoro di quella Commissione.
Va da sé che tra le questioni sulle quali non mi sentirei di trarre nemmeno conclusioni riassuntive o altro c'è il caso Ustica che interessa l'onorevole Manca. Finché il giudice Priore non depositerà gli atti sarà difficile esprimere parole conclusive. Gli onorevoli Manca e Grimaldi che fanno parte dello specifico Comitato potrebbero però darmi indicazioni diverse.
MANCA. Dirò soltanto poche parole e ciò non come consueta, abusata e spesso non vera ouverture oratoria ma esprimerò poche parole sul serio per affermare che anche io sono convinto paradossalmente che in fondo tutti stiano dicendo la stessa cosa. Infatti se si esamina, alla luce anche delle obiezioni sollevate nel corso della discussione, l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Fragalà mi sembra che non ci sia alcuna parte che potrebbe decadere dopo le controindicazioni. Lo stesso vale per l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Corsini anche se si discosta in quanto entra nel merito di più ipotesi da sottoporre al Parlamento e perché ritiene che i tempi siano maturi per esprimere un giudizio conclusivo o quanto meno per appiattirsi, livellarsi sugli orientamenti dell'ipotesi di relazione del presidente Pellegrino.
Tutti comunque riconoscono che ci sono i presupposti perché la Commissione debba continuare i lavori in quanto c'è un'atmosfera diversa sia all'interno che all'esterno di essa, perché ci sono sviluppi nelle indagini, perché sono emersi nuovi elementi sia nel settore del Ministero dell'interno che per quanto riguarda la vicenda di Ustica. Infatti, a prescindere da quello che si sa, abbiamo avuto degli input tali per cui effettivamente la Sottocommissione, e quindi la Commissione, dovrà avere compiti particolari per sviluppare un certo discorso.
Non svolgeremmo bene il nostro lavoro se non facessimo presente al Parlamento questa situazione. t vero quanto dice il presidente Pellegrino che non possiamo arrivare al 31 ottobre senza produrre un documento non dico conclusivo ma comunque riassuntivo dell'ultima storia della Commissione, ma proprio per le osservazioni espresse dal presidente Pellegrino affermo che non c'è un giorno da perdere per poter subito intervenire e non per proporre diverse soluzioni ma una unica, quella di prorogare e non di rendere permanente questa Commissione. Ciò non tanto per le ragioni di costituzionalità portate avanti dal presidente Pellegrino ma per il fatto che il Parlamento possa in definitiva, se ben supportato da noi, decidere per una proroga poiché richiederebbe tempi molto più lunghi il cambiamento del carattere della Commissione.
In definitiva mi sembra che tutti siamo d'accordo nel ritenere che il taglio dato all'ipotesi di soluzione del presidente Pellegrino sia giusto: individuiamo anche la profondità e la puntualità di alcuni aspetti di critica e di osservazione presenti nello stesso documento, potremmo non essere d'accordo su alcune conclusioni. Pertanto la mia proposta è quella di intervenire subito nelle sedi opportune dal momento che alcuni di noi hanno avuto mandato dal Presidente del proprio Gruppo - io sono tra questi - per portare avanti l'ipotesi di proroga e fare quanto necessario per ottenerla. Non porterei la discussione nelle Aule del Parlamento perché significherebbe discutere per giorni senza concludere nulla in quanto già noi che siamo del mestiere, diciamo così, abbiamo difficoltà a capire come stanno le cose e quale sarebbe la soluzione migliore, immaginiamo quello che succederebbe in un ambito che non si è mai occupato di questi tristi aspetti.
Sono dunque d'accordo con il fatto che non possiamo rimanere inermi e andare avanti senza cercare un accordo, al limite trovare l'unanimità o prepararsi all'ipotesi di più soluzioni, ma ritengo che sarebbe pericoloso non proseguire perché molti potrebbero interpretarlo come un artifizio per nascondere fatti proprio nel momento in cui tante persone e avvenimenti si esprimono a favore. di un'era più favorevole a conoscere la verità su alcune stragi.
GRIMALDI. Non vorrei che apparissimo anche noi presi da questo clima generale di normalizzazione che pervade tutta la vita pubblica del paese. Si sta cercando dì chiudere il conto con la storia: si vogliono chiudere i conti con la giustizia per quanto riguarda gli episodi di Tangentopoli; probabilmente si vogliono chiudere anche quelli con la mafia arrivando a dire magari che la mafia è un fenomeno ridimensionato e così può avvenire anche per l'eversione.
CIRAMI. Non credo ci sia nessuno in Italia disposto ad avallare ipotesi del genere.
GRIMALDI. Mi riferivo ad un clima di normalizzazione, se andiamo a verificare quello di cui si discute emerge che siamo a questo punto. Voglio però spiegare il motivo per cui non mi convincono alcune prese di posizione. Per esempio, il collega Corsini ha presentato un ordine del giorno nel quale trovo alcune contraddizioni. Forse non se ne è reso conto ma quando egli parla di nuovi accertamenti in corso, del fatto che possiamo già dare a questo punto un giudizio complessivo e prendere la proposta di relazione del Presidente come documento base, ufficiale, in un certo senso conclusivo e quindi ritiene che si possa chiudere e trasformare magari la Commissione in un semplice osservatorio non capisco il motivo: sono in corso accertamenti che potrebbero dare risultati impensati. Mi riferisco alla strage di piazza Fontana, ad Ustica sulla quale altri accertamenti sono in corso, parecchi altri misteri non sono stati svelati. Se possiamo avere un'idea già di quello che è avvenuto e del perché non possiamo trarre però conclusioni.
CALVI. Allo stato delle acquisizioni.
GRIMALDI. Capisco la preoccupazione del Presidente ma il solo fatto di non avere certezza della proroga o al contrario di avere certezza di una non proroga non significa che dobbiamo chiudere i nostri lavori con quanto è stato acquisito facendo il punto più o meno conclusivo allo stato degli atti, senza rappresentare - come sarebbe nostro dovere - il fatto che in questo momento non è venuta fuori tutta la verità e che ci sono ancora alcune cose da verificare. Che il Parlamento poi non voglia disporre proroghe o voglia chiudere questa Commissione, è una responsabilità che si assumerà il Parlamento e in particolare le forze politiche che lo compongono. Se però la decisione viene da quella parte del Parlamento che non partecipa ai lavori di questa Commissione e che continua a ignorare i nostri lavori, è chiaro che alla fine si prenderà atto che siamo arrivati al 31 ottobre e che è giunta l'ora di chiudere i nostri lavori.
Il presidente Pellegrino parlava di un mandato ricevuto dai Presidenti delle Camere: credo che se avesse ricevuto un mandato in termini così ristretti, con il mandato a chiudere entro il 31 ottobre con quella bozza di relazione che ha presentato, non ci sarebbe stata nemmeno la necessità di convocare una Commissione. Bastava che la bozza venisse presentata in Parlamento per la sua discussione e votazione. Se la Commissione è stata prorogata, vuol dire che doveva andare avanti, magari anche sulla linea della bozza del presidente Pellegrino.
Se vogliamo trarre delle conclusioni, sono molto preoccupato da proposte che vengono avanzate in questo momento: come ricordavano il collega De Luca ed altri, il clima non è certamente di quelli che portano a forme di rassicurazione. Ci sono fermenti - fortunatamente vaghi - che portano a pensare a nuovi sprazzi di terrorismo; ci sono oltretutto alcuni fatti che restano oscuri. Basti pensare a tutto quanto è venuto fuori in questi ultimi tempi: all'archivio segreto del Viminale, dell'ufficio Affari riservati; alle migliaia e migliaia di carte ancora da leggere e verificare (il nostro consulente ci ricordava ieri i documenti dell'archivio Cogliandro). Documenti dai quali emergono rapporti e scenari di carattere internazionale, che vedevano i nostri servizi segreti implicati e che ancora devono essere inquadrati. Tutto questo porta a ritenere non solo che il lavoro non possa essere considerato concluso ma anche che l'ipotesi che le conclusioni a cui è arrivata la Commissione possano essere oggetto di una discussione, per poi chiudere questa Commissione, sia da scartare.
Naturalmente non sono d'accordo con le conclusioni a cui è giunto l'onorevole Fragalà, non peraltro: come Commissione non possiamo proporre un ordine del giorno al Parlamento; semmai possiamo proporre un'opportunità. Possiamo dire al Parlamento qual è il lavoro da noi fatto, lo stato dei nostri lavori, quali indagini sono ancora in corso (come ricordava il collega Corsini), i documenti da classificare e ancora da acquisire. Rispetto a tutto ciò rappresentiamo al Parlamento l'opportunità di chiudere o no la Commissione, di proseguire o meno: rispetto a questa scelta, la responsabilità delle forze politiche potrebbe essere grave. Se avessimo delle forze politiche che dovessero ritenere che la Commissione stragi non serve più, che quanto è stato fatto è sufficiente, che non è più necessaria una istituzione di questo genere, ne trarremmo le conseguenze.
Dico qui, formalmente, rappresentando pienamente il mio Gruppo parlamentare, che noi siamo assolutamente contrari in questo momento ad una chiusura di questa Commissione. (Commenti dellonorevole Corsini).
Questo si vedrà, caro Corsini: se il suo Gruppo parlamentare non lo propone, vedremo, verificheremo anche questo. Dal canto nostro diciamo le cose con grande chiarezza: ho avuto mandato dal mio Gruppo parlamentare di sostenere che la Commissione stragi non deve essere chiusa in questo momento. Se poi il 31 ottobre il Parlamento non rinnoverà la proroga, lo verificheremo.
Non credo che sia il caso di proporre una nuova o una diversa Commissione, sia pure con altri compiti, anche perché questo significherebbe una chiusura della precedente. Credo che dobbiamo operare con continuità e che non sia opportuno proporre un osservatorio, che non servirebbe a niente: esso non avrebbe alcun potere, sarebbe solo una occasione per una discussione accademica tra di noi, tanto per fare qualche dichiarazione alla stampa. Abbiamo invece l'obbligo di continuare questo lavoro e di verificare in un secondo momento se non ci sarà davvero più la necessità che questo lavoro continui, ma spetterà alle forze politiche questa assunzione di responsabilità.
Ritengo che questi ordini del giorno possano essere formulati anche in altro modo, magari per dire che la Commissione può discutere senz'altro la bozza di relazione presentata dal presidente Pellegrino, trattandosi di un lavoro compiuto. Questo anche per verificare se detta bozza ha fatto il punto della situazione, allo stato degli atti ovvero se vanno aggiunti altri elementi che emergono dalle indagini ancora in corso. Se ad esempio rispetto alle indagini sulla strage di piazza Fontana si scopre che la bomba l'hanno messa gli esquimesi, a questo punto non possiamo più accusare altri. Il 31 ottobre non è ancora vicino e una legge di proroga, come già è avvenuto in passato, può essere approvata anche in una settimana: saranno le forze politiche a farsi carico di presentare eventualmente una proposta, ma in questo momento non si parli assolutamente di chiusura.
PRESIDENTE. Onorevole Grimaldi, che il mio mandato sia vincolato è un fatto. Le do lettura della lettera di nomina:
"Onorevole Senatore,
ci è gradito comunicarLe la Sua nomina a Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
E nostro desiderio farLe presente che la scelta da noi operata, ai sensi dell'articolo 3 della legge 17 maggio 1988, n. 172, richiamata dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1992, n. 499 e successive modifiche, deriva anche dall'apprezzamento del lavoro da Lei svolto nella precedente legislatura quale Presidente della predetta Commissione nonché dalla convinzione che - sulla base dell'ampio materiale già acquisito, delle indagini condotte sui diversi filoni dell'inchiesta e dell'ipotesi di relazione finale da Lei formulata - la Commissione stessa possa concludere i suoi lavori nel termine fissato dalla legge n. 538 del 19 febbraio 1995.
Voglia gradire, Onorevole Senatore, i sentimenti della nostra stima.
MANCINO VIOLANTE"
FRAGALA. La lettera dice: "possa" per cui formula un auspicio, che è stato smentito dai fatti.
PRESIDENTE. Ho stima di lei e conosco il suo pensiero, onorevole Grimaldi.
TASSONE. Signor Presidente, vorrei fare solo qualche rapida valutazione anche perché molti colleghi hanno affrontato in termini estremamente seri, anche se complessi, tutta la problematica alla nostra attenzione.
Innanzitutto credo che i due ordini del giorno siano l'occasione per discutere e fare il punto della situazione; per interrogarci sul lavoro pregresso, che ovviamente per i colleghi con lunga esperienza in questa Commissione, riguarda le passate legislature, mentre per noi riguarda considerazioni e valutazioni di questi mesi che ci hanno visti impegnati nel lavoro della Commissione.
Io credo che non si possano interrompere i nostri lavori. Credo anche però che le argomentazioni in questo senso debbano essere più impegnate anche nelle diverse considerazioni. Abbiamo a disposizione una relazione, abbiamo gli ultimi documenti che hanno arricchito il lavoro pregresso. lo credo che l'interesse a continuare la nostra attività sia oggettivo: nel momento in cui diciamo che non si deve interrompere il lavoro della Commissione, dobbiamo indicare nella relazione finale quanto ancora resta da fare, quanto ancora deve essere affrontato o completato, a seconda di come poniamo i problemi. Non ritengo cioè che il nostro lavoro si possa affrontare e concludere solo con un ordine del giorno, con una specie di refèrendum per stabilire se chiudere o meno i lavori. La portata del tema credo sia di tale significato che non si possa concludere con un referendum sul sì o sul no. Si tratta invece di un dato oggettivo che riguarda la Commissione che si è impegnata e che è sempre stata aderente ai temi e ai problemi. Dobbiamo dunque evidenziare il percorso che abbiamo concluso e quello che ci resta ancora da fare. Naturalmente ferma restando una valutazione complessiva del Parlamento e del paese.
Il paese è sempre pìù scettico e vorrei soffermarmi un attimo su questo aspetto. In questi ultimi tempi ci troviamo di fronte a commissioni di inchiesta, molte delle quali si sono concluse, viviamo di authority e di garanti. Il paese è molto perplesso rispetto a tutto questo, almeno per quanto ci è dato constatare. Anche rispetto alla nostra Commissione credo che il paese ci segua come può fare guardando un film, aspettando cioè la grande notizia, il fatto eclatante. Invece abbiamo fatto un lavoro molto attento e di questo va dato atto sia al senatore Gualtieri per la sua presidenza sia a lei, signor Presidente, per l'esperienza diretta che abbiamo vissuto in questo periodo. Anche la nostra Commissione a mio avviso non si può dividere o ricomporre su certe interpretazioni. Voglio dire con estrema chiarezza che si è partiti in termini semplicistici pensando a equazioni o situazioni chiare rispetto alle responsabilità. Poi, soprattutto in questi ultimi mesi, abbiamo visto che quello che sembrava chiaro o geometrico non era poi così chiaro e geometrico. Abbiamo visto che le responsabilità sono diffuse, che certamente devono essere ripercorsi alcuni tratti di strada individuando le disfunzioni degli organi statali. Se qualcuno mi dovesse chiedere se è possibile che i Ministri dell'interno e della difesa non avevano la possibilità di conoscere o non sapevano nulla di quello che accadeva, io oggi dovrei rispondere, da quello che ho saputo e visto, che forse per incapacità o perché non supportati da una normativa stringente, molti dì questi Ministri non avevano la possibilità di controllare l'apparato dello Stato. Chi è stato nel Governo sa quali possono essere state e quali sono le chiusure dell'alta burocrazia che, in questo caso annidate nel Ministero dell'interno, hanno rappresentato una impermeabilizzazione, un filtro rispetto ad alcune conoscenze e alle capacità di gestione e di governo. à il Governo dimezzato: molte volte sappiamo che i Governi hanno responsabilità di cose che non possono neanche controllare e guidare e credo che tutto ciò sia emerso nel corso di alcune audizioni della nostra Commissione fatte soprattutto in questi ultimi tempi.
Questa dunque è la mia preoccupazione. Dobbiamo andare semplicemente verso una proroga della legge? lo ho sottoscritto il documento dell'onorevole Fragalà che in questo momento si sta consultando con il presentatore dell'altro ordine del giorno. Quando leggo che bisogna fissare i contenuti e le finalità penso che una proroga pura e semplice della Commissione sia una cosa che lascia perplessi. C'è un lavoro da fare, ma a mio avviso c'è una nuova metodologia da realizzare, certamente non sul terreno di un osservatorio - una delle tre ipotesi avanzate - perché un osservatorio è uno strumento di pura conoscenza.
Se dovessi riflettere sul rapporto che abbiamo con la magistratura, in questo rincorrerci, credo che questo sia anche defatigante ma non penso che possiamo cambiare le norme costituzionali.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. In molti paesi occidentali non è possibile la contemporaneità dell'inchiesta giudiziaria e di quella parlamentare.
TASSONE. La ringrazio, signor Presidente, perché su questo tema volevo richiamare l'attenzione dei colleghi. Del resto, abbiamo anche ascoltato i magistrati. Siamo un organo di inchiesta che in fondo si avvale delle inchieste e delle conoscenze degli altri. Abbiamo anche dei poteri autonomi, non c'è dubbio.
PRESIDENTE. Però ai fini dell'espressione di un giudizio che resta politico.
TASSONE. Sì, certo, dobbiamo esprimere un giudizio politico, che ovviamente evita i processi politici. Ho già detto infatti che anche alcune teorie che devono essere acquisite nell'immaginario comune e collettivo credo che stiano crollando. Dobbiamo fare uno sforzo di oggettività rispetto a ciò che è avvenuto nel paese e - se dovessimo cogliere il significato dell'intervento del senatore Gualtieri - anche rispetto al presente. Infatti, se è gracile la storia del passato della democrazia all'interno del nostro paese, non credo che oggi ci si presenti uno scenario di robustezza delle istituzioni e della democrazia: questo è il dato vero. Abbiamo poi istituzionalizzato la Commissione antimafia che si proroga tranquillamente, oppure quel simulacro di Comitato di controllo sui servizi segreti, istituito con la legge n. 801, che però non ha alcun potere di controllo, mantenendo però di fatto le stesse strutture, la stessa organizzazione ad esempio dei servizi segreti, che per molti versi hanno avuto delle responsabilità non lievi nella storia delle stragi e del terrorismo all'interno del nostro paese. Infatti, la struttura, l'articolazione. l'organizzazione e le tutele di questi corpi separati dallo Stato sono pressoché analoghe. Ecco perché credo occorra riflettere su una proposta avanzata alla luce di ciò che siamo riusciti a fare e delle difficoltà che lei, signor Presidente, e gli altri componenti della Commissione avete incontrato nel tentativo e nello sforzo di raggiungere la pienezza della conoscenza e la completezza di elementi per una valutazione complessiva sulle stragi.
Pertanto, ritengo che questa Commissione non debba smorzare il suo lavoro in questo particolare momento. Dobbiamo elaborare poi una proposta articolata alla luce, ovviamente, anche di ciò che dobbiamo ancora fare e determinare. Inoltre dobbiamo vedere se è possibile - lo ripeto - non approvare una legge di due righe, ma conferire a questa Commissione (forse uso una parola un po' forte) una dignità diversa rispetto al dato su cui ci troviamo ad operare. t giusto che facciamo altre inchieste e audizioni, ma spero che possiamo interrompere un vecchio rituale - che è stato ed è utilissimo - e passare a creare una condizione diversa, per permettere un salto di qualità all'azione della Commissione stessa. Non so se debba durare tutta la legislatura o meno, certo il tempo che ci vuole rispetto a queste necessità.
Infine signor Presidente, vorrei affrontare un tema secondo me molto importante: non è possibile lavorare in questo campo a compartimenti stagni. Il problema vero, infatti, è che la Commissione antimafia lavora per suo conto, il Comitato di controllo sui servizi segreti lavora per suo conto e la nostra Commissione fa altrettanto: c'è un dispendio di energie e di risorse senza nessun tipo di ritorno complessivo e reale. Certamente questo non possiamo accettarlo. Non voglio che questa Commissione, attraverso una legge ordinaria, diventi una super Commissione di sintesi, ma certamente quando parliamo di interrelazioni della mafia o dei servizi segreti, ritengo che dovremmo avere qualche capacità in più di intervento, di azione e di conoscenza. Allora dovremo consumare il resto del dibattito per far sì che emerga, nel corso del dibattito sulla relazione del Presidente, un percorso di proposte da illustrare al Parlamento (poi vedremo se è possibile dare un incarico a qualche collega in proposito). La cosa più brutta sarebbe - e lei, signor Presidente, conosce più di ogni altro qual è l'attenzione del Parlamento - che si sottolineasse solo la richiesta di proroga da parte di alcuni parlamentari di questa Commissione, perché questo sembrerebbe un tentativo di rimanere e non, invece, di fare delle conquiste sul terreno della verità e della conoscenza. Ritengo che sia questo lo sforzo che dobbiamo compiere e credo che sia stato questo il significato degli interventi dell'onorevole Fragalà, dell'onorevole Corsini, per alcune parti, e degli altri colleghi che hanno commentato i due ordini del giorno ed hanno proposto una condotta che a mio avviso deve essere seguita, anche con gli arricchimenti che deriveranno dal dibattito che proseguirà anche martedì prossimo.
PRESIDENTE.Io per la verità mi sono sforzato di essere il più oggettivo possibile, però poi questo sforzo si infrange perché da alcune delle ultime audizioni ho avuto l'impressione che i generali che hanno vinto la guerra non si sono accorti di averla combattuta, se mi è consentita la battuta. Mi auguro che dalle audizioni di Taviani e di Cossiga emerga un'impostazione diversa, perché tante volte un'assunzione di responsabilità può portare anche ad un giudizio politico diverso da quello che viene formulato davanti a chi afferma che era presente ma non aveva capito, non si rendeva conto di ciò che avveniva. Lei ha ragione, onorevole Tassone, quando afferma che la massificazione sarebbe ingiusta. Quando nella relazione ho scritto - questo è stato uno dei punti più criticati e oggi anche Corsini ha toccato questo aspetto - che il giudizio sulle responsabilità politiche sfuma ormai nel giudizio storico, volevo mettermi in una prospettiva in cui non bisognava distinguere la posizione della singola persona da quella delle altre. Può darsi che ci sia stato per un breve periodo un Ministro dell'interno che non si sia reso conto di determinati avvenimenti; è più difficile che altri Ministri dell'interno non se ne siano resi conto. C'è chi ha occupato quel posto come un fatto transeunte di sei mesi, durante i quali magari si occupava del suo collegio, e chi invece non è credibile che non sapesse proprio per aver coperto determinate responsabilità per un periodo più lungo. Però forse oggi, nella prospettiva del tempo, potrebbe emergere un giudizio diverso, perché da alcuni di questi avvenimenti è passato mezzo secolo. Questo è il punto su cui non mi trovo in perfetta sintonia con alcuni degli interventi che sono stati fatti: è possibile che rispetto ad avvenimenti del 1969 non riusciamo ad esprimere un giudizio, semmai dividendoci su di esso? Qualcuno tra di noi potrebbe affermare che si è agito bene, mentre qualcun altro potrebbe dire che si è agito male. Come giustamente diceva il senatore Gualtieri, noi non dobbiamo individuare chi ha messo la bomba a piazza Fontana. Questo è uno dei punti su cui non concordo con il metodo seguito dall'onorevole Fragalà: noi non dobbiamo ricostruire la verità del fatto. Però sulle responsabilità istituzionali che hanno impedito a lungo l'accertamento della verità penso che potremmo essere largamente d'accordo in questa Commissione. Poi si tratterà di graduare quali parti di responsabilità attenevano agli apparati, quali alla politica o all'intero paese, che forse non aveva introiettato fino in fondo i valori della democrazia.
Nell'audizione del senatore Andreotti c'è stata una chiave iniziale, che se fosse stata sviluppata fino in fondo forse oggi questo dibattito sarebbe diverso. Andreotti ha detto: "dovevano anche fare i conti coli un elettorato che i valori della democrazia non li aveva introiettati fino il] fondo e per il quale la democrazia era una cosa buona fino a che il risultato era di un certo tipo, se questo fosse stato diverso non sarebbe più piaciuta". Probabilmente buona parte degli apparati ragionava allo stesso modo. Aver dovuto camminare su questo crinale scivoloso, comunque per portare il paese ad una introiezione più profonda dei valori democratici, è un fatto che storicamente deve essere valutato, però forse assunzioni di responsabilità più piene ci faciliterebbero.
TASSONE. Signor Presidente, se mi consente, sono d'accordo con questa sua valutazione in senso generale, però se noi dovessimo valutare attentamente il periodo storico del 1969 ma anche quello di prima degli anni '60 con la ripresa del Paese, e vedere come è stata recuperata certa burocrazia nei vari ministeri all'indomani della liberazione.
PRESIDENTE. Se mi consente, questo nella prima parte della mia proposta di relazione c'è in pieno. Però in quel periodo, soprattutto nell'immediato dopoguerra, è difficile dare oggi un giudizio politico negativo di quello che avvenne perchè la situazione del paese era quella che era.
ZANI. Signor Presidente, parlerò pochissimo. Vorrei solo cercare di dare, almeno per quanto mi riguarda. una chiave interpretativa corretta dell'ordine del giorno del collega Corsini, che non può essere in alcun modo scambiato, come peraltro mi sembra qualche collega abbia ben compreso, per una volontà di chiusura, si tratta di altro. Qualcuno ha fatto riferimento, secondo me giustamente, all'opinione pubblica, a coloro che stanno fuori di qui. Ebbene, ritengo che a questo punto forse l'opinione pubblica si aspetterebbe che noi superassimo la normalità italiana, che consiste nella proroga continua senza mai raggiungere alcun punto di approdo. Credo che su questo punto ci sia stanchezza, per certi versi, una certa rassegnazione e, diciamo la verità anche una certa disattenzione dell'opinione pubblica.
Allora penso, e questo mi sembra lo spirito con il quale Corsini ha presentato l'ordine del giorno, che una sintesi necessariamente provvisoria, ma politicamente chiara e documentata, come Commissione, la dobbiamo presentare al Parlamento e attraverso questo anche all'opinione pubblica.
Non sottovalutiamo il fatto che a questo punto dei nostri lavori, dopo tanti anni, forse è giunto il momento di provocare, uso questo termine, un confronto parlamentare in tutte e due le Camere, sulla base di un documento di sintesi che, secondo me, ha un valore storico-politico piuttosto rilevante, non lo abbiamo mai fatto. il dibattito, secondo me, dovrebbe in qualche modo sottolineare e qualificare una nuova stagione democratica - capisco che questo è un termine un po' enfatico, ma penso che potrebbe essere da questo punto di vista se non una sparli acque, ma un fatto comunque molto rilevante - nel momento in cui si è finalmente in grado di esprimere un giudizio storico-politico su aspetti cruciali della vicenda della Repubblica italiana nel dopoguerra, non sarebbe poco. Secondo me questo, tra l'altro, dovrebbe essere nostra responsabilità e compito di questa Commissione che non possiamo prorogare all'infinito perché, almeno credo, ci saranno sempre fatti nuovi. Parliamo di un ampio spettro di questioni estremamente complicate e complesse ed è evidente che ci saranno per molti anni ancora, riflessioni, suggestioni, probabilmente anche spunti di indagine...
PRESIDENTE. Sentenze contrastanti.
ZANI. Sì signor Presidente, anche sentenze contrastanti, quelle che ci mettono più nei guai. A questo punto dovremmo essere in grado di assumerci la responsabilità di rispondere alla domanda istitutiva della nostra Commissione perché è potuto accadere? Diceva il senatore Gualtieri che sono potute accadere certe cose, è vero, ma non siamo noi che dobbiamo trovare i colpevoli, noi dobbiamo rispondere al compito della Commissione e questo lo possiamo fare secondo me, anche se non per tutto. Faccio riferimento ai limiti temporali cui si riferiva il presidente Pellegrino. Nel decennio 1969-79 siamo in grado di presentarci al Parlamento e di rispondere a quella domanda, lo dobbiamo fare e l'articolazione dell'ordine del giorno di Corsini serve per tale risposta. Dopo di che, per fare questo, naturalmente dovremmo finalmente fare un dibattito ordinato, dandoci dei tempi sulla proposta di relazione del Presidente, credo che questo non sia ancora avvenuto a meno che non sia stato estremamente disattento.
Secondo me, per ricavare la risposta a quella domanda, c'è un asse analitico robusto. Non escluso che anche io, e credo che sia legittimo ed il presidente Pellegrino non si adombrerà per questo, integrare quell'asse con talune considerazioni in ordine a certe affermazioni che sono già state fatte nel dibattito di questa sera.
La tentazione di entrare nel merito è troppo forte e lascio perdere, ma dobbiamo sistemare l'approccio a quella che il presidente Pellegrino chiama, secondo me giustamente, la zona grigia, utilizzando un gergo da noi conosciuto e che non ha bisogno di spiegazioni, e dalla quale poi si ricavano o si dovrebbero ricavare delle responsabilità.
Certo in questo periodo di tempo ci sono altre cose, per esempio sono abbastanza convinto che sia accaduto qualche cosa anche negli anni '90. Mi riferisco a Gladio, al fatto che qualcosa sia successo nella fase terminale, nell'agonia del sistema politico italiano, ma intanto possiamo restituire al paese, su un blocco di questioni rilevantissime, un giudizio sereno perché le cose che ha dichiarato anche il presidente Pellegrino, che sono di estrema sintesi, per esempio sulla guerra a bassa intensità, a me pare siano cose che non dovrebbero lacerare il giudizio in questa Commissione.
Come fare? Secondo me, bisogna provocare un dibattito parlamentare e poi valutare le altre iniziative da assumere. Corsini avanza diverse possibilità: la prima, si riferisce al fatto che la Commissione possa essere prorogata e quindi proseguire i suoi lavori; la seconda, al fatto che si possa dar luogo a qualcosa di nuovo. lo propendo per questa seconda ipotesi senza sapere con esattezza come operare, anche perché preferirei pensarci, però mi immagino un organo parlamentare di altro tipo che guardi al futuro avendo memoria del passato. Un organo di controllo abbastanza cogente sull'operato degli organi istituzionali, un organo di monitoraggio permanente memore dell'esperienza che abbiamo alle spalle. La trasformazione di questa Commissione in un organo del genere, credo sarebbe il risultato più auspicabile di un simile dibattito parlamentare.
Credo che a quel punto entreremmo più in sintonia almeno con i settori e gli strati più avvertiti dell'opinione pubblica, dotati dì cultura politica e di sensibilità tali da poter seguire le vicende di cui ci stiamo occupando.
Per questo penso non alla chiusura ma alla evoluzione, alla trasformazione di questo organismo. Dovremmo ragionare in questi termini: ma saranno il dibattito parlamentare e le sue conclusioni - se diciamo che si debba farlo - che ci indicheranno quale strada prendere.
PRESIDENTE. Lei riterrebbe più opportuno mettere in discussione la proposta di relazione predisposta nel 1995 oppure, come suggerito da Corsini, aggiornare quella relazione e farne un documento di sintesi, anche in un arco temporale più ridotto?
ZANI. E' la stessa cosa. perché questo documento di sintesi, in relazione all'argomentazione che lei sviluppa all'inizio (cioè, lasciamo da parte gli aspetti narrativi), può essere utile per un dibattito parlamentare più di un documento vasto. Ma per me è la stessa cosa, nel senso che sono interessato al dibattito di merito, qui, sulla base di un documento. Quindi va benissimo, non è in contraddizione.
MAROTTA. Signor Presidente, illustri colleghi, sono nuovo della Commissione e anche come parlamentare.
A me pare che un contrasto tra i due ordini del giorno non ci sia, come rilevava il collega Grimaldi. L'ordine del giorno dell'onorevole Fragalà rileva che in questi ultimi tempi sono emersi elementi di novità. La stessa cosa - contraddicendosi secondo me - dice l'onorevole Corsini: perché egli, a meno che non abbia virtù divinatorie, non potrà mai dire quali saranno gli esiti di questi nuovi accertamenti e indagini. Non possiamo dire che essi rafforzeranno o corroboreranno le conclusioni provvisorie cui era pervenuto il presidente Pellegrino. Comunque, pure l'onorevole Corsini dice che ci sono nuovi accertamenti e nuove indagini anzi le sollecita.
D'altra parte, anche il signor Presidente ha detto la stessa cosa: sono emerse forti acquisizioni di novità e ha precisato: "non vi avrei convocato se avessi avuto la certezza di una proroga della Commissione". Sicché - lasciamo da parte il merito - dobbiamo dire solo questo: ci sono ancora cose da fare.
E sono lecite delle conclusioni provvisorie quando c'è ancora da fare? Le sentenze allo stato degli atti si fanno quando gli atti e i fatti sono dati e non si sa cosa avverrà in futuro. Per esempio, il rapporto tra coniugi separati: allo stato dei fatti il bisogno e le capacità sono queste, per cui l'assegno sarà di 10.000 lire, ma se in futuro il bisogno e le capacità aumenteranno si potrà rivedere la decisione.
In questo caso, non ci sono fatti nuovi, potranno esserci nuove dichiarazioni, nuove impostazioni, ma i fatti sono vecchi. E se le indagini che sono ancora in corso riguardano fatti vecchi facciamo le indagini e arriviamo ad una conclusione definitiva. Perché una conclusione provvisoria, una relazione cui sia premesso "provvisoria", non serve a niente perché l'opinione pubblica dirà che è provvisoria.
Allora, raccolgo la preoccupazione del. Presidente (che ha detto che se fosse sicuro di una proroga non ci avrebbe convocato) e dico: chi lo ha detto che una proroga non sarà data? Chiediamola da adesso!
Né sono d'accordo a dare una nuova denominazione alla Commissione: questo è l'oggetto. Si potrà pensare di istituire in futuro una nuova Commissione con un nuovo oggetto, ma per il momento la Commissione è questa, l'oggetto e le finalità sono queste, non altre: a parte i problemi di costituzionalità a proposito dei quali pure io ho delle riserve.
Ma il punto è che tutti dicono che ci sono accertamenti in corso, che sono emersi elementi di novità, che nella linea evolutiva di questi accertamenti potranno emergere altre cose che potranno non confortare o corroborare le conclusioni cosiddette provvisorie. Nessuno ci preclude la possibilità di chiedere la proroga, signor Presidente, allora chiediamola (non so quale sia lo strumento più idoneo ed adatto) e nel frattempo teniamoci pronti per le conclusioni che comunque entro il 31 ottobre, se non dovesse intervenire la proroga, dovremo rendere al Parlamento. Teniamo presente però - lo ripeto - che conclusioni provvisorie in questa materia non servono a nessuno.
Voi stessi avete ricordato che avete sentito Maletti ora mentre prima non lo avevate incontrato: avete incontrato Andreotti, Forlani, Gui: potremmo sentire Cossiga. Dunque voi stessi vi siete prefigurati questi nuovi sviluppi. Allora, non possiamo interrogare il diavolo o il Padre Eterno, ma se si tratta di procedere a nuovi interrogatori ed indagini facciamolo e concludiamo. Perché - parliamoci chiaro - noi giudichiamo fatti del passato, non del futuro.
Se invece vi sono elementi in base ai quali potremmo dire oggi una parola definitiva, non provvisoria, allora facciamo delle conclusioni definitive oppure come quelle sentenze definitive che però non sono modificabili. Questo è il punto, signor Presidente: se ci sono questi elementi, arriviamo alle conclusioni (sia pure parziali). Lo ripeto, lo stesso Presidente ha detto che non ci avrebbe convocato se avesse avuto la certezza della proroga. Allora, facciamo questo tentativo: siamo a maggio, non a luglio.
Se poi ci sono elementi che vi consentono, appunto, una conclusione definitiva, sia pure limitata ad un periodo, allora la questione non sorge, allora le indagini non potrebbero mai modificare quell'accertamento che voi ritenete poter essere fatto in base alle acquisizioni finora in nostro possesso.
PRESIDENTE. Collega Marotta, mi consenta di fare questa osservazione: c'è una specificità dell'inchiesta parlamentare che non possiamo dimenticare. La Commissione istituita sulla P2 non attese il giudicato finale della Cassazione, ma ad un certo punto ha concluso i suoi lavori e ha espresso un giudizio politico. La Commissione Moro, se non sbaglio, non attese nemmeno la conclusione del processo Moro 1, ma certamente non attese il Moro ter, quater, quinquies. Ad un certo punto, insomma, il Parlamento deve esprimere un giudizio,
Gli elementi di novità sono soprattutto relativi ad inchieste giudiziarie che prima di pervenire a giudicati impiegheranno, con i tempi della giustizia italiana, sette od otto anni e potremmo avere, nel corso di quest'arco di tempo, anche soluzioni contraddittorie.
Se Zorzi venisse condannato in primo grado, l'onorevole Fragalà ci spiegherebbe subito che i giudici non hanno capito niente. Se poi la sentenza di appello dovesse esprimere un giudizio opposto cosa dovremmo fare: cambiare completamente idea?
FRAGALA. Le sentenze non mi interessano, ma i documenti sì. Abbiamo nuovi documenti che dimostrano che certe conclusioni erano azzardate.
PRESIDENTE. Di questo non escludo di poter essere convinto da lei. Allo stato attuale la mia valutazione è diametralmente opposta: tutto quello che sta emergendo è sostanzialmente confermativo ai fini del giudizio politico che dovevamo dare.
CIRAMI. I limiti temporali delle inchieste non possono certamente essere correlati a quelli della nostra. L'episodio Moro è assolutamente limitato!
PRESIDENTE. Questo è vero. Ma l'ampiezza dell'oggetto può...
CIRAMI. Rifacendomi a quanto affermava poc'anzi il collega Gualtieri, emerge quasi la possibilità che questa Commissione possa divenire permanente.
CORSINI. Vorrei fare una piccola precisazione, visto che abbiamo un rapporto personale di simpatia e credo che il collega Fragalà mi segua su questo piano: una cosa è la sentenza della magistratura, altro è il giudizio di una Commissione parlamentare!
MAROTTA. Voglio solo precisare che non ho parlato di "sentenza".
CORSINI. Faccio un esempio molto banale, perché mi sembra che il collega si muova sulla base di un pregiudizio di tipo positivistico circa il metodo di lettura delle fonti. Se il professor De Lutiis avesse presunto che prima o poi avrebbe potuto raccogliere tutte le fonti esistenti, le quali avrebbero potuto dirgli tutto sul suo oggetto di studio, non avrebbe mai scritto il suo libro, magari ne avrebbe steso uno più ampio.
Un altro esempio potrebbe riguardare De Felice; se questi avesse pensato che avrebbe potuto scrivere i suoi ponderosi tomi sulla storia del fascismo solo una volta che avesse potuto raccogliere tutto l'universo mondo delle fonti non li avrebbe mai pubblicati.
Non è dunque plausibile l'idea di fonti definitive!.
MAROTTA. Vorrei solo precisare che ho detto altro. lo mi sono solo collegato a quanto aveva affermato il Presidente. Il Presidente ha sostenuto che se avesse avuto la certezza della proroga, non ci avrebbe nemmeno convocati: non so se ho reso bene l'idea! Ha anche aggiunto che sono emerse forti acquisizioni di novità e che sono in corso, nella linea evolutiva di queste forti acquisizioni di novità, altre audizioni, altri accertamenti, altri documenti: non ho detto nient'altro!
PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione alla prossima seduta, che avrà luogo martedì 27 maggio, alle ore 20.
La seduta termina alle ore 22,55.