CAMERA DEI DEPUTATISENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
36.
SEDUTA DI MARTEDI' 14 APRILE 1998
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
INDICE
Sulla pubblicità dei lavori. *
Audizione dell'ingegnere Demetrio Egidi, direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna, del dottor Lario Agati e del dottor Piero Biancalani dell'ARPA della regione Toscana, e dell'ingegner Fabio Trezzini, presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze. *
Comunicazioni del presidente. *
La seduta comincia alle 13.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ingegnere Demetrio Egidi, direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna, del dottor Lario Agati e del dottor Piero Biancalani dell'ARPA della regione Toscana, e dell'ingegner Fabio Trezzini, presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze.
Per motivi diversi, che appariranno chiari quando chiederò ai nostri ospiti ciò che ci interessa sapere, sono presenti in Commissione alcuni tecnici della regione Toscana e della TAV.
Dai rappresentanti dell'ARPA della regione Toscana e dall'ingegner Trezzini, presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze, vorremmo conoscere tutto ciò che è possibile in ordine alla gestione di alcuni cantieri (mi riferisco, in particolare, ai cantieri T17 e T14, che ho avuto occasione di visitare personalmente) e alle denunce avanzate anche presso la procura della Repubblica di Firenze, che ha poi aperto un fascicolo su vicende attinenti, sostanzialmente, alle operazioni di lavaggio delle gallerie che si stanno costruendo per la realizzazione dell'alta velocità: stando infatti a quanto ci è stato detto dall'ARPA della regione Toscana, sembra che nel marzo del 1997 l'immissione delle acque usate per tale tipo di operazione nei torrenti e nei fiumi della Val Santerno ne abbia provocato la sostanziale morte biologica.
A seguito di tale episodio, oggi alcuni cantieri sono più in regola, ma userei questo termine tra virgolette perché durante il sopralluogo che ho effettuato gli sversamenti nel torrente del cantiere T17 erano ancora tali da registrare un indice tre o quattro volte superiore al valore di legge. Anche se si era passati da una situazione inaccettabile ad un'altra più vicina alla norma, ma ancora al di fuori della stessa, assunsi iniziative nei confronti dei direttori dei cantieri della TAV, avvisandoli che dovevano fare in fretta a mettersi in regola, in quanto era del tutto ipotizzabile (ho in mente, in particolare, il cantiere T17) che l'adozione di un sedimentatore di prestazioni maggiori e la realizzazione di alcune vasche di sedimentazione a livello del corso d'acqua avrebbero già garantito un efficace abbattimento degli inquinanti.
E' questa, quindi, la vicenda dei cantieri per l'alta velocità e dei gravi episodi, da un punto di vista di rilasci e di scarichi assai al di fuori della norma, che hanno portato gravi danni all'ecosistema delle zone interessate.
Del tutto diversa, invece, è la vicenda a proposito della quale mi rivolgo all'ingegner Demetrio Egidi nella sua qualità di direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Anch'io, come altri componenti la Commissione, vorrei conoscere la storia delle navi dei veleni, per così dire, nonché sapere se e in che modo siano stati smaltiti i rifiuti della Karin B in particolare - ma non solo quelli - presso piattaforme più o meno adeguate site nella regione Emilia-Romagna. Al riguardo vi è una vicenda di commissariamento di cui ci parlerà, appunto, il dottor Egidi.
Inizierei dando la parola al dottor Agati, direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Credo che prima di entrare nei particolari sia opportuno dare la parola all'ingegner Trezzini, con il quale abbiamo predisposto una relazione complessiva sull'attività dei cantieri, in particolare su quelli che sono stati oggetto di una sua visita, signor presidente.
PRESIDENTE. Sono d'accordo con lei, dottor Agati. Ho fatto riferimento a due cantieri che ho visitato personalmente, ma ovviamente è nostro interesse sapere se esistano altre situazioni in cui gli scarichi avvengano fuori norma con danni agli ecosistemi.
Prego, ingegner Trezzini.
FABIO TREZZINI, Presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze. Con l'ARPA della regione Toscana abbiamo preparato una relazione, che consegneremo poi alla Commissione, che credo dia conto di tutto l'accaduto, peraltro da lei correttamente riassunto, e che contiene anche i documenti prodotti dalla TAV in ordine alle sollecitazioni e alle prescrizioni dell'osservatorio.
Mi sia consentita una breve premessa solo per ricordare, a chi già non lo sapesse, che cos'è l'osservatorio ambientale. Si tratta di un organismo, istituito dall'accordo procedimentale che ha preceduto l'approvazione definitiva del progetto esecutivo della tratta Bologna-Firenze, il cui compito fondamentale è quello di gestire e vigilare sulla corretta attuazione dell'accordo suddetto intervenuto tra il Ministero dell'ambiente, il Ministero dei trasporti, la regione Toscana e la regione Emilia, la TAV e le FS. Nell'accordo in questione si prevede tutta una serie di controlli e di monitoraggi a carico del proponente, la creazione dell'osservatorio, nonché interventi di mitigazione e compensazione ambientale da attuarsi nel corso della realizzazione dell'opera e al termine della stessa a verifica dell'inquinamento acustico.
Da questo punto di vista, l'osservatorio risulta un po' ibrido, in quanto raccoglie tutti i firmatari dell'accordo, cioè sia i soggetti deputati ai controlli, sia quelli oggetto...
PRESIDENTE. Non è un organismo di controllo.
FABIO TREZZINI, Presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze. E' un organismo di gestione di un accordo che tenta di avviare a soluzione i problemi che si presentano, uno dei quali è l'inquinamento dei corsi d'acqua del Santerno e del Diaterna, in particolare. Lei, signor presidente, ha ricordato l'incidente occorso nel mese di marzo e altri episodi di sforamento delle norme che risultano documentati nel documento che le consegneremo e che è firmato da me, in qualità di presidente, dall'architetto Biagi, in qualità di rappresentante della regione Toscana, dal dottor Agati e dal dottor Biancalani dell'ARPAT.
Premesso che per ciò che attiene ai dettagli tecnici il dottor Agati potrà illustrare meglio di me e con maggiore proprietà tutte le questioni rilevate ed affrontate, ciò che posso aggiungere io è che l'osservatorio ha seguito abbastanza da vicino l'evolversi della situazione ed ha sollecitato - spesso diciamo "prescritto", ma da questo punto di vista l'osservatorio non ha, in realtà, un potere ordinativo nei confronti di CAVET e di TAV più in generale - l'adozione di una serie di provvedimenti proprio per far fronte ai problemi che si erano determinati. Gran parte di questi provvedimenti è stata già assunta; altri dovranno ancora essere perfezionati. Ciò perché si è puntato prima ad un potenziamento e miglioramento degli impianti: sostanzialmente tutti quelli attivi sono adeguati ad un certo standard, con l'aggiunta di vasche di sedimentazione, con il miglioramento della prestazione della flocculazione, eccetera. Questo però non sembra poter dare maggiori garanzie di perfetto funzionamento, anche perché vi è un problema di gestione e conduzione degli impianti, che devono essere affidati a personale specializzato - già richiesto a CAVET - e gestiti con procedure standard verificate e verificabili, stanti tutte le evenienze di emergenza o di malfunzionamento che possono verificarsi.
A seguito dell'indicazione dell'osservatorio, CAVET ha predisposto uno specifico protocollo organizzativo per la gestione degli impianti da affidare ad una struttura specialistica. Questa è la parte che deve ancora essere applicata, nel senso che è stato definito il protocollo di gestione ma non è ancora stata istituita la struttura specialistica che dovrà occuparsi della gestione degli impianti.
PRESIDENTE. La struttura specialistica sarebbe a carico di CAVET, che l'avrebbe individuata, se non nelle persone almeno nel tipo di competenze e di enti cui fare riferimento?
FABIO TREZZINI, Presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze. Nei documenti che lasceremo alla Commissione è inclusa una nota che descrive complessivamente il protocollo organizzativo e le caratteristiche della struttura. CAVET ci ha fatto sapere che sono in corso di espletamento le procedure di gara per l'affidamento di queste attività, che dovranno iniziare - sempre secondo CAVET - entro i mesi di giugno-luglio prossimi.
Un altro aspetto su cui abbiamo posto la nostra attenzione è quello della conduzione generale dei lavori, nel senso che non tutto quanto accade nel fiume, segnatamente per la presenza di solidi sospesi e quindi la modificazione del pH, può essere ricondotto al malfunzionamento degli impianti. Vi è, infatti, un problema più generale di gestione dei movimenti di terra e dei mezzi che lavorano nei cantieri oltre a quello di assicurare condizioni di controllo e contenimento delle acque di dilavamento che possono portare nei corsi d'acqua le terre smosse e i fanghi che non sono trattati o trattabili perché.
Un contributo è stato dato con la realizzazione di una strada che doveva servire una discarica che forse riusciremo ad abolire. Infatti, l'osservatorio, oltre ad occuparsi del monitoraggio degli effetti dei lavori, sta cercando di individuare le modifiche e i miglioramenti del progetto laddove siano possibili. Uno di questi riguarda il problema degli inerti, per cui l'osservatorio ha cercato di procedere ad un'ottimizzazione del bilancio delle terre in modo da poter eliminare una o più discariche - e quindi le relative liste d'accesso - una delle quali certamente è responsabile di una quota dell'inquinamento del torrente Diaterna; i relativi lavori sono sospesi e abbiamo sollecitato, fino ad ora senza molto successo, l'immediato inizio dell'opera di ripristino e di rinverdimento delle scarpate, che contribuiscono, attraverso le acque di dilavamento, a questo genere di inquinamento del fiume.
A novembre scorso, anche a seguito di una segnalazione da parte dell'ARPA della regione Emilia Romagna in merito ad un peggioramento della qualità biologica del fiume Santerno, l'osservatorio ha disposto un monitoraggio straordinario da effettuare su una serie di punti a monte e a valle dei cantieri CAVET nella zona, per poter definire con esattezza quale fosse il singolo contributo. Da tale monitoraggio straordinario, che tra l'altro è stato verificato dall'ARPAT, si è visto che non tutto quello che è accaduto nel Santerno è ascrivibile ai cantieri CAVET. Infatti, vi è una cava vicino alla confluenza col Rovigo ed altre attività, come alcuni guadi non utilizzati. La situazione è abbastanza complessa anche se vi è stato qualche miglioramento, però non sufficiente. I rappresentanti delle istituzioni nell'osservatorio - nell'ambito del quale io rappresento il Ministero dell'ambiente - hanno sottolineato che il nostro compito non può e non deve riferirsi al mero rispetto delle norme, che per noi è una condizione minima, ma alla necessità di evitare, ogni volta che sia possibile, gli impatti non dovuti. Ci preoccupa il fatto che in torrenti pressoché incontaminati come il Diaterna, anche la presenza di scarichi perfettamente a norma costituirebbe comunque un peggioramento significativo delle loro caratteristiche naturali: ciò deve essere evitato.
Ho concluso la mia esposizione generale; se la Commissione ritiene potranno essere affrontati ulteriori dettagli tecnici.
PRESIDENTE. Vorrei capire se sia a disposizione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana una specie di "prima e dopo la cura". Il presidente dell'osservatorio ci ha rappresentato la complessità della situazione in termini di possibili altri contributi negativi all'inquinamento dei corsi d'acqua Santerno e Diaterna. Vorrei sapere se l'Agenzia abbia a disposizione un quadro che illustri la qualità biologica delle acque prima dell'inizio dell'attività della TAV, perché vi è il sospetto che attività di guado o comunque riconducibili al transito di camion ci fossero anche prima. A queste però si sono aggiunte le attività di lavaggio delle gallerie e il possibile dilavamento, trattandosi di zone scoscese non protette da manti erbosi o da alberi, di materiali dai piazzali di sosta.
Vi è poi un aspetto che abbiamo avuto modo di rilevare nel corso del nostro sopralluogo, e cioè quello relativo alla sicurezza del cantiere, considerato che pochi giorni prima era franato un lastrone e che le reti di contenimento lasciavano a desiderare.
Cosa ci può dire l'Agenzia regionale toscana su questi problemi e segnatamente sugli aspetti relativi agli accordi procedimentali, in modo da evitare i danni evitabili e di rimanere entro le norme? Da questo punto di vista, mi pare che siamo ancora lontani dal raggiungere il prerequisito.
Dalla visione diretta della situazione, mi sono formato la convinzione che almeno nel cantiere citato (T17) la realizzazione di presidi adatti ad evitare ulteriori sforamenti rispetto alla norma comporti problemi di costi più che di tecnologie e dispositivi, i quali sono estremamente fruibili e realizzabili nel sito, a meno che non vi siano valutazioni diverse da parte dei tecnici.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Credo che la sua valutazione sia corretta. Stiamo seguendo con particolare attenzione, sotto il profilo tecnico, l'evoluzione della situazione, tenendo presente che fortunatamente, al di là del danno massiccio causato nel marzo 1997, abbiamo a che fare con sistemi che hanno una certa reversibilità, sempre che si facciano gli interventi necessari per evitare il ripetersi di simili episodi. Da una verifica effettuata il 4 marzo di quest'anno, la situazione appare nettamente diversa, anche se sotto il profilo biologico occorre un certo periodo di tempo per ricostituire l'ambiente precedente. Quindi, bisogna ripristinare sotto il profilo chimico-fisico la situazione precedente e poi dare a madre natura il tempo per ripristinare tutti gli indici biologici. Comunque, nel nostro passaggio del marzo scorso, abbiamo verificato sei punti del fiume, nel quale si passa dalla classe 1 della parte a monte (Cornacchiaia), ad un'oscillazione tra le classi 2 e 3 dell'ultimo punto.
Per quanto riguarda l'impegno che abbiamo chiesto al proponente, siamo di fronte ad un potenziamento degli impianti dieci volte superiore a quello preventivato. E' un problema non di tecnologie ma di gestione, nel senso che il gestore deve essere all'altezza della situazione.
PRESIDENTE. Lei sta dicendo che impianti adeguati all'abbattimento da conseguire richiederebbero una volumetria...
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. La volumetria è già stata progettata e realizzata. Nella previsione degli impianti vi era stato un ottimismo eccessivo, mentre la realtà dei fatti è stata molto più pesante. Quindi le volumetrie sono state enormemente dilatate ed è stata fatta una presedimentazione in maniera da omogeneizzare il liquame da sottoporre al trattamento di sedimentazione e correzione del pH. A tutto ciò si è già provveduto; ora l'importante è che i tecnici che gestiscono gli impianti siano all'altezza della situazione. CAVET si è impegnata, sotto questo profilo, a istituire un unico gestore tecnico qualificato dei cantieri che operano sui diversi torrenti.
PRESIDENTE. Avevamo notato, infatti, un'altra singolarità e cioè che sostanzialmente vi sono direttori di singoli cantieri, mentre sembrerebbe mancare la figura di un responsabile di tutti i cantieri almeno di una tratta.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Mi sembra che CAVET abbia già individuato un responsabile, separando la responsabilità del dirigente di cantiere da quella del dirigente dell'impatto ambientale. D'altronde, le problematiche sono analoghe cantiere per cantiere, salvo ovviamente dove vi sono i campi base; in quel caso, infatti, il discorso è diverso, poiché ad un problema di natura inorganica si aggiunge quello della vita di due o trecento operai che vivono ventiquattr'ore su ventiquattro nei campi base, dove vi sono gli impianti biologici a fanghi attivi per trattare gli scarichi civili.
Bisogna comunque tener sempre presente che siamo in un ambiente estremamente delicato: i torrenti sono tutti a salmonidi, per cui basta poco per creare una situazione di danno che, nonostante tutti gli sforzi, ci aspettiamo di registrare perché qualsiasi qualità delle acque, anche con valori nettamente inferiori a quelli della tabella A, certamente produrrà una modificazione. Parlando di verifica dell'impatto ambientale, ci si riferisce alle acque, perché è uno dei temi più importanti; anche se ve ne sono molti altri, quello delle acque è sempre il più delicato, perché la gente può verificarlo di persona. Via via che si procederà con i cantieri (siamo attualmente al 50 per cento dei cantieri attivati) il gruppo operativo permanente che già abbiamo sarà potenziato ed integrato con tutte le figure professionali necessarie, cioè da professionisti di fisica, chimica e biologia ambientale provenienti dal dipartimento di Firenze; all'interno di questo gruppo di lavoro, questi professionisti lavoreranno chi a tempo parziale chi a tempo pieno da un lato per verificare il rispetto delle norme di legge, dall'altro per fornire un supporto dell'Osservatorio ambientale per l'alta velocità sulla tratta Bologna-Firenze.
Vorrei anche aggiungere, tenuto conto del fatto che tra breve la Commissione procederà all'audizione del dottor Deidda, che tutte le volte che troviamo situazioni fuori dalle regole naturalmente comunichiamo la notizia di reato alla procura della Repubblica, che la valuta verificando anche la consistenza delle prove che produciamo a supporto della stessa.
PRESIDENTE. Vorrei pregarla di anticipare, rispetto alla documentazione che lascerete a disposizione della Commissione, un'informazione che chiarisca quanto ci stava dicendo prima. Sono del tutto d'accordo sulla preoccupazione principale relativa al fatto che i corsi d'acqua abbiano un ripristino del proprio valore biologico, anche se ovviamente si tratta di un impegno molto gravoso. Rispetto alla situazione da me constatata ed anche - se ho ben compreso - da lei esposta, ci interesserebbe capire se, nell'ambito della classificazione che lei richiama in ragione dei vari punti in cui sono stati fatti i rilievi, al di là dell'obiettivo più ambizioso, cioè quello di ripristinare la qualità biologica delle acque, dietro tale classificazione vi sia sia poi il rispetto delle norme, perché questo appare senz'altro il primo punto da conseguire. Non che le norme purtroppo siano di per sé garanzia del fatto di conseguire l'obiettivo di una migliore qualità biologica, ma come minimo costituiscono uno spartiacque abbastanza chiaro nei confronti dei responsabili della CAVET, e lei ci ha detto che è stato individuato un responsabile unico per l'ambiente.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Già la seconda classe è indice di un buon livello, comunque le fornisco la sequenza: la prima classe è quella a monte, seconda, terza, seconda, seconda e l'ultimo punto oscilla tra la seconda e la terza.
PRESIDENTE. Mi scusi, ma è importante capire secondo quali criteri sia stata ordinata la classificazione.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. La prima classe corrisponde all'ottimo e via via che si scende la qualità peggiora; le classi in tutto sono cinque.
PRESIDENTE. La mia domanda precisa è: quando voi classificate delle acque in classe seconda o terza, vengono rispettate le formule di scarico e le concentrazioni previste dalle norme, o ci si attesta al di sotto o al di sopra di esse?
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Quando siamo intorno alla classe seconda possiamo dire che si stanno rispettando le norme mentre, se si scende al di sotto, sicuramente non le si rispetta. Da ciò deriva lo stillicidio delle contestazioni in quanto, purtroppo, nel recente passato la gestione non è stata adeguata alla situazione e quindi nei frequenti controlli spesso si superano i limiti della tabella A assegnati agli impianti di depurazione, cosa che ovviamente non è garanzia di un'elevatissima classe di qualità.
PRESIDENTE. Mi dica allora quali sono i punti di rilevazione in classe 3 correlandoli anche con i cantieri aperti.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Questo mi complica la vita e, se lei consente, preferisco che le risponda il dottor Biancalani.
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Vi sono realtà diverse a seconda dei vari corsi d'acqua, come il presidente ricorderà di aver constatato quando abbiamo visitato i cantieri. In particolare, abbiamo il T17, che è nella parte alta e che non ricade direttamente sul Santerno, ma su un affluente di esso, il Gaterno e poi siamo arrivati al San Pellegrino, l'ultimo cantiere dove, come si ricorderà, ci siamo bloccati per il fango, che è proprio sul fiume Santerno. Considerando il corso di quest'ultimo, verifichiamo che a monte di tutti i cantieri della TAV siamo in terza classe, cioè a monte dell'affluenza con il torrente Rovigo dove è presente un cantiere TAV denominato, per l'appunto, cantiere Rovigo. A valle della confluenza con il torrente Rovigo, il Santerno acquista una classe di qualità seconda, anche perché in fondo si tratta solo di fango e quindi è sufficiente una certa sedimentazione. A valle del San Pellegrino, rimane sempre come classe di qualità la seconda. Viceversa, in un tratto molto più basso, a Cercetola, il fiume Santerno è di qualità seconda-terza. Quindi, per ora sull'asta del fiume Santerno, stando agli ultimi dati che abbiamo rilevato, non sembra vi sia ancora un'incidenza diretta, anche se il fondo appare all'osservazione peggiore rispetto a quello di qualche mese fa. Quindi, sul fiume Santerno attualmente non esistono evidenze così marcate di un'influenza della TAV sulla qualità delle sue acque, mentre la situazione è più complessa per quanto riguarda il cantiere T17, il quale ha avuto, nel marzo 1997, uno sversamento piuttosto rilevante, fenomeno che, per la verità, dopo il potenziamento degli impianti non si è più ripetuto. L'ultimo campionamento che abbiamo effettuato il 4 marzo scorso ci ha dato uno scarico perfettamente in tabella.
PRESIDENTE. Vi è un parametro di riferimento che in questo momento non ricordo e che la prego di indicarmi. In occasione del sopralluogo da noi effettuato mi venne riferito che l'episodio più grave, quello del marzo 1997, aveva fatto registrare valori superiori di decine di migliaia di volte rispetto ad un parametro che in questo momento non ricordo: la prego, pertanto, di volerlo indicare alla Commissione e di informarci sui valori attuali.
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Avevamo un pH di 13,35 contro un valore di 9,5; viceversa, con l'ultimo campionamento abbiamo rilevato un pH di 7,83, cioè di fatto neutro. Quanto ai materiali sedimentabili, nella passata rilevazione essi ammontavano a 500 millilitri per litro, mentre nella campionatura dello scorso marzo sono inferiori allo 0,5. Di fatto, i materiali sedimentabili ed i materiali sospesi totali sono due facce dello stesso problema. Lo scorso anno i materiali sospesi totali erano 150 mila milligrammi per litro ed ora sono 35 milligrammi per litro.
PRESIDENTE. Qual è il valore previsto dalla legge?
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Di 80 milligrammi per litro. Pertanto, fermo restando che continueremo i controlli e verificheremo cosa accadrà nel tempo, bisogna dire che gli impianti sono stati potenziati ed ora cominciano ad essere gestiti; c'è questa struttura centrale, di cui si sta dotando CAVET, che non sappiamo quando entrerà pienamente in funzione, ma che, essendo ben strutturata, offre sufficienti garanzie.
Rimane ancora il problema di tutto il fango che in qualche maniera deve essere intercettato, in quanto non regolamentato, visto che non esiste alcuna legge che stabilisca la quantità di fango che può esservi all'interno di un cantiere, perché una volta trascinato nei torrenti può creare problemi.
PRESIDENTE. Una soluzione non draconiana ma forse abbastanza severa consiste semplicemente nel fatto che chi opera in quelle situazioni deve farsi in qualche modo garante che i livelli di presenza di sedimenti nelle acque rispettino i limiti di legge, perché se poi questi fanghi sono strettamente connessi, come mi sembra di ricordare anche dal nostro sopralluogo, all'attività di cantiere, è complicato sostenere che non si ha interesse nei confronti dei fanghi stessi. Basterebbe, quindi, l'attività di controllo della vostra agenzia per assicurare che il gestore del cantiere rispetti complessivamente i valori di legge.
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Insieme con l'osservatorio ci siamo attivati perché quest'aspetto, che non è regolamentato dalla normativa vigente, venga comunque tenuto sotto controllo per far sì che tutti questi scarichi impropri siano in qualche maniera ricondotti ad un trattamento o per lo meno ad una situazione tale da non produrre più conseguenze sul torrente. E' in quest'ottica che stiamo agendo. Purtroppo per ora ciò non è avvenuto, ma si spera in un prossimo futuro di ricondurre la situazione entro un livello accettabile, anche perché dal punto di vista tecnico è una situazione che richiede sì notevole attenzione, ma non tale da presentare problemi particolari. Si tratta di una gestione che deve essere ottimizzata anche per quanto riguarda gli scarichi non soggetti a normativa.
PRESIDENTE. Pur non rientrando tra gli aspetti di competenza di questa Commissione, vorrei che accennaste agli aspetti di sicurezza dei cantieri, visto che l'ARPA svolge un'attività di controllo anche a questo proposito.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Gli aspetti della sicurezza sono curati dal dipartimento di prevenzione dell'azienda USL. Per quanto riguarda noi, nell'ambito della protezione dei lavoratori addetti alla costruzione della tratta di alta velocità tra Bologna e Firenze, forniamo un supporto di tipo analitico in merito sia ai problemi derivanti dall'inquinamento acustico sia alla situazione all'interno della galleria.
PRESIDENTE. Tornando ai fanghi di sedimentazione, vorrei sapere come attualmente vengano smaltiti o condizionati in qualche modo, anche se credo che ciò faccia parte degli accordi di cui parlava prima l'ingegner Trezzini.
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Da questo punto di vista vi è un problema aperto, per il quale abbiamo richiesto un chiarimento al ministero, sulla classificazione di questi fanghi. Il decreto Ronchi, infatti, non essendo ancora consolidato nella sua applicazione, crea qualche problema di classificazione. Allo stato attuale si tratta di fanghi che vengono inviati in discariche autorizzate. Anche se, per la verità, i vecchi decreti ministeriali non lo consentirebbero in modo completo, questi fanghi, opportunamente condizionati, cioè di fatto estratta la parte basica, potrebbero essere utilizzati per determinati ripristini e ricoperture. In questo momento, però, abbiamo difficoltà dal punto di vista normativo per la loro gestione.
PRESIDENTE. Se non comprendo male, questi fanghi non vengono condizionati o in qualche modo trattati, ma prelevati secchi e mandati in discarica.
PIERO BIANCALANI, Coordinatore del dipartimento provinciale ARPAT di Firenze. Per ora sì.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Se posso aggiungere qualcosa, presidente, vorrei dire che, se le bozze di decreti ministeriali sul riuso dei rifiuti non pericolosi sono quelle che ho letto nelle ultime ore, vi è la possibilità di un riutilizzo nell'ambito di attività di cementificio, perché si tratterebbe di correttivi che alcuni impianti di produzione di cemento o simili richiedono; si tratterebbe di riutilizzarli invece di portarli in discarica, .
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori e rivolgo loro la raccomandazione di far sì che questo tipo di informazioni siano adeguatamente diffuse nei confronti delle popolazioni e dei cittadini interessati. Credo che ciò rientri nei compiti di entrambi gli istituti. La vicenda della "uccisione" - mi si consenta questo termine un po' forte - del Santerno nel marzo 1997 fece grande scalpore e non solo presso le associazioni ambientaliste, che sono state poi protagoniste di esposti e segnalazioni al riguardo. Credo quindi sia molto importante che sia l'ARPAT sia l'Osservatorio gestiscano le informazioni assicurando la massima trasparenza rispetto alle richieste dei cittadini.
LARIO AGATI, Direttore tecnico dell'ARPA della regione Toscana. Signor presidente, lascerò alla Commissione il nostro bilancio annuale e triennale proprio per far vedere come il problema della tratta ad alta velocità fosse già presente nel 1996 e successivamente riconfermato. E' già in fase di apertura uno sportello informativo a Borgo San Lorenzo. In questo senso abbiamo già raccolto la sua raccomandazione. Promuoveremo comunque a breve termine una iniziativa specifica per informare le comunità montane e tutti i sindaci.
PRESIDENTE. Vi rinnovo i ringraziamenti della Commissione.
Proseguiamo i nostri lavori ascoltando l'ingegner Egidi, direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna, al quale non credo occorra ricordare la richiesta formulata dalla Commissione avendone peraltro già accennato all'inizio della seduta ed essendo lui la persona credo più qualificata a rispondere in merito alla fine dei rifiuti pericolosi o tossico-nocivi, come prima li chiamavamo, delle "navi dei veleni" e, segnatamente, della Karin B.
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Ricordo di aver coordinato gli staff tecnici insediati dal commissario ad acta del tempo, senatore Guerzoni.
PRESIDENTE. Nella sua veste di presidente della giunta regionale, all'epoca, se non sbaglio?
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Sì, esattamente.
PRESIDENTE. Mi pare che ministro dell'ambiente fosse Ruffolo e che vi fu la designazione di commissari ad acta dei presidenti delle giunte regionali.
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Sì, fu una novità in campo nazionale. Ricordo che allora, collaboravo alla stesura dei provvedimenti ministeriali con il capo gabinetto Manin Carabba. Vi fu, dicevo, questa forte innovazione nel panorama amministrativo nazionale nell'individuare i presidenti delle giunte regionali come delegati del Governo per la soluzione di un problema che era sì regionale ma anche nazionale. Il presidente Guerzoni a suo tempo nominò due staff tecnici regionali, che io coordinai, ed in parallelo fu attivata una linea speciale di intervento per le bonifiche dei siti regionali contaminati da quelli che allora venivano detti rifiuti tossico-nocivi.
I filoni di intervento erano dunque tre: il filone Karin B, il filone Hai-Xiong, che era l'altra nave proveniente dalla Nigeria contenente il terreno bonificato della discarica di Porcoco, ed il filone delle discariche abusive presenti nel territorio regionale.
Per quanto riguarda la gestione del filone Karin B, la necessità di provvedere allo smaltimento presso siti europei adeguati e tecnologicamente adatti si appalesò, da un lato, per l'insufficiente, all'epoca, dotazione degli impianti nazionali; in una apposita relazione tecnica che feci al presidente Guerzoni dimostrai come, grosso modo, gli impianti tecnologicamente adeguati in Italia (era il 1988-1990) corrispondessero allora a circa il 10 per cento della produzione di rifiuti tossico-nocivi nazionali, e fossero quindi del tutto inadeguati.
PRESIDENTE. Se ho capito bene, gli impianti esistenti erano tecnologicamente adeguati ma in grado di coprire solo il 10 per cento della produzione di rifiuti tossico-nocivi.
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Più precisamente, di quelli esistenti, quelli tecnologicamente adeguati (quindi scartando quelli inadeguati) erano in grado, secondo i nostri calcoli, di affrontare solo il 10 per cento dei quantitativi di rifiuti tossico-nocivi prodotti mediamente dal comparto nazionale.
Questa considerazione squisitamente tecnologica, unita ad un certo clima di psicosi - la sindrome di NIMBY (not in my back yard) in quel periodo dilagava in Italia, e forse dilaga ancora - non consentivano di procedere allo smaltimento in impianti nazionali. Sulla base della decisione politica del presidente della giunta regionale di non aggravare ulteriormente gli impianti nazionali - questi all'epoca erano già saturi e le aziende italiane che chiedevano di smaltire dovevano mettersi in coda - si decise di verificare la possibilità di conferire all'estero questi rifiuti tossico-nocivi.
PRESIDENTE. Nel frattempo dove vennero stoccati?
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Nel frattempo, quindi in precedenza, sulla base di un protocollo di intesa con il povero presidente Bartolini e con il presidente Guerzoni, quindi con la Toscana e con l'Emilia, si stabilì una procedura in qualche modo innovativa per il nostro paese e cioè che intanto bisognasse rifare il look a tutti i rifiuti arrivati in termini disomogenei ed incontrollati con la nave Karin B. Quindi, dopo un primo ricondizionamento speditivo effettuato a Livorno, decidemmo di realizzare in impianti pubblici, cioè presso le municipalizzate della regione (Piacenza, Parma, Modena e Ravenna), adeguati siti di stoccaggio per effettuare una seria ed analitica analisi - furono fatte circa 80 mila analisi - di tutti i rifiuti, in modo da pervenire alla chiara individuazione della loro tipologia e soprattutto ad un preciso programma di smaltimento.
PRESIDENTE. Quali erano i quantitativi all'origine, da Livorno?
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. A memoria, direi che si trattava di circa 2.500 tonnellate della nave Karin B, circa 8 mila tonnellate della nave Hai-Xiong arrivata direttamente a Ravenna e circa 60 mila tonnellate di rifiuti speciali o tossico-nocivi delle discariche abusive.
PRESIDENTE. Visto che lei è stato protagonista in tutte e tre le circostanze, può indicare alla Commissione le tre diverse filiere, chiamiamole così, precisando sinteticamente quali sono state le procedure e le tecnologie adottate e quali i siti di smaltimento?
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Posso farlo solo in estrema sintesi perché la cosa ha comportato 30 mila ore-uomo di lavoro e sarebbe quindi necessario un reattore di grande potenza per comprimere il tutto; comunque, al di là delle battute, la filosofia principale è stata quella di impostare tutto l'intervento su strutture pubbliche, laddove possibile, sviluppando quindi l'attività delle aziende municipalizzate; a quell'epoca non era ancora entrato nei cromosomi delle municipalizzate il problema della gestione dei rifiuti tossico-nocivi; credo che fui uno dei primi, con la CISPEL, ad impostare questo discorso, tant'è che adesso le municipalizzate della regione sono leader anche per quanto riguarda il trattamento di questi rifiuti.
Si è cercato di coinvolgere le strutture dei comuni, delle province, le stesse prefetture e soprattutto di realizzare l'informazione al pubblico; per la prima volta fu ideato un centro informativo, cosiddetto centro Karin B, e realizzata una informazione capillare di tutte le attività, di tutte le risultanze delle indagini analitiche e soprattutto delle soluzioni adottate. Il lavoro del centro Karin B, che faceva capo al sottoscritto, consentì di ribaltare il clima di tensione, sospetto e sfiducia nelle istituzioni generatosi nella prima fase della vicenda, che ha prodotto anche contraccolpi notevolissimi sul piano del rapporto tra cittadini ed istituzioni.
Ebbene, grazie alla decisione del presidente Guerzoni, si tese a creare una casa di vetro per cui tutto ciò che veniva deciso e soprattutto programmato dall'impostazione commissariale doveva essere immediatamente messo a confronto con i cittadini; il tutto diede luogo anche ad incontri tumultuosi, perché la linea di prendere, da un lato, i rifiuti dalla cosiddetta nave dei veleni e, dall'altro, di realizzare appositi centri permanenti disseminati nel territorio regionale non era certo semplice.
Questa fu la prima linea di d'azione: la seconda fu quella di utilizzare, per quanto possibile, la programmazione regionale di settore, enucleando quelle proposte che per una serie di motivi non erano ancora attuate: di qui la costruzione di due apposite discariche: la discarica 2C di Ravenna, l'unica discarica pubblica 2C in Italia, e le due discariche di tipo 2B a Castel Maggiore in provincia di Bologna e a Savignano sul Rubicone in provincia di Forlì. Anche questi interventi furono inseriti nell'ottica del comparto pubblico. Debbo aggiungere che all'epoca, grazie a queste strutture, fu anche dimezzato il costo industriale di conferimento in discarica; la stessa cosa fu fatta per Ravenna e questo consentì anche il dimensionamento delle 50 mila tonnellate a Ravenna, ridondante rispetto alle necessità della Hai-Xiong, realizzando anche in questo caso un unico punto regionale invece dei quattro o cinque previsti all'epoca.
Anche questa gestione è stata improntata a creare una sorta di filiera di impianti da utilizzare anche dopo l'emergenza, tant'è che oggi - io sono responsabile della protezione civile regionale - questi impianti sono le strutture di riferimento in caso di emergenze regionali per rifiuti tossico-nocivi, cosa che ci invidiano in tutta Europa; sono venuti anche dal Giappone per vedere come era realizzato l'impianto. Non è solo questo, perché si tratta anche di un know how che ha consentito alla regione, ai comuni, alle USL e alle province la messa in campo di una serie di conoscenze tecniche di intervento che a questo punto costituiscono un patrimonio consolidato della gestione regionale; patrimonio che - ripeto - ha in qualche misura privilegiato, dove possibile, la gestione interna alla regione (quindi, discariche di rifiuti, centri di stoccaggio permanenti per il trattamento e la custodia in sicurezza dei rifiuti tossico-nocivi) e dove questo non era possibile l'invio all'estero di una quota parte di tali rifiuti.
PRESIDENTE. Ricorda i quantitativi, le tipologie e i siti dello smaltimento all'estero?
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Grosso modo, due terzi dei rifiuti della Karin B sono stati smaltiti all'estero ed un terzo in Italia, prevalentemente in Emilia Romagna; questo è stato possibile grazie ai lotti di suddivisione.
Per la Hai-Xiong il 99,7 per cento fu smaltito in Italia (soltanto due containers di tossico nocivi furono smaltiti fuori dall'Italia), mentre i rifiuti provenienti dalla bonifica furono smaltiti per il 100 per cento in Italia.
A proposito del 66 per cento dei rifiuti smaltiti all'estero, sulla base della verifica di una relazione tecnica che ho poi inoltrato al presidente Guerzoni, ho visitato l'impianto Ecokem in Finlandia, i due impianti in Germania, che per motivi "politici" non si dichiarò disponibile a ricevere i rifiuti della Karin B, l'impianto di Saint Vulbas in Francia e i due impianti Rechem e Lanstar in Inghilterra. Precisando anche precedenti udienze che su questo punto non erano chiare, almeno leggendo i verbali, alla fine furono stabilite, dal commissario Guerzoni, convenzioni per lo smaltimento con l'impianto Ecokem finlandese, tecnologicamente molto avanzato, con gli impianti Rechem e Lanstar in Inghilterra e con quello di Saint Vulbas in Francia. Grosso modo, i tre impianti di smaltimento che ho citato sono inceneritori ad alta tecnologia, mentre Lanstar è una discarica 2B, 2C, se si fa il confronto con l'Italia. Questi impianti hanno sostanzialmente ricevuto una decina di lotti (in proposito consegno alla Commissione la documentazione tecnica), mentre le tipologie riconducibili a smaltimenti in Italia sono, sostanzialmente, i pallet triturati, grazie a questa ottica di ottimizzazione anche dal punto di vista economico. La gestione commissariale ha prodotto, infatti, circa 5 miliardi e mezzo di risparmi rispetto alla valutazione ministeriale: ricordo la sorpresa dell'allora ministro Ruffolo quando apprese dal presidente Guerzoni che, una volta tanto, anziché andare a chiedere ulteriori finanziamenti, la regione Emilia-Romagna oltre ad aver attuato lo smaltimento e creato impianti permanenti utilizzabili dall'ente pubblico dimostrava di essere anche in grado di consegnare circa l'11 per cento di economia gestionale. Dunque, grazie ad un' azione di selezione è stato possibile destinare ad alcuni impianti di Bologna e Forlì, tecnologicamente adatti in quanto già adibiti allo smaltimento di rifiuti ospedalieri speciali, circa 300 tonnellate di pallet triturati, con ciò abbassando la quota di smaltimento all'estero; un'altra parte è stata invece smaltita tramite la Servizi industriali, in quanto si trattava di terreni non così contaminati e, quindi, non tali da richiedere procedimenti costosi, oltre che l'incenerimento ad alta temperatura. Il tutto ha quindi consentito di ridurre a circa 2 terzi lo smaltimento all'estero del materiale della Karin B. Ciò, ripeto, grazie anche a questa azione molto selettiva.
Rispetto alle 2.500 tonnellate che il commissario Bartolini consegnò, ricordo che circa 200 sono state "risparmiate", in quanto facemmo un'opera di recupero dei cosiddetti superfusti quando vigeva ancora il principio per cui tutto il materiale conferito veniva considerato tossico nocivo, indipendentemente dal recupero. Ciò lo notai anche nell'impianto di Saint Vulbas: quando il direttore di allora mi fece visitare gli impianti scoprii che il PCB conferito dall'ENEL era il 5 o 6 per cento del prodotto complessivo; per tutto il resto, quell'azienda pubblica francese recuperava le parti nobili, cioè ferro, rame e nickel, nonostante ciò rappresentasse un costo. Diciamo che noi abbiamo usato la stessa tecnica, laddove è possibile, recuperando i superfusti, che oltre ad avere un peso avevano anche un costo economico non indifferente (circa 90 mila lire l'uno), a favore delle municipalizzate per la gestione di future emergenze. Non essendo la regione un ente di lucro ma un ente che punta all'efficacia e all'efficienza dell'azione amministrativa, ha potuto ottenere benefici significativi, e la stessa Corte dei conti, nella relazione del dicembre 1997, ha in qualche modo elogiato - cosa un po' strana stando a ciò che mi dicono gli amici giuristi - l'azione di un ente pubblico.
PRESIDENTE. La ringrazio per lo sforzo di sintesi e di chiarezza. La prego di lasciare alla Commissione tutta la documentazione che ha con sé, con grande soddisfazione, credo, del collega Lubrano, che più volte ci ha ricordato di aver presentato molte interrogazioni per sapere qualcosa di più a proposito della vicenda di cui lei ci ha parlato nei suoi lineamenti essenziali.
DEMETRIO EGIDI, Direttore del servizio protezione civile della regione Emilia-Romagna. Consegno alla presidenza, oltre alla documentazione relativa alla conferenza internazionale sulle "navi dei veleni", svoltasi nel giugno 1992, ed allo stoccaggio e smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi in Emilia-Romagna nell'ambito della gestione commissariale, anche una pubblicazione sulle navi e sulle bonifiche dei siti contaminati, da me curata nel 1995.
PRESIDENTE. Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi martedì 21 aprile 1998, alle ore 13, per ascoltare il procuratore della Repubblica aggiunta presso la procura circondariale di Firenze, dottor Beniamino Deidda, e per proseguire l'esame del documento relativo ad una nuova gestione dei rifiuti predisposto dal gruppo di lavoro coordinato dal deputato Gerardini.
La seduta termina alle 14,20.