CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
47.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 24 GIUGNO 1998
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
INDICE
Sulla pubblicità dei lavori. *
Audizione del dottor Luca Ramacci, sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia . *
Seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte. *
Comunicazioni del presidente. *
La seduta comincia alle 13.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Luca Ramacci, sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia.
Presso questa Commissione si è già tenuta il 12 maggio scorso l'audizione del sostituto procuratore, dottor Casson, il quale ci ha rappresentato la gravità della situazione connessa agli stabilimenti chimici dell'Enichem di Porto Marghera, soprattutto dal punto di vista dell'impatto ambientale e sanitario. Si tratta di una situazione estremamente complessa che si è protratta per decenni con episodi gravissimi e centinaia di morti ed anche con difficoltà di carattere giuridico e talune sottigliezze, sulle quali ci siamo soffermati, per quanto riguarda l'azione giudiziaria. Non ci siamo quindi stupiti quando è stato disposto il sequestro dell'area, che ha suscitato reazioni diverse.
In questo quadro, vorremmo avere dal dottor Ramacci una valutazione generale su tutta la vicenda per quel che riguarda gli aspetti che rientrano nei compiti di questa Commissione, magari con una particolare attenzione a tutta la questione dei ritrovamenti di scorie radioattive connesse alla lavorazione delle fosforiti.
Vorremmo anche sapere di più, direttamente da lei, sulle motivazioni sia del sequestro sia del dissequestro, ad esempio se il dissequestro sia stato dovuto ad un intervento aziendale diretto o all'intenzione, mostrata dall'azienda anche in rapporto ad un decreto-legge emanato dal Governo, di intervenire per mettersi in regola. Vorremmo anche sapere se il sequestro sia condizionato o meno ad una serie di attività di bonifica e decontaminazione da porre in essere da parte dell'azienda.
Queste sono le questioni che ci interessano; eventualmente, i colleghi le rivolgeranno in seguito altre domande.
Non credo che vi siano parti della sua esposizione da sottoporre a regime riservato; in caso ci avvertirà e procederemo in conformità del regolamento della Commissione.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Ringrazio innanzitutto la Commissione per l'invito rivolto. Non so se alla Commissione interessi la situazione generale della laguna di Venezia, così come verificata all'esito di una serie di indagini tecniche, perché il sequestro è, per così dire, una "costola" di un processo più ampio che riguarda l'intero stato della laguna. Vorrei pertanto sapere se la Commissione sia interessata a conoscere anche i primi risultati che hanno poi dato luogo ad una certa situazione e che riguardano espressamente lo stato dell'intera area lagunale, mentre il sequestro ha ad oggetto il singolo scarico di uno stabilimento che, per rendere l'idea delle dimensioni, ha al suo interno 100 chilometri di strade e 60 chilometri di ferrovia.
PRESIDENTE. Sicuramente la Commissione è interessata anche al quadro generale, anche perché questi studi sulla laguna hanno a che fare con il tipo di inquinamento che è stato riversato in un corpo idrico estremamente delicato ad opera di un gruppo di impianti, mi pare quasi tutti della stessa azienda, l'Enichem, ma lei sarà più preciso perché forse vi sono anche altre presenze.
Conosciamo bene la duplice natura delle problematiche: da un lato quella di cui ci occupiamo è un'area a rischio di crisi ambientale, dall'altro, dal punto di vista del decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988, la cosiddetta legge Seveso, è anche un'area - così fu definita in seguito all'analisi della competente direzione generale del Ministero dell'ambiente - ad alta densità di rischio di incidente rilevante; ciò guardando proprio al rischio industriale.
La prego di essere molto sintetico nell'esporci questo quadro generale, per poi venire agli aspetti più particolari che le rappresentavo in premessa.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Su segnalazione dell'associazione Greenpeace e su iniziativa dell'allora procuratore, dottor Ennio Fortuna, ora procuratore presso il tribunale di Bologna, abbiamo svolto una serie di indagini finalizzate ad individuare lo stato di inquinamento dell'area lagunare. Queste indagini, iniziate nel 1995 ed ultimate verso febbraio-marzo di quest'anno hanno evidenziato una grave compromissione dell'area lagunare ed i periti, che fanno capo per lo più all'istituto superiore di sanità, hanno suddiviso la zona in cinque aree virtuali di rischio. Gli esiti delle analisi, molto complesse, hanno evidenziato che in due di queste aree, che si possono collocare una nella zona urbana e l'altra in quella industriale, esiste un grave fenomeno di inquinamento.
PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Ramacci: ci può anche dire quali sono gli inquinanti guida, cioè quelli che manifestano aspetti di maggiore pericolosità?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Dalle analisi che ho sinteticamente riportato nei provvedimenti che lascerò poi agli atti della Commissione, nell'area prevalentemente od esclusivamente industriale, denominata area 1, e nell'area 2, prevalentemente od esclusivamente urbana, sono stati individuati idrocarburi policiclici aromatici, del gruppo antracene, benzoantracene, benzofluorantene che - ci sono anche i dati chimici - sono possibili o probabili cancerogeni per l'uomo. Queste sostanze hanno come caratteristica una elevata solubilità nei tessuti grassi. Si producono attraverso la combustione di combustibili fossili. Questo tipo di inquinante è stato riscontrato sia nell'area urbana come conseguenza del passaggio di navi di piccolo cabotaggio sia nell'area industriale come conseguenza del fenomeno di combustione degli impianti utilizzati nell'area di Marghera. Poi abbiamo trovato i PCB, cioè i policlorobifenili, che sono possibili cancerogeni per l'uomo, mentre è dimostrata la loro tossicità su animali di laboratorio nei quali si sono evidenziati danni ematici, disfunzioni, cancerogenesi; anche questi hanno una elevata solubilità nei grassi e sono utilizzati come fluidi di raffreddamento nei trasformatori e nei condensatori elettrici. In passato erano utilizzati molto come diluenti in svariate applicazioni.
Sono stati poi rinvenuti le policlorodibenzodiossine e i policlorodibenzofurani, la famosa diossina di cui tanto si è parlato. Anche questi elementi sono cancerogeni e possono provocare mutazioni di carattere genetico anche a concentrazioni molto basse. Occorre però precisare che i consulenti hanno fatto presente che non tutte le diossine hanno le stesse caratteristiche tossiche; insomma non sono tutte diossine di Seveso. Anche queste, però, sono contaminanti ambientali derivanti principalmente da alcuni processi produttivi e da processi di combustione. Sono stati poi trovati i pesticidi clorurati, cioè DDT, DDE e HCB, anche questi risultati cancerogeni sugli animali di laboratorio ed alcuni neurotossici; il DDT, come è noto, è inserito tra le sostanze sospette cancerogene di classe 2B; hanno una elevata persistenza ambientale con bioaccumulo nelle catene alimentari. Sono prodotti industriali, conseguenza di alcuni processi produttivi. Sono stati poi trovati alcuni metalli pesanti: cadmio, rame, mercurio, piombo e zinco; anche questi sono contaminanti e raggiungono organi bersaglio diversi, quindi hanno diverse conseguenze sulla salute e derivano da fonti industriali (in particolare le industrie petrolchimiche, estrattive, metallurgiche e ceramiche) e da fonti di origine urbana (inceneritori ed impianti di riscaldamento). Questo per quanto riguarda le acque e le immissioni dirette nelle acque.
Gli stessi consulenti hanno evidenziato una sicura ricaduta di polvere provocate dalle immissioni in atmosfera, che sono ad altissima concentrazione anche nella zona di Porto Marghera.
Avuto questo quadro, come prima soluzione i consulenti avevano indicato la necessità di scoraggiare, anche attraverso campagne informative, l'uso di molluschi - vongole - che vengono abbondantemente pescate in laguna. Debbo però dire che i consulenti quando hanno fatto tale avvertimento si riferimento ovviamente ai molluschi pescati nelle zone in cui è possibile pescare, perché tutte le zone dell'area industriale sono interdette alla pesca. Hanno fatto però letteralmente un salto sulla sedia quando gli ho fatto presente che forse, ad occhio e croce, il 70 per cento del pescato distribuito - si badi bene - su tutto il territorio nazionale, viene pescato nell'area industriale di Marghera con certificati sanitari falsi o sacchetti irregolari. Debbo precisare che i sacchetti utilizzati per le vongole sono di due diversi colori, a seconda che le vongole siano o meno controllate. I pescatori abusivi hanno i sacchetti di colore verde, corrispondenti a quelli utilizzati per le vongole depurate, e possono così immettere direttamente sul mercato un pescato che non è assolutamente controllato e proveniente dalla zona industriale dove gli altri pescatori non possono pescare.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di vongole, ma vi sono anche altri mitili, cozze, ostriche...?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Non credo che ciò valga per le cozze perché queste sono solo di allevamento; la pesca più diffusa riguarda le vongole, che peraltro sono di una qualità importata dalle Filippine, molto resistente che cresce e si riproduce molto rapidamente nell'area industriale contaminata dove le acque sono più calde. Quando c'è stata data questa informazione, l'allora procuratore segnalò il fatto a tutti gli organi competenti, dal Ministero dell'ambiente agli enti locali; successivamente, non avendo ricevuto alcun riscontro certo, soprattutto dalle unità sanitarie locali, abbiamo segnalato alla procura generale di Venezia l'esigenza che a sua volta segnalasse, se lo riteneva opportuno, a tutte le procure circondariali del territorio nazionale il rischio che quelle vongole potevano arrecare alla salute, suggerendo nel caso di sospetta provenienza dalla zona veneziana accertamenti non solo sui parametri microbiologici normalmente controllati ma anche sui metalli pesanti e sugli elementi di cui ho detto prima. Questa è stata la prima situazione a rischio.
Per chi, come me, non è un chimico, può essere interessante consultare la tabella allegata al decreto di sequestro, che lascerò poi alla Commissione, nella quale i dati riscontrati nella zona in oggetto sono confrontati con quelli rilevati nel mar Adriatico, che non è di per sé immune da inquinamento. Nell'area industriale di Porto Marghera gli idrocarburi policiclici aromatici vanno da un minimo di 1.600 ad un massimo di 54 mila nanogrammi per grammo contro un valore compreso tra 99 e 2.500 del mar Adriatico. Il PCB ha un valore compreso tra 220 e 720 contro un valore compreso tra 2,5 e 27 del mar Adriatico; le diossine risultano comprese tra 25 e 570 contro un valore compreso tra 0,16 e 17.
Abbiamo preso per buone queste analisi perché tra l'altro venivano da chimici dell'Istituto superiore di sanità che, per esperienza personale, so essere molto prudenti nelle valutazioni e persone con esperienze specifiche in materia. Debbo aggiungere che le analisi che abbiamo sottoposto tempestivamente agli organi competenti non sono state tenute in considerazione. Questo l'ho scritto, forse anche con una certa durezza, nella prima richiesta di sequestro; sulla stampa locale c'è stata sistematicamente un'attività che ho definito di contro informazione. Non avevamo alcun interesse particolare; normalmente questi dati non vengono resi pubblici, rimangono agli atti del processo, ma in questo caso anche il capo dell'ufficio avvertiva l'esigenza di rendere nota la situazione, ma ogni volta venivano convocate conferenze stampa o diffusi dati alternativi meno preoccupanti, soprattutto da parte dell'unità sanitaria locale veneziana.
PRESIDENTE. In questo tipo di indagine avete coinvolto anche l'ARPA?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. No, tanto più che non credo che all'epoca l'ARPA ci fosse, essendo di più recente costituzione; quanto meno, la sua presenza a Venezia si è manifestata solo recentemente. All'epoca abbiamo fornito le indicazioni al Ministero della sanità ed a quello dell'ambiente, nonché a regione, comune e provincia.
PRESIDENTE. Anche all'unità sanitaria locale?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Sì. Abbiamo anche trasmesso a chi ce ne ha fatto richiesta copia della segnalazione. Se non ricordo male, qualcuno - credo si trattasse del Ministero dell'ambiente - chiese addirittura i dischetti non con i dati sviluppati, ma con i singoli dati analitici.
Successivamente, abbiamo ritenuto di fare un controllo maggiormente approfondito non più sul corpo recettore, dove era difficile riscontrare dei reati, ma sulle singole fonti di inquinamento. Per quanto riguarda i fumi in atmosfera, abbiamo già dei dati statistici che non sono molto confortanti. Abbiamo controllato quasi tutte le aziende di Marghera ed i tecnici, informalmente, mi hanno riferito che il 96 per cento degli insediamenti risultano non a norma, non solo dal punto di vista del superamento dei parametri, ma anche sotto il profilo amministrativo, ad esempio per mancanza di autorizzazioni od per altri reati formali, mentre il 4 per cento delle aziende che non rientrano tra quelle non a norma non sono più in attività. Quindi, in pratica, il 100 per cento delle aziende non è in regola. A volte, però, lo ripeto, si tratta soltanto di un'autorizzazione non regolare. D'altra parte, abbiamo avuto anche casi, molto gravi, di impianti di incenerimento che erano fuori legge dal 1988 e, ciò nonostante, sono stati ripetutamente autorizzati. Una di queste vicende è in discussione domani presso il tribunale del riesame e riguarda, peraltro, una delle tre ditte coinvolte dal sequestro dell'altro giorno.
Abbiamo esteso i controlli sui fumi anche alle vetrerie di Murano. Per la lavorazione del vetro si utilizzano sostanze tossiche, come l'arsenico, ed abbiamo riscontrato che quasi tutte le vetrerie non hanno neppure i camini. I fumi, cioè, sono tecnicamente convogliabili, ma non vengono convogliati. Anche in quel caso, quindi, abbiamo proceduto e stiamo tuttora procedendo ad effettuare controlli. Ho fatto il caso dei fumi, perché si tratta dell'indagine più avanzata che, quindi, rende maggiormente l'idea.
Prima di iniziare l'indagine, ho fatto un controllo sui nostri computer per vedere quante notizie di reato ci fossero pervenuti dagli organi preposti al controllo: in tutta la provincia di Venezia (non parlo, quindi, dell'area comunale), in un anno e mezzo, sono giunte 35 denunce. Dato che solo a Marghera credo ci siano 4 o 5 mila punti di immissione in atmosfera, abbiamo pensato, quindi, di agire di nostra iniziativa e di fare un controllo diretto a tappeto.
Per quanto riguarda poi l'inquinamento idrico, abbiamo cominciato ad effettuare i controlli dagli scarichi maggiormente a rischio. Il primo scarico controllato è stato quel SM15 di cui si è molto parlato in questi giorni, perché era quello che ci preoccupava maggiormente a causa della presenza di alcune sostanze che, al momento del primo controllo, non erano conosciute. preciso che quelle sugli inquinanti liquidi sono indagini più difficili da eseguire. Mentre infatti gli accertamenti sui fumi, che comportano un'attività complessa e protratta nel tempo, ma non necessitano della sorpresa, le indagini sui liquidi, purtroppo, devono essere svolte organizzando tutto un apparato che ci consenta di andare sul posto senza che gli interessati lo sappiano prima, altrimenti non troveremmo nulla.
Nel caso del SM15 sono stati ritrovate una serie di sostanze di cui poi dirò. Per quanto riguarda i rifiuti, invece, nel 1994, appena arrivato a Venezia, tentai dei controlli a tappeto sulla gestione dei rifiuti stessi da parte delle aziende, ma non venne trovato nulla di significativo, in quanto dal punto di vista formale erano tutti in regola. Questo anche perché parliamo di un periodo in cui erano stati reiterati certi decreti, antecedenti all'adozione del decreto legislativo n. 22 del 1997, per cui era molto facile rispettare la legge pur facendo, diciamo così, i propri comodi.
Sempre in tema di rifiuti abbiamo controllato anche i cosiddetti rottamai, i quali sono tutti nell'area urbana, dove non dovrebbero trovarsi, che provocavano a loro volta immissione di olii e parti di autovetture.
Sulle discariche radioattive, abbiamo avuto i dati dall'amministrazione comunale. Stranamente, il processo non è stato assegnato a me (visto che nella procura di Venezia di Marghera mi occupo quasi soltanto io), ma è capitato alla collega di turno, con la quale ho avuto modo di parlare perché anch'io seguivo delle indagini riguardanti i fosfogessi. Sinceramente, mi è sembrata una cosa molto strana che il comune abbia scoperto tutte queste discariche in un periodo di tempo molto limitato, con grande clamore. Peraltro, sono state delimitate con dei cartelli indicanti pericolo delle aree di cui poi non si è saputo più niente, nel senso che, passando la mattina per andare in ufficio, vedo queste zone transennate, ma non so per quale motivo siano state fatte queste scoperte improvvise, visto che tutti sanno qual è la situazione di Marghera. Credo che la collega (l'ho letto sui giornali, ma mi sembra me lo abbia confermato a voce) abbia trasmesso gli atti al collega Casson ipotizzando il disastro, perché la contaminazione da fanghi o da altro materiale radioattivo poteva risultare abbastanza pericolosa.
Debbo precisare che i fosfogessi che sono stati trovati dal comune riguardavano discariche di vecchia data; ho però avuto notizia dell'esistenza di un insediamento. Se non vado errato, si tratta dell'Agrimont. Posso dirlo perché le analisi vengono effettuate con un contraddittorio e quindi anche gli interessati sanno di essere stati sottoposti ad accertamento. Non ho ancora visto i risultati analitici su carta, ma mi sembra che il dottor Ferrari del magistrato per le acque, che è il chimico che ha seguito anche la vicenda del SM15, mi abbia detto a voce che non dovrebbe esserci nulla di particolarmente preoccupante. Questa è la situazione generale così come riscontrata all'inizio.
Si sono poi svolte altre due perizie, o meglio altre due parti della perizia iniziale che è stata divisa in tre grandi settori: una riguardava lo stato delle acque, la seconda lo stato degli organismi che vivono nell'area lagunare e la terza i pericoli per l'uomo. Le altre due perizie hanno sostanzialmente confermato i dati che erano stati riscontrati. C'è stato anche un particolare importante che forse ha creato qualche problema. Il dottor Ferrari - troverete anche questo nella richiesta di sequestro - ha evidenziato che nel processo per i morti del petrolchimico (quello che segue Casson) ed anche sulla stampa si tendeva a dire - io l'ho definita un'idea sponsorizzata - che l'inquinamento era cessato negli anni ottanta e che successivamente la situazione era cambiata. Questa affermazione parrebbe smentita dagli accertamenti del dottor Ferrari, il quale ha riscontrato che è vero che nella zona di cui si parla l'inquinamento è cessato negli anni ottanta, ma soltanto perché lo scarico che prima inquinava lì è stato spostato da un'altra parte. In pratica, si parlava di inquinamento del sedimento lagunare, osservando che siccome nella zona interessata il sedimento lagunare più inquinato è quello che si trova a maggiore profondità, ciò avrebbe significato che l'inquinamento era antico e non recente. La situazione inversa, cioè sedimento lagunare pulito sotto e sporco sopra, è stato trovato nella zona in cui questo scarico sarebbe stato spostato. Nella mia richiesta di sequestro ho detto che è anche aumentato l'inquinamento; potrei aver letto male i dati del dottor Ferrari perché poi, parlando a voce, mi ha fatto capire, anche se la concitazione di questi giorni non ci ha consentito di parlare chiaramente, che i dati non erano peggiori ma identici a quelli cessati negli anni ottanta.
Non so per quale motivo questa cosa è stata - uso sempre lo stesso termine - sponsorizzata, perché non conosco gli atti del processo di Casson, ma ad occhio, scambiando battute con gli avvocati, sembrerebbe che la collocazione temporale dell'inquinamento in quel processo per disastro potrebbe determinare l'uscita dal processo di alcuni soggetti giuridici che adesso vi sono coinvolti. Questa probabilmente è la situazione.
La perizia di cui ho detto adesso ha evidenziato questi aspetti ed ha confermato i dati della prima; l'ultima, riguardante i rischi sull'uomo, non è stata molto dettagliata, nel senso che è la più breve delle tre e fornisce indicazioni ambigue; ci dice che Mestre ha, mi pare, il record nazionale dei tumori al rene, ma non indica se ciò è conseguenza delle lavorazioni industriali. Ci dice però che per tutelare la salute degli abitanti sarebbe opportuno eliminare - recita testualmente la perizia - tutti gli scarichi fonte di inquinamento dell'area lagunare; sembra ovvio, ma ha un suo peso.
BRUNO CAZZARO. Chi afferma questo?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Gli stessi periti che hanno svolto la terza tranche della perizia. A memoria non ricordo i nomi; ricordo però un oncologo, certo Tomatis, che mi dicono essere molto famoso. Questi periti hanno dato l'indicazione di chiudere gli scarichi inquinanti.
Di fronte a queste affermazioni e considerando anche il processo di Casson, le discariche che si andavano trovando (quelle di materiale radioattivo) i risultati che avevo per quanto riguarda l'SM15 ma che ancora non potevo divulgare, nel momento in cui i dati si sono resi disponibili e li potevo rendere noti ho pensato di fare una comunicazione non solo ai soliti enti (Ministero dell'ambiente, Ministero della sanità ed enti locali) ma anche al prefetto perché, in base alla legge che istituisce la protezione civile, di cui non ricordo ora esattamente gli estremi, valutasse se vi fossero i presupposti per avviare la procedura per la declaratoria dello stato di calamità.
Sono stato molto generico nella richiesta perché non mi risultava che un'iniziativa del genere fosse mai stata presa e, siccome la legge parla sempre di evento prodotto dall'uomo o di altro tipo, ma nel caso più grave, quello di calamità, la terza ipotesi non fa distinzione, avevo anche la preoccupazione che non fosse una strada praticabile. Invece il prefetto di Venezia ha recepito subito la mia indicazione, della quale peraltro mi ero immediatamente disinteressato perché non era ovviamente mia competenza seguire questa strada; mi sentivo però in dovere di segnalarla. Venni così convocato dal prefetto; mi chiese di incontrarlo; parlammo a quattr'occhi per un paio d'ore; gli spiegai la situazione e successivamente venne fatta una riunione alla quale io ed il procuratore siamo stati invitati come soggetti spettatori; non abbiamo parlato, né ritenevamo di doverlo fare. Una prima riunione ha riguardato l'ordine pubblico; si è trattato del comitato per l'ordine pubblico; poi la riunione è stata allargata agli enti locali e si è parlato prevalentemente dei problemi della laguna. E' stato fatto il punto della situazione e naturalmente anche in quella sede chi aveva sempre negato l'esistenza dell'inquinamento ha detto che i dati non erano così preoccupanti come noi segnalavamo.
Non sono un chimico e quindi non so quali siano i dati buoni e quelli cattivi, se ve ne sono di questi due tipi, o se è solo un problema di lettura; ho però sempre cercato di far capire a chi me lo chiedeva che, almeno come ufficio giudiziario, non avevamo alcun interesse a dare notizie preoccupanti per la popolazione e che comunque questo era per noi tutto lavoro in più. Non avevamo alcun ritorno di alcun tipo; era un esempio un po' brutale, ma cercavo di far capire che, se fornivamo quelle notizie, era perché eravamo convinti di quello che ci dicono i consulenti.
PRESIDENTE. Mi scusi, i dati cui ha fatto riferimento, inclusi quelli della terza tranche della perizia disposta dal suo ufficio, sono contenuti nella relazione che lascerà alla Commissione?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Vi sono tabelle riassuntive redatte dal dottor Ferrari che è un chimico del Magistrato alle acque.
PRESIDENTE. Mi riferivo alla terza tranche della perizia di cui ha parlato prima.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Non ce l'ho con me, ma la posso far avere senz'altro alla Commissione.
PRESIDENTE. La ringrazio.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Dopo questa riunione allargata, sono stato chiamato a Roma in modo informale; o meglio, non so se era informale o formale; sono venuto in missione a Roma e quindi in ufficio questo risulta, ma l'incontro non è mai stato confermato né da me né dall'altra persona che ho incontrato. Sono venuto a Roma ed ho visto il ministro Ronchi, il quale mi ha chiesto spiegazioni su questa situazione che gli era stata segnalata dal prefetto. Non sono in grado di dire cosa sia poi successo. Mi ha fatto vedere la bozza del decreto uscito in questi giorni, ma - ripeto - non so come sia poi finita la procedura per la dichiarazione dello stato di calamità. Se non ricordo male quel tipo di dichiarazione viene fatta a livello di Presidenza del Consiglio dei ministri; non so se sia stata portata in quella sede, né l'ho chiesto.
Dopo quest'incontro si è verificata la vicenda dell'SM15. Se ne è parlato molto, forse anche in modo non del tutto esatto. Abbiamo fatto tre campagne di analisi: una di iniziativa del magistrato alle acque, nel senso che sono stati da me delegati a fare i controlli e loro, di loro iniziativa, hanno fatto dei prelievi. Successivamente, perché altrimenti il giudice non avrebbe ritenuto valide queste analisi per problemi di procedura, con due decreti di ispezione, ho fatto ripetere nuovamente le analisi. Queste la prima volta sono state confermate. Il dottor Ferrari, però, ebbe modo di vedere un pulviscolo nero in superficie, di cui non era nota l'origine. Abbiamo così ripetuto per la terza volta le analisi ed abbiamo trovato il nero fumo, che poi in realtà era costituito da idrocarburi policiclici aromatici. I risultati delle analisi erano veramente gravi perché evidenziavano lo scarico in laguna di 65 chilogrammi l'anno di tali idrocarburi: sono molti perché, come dice il dottor Ferrari, si tratta di un quantitativo idoneo a contaminare in modo irreparabile, in linea teorica perché poi la sostanza si distribuisce, 200 tonnellate l'anno di sedimento lagunare. Vi erano poi 47 mila chili l'anno, pari a 129 chili al giorno, di fanghi classificabili come rifiuti pericolosi o tossico-nocivi con il DPR n. 915 del 1982, perché contaminati da questi idrocarburi policiclici aromatici provenienti dal depuratore biologico gestito dalla società ambiente, che depura anche per Enichem.
Il terzo elemento era il famigerato bromoformio: questo era stato riscontrato - lo abbiamo saputo poi - anche dai chimici dell'Istituto superiore di sanità, che però non erano riusciti ad individuarne l'origine, tant'è che quando dissi loro che era stato trovato il bromoformio nell'SM15, scambiandosi le idee tra loro dissero che questa era quella curva di cloro che non riuscivamo ad identificare nelle acque della laguna. Il bromoformio era prodotto da attività di clorazione delle condotte; essendo il cloro un biocida, viene utilizzato per uccidere le alghe che si formano nella tubature; le alghe, però, si formano perché l'acqua è calda ed inquinata; in altre parole, è una sorta di circolo vizioso in cui si clora e si inquina per eliminare l'inquinamento già prodotto.
Il bromoformio, mi diceva il dottor Ferrari, è molto stabile; è della stessa famiglia del cloroformio, ma quest'ultimo è molto volatile e quindi si elimina subito, mentre il bromoformio, ripeto, è stabile e molto pericoloso; esso veniva immesso in laguna in quantitativi massicci; mi pare 70 tonnellate l'anno. A fronte di questa situazione e conoscendo anche l'atteggiamento, che poi è cambiato, delle aziende in questione, è stata fatta la richiesta di sequestro.
PRESIDENTE. Quali sono le aziende in questione?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. L'Enichem gestisce un po' tutto, poi la EVC e l'Ambiente spa.
PRESIDENTE. Se ricordo bene, fanno parte tutte di una unica holding.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Hanno delle partecipazioni. Ad esempio, l'Ambiente spa include la SNAM. Debbo dire, però, che non ho considerato più di tanto gli aspetti societari, perché a me interessava conoscere il ciclo dello scarico. In pratica, l'SM15 non è uno scarico come noi lo immaginiamo, cioè una sorta di tubo, ma un canale nel quale si entra con il motoscafo, perché ha una portata di 51 mila metri cubi l'ora. Questo scarico raccoglie i reflui che provengono da una serie di altre condotte, che entrano in questo depuratore biologico e poi ne escono seguendo un percorso molto contorto, che però si può ricostruire sulla carta.
Le analisi sono giunte ad agosto e, una volta individuati i rappresentanti legali ed i direttori di stabilimento (che non è cosa facile, perché parliamo di aziende a struttura interna complessa, in quanto si tratta di società per azioni e multinazionali), abbiamo presentato la richiesta di sequestro al GIP, che ha concesso il sequestro del SM15, però sottoponendolo a condizione.
La sottoposizione a condizione rendeva il sequestro praticamente ineseguibile, perché si sapeva già che recentemente, nel 1997, la Corte di cassazione in un altro processo, seguito da me, aveva escluso questo tipo di sequestro. Tra l'altro, date le caratteristiche dello scarico, non era possibile effettuare quel controllo successivo che si esegue normalmente, perché ovviamente non avremmo trovato nulla. Noi, infatti, non sappiamo cosa corre sotto il petrolchimico, nel senso che lo scarico di cui parliamo si vede (ci sono delle piante, eccetera), ma non si può escludere che ve ne siano altri, tant'è vero che venerdì o sabato scorso ne abbiamo trovato uno. Si tratta del famoso scarico fantasma di cui hanno parlato i giornali, che non si conosceva. Abbiamo avuto la fortuna di notare delle bolle verdi che salivano e, chiedendo spiegazioni e facendo delle ricerche, lo abbiamo scoperto. Non si è certi, quindi di quello che c'è lì sotto. Questa è la situazione che impedisce di fare un controllo serio.
Come dicevo, è stata presentata la richiesta di sequestro e poi è successo quello che è successo. L'azienda, in un primo tempo aveva sostenuto che era tutto a posto, perché aveva trovato questo espediente: nel momento in cui ha ricevuto notizia del primo sequestro (quello che poi è stato annullato perché viziato dall'apposizione della condizione), ha iniziato a fare dei lavori finalizzati ad impedire l'ulteriore inquinamento. Loro, cioè, sapevamo che cosa avevamo trovato e conoscevano perfettamente da che cosa era provocato (si è poi accertato che tutto il materiale di cui parliamo veniva immesso per motivi soltanto economici) sicché, in pratica, hanno cominciato ad eliminare i problemi. Il primo è stato quello degli idrocarburi policiclici aromatici: hanno sottoposto il nerofumo, che producono nel quantitativo di 70 tonnellate al giorno, ad un processo di filtro-pressatura che avviene tuttora - l'ho visto personalmente durante il sopralluogo - su un rimorchio di camion su cui c'è un operaio in tuta ed è stato montato questo apparecchio. Il nerofumo viene filtrato, pressato e ridotto in blocchi neri simili a carbone e viene smaltito in discarica come rifiuto pericoloso. Questo comporta per l'azienda costi notevoli. Il dottor Ferrari mi ha detto che è noto a chiunque che un depuratore biologico non è in grado di smaltire il nerofumo e quindi lo smaltimento, così come avveniva (immettendo 65 chili l'anno di idrocarburi policiclici aromatici) era dovuto al fatto che bisognava risparmiare sullo smaltimento. Non ho avuto il tempo di far fare un calcolo dei costi di smaltimento, che sono proporzionati al peso. Sarebbe però interessante vedere anche quanto spende l'azienda ponendo in essere questo nuovo processo.
Questo accorgimento, che è l'unico che è stato attuato dall'azienda di sua iniziativa dopo aver visto che noi prelevavamo il nerofumo che galleggiava sul SM15, è stato realizzato nel luglio 1997 ed è ancora in via di definizione, perché avviene in modo provvisorio, come dicevo, su un rimorchio di camion. Ci hanno detto peraltro che per quel tipo di attività adesso dovrebbero predisporre un impianto fisso.
Tutte le altre iniziative sono state assunte (troverete poi le date delle richieste) nel periodo immediatamente successivo al primo sequestro e sono state ultimate due giorni prima del dissequestro. Quando è stato adottato il provvedimento di sequestro, quello applicabile, revocato l'altro giorno...
PRESIDENTE. Lei ha parlato di un primo sequestro, diciamo così, condizionato, che la giurisprudenza attuale rifiuta. A quando risalirebbe?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Il primo sequestro dovrebbe risalire alla prima quindicina del mese di aprile di quest'anno.
PRESIDENTE. Poi invece c'è stato un episodio molto più recente, di pochi giorni fa, di sequestro non condizionato.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Non condizionato. Io ho impugnato il primo provvedimento davanti al tribunale del riesame, dicendo che avrebbe dovuto essere annullato perché, altrimenti, me lo avrebbero fatto annullare loro, in quanto la Cassazione non lo ritiene possibile. Il tribunale ha accolto la mia richiesta ed ha riportato le cose come erano prima. Io ho richiesto un nuovo sequestro al GIP...
PRESIDENTE. In che data è stato eseguito?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Non ricordo la data esatta, ma una settimana prima del dissequestro. Il fermo dell'impianto, che poi non era un fermo vero e proprio, ma una riduzione al minimo tecnico, è durato circa una settimana. Tra l'altro, quando è stato eseguito sapevo da esperienze che ho avuto con altre aziende che questo tipo di impianti non può essere chiuso improvvisamente, perché parliamo di impianti che debbono lavorare in condizioni di sicurezza. Avevo perciò già preannunciato al dottor Ferrari ed al capitano della finanza, che coordinavano il sequestro, che l'azienda avrebbe sicuramente frapposto questo ostacolo per impedire l'esecuzione del sequestro ed anzi avevo raccomandato loro di non farsi prendere in giro perché avrebbero cercato di indicare dei tempi tecnici esattamente corrispondenti al tempo loro necessario per ottenere da parte del tribunale il dissequestro o un qualsiasi altro provvedimento di revoca da parte del GIP; quindi sono andati già decisi ad eseguire il sequestro.
La reazione - a quanto mi risulta - è stata di sorpresa solo per gli operai, perché il dottor Ferrari mi ha detto che quando sono andati nello stabilimento non si è alzato neppure un sopracciglio, anche se poi c'è stata la reazione che c'è stata. Però, chi ha ricevuto materialmente coloro che sono andati ad eseguire il sequestro, non è apparso meravigliarsi più di tanto. Questa, però, è solo un'impressione - che naturalmente non risulterà da nessun verbale - delle persone che sono andate a notificare il sequestro; una volta notificato, c'è stata la reazione che sappiamo.
Casualmente, ho incontrato uno degli avvocati dell'Enichem che stava depositando al nostro sportello l'istanza di dissequestro, con le analisi che loro hanno eseguito e di cui non ci avevano detto nulla. Sempre per un caso fortuito (il motoscafo dell'ufficio non era disponibile) abbiamo preso insieme il mezzo pubblico e, parlando, gli ho detto: "Avvocato, non ci fate scherzi con la chiusura dell'impianto, perché se lei sostiene che non può essere chiuso subito, significa che mi sta dicendo che se succede qualcosa questo impianto non potete spegnerlo, quindi che è pericoloso ed allora io dopo farò anche questo tipo di accertamento". In sostanza, gli ho lanciato un messaggio un po' intimidatorio, che però doveva raggiungere un certo scopo. Gli ho detto poi: "Trovate una soluzione perché nessuno vi vuole chiudere. Tenga presente che a me interessa non chiudere il petrolchimico, ma che l'SM15 non butti nella laguna certe sostanze. Se quelle sostanze non ci vanno più" - ho fatto anche una battuta, invitandolo a trovare un volontario che se le bevesse - "io il sequestro non devo più farlo. Siccome in altre occasioni lei si è dimostrato molto attivo sotto questo aspetto, troviamo una soluzione alternativa. Tenga però presente che, se così non è, sicuramente il tribunale ve lo restituisce, perché nessuno si prenderà la briga di mandare a casa gli operai; ma se per vostra sfortuna, il tribunale o la Cassazione vi daranno ragione, non avrete più alternative e si chiuderà tutto". Li ho invitati quindi a trovare una soluzione e a parlarne anche con il professor Stella per valutare cosa fare. Mi hanno detto immediatamente che avevano carta bianca dall'amministratore delegato ed hanno fatto subito una serie di interventi - il dissequestro è merito della difesa che ha fatto questa scelta - che hanno sicuramente eliminato il fenomeno.
PRESIDENTE. Quale dei molteplici fenomeni?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Il nero fumo lo hanno risolto così: hanno ridotto da 65 ad 1,6 chili, destinati ad ulteriore riduzione; dice Ferrari che questo 1,6 chili molto probabilmente può essere assorbito perché non è nulla di più di quello che viene prodotto dalle barche che passano giornalmente nella laguna; si tratta cioè di un quantitativo accettabile. Badate che parliamo di cose che nella legge non ci sono; questo è il paradosso. Nella legge su Venezia non esistono questi parametri; sono stati introdotti parte dal decreto Ronchi.
Per quanto riguarda, invece, il bromoformio, hanno sostituito completamente l'impianto utilizzando il clorido di sodio, che nella letteratura scientifica - dice Ferrari - è considerato come elemento che non produce quantitativi rilevanti di bromoformio. L'impianto è nuovo; ho constatato io stesso che hanno smantellato l'impianto che produceva cloro, perché se lo facevano da soli, sostituendolo con uno nuovo.
Per quanto riguarda il rame, questo elemento non era stato trovato sempre e quindi poteva anche essere addebitato ad uno sforamento momentaneo; si tratta dell'unico elemento che ritroviamo nella legge su Venezia. Ferrari ha controllato i dati in possesso del magistrato alle acque, che effettua controlli costanti, ed ha verificato che negli ultimi cinque anni il rame era stato trovato solo due volte nelle analisi da noi fatte. L'Enichem ha comunicato di aver installato un analizzatore in continuo; acquisiremo poi i tracciati di questo analizzatore, ma la sua presenza, per quanto sia anch'esso aggirabile, garantisce comunque un controllo costante.
L'ultimo problema è sorto in corso dei lavori in relazione al cosiddetto scarico fantasma. Questo episodio apparentemente banale chiarisce però i termini della questione. Siamo andati sul posto ed abbiamo visto delle bolle verdi che salivano in superficie sotto una condotta visibile. C'era un clima disteso, stavamo constatando che i lavori andavano avanti bene e, insieme all'avvocato dell'Enichem, abbiamo notato le bolle verdi e, scherzando sulla opportunità di tuffarsi o meno, abbiamo chiesto ai presenti di cosa si trattasse. Mi è stato detto personalmente da una persona presente - credo si trattasse di un funzionario della Ambiente Spa - che si trattava di un fenomeno algale. Ho impiegato un po' di tempo a capire a cosa si riferisse, ma poi gli ho fatto notare che le alghe hanno una determinata consistenza, mentre in quel caso si trattava di un liquido di colore verde. Ferrari, parlando con il tecnico dell'Enichem, mi ha fatto notare che già l'altra volta aveva chiesto spiegazioni circa questo scarico ed ha quindi ribadito la richiesta di sapere da dove provenisse, chiedendo in particolare se non venisse dal peabody, che è un termodistruttore che loro utilizzano. Il tecnico ha dato delle risposte evasive e Ferrari ha troncato il discorso dicendo che, una volta a casa, avrebbe visto le planimetrie a disposizione del magistrato alle acque (dovendo dare le autorizzazioni, infatti, hanno tutte le planimetrie) e verificato di cosa si trattasse. La sera stessa, verso le 21, mi ha richiamato per dirmi che ci stavano prendendo in giro perché quello scarico era un bypass. Ho chiesto se fosse sicuro; mi ha risposto che lo scarico non era sulle carte e che ci stavano prendendo in giro, aggiungendo che se non si chiudeva quello scarico non era possibile superare la situazione. Il giorno dopo siamo stati fino alle 24 a cercare di risolvere la questione e poi ci siamo aggiornati al sabato mattina. Io ho contattato gli avvocati e lui i tecnici ed abbiamo detto che se non avessero rimediato al problema, purtroppo il sequestro sarebbe stato fatto. Così lo scarico è stato deviato e portato all'interno del depuratore biologico.
Ferrari ha chiesto ed ottenuto che quella condotta interrata venisse portata completamente alla luce. I lavori sono iniziati, sono in corso e dureranno una settimana. Si sta portando alla luce la condotta per verificare che non vi siano altre derivazioni e poi la condotta stessa verrà rimossa. Secondo Ferrari, quello scarico ha buttato per anni tonnellate di diossine ed altri materiali del genere all'interno della laguna attraverso quell'impianto peabody. L'Enichem sostiene invece che si tratta di una duplicazione dello scarico autorizzato di cui era prevista la chiusura e che non creava alcun problema; non abbiamo approfondito perché la questione verrà risolta alla radice rimuovendo il tutto.
Questi sono gli interventi che hanno fatto, l'ultimo dei quali due giorni prima del sequestro.
PRESIDENTE. In estrema sintesi, possiamo dire che, quando ha disposto il sequestro, aveva di fronte uno spettro di inquinanti per l'SM15 in entrata; l'insieme degli accertamenti disposti nel corso di questa settimana, nel confronto con la parte, l'ha poi portata alla convinzione, sulla base dei dati disponibili e degli interventi operati dalle aziende interessate che per ciascun inquinante si è avuta una risposta soddisfacente, tranne per quello scarico fantasma di cui ci ha parlato per il quale però vi è stato l'impegno dell'azienda a portare allo scoperto il condotto onde consentire una verificabilità delle operazioni di scarico effettuate attraverso il condotto stesso.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Venezia. Quello scarico viene fisicamente eliminato. Intanto è deviato, ma Ferrari ha precisato che, per essere sicuri che non sarà riutilizzato in futuro, vogliamo che sia tolto di mezzo. E' stato già chiuso e la condotta verrà sollevata e distrutta materialmente.
PRESIDENTE. Il dottor Ferrari, che mi pare abbia avuto un ruolo da protagonista, è il chimico del magistrato alle acque? Fa parte dell'ufficio del magistrato alle acque?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Sì, per gli aspetti tecnici. Ci tengo a precisare che il dottor Ferrari non è il magistrato alle acque. Io i rapporti li ho tenuti con lui come persona e non come rappresentante dell'ufficio.
Noi, ovviamente, non abbiamo effettuato delle verifiche analitiche, perché non c'era il tempo per farlo, ma la situazione è tale che sarebbe estremamente antieconomico e controproducente per l'azienda - parlo sempre dell'Enichem la quale si è fatta carico degli impegni anche per le altre due aziende - ritornare al passato. In primo luogo, perché se dovessimo scoprire, alla luce di accertamenti che sicuramente ripeteremo, che la situazione è rimata immutata questa volta nessuno gli toglierebbe il sequestro, in quanto abbiamo la strada in discesa per ottenerne un altro e farcelo confermare, visto che l'azienda dimostrerebbe una malafede unica, in secondo luogo perché hanno sostenuto delle spese considerevoli per sostituire degli impianti che riguardavano un ciclo di lavorazione particolare e, quindi, avrebbero speso dei soldi inutilmente.
GIOVANNI POLIDORO. Mi scuso per essere arrivato in ritardo; probabilmente ho perso alcuni aspetti dell'analisi di merito. Prima di porle una domanda, signor procuratore, vorrei raccontarle molto sinteticamente una vicenda personale. Io ho fatto il sindaco e sono stato processato come inquinatore del mare Adriatico a causa delle linee fognanti della mia città; tra l'altro, sono stato processato perché ad un certo punto si è scoperto che il mattatoio comunale, costruito 14 anni prima che arrivassi io, non aveva l'autorizzazione allo scarico e l'attività non fu sospesa perché mi dissero che l'attività di mattazione era obbligatoria e non sospendibile. Ciò detto, la mia domanda è la seguente. Viste queste vicende, che sono accadute a molti sindaci, le risulta che la procura avesse materiale a sufficienza per intervenire qualche decennio prima? Le chiedo anche perché secondo lei questo non sia stato fatto e come si è agito nei confronti degli uffici pubblici (probabilmente anche ministeriali) che avrebbero comunque dovuto chiedere la chiusura di quegli impianti e non l'hanno fatto.
Questo signor Ferrari, o chi prima di lui, responsabile, ad esempio, di un laboratorio, c'era? Da quando è arrivato e chi svolgeva le sue funzioni prima? Vorrei anche sapere come è stato possibile, vista la mia vicenda, non avvertire comunque l'opinione pubblica, gli operai, la dirigenza, che potessero esservi scarichi di quel tipo, probabilmente non autorizzati, o comunque sottoautorizzati.
Vorrei sapere, infine, se lei si senta tranquillo, visto che ho sentito questa mattina un dirigente dell'Enichem dire, convenendo che avete fatto il vostro dovere, che bisogna rispettare la legge e che quindi si adatterà agli impegni che potrà esperire in tempi ragionevoli. A me che ho fatto l'amministratore e sono stato denunciato per molto meno, sembra incredibile che le responsabilità dell'amministratore delegato dell'Enichem siano meno rilevanti. Appare un sistema completamente deresponsabilizzato di cui, probabilmente, fa parte anche la magistratura. E' vero o no?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Se devo esprimere un'opinione, sono perfettamente d'accordo, perché è vero che i processi di questo tipo non sono stati celebrati a suo tempo. Molto probabilmente ve lo avrà detto anche Casson perché questo è un suo motivo ricorrente. C'è sicuramente una responsabilità anche della magistratura, direi di certa magistratura, che è assolutamente insensibile verso problemi di questo genere. Ci sono poi leggi inadeguate. Per Venezia, almeno, vi è una legge speciale in base alla quale chi vuole mettersi in regola deve fare i salti mortali, mentre chi non vuole rispettarla può farlo tranquillamente usando determinati sotterfugi. Diciamo che non ci sono gli strumenti processuali e legislativi per poter procedere in modo adeguato.
Vi è però anche la responsabilità di chi non ha fatto i processi prima. A me, peraltro, è capitato di operare in più sedi, prima a Belluno e poi a Venezia. Non sono assolutamente un'ambientalista, ma tengo a far osservare la legge perché trovo veramente disdicevole che a rispettarla debbano essere soltanto i disgraziati, questo è un mio punto fermo; è un detto che usava Totò, ma che mi sembra condivisibile. Non vedo dunque perché se qualcuno è imprenditore ed amico di mezzo paese non debba andare sotto processo qualora commetta dei reati, di qualsiasi tipo, non soltanto contro l'ambiente.
Fatta questa premessa, debbo dire che effettivamente in passato c'è stata una carenza. Mi dicono (io non ero a Venezia; sono di Roma e mi trovo nel Veneto dal 1988) che, effettivamente, certi processi non sono stati fatti. A Venezia abbiamo degli scempi ambientali: io stesso ho passato dei guai, nel senso che ho ricevuto delle critiche per aver chiuso un albergo completamente abusivo che si trova nella periferia di Mestre dal 1989, senza un certificato di agibilità, che dovrebbe essere chiuso e che rimane aperto. Si tratta di un albergo a quattro stelle che sulle carte del comune figura come ostello. Quell'albergo c'è perché chi doveva processare chi lo ha costruito non lo ha fatto, o comunque lo ha fatto male e queste persone sono state in parte assolte.
Per quanto riguarda gli enti locali ed il loro personale, che dovrebbe effettuare i controlli, è vero anche quanto osservato: i controlli vengono effettuati in modo non corretto, comunque sulla base di parametri che risultano sempre conformi alla legge perché quest'ultima non li prevede. Adesso, ad esempio, con il decreto ministeriale Ronchi-Costa di pochi giorni fa alcuni parametri, prima non contemplati dalla legge su Venezia, sono stati presi in considerazione. La legge su Venezia, però - lo ripeto - attualmente non prevede determinati parametri. I cloruri, ad esempio, sono esattamente la metà di quelli previsti dalla legge Merli e quella su Venezia è una legge speciale, che tutela una zona particolare. Quindi, i controlli non vengono effettuati.
Devo aggiungere anche che chi prova a farlo viene messo in una condizione di inferiorità. Non mi riferisco alla magistratura: noi, fortunatamente, non abbiamo questi problemi, ma se un funzionario di una USL od il magistrato alle acque prova a svolgere certi controlli, o prende una posizione, diciamo così, non allineata, può avere dei problemi, può essere trasferito. Faccio un esempio che mi è capitato: due signori che hanno avuto l'ardire di segnalare il fatto che le orchestrine che suonano in piazza San Marco superano il limite di accettabilità per il rumore (orchestrine alle quali è stato chiesto soltanto di mettere la sordina agli strumenti) sono stati trasferiti. Questa è la situazione veneziana.
PRESIDENTE. Avevo il sospetto che lei fosse romano! In risposta al collega Polidoro lei ci ha detto che ci è stata una congiura da parte di tutti i poteri, da quelli pubblici, alla magistratura ed agli imprenditori per danneggiare Venezia.
GIOVANNI POLIDORO. A Venezia ci sono molti siciliani!
PRESIDENTE. Non c'è stata una congiura, ma disattenzione sì.
PRESIDENTE. Intendevo usare il termine congiura tra virgolette!
BRUNO CAZZARO. Avrei molte cose da chiedere ma credo che il tempo necessario non mia sia dato in questa occasione; cercherò quindi di limitare il mio intervento ad alcuni punti essenziali.
Questa mattina non abbiamo parlato della situazione economica e sociale dell'area di Porto Marghera né dei timori che ad essa si collegano, ma direi che questa situazione è data per scontata. Essa é ben presente a tutti noi, certamente non la si scopre oggi. C'è stato invece tutto un dibattito su come Porto Marghera é nato ed ha prodotto i disastri ambientali e l'inquinamento che conosciamo. Credo non sfugga neppure il fatto che sono in corso lavori e scelte che, credo, vadano finalmente nella direzione giusta. La prima domanda che intendo porre è proprio questa: a suo parere, dottor Ramacci, stiamo andando nella direzione giusta? Come è possibile gestire questa situazione?
Nel dibattito che si sta sviluppando, invece, sembra quasi che Porto Marghera si scopra solo ora. La discussione si sta spostando su un quesito: chimica sì, chimica no? Chiudere o non chiudere Porto Marghera? Il problema, secondo me, è un altro. Si tratta di vincere una sfida ben più difficile ed importante: rendere compatibile l'area industriale e la chimica con l'ambiente e l'uomo. Per vincere questa sfida credo occorra un livello e sistema di collaborazione e coordinamento tra enti, istituzioni e ruoli diversi; diversamente non credo riusciremo a fare tanta strada.
Neppure io sono un chimico ma riscontro in tutta questa discussione e nei fatti di cui abbiamo parlato alcune contraddizioni. Si dice che si sta inquinando più che in passato o per lo meno in misura uguale, ma chi ha visto Porto Marghera con 40 mila occupati e certe attività in funzione e poi la vede ora, sa che non può essere così. Vi sono state chiusure e dismissioni; siamo passati da 40 mila a 13 mila occupati; il volume di inquinamento non può essere uguale perché da allora ad oggi numerosi sono stati gli interventi realizzati. Dobbiamo parlare di situazioni più specifiche, altrimenti rischiamo di creare ulteriore allarmismo rispetto ad una situazione già assolutamente allarmante. Occorre equilibrio e ragionevolezza in situazioni delicate come queste.
Nella documentazione a supporto della richiesta di dissequestro, lei dottor Ramacci ha fatto delle affermazioni che - mi permetto di dire - non aiutano a costruire il clima necessario per affrontare questi problemi. Quando dice che nessuno vuole risanare questa situazione e che nessuno sta facendo niente, lei non può non sapere che il decreto Ronchi-Costa affronta in modo diverso dal passato la situazione. Se non è così, sarebbe bene capire di più. Questo decreto fissa tempi e modalità, precisando comunque che determinate sostanze, quelle da lei citate, non devono essere sversate nella laguna. Questo fatto ha una portata innovativa molto forte rispetto alla situazione del passato che ha visto certamente molte responsabilità; in primo luogo quelle delle aziende spesso irresponsabili, ma anche di tanti altri soggetti.
Lei dice che enti pubblici e privati sono fiancheggiatori di chi commette reati. Si tratta di affermazioni di una certa importanza, che lei ovviamente sarà in grado di sostanziare e dimostrare, non ho dubbi su questo; sta di fatto però che si crea così una situazione di tale sfiducia in cui è anche difficile intervenire. Credo si rischi in qualche misura di creare una situazione in cui si dimentica quello che è stato effettivamente il passato. Sono sotto tiro una gestione ma anche soggetti e istituzioni importanti; non credo si debba dimenticare e dire che nessuno ha mai fatto nulla; gli scioperi in piazza e la lotta delle maschere a Porto Marghera sono state fatte dal sindacato, che oggi si trova anch'esso pesantemente sotto accusa al pari dell'azienda e davvero non riesco a comprendere come si possano mettere sullo stesso piano azienda e sindacato.
Credo si debba tener conto dei fatti nuovi che si stanno verificando. Arrivo così alle considerazioni conclusive e alle domande. Se vogliamo applicare la legge così com'è, chiudiamo Porto Marghera ed abbiamo risolto il problema, sappiamo però che le conseguenze sul piano economico e sociale sarebbero devastanti. L'obiettivo deve essere quindi di gestire il risanamentodi Porto Marghera, cioè un percorso con tempi e necessità di finanziamenti, step e verifiche, lungo il quale tutti gli enti coinvolti debbono svolgere la loro funzione bene ed in modo coordinato. Come è possibile riuscire a garantire tutto ciò? I fatti nuovi sono: il decreto Ronchi, il tavolo sul Porto Marghera presso il Ministero dell'industria, il volume di finanziamenti attivabili e disponibili per le aziende, nonché l'accordo istituzionale di programma per avviare il risanamento. O vi è questo coordinamento oppure si verificheranno ulteriori guai. Non so se corrisponda al vero l'obiezione che muove il sindaco Cacciari...
PRESIDENTE. Mi scusi collega Cazzaro, lei sta facendo un quadro molto ampio e questo è dovuto alla complessità delle argomentazioni e delle questioni, ma molto difficilmente il dottor Ramacci potrà risponderle se non con delle semplici opinioni. In questo senso forse...
BRUNO CAZZARO. Concludo, signor presidente. Chiedo allora se corrisponda al vero quanto afferma il sindaco Cacciari e cioè che non poteva venire in possesso dei dati delle analisi perché, essendo il dottor Ferrari consulente del pubblico ministero, i dati erano riservati e lui non li poteva conoscere. Se ciò corrisponde al vero, il problema sarebbe anche di questo tipo. La questione è che, come lei ha sottolineato, abbiamo di fronte situazioni difficili da gestire. In questo quadro lei ritiene possibile, con i nuovi strumenti a disposizione, stabilire un clima e modalità di collaborazione tali da evitare interventi traumatici come le richieste di sequestro ed altre cose del genere a fronte di una verifica, di un percorso che ha però bisogno di gradualità?
PRESIDENTE. Mi sembra che le due domande poste riguardino la disponibilità o meno dei dati per il sindaco di Venezia, il quale resta comunque la massima autorità sanitaria del comune, e la prospettiva rispetto ai gravi problemi delineati e al possibile ricorso a nuovi provvedimenti di sequestro ove si violino le norme.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Non posso certo dire io se la chimica vada o meno chiusa. Mi guardo bene dal farlo. Si tratta di scelte politiche. Quanto alla questione dei cosiddetti "fiancheggiatori", tengo a precisare di non aver mai fatto riferimento ad organi politici. Non mi permetto di farlo perché rispetto l'indipendenza altrui come pretendo che venga rispettata la mia.
PRESIDENTE. Appare del tutto evidente che in una vicenda che dura da trent'anni ci sono responsabilità colossali di tutti. Peraltro, non attiene a questa Commissione esprimere giudizi così ampi.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Ho fatto sempre riferimento agli organi tecnici di controllo ed amministrativi. Quello dei dati è un problema un po' particolare, nel senso che la situazione generale, quella cioè riscontrata dai tecnici dell'istituto superiore di sanità fin dal 1995, è stata sempre e comunque comunicata alle amministrazioni competenti. Il comune in particolare, ma anche gli altri enti locali ed i ministeri competenti, hanno richiesto ed ottenuto copia integrale degli elaborati peritali ed anche - non ricordo chi lo abbia fatto -, in alcuni casi, i dischetti del computer contenenti addirittura i numeri relativi alle analisi.
PRESIDENTE. Quando afferma questo, se non ho capito male quello che ha detto prima, si sta riferendo all'ultimo anno, anno e mezzo, di una vicenda che è ultradecennale.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Io sono a Venezia dal 1994 e posso parlare di quello che conosco.
PRESIDENTE. Glielo chiedevo per avere una visione diacronica corretta. Lei, cioè, sta riferendo cosa è accaduto negli ultimissimi anni.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Dal 1994 in poi, o meglio dal 1995, perché è in quell'anno che è iniziato tutto.
Come dicevo, i dati di carattere generale sono stati subito comunicati, anche perché c'erano situazioni gravi, quali la necessità di informare la popolazione dei rischi, che non spettava a noi affrontare, perché era una comunicazione che doveva essere data dagli organi competenti, anche dall'autorità sanitaria locale.
PRESIDENTE. Come prevedono il decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988 e le successive modifiche.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Per quanto riguarda invece i dati specifici del SM15, gli accertamenti compiuti dal dottor Ferrari, come dicevo prima, non sono stati svolti come settore antiinquinamento del magistrato alle acque, ma dallo stesso dottor Ferrari come chimico, in una veste che possiamo individuare in quella di ausiliario di polizia giudiziaria.
PRESIDENTE. Era quello che pensavo. Quindi poteva o no trasferire questi dati al sindaco?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Io, come altri colleghi, mi rivolgo al dottor Ferrari perché sappiamo essere persona seria ed affidabile, che dispone di un laboratorio proprio. Sappiamo quindi che se disponiamo degli accertamenti, il dottor Ferrari li svolge nel suo laboratorio senza appoggiarsi a laboratori di altro tipo, privati o pubblici. Quindi, essenzialmente, conosciamo con chi abbiamo a che fare.
Ovviamente, questi dati, nel momento in cui erano noti alle parti, cioè all'Enichem ed ai suoi consulenti, potevano essere messi a disposizione del comune perché quest'ultimo - come la provincia, la regione ed il Ministero dell'ambiente - in questi processi è parte offesa dal reato. Il problema è che di tutti questi enti soltanto l'amministrazione comunale, verso la fine di aprile, si è costituita attraverso un legale. Aggiungo che i dati riguardano analisi effettuate in contraddittorio. Quando infatti ho parlato di sorpresa mi riferivo al prelievo. Una volta che il campione è raccolto le analisi vengono effettuate con la presenza, necessaria, delle parti, quindi dell'azienda controllata, che può far partecipare difensori e consulenti, altrimenti le analisi non possono essere utilizzate in giudizio.
In questo caso, abbiamo trasmesso avvisi a tutti, ma le parti offese non erano presenti. Ho anche considerato il fatto che le amministrazioni comunali e provinciali hanno tempi diversi dai nostri, nel senso che magari, per nominare un avvocato qualora non abbiano un ufficio legale, devono predisporre delle delibere, comunque possono incontrare dei problemi. Quindi, in data 7 aprile, quando potevo scoprire completamente le carte (ribadisco che per le analisi il problema non si poneva, perché potevo tranquillamente distribuirle), ho inviato un'informazione di garanzia (che era inutile per gli indagati, i quali già sapevano di essere sottoposti a procedimento penale) agli enti interessati come persona offesa. Facendo qualcosa di più, nell'informazione di garanzia ho inserito anche i capi di imputazione che avevo già redatto ed allegato al decreto di sequestro.
PRESIDENTE. Mi pare che la sua risposta sia esauriente.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Se poi il problema è sapere quando il sindaco ha ricevuto i dati, posso dire che il 27 aprile 1998 il difensore del comune, l'avvocato Vassallo, ha chiesto - e ricevuto dopo pochi minuti - copia delle analisi e della mia richiesta di sequestro (la prima, perché la seconda ancora non era stata presentata).
GIOVANNI LUBRANO di RICCO. Vorrei sapere quali pene siano ipotizzabili in astratto se il procedimento per i reati che lei ha indicato si concludesse con una sentenza di condanna.
In secondo luogo, vorrei sapere se qualcuno degli enti che la legge istitutiva del Ministero dell'ambiente abilita all'azione civile di danno ambientale ha mai pensato di iniziare un'azione di quel tipo. Glielo chiedo anche perché nella competente Commissione del Senato stiamo per iniziare l'esame di un progetto di legge sulla contabilità ambientale, con la quale, ai fini dello sviluppo sostenibile, vengono posti sul piatto della bilancia, anche del PIL, i danni da risarcire (risarcire è un termine ampio) che l'ambiente riceve da certe attività umane.
Poiché si è parlato anche di un'inerzia, protrattasi per molti anni, della magistratura, chiedevo se gli enti abilitati dalla legge istitutiva del Ministero dell'ambiente abbiano mai esercitato un'azione ambientale e, nel caso di cui ci occupiamo, che pena sia prevista per i reati da lei indicati, perché non so - essendo purtroppo giunto in ritardo - quali siano quelli da lei ipotizzati.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Per quanto riguarda le pene (vado "ad occhio" perché, per abitudine, guardo sempre il codice per non commettere errori) posso fornire delle indicazioni di massima. La violazione della legge su Venezia è contravvenzione che prevede congiuntamente la pena dell'ammenda e dell'arresto, in forma tale da poter essere sostituita con pena pecuniaria se ne ricorrano i presupposti e credo che in questo caso sia così, perché non penso che i soggetti interessati abbiano specifici precedenti ostativi.
La violazione dell'articolo 51 del decreto sui rifiuti è anch'essa una contravvenzione che comporta anche in questo caso una pena sostituibile. Il reato di cui all'articolo 674 può essere addirittura estinto mediante oblazione, mentre il reato più grave, perché delitto, è il danneggiamento aggravato che però prevede anch'esso una pena ampiamente sostituibile e comunque rientrerebbe nella sospensione condizionale. Tra l'altro, non è detto che gli indagati rimangano quelli indicati nel capo di imputazione, perché ancora non sono state "scoperte" dalla difesa le deleghe interne ai singoli stabilimenti, per cui può darsi anche che soggetti indicati come responsabili non lo siano, in quanto hanno a loro volta delegato a terzi la competenza specifica in materia di protezione ambientale. Le norme sono queste.
In questo, grazie sempre alla scelta difensiva del difensore dell'Enichem, ma anche in altri casi, una volta eliminato il problema, normalmente, se c'è la volontà da parte degli indagati, i processi vengono risolti con il patteggiamento e con pene minime, oppure con l'oblazione, perché l'importante è il risultato.
PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Ramacci, ma la domanda del collega Lubrano di Ricco era molto retorica, perché questi temi ci sono ben noti. Sappiamo benissimo della irrisorietà delle sanzioni, a fronte dei danni gravissimi prodotti.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Vi è anche il pericolo della prescrizione, che è ancora maggiore.
PRESIDENTE. Quello è costante per la giustizia italiana. Quando anche si arrivasse, però, al termine del processo sulla irrisorietà della pena questa Commissione ha già prodotto un documento, coordinato appunto dal collega Lubrano di Ricco, il quale sta oggi avendo una ulteriore verifica dei punti dai quali ci siamo mossi.
GIOVANNI LUBRANO di RICCO. Con la legge di depenalizzazione molti dei reati che il dottor Ramacci ha ipotizzato verrebbero addirittura degradati a sanzioni amministrative.
Per quanto riguarda l'azione di danno ambientale?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Per quanto riguarda l'azione di danno ambientale, nel caso specifico del SM15, al momento, l'unica persona offesa costituitasi...
GIOVANNI LUBRANO di RICCO. In sede civile?
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. La sede civile ovviamente non mi compete, ma per esperienza personale nella sede di Venezia, ma soprattutto in quella di Belluno, dove c'era un controllo più immediato anche da parte nostra su atti non propri del magistrato, posso dire che il Ministero dell'ambiente (mi riferisco all'ufficio, non alla persona fisica, perché parlo di un arco di tempo che va dall'istituzione del dicastero in poi) ha presentato moltissime richieste, soprattutto per violazioni della legge Galasso, quindi delle norme a tutela del paesaggio; ho visto inoltre spesso richieste sempre del Ministero dell'ambiente, avanzate tramite l'avvocatura dello Stato, di copia degli atti del processo proprio per valutare l'opportunità o meno di esercitare l'azione civile, ma i dati non li ho perché riguardano uffici diversi.
PIERLUIGI COPERCINI. Due rapidissime domande. Nel corso della sua attività, dottor Ramacci, ha subito pressioni prima o dopo e, nel caso voglia rispondere, da chi?
Quale tipo di reato potrebbe, se lo vuole, configurare a carico di chi, potendo prendere preventivamente precauzioni a livello tecnico (mi riferisco al nero fumo, rispetto al quale si interviene tecnicamente in tutto il mondo, e allo scarico fantasma) non lo ha fatto per risparmio economico, degradando l'ambiente con le conseguenze che possono essere facilmente desunte dalle analisi chimiche che ha potuto riscontrare?
Non pensa infine che lo Stato debba promuovere un'azione risarcitoria nei confronti dei pubblici ufficiali che colpevolmente non abbiano effettuato i dovuti controlli a Porto Marghera sul ciclo di produzione di queste aziende, che sono sì diversificate ma facenti comunque capo ad un impianti che ben si conosce? Vorrei conoscere il suo parere e il suo consiglio in proposito.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Per quanto riguarda le pressioni, è evidente che queste ci sono sempre, sono pesanti, ma fanno parte dei rischi del mestiere. Ho assunto le mie funzioni nel novembre 1987 e nel marzo successivo per la prima volta - ero allora pretore - mi sono dovuto rivolgere al Consiglio superiore perché mi venivano sottratti processi.
PRESIDENTE. Mi pare però che nel caso in oggetto lei non abbia avuto la necessità di farlo. Ci sono state pressioni, ma non tali da indurla a tutelarsi presso il Consiglio superiore della magistratura.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. L'ho dovuto fare anche recentemente. Credo se ne possa parlare perché la questione è andata all'esame del plenum e quindi è a verbale. Non so se questa possa essere considerata una pressione, ma mi sono lamentato con il Consiglio perché, dopo che fu data notizia del mio rinvio a giudizio del sindaco Cacciari per la questione del Palafenice, la struttura che ha sostituito il teatro La Fenice, installata senza il preventivo parere dell'ente preposto alla tutela del vincolo ambientale, e dopo che il tribunale aveva deciso il dissequestro di quel famoso albergo di cui dicevo prima, ho trovato una domenica mattina un articolo sul Gazzettino di Venezia del procuratore generale in cui venivo tacciato non di incompetenza ma di superficialità, mancanza di buon senso, avventatezza ed altri complimenti simili. Non venivano fatti espressamente i nomi, ma il giornalista, a commento dell'articolo, a firma del procuratore generale, identificava in me il destinatario di quei complimenti. Mi sono così rivolto al Consiglio superiore; non ho risposto direttamente; ho letto le carte del plenum e so che la questione è stata discussa due giorni; il Consiglio ha concluso che non vi era motivo di intervenire perché potevo tutelarmi nelle sedi adeguate, penali e civili.
PRESIDENTE. La domanda del collega credo si riferisse al caso in oggetto.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. In questo caso la vicenda era talmente sotto gli occhi di tutti che anche se qualcuno avesse avuto voglia di fare delle pressioni non le avrebbe comunque fatte. In passato però, forse più di un anno fa - ed anche questo è documentabile -, ebbi modo di scrivere una lettera diretta al capo dell'ufficio nella quale sottolineavo come certe situazioni che si andavano verificando nell'ufficio stesso e determinate prese di posizione da parte di persone anche interne all'ufficio erano riconducibili alle indagini riguardanti il petrolchimico e che molto probabilmente tale atteggiamento si sarebbe accentuato in prossimità delle inevitabili misure cautelari; l'anno scorso immaginavo già che si sarebbe finiti con qualche sequestro. L'SM15, infatti, non è l'unico scarico; ve ne sono una infinità e immaginavo che, prima o poi, si sarebbe arrivati ad una situazione del genere.
Per questo caso specifico non ci sono state pressioni; vi è però un'atmosfera che non fa piacere. Vi sono interessi economici e di altro tipo enormi e quindi è normale che...
PRESIDENTE. Su questo abbiamo una fertile immaginazione e tra l'altro leggiamo i giornali.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Per quanto riguarda la necessità che lo Stato promuova un'azione risarcitoria nei confronti dei pubblici ufficiali che non hanno effettuato i dovuti controlli, in linea teorica sarebbe auspicabile. Non so però quanto di questo fenomeno sia addebitabile alle responsabilità dei controllori; non so di quali mezzi dispongano. Certo, se mi si chiede quante notizie di reato arrivino dall'unità sanitaria locale di Venezia, devo dire che ne arrivano poche. Il Magistrato alle acque segnala quello che può, ma - ripeto - non so quanto siano in grado di effettuare un monitoraggio completo e soprattutto quale cognizione del fenomeno abbiano. Ferrari è andato alla scarico SM15 non di sua iniziativa; io ho chiesto un elenco di tutti gli scarichi più grandi del petrolchimico ed ho cominciato a controllarli uno per uno. Altri scarichi sono risultati a norma. Non si è trattato quindi di un'iniziativa del Magistrato alle acque; non so neppure se ne abbiano la possibilità materiale; posso però dire che i nostri interventi sono stati fatti anche con finanziamenti dell'ufficio. Credo di ricordare che Ferrari mi ha detto che sono arrivati recentemente 350 milioni per analisi che avevamo sospeso perché non era possibile farle in quel momento.
GIUSEPPE FIRRARELLO. Signor presidente, credo che il magistrato che stiamo ascoltando vada ringraziato innanzitutto per l'ottimo lavoro svolto, che ha messo in evidenza i preoccupanti livelli di inquinamento raggiunti dal petrolchimico di Porto Marghera; livelli che nessuno di noi immaginava potessero verificarsi. Credevamo che certi fatti potessero verificarsi solo nel meridione. Occorre però tenere conto anche del fatto che migliaia di posti di lavoro sono stati posti in discussione. Con le normative attuali, con i tempi richiesti dagli interventi economici che vanno comunque presi in considerazione per riportare nelle norme uno stabilimento di questo rilievo, quali sono i margini per evitare che la gente senta minacciato il proprio posto di lavoro e dia luogo a forme di dissenso che abbiano rilevanza sociale?
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Firrarello: la sua è una domanda di assoluto buon senso, ma se mi consente ritengo un po' improprio rivolgerla ad un magistrato il quale, al più, ci può fornire una sua opinione. A questo riguardo abbiamo una nostro orientamento e credo anche una maggiore responsabilità, in quanto eletti dal popolo italiano. Diciamo che ce la dobbiamo vedere noi.
GIUSEPPE FIRRARELLO. Vorrei sapere se nell'ordinamento giuridico oggi vi siano le condizioni per tollerare interventi di risanamento che pure hanno bisogno di tempo.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Non posso rispondere sul merito, ma riferire un fatto.
PRESIDENTE. La prego di essere molto sintetico, perché abbiamo un altro punto all'ordine del giorno della seduta odierna.
LUCA RAMACCI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Venezia. Il problema dei posti di lavoro non era mai stato prospettato fino all'esecuzione del sequestro; sul numero di questi posti di lavoro messi in pericolo tra l'altro, non c'è stato accordo; hanno oscillato tra i 24 mila ed i 200 mila. Una collega mi ha detto che si è sostenuto anche che si sarebbe bloccato un ottavo della chimica mondiale. Io sapevo soltanto che si andava a fermare una determinata produzione e l'avevo messo in conto. Tra l'altro, il sequestro è stato deciso per il fatto che il dottor Mincato dell'Enichem, in una intervista rilasciata al Gazzettino di Venezia, aveva espressamente risposto ad una domanda del giornalista (l'intervista è agli atti del processo) che l'impianto non si sarebbe fermato perché si erano già attuate misure alternative che avrebbero consentito la prosecuzione della produzione senza alcuna ripercussione sull'attività svolta dall'insediamento.
Quello è stato un elemento che ci ha tranquillizzato e che ci ha convinto a proseguire sulla strada del sequestro. Quando poi il sequestro è avvenuto, è stata nuovamente sollevata la questione dei posti di lavoro. Però, per evitare in futuro altri problemi, con gli avvocati dell'Enichem è stato stabilito che loro invieranno al nostro ufficio una comunicazione recante l'indicazione di tutte le ditte comunque legate alla stessa Enichem che possono essere in qualche modo interessate da nostre iniziative, con l'impegno ad ovviare a qualsiasi inconveniente che dovessimo riscontrare nel corso delle indagini, senza arrivare prima al sequestro. Dovrebbe quindi essere auspicabile un intervento positivo per il futuro.
PRESIDENTE. Dottor Ramacci, la ringraziamo per il suo contributo. Il collega Cazzaro ricordava prima che molte cose stanno cambiando e vale la pena ricordare che alcuni di questi cambiamenti sono avvenuti - penso allo stesso decreto Ronchi-Costa - dopo l'azione giudiziaria di cui lei è stato titolare. Oltre tutto, le modalità che lei ci rappresentava sono volte a riportare a norma comportamenti che per diversi anni sono stati illegali, il che è tecnicamente e tecnologicamente possibile.
Vale anche la pena di ricordare a tutti noi che possiamo avere le opinione più disparate su partite così complesse, ma c'è un punto di riferimento chiaro, ossia il fatto che quello alla salute è un diritto tutelato dalla Costituzione in modo assoluto, nel senso che non è subordinabile ad altri diritti. I problemi di lavoro sono all'attenzione di noi tutti come parlamentari, soprattutto in questa fase così delicata del nostro paese, ma ognuno di noi deve sapere che la Costituzione tutela prioritariamente certi diritti rispetto ad altri. Nell'agire si deve impiegare certo il massimo buon senso, ma a fronte di una violazione di norme che comporta danni incalcolabili per la salute, non possiamo che seguire questa direttrice e non altre. Non a caso, nel prosieguo delle nostre audizioni ascolteremo il 7 luglio prossimo anche l'amministratore delegato dell'ENI, in modo da avere una visione complessiva, perché altre situazioni sono a conoscenza della Commissione, ma sono numerose quelle su cui vogliamo fare chiarezza (penso a Gela, Priolo, Ravenna), ovviamente in rapporto agli aspetti che spettano a questa Commissione: abbiamo parlato di scarichi e di rifiuti in senso generale che, se possono determinare un inquinamento suscettibile di recare danni alla salute, sono materie di nostra competenza.
Seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione relativa alle regioni Liguria e Piemonte.
Ricordo che nella seduta del 3 giugno scorso il relatore, senatore Lasagna, ha illustrato il documento in questione.
Nessuno chiedendo di intervenire, se non vi sono richieste diverse, ritengo che il termine ultimo per la presentazione di eventuali proposte emendative alla proposta di relazione possa essere fissato alle ore 18 di martedì 30 giugno.
ROBERTO LASAGNA. Desidero ricordare di aver presentato al Senato nella giornata di ieri, insieme al senatore La Loggia, un disegno di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta avente l'obiettivo di acquisire tutti gli elementi relativi alla discarica di Pitelli a La Spezia. Ritengo che si debba procedere per la completa bonifica ed il ripristino ambientale dell'area interessata, anche sulla scorta dell'esperienza acquisita a Bagnoli.
PRESIDENTE. Collega Lasagna, mi sembra che la sua proposta di istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta ponga due ordini di problemi, uno di senso pratico per la difficoltà di istituire ulteriori Commissioni d'inchiesta oltre le molte già esistenti - non mi sembra vi sia un clima favorevole in questo senso -, ed un altro di merito, giacché la nostra Commissione d'inchiesta ha per oggetto tutto il ciclo dei rifiuti e si è già interessata del sito di Pitelli.
In questo senso ritengo che potrà essere utilmente costituito un apposito gruppo di lavoro nell'ambito della Commissione sulla questione del sito di Pitelli, che ha indubbio rilievo nazionale per la gravità dei problemi che ad esso si collegano e le connessioni più volte sottolineate e già evidenziate anche nella relazione da lei predisposta.
ROBERTO LASAGNA. Sono perfettamente d'accordo con la sua impostazione. La mia proposta tende tra l'altro alla completa bonifica ed al ripristino ambientale dell'area interessata. Nel caso di Bagnoli, l'intervento era dovuto a Napoli; in questo caso esso è dovuto a tutta la popolazione del circondario, che va ben oltre La Spezia per coinvolgere sino tutta la Versilia.
PRESIDENTE. Credo che prima attraverso il gruppo di lavoro e poi con un documento approvato dalla Commissione si potrà dare al Parlamento ed al Governo indicazioni per agire nel senso da lei indicato.
PIERLUIGI COPERCINI. Presidente, come ho già anticipato al collega Lasagna, ribadisco che reputo opportuno (questa proposta sarà oggetto di un emendamento, che concorderemo anche alla luce di alcuni fatti che meriteranno l'intervento dei nostri tecnici) inserire nel documento in titolo la citazione dell'incidente probatorio sollevato nei mesi scorsi dal sostituto procuratore di La Spezia, dottor Franz, il quale ha ipotizzato il disastro ambientale in ordine alle vicende connesse alla discarica di Pitelli. Quest'ultima, infatti, rappresenta un caso epocale di malcostume, che coinvolge tutta una città e tutto un modo di vivere e che dura dalla seconda guerra mondiale. Alcuni indirizzi, dunque, andrebbero approfonditi anche a livello ispettivo.
PRESIDENTE. Sono d'accordo con lei, onorevole Copercini e penso - non l'ho sentito, ma ce lo potrà confermare - che il relatore, il quale aveva prediposto il documento prima che venisse resa pubblico l'incidente probatorio del procuratore Franz, sulla questione di Pitelli, avesse intenzione di integrarlo in considerazione di questo aspetto. Credo quindi che possiamo fare riferimento al senatore Lasagna per completare da questo punto di vista la relazione. Lo stesso relatore, cioè, potrebbe presentare un emendamento aggiuntivo.
PIERLUIGI COPERCINI. Vi erano poi le questioni della marina militare, della termomeccanica, la questione di possibili percolamenti in una galleria che è la variante di Lerici...
ROBERTO LASAGNA. C'è anche la scomparsa delle stesse gallerie della marina militare!
PIERLUIGI COPERCINI. Infatti. Abbiamo le mappe, possiamo anche trovarle!
PRESIDENTE. Desidero precisare, come ho sempre fatto, che noi votiamo su un documento e sui relativi emendamenti, ma le azioni della Commissione in rapporto ai fatti di cui veniamo a conoscenza non si fermano alle relazioni, le quali, inevitabilmente recano una data e possono essere superate, almeno in parte, dai fatti. Da questo punto di vista, l'attenzione della Commissione rimane su tutte le questioni che abbiamo appreso, ovviamente quelle più gravi e significative.
Per quanto riguarda le integrazioni che proponeva il collega Copercini, credo che siano già da tempo all'attenzione del senatore Lasagna e degli altri commissari. Invito comunque il relatore a tenere conto delle osservazioni formulate.
PRESIDENTE. Avverto che una delegazione della Commissione si recherà in Calabria e Basilicata nella terza settimana del mese di luglio per effettuare alcuni sopralluoghi e svolgere delle audizioni. Invito i commissari a far pervenire agli uffici di segreteria le loro proposte e a far conoscere l'elenco dei partecipanti, specificando che nei prossimi giorni sarà disponibile la bozza del programma.
Avverto inoltre che giovedì 2 luglio 1998, alle 14, è prevista, oltre al seguito dell'esame del documento sulle regioni Liguria e Piemonte, anche l'audizione del dottor Luciano Padula, sostituto procuratore della Repubblica di Monza.
La seduta termina alle 15,20.