CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
18.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 5 NOVEMBRE 1997
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
INDICE
Sulla pubblicità dei lavori. *
Audizione del presidente e dei responsabili del progetto LARA del CNR; del direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni e dei responsabili del progetto Mediterraneo e dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA, e del direttore generale dell'Agenzia spaziale italiana (ASI). *
Comunicazioni del presidente. *
La seduta comincia alle 13.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente e dei responsabili del progetto LARA del CNR; del direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni e dei responsabili del progetto Mediterraneo e dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA e del direttore generale dell'Agenzia spaziale italiana.
Ringrazio i nostri ospiti, i quali sicuramente non si saranno stupiti dell'invito a comparire davanti ad una Commissione parlamentare che si occupa del ciclo dei rifiuti. Siamo particolarmente interessati ad acquisire elementi di conoscenza in merito alle questioni attinenti alle attività di rilevazione poste in essere avvalendosi delle tecnologie più avanzate e finalizzate all'indagine del suolo e del sottosuolo, con l'obiettivo finale di verificare se si siano verificati sversamenti od interramenti di rifiuti, in particolare di rifiuti pericolosi.
Con riferimento a questa particolare tipologia di problematiche, il nostro paese non è certo all'"anno zero". Pochi giorni fa, l'ufficio di presidenza della Commissione ha ricevuto alcuni rappresentanti del Corpo forestale dello Stato, incaricato dalla procura di Matera di effettuare una serie di indagini per il cui espletamento ci si è avvalsi di rilevazioni satellitari, di più tradizionali rilievi aerofotogrammetrici, nonché di ricognizioni in elicottero, con la finalità di produrre mappe idonee ad interpolare tutti gli elementi di conoscenza acquisiti.
Da più parti ci è stato segnalato il progetto LARA del CNR come progetto ad alto potere risolutivo per quanto riguarda questo tipo di investigazioni. Vi saremmo grati se ci forniste delucidazioni al riguardo.
LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Svolgerò un breve intervento introduttivo, lasciando ai colleghi Marino e Commini, responsabili del progetto LARA, l'approfondimento dei temi di vostro interesse.
Il CNR, fin dal 1990-1991, ha deciso di dedicare particolare attenzione al problema del telerilevamento, segnatamente al monitoraggio ed al controllo del territorio e, comunque, agli aspetti ambientali ad esso connessi. In tale ottica, il CNR ha realizzato il laboratorio LARA, un laboratorio aereo destinato alla ricerca ambientale. Dico "aereo" anche se per noi l'aereo è una semplice piattaforma, una struttura un po' particolare che consente di avere un certo tipo di visione. Ovviamente, le caratteristiche specifiche della rilevazione dipendono dall'apparecchiatura messa a punto. Guardiamo a questo progetto come ad una struttura integrativa e complementare rispetto al telerilevamento effettuato via satellite.
Il CNR ha investito in questo settore circa una ventina di miliardi; oggi abbiamo una strumentazione - quella che vola a bordo di questo aereo - particolarmente sofisticata dal punto di vista della risoluzione e della capacità del numero di canali attivabili. Stando a quanto mi riferiscono i responsabili, professor Marino e dottor Commini, di queste apparecchiature ne esistono altre due, una dell'agenzia spaziale tedesca e l'altra della NASA, in qualche modo competitive o comparabili con la nostra. Vi sono altri paesi, come il Giappone, che stanno dedicando attenzione a questo settore; ciò nonostante, al momento, questo tipo di apparecchiatura è particolarmente competitivo ed è disponibile per prospettare non soltanto un discorso di tipo scientifico, che è quello che interessa in prima battuta il CNR, visto che si tratta di un ente di ricerca, ma anche aspetti applicativi riferibili, ad esempio, al monitoraggio ed al controllo delle discariche od alla verifica di ciò che è non soltanto in superficie ma anche nel sottosuolo. Tutto questo è possibile utilizzando la nostra apparecchiatura.
La struttura ha dimensioni relativamente piccole, al di là dell'investimento, nel senso che sono poche le persone destinate a questa attività. Ovviamente, non esiste la capacità di erogare un servizio in quanto tale. Ciò che si può fare, viceversa, se si va nella direzione di esercitare un controllo continuo e diffuso del territorio, soprattutto delle aree a maggior rischio, è fornire una metodologia di accreditamento e di certificazione di strutture che, in un contesto adeguato, potranno svolgere un servizio in senso operativo, nel momento in cui si arrivi a dimensioni idonee di personale e di strutture.
Da questo punto di vista, siamo a disposizione per fornire il nostro contributo, ove fosse richiesto.
Lascio senz'altro la parola ai colleghi, i quali sono certamente più in grado di quanto lo sia io di fornire elementi di conoscenza sia sulle caratteristiche dell'apparecchiatura sia sulle esperienze di tipo operativo ed applicativo.
PRESIDENTE. Dai responsabili del progetto LARA vorremmo acquisire informazioni non tanto sul principio di funzionamento e sulle caratteristiche tecniche degli apparati strumentali quanto, piuttosto, in merito al potere risolutivo, sotto l'aspetto delle prestazioni che le strutture a vostra disposizione sono in grado di fornire. Vorremmo anche conoscere le vostre valutazioni sull'operatività di un possibile servizio; in particolare, vorremmo sapere se sia stata elaborata una stima dei costi e valutata la possibilità di procedere ad una fase operativa che vada al di là del mero aspetto, pur necessario, della certificazione di procedure e si muova in una direzione più spiccatamente applicativa ed operativa.
CARLO MARIA MARINO, Responsabile del progetto LARA del CNR. Dal 1990 sono responsabile del laboratorio aereo per le ricerche ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche. Vi mostrerò alcuni lucidi, trattandosi di una materia che può risultare difficilmente comprensibile qualora si voglia prescindere da un supporto tecnico di questo tipo.
Vorrei anzitutto sottolineare due aspetti. In primo luogo, vorrei osservare che abbiamo messo a punto quello che noi definiamo un dimostratore tecnologico, con la capacità di far vedere come un certo tipo di tecnologia possa operare nei vari aspetti inerenti il territorio e l'ambiente sotto il profilo operativo. E' chiaro che, nell'attuale contingenza storica del nostro paese, anche un ente di ricerca è stato chiamato a fornire risposte, avendo questa capacità, laddove veniva ad essere formulata una certa domanda.
Oggi come oggi, uno di questi filoni - potete definirlo di ricerca oppure di operatività - ci consente di individuare sugli edifici di Roma (ma non solo di Roma, che per noi, in questo momento, è soltanto un'area campione) le coperture in cemento-amianto che, come ben sapete, sono state dichiarate fuori legge dal Parlamento. Tale legge, come sicuramente vi risulterà, è ampiamente disattesa per una pluralità di ragioni. Il problema è che, se questo elemento presenta le caratteristiche che la legge ha giustamente indicato, ha evidentemente una certa capacità cancerogena. Allora, i casi sono due: o si accetta che la legge continui ad essere disattesa, oppure dobbiamo cercare di intervenire; ma per far questo, è necessario sapere dove sia presente il cemento-amianto. Per procedere ad una verifica in questa direzione, è possibile ricorrere a diversi sistemi, alcuni abbastanza semplici, ma forse poco oggettivi, ed uno oggettivo, che consiste nell'individuare l'"impronta digitale" del cemento-amianto e, quindi, nel creare una mappa che consenta di individuare la localizzazione di questo tipo di coperture. Si tratta di una metodologia che il CNR ha messo a punto basandosi sulla sua esperienza. In particolare, le esperienze maturate indicano un'attendibilità superiore al 90 per cento.
Sorge poi un altro interrogativo: una volta rimosso, dove viene collocato il cemento-amianto? Sappiamo, purtroppo, che molte volte non viene portato laddove dovrebbe essere collocato e, quindi, viene abbandonato lungo il greto dei fiumi o in discariche abusive, dove gli agenti atmosferici lo rendono diffondibile nell'aria, così creando un'ulteriore fonte di pericolo.
Ho voluto svolgere queste brevi riflessioni introduttive per dare il senso dell'intento di ricerca che l'ente persegue istituzionalmente, coniugato a quella capacità operativa che nasce dalla considerazione che vogliamo e possiamo intervenire in modo appropriato.
Passo ad illustrare alcuni lucidi. Come si può evincere da quello proiettato in questo momento sullo schermo, l'interesse del CNR per questo tipo di attività non è recente. Il documento riprodotto nel lucido, che fa riferimento ad un lavoro di controllo, eseguito dal CNR mediante immagini termiche, da piattaforma aerea e terrestre, sulle aree vulcaniche dell'Italia meridionale, è stato infatti presentato ad un convegno internazionale sull'uso delle risorse geotermiche svoltosi a Pisa nel 1970. Ciò vuol dire che, sotto il profilo della tecnologia, l'esperienza maturata nel nostro paese è - per così dire - più vicina ai trenta che ai venticinque anni. Questo discorso mi è utile per introdurre un'osservazione che formulerò in merito alla visibilità internazionale che il nostro paese, in particolare il CNR, ha acquisito nell'uso delle tecnologie aeree e spaziali per quanto riguarda l'ambiente.
Il lucido proiettato in questo momento riguarda una ripresa, effettuata con l'apparato al quale ha fatto riferimento il presidente Bianco, su quella che per noi è un'area test; mi riferisco alla laguna di Venezia, in ordine alla quale è stata effettuata una rilevazione volta ad individuare l'interazione tra attività industriali (area di Marghera) e l'area del centro storico di Venezia, nel momento in cui ci si trova in condizione di bassa marea e, quindi, di risucchio dell'acqua del bacino verso la zona delle bocche.
Senza entrare nel dettaglio, vorrei far notare come, utilizzando 3 dei famosi 102 canali contemplati da questo tipo di apparecchiatura, si possa ottenere una radiografia dello stato fisico di una superficie (in questo caso, quella dell'acqua della laguna) ed individuare un certo tipo di trasporto, fornendo all'autorità, all'istituto, all'ente competenti una radiografia dello stato fisico di un'area in un certo specifico momento. Noi siamo come i radiologi che fanno una radiografia che deve presentare determinate caratteristiche di qualità per attivare una possibilità diagnostica, ma non siamo il traumatologo: voglio dire che non lo siamo noi del progetto LARA, mentre lo sono altri istituti del CNR, le USL, il comune, la provincia e la regione, che saranno chiamati a dare il valore aggiunto rappresentato dalla conoscenza del fenomeno e dalle misure da adottare in situ, che consentano di trasformare una radiografia in una diagnosi.
Dicevo che questa radiografia deve presentare determinate caratteristiche. Oggi come oggi, le caratteristiche delle radiografie che produciamo ci sono riconosciute da un'ampia platea; di esse noi facciamo la ragion d'essere di una certa struttura nel quotidiano. In questo momento state osservando sullo schermo la piattaforma aerea; come giustamente osservava il presidente, si tratta di una piattaforma e non dell'obiettivo, in sostanza del punto di appoggio. In particolare, si tratta di un aereo con determinate, precise caratteristiche, ove si consideri che la nostra apparecchiatura ha un certo assorbimento di potenza, un certo ingombro e non può certo essere accolta da un monomotore ad ala alta da aereo club. Questo aereo è un CASA C-212/200, le cui dimensioni potete evincere dal lucido, nel confronto con un furgone di uno dei nostri istituti che, nel momento in cui è stata ripresa l'immagine, era utilizzato per istallare un'apparecchiatura sperimentale a bordo della piattaforma.
Il cuore di tutto il discorso è rappresentato dall'apparato iperspettrale, che in questo momento potete osservare riprodotto sullo schermo, in grado di effettuare riprese elettroniche sul territorio; tale apparato presenta determinate caratteristiche, tali da consentire di vedere contemporaneamente, con 102 occhi (tanto che lo definiamo brutalmente "cento occhi"), il visibile e, al di là del visibile, il cosiddetto infrarosso termico, cioè quelle lunghezze d'onda che noi non vediamo ma che, ad esempio, il nostro corpo recepisce sotto forma di calore.
Dal visibile all'infrarosso termico, vi sono 102 occhi che guardano una fetta sottile di una certa energia irradiata da un oggetto; questa fetta sottile è la "firma" dell'oggetto stesso. Ciò, ovviamente, ci consente di identificare certi oggetti e di ubicarli geograficamente sul territorio.
Praticamente, le riprese che vi sto mostrando evidenziano un oggetto che, apparentemente, è analogo a quello fotografato, ma nel quale la terza dimensione è data non più da un valore geometrico, il rilievo, bensì dal contenuto, dalle "impronte digitali" che, per 102 livelli, si approfondiscono nell'asse verticale del diagramma. Questi 102 livelli sono compresi tra il primo canale, visibile, fino all'ultimo, l'infrarosso termico. La platea di canali a disposizione ci consente, con opportune scelte di combinazione e sulla base di esperienze maturate negli anni settanta-ottanta e rinnovate negli anni novanta, sfruttando la disponibilità di questa apparecchiatura, di identificare determinati target specifici che possono essere, a seconda delle situazioni, fenomeni sulla superficie del mare, su terra o legati alle discariche ed all'abusivismo.
L'apparecchiatura di cui disponiamo è composta di quattro sottoinsiemi, che noi definiamo spettrometri, ciascuno dei quali è riferito ad alcune lunghezze d'onda. Nel lucido proiettato in questo momento potete osservare come a ciascuno di questi spettrometri corrispondano applicazioni di carattere sperimentato, sperimentale o ancora da sperimentare. Insomma, viene prospettata tutta una serie di ipotesi. Nel caso di Venezia, per esempio, al canale 5 corrispondono i sedimenti sospesi in acqua ed a quello successivo le sostanze organiche sul terreno; al canale 9 viene addirittura affrontato il discorso legato alla clorofilla in acqua, che può rappresentare, soprattutto nelle acque interne, un indicatore di determinate sostanze sversate nel corso d'acqua, per esempio arricchendolo dal punto di vista organico e, quindi, dando luogo ad una floritura, definita bloom in termine tecnico; si tratta, in sostanza, di un indicatore indiretto della presenza di un certo tipo di attività non lecita che può essere realizzata in una certa zona.
Agganciando il discorso che sto svolgendo alla questione dei satelliti, posso dire che esistono, come ha già anticipato il presidente Bianco, punti di collegamento, di convergenza, di complementarietà, ma che vi sono anche differenze. Tale constatazione non ci stupisce né ci fa male; anche nel settore del telerilevamento satellitare il CNR ha maturato un'esperienza che risale al 1972, quando abbiamo avuto il primo rapporto di ricerca con la NASA.
Alcuni dei satelliti attualmente operanti agiscono su determinate lunghezze d'onda. Nel grafico proiettato in questo momento potete individuare i satelliti 1, 2, 3, 4, 5 e 7, ossia i satelliti americani della famiglia Landsat, famiglia peraltro benemerita per tanti tipi di applicazione. Le zone indicate con strisce nere e tratteggi grigi sono occupate invece dal satellite francese Spot. Nel confronto con il discorso dell'aereo, il numero di bande è molto più basso e quello delle bande investigate è collocato su lunghezze d'onda diverse, ma non si può dire che l'un sistema sia migliore o peggiore dell'altro. Il problema è che molte volte si è fatta confusione - e il mondo della scienza spesso non ha contribuito a fare chiarezza - sul fatto che noi lavoriamo per obiettivi, non per strumenti. Se l'obiettivo è quello di vedere cosa c'è in una certa discarica o qual è lo spettro con cui è possibile identificare determinati oggetti, è chiaro che oggi lo strumento aereo è vincente rispetto al satellite. Ma se ci spostiamo allo studio delle previsioni agricole su ampie superfici, l'Unione europea richiede metodologie che fanno del satellite l'attore principale, mentre l'aereo diviene complementare. Si tratta, quindi, di chiarire bene qual è l'obiettivo, e se è raggiungibile con l'aereo si agisce con esso. Anche i satelliti, i mitici satelliti militari (credo che a tale proposito avrete avuto notizie più esaurienti di quelle che potrei fornirvi io) è vero che hanno risoluzioni a volte più ampie di quelle ottenute da piattaforma aerea; ma, trattandosi di satelliti da ricognizione, le bande su cui operano, dato che devono riconoscere l'oggetto per la forma, non per l'"impronta digitale", hanno capacità che per determinate applicazioni non sono adeguate. Non è che un sistema è migliore dell'altro: è un dato di fatto. Per altri tipi di applicazioni, invece, i satelliti sono sicuramente più validi.
Il lucido successivo serve ad illustrare come opera uno scanner. Usare lo scanner vuol dire riprendere un territorio, invece che come con una fotografia, con delle righe, delle fasce successive; la composizione fra la riga ripresa e l'immagine ottenuta è ricavata dall'avanzamento del velivolo. L'aereo, cioè, nell'istante T0 (usando la terminologia scientifica) coglie una striscia di una certa larghezza ortogonalmente al suo avanzamento e nell'istante T1 ne coglie una successiva; tutto è memorizzato sotto forma di dati digitali ad alta densità e poi, nella stazione di conversione dati (il CNR ne ha una a Pomezia, a sud di Roma, nei pressi dell'aeroporto di Pratica di Mare), si ricostruisce l'immagine completa. La dimensione spaziale dell'immagine è data dall' insieme delle 102 "impronte digitali" che ci consentono, in condizioni sperimentate, di identificare determinati oggetti.
Passiamo quindi a vedere gli oggetti, partendo, nel prossimo lucido, dalla città di Roma, e in particolare dalla zona di piazza San Pietro con un'ansa del fiume Tevere. In questa ripresa di un'area del centro storico potete vedere, nella faccia superiore del cubo che contiene l'immagine, la composizione delle 102 impronte digitali che si trovano all'interno del cubo e che, nella proiezione, sono rappresentate come elemento tridimensionale di questa visione. Potete notare il dettaglio che uno strumento di questo genere può dare di un'area urbana. Diciamo che, in prima battuta, è molto simile a una rappresentazione fotografica, il che vuol dire che abbiamo anche la geometria, su questo tipo di macchine di seconda o terza generazione. Esiste quindi la capacità di discriminare gli oggetti, anche piccoli. Diciamo che questo apparato, da un'altezza di mille metri, dal punto di vista geometrico vede oggetti la cui dimensione minima è di due metri. Ma qualora l'oggetto, rispetto all'ambiente circostante, sia molto diverso lo vede lo stesso per il contrasto esistente, nell'asse delle zeta, fra l'"impronta" di questo oggetto e quella degli oggetti circostanti. Se da mille metri vede un oggetto di due metri, da due mila ne vedrà uno di quattro e da tre mila uno di sei. Il volo da cui è stata ripresa questa immagine è stato compiuto ad un'altitudine di 2.500 metri, e quindi gli oggetti visti sono di cinque metri. Eppure, se guardate il pavimento del piazzale antistante la basilica di San Pietro potete notare la tessitura che esiste nell'acciottolato, che ha una larghezza inferiore ai due metri: sono le righe radiali rispetto ai tre obelischi che si trovano nella piazza. Una discriminazione così precisa che unisca radiometria (cioè le "impronte digitali") e geometria non è acquisibile attualmente da nessun altro apparato civile operante a livello internazionale (questo è un dato di fatto, non è una propensione dello spirito del sottoscritto).
Passando ad un altro lucido, vi do un altro esempio di questa certificazione internazionale. Quando i colleghi del Centro comunitario di ricerche di Ispra hanno dovuto fare lavori collegati in parte alla nostra attività di monitoraggio sul territorio e in parte al loro studio sulla desertificazione dell'are mediterranea, hanno utilizzato non lo scanner dei colleghi tedeschi, ma il nostro, per eseguire un'applicazione sull'area del Fortore beneventano collegata all'erosione dei suoli. Ci hanno chiesto l'utilizzo di questi dati che hanno fatto oggetto di uno studio di carattere operativo con una valenza metodologica. E' chiaro che, una volta individuato il tipo di metodologia, questa viene certificata come metodologia disponibile per tutti i paesi che afferiscono a questa comunità scientifica.
E veniamo all'argomento discariche. In questo lucido vi è una ripresa di un'area campione. Non dico di quale località si tratta non per reticenza ma perché non è rilevante per il nostro discorso (e tra l'altro non la ricordo). Comunque, si trova in Abruzzo. E' una rappresentazione delle particelle agricole di tipo che noi definiamo a pseudo colorinaturali, nel senso che si simula ciò che si vedrebbe in una normale fotografia. Vedete quindi il reticolo dei campi così com'è e come si presenta in un certo tipo di indagine. Il lucido successivo è un'elaborazione della stessa immagine (li pongo uno di fianco all'altro per farvi vedere che si tratta della stessa immagine). Nella seconda è possibile distinguere i fenomeni di tipo esotermico presenti nella zona. In questi campi sono stati interrati dei rifiuti che, con fenomeni di autocombustione, generano attività esotermica e che quindi sono percettibili per la presenza di temperatura anomale in superficie fino all'ordine di qualche decimo di grado, e quindi individuabili, grazie a questi apparati, con un opportuno riprocessamento del dato. Pertanto, laddove si è in presenza di un'attività esotermica a piccola o media profondità che genera contrasti di temperatura poco percettibili in superficie, abbiamo una metodologia di riscontro che identifica con estrema chiarezza tali zone. Quindi, questo è uno degli aspetti che legano anomalie a volte anche di tipo geobotanico, cioè di variazioni della funzione clorofilliana delle coperture vegetali, con discariche dismesse, in esercizio od occultate; laddove queste anomalie vegetali non siano presenti, dove si è in presenza di suoli nudi, di piccolissime anomalie termiche, siamo in grado di identificare anche la presenza di qualche oggetto anomalo. Naturalmente, non è possibile dire alcunché sulla tipologia dell'oggetto.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di piccola o media profondità. Può specificare?
CARLO MARIA MARINO,Responsabile del progetto LARA del CNR. Presidente, le rispondo in questo modo: tutti i fenomeni, da qualunque profondità provengano, che determinano qualcosa di identificabile in superficie possono essere identificati.
PRESIDENTE. Il potere risolutivo è di 0,1 grado?
CARLO MARIA MARINO,Responsabile del progetto LARA del CNR. E' di 0,2 nominali. Risoluzione al suolo due metri.
PRESIDENTE. Ma se l'aereo viaggiasse ad un'altezza di 500 metri ci si potrebbe attendere, se vale la proprietà di scala, che la dimensione rilevata sia di un metro.
CARLO MARIA MARINO,Responsabile del progetto LARA del CNR. La sua domanda è giusta, ma per avere una ricopertura senza il cosiddetto effetto pettine (cioè una riga sì e una no) deve esservi una combinazione fra la velocità di avanzamento dell'aereo e la rotazione dello specchio che genera la strisciata. In questo momento siamo in grado di garantire, da un'altezza di mille metri, una risoluzione di due metri: scendendo più in basso, la risoluzione sarà più bassa ma non si avrà l'overlapping minimo fra una riga e quella successiva, per cui vi sarebbero strisce di territorio non coperte.
Con il prossimo lucido passiamo ad occuparci di una discarica che immagino conosciate abbastanza bene, cioè quella di Cerro Maggiore, in provincia di Milano. E' una discarica in esercizio che ha vissuto una serie di problemi e che è stata anche oggetto di interrogazioni parlamentari relative al suo impatto sull'ambiente circostante. Quella che vedete è una ripresa fatta sempre a 102 canali di cui si è data una rappresentazione nel cosiddetto falso colore. Come sapete, con questa espressione usata da chi opera nel settore della fotointerpretazione si identificano rappresentazioni in cui la funzione clorofilliana (impropriamente possiamo dire il colore verde) è data dal colore rosso. Vi spiego brevissimamente perché. Queste pellicole sono nate con scopi militari, per cui il mascheramento risultava visibile perché la pianta, pur verde per l'occhio umano, aveva avuto recisa la funzione clorofilliana. Questa metodologia di indagine è rimasta per i fotointerpreti: si chiama "falso colore" perché consente di vedere a colori ciò che normalmente l'occhio umano non è in grado di cogliere. Tra l'altro, queste pellicole sono un po' più sensibili dell'occhio umano: mentre quest'ultimo, di solito, vede fino a 0,7-0,75 micron, queste pellicole - ormai regolarmente in commercio - arrivano fino a 0,9 micron. Questa rappresentazione è fatta in modo che anche il fotointerprete di origine agricola, forestale possa essere coinvolto in questo tipo di discorso.
Se però ci spingiamo un po' più in là (e passo al lucido successivo) e usiamo il canale termico 93 (quindi il numero 93 del menu di canali che possiede la macchina) abbiamo una rappresentazione del tipo che ci interessa del centro della discarica. Nel lucido successivo potete vedere un ingrandimento ulteriore. Quello che appare come una riga che va dal nord al sud dell'immagine è il muro di contenimento. All'interno della discarica potete notare attività di tipo esotermico; il corpo rosso è il telone impermeabile che, essendo scuro, si carica di energia solare, e quindi è caldo; le altre sono le attività esotermiche tipiche di una discarica quali, per esempio, l'autocombustione, la produzione di biogas e i vari percolati. Per quanto riguarda l'efficienza del muro di contenimento, emerge chiaramente che in un paio di punti vi è una via preferenziale che mette in contatto l'ambiente interno della discarica con quello esterno.
Questo è uno degli esempi di ciò che è visibile con queste tecniche per il monitoraggio permanente anche di siti di discarica in esercizio, dove siano conferiti non solo rifiuti solidi urbani (peraltro sembra che il percolato non faccia molto bene alla falda), ma anche rifiuti di tipo tossico-nocivo, che hanno determinate caratteristiche di pericolosità. Pertanto, il monitoraggio dell'ambiente circostante al sito deve essere uno dei must che devono accompagnare l'esercizio della discarica.
PRESIDENTE. La colorazione gialla e viola delle perdite al di là del muro di contenimento cosa rappresenta?
CARLO MARIA MARINO,Responsabile del progetto LARA del CNR. Diciamo, in prima battuta, che è una scala collegata alla temperatura apparente. Le zone con i colori violetto, nero e blu sono quelle più fredde; le zone con i colori giallo, arancione e rosso hanno la temperatura più alta, in una scala, in questo momento, relativa e non assoluta.
PRESIDENTE. Qual è la diagnostica associata a questo discorso?
CARLO MARIA MARINO, Responsabile del progetto LARA del CNR. Ci siamo fermati a ciò che ci era stato chiesto, e cioè di vedere se vi erano punti dove effettuare diagnosi specifiche in situ. Ci era stato chiesto di "indiziare" i punti di possibili perdite da parte del corpo della discarica (anche perché il biogas, che a volte vediamo come un raffreddamento, parte da un certo punto e ce lo ritroviamo magari nella cantina di una casa ad un chilometro di distanza, dove mai si pensava potesse finire).
Nel prossimo lucido torniamo sulla città di Roma. Desidero farvi vedere quelli che noi definiamo "i puntini del morbillo", cioè i punti in rosso presenti nell'immagine. Come potete vedere, sono presenti punti rossi (tipo A) e punti verdi (tipo B). Il tipo A rappresenta il cemento-amianto, che ha un intervallo di tempo fra i cinque e i dieci anni, e il tipo B oltre i dieci anni. Quindi, identifichiamo la famosa "impronta digitale" del cemento-amianto, vediamo zone di tessuto urbano che presentano queste caratteristiche. Cito l'autrice di questo lavoro, che è la dottoressa Fiumi, una delle mie più valide collaboratrici nello svolgimento del progetto LARA. Siamo passati dunque dall'aspetto qualitativo a quello quantitativo. Nel rettangolo piccolo potete vedere l'edificio che, con la sua copertura in cemento amianto, si trova in piena area urbana, vicino alla ferrovia. Identifichiamo, perciò, la presenza di cemento-amianto, che rende necessario un intervento; ma anche quando sarà stato tolto, se sarà finito lungo l'Aniene o un altro fiume, se faremo il monitoraggio dei corsi d'acqua (ne abbiamo parlato di recente anche con l'autorità del bacino del Po) saremo in grado di identificare gli accumuli delle sostanze cancerogene, poiché ne abbiamo identificato in precedenza la firma spettrale.
Mi avvio alla conclusione, presidente, soffermandomi brevemente su una comparazione degli apparati esistenti a livello internazionale (e passo ad un altro lucido). Potete vedere la scritta "Spectral range and micrometers" nella parte superiore e la casella orizzontale con scritto MIVIS, in corrispondenza della quale vedete i numeri 20, 50, 8: si tratta dell'ampiezza di banda, cioè quanto è sottile l'"impronta digitale" che possiamo estrarre dagli strumenti. Il numero sottostante (il 20 sotto il 20, l'8 sotto il 50 e il 64 sotto l'8) rappresenta i canali, cioè quante impronte lo strumento riesce a prendere. Come vedete, il MIVIS ha 102 canali; per ogni linea di ripresa vi sono 765 elementini, ciascuno dei quali viene visto sotto un angolo di due gradi (cioè, due metri da un'altezza di mille metri), per un'ampiezza di vista di 70 gradi (cioè la larghezza della strisciata). Potete fare il paragone tra il MIVIS, l'AVIRIS della NASA e il GER dei tedeschi. Il sistema della NASA ha più canali ma non ha nulla nell'infrarosso termico: vedete che le ampiezze di banda sono in molti casi superiori alle nostre, ma non ha capacità di ripresa nel termico. Pertanto, quando devono eseguire analisi termiche (e avete visto come sono importanti relativamente alle discariche), devono usare un altro strumento insieme a questo, con tutti i problemi derivanti di interconnessione dei dati. Il GER ha un numero di canali minore e un'ampiezza di banda maggiore, ma con i suoi problemi di nascita ha creato e crea tuttora difficoltà ai colleghi tedeschi.
Il MIVIS è una realtà della comunità nazionale. Attualmente, quindi, siamo in tre ad operare su questa frontiera, ma noi - ed è ciò che io tengo a sottolineare - con un dimostratore tecnologico con capacità operative. Noi chiediamo di poter servire bene, perché le capacità vi sono, e sono ormai riconosciute a livello internazionale. Quando parliamo di livello internazionale, pensiamo in primo luogo all'Europa. In Europa abbiamo un "conflitto" continuo con i colleghi francesi e tedeschi, come credo sappiate perfettamente, i quali sono molto bravi anche, se mi si passa il termine, a "venderla bene". Essendo noi entrati nel settore con una certa pesantezza, abbiamo rotto alcuni giochi che erano già stati fatti; tra l'altro, lo strumento tedesco era considerato l'unico da usare a livello europeo, con il favore (non usiamo il termine complicità) del Centro comunitario di ricerca di Ispra. Vi vorrei leggere un passo della lettera di A. J. Sieber, capo dell'unità di tecnologie avanzate, per conoscenza al direttore del settore telerilevamento di Ispra. Il testo è il seguente: "Il progetto LARA e, più specificatamente, lo scanner spettrale MIVIS A A 500 deve essere considerato de facto" (detto da un tedesco deve essergli costato proprio tanto) "come un servizio europeo (...) e quindi è incluso" nel network europeo. In sostanza, hanno dovuto prenderci in considerazione perché non avrebbero potuto fare altrimenti, a fronte di una realtà italiana che si poneva in termini non conflittuali ma integrativi rispetto ad un discorso che pensavano di poter gestire senza di noi.
PRESIDENTE. La ringrazio e do senz'altro la parola ai rappresentanti dell'ENEA.
GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Anzitutto, vi partecipo il saluto ed il ringraziamento del presidente Cabibbo il quale, come ricorderete, è già stato audito dalla Commissione della precedente legislatura con particolare riferimento alle attività poste in essere dall'ENEA nel settore dei rifiuti. Il tema di oggi è invece più specifico, tanto che sono stati convocati due esperti. Prima di cedere la parola a questi ultimi, vorrei svolgere alcune considerazioni di carattere generale. L'ENEA, fin dai primi anni ottanta, si è occupato dello sviluppo di tecnologie per il telerilevamento sia aereo sia satellitare. Verso la metà degli anni ottanta, stipulammo un accordo con l'Alenia e sviluppammo insieme una piattaforma aerea; in particolare, in base a quell'accordo, l'Alenia fornì la piattaforma e l'ENEA le tecnologie.
La piattaforma aerea era dotata di un sistema a 12 canali, molto simile al sistema ATM. Il nostro intento era di porre in essere un'attività che fosse, allo stesso tempo, di promozione industriale, di sviluppo tecnologico e di promozione di alcuni servizi. Nel periodo fine anni ottanta-inizio anni novanta l'apparecchio è stato più volte utilizzato su commessa sia del Ministero dell'ambiente sia di alcuni enti locali. In particolare, è stato utilizzato in occasione dell'incidente della Haven e si è dimostrato particolarmente utile per i primi interventi in occasione di quella vicenda. Inoltre, sempre su richiesta del Ministero dell'ambiente, è stato utilizzato per identificare situazioni di scarichi di liquidi in mare; in particolare, abbiamo svolto una serie di attività nella regione Calabria.
Quando il CNR ha incominciato a realizzare il progetto LARA, abbiamo deciso, per alcuni motivi che indicherò, di sospendere le attività inerenti allo sviluppo della piattaforma aerea. Ciò è avvenuto essenzialmente per tre motivi. Anzitutto, siamo partiti dalla constatazione del mancato decollo delle attività di servizio. Speravamo che a questo tipo di attività nei primi anni novanta corrispondesse un sensibile riscontro in termini di commesse di servizi, ma questo non è avvenuto. A quel punto, sia noi sia l'Alenia, ci siamo resi conto di non avere a disposizione le risorse finanziarie necessarie a tenere in piedi per molto tempo una struttura che, anche se fosse rimasta parcheggiata in un aeroporto, avrebbe comportato oneri consistenti sotto il profilo dei costi. Tra l'altro, la stessa scarsità di fondi destinata all'ENEA negli anni novanta ci ha imposto questa scelta.
Il terzo motivo è legato al fatto che il CNR aveva iniziato un'attività di punta con il suo spettrometro a 102 canali, mentre il nostro apparato era più che altro orientato a mettere in piedi un'attività di servizio, oltre che di sviluppo tecnologico. E' chiaro che abbiamo continuato a svolgere le attività di sviluppo delle tecnologie, soprattutto per quanto riguarda la parte relativa alle immagini; in sostanza, la parte di sviluppo tecnologico, per quanto compatibile con le nostre disponibilità finanziarie e in considerazione del mercato di certe attività di ricerca, è stata tenuta in piedi.
Ovviamente, abbiamo dovuto concentrarci su alcuni grandi obiettivi. Per esempio, il progetto ambiente Mediterraneo utilizza un certo tipo di tecnologie. Essenzialmente, la nostra attività in questo settore è volta a mettere insieme, su obiettivi scientifici molto puntuali, l'utilizzazione della sensoristica di telerilevamento sia aerea sia satellitare sia, inoltre, quella che viene definita come "sistema di verità" a terra. Di questi mezzi ci siamo avvalsi anche con riferimento a molti progetti finanziati dall'Unione europea, soprattutto nello studio relativo alla circolazione di correnti nell'ambiente marino.
Il dottor Della Rocca si soffermerà su alcune attività che abbiamo svolto su richiesta della magistratura, utilizzando le conoscenze e le tecnologie a nostra disposizione, anche con riferimento allo studio di discariche.
PRESIDENTE. Con riferimento al progetto Mediterraneo, la Commissione sarebbe interessata a capire in che modo nello svolgimento dell'attività di monitoraggio siano utilizzate le diverse tecnologie di rilevazione. A tale proposito, è inevitabile un confronto, partendo dalla constatazione che l'ENEA ha ceduto il passo al progetto LARA. Sarebbe importante capire se l'interpolazione di queste tecnologie - ho partecipato a diversi convegni in cui si presentava il progetto Mediterraneo - potrebbe consentire un livello di analisi, un potere risolutivo analogo a quello del LARA.
Quanto alla diagnostica, vorremmo sapere se il progetto Mediterraneo, essendo collegato all'elaborazione di dati attraverso i supercalcolatori di generazione APE, possa consentire, magari a fronte di perdite legate al sistema dei "cento occhi", un guadagno in termini di elaborazione dei dati dal punto di vista informativo.
VINCENZO FERRARA, Responsabile del progetto Mediterraneo dell'ENEA. Mi occupo di questioni in grande scala e, in particolare, sono responsabile di una divisione che si interessa dell'ambiente globale e, come sottospecie, del progetto Mediterraneo. In sostanza, mi occupo di tutte le problematiche pre e post Rio, dal clima globale alla desertificazione, alle biodiversità, alle foreste, all'ozono stratosferico e all'oceano. La mia divisione, tra l'altro, ha redatto la seconda comunicazione nazionale dell'Italia alle Nazioni unite, che sarà presentata dal 13 al 15 dicembre dal Ministero dell'ambiente al Vittoriano.
Nell'ambito delle problematiche di nostro interesse, il progetto bacino del Mediterraneo, al quale lei si è riferito, è abortito. Ovviamente, mi riferisco al progetto originario, successivamente rigenerato in altra forma ed attualmente finanziato dal MURST. Ho con me una copia di tale progetto, che ha avuto un iter lungo e che è stato finalmente approvato, per un costo complessivo di 15 miliardi, con il coinvolgimento di enti di ricerca e delle industrie. Le applicazioni che ne deriveranno dovrebbero essere utilizzabili anche dalla pubblica amministrazione.
Il progetto si articola su tre grosse tematiche: la prima riguarda l'oceano ed il mar Mediterraneo, con particolare riguardo alla zona profonda, quella lontana dalla costa; la seconda, l'interazione del mare con quest'ultima; infine, la terza affronta la tematica dell'interazione del mare con l'atmosfera. A che serve il progetto? Da una parte, a mettere a punto nuove tecnologie di rilevamento e di monitoraggio, di sorveglianza dell'ambiente marino, sempre su grande scala. Il secondo aspetto consiste nell'analizzare e nel prevedere i cambiamenti collegati al clima nonché nell'attuazione degli impegni assunti dall'Italia nell'ambito delle Nazioni unite, in termini di analisi e di previsioni climatiche e, in particolare, nel rilevare l'impatto ambientale marino-costiero, in seguito a mutamenti climatici, come ad esempio l'innalzamento del livello medio del mare. Sotto un terzo profilo, va valutato l'obiettivo di fornire alla pubblica amministrazione strumenti e metodi di analisi e di indagine, sempre su grande scala.
Per quanto riguarda l'utilizzazione del telerilevamento, con particolare riferimento alle tecnologie, nel progetto è prevista una parte riguardante le misure in loco, che saranno sviluppate attraverso boe di nuova concezione, che cercheremo di mettere a punto e con riferimento alle quali si fornisce tutta una serie di indicazioni che riguardano non soltanto lo stato superficiale del mare ma anche quello profondo, di due tipi: anzitutto, di tipo lagrangiano, che tiene conto dei moti normali del mare; in secondo luogo, le boe che dovranno essere posizionate in punti fissi che dovrebbero corrispondere esattamente ai modelli di circolazione del Mediterraneo.
Mi sia consentita una breve digressione. Il tipo di attività che si svolge nella divisione e anche nell'ambito del progetto riguarda la ricerca scientifica avanzata e, in particolare, la modellistica. Nell'ambito della mia divisione sono messi a punto i modelli di analisi dell'evoluzione del clima e prevedibilità dei trend futuri in base a codici di sviluppo socio-economico, con tecniche innovative, cioè utilizzando i calcolatori di nuova concezione, gli APE, che permettono di ridurre i tempi di calcolo, cosa che i grossi calcolatori oggi non ci consentono. Per effettuare una simulazione del Mediterraneo a piccola scala su un grosso calcolatore, dovremmo realizzare un modello di circolazione globale di tutto il nostro pianeta ed inserirvi un modello a pluridettaglio dell'area mediterranea.
Da questa considerazione si può facilmente evincere come il numero di interazioni e di equazioni a livello planetario sia tale da comportare tempi di calcolo onerosi e lunghi. In sostanza, verificare il funzionamento di un parametro comporta costi elevatissimi e tempi lunghi. Con i sistemi di calcolatori paralleli, utilizzando i quali le operazioni possono essere effettuate, appunto, in parallelo, i tempi di calcolo si riducono enormemente e vengono semplificate molte delle trasformazioni matematiche che dovrebbero essere realizzate sui calcolatori vettoriali, che considerano la Terra sferica e che quindi richiedono elaborate trasformazioni. Poiché le equazioni differenziali possono essere trattate come se fossero cartesiane, abbiamo pensato di trasformare il pianeta in un cubo con facce piatte, sì da non ricorrere ad alcuna trasformazione matematica delle equazioni. In questo senso stiamo operando con applicazioni riferite sia all'atmosfera sia all'ambiente marino. Questi modelli, ovviamente, debbono essere tarati e, sotto questo profilo, soccorre la tecnologia applicata sia all'ambiente marino sia al telerilevamento.
Per quanto riguarda il progetto del quale sono responsabile, le tecnologie di telerilevamento sono essenzialmente satellitari; in particolare, noi osserviamo grandi porzioni di territorio, nel senso che vediamo tutto il Mediterraneo ed una parte dell'Atlantico. La circolazione nel Mediterraneo è pesantemente condizionata da quella atlantica: il Mediterraneo scarica sale nell'Atlantico e quest'ultimo rimette al primo acque fredde. L'interazione tra sale ed acque fredde condiziona la circolazione stessa del Mediterraneo.
In sostanza, non ci interessa verificare il dettaglio ma utilizziamo i dati forniti dal satellite, solitamente il NOA-12 e il NOA-14, per quanto riguarda le temperature, grazie alle quali, attraverso le bande ad infrarosso, si ricostruiscono le correnti mediterranee ed atlantiche; utilizziamo inoltre satelliti dotati di altimetro, quali il Topex, il Poseidon od i satelliti europei, per verificare l'altimetria, cioè il livello del mare che, come sapete, non è costante: tra Venezia ed Otranto ci sono ottanta metri di dislivello! La verifica, quindi, riguarda lo stato del mare, la cui rugosità, riprodotta sulle maglie, dà l'andamento medio dei moti marini.
Il nostro dettaglio è dell'ordine di un chilometro. Pertanto, quando si tratta di vedere in mare cose che abbiano una piccola scala, non riusciamo a farlo, ma se si tratta di osservare un incidente quale, ad esempio, quello occorso alla Haven, non abbiamo alcun problema. Attraverso i dati satellitari, abbiamo effettuato analisi anche sui famosi incendi dei pozzi del Kuwait, per ricavare elementi relativi a quanto materiale fosse stato incendiato e a dove fossero diretti gli effetti della combustione. In definitiva, quando si tratta di fenomeni a grande scala, siamo in grado di poterli osservare e quantificare; per dimensioni al di sotto di un chilometro, non siamo in grado, con gli strumenti di cui dispone il progetto del quale sono responsabile, di poter fare alcunché.
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. Nel tentativo di interpretare in anticipo le richieste della Commissione, soprattutto sul versante applicato delle tecniche di osservazione della Terra, siano esse da aereo o da satellite, per quanto riguarda le problematiche connesse con il ciclo dei rifiuti e, quindi, con le discariche, ho portato con me alcuni lucidi dai quali risultano alcune applicazioni operative già realizzate in ambito ENEA.
Signor presidente, l'osservazione della Terra, dal nostro punto di vista, è, filosoficamente parlando, uno strumento, non un fine. E' quindi importante che l'attività applicativa dell'osservazione della Terra sia fortemente guidata da un'utilizzazione, da un'esigenza: insomma, mission driven, user driven e non tecnology pushing.
Se da un lato è indispensabile, per procedere applicativamente ai sistemi di osservazione della Terra, che ci sia una fase di rilevamento dell'informazione, di solito per immagini, è altrettanto indispensabile ed importante che vi sia una fase elaborativa dell'immagine stessa che, congiuntamente alla fase di acquisizione, siano orientate ad una specifica applicazione ed esigenza.
In questo senso, vi mostrerò due lucidi, che rispondono a due applicazioni operative che abbiamo realizzato in ENEA con riferimento alle discariche; si tratta di materiale che, lo sottolineo, non è né vuole essere esaustivo, né sotto il profilo delle applicazioni territoriali dell'osservazione della Terra né, tanto meno, nel senso delle potenzialità applicative dell'osservazione della Terra alle problematiche delle discariche. Ha invece, secondo me, un solo pregio, quello di concretizzare le idee, parlando di problemi posti, in ambedue i casi, dalla magistratura che, permettetemi di dirlo alla luce della situazione finanziaria in cui si trova oggi l'ENEA, ha pagato per avere questo tipo di risposte... Le iniziative provengono, rispettivamente, dalla magistratura di Napoli e da quella di Venezia. Nel caso della magistratura di Napoli, i quesiti che ci sono stati posti riguardavano la discarica di Pianura. Uno dei lucidi che vi mostrerò esemplifica le risposte che abbiamo fornito ai quesiti, sulla scorta dei sistemi di osservazione della Terra utilizzati. I quesiti posti dalla magistratura erano due: in primo luogo, volevano sapere l'esatta ubicazione della discarica; il secondo quesito riguardava invece una stima più accurata possibile dell'estensione superficiale ricoperta dalla discarica. Vi erano anche altri quesiti, ai quali però questo tipo di rilevamento non ha potuto rispondere; in genere, però, tali quesiti possono avere risposta dalle tecniche di osservazione della Terra.
In questo caso abbiamo utilizzato un rilevamento eseguito dalla Guardia di finanza con un sensore bicanale. In questo lucido potete vederne i risultati in modo sintetico. Questa immagine ha un significato cartografico, perché è stata georiferita alla cartografica ufficiale a livello catastale, dato che la Guardia di finanza ha fornito anche le mappe catastali della zona. In particolare, riporta con colorazioni differenti i confini, i limiti delle aree di progetto, in una sorta di colore blu, per un totale di circa 20 ettari. Con il colore verde sono riportate le particelle catastali requisite, per un totale di 32 ettari. In rosso tratteggiato è stata invece riportata l'area interessata dalla discarica, desunta da questa stessa immagine, per un totale di circa 36 ettari.
Questa applicazione ha fornito risposta al quesito posto dalla magistratura. Sinceramente, non so quale sia stato l'uso istruttorio che ne abbia fatto la magistratura, perché ovviamente non è di competenza dell'ENEA (il dottor Cordova ne avrà fatto l'uso ritenuto più opportuno). Ma ciò che io voglio sottolineare è che, in questo caso, l'osservazione della Terra dall'aereo con questi sistemi ha fornito risposte utili al prosieguo delle attività di indagine.
Un altro quesito che la magistratura aveva posto e a cui questo tipo di rilevamento non ha potuto rispondere riguardava la volumetria occupata dalla discarica. Purtroppo, questo tipo di ripresa non aveva le caratteristiche stereoscopiche necessarie ad estrarre questo tipo di informazione. Qualora la ripresa fosse stata corredata anche da riprese aerofotogrammetriche stereoscopiche, esistono tecniche per ottenere anche le informazioni volumetriche.
Il volo in questione è stato effettuato ad un'altezza di circa mille piedi, quindi veramente molto basso, il che ha consentito di avere risoluzioni metriche a terra con gli edifici e tutte le misurazioni che è possibile eseguire.
Nel lucido successivo mi riallaccio a quanto detto poco fa dal professor Marino. In mezzo al campo sportivo si nota l'esistenza di anomalie termiche, il che è sufficiente a farci fortemente insospettire su quanto può esservi sotto la superficie apparente della discarica.
E passo alla seconda applicazione, che riguarda la situazione di discariche in mare. In questo caso la spesa è stata sostenuta dalla procura della Repubblica di Venezia, che ha chiesto un rilevamento complessivo sull'intera laguna. Nel lucido attualmente proiettato vedete il quadro sinottico di tutti i rilevamenti. Quelle in rosso ed in verde sono particolari strisciate che l'aereo, anche in questo caso della Guardia di finanza, ha eseguito ad hoc; mentre veniva eseguito il volo agivano alcune imbarcazioni che effettuavano la misurazione di alcune grandezze, in modo da utilizzare tali misurazioni come verità per calibrare i rilevamenti compiuti dall'aereo. Non mi dilungo, perché il tema è piuttosto complesso ed articolato. Vi mostro soltanto alcuni risultati. La sigla DOM sta per dissolving organic matter: è un parametro fisico che in un certo senso misura la materia organica sciolta presente nelle acque. In questo caso, ogni colore è associato ad una grandezza, cioè le parti per milione. Si vede, per esempio, che intorno all'aeroporto di Venezia il canale di Tessera è particolarmente ricco di questo tipo di sostanze, derivanti da scarichi. Se siano più o meno abusivi...
PRESIDENTE. Intende scarichi domestici, sostanzialmente liquami?
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. Sì, sostanzialmente direi di sì, ma non è detto che siano necessariamente domestici. Potrebbero essere anche da industria.
PRESIDENTE. Ma, per capire la colorazione, le chiedo se si tratti di un tipo di materia organica che ha a che vedere più con i liquami che con altro.
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. Sì, soprattutto da liquami.
L'altra grandezza o parametro fisico (e passo al lucido successivo) riguarda il contenuto di clorofilla, di cui ha parlato poco fa anche il professor Marino. Anche in questo caso si mostra la distribuzione della sostanza, che ha un effetto anche inquinante. Infine, l'ultimo parametro (e passo ad un altro lucido) è quello dell'oil slick, cioè la sottilissima pellicola di petrolio depositata sull'acqua dagli scarichi. In questa strisciata è evidenziato cosa avviene a Porto Marghera, canale Malamocco.
Nell'ultimo lucido vi sono delle mie conclusioni estremamente sintetiche, che si riferiscono in particolare alla situazione di Venezia. In realtà i risultati ottenuti confermano l'efficacia dell'utilizzo dei sistemi di telerilevamento passivo da aereo.
PRESIDENTE. Questo sistema ha un nome?
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. No, in questo caso intendevamo riferirci alle tecnologie di osservazione della terra dall'aereo.
PRESIDENTE. La tecnologia è stata fornita dall'ENEA alla Guardia di finanza?
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. No, non è stata fornita dall'ENEA alla Guardia di finanza: è stata sviluppata dall'ENEA ed i risultati sono stati forniti alla magistratura. Ma la metodologia di elaborazione è stata sviluppata dall'ENEA con i suoi sistemi di calcolo, con le sue competenze: adesso è in carico all'ENEA, e potrebbe essere applicata in qualunque altra situazione territoriale analoga a quella di Venezia.
GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Negli anni 1993-1994 abbiamo compiuto una scelta che possiamo definire di taglio strategico. Invece di sviluppare una nostra piattaforma aerea, che abbiamo visto non essere remunerativa, abbiamo deciso di sviluppare tutta la tecnologia di trattamento dell'immagine e di sensoristica. Poi, abbiamo visto che in Italia vi sono diversi aerei disponibili - anche se non del tipo usato dal CNR - per il telerilevamento: quelli della capitaneria di porto, quelli della Guardia di finanza e così via. Il vero problema è che non esiste un sistema organico e coordinato di committenza e di trattamento delle potenzialità. Il sistema, cioè, è assolutamente scoordinato: ognuno utilizza gli aerei ai suoi fini, secondo me senza sfruttare a pieno tutta la potenzialità del sistema aereo. Ciò che serve a valle, infatti, è la capacità di trattamento dei dati. Per esempio, quando in campo medico si usano alcune tecnologie estremamente avanzate, l'aspetto più rilevante è costituito dal trattamento del dato. Anche nel settore in esame, una parte di tecnologia è quella relativa all'analisi, al monitoraggio, l'altra parte è quella del trattamento dei dati.
PRESIDENTE. E dell'utilizzo delle infinite tesi che in questi anni sono state date esattamente sul trattamento dell'immagine in quasi tutte le facoltà scientifiche italiane.
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. La capacità dei sistemi di osservazione della Terra, specialmente da aereo, di rispondere ai quesiti relativi alle discariche sia sulla terraferma sia in mare, quindi, è reale. Bisogna vedere esattamente quali tipi di informazioni sono necessari. Per esempio, la magistratura di Napoli ci chiese addirittura di scoprire cosa succede a 20 metri di profondità: ebbene, dico sinceramente che, a meno che ciò che è stato interrato a quella profondità non abbia effetti soprattutto di natura termica che si trasmettano in superficie, e che quindi potremmo rilevare, a quella profondità non si è in grado di arrivare.
Dal nostro punto di vista di sviluppatori di metodi applicativi, vi ho illustrato quanto abbiamo fatto utilizzando le immagini rilevate con due occhi soltanto. Se potessimo avere immagini rilevate con un maggior numero di occhi, sapremmo fare molto di più. Vi è quindi complementarietà tra la parte di rilevamento multispettrale e la parte elaborativa, cioè con i risultati applicativi.
GIOVANNI SCHERCH, Direttore generale dell'ASI. Essendo l'ultimo ad intervenire, non vorrei ripetere i discorsi sulle strumentazioni e sull'elaborazione di immagini. Per scoprire una discarica abusiva occorrono proprio la strumentazione e l'elaborazione delle immagini. Il problema si pone sulla piattaforma utilizzata, aereo o satellite che sia. Come sapete, intorno alla Terra orbita un elevato numero di satelliti.
PRESIDENTE. Quante migliaia?
GIOVANNI SCHERCH, Direttore generale dell'ASI. Fino ad oggi, in quarant'anni, ne sono stati lanciati cinquemila. Non so quanti ve ne siano ancora, ma credo un buon numero. I satelliti hanno strumentazioni in grado di far vedere tutto, soprattutto quelli di osservazione della Terra, che si basano essenzialmente su tre sensori. Sono importantissimi sia quello ottico sia quello infrarosso, ma il più importante è quello a microonde, perché è quello che consente di far vedere in ogni condizione. In certe condizioni, consente di far vedere anche sotto il terreno: i rifiuti solidi urbani, infatti, hanno un contenuto di acqua di almeno il 60 per cento, e questo aiuta le microonde a diffondersi.
PRESIDENTE. Tenga conto che la Commissione è interessata non soltanto ai rifiuti solidi urbani ma forse anche di più ai rifiuti industriali, e a quella frazione di rifiuti industriali che oggi sono definiti pericolosi. Il suolo e il sottosuolo italiani, non soltanto dove è presente la criminalità organizzata ma anche dove vi è stata un'attitudine criminale di alcune imprese, sono interessati da fenomeni di contaminazione da rifiuti o sostanze pericolosi, come le ammine o altre sostanze cancerogene. Pertanto, disporre di una mappatura del suolo e del sottosuolo italiano da questo punto di vista potrebbe essere un'ambizione di questa Commissione (ovviamente, poi si vedrà come si può procedere in questo senso).
GIOVANNI SCHERCH, Direttore generale dell'ASI. Utilizzando la tecnologia esistente, e con costi possibili, la risoluzione, oggi, è di uno o due metri. Ma specifico che non parliamo di satelliti militari, che probabilmente vedono tutto. Entro il limite di due metri è possibile vedere particolari contenuti anche nel sottosuolo.
PRESIDENTE. Ma finora è stato rilevato che l'indagine nel sottosuolo è ricondotta ad un'analisi termica.
GIOVANNI SCHERCH, Direttore generale dell'ASI. Prima di diventare direttore generale dell'ASI, all'inizio dell'anno, sono stato per molti anni nell'industria (Selenia e Finmeccanica). Mi sono occupato del problema delle discariche in Sardegna, quando l'allora presidente della regione realizzò che la Sardegna non galleggiava più sul mare ma sui rifiuti e voleva risolvere in qualche modo il problema. Tutte le tecniche di cui si è parlato vanno benissimo quando si vogliono analizzare territori limitati o problemi particolari. Cito però la possibilità dei sistemi a microonde di scoprire sotto il terreno particolari rifiuti, di qualsiasi tipo purché a contenuto acquoso, perché in questo caso le microonde si propagano.
L'Italia sta predisponendo un suo sistema di osservazione satellitare della Terra. I satelliti permettono di vedere tutto ciò che si vuole in superficie, ma ho detto che in particolari condizioni possono vedere sotto la superficie tutto ciò che è più grande di due metri. Un satellite
che passa ogni giorno può permettere di effettuare fotografie ad intervallo giornaliero, e quindi di vedere tutto ciò che è cambiato nel corso delle 24 ore: pertanto, discariche che nascono da un giorno all'altro o che cambiano in tale arco di tempo sono sicuramente ravvisabili in questo modo. Intervenire localmente: mi sembra invece difficile coprire tutto il territorio con rilevazioni da aereo. Credo che l'allarme possa essere dato dalle rivisitazioni satellitari: dove si notano fenomeni di anomalia, lì si può intervenire localmente. E' un po' quello che fa la protezione civile: i satelliti ripassano ogni giorno ed indicano situazioni di possibili calamità. Sicuramente, essi riescono a vedere ogni giorno ciò che sta accadendo all'interno del fatto calamitoso. Nel momento in cui sia localizzato un evento di questo tipo, la protezione civile attiva un aereo del tipo G-222, che monta un sensore radar, lo stesso con il quale è stata realizzata la mappatura di tutta la Terra, con il Sarix; muovendosi con il sensore sulla zona individuata, si riesce a gestire il fenomeno. Anche in questo caso, quindi, si tratta di uno strumento che consente una visione generale di quanto sta accadendo nonché la localizzazione delle zone rispetto alle quali vi sono possibilità che possa accadere qualcosa di anormale, dove intervenire con la strumentazione della quale parlavo in precedenza, ai fini di un'analisi approfondita del territorio interessato dal fenomeno.
In definitiva, credo che si tratti di due aspetti assolutamente complementari, di cui il primo legato ad una di quelle prestazioni che stiamo cercando di approntare, anche perché una legge dello Stato del 1996 demanda all'ASI la realizzazione di un sistema di telerilevamento del Mediterraneo, con caratteristiche di rivisitazione giornaliera e di disseminazione spaziale di due metri; tutto ciò, a prescindere da qualsiasi condizione ambientale, stante la disponibilità di sensori sia radar sia ad infrarosso sia, infine, ottici.
Di questo sistema, una parte fornirà servizi di pubblica utilità mentre l'altra parte avrà finalità prevalentemente commerciali. Stiamo mettendo insieme, d'intesa con l'industria, una lista di possibili servizi da fornire. Tra questi, rientra sicuramente il monitoraggio delle variazioni che avvengono nelle discariche, un fenomeno che potrà essere sicuramente controllato grazie al satellite. Una volta individuata la zona, si tratterà di intervenire e di procedere alle analisi multispettrali ed all'individuazione dei contenuti e delle perdite di discariche che risulteranno dalle rilevazioni.
In sostanza, credo che si tratti di un problema eminentemente legato alle strumentazioni, oggi disponibili in vasta gamma. Stiamo osservando sui pianeti del sistema solare le cose più impensabili, più piccole e più trascurabili, attraverso il telerilevamento. Ovviamente, le piattaforme potranno essere diverse a seconda dello scopo che ci si prefigge; del resto, esiste sicuramente una capacità di sviluppo ed una grande possibilità di ottenere immagini.
A Matera abbiamo un centro di elaborazione immagini che raccoglie i dati, li memorizza e li elabora, così ottenendo le foto più disparate, anche con algoritmi, che in futuro si prevede possano essere di tipo interfenometrico. In questo senso va letto il contributo che può essere offerto dai satelliti.
FRANCO GERARDINI. Credo che l'audizione di oggi sia stata molto istruttiva ai fini del lavoro che la nostra Commissione d'inchiesta sta portando avanti. Mi è sembrato di capire che le forme di rilevamento riferite all'individuazione di smaltimenti illeciti od abusivi, in particolare allo stato delle discariche, siano raffigurate, nelle analisi di telerilevamento, attraverso espressioni cromatiche, ossia utilizzando colori. E' stato detto che questi colori dipendono anche da una certa intensità, da una certa percentuale quantitativa; in particolare, si è parlato di parti per milione, ossia di un parametro quantitativo. Vorrei sapere se dalle espressioni cromatiche sia possibile dedurre anche aspetti qualitativi del rifiuto o degli scarichi liquidi individuati. Ad esempio, è possibile risalire, partendo dal colore, alla qualità del rifiuto e, quindi, all'accertamento della sua maggiore o minore pericolosità?
Nel corso dell'audizione dell'allora presidente dell'Albo smaltitori, dottor Amoroso, audizione alla quale procedette la Commissione monocamerale d'inchiesta della XII legislatura, fu illustrata - se non ricordo male - una tecnologia di telerilevamento rispetto ad eventuali attività mobili, di traffico illecito di quantitativi di rifiuti. Vi chiedo se le attività di telerilevamento potrebbero risultare utili anche ai fini dell'individuazione di queste attività mobili, con riferimento allo smaltimento illecito di residui industriali e di rifiuti pericolosi, se cioè possano avere un'utilità anche rispetto ad ipotesi di trasporto di residui industriali od urbani, o comunque connessi ad attività illecite.
GIUSEPPE SPECCHIA. Nel corso dei sopralluoghi effettuati dalla Commissione in alcune realtà del nostro paese, ci siamo posti l'interrogativo volto a stabilire se ad una profondità di cinquanta-sessanta metri fossero stati scaricati fusti contenenti rifiuti pericolosi. Per uno di questi casi, se non sbaglio, il CNR ha già offerto la sua collaborazione.
PRESIDENTE. Per la verità storica, si tratta non del CNR ma dell'Istituto nazionale di geofisica.
GIUSEPPE SPECCHIA. Chiedo scusa.
Vorrei sapere se, con riferimento all'attività di telerilevamento, tra CNR, ENEA ed ASI si sia stabilita una collaborazione non episodica ma stabile, oppure se ciascuno di voi proceda per conto proprio. A mio modesto avviso, l'Italia dispone, fortunatamente, di risorse tecnologiche e di capacità intellettuali che ci collocano all'avanguardia in campo internazionale. Probabilmente però, per effetto di una sorta di mentalità tipicamente italiana, non abbiamo una capacità organizzativa idonea a consentirci di utilizzare queste risorse a fini applicativi.
PRESIDENTE. Non è mia intenzione censurare il collega Specchia, ma ritengo che questa domanda - lo dico anche avendo osservato i volti espressivi dei nostri ospiti - sia più propriamente da destinare ai ministri della ricerca scientifica e dell'ambiente.
GIUSEPPE SPECCHIA. Volevo soltanto sapere se il CNR, l'ENEA e l'ASI abbiano un rapporto di collaborazione.
PRESIDENTE. Do senz'altro la parola ai nostri ospiti per la replica.
CARLO MARIA MARINO, Responsabile del progetto LARA del CNR. Come voi sapete, le discariche, soprattutto quelle abusive e quelle collocate in territori ad alto rischio ambientale (parlo di "rischio ambientale" non esclusivamente in termini chimico-fisici), sono sorte in passato in corrispondenza di cave di materiali lapidei. A livello di applicazione della scienza, le barriere non esistono. E' chiaro che ciascuno indirizza la sua attività secondo canoni istituzionali. Ad esempio, io sono indirizzato verso un certo discorso perché da molto tempo l'ente di ricerca istituito con atti del Parlamento, con atti che risalgono ormai alla prima metà del secolo, è stato chiamato ad occuparsi di determinate cose. Tra di noi non c'è emulazione negativa, tanto che le occasioni rappresentate da congressi e convegni sono create proprio al fine di uno scambio delle reciproche esperienze. Sotto il profilo istituzionale, invece, siamo indirizzati laddove ci porta non solo il cuore ma anche i finanziamenti.
Il discorso sulle discariche, in particolare sulle volumetrie, è stato ed è affrontato con due "oggetti" probabilmente poco conosciuti: si tratta dei due voli Italia 1990-1991 e 1994-1995, il primo di proprietà del Ministero dell'ambiente, che hanno realizzato riprese fotogrammetriche, quindi stereoscopiche, con l'obiettivo di rilevare volumetrie (in parole povere, o ambienti vuoti oppure ambienti che sono diventati pieni tra un passaggio e l'altro). Quindi, già esiste una enorme banca dati che in futuro potrebbe rappresentare un punto di partenza per assicurare una copertura globale del territorio. E' chiaro che lavoriamo tutti portando avanti l'elettronica, l'elaborazione dei dati, la cartografia tematica, la diffusione del dato in Internet, Intranet ed Externet; tuttavia, la vecchia e cara fotografia aerea che, nel bene o nel male, ha ormai novant'anni di storia, ha a volte un suo ruolo ed una sua capacità. La fotografia aerea ad alta quota del territorio nazionale, che, tanto per cambiare, ci ha collocato in prima linea a livello europeo per banche dati di questo genere, potrebbe rappresentare un domani un buon punto di partenza.
All'onorevole Gerardini faccio presente che vi sono caratteristiche specifiche di determinati oggetti inquinanti (non solo l'amianto), per i quali l'individuazione è praticamente univoca. A volte, però, è chiaro che si sversa, sia sul terreno sia in profondità (per profondità intendiamo volumi compresi tra qualche millimetro rispetto alla superficie fisica del terreno; nei casi migliori parliamo di qualche decimetro: più in là, io conosco solo la fantascienza, ma potrei anche essere limitato)...
PRESIDENTE. Ci potrebbe fare un breve e rapido elenco delle sostanze che lei sostiene possano essere individuate in modo univoco, come l'amianto?
CARLO MARIA MARINO, Responsabile del progetto LARA del CNR. Ho qualche pregio ma di sicuro non ho il difetto della "tuttologia". Parlo dei settori che conosco. Le posso dire che sul terreno si possono identificare tutti i componenti che abbiano comunque un contenuto di tipo mineralogico certo. L'amianto può essere uno di questi, ma possiamo citare tutta una serie di altre sostanze: le polveri di vario tipo e qualità prodotte dagli impianti industriali le andiamo a individuare come quantità di polvere. Poi, l'esperto della materia specifica dirà se si tratta di cemento Portland piuttosto che di argilla, perché è stato usato, per esempio, per un certo tipo di coperture o di mattoni (e in questo caso parlo di inerti, che sono pericolosi nei greti dei fiumi, da un certo punto di vista, ma non come inquinanti nella tossicologia ambientale). Poi vi sono vari tipi di idrocarburi: l'oil slick di vari tipi e qualità, sia quantitativamente (spessore della pellicola) sia qualitativamente; greggi pesanti di vario tipo e qualità, piuttosto che gasoli e benzine. Queste partizioni, che però sono riferite a vari tipi di sversamenti in discarica o, nel caso specifico, in mare, vengono identificati.
Esistono sia presso i nostri istituti (e mi riferisco a tutti coloro che sono intervenuti sulla materia) sia in campo internazionale librerie di spettri, quindi di "impronte digitali", delle materie che sono viste in laboratorio, delle migliaia di sostanze naturali o derivate che esistono. Ma prima di poter dire di cosa si tratta, è necessario avere dei campioni che rivelino come cambia la firma vista da una distanza di 10 centimetri in laboratorio, in condizioni ambientali ottimali di temperatura e clean air rispetto alla situazione reale. E' chiaro che nella situazione reale le 10 mila sostanze del vademecum del buono iperspettrale diventano mille, però per queste mille il discorso viene fuori. Il cemento amianto e il fibrocemento sono due prodotti che hanno avuto identico impiego dal punto di vista edilizio; ma da quello della pericolosità ambientale sono due pianeti totalmente diversi. Ebbene, è possibile fare una distinzione di questo genere, che dimostra la finezza cui si è arrivati.
Ho qui degli esempi applicativi - ho detto che bisogna dimostrare la tecnologia con applicazioni concrete - di un discorso di questo genere. Per esempio, il commissario ad acta della laguna di Orbetello un giorno chiese come mai, quando vi è un certo clima, la laguna di riempiva di alghe, con i problemi di natura ambientale da ciò derivanti. Qual era il meccanismo che faceva sorgere questo problema? Fu innanzitutto necessario identificare quali tipi di alghe fossero presenti e poi vedere quali condizioni meteoclimatiche e di temperatura delle acque lo facesse scattare. L'identificazione algale è stata fatta con tecniche di rilevamento iperspettrale. Quindi, il "nome e cognome" di certe sostanze oggi è identificabile. Il problema che rimane - ed è bene dircelo - è che, quando si mettono le cose al di sotto, nove volte su dieci provocano riflessi anche sopra. Faccio anche qui un esempio, quello delle perdite da oleodotti. E' un altro discorso interessante dal punto di vista dell'impatto ambientale. Ebbene, la perdita da oleodotto la si può vedere nella misura in cui ha effetti in superficie. Facendo riprese in diversi momenti della giornata, quando il terreno si raffredda o si riscalda in modo diverso, la perdita deve provocare un cambiamento in superficie; questo cambiamento può non essere solo termico, può anche essere un cambiamento della risposta della vegetazione, se è presente, perché le piante "pescano" in profondità: se lo fanno nel metano, invece che in una situazione di interscambio aria-suolo normale, è chiaro che avranno uno stato di salute diverso. Ma è sempre un effetto che deve arrivare in superficie.
PRESIDENTE. Desidero rivolgerle una domanda di carattere tecnico sul progetto LARA. Qual sarebbe il guadagno nel passare da 102 a 200 canali, quindi nel ridurre l'ampiezza di banda ispezionata?
CARLO MARIA MARINO, Responsabile del progetto LARA del CNR. Sarebbe un po' come passare, in automobile, dal cambio a quattro marce a quello a otto marce, passando quindi da una macchina normale ad una da corsa. In primo luogo sarebbe necessario avere quello che in termini automobilistici è definito il "manico", cioè la capacità di gestire la nuova situazione. Aumentando il numero delle bande a parità di risoluzione, infatti, e ipotizzando che il problema della tecnologia dell'apparato sia risolto, la quantità di dati da gestire... Ovviamente, il moltiplicatore. Il moltiplicatore serve se, per identificare l'"impronta digitale" dell'oggetto 102 punti non fossero sufficienti e vi fosse confusione in qualche punto. Per adesso, in base alle esperienze (nostre, della NASA e dei colleghi tedeschi), le elaborazioni da tutti eseguite, sulle quali io concordo, indicano che non è detto che vi sia un miglioramento. Aggiungo, con la massima franchezza, che per certe cose non userei 102 bande.
GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Nell'esperienza dell'ENEA abbiamo utilizzato sia una piattaforma aerea con tecnologie di rilevamento più limitate (12 canali) sia aerei come quelli della Guardia di finanza. Per tutta una serie di usi, per quello che definirei l'utilizzo brutale, i 102 canali non sarebbero, come ha detto il professor Marino, necessari: diciamo che sono un affinamento. Oggi siamo dotati di tutta una serie di tecnologie, da quelle di rilevamento aereo alle tecnologie satellitari. Si utilizza l'una o l'altra in funzione dell'obiettivo che si desidera raggiungere: è chiaro che è l'obiettivo, cioè lo scopo dell'indagine, a dirci se è meglio utilizzare il telerilevamento come quello della Guardia di finanza o quello a 102 canali. Come ho detto prima, ciò che è mancato nel sistema Italia è la capacità di committenza, cioè riuscire a capire che, per risolvere un determinato problema, era necessario chiamare determinati soggetti. Più si spinge la sensoristica (utilizzando 100 o 200 canali) più si deve avere la capacità adeguata di trattare le informazioni.
PRESIDENTE. Ma con APE...
GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Infatti, abbiamo un'esperienza specifica per il trattamento immagini di questo tipo di informazione con supercalcolo. Però in molti casi questo non è necessario.
PRESIDENTE. Sono d'accordo.
GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Rispondo adesso al senatore Specchia a proposito della collaborazione. La collaborazione fra i tre enti non è episodica, bensì organica su temi programmatici che ci vedono insieme. Vi è tutta una serie di programmi in cui collaboriamo. Cito l'esempio del programma nazionale Antartide, in cui le tecnologie di rilevamento da satellite o da aereo sono molto utilizzate: è chiaro che vi è una stretta collaborazione. Potrei citare altri esempi del genere. Forse ciò che manca è una collaborazione più di tipo strategico. L'ASI recentemente ha istituito una commissione di supporto per il coordinamento delle attività di ricerca in campo spaziale dei vari enti; io ne faccio parte in rappresentanza dell'ENEA e, oltre a me, vi sono i rappresentanti del CNR, dell'INFM e altri. L'ASI, infatti, avendo una quota consistente di finanziamento per attività di ricerca come l'osservazione della Terra, lo sviluppo di tecnologie sensoristiche, che interessano gli altri enti, per definire i suoi obiettivi programmatici e dare priorità all'utilizzo dei finanziamenti ha pensato che fosse corretto istituire questo tavolo.
PRESIDENTE. Sì, ricordo qualche polemica a proposito di questa percentuale dedicata a quella che poi, nei fatti, è una ricerca fondamentale.
VINCENZO FERRARA, Responsabile del progetto Mediterraneo dell'ENEA. Il programma Mediterraneo è un esempio di collaborazione tra l'ENEA, il CNR, l'università e l'industria. Il finanziamento dello Stato è di 15 miliardi, ma il programma è da 26 miliardi.
PRESIDENTE. Vi ringrazio perché abbiamo avuto risposte in qualche misura rassicuranti rispetto alle capacità di coordinamento dei diversi enti, che pure hanno diverse finalità di ricerca, alcune più applicative (l'ENEA e l'ASI) e altre più connesse alla ricerca fondamentale (il CNR). Non è nelle potestà di questa Commissione - né ci verrebbe mai in mente - di pensare ad un coordinamento delle attività di ricerca di questi enti. Ma rientra sicuramente nelle intenzioni della Commissione vedere la strada per riuscire ad ottenere quello che prima, in termini semplicistici, ho definito un monitoraggio del territorio nazionale dal punto di vista non solo dell'identificazione delle discariche (il regolare sorvolo da parte del satellite è senz'altro utilissimo alla prevenzione e repressione di alcuni fenomeni), ma anche per sapere cos'è accaduto al territorio negli ultimi venti anni a causa di un'attività soprattutto illecita di sversamento di rifiuti nel suolo e nel sottosuolo.
Ciò che ci avete detto e ci avete fatto vedere ci induce a ritenere che questo monitoraggio possa essere eseguito. Ci troviamo subito di fronte ad una questione relativa ai costi e alla scelta di chi lo deve fare. Ritengo che il Ministero dell'ambiente, eventualmente di concerto con altri ministeri, possa, ad esempio attraverso convenzioni o accordi di programma, dare vita ad un'iniziativa di questo genere. Alla Commissione interessa l'aspetto rifiuti, interessa avere una valutazione dei possibili costi per impiegare un numero di apparecchiature sufficiente a redigere questa carta. Pertanto, chiedo in particolare al CNR, essendo gli altri due enti più abituati a questo tipo di rapporti, di farci pervenire una stima dei costi dell'organizzazione che servirebbe per realizzare tale progetto. La Commissione, infatti, su questo vuole e può intervenire.
LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Presidente, possiamo sicuramente preparare un breve documento in cui valutare come sia possibile organizzare un servizio di monitoraggio. Vi sono aspetti di costi e anche aspetti organizzativi.
PRESIDENTE. Esatto. Chiederei al CNR qualcosa che va un po' al di là delle sue specifiche competenze, non in termini di impegno immediato ma di un progetto di massima.
LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Per quanto sarebbe necessario, orientativamente?
PRESIDENTE. Prima è, meglio è, ma compatibilmente con gli impegni dell'ente.
LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Va bene, allora as soon as possible.
PRESIDENTE. Vi ringrazio.
ANTONIO BRUNO DELLA ROCCA, Responsabile dell'unità per l'elaborazione delle immagini telerilevate dell'ENEA. Presidente, la Commissione aspetta una proposta di questo tipo anche da parte dell'ENEA o ritiene che sia sufficiente quella del CNR?
PRESIDENTE. Per il momento ritengo importante avere quella del CNR proprio perché è un ente che ha natura e compiti d'istituto diversi da quelli dell'ENEA e dell'ASI, che sono più abituati ad avere rapporti diretti con le amministrazioni.
Vi ringrazio e vi saluto.
PRESIDENTE. Colleghi, vi ricordo che la prossima settimana non sono previste sedute e vi comunico che la missione in Piemonte si svolgerà presumibilmente giovedì 20 e venerdì 21 novembre prossimi. Invito i commissari ad avanzare eventuali ulteriori suggerimenti sulle località da visitare, al fine di predisporre il programma definitivo.
La seduta termina alle 15,30.