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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

50.

SEDUTA DI MARTEDI' 7 LUGLIO 1998

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione del dottor Franco Bernabé, amministratore delegato dell'ENI. *

Comunicazioni del presidente. *

  

La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

 

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione del dottor Franco Bernabé, amministratore delegato dell'ENI.

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Franco Bernabé, amministrazione delegato dell'ENI.

Ringrazio il dottor Bernabé, che è accompagnato da numerosi dirigenti. Desidero svolgere una breve introduzione per illustrare le ragioni dell'odierna audizione.

Circa un anno e mezzo fa abbiamo preso atto con soddisfazione della presentazione da parte dell'ENI del rapporto di impatto ambientale, presentazione che avvenne a San Michele alla Lungara. Abbiamo inoltre riscontrato, sia nel corso dei nostri sopralluoghi sia nelle audizioni, l'impegno dell'ENI e delle sue società. Tuttavia abbiamo un cahier de doléances che vogliamo illustrare per capire come questa grande società intenda intervenire su aspetti che riteniamo abbastanza gravi e che rappresentano una distonia rispetto all'immagine complessiva che l'ENI, con il suo impegno, tende a dare della società stessa.

La mia sarà sostanzialmente un'elencazione. Comincio da Porto Marghera, non tanto perché sia stato all'attenzione dell'opinione pubblica in queste settimane, quanto perché probabilmente rappresenta per molti aspetti un caso particolarmente grave. Ovviamente si parla di un inquinamento e di una gestione scorretta dei rifiuti riferiti a decenni, non soltanto all'ultima fase. Abbiamo proceduto all'audizione dei magistrati che seguono due diverse inchieste. La prima, quella sulle cosiddette morti bianche, cioè sulle produzioni effettuate nel petrolchimico segnatamente dall'Enichem, è condotta dal dottor Casson. La seconda è condotta dal dottor Ramacci ed ha preso in esame soltanto uno degli scarichi che afferiscono alla laguna di Venezia, lo scarico SM15. Il magistrato ci ha parlato del tipo di emissioni inquinanti che avvengono in laguna non solo per lo SM15; ci ha parlato di 45 mila chili all'anno di metalli pesanti che vengono riversati in laguna, nonché di una serie di prodotti sospettati di essere cancerogeni o sicuramente cancerogeni, quali - cito dall'audizione - le policlorodibenzodiossine, i policlorodibenzofurani, e ancora materiali come il PCB, una serie di idrocarburi policiclici aromatici, tra cui l'antracene, il benzantracene, il benzofluorantene. Si tratta di inquinanti che sono stati rinvenuti in laguna.

A proposito dell'inchiesta di Casson, va evidenziato che un rapporto commissionato dall'ENI alla società di certificazione American Advertising Italia segnalava sin dal 1987 tutti i problemi ambientali che ora i magistrati si trovano ad affrontare. Il rapporto però è rimasto in un cassetto fino a quando il sequestro predisposto da Casson nel 1996 lo ha fatto venire alla luce.

Nel 1997 il Corpo forestale di Mestre ha chiesto all'Enichem di Marghera quante discariche irregolari vi fossero all'interno del petrolchimico. L'Enichem ha risposto: nessuna. Però ne sono state già trovate 15; è vero che si tratta in gran parte di discariche aperte prima del 1982, però non sono state denunciate dopo l'entrata in vigore di quello che ancora resta il provvedimento-quadro, cioè il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982.

Questo è, in estrema sintesi, quanto attiene a Porto Marghera, con le conseguenze ambientali e sanitarie che sono ormai note alla pubblica opinione.

Veniamo a Paderno Dugnano. Vi è un'inchiesta condotta dal dottor Padula della procura di Monza, che abbiamo ascoltato proprio l'altro giorno. L'Enirisorse, o ditte da essa incaricate, - uso il condizionale - avrebbe fittiziamente declassificato i rifiuti provenienti dalla triturazione delle batterie per auto, inviandole quindi in discariche di prima o seconda categoria, anziché in discariche di seconda categoria super o addirittura 2c. Dall'inchiesta emerge che analoga attività veniva svolta nel centro di Marcianise, collettore delle batterie per il centro-sud.

A Manfredonia e a Brindisi non risulta ancora essere stato predisposto un piano per la messa in sicurezza o per la bonifica delle aree Enichem interessate dalla presenza di caprolattame nei due stabilimenti di Manfredonia e Brindisi.

In Basilicata (abbiamo già ascoltato e sentiremo nuovamente i sostituti procuratori di Matera interessati delle indagini) abbiamo due ipotesi al centro dell'inchiesta. La prima riguarda i pozzi realizzati dall'Agip per le prospezioni in Val d'Agri, che hanno dato esito negativo; non è chiaro se siano stati smaltiti illecitamente dei rifiuti in questi pozzi. Alcuni dei rifiuti smaltiti in modo illecito, provenienti da attività mineraria, potrebbero addirittura provenire dalle attività dell'Agip nella regione. Non esiste certezza in merito alla destinazione dei rifiuti prodotti nell'attività di realizzazione dei pozzi, rifiuti che hanno peraltro un contenuto radioattivo.

Pertusola sud: altra azienda del gruppo ENI operante in Calabria. i rifiuti pericolosi prodotti dalla Pertusola sono finiti in discariche abusive o non adeguate, come accertato dalla procura di Catanzaro nell'ambito di una inchiesta che ha portato all'arresto fra gli altri dell'assessore all'ambiente della regione Calabria, che per altro era vicecommissario all'emergenza rifiuti.

Gela: la situazione, che abbiamo visto direttamente, francamente ci sembra affidata ad una vaghezza non compatibile con l'immagine generale che la società vuole dare in Italia.

Questi sono alcuni dei punti sui quali vorremmo dei chiarimenti. Invito pertanto il dottor Bernabè a prendere la parola, chiedendogli in particolare di soffermarsi sulle azioni che l'ENI intende portare avanti per un concreto e definitivo risanamento ambientale, il che vuole anche dire rispetto per la salute della popolazione.

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. Desidero ringraziare il presidente Scalia e tutti i membri della Commissione per l'occasione offertami di illustrare alcuni aspetti prioritari della nostra politica ambientale e soprattutto di chiarire alcuni dubbi e domande che il presidente ha espresso ed è per questo motivo che oltre a me sono qui rappresentate tutte le nostre società che hanno la responsabilità operativa sui singoli fatti citati e sui quali, se il presidente consente, vorrei tornare per dare specifiche spiegazioni.

Credo però sia opportuno, alla luce delle considerazioni preliminari fatte dal presidente, illustrare innanzitutto a grandi linee quale sia la nostra politica ambientale, soprattutto per ribadire e confermare il nostro impegno nei confronti dell'ambiente, perché crediamo che un'impresa di successo debba essere innanzitutto attenta nei confronti dell'ambiente, della salute e della sicurezza dei propri lavoratori.

Passo quindi ad illustrare le iniziative e gli strumenti attivati negli ultimi anni in questo ambito, nonché alcuni dei risultati raggiunti, in particolare facendo riferimento al rapporto ambientale citato dal presidente e ad una serie di altri strumenti che abbiamo attivato nel corso del tempo proprio per rendere più efficace ed incisiva la politica ambientale e le linee guida approvate di recente, di cui cercherò anche di illustrare brevemente i contenuti.

Vorrei dare anche alcune informazioni sull'impegno finanziario che dedichiamo all'ambiente, ma soprattutto sull'impegno generale di cambiamento della cultura di impresa in materia ambientale che è in corso nel nostro gruppo.

Dopo la trasformazione dell'ENI in società per azioni l'attenzione per le tematiche ambientali è andata di pari passo con quella per tutte le tematiche gestionali del gruppo. Fin dal 1992 abbiamo avviato un'operazione di trasparenza e di comunicazione in materia ambientale, sollecitando le nostre imprese a migliorare gli strumenti, l'organizzazione e le metodologie basate sul principio della prevenzione del danno ambientale come strumento centrale del nostro modo di essere impresa. Il principale strumento di questa operazione è rappresentato dal rapporto ambientale che l'ENI pubblica annualmente; abbiamo pubblicato l'anno scorso quello del 1996 e stiamo pubblicando quello del 1997. In questo rapporto sono illustrate tutte le principali iniziative assunte dall'ENI per la tutela e la sicurezza nei luoghi di lavoro, la formazione in materia ambientale, la tutela del territorio e la certificazione ambientale, sulla quale stiamo facendo un lavoro molto importante. Per la prima volta quest'anno il rapporto sarà certificato da una primaria società internazionale specializzata nella certificazione ambientale.

L'ENI ha emanato nell'aprile di quest'anno nuove linee guida di gruppo che perseguono l'obiettivo di garantire ancora meglio la sicurezza e la salute dei dipendenti, delle popolazioni, dei contrattisti e dei clienti. Esse hanno anche l'obiettivo di tutelare il territorio e l'incolumità pubblica al di là dei principi normativi vigenti; evidentemente se bastassero i principi, non avremmo bisogno di linee guida, basterebbe attenersi a quanto previsto dalla legge. Abbiamo invece voluto fare di più e dare indicazioni più tassative ed ampie di quanto previsto dalla legge.

Le direttive sono vincolanti e volte a diffondere in tutti i soggetti del gruppo, a tutti i diversi livelli di responsabilità, la nuova cultura di impresa per quanto attiene la sicurezza e la tutela delle risorse ambientali. Le linee sono rivolte sia alla divisione AGIP per la esplorazione e la produzione di idrocarburi sia alle società SNAM, AGIP Petroli, ENICHEM SAIPEM, Snamprogetti e Enirisorse, sulle quali la holding esercita funzioni di indirizzo strategico e di controllo.

Le linee prevedono, ben al di là, comedicevo, delle normative ambientali, l'adozione delle best practices internazionali sia per quanto attiene ai processi che alle tecnologie; miglioramenti delle condizioni di salute e sicurezza concordati con le organizzazioni sindacali e verificati con apposite audit ambientali; formazione del personale; partecipazione di dipendenti ENI al processo di salvaguardia della salute, della sicurezza e dell'ambiente; informazione dei dipendenti, delle organizzazioni sindacali, delle autorità e del pubblico sui risultati conseguiti, perché vogliamo che la nostra attività nei confronti dell'ambiente sia estremamente trasparente; la promozione dello sviluppo scientifico e tecnologico in campo ambientale e la collaborazione con le istituzioni competenti nella redazione di norme tecniche e linea guida. Questo è un fatto particolarmente rilevante perché crediamo che all'interno del nostro gruppo le competenze consentano di dare una collaborazione attiva e positiva a chi deve poi definire anche gli standard tecnici.

Le linee guida prevedono inoltre che la salute, la sicurezza, l'incolumità e l'ambiente siano costantemente monitorati mediante le necessarie integrazioni dei sistemi contabili ed amministrativi vigenti; sono previsti budget e consuntivi della sicurezza esattamente come per tutte le grandezze economiche che continuiamo a controllare e monitorare. Le suddette linee sono ovviamente soggette a revisioni continue e a controlli periodici.

Vediamo ora la spesa per l'ambiente ed i risultati che abbiamo raggiunto. Per la salvaguardia dell'ambiente, della sicurezza e della salute nel corso degli ultimi anni abbiamo sostenuto un rilevantissimo impegno finanziario. Nel quinquennio 1993-1997 il gruppo ha speso 3.274 miliardi per l'ambiente di cui 890 nel 1997. Questo rilevantissimo impegno finanziario (che credo in termini dimensionali non abbia confronti in Italia) si è tradotto in risultati molto importanti sul piano ambientale, che credo valga la pena di segnalare.

Nel periodo 1993-1997 le emissioni in atmosfera sono diminuite del 29 per cento. Inoltre, le emissioni di Co2, nonostante l'aumento dei volumi prodotti e, ovviamente, la crescita complessiva del paese, sono diminuite del 6 per cento nello stesso periodo; gli scarichi idrici sono diminuiti del 26 per cento; i rifiuti tossici e nocivi sono diminuiti del 34 per cento dal 1993 al 1996.

Dal 1997 i rifiuti sono ovviamente censiti secondo la nuova normativa prevista dal decreto Ronchi, che individua i rifiuti stessi in base alla provenienza e non al contenuto, classificandoli in speciali pericolosi e speciali non pericolosi. Il rapporto ambientale 1997, che stiamo pubblicando e che presenteremo a settembre, evidenzia una produzione complessiva di 932 mila tonnellate, di cui 445 mila tonnellate di pericolosi e 487 mila tonnellate di non pericolosi. Della suddetta produzione sono state riutilizzate 245 mila tonnellate, di cui 103 mila in processi produttivi del gruppo e 142 mila da terzi.

Ritengo utile segnalare che lo smaltimento o recupero interno alle strutture ENI di rifiuti pericolosi ha superato la percentuale dell'86 per cento (quindi è un circuito quasi interamente chiuso al nostro interno). Di questi, 108 mila tonnellate sono state smaltite mediante incenerimento, 261 mila tonnellate sono state collocate in discariche controllate di proprietà del gruppo e circa 15 mila tonnellate sono state recuperate nei cicli produttivi.

Per la gestione dei soli rifiuti l'ENI ha spesso in totale nel 1997 circa 115 miliardi di lire, di cui più di 58 miliardi in conto esercizio e più di 56 miliardi in conto capitale. Si è in particolare registrato negli ultimi due anni un rilevante incremento degli investimenti per la realizzazione di impianti di termodistruzione e nuove discariche controllate per rifiuti pericolosi.

Il rispetto dell'ambiente costituisce quindi da tempo e costituirà sempre di più per l'ENI, più che un obbligo, un obiettivo prioritario della gestione aziendale, sullo stesso piano dei parametri economici come il MOL, la redditività, il risultato, gli indicatori finanziari.

L'impegno del gruppo nel settore ambientale e per il cambiamento della cultura d'impresa è rilevante e costante sotto diversi profili. Uno strumento per il cambiamento e la promozione della cultura ambientale e dello sviluppo sostenibile all'interno del gruppo ENI è rappresentato dalla fondazione Mattei, che i signori commissari certamente conoscono; si tratta di una delle principali organizzazioni non profit per la diffusione della conoscenza delle tematiche relative all'energia e all'ambiente ed è sicuramente l'istituzione italiana più nota a livello internazionale nel campo dell'economia dell'ambiente. La fondazione svolge ricerche e promuove l'integrazione tra l'università, l'industria e le amministrazioni competenti. Tra l'altro, recentemente la fondazione Mattei ha messo a punto un progetto giovani per la diffusione della conoscenza in campo ambientale, un progetto che stiamo trasportando, insediando in varie città; esso si articola nella creazione di una biblioteca multimediale interattiva, in seminari specifici e nella realizzazione di un apposito sito web su Internet.

Le società caposettore stanno inoltre cercando, su mia precisa indicazione, di rimuovere le conseguenze che dovessero ancora emergere come frutto di situazioni di insensibilità verso le problematiche ambientali, caratteristiche delle gestioni del passato. A questo punto, signor presidente, se mi consente, vorrei ricordare che la storia del gruppo è la storia dell'insieme dell'industria di base italiana. Il gruppo cioè, nel corso degli ultimi quindici anni, ha raccolto buona parte di quella che era l'industria di base italiana, dalla minerometallurgia alla petrolchimica, alla raffinazione e così via; quindi si è fatto carico di problematiche di cui non era stato all'origine, si è fatto carico della razionalizzazione dell'intera industria chimica italiana, dove decine di soggetti terzi avevano operato lasciando ovviamente un retaggio ambientale sul quale noi non avevamo alcun controllo. Lo stesso è avvenuto nella raffinazione negli anni ottanta.

Direi quindi che il gruppo oggi sta ponendo rimedio a problemi ambientali che il gruppo stesso non ha causato, ma che ha ereditato dal passato, dando così un contributo all'intero paese, al di là delle proprie responsabilità ambientali ed aziendali.

Alcune società, proprio in relazione al pregresso che è al di fuori della nostra responsabilità, hanno messo a punto una dettagliata procedura di gestione dei rifiuti che tiene conto delle recenti modifiche normative introdotte dal decreto Ronchi. Tutte le società caposettore stanno inoltre attivando penetranti modalità di controllo sotto forma soprattutto di technical audit.

Come dicevo, il gruppo sta adottando sistemi di gestione ambientale che integrano i settori normativi esistenti, attraverso comportamenti autoregolati e volontari nei confronti dell'ambiente. E' stato avviato un programma di certificazione delle nostre attività secondo gli standard internazionali.

I controlli all'interno delle aziende, pur necessari ed incisivi, sono però solo un aspetto del problema ambientale, quello relativo al profondo e necessario cambiamento che deve coinvolgere tutte le imprese.

Un altro aspetto cruciale del problema ambientale è costituito dai sistemi di controllo esterni. Credo che il presidente mi consentirà di esprimere alcune osservazioni al riguardo. Tutti concorderanno sul fatto che il nostro paese debba adeguarsi il più rapidamente possibile ai sistemi di controllo vigenti in paesi, come gli USA, dove le agenzie governative, fortemente organizzate, specializzate in singoli settori, concordano con le imprese le prescrizioni e gli standard gestionali nei termini più rigorosi.

La mancanza nel nostro paese di un sistema di controlli pubblici amministrativi di questo tipo favorisce la soluzione dei problemi attraverso il conflitto delle parti interessate e l'intervento della magistratura a tutela degli interessi della collettività. Direi che questo è un fatto anomalo rispetto alla situazione degli altri paesi, in cui esistono agenzie specializzate, scientificamente dotate, che discutono e si confrontano con l'industria per la fissazione degli standard. In Italia questo non esiste e allora la magistratura interviene in supplenza di queste istituzioni che mancano.

Ma nonostante questa situazione che io definirei anomala rispetto agli altri paesi, la strategia che l'ENI ha indicato alle società controllate è stata e sarà sempre quella di evitare il conflitto e di perseguire il più possibile la via della cooperazione, poiché quello che ci interessa è la soluzione dei problemi e la continuità delle attività imprenditoriali sul territorio. L'ENI ritiene che la ricerca del dialogo con le autorità di controllo sia la migliore via per ottimizzare la compatibilità ambientale dell'attività di impresa. Mi auguro che vengano proposte da questa Commissione modifiche normative e che i lavori si concludano con suggerimenti e indicazioni in questa direzione.

Un caso che lei, signor presidente, citava e che può essere considerato esemplare di questo modo di procedere da parte nostra è proprio quello relativo alle recenti vicende del sequestro e del successivo dissequestro dello scarico del petrolchimico di Porto Marghera. L'Enichem, la nostra società che ha la responsabilità della gestione di Porto Marghera, si è trovata a gestire situazioni di inquinamento ambientale risalenti a molti decenni or sono; la difficoltà di tale gestione è ancora più acuta, tenuto conto della delicatezza dell'ecosistema lagunare e dell'enorme attenzione pubblica non solo locale, ma internazionale.

Va ribadito che noi siamo subentrati alla gestione di Porto Marghera molto recentemente. Porto Marghera è una realtà che opera praticamente dagli anni trenta. Noi siamo subentrati nella sua gestione negli ultimi sei anni, quindi abbiamo rimediato ai problemi che abbiamo trovato, abbiamo effettuato grossi investimenti. Certamente la sollecitazione nel senso di fare di più e fare meglio è giustamente recepita da parte nostra e siamo consapevoli della necessità di accelerare, però i problemi che abbiamo ereditato per quanto riguarda Porto Marghera sono molto grossi e risalgono a responsabilità del passato che sono del tutto al di fuori di noi.

Il comportamento dell'ENICHEM, coerente con la strategia degli attenti controlli interni e di cooperazione con l'autorità di controllo, è stato quello di affidare, dopo il provvedimento di sequestro, un incarico di audit ambientale a due società di revisione esterna per poter conoscere la situazione in modo approfondito, e di rivolgersi alla magistratura e alle autorità di controllo veneziane, prima tra tutte il magistrato alle acque, per individuare concordemente una rapida soluzione ai problemi che il pubblico ministero considerava ancora irrisolti. I risultati ottenuti attraverso la via seguita sono noti a questa Commissione, che ha ascoltato tutti i protagonisti e visitato Porto Marghera; i problemi, sulla cui entità ed effettiva rilevanza non posso pronunciarmi, perché questo non rientra nella mia competenza e sono all'esame delle parti, sono stati risolti in tempi rapidi e con il minor danno anche economico per il territorio.

Tornando al tema dei rifiuti, credo che il vero grande problema sia quello delle bonifiche dei terreni, sui quali nei decenni passati sono stati interrati ed abbandonati rifiuti anche pericolosi. Si tratta dell'aspetto forse più importante che viene da un passato nel quale, nel vuoto delle norme, non si era sviluppata una cultura ambientale. Questo non è però un problema solo italiano, ma di tutti i paesi industrializzati. La sensibilità ambientale è un fatto relativamente recente. Il problema ha dimensioni mondiali e sta emergendo in tutta la sua gravità. Negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei sono state effettuate approfondite indagini volte ad individuare i siti dove sono stati impropriamente accumulati rifiuti pericolosi.

In Italia il problema si è posto a metà degli anni ottanta in seguito alla scoperta dell'inquinamento ed alla chiusura di numerosi siti industriali, cioè con il processo di ristrutturazione industriale in corso che ha portato, dicevo, alla chiusura di alcuni siti e anche ad altri fenomeni, quali l'innalzamento della tavola d'acqua su Milano e la scoperta di discariche nei siti industriali dismessi. I censimenti finora effettuati a livello centrale o locale sui siti dismessi evidenziano circa 8 mila siti contaminati sui 350 mila stimati in Europa e i 250 mila stimati negli Stati Uniti.

Con riferimento a tale problema esterno l'ENI ha dato e ancora più darà precise direttive alle società di procedere sollecitamente a tutte le indagini e dalla bonifiche di quei terreni che sono oggi proprietà delle singole società del gruppo, anche se essi ci sono pervenuti dall'esterno, da fusioni o acquisizioni. A tale riguardo voglio evidenziare che Enitecnologie, la società di ricerca scientifica del gruppo ha messo a punto tecnologie all'avanguardia per il risanamento dei siti, tra cui un processo basato sull'impiego di solventi ecocompatibili per suoli contaminati da sostanze organiche non biodegradabili, la validazione sperimentale di un procedimento modulare chimico-fisico e biologico per le aree contaminate a diversa concentrazione e tipologia di idrocarburi; tecniche di bioremediation, basate sull'impiego nel sito di batteri solfato riduttori per la inertizzazione di metalli pesanti e tecniche di trattamento di suoli inquinati da idrocarburi.

Anche per il problema delle bonifiche credo sia importante seguire l'esempio di altri sistemi come quello statunitense in cui è stato realizzato, a partire dal 1980, grazie al Superfund un imponente programma di bonifiche a cominciare dalla National priority list corrispondente ai nostri siti di interesse nazionale. L'istituzione di un fondo come il Superfund americano potrebbe ovviare al problema, attualmente privo di soluzione, di chi si debba far carico delle azioni di risanamento e di ripristino, mancando nella maggior parte dei casi un responsabile diretto o indiretto dei danni stessi.

Mi avvio ora alle conclusioni ribadendo che per la risoluzione dei gravi problemi ambientali, frutto delle gestioni del passato, occorre determinazione nel risolvere in tempi rapidi i problemi che dovessero ancora emergere. La strumentalizzazione o l'esasperazione dei problemi rappresentano l'ostacolo principale alla loro soluzione. Solo un clima di razionalità ed equilibrio può aiutare il progresso effettivo del nostro paese nel campo ambientale e l'ENI sta facendo e sempre farà la sua parte in questa direzione.

Penso sia infine opportuno sottolineare in questa sede non solo l'impegno dell'ENI nel ripristino del danno ambientale risalente al passato ma anche il suo significativo contributo allo sviluppo sostenibile nel futuro, nel quale siamo fortemente impegnati. I problemi dell'ambiente sono di grande portata, ma l'ENI oggi ha consapevolezza delle sfide che lo attendono. Il contributo che l'ENI, come impresa energetica, potrà dare alla questione della salvaguardia ambientale riguarda l'impegno per la diffusione del metano, che è il combustibile più pulito oggi disponibile, la riduzione dei contenuti di zolfo nei combustibili liquidi e di benzene nei carburanti, per il quale abbiamo da tempo anticipato i limiti previsti dalla normativa comunitaria, nonché la revisione dei processi e dei prodotti nella petrolchimica.

In conclusione, signor presidente, onorevoli commissari, il nostro non è un impegno solo passivo, cioè teso a porre rimedio ai danni del passato, ma anche un impegno attivo, cioè volto a far sì che nei due settori dell'energia e della petrolchimica, che sono tra quelli a maggiore impatto ambientale e al tempo stesso fondamentali per il benessere del paese, perché senza energia un paese non può far crescere la propria industria, vi siano un supporto ed un impegno attivo per la creazione delle migliori condizioni per lo sviluppo compatibile del sistema.

Ringrazio nuovamente la Commissione e passo a fornire direttamente o tramite i responsabili delle singole società, le risposte alle domande formulate. Per l'Enichem, se il presidente consente, inviterei a rispondere il dottor Cuomo.

PRESIDENTE. D'accordo. Procederemo più avanti eventualmente ad un secondo giro di domande.

CARMINE CUOMO, Amministratore delegato dell'Enichem. Il presidente ha fatto riferimento innanzitutto a Porto Marghera ed ai 18 siti. Posso precisare che le proprietà dei 18 siti, individuati come "discariche non autorizzate" riportati sul documento del Corpo forestale dello Stato depositato presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia possono essere così riassunte: due siti sono di proprietà Enichem, due sono di proprietà Agricoltura Spa società in liquidazione e quattordici siti sono proprietà di terzi. Relativamente ai siti di proprietà Enichem, mi riferisco ai comparti 31-32 e 61. Il comparto 31-32 è situato all'interno dello stabilimento e copre un'area di 128 mila metri quadrati. Vi sono rifiuti industriali depositati anteriormente al 1989 e contenenti residui clorurati, nerofumo e metalli pesanti. L'intervento di messa in sicurezza, approvato dalle autorità competenti, è stato completato. Il comparto 61 è situato all'interno dello stabilimento e copre un'area di 800 metri quadrati. Si tratta di terreni contaminati da composti clorurati con tracce di deposizione anteriore al 1989. Sono state già eseguite accurate prospezioni. Proposte di intervento di monitoraggio sono state inviate nel 1997 alle amministrazioni competenti. E' questa un'area confinante con il canale Malamocco. Le zone perimetrali dello stabilimento prospicenti i canali industriali, compreso il Malamocco, sono oggetto di intervento di banchinatura già avviato dal Ministero dei lavori pubblici, ufficio del magistrato alle acque di Venezia.

Per quanto riguarda i siti di proprietà della società Agricoltura, si tratta di una discarica di stabilimento situata all'interno dello stabilimento stesso, che copre un'area di 14 mila metri quadrati. Tra i siti di pertinenza Enichem o società ad essa collegate, è questo il solo sito che è stato effettivamente utilizzato per lo smaltimento di rifiuti. E' infatti una discarica controllata di seconda categoria B realizzata da Agrimont con progetto approvato nel 1989, esaurita e chiusa nel 1994 in conformità alle norme del DPR 915 del 1982. Contiene residui delle lavorazioni dello stabilimento di produzione di fertilizzanti complessi oggi chiuso. Gli interventi di copertura secondo le norme sono stati approvati dalle amministrazioni competenti ed eseguiti nel 1996.

Per quanto riguarda la zona Campaccio, essa è interna allo stabilimento e copre un'area di 6 mila metri quadrati. Si tratta di terreni contaminati da presenza di arsenico e rame causata da deposito superficiale di ceneri di pirite. Il livello di contaminazione è modesto. Tutta l'area è stata già ricondizionata contestualmente ai lavori eseguiti da Edison dopo l'acquisto. Le altre 14 aree non appartengono ad Enichem.

Per completare il quadro di Marghera, vorrei ricordare che vi sono dei terreni esterni, Moranzani e Malcontenta; in questo caso Enichem ha effettuato delle prospezioni, ha avviato interventi di messa in sicurezza. Per le zone 45, 46 e 48 sono state riscontrate presenze di composti organoclorurati; per i terreni Moranzani e Malcontenta sono state riscontrate presenze localizzate di nerofumo ed in minor misura di composti organoclorurati. Anche in questo caso i progetti sono stati avviati ed eseguiti. I materiali depositati sono relativi a passate gestioni non riconducibili ad Enichem. Gli interventi a carico di Enichem hanno comportato un preventivo di 70 miliardi, di cui 25 già spesi.

Per quanto riguarda Manfredonia, parliamo dei sali sodici che costituiscono un sottoprodotto della produzione di caprolattame; essi sono costituiti essenzialmente da una soluzione acquosa di sali di sodio organici e inorganici di concentrazione pari al 30 per cento circa. Lo stoccaggio complessivo, regolarmente denunciato alle autorità competenti ed autorizzato come stoccaggio provvisorio, ammonta a circa 160 mila tonnellate così distribuite: 30 mila presso il deposito AGIP-petroli di Bari, 100 mila presso il deposito Enichem di Brindisi, 30 mila presso lo stoccaggio interno allo stabilimento.

Le azioni avviate sono le seguenti. E' in essere un contratto con la società Ambiente di ENI per il trasferimento, il trattamento e lo smaltimento dei sali sodici stoccati a Bari. Si tratta di un trattamento termico da effettuarsi in impianti di incenerimento installati in Italia e all'estero. Le operazioni sono state già avviate e richiederanno circa nove mesi; prevediamo di portare a termine questo lavoro per il febbraio 1999. Per Brindisi da parte di Ambiente si pensa ad un trattamento di smaltimento di sali in loco, un impianto di concentrazione della soluzione, di essiccamento dei sali prodotti per il successivo riutilizzo presso produttori di lana di roccia o in alternativa per lo smaltimento in discarica. E' stata inoltrata la richiesta di autorizzazione all'installazione e all'esercizio dell'impianto agli enti preposti. Lo smaltimento richiederà circa tre anni dalla data di rilascio dell'autorizzazione. Per ciò che concerne le 30 mila tonnellate di Manfredonia, si sta verificando la possibilità tecnico-economica di installare una unità di concentrazione ed essiccamento all'interno dello stabilimento; l'operazione potrebbe avere inizio ad ottobre 1999 e richiederebbe circa dieci mesi.

GRAZIANO AMIDEI, Presidente di Enirisorse. Per quanto riguarda gli impianti di Paderno Dugnano e Marcianise, mi consenta, signor presidente, di fare una piccola sintesi delle attività svolte da questi stabilimenti. Gli impianti recuperano il piombo dalle batterie esauste. Al riguardo, come lei sa, esiste in Italia un consorzio obbligatorio che permette il recupero della quasi totalità delle batterie esauste prodotte. E' un esempio per l'Europa, perché mentre da noi si recupera circa il 95-96 per cento delle batterie, negli altri paesi europei non si supera l'80 per cento. Gli impianti di Paderno Dugnano e Marcianise sono due degli impianti che sono utilizzati...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma vorrei un chiarimento. In passato la società dedicata dall'ENI al riciclaggio delle batterie era, se non ricordo male, la Nuova SMIM, che produsse diversi problemi a Portoscuso con quella montagna di 15 ettari di sostanze all'aria aperta. Vorrei capire la situazione dal punto di vista societario: Enirisorse integra?

GRAZIANO AMIDEI, Presidente di Enirisorse. Sì, ha acquisito tutti gli impianti di Nuova SMIM; poi le fornirò alcune indicazioni relative a Portoscuso.

Come dicevo prima, gli impianti di Paderno e Marcianise recuperano il piombo dolce dalle cosiddette griglie, perché dal trattamento delle batterie vengono prodotte griglie da cui si recupera direttamente il piombo dolce, mentre producono solfato di piombo che viene mandato agli impianti di metallurgia primaria, quindi a Portoscuso, per il recupero del piombo dolce. Da noi questi impianti sono stati venduti nel 1996 alla società americana Quesco. Al momento della cessione, Enirisorse si era impegnata a mettere a stoccaggio il cosiddetto mix di ebanite di cui stiamo parlando, che residua da tali lavorazioni e che per la maggior parte era stato prodotto da gestioni precedenti. Voglio dire che la quantità di ebanite nelle batterie si è ridotta fortemente negli ultimi anni ed oggi è quasi inesistente. Questo stoccaggio provvisorio, sia a Paderno Dugnano che a Marcianise, è stato regolarmente autorizzato dalle regioni e i residui, sulla base del cosiddetto decreto Ronchi, risultano non pericolosi ed hanno codice 16/01/99.

Il decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede che la classificazione dei rifiuti sia effettuata sulla base della loro origine e non della loro composizione, ed il divieto di miscelazione riguarda solo i rifiuti pericolosi. Già un anno fa venne affidato ad una delle primarie società addette allo smaltimento dei rifiuti ed iscritta all'albo nazionale degli smaltitori l'incarico, con un contratto chiavi in mano, di smaltire tali residui in discarica. Come lei sa, questa interpretazione è stata contestata dal sostituto procuratore presso il tribunale di Monza, ma le indagini sono in corso e noi stiamo fornendo tutto il contributo possibile per chiarire questa situazione.

Credo tuttavia che, al di là di ciò, il problema più importante sia l'interesse nostro, della regione, dei comuni di Paderno e Marcianise, a destoccare questi rifiuti. In tale ottica, stiamo discutendo con il sostituto procuratore chiedendo l'istanza di dissequestro dei residui, che potrebbero essere riutilizzati in appositi impianti sia in Italia che all'estero e per i quali abbiamo presentato un piano di smaltimento. Ovviamente ci siamo anche dichiarati pronti a valutare assieme al sostituto procuratore ulteriori documenti o informazioni che fossero ritenuti utili e ad accogliere tutti gli eventuali suggerimenti.

PRESIDENTE. A proposito del mix di ebanite mi corre l'obbligo di fornire una precisazione, anche per onestà e chiarezza di rapporti. Nell'audizione del dottor Padula il problema è stato posto. La lettura abbastanza approfondita dei testi di legge ci fa rilevare quello che a noi sembra un contrasto quasi interno tra una norma di rango inferiore (perché stiamo parlando del decreto ministeriale che classifica il mix di ebanite tra i rifiuti non pericolosi) e la norma generale, rappresentata dal decreto legislativo come modificato l'8 novembre 1997, che invece non prevede una possibilità di allocazione del genere. Lo dico perché sulla base di questa analisi, che verrà svolta nel modo più approfondito dai nostri consulenti giuridico-legislativi, noi invieremo una nota al Ministero dell'ambiente per rappresentare il problema.

GRAZIANO AMIDEI, Presidente di Enirisorse. Posso anche dirle che nelle verifiche sulla discarica di Cervesina, che è di tipo 2B, il residuo rientra dieci volte nella tabella A della legge Merli, quindi è assolutamente possibile metterlo in discarica di tipo 2B. Mi consenta anche di segnalare che oggi in Italia non esistono discariche di tipo 2C. Comunque, se la normativa sui rifiuti non pericolosi potrà venire utilizzata, come noi riteniamo, questi residui potranno essere mandati in impianti che consentano il recupero del piombo, del polipropilene e dell'ebanite. Si risolverebbe quindi un problema che noi riteniamo importante.

Voglio anche aggiungere che se ci verrà dato il dissequestro, riteniamo che in un arco di tempo non superiore a 10-12 mesi potremmo riuscire a definire il problema sia rispetto allo stabilimento di Palermo sia a quello di Marcianise. Confidiamo che questa interpretazione possa essere data in modo coerente.

Abbiamo poi il problema di Pertusola sud. Come diceva il dottor Bernabé, questi impianti sono stati acquisiti da Enirisorse nel 1992. Abbiamo trovato numerosissimi problemi di carattere ecologico all'interno di questi impianti, tra cui quella discarica cui si è fatto riferimento, che era abbandonata e per il cui sequestro vi era stato l'intervento del sostituto procuratore. Sulla base di un piano presentato nel 1996 c'è stata data istanza di dissequestro; siamo intervenuti e stiamo completando la messa in sicurezza di questa discarica, con grande disponibilità, credo, da parte sia del comune di Crotone sia della regione Calabria. Abbiamo risolto anche altri problemi, come la presenza di gessi all'interno dello stabilimento, che sono stati mandati nella discarica consortile, così come stiamo vedendo di risolvere i problemi legati alle scorie ancora presenti nello stabilimento. Voglio segnalare alla Commissione che esistevano all'interno dello stabilimento circa 220 mila tonnellate di scorie che cercheremo di evacuare. Si tratta anche in questo caso di rifiuti non pericolosi sulla base della normativa. Parlo sempre di Pertusola sud e quindi di Crotone.

Dal momento in cui Enirisorse ha acquisito lo stabilimento di zinco elettrolitico della Pertusola ecosud di Crotone ha speso per interventi ecologici oltre 50 miliardi di lire.

E' stata fatta una domanda anche sullo stabilimento Enirisorse ex Nuova Samin di Portoscuso; desidero segnalare che la discarica di fronte allo stabilimento è stata messa in totale sicurezza. Abbiamo avuto l'autorizzazione ministeriale per la costruzione di una nuova discarica per residui tossico-nocivi che dovremmo fare in località Gennaruas.

Segnalo anche che in questi impianti di metallurgia primaria vengono riciclati oltre 100 mila tonnellate di residui tossico-nocivi prodotti da altri impianti, tipo gli ossidi di zinco prodotti dalle acciaierie elettriche, il solfato di piombo prodotto da impianti di piombo secondario ed altri prodotti come i residui di leghe di piombo che rappresentano una quantità importante che altrimenti non avrebbe una collocazione utile nel nostro paese.

Credo di aver così dato sufficienti elementi di risposta.

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. In merito alla situazione della Basilicata, inviterei a rispondere, se il presidente consente, l'ingegner Titone, responsabile delle attività italiane di esplorazione e produzione.

INNOCENZO TITONE, Responsabile per l'Italia delle attività della divisione AGIP. In merito alla Basilicata, per la quale si è fatto cenno allo smaltimento di acque utilizzando dei pozzi, desidero precisare che questi smaltimenti sono stati autorizzati dalla regione Basilicata con delibere della giunta regionale. La prima autorizzazione risale al giugno 1989 ed è stata poi integrata da successive delibere risalenti al settembre 1993 e all'agosto 1994 per l'immissione di acque separate dalla produzione di idrocarburi provenienti da diverse centrali (Ferrandina, Metaponto, Castellucci e Pisticci), per volumi totali massimi annui di 30 mila metri cubi. L'acqua veniva trasportata con automezzi e raccolta in vasche collegate in serie situate nell'insediamento di Ferrandina; venivano poi convogliate al pozzo di Grottole 11 tramite una tubazione lunga circa 1.300 metri e trasferite con una pompa. La quantità media dei liquidi trasferiti è di 700 metri cubi mese. Vi è stato un evento che ha portato alla rottura di un tubo il 3 febbraio 1997; a seguito di questa rottura vi è stato un immediato intervento; in due giorni è stata bonificata l'area e sono state ripristinate le tubazioni. Sono in corso da parte della procura alcune indagini. E' stato nominato un consulente tecnico, che sta valutando la situazione.

In merito ai pozzi di prospezione in Val d'Agri, lo smaltimento dei reflui derivanti dalle attività di perforazione di tali pozzi viene effettuato utilizzando smaltitori autorizzati e tutti iscritti all'albo nazionale; hanno attrezzature idonee per il ricevimento e trattamento di tali reflui. In buona sostanza il lavoro consiste nella separazione della fase liquida che viene trattata a parte per la disoleazione dei liquidi e nel consolidamento della parte solida, che sono poi detriti di roccia mescolati a fango a base bentonitica, che viene usato normalmente come fluido in fase di perforazione.

PRESIDENTE. Passiamo alle domande dei colleghi.

GIOVANNI POLIDORO. Prendendo atto dell'impegno che in questi ultimi anni è stato sviluppato, come ha ricordato il presidente Bernabé, su questo fronte, debbo però ricordare che i lavori della Commissione si basano non sulla necessità soltanto di conoscere, dal momento che la nostra è una Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Una prima domanda è la seguente: indipendentemente da una certa pigrizia ad esempio nel controllare che i siti di discarica anche delle società ENI avessero autorizzazioni, perché non sempre questo è avvenuto ed anche negli ultimi anni, a partire ad esempio sia da quanto riferiva il presidente sia da quanto mi sembra abbia ricordato il dottor Cuomo; indipendentemente da questo, dicevo, il sito Agrimont era regolarmente autorizzato?

CARMINE CUOMO, Amministratore delegato dell'Enichem. Certo

GIOVANNI POLIDORO. D'accordo. Una seconda questione riguarda il momento in cui l'ENI ha rilevato questi stabilimenti, a Marghera ma anche altrove, le procedure di acquisizione e la questione di condurre responsabilmente a buon fine e di sanare situazioni che non erano regolari, anche rispetto alle leggi vigenti; capisco che può essere inventata una strumentazione nuova ma le leggi c'erano e se ci sono delle inchieste é evidentemente che non sono state rispettare a pieno. Nel passaggio, c'è stato questo impegno, che naturalmente, oltre che di ordine amministrativo e di rispetto della legge, era di carattere finanziario, e che comunque avrebbe dovuto comparire in una ipotesi di acquisizione? E' un programma che avete già avviato sei anni fa, oppure questa procedura è stata accelerata sotto la spinta, per esempio, di alcune inchieste?

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. Su questa ultima questione credo che la risposta sia doverosa, perché i problemi erano stati affrontati ed esaminati anche allora. Lei deve considerare che l'ENI quando è entrato in possesso di tutta l'attività chimica aveva, sì, il possesso giuridico degli impianti, ma tutto il management, tutti gli operatori erano ereditati dalla gestione passata. I nostri uomini (credo che il dottor Cuomo, che ha gestito tutto il passaggio, conosca molto bene il problema) hanno potuto entrare nella gestione progressivamente e con grande ritardo, quindi sono stati necessari parecchi anni per avere un quadro completo della situazione ambientale degli impianti che erano stati acquisiti.

GIOVANNI POLIDORO. Mi scusi se la interrompo, ma c'era un altro motivo. Questa Commissione fa un'inchiesta non soltanto su eventuali responsabilità private o di privati, ma anche su responsabilità di servizi pubblici, di pubblici ufficiali e di preposti a controlli, verifiche, certificazioni che non siano stati eseguiti nel passato.

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. E' giusto. Come dicevo, la nostra preoccupazione è stata quella di entrare progressivamente e di acquisire conoscenza dei fenomeni. Forse varrebbe la pena che il dottor Cuomo illustrasse brevemente come ciò sia avvenuto. A mano a mano che i nostri sono entrati fisicamente nel controllo degli stabilimenti, degli impianti, dei siti, hanno individuato i problemi ed hanno cominciato a porre rimedio, però tenendo conto della vastità del patrimonio impiantistico che veniva acquisito. L'operazione è stata effettuata in un periodo di tempo molto ampio.

Nel contratto di acquisizione c'erano comunque delle tutele - quelle che oggi sono oggetto dell'arbitrato e del contenzioso con Montedison - che riguardano sostanzialmente la parte ambientale. Ripeto, sono oggetto di un contenzioso che ci vede contrapposti a Montedison ormai da parecchi anni e che ha portato all'individuazione sistematica di tutta una serie di problemi. Non vorrei tuttavia che si sottovalutassero la complessità e la difficoltà di entrare in questi problemi e di acquisire i dati di conoscenza. Forse il dottor Cuomo potrebbe aggiungere qualcosa in proposito.

CARMINE CUOMO, Amministratore delegato dell'Enichem. Abbiamo avviato un lavoro a tappeto negli stabilimenti in questo caso ex Montedison a Porto Marghera, con gruppi polifunzionali, coinvolgendo tutte le funzioni aziendali. Si è trattato quindi di un lavoro di dettaglio, concernente lo stato di salute dei vari impianti (parlo per esempio del TDA, del caprolattame, della grilonitrite di Gela - in questo caso Gela era ex ENI - o degli impianti di Brindisi) ed in particolare tutte le infrastrutture di stabilimento, perché magari nel passato l'attenzione è stata riservata più ai processi chimici, alle tecnologie dei processi che non alle infrastrutture. Per infrastrutture intendo per esempio tutto il pipereck di una fabbrica come Marghera, che sono quattro chilometri di tubi. Di qui alcuni incidenti che abbiamo avuto: per esempio da un incidente banale è nato poi un provvedimento del dottor Casson.

Partendo da questi episodi, stiamo svolgendo un lavoro a tappeto su tutta la struttura produttiva. Ce ne stiamo occupando da quattro o cinque anni con un esame approfondito, la conoscenza delle mappe, gli archivi; parliamo di fabbriche che hanno quarant'anni di storia.

Posso assicurare che su questo versante la società è molto impegnatae fa scendere in campo le migliori risorse di cui dispone. Facciamo riferimento anche alle migliori tecnologie del mondo; per esempio facciamo ricorso a Foster Willer e Dames More, che rappresentano l'ultima esperienza, andando a cogliere quello che su impianti similari è stato fatto negli Stati Uniti. In settembre è programmata una visita negli Stati Uniti da parte dei nostri direttori di fabbrica proprio con questo obiettivo.

Concludo con un riferimento al decreto Ronchi. Noi ci siamo occupati già dell'ordinanza Ronchi nel febbraio 1977. La società del gruppo, la Snam Progetti, ha condotto con noi uno studio approfondito su tutti i processi. Abbiamo messo in budget una spesa di 150 miliardi in questa direzione.

PIERLUIGI COPERCINI. Vorrei completare il discorso per quanto riguarda l'ex Montedison, in quanto il giudice Felice Casson, intervenuto qui in audizione, aveva parlato del ritrovamento a Campalto di Venezia di rifiuti pericolosi derivanti da un'attività vetusta, quindi a carico di questa società pregressa, incorporata. Ha parlato della Fertimon, dell'Ausidet, della Montefluos, dove per gli scarti di lavorazione dell'acido fluoridrico si sono trovati diversi tipi di isotopi radioattivi. Ritengo quindi che cinque anni di studi e di conoscenza di questi stabilimenti (mi trovo nel duplice ruolo di parlamentare e di tecnico) siano tanti per capire cosa si producesse in un certo stabilimento, quali tecnologie si adottassero e quali fossero i prodotti di risulta.

Chiedo pertanto cosa sia stato fatto dal gruppo ENI per rimediare alle situazioni che ci sono state riferite, che sono oggetto di particolare attenzione da parte dell'autorità giudiziaria ma sono anche fonte di immediato pericolo per la popolazione circostante, proprio in un posto che si è già definito, e voi stessi l'avete riconosciuto, rimediando agli inconvenienti che avevano provocato il sequestro dell'SM15 in pochi giorni. Cosa è stato fatto a livello di politica ambientale da parte dell'ENI per risolvere non dico definitivamente, ma almeno a livello di conoscenza, il problema della bonifica di questi siti? E quali sono i programmi?

Inoltre, è stato detto che nel quinquennio 1993-1997 sono stati spesi da parte dell'ENI nel settore ambientale 3.274 miliardi, di cui 890 nel 1997. Vorrei capire se queste somme siano state spese a livello impiantistico, a livello di modifica del ciclo produttivo e dell'impianto, cioè come ed in quale percentuale questi soldi siano stati spesi nel comparto ambientale. E' essenziale sapere se siano stati spesi per rifare degli impianti con nuove tecnologie che magari producono altri materiali, se siano stati spesi per migliorare ad esempio la filtrazione o per l'eliminazione di particolari sostanze modificando l'impianto e quindi il processo e quant'altro, o comunque quali sostanze incidano direttamente sull'avvelenamento dell'ambiente.

Un esempio che ci è stato riferito in questa sede è quello del nerofumo: non credo che l'abbattimento del nerofumo sia tecnologicamente difficile, eppure questi stabilimenti continuavano a sommergere di nerofumo l'ambiente, fin tanto che qualcuno se ne è accorto ed in men che non si dica si è provveduto.

Quali di queste situazioni sussistono negli impianti produttivi del gruppo ENI e quali politiche sono in atto, nell'ambito delle spese che avete messo o metterete a bilancio, per ovviare a questi inconvenienti che, dal punto di vista tecnico, sono superabili e superati in tutto il mondo con una politica di investimenti che sia non solo quantitativamente elevata ma anche mirata al superamento di tipologie di inquinamento ben precise che sono connesse a ciascun impianto di produzione in relazione al suo ciclo tecnico, al modo in cui è fatto l'impianto ed al prodotto che ne deriva?

Quali sono inoltre gli scarichi più pericolosi? Sarebbe bene che l'ENI facesse avere alla Commissione una relazione tecnica su tali scarichi perché la Commissione, utilizzando le conoscenze a disposizione della Commissione stessa e attraverso anche una comparazione tra le situazioni esistenti nei diversi impianti e l'esperienza all'estero, possa intervenire d'anticipo su chi eventualmente stia producendo un determinato inquinamento e non sia magari ancora incorso nelle attenzioni di un giudice. A questo proposito, dicevo, ci interesserebbe una relazione tecnica sugli scarichi più inquinanti dei vostri vari stabilimenti. Noi abbiamo visto determinate cose, voi avrete senz'altro in mano qualcosa di più consistente per mettere in condizione la Commissione di valutare lo stato di pericolosità e le soluzioni tecniche adottate per affrontare e risolvere i problemi.

Un altro elenco di dati penso risulterebbe utile al lavoro della Commissione. Visto che va emergendo questo sentimento di rispetto per l'ambiente e purtroppo nel ciclo di smaltimento molto spesso i rifiuti si perdono tra il punto di partenza e quello di arrivo; considerato che tutte le ditte che lavorano con l'ENI sono inserite nell'elenco degli smaltitori ufficiali, sarebbe utile, dicevo, l'elenco delle ditte che trasportano rifiuti e dei siti dove li conferiscono. Mi interesserebbe infine sapere se seguite il percorso dei rifiuti dal momento della consegna con l'apposita bolla alle eventuali tappe di trattamento intermedio ed alla destinazione finale.

PRESIDENTE. Desidero rivolgere anch'io due domande ai nostri interlocutori.

Mi associo innanzitutto alla prima osservazione del collega Copercini a proposito delle fosforiti e dei ritrovamenti di materiale radioattivo effettuati, mi pare, a Campalto. L'organismo di controllo, l'ARPA ha fatto una valutazione sulla radioattività che francamente non ci convince molto. Ho già avuto modo di esprimere questo scarso livello di convinzione direttamente al direttore generale, che mi ha anche gentilmente risposto. Aperta e chiusa qui questa parentesi, vorrei richiamare l'ultima questione posta dal collega Copercini per segnalare alcuni aspetti.

Da una verifica diretta in loco ci è sembrato che in alcuni casi manchino le procedure di gestione dei rifiuti e soprattutto il cosiddetto audit esterno. Gli esempi di Paderno Tognano e della Ecodeco, che doveva provvedere alla inertizzazione testimoniano la scarsa definizione delle procedure e un audit almeno discutibile. Altri esempi si potrebbero poi aggiungere: i fanghi mercuriosi gestiti da Agip raffinazione, l'amianto inertizzato a Priolo dalla ditta Aprile con scarsa attenzione per il decreto legislativo sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Questi esempi concreti mi sembra indichino l'esigenza di definire procedure di gestione dei rifiuti e, come dicevo, l'audit esterno.

Abbiamo inoltre verificato come in alcuni casi le società della holding, per quel che riguarda la gestione dei rifiuti, preferiscono riferirsi a società commerciali, che poi esportano all'estero. Faccio l'esempio di ciò che accade in Sicilia, dove la Commissione è stata in missione. Per l'aldeide propionica, prodotta a Gela e a Priolo, la catena è la seguente: la società di trasporto è la Giano ambiente di Messina; questa ricorre poi allo stoccaggio provvisorio, cosa cui guardiamo sempre con grande preoccupazione, presso la SRV della ex Jelly Wax ; di qui i rifiuti vengono presi in carico dalla Ramoco, società commerciale di Genova, ed avviati mi pare in Germania. Questa trafila presenta bassi livello di controllabilità e questo sarebbe vero anche se, per sbaglio, vi fosse in Sicilia, ma non c'è, l'agenzia regionale per la protezione ambientale e configura - e questo è un suggerimento che vi rivolgiamo - una redditività del ciclo ma sicuramente più in termini finanziari e speculativi che non in quelli una gestione che utilizzi ed interiorizzi tecnologie che potrebbero essere diffuse e, visto che siamo nel sud, rispondere, anche se in minima parte, alla grande questione occupazionale che in quelle zone è aperta.

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. La prima domanda formulata credo non debba essere rivolta a noi perché le società citate non ci appartengono; sono tutte società Montedison.

Per quanto riguarda invece la destinazione dei soldi, posso fornire alla Commissione un primo elenco delle tipologie di interventi cui destiniamo i soldi; per il resto, come completamento dell'informazione, farei riferimento al nostro rapporto ambientale, a quello già pubblicato e a quello che sta per uscire.

Dei soldi indicati il 12 per cento va alla protezione del paesaggio e ai ripristini; l'8 per cento va alla ricerca e allo sviluppo; il 27 per cento va alla protezione dell'aria; il 17 per cento va alla protezione dell'acqua, il 13 per cento ai rifiuti, il 13 per cento alla protezione del suolo e delle falde, l'1 per cento all'abbattimento dei rumori; il complemento a 100 riguarda la formazione, l'audit, eccetera. Questa è la tipologia delle spese. Per i dati più specifici, come ho detto, faccio riferimento al rapporto ambientale e comunque ad ulteriore documentazione che la Commissione vorrà acquisire da noi. Mi concentrerei sull'ultima domanda da lei formulata, signor presidente, che riguarda gli smaltitori, le procedure per l'audit dei rifiuti e il modo in cui seguiamo tutto il ciclo di smaltimento. Devo fare una premessa. Purtroppo in Italia il sistema dello smaltimento è condizionato dall'enorme difficoltà di ottenere permessi, concessioni, autorizzazioni regolari.

PRESIDENTE. Questa enorme difficoltà è stata fortemente attenuata con l'istituzione della comunicazione inizio attività, che purtroppo ci ha messi di fronte a moltissimi casi in tutta Italia - non sto parlando dell'ENI - in cui la comunicazione inizio attività è il pretesto per uno smaltimento del tutto illegale e criminale che noi abbiamo potuto constatare direttamente: rifiuti carichi di metalli sistemati in vasconi da una società che aveva dichiarato l'inizio attività; un sequestro operato su nostra richiesta nel Lazio, vicino alla famosa abbazia di Fossanova, con 12 mila bidoni che dovevano essere decontaminati, una parte dei quali era ancora piena; l'azienda aveva comunicato l'inizio attività e non c'era un solo dispositivo che potesse far lontanamente pensare che quei bidoni erano stati scaricati vicino a un fiumicello e poi lavati su un profilato francamente ridicolo. La lamentela è notoria...

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. Ha perfettamente ragione, però io facevo questa introduzione per dire che abbiamo pensato per tempo a questo problema, tra l'altro creando la società Ambiente che aveva il compito di utilizzare infrastrutture già esistenti, potenziandole e migliorandole ulteriormente sul piano ambientale proprio per risolvere soprattutto il problema di quelli che allora erano i rifiuti tossici nocivi. In proposito l'ingegner Pipparelli, che è presidente della società Ambiente, potrà ricordare come era nata questa nostra presenza nell'ambiente.

Diciamo quindi che abbiamo avuto molto tempo fa la sensibilità di creare strumenti che consentissero di gestire addirittura al nostro interno e dando la possibilità a terzi di utilizzare infrastrutture trasparenti, certificate e chiare per lo smaltimento dei rifiuti.

Abbiamo anche lavorato in modo intenso sulla tecnologia. Credo che oggi, soprattutto grazie alla tecnologia catalitica di abbattimento fumi, siamo gli unici a livello internazionale che possono garantire impianti ad emissione zero. L'ultima nostra realizzazione, l'inceneritore di Bolzano, è a livello internazionale un esempio di come si possa realizzare un inceneritore completamente ad emissione zero.

Per quanto riguarda il ciclo complessivo di trattamento dei rifiuti va pertanto giustamente ribadito da parte vostra il nostro dovere di occuparci fino in fondo della faccenda, anche se evidentemente esistono o dovrebbero esistere tutta una serie di controlli di tipo amministrativo, di tipo pubblico che dovrebbero dare queste garanzie. Se esiste un albo degli smaltitori pubblici, vuol dire che esiste un sistema di controllo pubblico che dovrebbe garantire...

PRESIDENTE. Il condizionale è d'obbligo.

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. ... che dovrebbe garantire tutti, soprattutto gli imprenditori che di questo hanno assolutamente bisogno.

MARIO PIPPARELLI, Presidente della società Ambiente. La società Ambiente è stata costituita dieci anni fa. L'obiettivo iniziale era quello di realizzare delle piattaforme di trattamento di rifiuti; all'epoca si parlava di piattaforme integrate per il trattamento dei rifiuti sia urbani che industriali. Nei primi tre anni la società ha cercato invano di completare qualche progetto, di ottenere le relative autorizzazioni e poi, vista l'estrema difficoltà, nell'ambito del gruppo si è deciso di utilizzare impianti che erano di proprietà dell'Enichem; quindi la società Ambiente ha acquisito dall'Enichem i forni di Ferrara, Ravenna e Porto Marghera. Su questi forni ha investito diverse decine di miliardi per renderli più adatti al trattamento di rifiuti che potessero provenire anche dall'esterno degli stabilimenti, perché questi impianti erano nati per trattare essenzialmente reflui dell'insediamento petrolchimico, quindi sostanzialmente che arrivavano solo via tubo. Negli ultimi cinque-sei anni sono stati effettuati forti investimenti su questi impianti, è stato realizzato un nuovo forno a Ravenna che voi avete potuto vedere...

PRESIDENTE. Se poteste farci avere le specifiche di progetto - magari confrontate con i dati di esercizio - dell'F3, queste sarebbero molto utili.

MARIO PIPPARELLI, Presidente della società Ambiente. Senz'altro.

In Italia abbiamo quindi una capacità di incenerimento su questi tre impianti di circa 120 mila tonnellate annue. A questo punto vorrei esprimere una considerazione. Questo polo di trattamento di rifiuti, sicuramente paragonabile a quelli esistenti negli altri paesi europei, quali Francia e Germania, a mio avviso è da considerare come un qualcosa di prezioso. Lo dico perché invece siamo anche noi soggetti a continui attacchi da parte di alcuni, per il fatto che gli inceneritori sostanzialmente non piacciono ad alcuni.

PRESIDENTE. Mi pare che anche impianti di discarica fatti molto bene creino problemi. Vi è un problema generale che rimanda alla credibilità della pubblica amministrazione e delle ditte coinvolte.

MARIO PIPPARELLI, Presidente della società Ambiente. Questo effetto dovremmo riuscire a superarlo. Lei giustamente ha menzionato tutta quella lunga trafila per portare un rifiuto dalla Sicilia in Germania, con plurime società commerciali intermedie; invece noi abbiamo in Italia degli impianti che possono fare questo trattamento (almeno per alcuni rifiuti, non per quelli da lei prima citati). Tuttavia è importante che questi forni possano operare. Per esempio, per quanto riguarda i problemi del trattamento dei sali sodici di altri rifiuti stoccati da più parti in Italia, questo smaltimento lo si riesce ad effettuare grazie all'utilizzo di questi impianti.

Vorrei citare una circostanza al riguardo, perché poi queste cose compaiono sui giornali in termini più o meno eclatanti. Noi intendiamo smaltire parte dei sali sodici di Manfredonia nei forni di Porto Marghera: sono forni autorizzati, danno le massime garanzie per quanto riguarda le emissioni, quindi intendiamo utilizzarli. Così come a Porto Marghera abbiamo smaltito decine di migliaia di tonnellate di rifiuti che erano stati accumulati dal signor Rossi che voleva fare...

PRESIDENTE. Già tristemente noto!

MARIO PIPPARELLI, Presidente della società Ambiente. Già tristemente noto. Anche questi li abbiamo smaltiti nei forni di Porto Marghera. Quindi l'importante è eseguire tutti i controlli e tutte le verifiche possibili, però dobbiamo poter utilizzare questi impianti.

Sul discorso relativo alle autorizzazioni, è vero quello che dice lei, però vorrei anche evidenziare quanto segue. Da una parte forse per alcuni è molto facile fare queste dichiarazioni di inizio attività e fare delle cose in maniera più o meno artigianale; per le grandi aziende, che intendono invece seguire un certo tipo di procedura, ottenere le autorizzazioni è estremamente difficile. Noi partecipiamo ad una società, insieme alla municipalizzata di Ravenna, che credo anche voi abbiate visitato; si tratta di un impianto di trattamento e stoccaggio. Loro hanno avuto l'autorizzazione per una discarica 2B e per una 2B super. Abbiamo impiegato tre-quattro anni per avere le autorizzazioni; da una parte c'eravamo noi, dall'altro c'era la municipalizzata di Ravenna. Non sono cose molto semplici.

E' vero forse il fatto che oggi per alcuni è estremamente semplice avere le autorizzazioni o essere inseriti nell'albo degli smaltitori, mentre noi ci abbiamo messo un po' di tempo con il dovuto pressing presso le commissioni incaricate. Quindi questi problemi ci sono ancora adesso.

PIERLUIGI COPERCINI. Nel rinnovare la richiesta dell'elenco degli smaltitori, delle aziende che trasportano e smaltiscono, se i nostri interlocutori ne sono in possesso e per lo meno per le sostanze di maggiore interesse, senza polemica riguardo alla produzione di acido fosforico e di quello fluoridrico, citavo l'intervento di Casson perché non so se il gruppo ENI abbia aziende che producono questi materiali...

FRANCO BERNABE', Amministratore delegato dell'ENI. Sono produzione della Montedison.

PIERLUIGI COPERCINI. D'accordo, non siete interessati a queste sostanze perché non ne avete la produzione.

PRESIDENTE. Ma possiamo dire che ad esse siamo interessati noi.

Ringrazio l'ENI che ha voluto partecipare con così ampia rappresentanza a questa audizione, che avviene nello spirito che lo stesso amministratore delegato ha sottolineato all'inizio, quello cioè di favorireuna azione comune per consentire al nostro paese di recuperare rispetto ad una arretratezza che purtroppo è forte soprattutto nel settore dei rifiuti.

Questo però è solo un primo incontro; le attività delle società della holding dell'ENI e più in generale le aziende della chimica che producono rifiuti pericolosi sono e saranno anche in futuro all'attenzione della Commissione, considerata la connessione fra le aziende a rischio di incidente rilevante (come classificate dal DPR 175/88 e successive modifiche) e la produzione di rifiuti pericolosi. Come dicevo, quindi, quella odierna è solo una prima presa di contatto. La Commissione manterrà uno stretto rapporto con tutte le aziende del gruppo ENI per contribuire ad una migliore cultura in materia di trattamento dei rifiuti, soprattutto pericolosi. In questo senso la domanda formulata dall'onorevole Copercini sarà rivolta in modo formale, ma in tal senso lo è già in questo momento, per avere un quadro costante rispetto a queste aziende, in relazione alla loro produzione; produrre rifiuti pericolosi non è un male, ma i rifiuti debbono essere trattati in modo corretto.

Vorrei però concludere con un caveat: l'amministratore delegato dell'ENI ha ricordato la vicenda di Porto Marghera come un esempio del fatto che l'incontro di più volontà tutte dirette a risolvere un problema porti poi alla soluzione del problema stesso. Questo ci è parso molto chiaro anche nell'audizione del dottor Ramacci e quindi in qualche modo risulta confermato l'intento dell'ENI; debbo però aggiungere che l'episodio si presta anche ad una diversa lettura. Conosciamo la complessità del pregresso, ma rispetto a situazioni in atto non dovrebbe essere necessario un sequestro giudiziario per giungere, peraltro in una settimana, ad una serie di interventi che hanno migliorato fortemente la situazione, sia pure limitatamente ad un solo scarico, lo SM15. In questo senso una società che, come ha ricordato il dottor Bernabè fa della tutela dell'ambiente addirittura un principio organizzativo ed economico delle proprie attività non avrebbe forse dovuto evitare il sequestro? E' questo un interrogativo che formulo non per polemica ma per sottolineare l'importanza dell'impegno qui riconfermato in modo significativo nella relazione dell'amministratore delegato dell'ENI. In questo senso l'incontro con la Commissione avverrà sempre in modo rigoroso, che è ppi l'aggettivo che lo stesso amministratore delegato ha utilizzato e sottolineato nella sua relazione.

Ringrazio nuovamente i rappresentanti dell'ENI.

 

Comunicazioni del presidente.

 

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi domani, mercoledì 8 luglio 1998, alle 14, per ascoltare la dottoressa Macchia, sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Matera, ed il dottor De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro. Proseguirà poi l'esame della proposta di relazione relativa alla regione Campania.

La seduta termina alle 16.

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