CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
48.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 1° LUGLIO 1998
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
INDICE
Sulla pubblicità dei lavori. *
Audizione dei rappresentanti della società INSER, della società SIT e del consorzio chierese. *
Seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alla regione Campania. *
Comunicazioni del presidente. *
La seduta comincia alle 14.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione dei rappresentanti della società INSER, della società SIT e del consorzio chierese.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti della società INSER, della società SIT e del consorzio chierese.
I soggetti oggi in audizione sono tutti interessati alla vicenda, molto complessa, del consorzio chierese e dei suoi rapporti con le ditte di volta in volta incaricate di realizzare un centro integrato per il trattamento e smaltimento finale dei rifiuti solidi urbani del bacino n. 15 A della regione Piemonte. Ricordo che il tema della discussione odierna è stato oggetto di un incontro, che ho avuto l'11 marzo, presso il comune di Chieri, su iniziativa del consorzio chierese, al quale hanno partecipato alcuni rappresentanti delle associazioni ambientaliste.
Le aziende coinvolte nella vicenda in oggetto hanno chiesto anch'esse di essere ascoltate, per cui quella di oggi può essere l'occasione per tentare di fare il punto su una questione decisamente intricata.
Invito i rappresentanti della società INSER a prendere la parola.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio d'amministrazione della società INSER. Sono il presidente del consiglio d'amministrazione della società INSER SpA, di nomina pubblica, concessionaria dei servizi relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del consorzio chierese.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Sono stato, volutamente, estremamente sintetico perché è già all'esame della Commissione la proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte, in cui, in un apposito capitolo, si parla, abbastanza approfonditamente, di tutta questa vicenda, che do quindi per scontato sia nota ai commissari, nonostante sia particolarmente complessa, come ho detto poc'anzi.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio d'amministrazione della società INSER. La ringrazio, signor presidente, della sua precisazione.
Per conferire ulteriore sintesi alla sintesi e prendendo buona nota delle sue osservazioni, mi permetto soltanto una segnalazione, prima di cedere la parola al direttore generale, che ha anche memoria storica della società, a differenza di me che sono presidente solo da un anno. Segnalo solo che mi sono permesso di chiedere questa audizione a nome della società non avendo avuto modo di intervenire all'incontro dell'11 marzo scorso presso il comune di Chieri, al quale lei ha fatto riferimento in apertura di seduta, in quanto non invitato. Se lo fossi stato, sarei intervenuto in quella sede.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Come direttore della società dal 1990, cercherò di inquadrare le ragioni della società in questa vicenda, che rischia di diventare preoccupante.
Voglio anzitutto precisare che le nostre ragioni sono anche a difesa dell'interesse pubblico, in quanto il 20 per cento del capitale sociale della società è costituito da quote sottoscritte da enti pubblici.
Per sfatare cose dette anche da alcuni parlamentari della Commissione, che informalmente ho scomodato in questi mesi, vorrei spiegare perché nel 1990 il comune di Chieri ha deciso di costituire la INSER. La società non è nata per dare spazio ai privati affinché si inserissero nel settore dei rifiuti o in quello dei parcheggi: è nata esattamente per il motivo opposto, ma poiché in questi mesi ho potuto notare che non vi è molta giurisprudenza al riguardo, rischiamo di diventare un caso esemplare in questa vicenda del rapporto tra pubblico e privato nella gestione dei pubblici servizi. L'INSER è nata nel 1990 a seguito della legge n. 122 del 1989 - la cosiddetta legge Tognoli -, che preveda la gestione dei programmi urbani e dei parcheggi anche attraverso società miste. Il comune di Chieri nell'elaborare l'atto costitutivo inserì anche la gestione di servizi pubblici di competenza comunale. Quindi, una delle prime accuse che ci viene mossa, cioè che successivamente abbiamo modificato l'atto costitutivo per gestire i rifiuti, non corrisponde al vero, perché sin dal 25 aprile del 1990 la società era in grado di poter gestire tutti i servizi pubblici di competenza comunale; tant'è che abbiamo anche partecipato a gare per la riscossione dei tributi comunali, e mai nessuna commissione ha pensato di escluderci. E' vero, invece, che il 27 maggio 1997, a seguito di critiche su tale punto, abbiamo integrato l'oggetto sociale, specificando meglio quali erano le competenze in materia di rifiuti.
Desidero smentire subito un'altra critica mossa, anche perché riguarda la mia persona: quella di aver avuto un rapporto negoziale con il consorzio in qualità di assessore comunale e, successivamente, di direttore generale della società. Ciò non corrisponde al vero perché mi sono dimesso dalla carica di assessore il 24 maggio del 1990 (lascerò la documentazione alla Commissione), cioè quando il consiglio comunale si era già sciolto perché vi erano le elezioni amministrative, e sono diventato direttore generale successivamente. Il rapporto negoziale con il consorzio chierese, come si evince dagli atti della documentazione che consegnerò alla Commissione, ha avuto inizio il 5 settembre 1990, quindi dopo la data delle mie dimissioni, e la convenzione è stata sottoscritta il 10 maggio 1991.
Perché la INSER si è fatta avanti proponendosi come gestore dei rifiuti? Perché nel programma della giunta conseguente alle elezioni del 1990, quindi del comune di Chieri, socio pubblico, si legge - il documento è già agli atti della Commissione - che la INSER, oltre ai problemi dei trasporti, dei parcheggi e della viabilità, doveva interessarsi anche dei rifiuti. Quindi, vi è stata una precisa indicazione da parte del nostro socio pubblico, essendo quella, al momento, la linea politica della società.
Il socio di allora era la INPAR, una società costituita dalle tre autostrade piemontesi, che quindi aveva tutte le caratteristiche professionali e tecniche per poter gestire, per poliennale esperienza, rapporti con l'amministrazione pubblica. Avevamo - ed io ritengo abbiamo ancora - le carte in regola per avere un rapporto corretto con le pubbliche amministrazioni. C'è stato qualcosa: è inutile venire in Commissione e dire che tutto funziona; se discutiamo, qualcosa sicuramente non funziona.
PRESIDENTE. La Commissione ha ben presente il contenzioso, che ha un po' carattere di unicità, aggiungo per fortuna, nel panorama gestione rifiuti.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Certo, cosa è successo successivamente? I rapporti con il consorzio chierese sono andati avanti benissimo dal 1990 al 1995. Nel 1990, quando abbiamo iniziato i progetti di realizzazione del centro integrato per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti del bacino chierese, esisteva ed era vigente il piano regionale per i rifiuti approvato dal consiglio regionale nel 1989. Cosa prevedeva questo piano? Prevedeva che i rifiuti che dovevano essere smaltiti dal consorzio erano quelli del bacino 15 A più un terzo dei rifiuti di Torino. Quindi i progetti fatti dallo studio Ageco di Torino in collaborazione con l'IPLA, che è un ente strumentale della regione ed autore del piano regionale dei rifiuti, sono stati concepiti tenendo presente come prima linea 62.500 tonnellate annue di rifiuti da smaltire nel chierese.
Tengo a precisare questo perché forse è stata poi questa la causa. All'epoca esisteva una delibera del consiglio comunale di Torino che prevedeva che l'AMIAT, società del comune di Torino, dovesse smettere la propria attività dopo il 2000. Successivamente i piani approvati dalla regione hanno previsto che l'AMIAT continuasse la sua attività. Ritengo quindi che tutto quello che è successo dopo sia motivato anche dalla necessità di lasciare spazio a disposizione dell'AMIAT. Se andiamo a rivedere questi documenti, che la Commissione ha, possiamo verificare come le 62.500 tonnellate del 1990 sono arrivate ad essere, oggi 1998, meno di 40.000 tonnellate.
Il problema che ci poniamo come società per azioni pubblica o privata è il seguente: i nostri progetti, fatti in base alla programmazione regionale e poi approvati, diventano oggi certamente sovradimensionati, ma di chi è la colpa? Non è certamente colpa della INSER se si ritrova oggi a dover rivedere i suoi programmi in un modo tale che non stanno in piedi economicamente. Se la regione afferma nel suo piano che bisogna gestire un impianto di digestione anaerobica per 33.000 tonnellate di rifiuti tal quale, non conosco al mondo un impianto di digestione anaerobica che stia in piedi economicamente con una simile quantità di rifiuti tal quale. Questo è uno dei problemi che ci ha posto in contrasto con il consorzio.
Io penso che il consorzio avrebbe dovuto a suo tempo difendere le sue scelte programmatiche, indicate dalla regione ma approvate dal consorzio stesso, e quando ci sono state queste revisioni dei programmi, avrebbe dovuto far presente agli enti programmatori che gli impegni assunti attraverso la concessionaria erano molto superiori a quelli che oggi si vogliono dare per acquisiti.
La convenzione 1991 prevedeva che i finanziamenti fossero pubblici, che la INSER operava quale procuratore del concedente e che i mutui accesi dal concessionario erano accesi in nome e per conto del concedente. Questo è molto importante anche per capire perché, al momento della approvazione del progetto fu stabilita una tariffa di 130 lire al chilo (1991). Dice infatti la convenzione che il finanziamento è un fatto di terzi e la mancanza di finanziamenti non può essere attribuita come colpa al concedente o al concessionario. Quindi, si prendeva atto di questo e successivamente il consorzio - collaborativo: fino al 1995, debbo dirlo, non ci sono stati problemi - ha tentato di fare una modifica della concessione con la delibera n. 10. Teniamo anche presente che una delle caratteristiche di questa concessione è che essa prevede che gli impianti non vengano trasferiti dal concessionario al concedente al venticinquesimo anno, ma ceduti immediatamente, cioè nel momento della loro costruzione. Questo è molto importante per capire i rapporti che si formano tra concedente e concessionario, perché se i mutui sono a carico del concessionario, le proprietà sono a favore del concedente. Io credo che se questo non è regolato da condizioni chiare e garanzie precise vi è un illecito arricchimento da parte della pubblica amministrazione che si troverebbe proprietaria di un bene senza averlo pagato.
Questo è stato uno dei problemi che ha creato motivi di dissenso con il consorzio. La delibera del consorzio, che modificava la concessione, dicendo che il concessionario si tiene gli impianti fino alla fine della concessione e poi li devolve gratuitamente, fu bocciata dal CORECO, che chiese al consorzio: come mai non puoi fare i mutui per pagare l'opera? A me risulta che non ci fu una risposta e quindi la delibera decadde.
La convenzione è stata modificata il 17 dicembre 1996 ad iniziativa del presidente Manolino, qui presente, il quale ha di fatto ricalcato nella modifica della convenzione alcuni aspetti già presenti in quella vecchia: la proprietà degli impianti è del consorzio, che - articolo 12 della nuova concessione - , proprio come corrispettivo della proprietà degli impianti, dà le garanzie per i mutui bancari.
Non voglio giudicare i comportamenti perché ora è il giudice ordinario che si sta interessando del problema, ma questo è stato un passaggio fondamentale che rischia di mettere in crisi una iniziativa che, secondo me, non ha pari in questo paese quanto a positività e non certo per i problemi per i quali siamo oggi qui davanti alla Commissione.
L'articolo 12 della concessione prevede che il consorzio rilasci formale garanzia e, in mancanza di pagamenti dei mutui da parte della concessionaria, i debiti passano al concedente con automatica decadenza della concessione. Su questo siamo pienamente d'accordo. Ma cosa è successo? La INSER ha ottenuto 30 miliardi e mezzo di finanziamenti da un pool di banche: 6 miliardi e mezzo da parte del Medio credito di Torino erogati in data 25 luglio 1997, che non ha preteso garanzie da parte del concedente. Ce la siamo visti da soli con il Medio credito ed abbiamo ottenuto questi soldi. Il pool di banche formato da Banca nazionale del lavoro, Banca di Roma, Medio credito ed Efibanca ha invece preteso le garanzie da parte del consorzio, in quanto proprietario dei beni e perché erano 25 miliardi; anzi il pool, che credeva e crede molto in questa iniziativa, ha detto: non possiamo rinunciare a queste garanzie anche perché in caso di un eventuale controllo della Banca d'Italia non riusciremmo a dimostrare quali garanzie avete dato in cambio dei 25 miliardi. E di questi tempi è meglio non rischiare su questi aspetti.
Per cui chi ha deciso il tipo di garanzie da dare non siamo stati noi o il consorzio, ma il pool di banche che ha detto: desideriamo che voi concediate il privilegio ex articolo 46 testo unico della legge bancaria. Questa lettera è arrivata il 29 marzo 1996. Da allora fino al 2 dicembre 1997, quindi quasi due anni, non abbiamo affrontato questo problema perché sembrava che al consorzio fosse chiaro che si dovessero dare le garanzie di cui al citato articolo 46.
Il 2 dicembre, 15 giorni prima della decadenza della concessione, ci pervenne una comunicazione, firmata dal presidente del consorzio, in cui era detto che l'assemblea dei comuni aveva deciso di offrire le garanzie, ma non quelle che chiedeva la banca (con la motivazione che sulle opere pubbliche non era possibile porre privilegi). Scrissi una lettera per ricordare al consorzio che l'articolo 42 della legge bancaria prevedeva che per le opere pubbliche finanziate da privati era possibile costituire privilegio speciale, ex articolo 46. La risposta fu che era illegittimo secondo il parere legale da loro richiesto. A questo punto, abbiamo dovuto far ricorso al TAR e chiedere un arbitrato, dovendo risolvere un problema per noi gravissimo. Credo, infatti, che non solo la INSER ma nessuna società concessionaria fosse in grado di trovare 45 miliardi nel giro di 15 giorni.
A quel punto - per passare all'altra critica che ci è stata mossa - ci siamo rivolti ai soci, dicendo loro che il 17 dicembre avremmo rischiato di perdere la concessione. Avendo il dovere di difendere la società ad ogni costo, con i poteri di procuratore che avevo scrissi una lettera ai tre soci chiedendo un finanziamento - quindi non un mutuo - per salvare la concessione. Ai soci veniva riconosciuto un interesse del 14 per cento, a proposito del quale mi rendevo conto che era più che remunerativo in base ai tassi correnti. Voglio far presente, però, che il compito del direttore generale e del consiglio d'amministrazione è quello di tutelare la società. Ricordo, infatti, che di fronte a inadempienze dei soci pubblici siamo stati chiamati a dover rispondere in base all'articolo 2409 del codice civile: in questi giorni abbiamo avuto un'udienza con il consorzio in cui ci si accusa di non aver provveduto regolarmente agli aumenti di capitale sociale. Come presidente della società è vero che ho commesso delle illegittimità civilistiche, ma perché i soci pubblici non rispettavano i termini di versamento del capitale sociale. Se avessi deciso, come presidente, che ad una certa data il capitale non poteva più essere sottoscritto, sarei stato accusato di aver cacciato l'ente pubblico da una società mista che aveva portato, all'interno della società, due concessioni pubbliche, una di 80 anni e l'altra di 25 anni.
PRESIDENTE. Può specificare quali sono le due concessioni pubbliche?
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. La prima è quella dei parcheggi, la seconda è quella dei rifiuti.
Credo che in questo il comportamento della società sia stato più che lineare, certamente favorevole all'interesse della società.
Non vi è stato il finanziamento, da parte del socio privato, al 14 per cento, perché le garanzie che al socio venivano date dalla società erano quelle della concessione, le stesse che erano state negate alla banca. Quindi, il problema non era cambiato.
Dobbiamo dire, vista la sede in cui ci troviamo, che l'opera è stata dichiarata, con delibera della giunta regionale, indifferibile ed urgente. A noi è venuto a mancare il finanziamento di un'opera già realizzata. Se da assessore avessi fatto una cosa del genere, oggi dovrei risponderne non solo al magistrato penale ma anche, forse, alla Corte dei conti. Oggi ci troviamo con una discarica costruita a metà, con una bonifica in corso, senza il finanziamento. Il consorzio dirà che non è colpa sua il fatto che il finanziamento sia venuto a mancare. Noi diciamo che la colpa non è nostra, per cui aspettiamo fiduciosi che il TAR e l'arbitrato si pronuncino perché è anomala una situazione di questo genere. A questo punto, di fronte a tutte le diffide che ci fa il consorzio a proposito del fermo lavori della bonifica e degli altri problemi, diciamo che non possiamo dare una risposta positiva perché non abbiamo i soldi. Il problema da risolvere, quindi, è di vedere chi ce li ha fatti mancare.
Alla Commissione è stata denunciata anche l'esosità della tariffa richiesta dalla INSER al consorzio. Non credo che questo sia un problema perché le leggi e la prassi prevedono che le tariffe siano proposte dal concessionario ma approvate dal concedente. Ho già spiegato che cosa è accaduto all'inizio, cioè il fatto che le 130 lire di tariffa erano motivate da un finanziamento pubblico, per cui i tassi erano sicuramente più vantaggiosi per il concessionario. L'approvazione della nuova convenzione, che prevede tutto a carico del concessionario ma la proprietà dei beni a carico del concedente, nonché il subentro alla INPAR, azionista di maggioranza quasi pubblico, di un socio privato a tutti gli effetti, hanno però creato dei problemi...
PRESIDENTE. Il socio privato era la Servizi ecologici?
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Sì. Ma anche questo problema lo addebito tutto alla responsabilità dei soci pubblici. Spiego perché. Ieri abbiamo risposto in tribunale a proposito di un ricorso di nullità dell'atto costitutivo della INSER per non aver adeguato la società alla legge n. 498. Ma chi aveva l'obbligo di adeguare la società a tale legge ed al regolamento successivo? Non certo il consiglio d'amministrazione che non ha nessuna competenza in tema di quote societarie. Vorrei però ricordare alla Commissione che nel momento in cui vi è stato il trasferimento delle quote dalla INPAR alla Servizi ecologici, il consorzio non ha esercitato la prelazione perché non ne aveva diritto, non avendo sottoscritto i patti parasociali (una sentenza di qualche giorno fa condanna il consorzio anche al pagamento delle spese legali). Faccio ricadere la responsabilità sul comune di Chieri, il socio pubblico che aveva sottoscritto i patti parasociali, perché a mio avviso aveva il diritto ed il dovere di congelare quelle azioni private e di scegliersi un socio privato di maggioranza di suo gradimento. La Commissione deve sapere che il socio INPAR, che aveva regolarmente notificato al comune la sua decisione di vendere le azioni, non ha ricevuto né una risposta positiva, né negativa. Io e il presidente dell'epoca, ex sindaco di Chieri, ci siamo rivolti alla GEPI, sollecitandola ad un intervento, perché la società diventasse pubblica in maniera prevalente. Il funzionario di allora ci disse che questo non era un problema nostro, in quanto doveva essere il socio pubblico a rivolgersi a loro, dopo di che sarebbe stata fatta una trattativa sul capitale sociale. Aver perso quell'occasione in quel momento è stato gravissimo per l'ente pubblico, che oggi si ritrova a dover discutere di quote societarie che non hanno più il valore nominale di allora, cioè un miliardo e mezzo; oggi che sembra essere in corso un'operazione di vendita da parte del socio privato, si parla di un valore della società di qualche miliardo.
Dunque, perché deve essere la società a rispondere di queste cose? Certo, se il socio pubblico ne avesse trovato uno di suo gradimento, senz'altro avrebbe potuto, all'interno dei patti parasociali, anche stabilire modalità di tariffe, di nomina dei suoi rappresentanti e così via. Il socio di maggioranza che oggi gestisce la società attraverso i suoi uomini fissa anche le tariffe di smaltimento che devono essere proposte all'ente concedente.
GIUSEPPE SPECCHIA. Che al momento sono?
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Sono l'amministratore delegato Michelini e alcuni consiglieri...
GIUSEPPE SPECCHIA. No, intendevo...
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Oggi esiste una tariffa provvisoria di 90 lire al chilo, ma l'arbitrato in corso dovrebbe stabilire quella definitiva.
FRANCO GERARDINI. Che significa provvisoria?
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Significa che oggi incassiamo 90 lire in attesa del lodo arbitrale, che è molto laborioso e difficile perché non si riesce a gestire per una serie di problemi che forse trovano responsabilità sia da parte della società sia da parte del consorzio. Ciò che lamentiamo è che oggi i lavori sono fermi per mancanza di finanziamento. Quindi, tutte le altre lamentele sulla regolarità dei lavori, noi le contestiamo perché senza soldi non possiamo fare le opere.
Altre lamentele del consorzio: avremmo fatto appalti e subappalti non autorizzati. Questo è un altro motivo che ci fa discutere perché il consorzio, come socio concedente, a mio giudizio, confonde il ruolo del socio con quello di concedente. La società concessionaria non è subappaltatrice: siamo dei concessionari che facciamo appalti. Quando si è trattato di fare opere pubbliche e quindi la costruzione della discarica e dell'impianto di valorizzazione del secco leggero, abbiamo fatto appalti CEE; quando si è trattato di fare un accordo con il nostro socio di maggioranza per la messa a dimora dei rifiuti all'interno della discarica, abbiamo fatto una trattativa privata, peraltro approvata da tutto il consiglio di amministrazione, compresi i rappresentanti di nomina pubblica; oggi ci viene detto di no; in questi giorni - il presidente del consorzio lo può testimoniare - abbiamo avuto una udienza presso il tribunale civile e il pubblico ministero, dottor Griffei, noto alle cronache giudiziarie per non essere una persona molto dolce, ha detto, davanti a tutti i presenti, ivi compresi i rappresentanti del consorzio, che lui è a conoscenza dell'attività della INSER dalla data della sua costituzione perché ha avuto modo di interessarsene per interpellanze comunali, esposti, lettere anonime, eccetera, e non ha mai rilevato materia penalmente rilevante nei confronti della società.
Mi chiedo allora quale sia il motivo di questo contenzioso se non abbiamo mai fatto nulla di male. C'è stato detto che vi sono rischi ambientali all'interno della discarica. Abbiamo ricevuto visite dell'ARPA, dei carabinieri, dell'USL, dei comuni; tenga presente la Commissione che il consorzio ci ha inviato una lettera con la quale ha designato ben 40 persone per il controllo della discarica e, senza possibilità di smentita perché la lettera è agli atti della Commissione, abbiamo una comunicazione in cui ci si dice che i 20 comuni del consorzio, 5 o 6 professionisti, tutti i membri del consiglio di amministrazione del consorzio ed altri possono venire a controllare la società.
Lascierò alla Commissione le fotografie della discarica. Se questa è una discarica che provoca danni ambientali, allora credo davvero ci sia molto da rivedere. Penso che il consorzio debba essere orgoglioso di una società che ha in questo momento in fase attuativa le procedure per la certificazione di qualità. Credo sia una discarica ed un impianto del secco leggero sulla linea del documento approvato o presentato da questa Commissione il 28 maggio scorso, nel quale ci riconosciamo pienamente. Respingiamo le accuse: sarebbe una grave delusione se dovessero continuarsi a dire le cose che sono state dette sulla INSER. Questo perché noi le riteniamo non vere. Riteniamo che il comportamento di questa società sia stato più che regolare.
Per ultimo, sempre perché ho citato il vostro documento del 28 maggio, abbiamo ricevuto nei giorni scorsi una diffida da parte del consorzio a non accogliere all'interno dell'impianto rifiuti fuori consorzio. Allora, già ci troviamo in una gravissima difficoltà perché il consorzio non produce i rifiuti necessari per mettere in funzione l'impianto, abbiamo un'autorizzazione regionale che ci dice che dobbiamo prima privilegiare i comuni del consorzio e poi quelli del bacino ed ora arriva una diffida della provincia che ci dice che non possiamo prendere rifiuti fuori dal consorzio. Credo allora che esistano ragioni a noi sconosciute che vogliono a tutti i costi che questa società chiuda i battenti. Però noi ci difenderemo con tutte le possibilità che la legge ci darà. Possiamo andare dal giudice penale e da quello ordinario; vi sono poi gli arbitrati; non conosciamo altri sistemi non solo per difendere i nostri diritti ma anche per difendere quelli che sono gli interessi stessi del consorzio perché al di là del contenzioso in corso credo che l'unica soluzione sia quella che abbiamo provato e cioè di andare dal prefetto di Torino - sono andati il presidente e l'amministratore delegato - per creare, sempre sulle linee del vostro documento, un accordo di programma che veda una autorità a regolare queste cose. Se poi fosse possibile nel futuro far determinare le tariffe da una terza autorità, togliendola dalla contrattazione libera tra concedente e concessionario, credo che ci guadagnerebbe sia l'interesse pubblico sia la trasparenza. Altrimenti possiamo presentare 10 mila fatture a giustificazione delle nostre spese, il consorzio giustamente ha il dovere di tentare una tariffa più bassa possibile a favore della cittadinanza e credo che non ci metteremo mai d'accordo.
Vengo da ultimo ai costi che, si è detto, sarebbero superiori alla media. Ho letto la tabella del vostro documento sulla produzione dei rifiuti ed il confronto tra i vari sistemi di smaltimento in Italia e credo che siamo sicuramente all'interno delle previsioni, cioè non siamo né i più bassi né i più alti tra quanti operano nel settore.
Credo di aver così difeso, anche se in modo molto appassionato, la società, cui ho contribuito moltissimo. Sono stato il primo presidente e successivamente, fin dall'inizio, direttore generale. Desidero respingere l'illazione fatta più volte secondo cui il mio comportamento all'interno della società sia stato contro l'interesse pubblico. Invito la Commissione: se veramente esiste questo dubbio, io credo che un magistrato penale debba prendere in esame la questione perché sono sicuro che i miei comportamenti di allora come quelli successivi siano stati sempre in linea con la difesa dell'interesse pubblico e quindi non potrò mai tollerare che negli atti parlamentari rimanga un sospetto sulla mia persona e sul mio comportamento in questi anni.
PRESIDENTE. Se l'amministratore delegato ed il direttore generale, come credo, perché la relazione è stata molto ampia, non ritengono di dover fare integrazioni, possiamo senz'altro passare ad ascoltare i rappresentanti della SIT e del consorzio.
ENRICO RUFFO, Direttore tecnico della SIT. Se il presidente consente, interverrò prima dei rappresentanti del consorzio essendo la nostra una posizione marginale anche se per noi molto pesante.
Ci siamo aggiudicati i lavori della costruzione della discarica nel maggio 1995: lavori appaltati dalla ditta con una procedura pubblica - in questo debbo dare ragione al professor Di Claudio - assolutamente regolare. Sostanzialmente il problema è che il bando di appalto prevedeva che il pagamento avvenisse a collaudo definitivo dell'opera, finanziato con l'accensione di un mutuo. I lavori sono proseguiti per qualche anno con alcuni problemi tutto sommato marginali e ad oggi sono eseguiti per il 90 per cento. Non si possono concludere per cause non dipendenti da noi, che sono sostanzialmente la impossibilità di completare la bonifica di una vasca di rifiuti.
PRESIDENTE. Vorrei pregarla di chiarire meglio questo punto.
ENRICO RUFFO, Direttore tecnico della SIT. Il progetto prevedeva che quattro zone di rifiuti di precedente collocazione - se non ricordo male risalgono agli ultimi venti anni - venissero rimosse e collocate nella discarica, nei settori predisposti. Di queste quattro vasche, in corso d'opera sono state eseguite alcune prove da parte del concessionario: una di esse è risultata non compatibile con lo smaltimento in discarica. Quindi, alcune zone di queste discariche non si potevano bonificare come da progetto, in quanto non potevano essere mossi i rifiuti. Per noi ciò ha sostanzialmente comportato, una volta eseguito il 90 per cento dei lavori, l'impossibilità di eseguire il rimanente 10 per cento, quindi l'impossibilità di chiudere i lavori e di procedere al collaudo. Da tale fatto il concessionario, cioè l'INSER, traeva il pretesto, a nostro giudizio, di non procedere alla liquidazione dei lavori eseguiti. Il pretesto nasceva dal fatto che, in verità, è stato fatto un collaudo parziale dell'opera per poter iniziare il conferimento dei rifiuti (questo già nel novembre 1996).
Successivamente l'INSER ha riconosciuto le motivazioni da noi portate circa il diritto di essere liquidati, tant'è che ha iniziato a pagare delle rate mensili, peraltro sostenendo che la mancata accensione del mutuo non le dava modo di procedere alla liquidazione completa di tutti i lavori. Allo stato attuale abbiamo eseguito opere per circa 5 miliardi incassando circa un miliardo e mezzo. INSER ha sottoscritto una scrittura privata con un impegno a pagare - quindi un piano di rientro - per noi insufficiente, nel senso che è previsto un rientro fino al 2000.
PRESIDENTE. La vostra valutazione di insufficienza è dovuta al fatto che il periodo è troppo lungo o perché non veniva coperta tutta la somma dei 5 miliardi?
ENRICO RUFFO, Direttore tecnico della società SIT. Il documento è generico perché vi si dice che continueranno a pagare con rate mensili fino alla copertura del credito, senza però quantificarlo. Ma soprattutto è non sufficientemente cautelativo per la società, perché INSER sostiene non esserci la possibilità di coprire il debito con una fideiussione o con titoli o scritture sufficientemente cautelative per noi. Devo peraltro sottolineare che questo documento, sottoscritto in una prima versione e poi integrato circa un anno fa, è stato fino ad oggi onorato con i pagamenti previsti.
Riteniamo che la situazione attuale sia paradossale per il fatto che in qualità di privati abbiamo costruito un'opera pubblica, attualmente utilizzata da enti pubblici, che è fonte di introiti ma che non viene pagata. Quindi, tutte le considerazioni di prima del professor Di Claudio sulla mancanza di finanziamenti, eccetera, sono vere nella forma ma non correttissime nella sostanza, perché riteniamo di aver finanziato noi quell'opera, visto che l'abbiamo costruita.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. L'unica risorsa che abbiamo la dividiamo fra tutte le spese che dobbiamo sostenere.
ENRICO RUFFO, Direttore tecnico della società SIT. Vi sono altre cose che non ci convincono. INSER, per esempio, ci rimanda tutte le sue problematiche con il consorzio. Riteniamo che ciò non abbia fondamento, visto il contratto tra noi e l'INSER. Abbiamo anche perplessità sul comportamento del consorzio, che si ritiene estraneo al rapporto tra noi e INSER. Riteniamo infatti che il ruolo del concedente sia anche quello di effettuare un controllo sulla destinazione dei fondi e sul pagamento delle opere che devono essere eseguite.
Aggiungo che anche la nostra società è abituata a lavorare in regime di concessione e che è stato forse questo il nostro problema, in quanto, avendo acquisito un lavoro in qualità di appaltatori, al momento in cui abbiamo visto che cominciavano a sorgere dei problemi avremmo dovuto abbandonare il cantiere. Purtroppo, l'abitudine di chi svolge un servizio pubblico è quella di garantire il servizio stesso, cosa che abbiamo fatto fino ad oggi e che ci ha fortemente penalizzato.
Un'ultima considerazione a proposito della sospensione della bonifica e dello spostamento dei rifiuti. Quest'ultimo è iniziato parzialmente ed è avvenuto in maniera difforme rispetto alle previsioni iniziali. Ciò lo abbiamo segnalato fin dall'inizio richiedendo, con svariate lettere, il riconoscimento di maggiori oneri. INSER ha ritenuto di riconoscere il 10 per cento di quanto noi abbiamo richiesto. Nonostante ciò per 4 o 5 mesi abbiamo proceduto a spostare rifiuti, anche se ci rimettevamo nello svolgimento di questa specifica attività. Abbiamo fatto presente alcuni problemi di sicurezza, dovuti alla parete verticale della vasca, che comportava la necessità di modificare il tipo di lavoro, ma non abbiamo avuto alcuna risposta, se non un ordine di servizio, 15 giorni fa, di riprendere i lavori, senza però specificare come sarebbero stati pagati e come si sarebbero dovuti fare.
La nostra richiesta è che sia per l'INSER sia per il consorzio vi sia l'obbligo di assumere iniziative che permettano di garantire il pagamento dei lavori eseguiti.
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Sono presidente da due anni, ma ero presente alla costituzione della prima convenzione in qualità di rappresentante comunale, in quanto ero già sindaco a quella data. Quindi, se può essere utile per delineare il quadro della situazione, la mia memoria storica può fungere da contraltare a quella del professor Di Claudio.
Anziché tediarvi su problemi tecnici, perché non credo sia questa la sede giusta, vorrei fare alcune precisazioni, soprattutto rettificando alcune cose non vere che sono state dette prima.
Dico fermamente che non abbiamo la chiarezza di ciò che è stato esposto prima, perché non risponde a verità. Quando il signor Di Claudio afferma che vi è sempre stato un comportamento di difesa del capitale pubblico, secondo noi dice una menzogna. E' giusto e legittimo - riteniamo anche logico - che il direttore generale di una società debba difenderla accoratamente, come Di Claudio ha sempre fatto - quindi gliene devo dare atto - ma ciò non vuol dire difendere l'interesse pubblico. Avevo iniziato a prendere appunti durante l'intervento del signor Di Claudio ma poi ho smesso perché sarebbero stati troppi. Credo però di dovervi evidenziare alcuni punti perché la Commissione certe cose può comodamente evincerle da tutta la documentazione che abbiamo inoltrato.
Cominciamo con il dire che questa società, per quel che riguarda noi come consorzio, quindi come ente pubblico, finora ha sempre fatto solo - nelle forme che ora vi esplicito - la difesa del capitale privato, dell'interesse del socio privato e della società. Comincio con il dire che due anni or sono, prima che si iniziasse il deposito e la rimozione dei vecchi rifiuti del comune di Cambiano nella attuale discarica, la società si era premunita di chiedere al Ministero delle finanze a Roma che ci fosse una circolare che dicesse che quei rifiuti così rimossi dovevano essere soggetti alla tassa ecologica di smaltimento. La finalità non era certo che i comuni pagassero per quella quantità di rifiuti le cinque o le venti lire al chilo, ma che ciò comportasse la qualifica di nuovo smaltimento di quei rifiuti per cui l'ente gestore, cioè la società, avrebbe potuto percepire il diritto di smaltimento, pari a circa - in base a conti grossolani - 7-8 miliardi di lire. Preciso che nel progetto approvato dalla regione era scritto chiaramente che questo non era una bonifica ma una semplice rimozione ed abbancamento di rifiuti nell'ambito della stessa discarica, tanto è vero che, come confermava prima il rappresentante della ditta SIT, a tutt'oggi i lavori non sono finiti perché ci sono ancora vecchi rifiuti del comune di Cambiano che debbono essere ancora riportati da quella sede alla vasca già edificata.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Di chi era quella discarica? Di chi erano quei rifiuti?
GIULIANO MANOLINO, Presidente della assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Scusa, io non ti ho interrotto, per piacere lascia che la Commissione ascolti le mie obiezioni, poi potrai replicare finché ne avrai voglia. Abbi pazienza. Altrimenti continuiamo a raccontarci frottole e non ci siamo.
Sono del comune di Cambiano. Ho dovuto segnalare al Ministero delle finanze, con tanto di planimetrie allegate, che quei rifiuti erano soltanto una rimozione del vecchio comune di Cambiano ed erano già previsti per un costo di circa un miliardo e 200 milioni come rimozione nel progetto approvato dalla regione e quindi non erano un nuovo smaltimento.
Il Ministero delle finanze, dopo averci ascoltato ed aver visto i documenti, ha fatto una circolare esplicativa, pubblicata anche su Il Sole 24 ore e sulla Gazzetta Ufficiale precisando che non costituiva nuovo smaltimento quando erano nella stesa vasca. Dico questo non per citare un precedente ma per sottolineare come questo fosse un modo - lascio a voi definire come - tentato dalla società per avere un introito superiore al lecito, secondo noi, di 7-8 miliardi di lire.
Si fa una delibera di autofinanziamento da parte di un consiglio di amministrazione con un tasso di interesse del 14 per cento, quando tutti sappiamo che le banche oggi li danno all'8 per cento, al 7 per cento ed anche meno; e questa è stata fatta soltanto due o tre mesi fa; non mi si venga a dire che questo è difendere l'interesse pubblico, è dare il 14 per cento di remunerazione su ipotetici 25 miliardi al socio privato di maggioranza che automaticamente, avendo la maggioranza per il consiglio di amministrazione, se la autodelibera. Poi i cittadini pagheranno. Abbiamo denunciato questo che è un tasso speculativo, non accettabile da parte di un ente pubblico. Questo è stato fatto perché la società dice: altrimenti ci saltava la convenzione. Verissimo, ma questo non è un problema nostro. La difesa dei valori della durata, validità o funzionalità di una società deve essere fatta dalla società, ma non a scapito dei cittadini. Se la società non è riuscita a reperire fondi per il finanziamento, è inutile addossare le colpe e gli oneri agli altri per salvare la durata di una società, vuol dire che decade; non perché lo abbiamo voluto noi, ma perché la banca non si è fidata.
A proposito di banca, anche il fatto che il consorzio non abbia dato le garanzie non è assolutamente vero, come non è vero che il finanziamento detto dal professor Di Claudio per 6 miliardi e mezzo del Medio credito di Torino sia stato fatto tutto da soli. Non è assolutamente vero; se non c'erano le delibere del consorzio che davano la cessione del credito relativamente a questi impianti e la delibera di automatica acquisizione del subentro nei mutui il Medio credito di Torino sicuramente non gli avrebbe dato il mutuo. Noi questo lo abbiamo fatto, risulta dagli atti che credo la Commissione abbia. Se poi il Medio credito di Roma non si è più fidato neppure di questo ed ha voluto che noi sottoscrivessimo l'atto di mutuo nonostante che siamo i concedenti; io sono venuto a Roma personalmente, insieme al presidente, dottor Gambino, per andare dai rappresentanti della società a dirgli che non era previsto per legge dare il privilegio in sorte, non è previsto che dobbiamo dare altre garanzie, è previsto che io debba dare tutte le garanzie previste dalla concessione vigente. Quelli dopo hanno detto: non ci fidiamo. Lo hanno detto chiaramente anche a noi e la Commissione può sentire il Medio credito di Roma, che ci ha detto: o voi lo sottoscrivete, ed abbiamo la documentazione, o altrimenti non possiamo dare il finanziamento.
Questa non è una colpa del consorzio, ma una mancanza di fiducia che la banca ha riposto nella società che non dipende da noi, perché noi il credito sullo smaltimento dei rifiuti e le garanzie previste dall'articolo 12 le abbiamo scritte, ripetute e deliberate; non c'era quindi motivazione che la banca dovesse imputare a noi determinate colpe. La verità è che se non c'eravamo noi come garanzia la banca non voleva dare questo finanziamento. Neanche quella di Torino, quella dei primi 6 miliardi e mezzo. Non si venga quindi a dire che la società ha fatto tutto da sola e che il consorzio non ha partecipato o non ha collaborato per avere questi finanziamenti.
Un altro esempio: la richiesta del lodo arbitrale fatta dalla società: certo, la tariffa di 90 lire è provvisoria, fino a che il lodo non viene emesso; dura così da quasi due anni. Le 90 lire, secondo noi, trovano giustificazione - riscontrabile anche a livello provinciale - perché si tratta semplicemente non di una serie di impianti solo della discarica, quindi del rifiuto tal quale che oggi va in discarica. Noi riteniamo addirittura che essa sia esosa, cioè che il costo sia molto inferiore.
PRESIDENTE. 90 lire sono il costo di conferimento in discarica, senza il trasporto?
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Certo.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Compresa la bonifica.
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. No, non è vero. Le 90 lire sono solo smaltimenti. La bonifica nel progetto ha delle voci separate che danno, come dicevo prima, oltre 1 miliardo e 200 milioni per il trasporto dei rifiuti della bonifica o della rimozione da quella sede all'altra, ma non le 90 lire.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Come le pagate? Ci date dei soldi in più?
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Sono comprese nel costo del progetto. Chiedo però di non essere interrotto ...
PRESIDENTE. Devo ricordare che nelle audizioni vale la regola che ci si rivolge al presidente della Commissione.
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Quei costi vanno nel totale monte costi di costruzione e gestione dell'impianto e quindi sono un costo valido per la determinazione della tariffa. Non sono quindi da determinarsi in più sulla tariffa, sono previsti nel progetto. Ovviamente, se il progetto prevedeva un miliardo e 200 milioni ed i costi sono 1 miliardo e 400 milioni ci sarà la differenza, ma questo lo vedremo quando sarà finito, non oggi. Però erano previsti.
Visto che si sta dicendo che la società fa l'interesse del pubblico, debbo dire che a me così non pare; neppure nella richiesta di lodo arbitrale mi pare sia stato perseguito l'interesse collettivo; quando una società sa bene quali sono i prezzi praticati ed anche i costi e richiede nel lodo arbitrale, come proposta di tariffa, per la semplice posa in discarica del rifiuto tal quale, la bellezza di 496 lire al chilogrammo, salvo poi trattare, ditemi voi dove sta una parvenza di serietà nei confronti dell'ente pubblico, se non perché l'ente privato abbia un buon aggio. Non ne discuto, ma non mi si venga a dire che questo è difendere l'ente pubblico, altrimenti è veramente una presa in giro.
Tanto per dirne un'altra, nel bilancio proposto recentemente dalla società in sede commissione di lodo arbitrale vi è una esemplificazione di questo: non la SIT, cioè l'impresa costruttrice della discarica, ma l'ente che sta gestendo la discarica ha avuto quella che il professor Di Claudio chiamava la trattativa privata per lo smaltimento di questi rifiuti, per una collaborazione, anzi il noleggio di mezzi a caldo; chiamiamolo nolo a caldo, così sta scritto sul contratto. Ebbene per noi questo è un totale subappalto, perché c'è tutto, non solo il nolo di mezzi a caldo: ci sono i mezzi, la manodopera, il controllo, lo sbancamento e la compattazione. Vero o non vero che sia - potrete verificarlo voi dalla documentazione - nel bilancio vi è una semplicissima cifra di quadratura: il costo di 90 lire dà un introito annuale di 3 miliardi 800 milioni circa; invece il costo dato dalla società all'ente di maggioranza per il nolo di mezzi a caldo assomma a circa 6 miliardi.
PRESIDENTE. Chi è l'ente di maggioranza?
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. La Servizi ecologici, che detiene il 77,5 per cento delle quote azionarie dell'INSER.
PRESIDENTE. La Servizi ecologici è la società che ha la maggioranza dell'INSER?
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Sì, la INSER Spa è costituita per il 12 per cento dai comuni di Chieri, per il 10,5 per cento dal consorzio (dopo gli aumenti di capitale) e per il 77,5 per cento dalla società Servizi ecologici, che è il socio di maggioranza.
Ognuno può scrivere in bilancio ciò che crede, ma se mi si viene a dire che un ente pubblico deve avallare situazioni non giustificate da certi costi - qualcuno lo dimostrerà -, è evidente che...
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei che questo punto fosse chiaro. Uno dei tanti elementi di questo contenzioso sta nel fatto che il consorzio sostiene che, a conti fatti, con il prezzo per il conferimento in discarica a 90 lire al chilo si arriva a 3 miliardi 800 milioni, mentre la società sostiene di aver bisogno di 6 miliardi per poter operare il conferimento in discarica. E' così?
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. No, anche di più, molto di più...
PRESIDENTE. Lei ha detto 6 miliardi.
GIULIANO MANOLINO, Presidente dell'assemblea dei sindaci del consorzio chierese. Sì, perché nell'indicare questa cifra la società intende dire al collegio arbitrale che ha già 6 miliardi di spese, quindi deve sapere che il costo di 90 lire non è remunerativo, per cui deve averne di più. Mi auguro e spero che il collegio arbitrale valuti da cosa è composto il costo di 6 miliardi, perché risulta almeno triplicato, a dir poco, rispetto ai costi reali delle discariche di tutta la provincia. Li abbiamo verificati noi e possiamo addirittura citarvi le discariche con i relativi costi di smaltimento e di compattazione. Sto parlando - lo ripeto - dei rifiuti solidi urbani.
Per quanto riguarda il problema delle tonnellate, va detto, a proposito del progetto approvato di cui parlava il professor Di Claudio, che prevedeva 62 mila tonnellate per l'impianto a regime, che il riferimento era all'impianto globale e non alla discarica, quindi ad un impianto comprensivo di un impianto di trattamento dei rifiuti e non soltanto del deposito del tal quale. Il consorzio non ha mai detto di non voler portare 62 mila tonnellate rispetto alle 42 mila portate oggi. Non c'è nessun problema. Intanto, non è vero che siano 35 mila, perché sono 42.500 all'anno. Ma, al di là di questo, il problema è un altro: oggi abbiamo comuni limitrofi che hanno problemi di smaltimento, che sarebbero disponibili a conferire da noi dei rifiuti, ma non sappiamo che tariffa applicargli, perché non conosciamo, dopo certe richieste espresse in lodo arbitrale, cosa scaturirà dal lodo, cioè se sarà impugnabile o meno, se gli importi sono congrui o meno. Lei capisce che io non posso assoggettare 19 comuni e 110 mila abitanti ad una tariffa per poi andare a dire, dopo, che devono essere modificati i bilanci, che devono reperire importi da qualche parte per integrare questa cifra. Oggi non conosciamo la cifra che verrà definita dal lodo arbitrale, ma a nostro giudizio dovrebbe essere inferiore a 90 lire. Considerato che la società ha chiesto 496 lire, mi dite come si può ipotizzare una transazione? Questa possibilità non c'è.
Abbiamo contestato alla società - è in corso la seconda fase di un secondo lodo arbitrale - alcune irregolarità. Riteniamo che la gestione della società non sia consona alle necessità di trasparenza e di logica correttezza da parte di un ente pubblico. Non ci siamo inventati delle cose nei confronti della società; abbiamo scritto tutto ciò che è computabile. Se si dice che la società sta operando nell'interesse della collettività, voglio elencarvi qualcuno dei punti che abbiamo contestato e che risultano da documenti scritti: la società non ha reperito i finanziamenti a copertura dell'operazione, e se oggi la rimozione dei vecchi rifiuti di Cambiano non è completata ciò non è addebitabile a noi, tant'è che il presidente del consiglio d'amministrazione ha inviato anche delle diffide per completare questa operazione; a distanza di due anni e mezzo non vediamo completata la vasca perché questa rimozione non viene ultimata, ma ciò non per colpa nostra, perché, come ho detto, spetta alla società completare la rimozione eliminando problemi di qualsiasi tipo, di percolato, di maleodorazione, eccetera. Ebbene, la vasca della nostra discarica non è stata ancora completata perché i rifiuti sono ancora lì a ingombrare.
Passo agli altri punti che abbiamo contestato: il ritardo nella realizzazione del trasferimento dei rifiuti dalla vecchia discarica alla nuova vasca, che consideriamo uno dei punti sostanziali affinché si possa poi proseguire con il completamento dell'impianto di trattamento dei rifiuti; il tasso del 14 per cento, perché lo riteniamo speculativo, assolutamente non di interesse pubblico ma di interesse privato; il non aver provveduto al pagamento dell'indennità di occupazione e dell'esproprio, nonostante siano state inviate diffide da oltre un anno e mezzo, nonostante nella nuova convenzione del 1996 sia stato espressamente detto che questa era una delle cause di automatica decadenza della concessione; l'aver intestato a sé - intendo la società - anziché al consorzio alcuni terreni assoggettati a procedura espropriativa. Non dimentichiamo che la società ha lasciato decorrere in cinque anni utili per il procedimento legale di esproprio, dopodiché le sono stati intestati, con libero arbitrio, alcuni terreni. Prima è stato detto che il prefetto di Torino aveva risposto alla richiesta della società per una transazione: la verità è che siamo noi che siamo andati dal prefetto a dirgli che questo o quell'altro non andava e che avevamo anche rivolto denunce all'autorità giudiziaria su certi tipi di attivazione, di finanziamenti e di tassi. Il dottor Gambino può confermare quanto ci ha detto il prefetto quando ci ha ascoltati. Ha chiesto: perché vi siete intestati dei terreni a proposito dei quali sapevate che da convenzione dovevano essere intestati al consorzio? Gambino disse che non ricordava la motivazione e che comunque senz'altro sarebbero stati dati al consorzio perché gli spettavano. Ma sono stati intestati a loro, nonostante la convenzione dica che il bene è nostro anche se è a disposizione della società per venticinque anni.
Negli impianti di Cambiano e di Fontaneto, quindi anche in quello della valorizzazione del secco leggero, che è ancora in corso, hanno eseguito opere difformi rispetto a quelle autorizzate. Ciò lo abbiamo detto e citato. Ma la colpa viene quasi data a noi, nel senso che dovevamo occuparcene prima, nonostante non avessimo rapporti, né sentore di rapporto tra la società INSER e la ditta costruttrice, che è qui presente. Non a caso, domani mattina abbiamo un'udienza presso la pretura di Chieri perché vi è stata un'osservazione su questo tipo di intervento, per cui il pretore vuole capire come mai vi fossero queste opere difformi, queste recensioni non a distanza previste dalla legge Galasso e perché siano stati costruiti i capannoni che non erano previsti nel progetto originale e che non erano stati approvati dal sindaco del comune in cui è sita la discarica.
E' stato avviato, a nostro giudizio illegittimamente, senza preavviso, né nostra autorizzazione, anzi con nostra diffida, l'impianto di Fontaneto per la valorizzazione del secco leggero; questo impianto è stato attivato, hanno preso dei rifiuti, li hanno portati nella discarica, il consorzio non ha dato alcuna autorizzazione né ha fatto alcun collaudo amministrativo; non solo, vi è irregolarità di costruzione all'interno dell'impianto; ciò non toglie, la ditta ha pensato di avviarla. A questo punto credo sia il caso che io mi fermi per non essere troppo prolisso. Aggiungo però una considerazione.
Tutte queste cose ed altre che credo il dottor Civera possa esprimere meglio di me, perché come presidente del CDA le rive direttamente e quotidianamente sulla sua pelle ormai da molto tempo, dicono una sola cosa: la società opera tentando in tutti i modi di ottenere la funzionalità della società stessa, l'interesse privato del socio di maggioranza che investe ed ha investito non solo denari all'interno della società, ma non ha mai - ripeto mai - sino ad oggi risposto seriamente ad una delle nostre richieste ispirate ad esigenze di trasparenza e correttezza, cercando di venire incontro ad una necessità di equità sia tariffaria sia operativa che abbiamo più volte posto.
Se dobbiamo trovarci continuamente a lottare per avere questo tipo di chiarezza operativa, è chiaro che - lo confermiamo in questa sede - non abbiamo alcun interesse a continuare una diatriba formale, giudiziaria, legale; abbiamo azioni legali intentate da tutte le parti per cercare di ottenere quello che riteniamo ci debba essere dato, ma questo non è un modo di perseguire un logico trattamento dei rifiuti, perché tutti i tempi si dilatano nell'arco di anni, non di mesi, ed ora stiamo rischiando, con i rifiuti attuali della discarica di Cambiano che non sono stati ancora rimossi completamente, di arrivare non dico in emergenza ma quasi alla fine della capienza della prima vasca della discarica per aver completato la seconda. Questo non mi pare corretto neppure da un punto di vista amministrativo o economico-finanziario perché poi ovviamente la società costruttrice deve poter chiedere la giusta remunerazione per un lavoro che si sta procrastinando.
Quando la società dice io credo e spero - mi riferisco alla SIT - che il consorzio si faccia anche parte dirigente per essere coinvolto in questo tipo di attività, osservo che il consorzio non può e non deve, altrimenti non sarebbe un concedente. Mi pare sia una soluzione di comodo che la società a volte dica noi siamo i vostri sostituti di imposta, noi siamo quelli che dobbiamo fare le vostre veci, quindi siamo autorizzati a fare contratti, appalti e trattative private, a fare tutto quanto noi facciamo e voi non c'entrate, salvo poi, quando non torna più comodo, che io mi debba sentire dire che nel loro rapporto e appalto di costruzione con la SIT, anche se bonariamente, sia ben chiaro, che dovrebbe partecipare anche il consorzio, perché altrimenti non si chiude.
Allora mettiamoci le idee in chiaro: o è una cosa o è l'altra. Chiedo che questa Commissione faccia veramente, nei limiti delle sue competenze, la massima chiarezza per risolvere questi continui ed ormai assillanti e ripetuti problemi che incontriamo nella gestione di questo tipo di rapporto con l'ente privato.
PRESIDENTE. Passiamo alle domande dei commissari.
RENZO PENNA. Vorrei che fossero fornite maggiori notizie sul sovradimensionamento della discarica di Cambiano: lo considerate tale o no? In Piemonte abbiamo purtroppo molta gente che sposta i suoi rifiuti da una parte all'altra e sicuramente in generale gli impianti non bastano. Mi interessa comunque il vostro giudizio su questo impianto.
RICCARDO CIVERA, Presidente del consiglio di amministrazione del consorzio Chierese. Con riferimento a questa domanda, credo che il giudizio di sovradimensionamento cui si è fatto cenno, non sia rispetto alla discarica e all'impianto di discarica ma al discorso del centro integrato di Fontaneto, che è l'altro impianto accoppiato alla discarica.
Non credo esistano, come diceva giustamente lei, in assoluto oggi discariche sovradimensionate; il problema è solo quello di modulare i costi di gestione, in modo da garantirne la economicità e la razionalità. Mi permetto di prendere spunto dalla domanda posta per fare comunque una piccola integrazione e precisazione: il consorzio Chierese si trova nella duplice veste - tra l'altro molto scomoda - di socio e concedente. E' difficile scindere le due posizioni. Vorrei però che fosse chiaro - perché dall'esposizione del direttore generale INSER mi sembra che non fosse così chiaro, anzi questo punto fosse visto nel senso opposto - che quando abbiamo promosso una serie di azioni, lo abbiamo fatto in veste di socio per denunciare il palese conflitto di interessi che si è creato all'interno della società nei confronti della Servizi ecologici, che è il socio di maggioranza.
Fatturare all'INSER da parte del socio di maggioranza una cifra di circa 6 miliardi all'anno (100 milioni in più o in meno; lo capiremo bene esaminando le pieghe del bilancio, che peraltro non è stato ancora approvato; era previsto per ieri ma l'assemblea è andata deserta e non per colpa dei soci pubblici) francamente, senza voler entrare nel merito, suscita qualche sospetto che il contratto di cui abbiamo copia e che abbiamo anche analizzato non sia del tutto favorevole alla società INSER di cui facciamo parte, anzi potremo anche dire che, da quello che viene fuori, per un nolo a caldo di alcuni macchinari più un operatore e mezzo, e considerando che l'INSER come società mette di suo tutta una serie di altri costi, altro personale, materiali ed altri servizi; 68 lire al chilo solo per un nolo a caldo di alcuni macchinari e un operatore e mezzo, dicevo, ci sembra un po' esoso, anzi che si vada oltre la esosità.
In questo volevo anche rispondere al rappresentante della SIT che il consorzio, facendo queste iniziative in base al 2.409, le fa anche a tutela dei creditori; quindi non è che il consorzio non si stia preoccupando dei crediti della società, ma nella veste di socio sta operando anche in funzione della tutela dei creditori. A noi sembra di vedere che le risorse della società vengono drenate e trasferite al socio di maggioranza.
Mi permetto di rubare ancora qualche secondo di attenzione alla Commissione. Non risponde proprio al vero quanto detto dal professor Di Claudio in merito alle affermazioni del procuratore Grifei. Non ha propriamente detto le cose che sono state riferite. Se la cosa viene ritenuta rilevante, credo si possa chiedere direttamente al dottor Grifei...
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Dillo tu quello che ha detto, come l'hai inteso tu.
RICCARDO CIVERA, Presidente del consiglio di amministrazione del consorzio Chierese. Non ha detto questo. Ha detto che negli atti che vi erano stati prospettati precedentemente non aveva rilevato elementi di rilevanza penale; atti prospettati precedentemente non da noi ma da altri ricorrenti. Noi abbiamo fatto altri esposti alla procura, che non sono all'esame del dottor Grifei, ma di altri procuratori.
GIUSEPPE SPECCHIA. Vorrei fare una domanda che riguarda aspetti diversi da quelli qui da voi esposti. La vostra esposizione è stata molto interessante e la questione costituisce un caso che deve essere esaminato anche dalla nostra Commissione, perché può essere emblematico dei rapporti che si creano in questo sistema dei rifiuti. Come Commissione, però, abbiamo forse più interesse a vedere cosa poi accade dei rifiuti, la regolarità o meno del loro smaltimento e i possibili riflessi per l'ambiente e i cittadini. Questo è l'interesse maggiore da parte nostra. I problemi che vi sono tra il consorzio e la società, che sono certamente importanti e che ci offrono un certo spaccato della situazione, dovranno essere oggetto di esame della magistratura o di risoluzioni del lodo arbitrale. Ci auguriamo che alla fine tutto si sistemi, ovviamente nell'interesse generale e pubblico.
Ma in questo continuo contenzioso, che fine hanno fatto i rifiuti? La gestione della discarica è avvenuta secondo legge? E' avvenuta in maniera corretta? Se ho ben capito vi è anche un valorizzatore, in altro sito, per cui vorrei capire se sia autorizzato in tutto o in parte. Funziona secondo legge? Vi sono i controlli dovuti?
PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Marengo, cogliendo l'occasione per rivolgergli il mio augurio di benvenuto, in quanto è la prima volta che partecipa ai lavori di questa Commissione.
LUCIO MARENGO. Chiedo scusa, signor presidente, se dovessi peccare di ingenuità, ma, come lei ha detto, è la prima volta che partecipo ai lavori della Commissione sul ciclo dei rifiuti. Spero, comunque, di avvalermi dell'esperienza acquisita in tanti anni come amministratore.
Mi pare di avere capito che vi sia una società, di cui fa parte il consorzio dei comuni, che cura non solo lo smaltimento ma anche il reperimento o la realizzazione di discariche. Mi chiedo quindi se sia mai stato raffrontato il costo di smaltimento di questa zona con quelli di altri luoghi. A Bari, per esempio, dove vi è un rapporto diretto tra amministrazione pubblica e proprietari di cave nelle quali vengono smaltiti i rifiuti, mi risulta che i costi siano di gran lunga inferiori. Parlo di dati certi perché li ho vissuti sulla mia persona. Conosco anche tutto ciò che poi si nasconde dietro l'attività lecita o illecita dello smaltimento dei rifiuti, per cui quando si parla di questi ultimi mi chiedo a cosa ci si riferisce.
PRESIDENTE. Qui si sta parlando solo di rifiuti solidi urbani.
LUCIO MARENGO. Ma i rifiuti solidi urbani sono anche i fanghi dei depuratori, altamente inquinanti se i depuratori non funzionano. Non sappiamo se i rifiuti tossici o speciali vengono smaltiti in discarica. La concezione di rifiuti solidi è molto ampia, per cui bisogna vedere che cosa si intende. La mia preoccupazione è che questo grosso giro costi alle pubbliche amministrazioni più del dovuto. Una società privata può avere interessi giustificati, ma che devono comunque comportare un guadagno, mentre per lo smaltimento dei rifiuti la pubblica amministrazione non ha questo interesse. A me sembra, quindi, che ci troviamo di fronte ad un qualcosa di artificioso, di troppo complicato. A noi non interessano le diatribe di carattere tecnico-amministrativo tra i soci - questo riguarderà il TAR o altri organismi - ma come vengono trattati i rifiuti. Soprattutto ci interessa sapere se le discariche approntate vengono realizzate a norma di legge. Credo, quindi, che siano necessarie informazioni da parte del nucleo operativo ecologico, dei carabinieri e di quant'altri più o meno direttamente interessati alle vicende di salvaguardia ambientale, perché sui rifiuti molti stanno accumulando grandi fortune. E noi non vogliamo essere indirettamente coinvolti in questo facile arricchimento, perché anche sui rifiuti, come sugli anziani e sui morti, si fanno molti soldi.
PRESIDENTE. Invito i convenuti a fornire risposte estremamente sintetiche, anche perché disponiamo di una ricchissima documentazione sul caso, che potrà essere ulteriormente integrata. Per esempio, in risposta alla domanda rivolta adesso dal collega Marengo, sarebbero utili le tabelle relative ai costi di smaltimento in aree limitrofe a quella di interesse.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio d'amministrazione della società INSER. Cercherò di essere telegrafico e di non tediare la Commissione su aspetti che, come è stato rilevato, non sono forse pertinenti all'audizione odierna.
Premesso che produrremo una documentazione cartacea e fotografica sulla discarica di Cambiano, vorrei subito rispondere, in modo simpatico, se mi è consentito, all'osservazione del senatore Specchia: la discarica di Cambiano può essere considerata quasi un modello, in quanto mi risulta che il presidente del consorzio abbia portato le scolaresche a visitarla come esempio di discarica funzionante, tutto sommato, in modo decoroso. Come ha già rilevato prima il direttore generale, l'attività di smaltimento da parte della INSER è in corso di assoggettamento a certificazione europea. Questo anche per sgombrare il campo da possibili equivoci e dalle osservazioni mosse prima dall'onorevole Marengo.
Poco più di un anno fa ho accettato di entrare nel consiglio d'amministrazione di questa società, assumendo poi l'incarico di presidente del consiglio stesso, dopo aver svolto la funzione, per circa otto anni, di sindaco di un comune della zona, ritenendo che fosse possibile un rapporto corretto tra pubblico e privato anche in un settore particolarmente difficile come quello dei rifiuti. Per carattere non sono solito abbandonare la barca mentre sta affondando, ma devo dire che sono stato tentato di farlo più volte, perché nell'anno di attività come amministratore di questa società mi sono convinto che la cosa più difficile è un dialogo tra sordi: da un lato, il privato persegue, evidentemente, uno scopo di lucro; dall'altro, il pubblico quello, si presume - personalmente lo credo fermamente - di tutelare l'interesse dei cittadini. Mi sono personalmente impegnato con il prefetto di Torino ad ipotizzare una soluzione che è esclusivamente di ordine economico. Il presidente del consiglio d'amministrazione del consorzio chierese mi farà rilevare i problemi di percolato o di non percolato, per esempio, per cui dico subito che non sono un tecnico ambientale e che, quindi, non sarei in grado di dare risposte in merito. Aggiungo, però, che finora non ho ricevuto avvisi di garanzia per danni ambientali. Assicuro che, a parte la colorita ed enfatica relazione del direttore generale, non passa giorno che non vi siano controlli, verifiche e ispezioni da parte degli enti pubblici preposti: non so se siano dieci, quaranta o due i soggetti che accedono quotidianamente agli impianti, ma ogni giorno sono monitorati e controllati, e finora non sono stati mossi rilievi di carattere ambientale.
Uno degli aspetti che potrebbe provocare qualche problema afferisce proprio alla rimozione dei rifiuti delle vecchie discariche del comune di Cambiano, che per molti anni ha gestito in proprio questa attività facendo ciò che si faceva fino alla metà degli anni ottanta: un buco dove veniva messo di tutto (i rifiuti presi dal cosiddetto tombarèl - così si chiama dalle nostre parti -, che adesso è il compattatore, e ciò che chi aveva materialmente le chiavi della discarica andava a conferire perché, probabilmente, rendeva di più).
Sulla rimozione di questi rifiuti potrebbero insorgere delle problematiche, tant'è che è già stato verificato nei monitoraggi effettuati che comunque una parte di questi rifiuti non sono sit et simpliciter asportabili per qualche decina di metri ed inseribili nell'attuale discarica che evidentemente è realizzata con tutte le precauzioni di ordine ambientale richieste dalla legislazione vigente, ma si dovrà attivare una rimozione ed un conferimento ad impianti di smaltimento e trattamento a ciò abilitati, il che presumibilmente comporterà anche oneri economici estremamente superiori a quelli preventivati in sede di progetto per la semplice traslazione degli stessi. E' stato verificato che non sono tutti rifiuti solidi urbani; ve ne sono anche pericolosi o di altre specie. Sono stati evidenziati alcuni bidoni; le cose che normalmente si trovano in una attività di bonifica di una vecchia discarica.
Rilevo altresì che per queste attività di bonifica di vecchi siti esistono anche dei fondi appositi che il soggetto pubblico responsabile, quindi il consorzio, dovrebbe farsi parte diligente di attivare per non avere un aggravio di oneri che si ribalta sulla tariffa. Una delle voci significative che andranno a definire questa tariffa definitiva, che è una chimera, cioè un punto interrogativo, è anche il costo di ammortamento dell'investimento per la realizzazione della discarica. Più questo è alto, più alta sarà l'incidenza dell'ammortamento sulla tariffa definitiva.
Mi permetto di segnalare ancora taluni aspetti, che in qualche modo sono stati rimossi. Mi assumo tutta la responsabilità, come sono solito fare per tutte le mie azioni; ma non mi assumo la responsabilità degli altri. Qui si è parlato di una serie di cose che afferiscono a scelte di altri o comunque precedenti alla mia. Evidentemente sul discorso del bilancio 1997 me ne devo assumere una responsabilità io. E' stato evidenziato in modo un po' distorto, e mi permetto di specificarlo per chiarezza anche ai componenti della Commissione, perché ritengo di agire certamente nell'interesse della società perché ne sono il presidente e non potrei esimermi dal farlo, salvo incorrere in responsabilità di ordine civilistico ed economico di evidente rilievo o penale. L'azione in base al 2.409 fatta a mia totale insaputa dagli esponenti pubblici che mi hanno nominato, sfiduciato, rifiduciato, eccetera, mi fanno sentire un pochino da quel punto di vista vaso di coccio tra vasi di terra, cioè una proprietà di fatto privata della società e degli enti pubblici ma tant'è; voglio dire che la somma evidenziata di 6 miliardi di costi, evidentemente imputabili ad attività svolte dalla società proprietaria della maggioranza delle azioni, non afferisce al costo di gestione ordinario della discarica annuale, ma al costo della discarica ordinaria annuale e della rimozione dei rifiuti delle vecchie vasche della discarica di Cambiano, ovvero...
PRESIDENTE. Per capirci bene, lei sta sostenendo che in questi 6 miliardi ci starebbero non solo i 3 miliardi e 800 milioni di cui si parlava prima al costo di 96 lire al chilo, ma anche...
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. A Dio piacendo, la movimentazione dei rifiuti e la compattazione non costa 90 lire al chilo, altrimenti avrei già portato i libri societari in tribunale.
PRESIDENTE. Stavo facendo un altro ragionamento e cioè che in questi 6 miliardi andrebbero ad incidere anche...
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. Il costo di movimentazione dei rifiuti delle vecchie discariche di Cambiano.
PRESIDENTE. Questo per capire ciò che voi dovete alla SIT.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. No, quello che dobbiamo per la messa a dimora dei vecchi rifiuti delle discariche di Cambiano, ovvero...
ENRICO RUFFO, Direttore tecnico della società SIT. No, quel lavoro l'abbiamo fatto noi.
PRESIDENTE. Scusate, ho sentito i rappresentanti della società SIT proporre la loro società come quella che, attraverso addirittura una gara, ha avuto l'appalto per rimuovere i rifiuti dalla vecchia discarica di Cambiano.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. No, di realizzare l'intero impianto di discarica.
PRESIDENTE. E quindi, per poter realizzare la discarica, rimuovere prima i rifiuti della vecchia discarica di Cambiano. Questo è quello che ha detto il rappresentante della SIT.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. Ed io lo confermo.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Vi è un altro aspetto da tenere presente. Nei 6 miliardi paghiamo la messa a dimora delle 45 mila tonnellate di rifiuti nuovi e di altrettante di rifiuti vecchi. La gestione della messa a dimora, fatta non dalla SIT ma dalla Servizi ecologici, ad oggi, non è di 45 mila tonnellate, ma di 90 mila. La Servizi ecologici ha compattato e messo a dimora non le 45 mila tonnellate, per le quali siamo stati pagati, ma 90 mila, che non ci sono stati pagati da alcuno. Il presidente diceva prima che quello spettava all'INSER; è chiaro che spetta a noi, ma dietro un corrispettivo. Non sono però riuscito a fargli dire in che modo ci hanno pagato la messa a dimora di altre 45 mila tonnellate.
PRESIDENTE. Questo è chiaro e fa parte di un contenzioso. Non è questa la sede per riproporre elementi di un contenzioso che, ancorché molto complesso, è documentato in tutti i suoi passaggi.
ROBERTO LASAGNA. Mi sembra di aver capito che si tratta di una bega in famiglia e quindi potrà anche rientrare nel documento sulla Liguria ed il Piemonte, ma solo come bega in famiglia.
Vi sono delle critiche da formulare: credo innanzitutto che abbiate degli avvocati che hanno fatto contratti assai discutibili. In Italia sono molti i consorzi che lavorano con società private e non riesco a capire perché proprio voi dobbiate litigare. Questo comunque è un fatto vostro. Il fatto nostro, come Commissione, è un altro. In questo senso ritengo che debbano essere approfondite le ragioni del contenzioso. Ringrazio comunque il presidente per aver dato l'opportunità ai signori di venire in questa sede a sfogarsi, ma il mio unico suggerimento è: mettetevi d'accordo e trovate avvocati migliori di quelli che avete. I problemi all'esame della Commissione sono molto più seri.
FRANCO GERARDINI. Mi auguro che non ci si debba interessare di tutti i contenziosi che esistono in Italia tra eventuali consorzi intercomunali e imprese private o miste che siano, perché sarei preoccupato per l'attività della Commissione, la cui finalità è quella di individuare gli illeciti nel ciclo dei rifiuti, cioè nello smaltimento, nel trasporto ed in altre forme che rientrano nella gestione complessiva dei rifiuti stessi.
Adesso siamo di fronte ad un classico contenzioso che, a mio avviso, è di chiara competenza o del giudice amministrativo, per una serie di aspetti che sono stati sollevati, o del giudice ordinario, per eventuali altri aspetti che in parte sono stati anche trattati.
Non entro nel merito della necessità o meno di svolgere questa audizione, perché ritengo, per la fiducia che nutro nei confronti del presidente, che sia stato utile seguire un caso che può essere considerato come uno dei tanti esistenti nel nostro paese. Credo, però, che dovremmo utilizzare il nostro lavoro per questioni più pertinenti alle finalità della nostra Commissione e allo statuto che ci siamo dati. Personalmente, entrerei nel merito solo di un aspetto, dal momento che non vorrei trattare nemmeno quello attinente ai costi. Infatti, collega Marengo, se paragoniamo le cave del sud con un impianto autorizzato, per esempio, non c'è nessun raffronto tra la tariffa o il prezzo pagato per lo smaltimento, proprio perché una cosa sono le cave, un'altra gli impianti autorizzati.
Vorrei anzitutto chiedere al consorzio se ritenga o meno che lo smaltimento dei rifiuti dei comuni consorziati sia attuato secondo le regole di legge, considerato che gli esponenti della INSER SpA hanno detto di aver ricevuto numerosi sopralluoghi da parte delle varie istituzioni competenti (NOE, ASL, eccetera); se nello smaltimento dei rifiuti di competenza della INSER vi siano eventuali rifiuti che non afferiscono al segmento dei rifiuti solidi urbani e, in caso affermativo, quale sia la loro provenienza.
La terza questione sollevata riguardava, in modo particolare, il tasso del 14 per cento. Chiedo agli esponenti della INSER perché sia stato fissato tale tasso. Qual è stato il motivo specifico? Perché si è arrivati a questa percentuale, considerato che il consorzio, almeno per questo aspetto, ha sollevato dubbi di legittimità...
PRESIDENTE. Di carattere speculativo.
FRANCO GERARDINI. Alla luce delle vostre risposte chiederei poi al presidente, magari in una seduta a parte, di verificare se siano individuabili illeciti su cui la Commissione potrà eventualmente procedere per proprie competenze. Chiedo al relatore, senatore Lasagna, se corrisponda al vero il passaggio di pagina 64 della sua relazione, dove è detto che il consorzio lamenta il fatto che la INSER SpA si è finora rifiutata di fornire tutti i chiarimenti richiesti dal consorzio in ordine ai costi di realizzazione dell'impianto, alla regolarità, dal punto di vista amministrativo, dei lavori realizzati, al pagamento delle indennità di esproprio. Esiste o meno questo rifiuto? In caso affermativo, qual è il motivo? Qualora questo rifiuto non esista invito il collega Lasagna a prendere atto della necessità di correggere una parte della relazione.
PRESIDENTE. Invito a risposte lapidarie, per così dire, anche perché le domande rivolte dal collega Gerardini sono puntualissime.
RICCARDO CIVERA, Presidente del consiglio d'amministrazione del consorzio chierese. Le numerose persone che controllano quotidianamente o settimanalmente l'impianto di discarica di Cambiano sono, evidentemente, quelle che contribuiscono a far sì che non avvengano fatti spiacevoli. Questo lo posso testimoniare personalmente, avendo assistito, all'inizio dell'apertura della discarica, a più di un fatto non propriamente corretto. Il problema dei rifiuti smaltiti nella discarica attiene a due aspetti. Il primo riguarda i rifiuti che devono essere bonificati - chiamiamoli così per facilità di comprensione - e a proposito dei quali abbiamo compiuto delle analisi in questi giorni, essendo rimasti per oltre sei mesi a cielo aperto, in un cantiere sicuramente pericoloso per tutti i possibili problemi ambientali (percolato, acque che potevano espandersi senza controllo) e di sicurezza per gli operatori - come citava la SIT - senza che la concessionaria intervenisse per risolvere i problemi in questione, tant'è che dal 3 dicembre 1997 la situazione non è cambiata.
Passo al secondo aspetto. A proposito della famosa prima vasca, che è stata considerata piena di rifiuti pericolosissimi, nelle scorse settimane abbiano concluso delle analisi che ci dicono che non è proprio così e che quei rifiuti possono benissimo essere trasferiti dove era stato previsto in progetto. Le prime analisi eseguite erano state fatte fare dalla concessionaria; noi ne abbiamo fatte fare delle altre e abbiamo considerato che i grandi costi che si dovrebbe accollare la collettività in realtà non sono dovuti. Sulla base di uno studio che ho portato con me, abbiamo già chiesto alla provincia di esprimersi e chiederemo che tutti questi rifiuti vadano dove era stato previsto in progetto, senza consistenti o significativi aggravi di costi per le casse pubbliche.
Oggi nella discarica di Cambiano vengono smaltiti anche rifiuti industriali di cui non riusciamo a controllare la natura, perché prima vengono fatti transitare nell'impianto di Fontaneto, poi per l'87 per cento vengono trasferiti a Cambiano. Non riusciamo a controllarli perché vi è un contenzioso su questo aspetto: noi riteniamo che non si tratti di rifiuti pretrattabili e poi portati in discarica. Segnalo solo, premesso che tutto ciò che sto dicendo è stato denunciato alla procura, per cui non mi sto inventando niente, che in mezzo a questi rifiuti, che vengono catalogati come imballaggi, abbiamo visto delle ceneri, dell'organico, in un impianto che dovrebbe essere costruito per il secco leggero, e tutta un'altra serie di materiale che costituisce proprio un misto di rifiuti che va a finire prima in un impianto di pretrattamento, poi in discarica. Mi chiedo se questo sia lecito.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Allora ringrazio il consorzio, perché è grazie ai quaranta che vengono a controllarci quotidianamente che la discarica funziona.
Mi sembra che l'intervento del presidente Manolino sia stato illuminante: ci ha dato atto che come amministratori difendiamo la nostra SpA. E' questo il nostro dovere. Altri devono fare ciò che gli spetta.
Per quanto riguarda la domanda sui costi, non è proprio vero che lo smaltimento costi meno di 90 lire.
PRESIDENTE. In merito a questo punto controlleremo la documentazione che ci farete pervenire.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Per quanto riguarda i rifiuti industriali che passano per Fontaneto e arrivano a Cambiano, si tratta di rifiuti di imprese industriali che scaricano a Fontaneto, in base ad un accordo sottoscritto con il consorzio, che non ha attivato la raccolta differenziata: abbiamo costruito un impianto di secco leggero e non ci sono i rifiuti per farlo funzionare. La Commissione ha agli atti l'autorizzazione regionale dove si prescriveva tutta una serie di compiti per il consorzio: ad oggi non abbiamo visto un chilo di rifiuto secco leggero passare per Fontaneto.
Così, siccome dobbiamo pagare il mutuo tutti i mesi, il consorzio ha sottoscritto con noi un accordo per prendere rifiuti che non siano del secco leggero; certo, sono i rifiuti delle imprese tessili chieresi; ci mettono dentro del verde, ma dire che sono rifiuti industriali e far capire che sono come quelli dell'Acna di Cengio è una menzogna. Comunque il consorzio ha fatto denuncia alla magistratura e non sono mai venuti a mettere i sigilli all'impianto. Abbiamo lettere della provincia che ci dicono di non prendere rifiuti di altri consorzi, il che significa che possiamo prendere quelli del consorzio.
Per concludere, noi ci adeguiamo - lo ripeto - allo studio che la Commissione ha approvato il 28 maggio; sto partecipando ad un corso di diritto ambientale. Il dottor Postiglione, che è conosciuto da tutti, ci ha detto: ma cosa ci fa il pubblico nei rapporti tra produttori di rifiuti e smaltitori? Dovrebbe fare i controlli. Noi questo diritto del consorzio di controllare l'INSER non lo neghiamo, anzi ringraziamo di questo ruolo che ci consente di fare le cose per bene. Però, per l'amor di Dio, ci si consenta di pagare l'ammortamento delle opere e chi fa i lavori per noi perché, come amministratori di società, non vogliamo incorrere in altri guai.
Un ultima cosa la voglio dire, perché il consorzio chierese, ad una nostra offerta di collaborazione al consorzio di Alessandria, che paga... è pertinente, presidente.
PRESIDENTE. Mi scusi l'interruzione, ma era stata posta una domanda precisa, cui aveva già dato una risposta nella sua relazione iniziale, a proposito del 14 per cento...
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Quando ero assessore ho portato i rifiuti in diverse parti ed il consorzio non ci ha consentito di raggiungere l'equilibrio economico con le 22 mila tonnellate di rifiuti del consorzio di Alessandria, che ci avrebbero consentito di arrivare alle famose 62.500 tonnellate. Erano rifiuti della regione Piemonte, non erano né della Puglia né di Milano né di altre regioni. Questo è il comportamento che desidero denunciare; poi, se il consorzio ha qualcosa da dirci, la magistratura...
PRESIDENTE. Sulla questione del 14 per cento?
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Su questo credo occorra avere un minimo di dimestichezza con i prestiti e con i rapporti con le banche. Noi abbiamo chiesto un finanziamento ai tre soci, non al socio privato. Il comune ed il consorzio hanno detto che rinunciavano al 14 per cento perché era troppo esoso, perché sapevano che non si sarebbero comportati da soci e non avrebbero finanziato la loro società per un servizio pubblico di cui sono titolari.
E' chiaro che dal 2 al 17 dicembre nemmeno Mandrake sarebbe riuscito a trovare 25 miliardi di finanziamento, che non è un mutuo. Capisco che un mutuo al 14 per cento sarebbe quasi da usura, ma un finanziamento al 14 per cento, onni comprensivo di tutte le spese...
PRESIDENTE. Quindi lei ribadisce quanto già detto.
GIUSEPPE DI CLAUDIO, Direttore generale della società INSER. Certo, lo rifarei a difesa della mia società.
PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri interlocutori, devo una spiegazione alla ancorché garbata ed implicita critica del collega Gerardini.
La complessità della vicenda fa intravedere aspetti di non completa trasparenza nei rapporti fra socio pubblico, che deve rappresentare interessi pubblici ma è al tempo stesso socio in una società privata, e quello privato. In questa vicenda vi sono molti aspetti che, al di là del contenzioso che certo non spetta a noi dirimere, possono configurare situazioni di illeciti se non altro amministrativi. Il caso in questione appare paradigmatico di situazioni simili esistenti in altre aree del territorio nazionale ed in questo senso la sua considerazione potrà essere certamente utile nella relazione sulla regione Piemonte predisposta dal senatore Lasagna, la cui bozza dedica una parte non irrilevante a tale questione. Sarà così possibile, al di là del materiale documentario, una valutazione diretta di un caso assai complesso e dei soggetti coinvolti.
Il caso, che mi auguro rimanga sostanzialmente unico, potrà anche risultare utile per lo svolgimento dell'attività del gruppo di lavoro coordinato dal vicepresidente senatore Specchia, che si occupa delle normative a livello regionale e della comparazione dei piani di smaltimento dei rifiuti in rapporto alle esigenze delle amministrazioni locali, anche per gli utili suggerimenti che dalla vicenda si possono trarre rispetto alle normative presenti e future. Credo infatti che una riflessione su cosa è stato realizzato in questo ambito, che pure è ristretto rispetto al livello nazionale - si tratta di una realtà di 110 mila abitanti - potrà darci indicazioni su cosa non si deve fare e cosa invece è bene fare in una vicenda nella quale i rapporti tra poteri pubblici e società private ha sbalzi quasi caravaggeschi.
FRANCESCO GAMBINO, Presidente del consiglio di amministrazione della società INSER. Mi scusi, presidente, ma non sono società private, ma pubblico-private.
PRESIDENTE. Infatti, la situazione è molto particolare ed è bene sia oggetto di riflessione da parte della Commissione.
Ringrazio quindi nuovamente tutti gli intervenuti. Nel congedare i nostri interlocutori, prego i colleghi di rimanere per lo svolgimento dei successivi punti all'ordine del giorno.
Seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alla regione Campania.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alla regione Campania.
Ricordo che nella seduta del 14 maggio scorso, ho proceduto all'illustrazione del documento sulla regione Campania, di cui sono relatore.
Nessuno chiedendo di parlare su di essa, ritengo che il termine ultimo per la presentazione di eventuali proposte emendative possa essere fissato a martedì 7 luglio 1998, alle 18; nella seduta di mercoledì 8 luglio 1998, alle 14, si potrà quindi procedere all'esame di tali proposte e alla votazione finale del documento.
PRESIDENTE. Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi domani, giovedì 2 luglio 1998, alle 14, per ascoltare il dottor Padula, sostituto procuratore della Repubblica di Monza, e per concludere l'esame della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte.
La seduta termina alle 16,20.