CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
8.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 24 SETTEMBRE 1997
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
INDICE
Sulla pubblicità dei lavori. *
Audizione dell'assessore all'ambiente della regione Piemonte, dottor Ugo Cavallera, e dei rappresentanti dell'ANCI e della Federambiente. *
Comunicazioni del presidente. *
La seduta comincia alle 17,30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'assessore all'ambiente della regione Piemonte, dottor Ugo Cavallera, e dei rappresentanti dell'ANCI e della Federambiente.
Nel salutare i nostri ospiti, che ringrazio per aver aderito al nostro invito, li invito a svolgere un intervento introduttivo sulle problematiche connesse alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, con particolare riguardo all'azione degli enti locali ed alla luce sia del decreto legislativo n. 22 del 1997 sia dell'attuazione dei piani di smaltimento rifiuti, ossia dello strumento cardine a disposizione delle regioni in questo settore. Ovviamente, ove ne ravvisassero l'opportunità, l'assessore all'ambiente della regione Piemonte ed i rappresentanti dell'ANCI e della Federambiente potranno integrare le considerazioni che si accingono a svolgere in questa sede con memorie e documenti scritti da far pervenire alla Commissione in un momento successivo.
UGO CAVALLERA, Assessore all'ambiente della regione Piemonte. Ho aderito all'invito a partecipare a questa seduta anzitutto per portare in sede parlamentare la voce della nostra regione ma anche, in ragione della funzione di coordinamento tra le varie regioni che esercito in posizione di primus inter pares, per affrontare problematiche più generali. Lo farò, ovviamente, in termini sintetici, ma fin d'ora mi riservo di far pervenire alla Commissione una documentazione integrativa. Nei prossimi giorni si svolgeranno riunioni dei coordinamenti interregionali; in quelle sedi solleciterò i colleghi ad inoltrare alla Commissione memorie dettagliate, tali da poter fornire un quadro preciso dello stato dell'arte.
Ci troviamo nella fase di attuazione del decreto legislativo n. 22 del 1977, provvedimento che, per certi versi, ha suscitato anche una serie di critiche, con particolare riguardo alla questione della sua applicabilità in tempi rapidi nonché ad una serie di previsioni normative che da taluni sono state considerate ridondanti dal punto di vista delle procedure burocratiche o anche non selettive sotto il profilo delle sanzioni. Si tratta, tuttavia, di un provvedimento importante anche perché costituisce un momento di partenza - o, per lo meno, di ulteriore partenza - in un settore delicato, nel cui ambito si sono registrati ritardi imputabili a più parti. Sotto questo profilo, credo che nessuno possa scagliare la prima pietra.
Da quanto mi risulta, le regioni si trovano in una situazione diversificata a seconda delle realtà in cui ciascuna di esse opera. Vi sono regioni che, già a monte del decreto legislativo n. 22, si erano dotate di piani e di una legislazione specifica sotto forma di legge regionale o di testo unico in materia di smaltimento dei rifiuti. Si tratta di un aspetto che va sottolineato nonostante in buona parte i piani siano risultati non applicati o, comunque, abbiano fatto emergere difficoltà in fase di attuazione. Vi sono poi altre regioni che non si trovano nella stessa condizione e che, invece, incontrano difficoltà ai fini dell'adozione dei piani ed anche sotto il profilo della predisposizione di una legislazione di settore.
Le norme transitorie del decreto legislativo n. 22, comunque, salvaguardano le varie realtà e prendono atto, in termini di conferma, della situazione riscontrabile in molte regioni del nord, ma non solo del nord, nelle quali si era già proceduto a conferire una delega operativa alle amministrazioni provinciali. In sostanza, il decreto Ronchi cerca di migliorare il sistema senza destabilizzare quel poco o quel tanto, a seconda dei punti di vista, che si era riusciti a mettere in piedi in termini istituzionali ed operativi.
Per quanto riguarda specificamente la regione Piemonte, prima dell'entrata in vigore della nuova normativa avevamo iniziato a predisporre il secondo piano di gestione dei rifiuti; nel momento in cui è stato approvato il decreto legislativo n. 22 siamo riusciti, con qualche difficoltà ma comunque nel giro di pochi mesi, ad adeguare gli obiettivi del piano al nuovo atto legislativo, tanto che il 30 luglio avevamo già adottato il piano aggiornato di gestione dei rifiuti che, in base ai criteri dettati da una nostra legge regionale, sarà legato ad iniziative attuative da parte di ciascuna amministrazione provinciale. In particolare, si prevede il ricorso a forme di consorziamento obbligatorio per alcune funzioni di base nonché un coordinamento delle iniziative promosse sul territorio.
Il coordinamento delle regioni condivide pienamente gli obiettivi del decreto legislativo n. 22, con particolare riguardo alla scelta prioritaria effettuata in ordine alla raccolta differenziata, cadenzata attraverso varie tappe temporali. E' evidente che una politica di questa natura va intrapresa non soltanto perché è di moda o perché non esistano altre possibilità operative, ma perché si è convinti dell'opportunità di promuoverla, anche nella prospettiva di avviare una progettazione sul territorio di efficienti ed efficaci sistemi di raccolta differenziata.
Per quanto ci riguarda, in questi anni, nell'attesa di poter disporre di uno strumento più complessivo ed utilizzando le risorse che si sono rese disponibili in conseguenza dell'applicazione della cosiddetta ecotassa o derivanti dalla gestione autonoma del bilancio regionale, abbiamo sostenuto le realtà comunali, intercomunali e sovracomunali ai fini della realizzazione degli impianti di compostaggio e di valorizzazione dei rifiuti connessi alla raccolta differenziata.
Nel momento in cui si va a formare una frazione secca, con una certa qualificazione anche dal punto di vista del potere calorifico, condividiamo - e nel nostro piano è rinvenibile un riscontro in tal senso - l'orientamento favorevole alla realizzazione di impianti di incenerimento e di termodistruzione finalizzati al recupero energetico. Ecco perché presentiamo alle comunità locali un programma che, tutto sommato, riconduce la discarica alla sua funzione di anello terminale di un sistema. Sotto questo profilo, credo che nel giro di poco tempo si darà corso ad una pianificazione integrata.
Il piano che abbiamo adottato - del quale vi forniremo copia - vuole rappresentare un tentativo di prevenzione, nel senso che, promuovendo iniziative e realizzando opportunità ed impianti, si tende ad evitare che sul territorio possano dilagare alcuni fenomeni, che tra l'altro hanno interessato anche la nostra regione, così come del resto risulta dalla relazione conclusiva della Commissione d'inchiesta istituita nella XII legislatura. Mi riferisco, in particolare, alle note vicende di Ciriè, dell'alessandrino, e di Piossasco, dove sono stati riscontrati fatti criminali; in queste realtà territoriali si è determinata una situazione che ha richiesto l'intervento pubblico ai fini della bonifica. Le relative attività dovrebbero essere ormai giunte alla fase finale. Sono state avviate le conseguenti azioni di recupero del danno, che probabilmente non porteranno risultati positivi per le casse dello Stato, se non in una prospettiva a lunghissima scadenza. Sotto questo profilo, va comunque sottolineato l'impegno degli organi statali, nonché di quelli comunali e regionali, che tengono sotto osservazione tutto ciò che è emerso intorno a questi episodi, in termini non soltanto di gestione diretta ma anche di sistema di ragnatela individuato rispetto a queste situazioni.
E' chiaro che le situazioni anomale si originano a causa dell'inerzia sia della mano pubblica sia delle imprese, che possono sempre organizzarsi, richiedere autorizzazioni ed inserirsi all'interno dei piani predisposti dalle regioni o dagli enti locali.
In tale contesto si pone la grossa questione della normativa. Non possiamo non sottolineare l'importanza di un'attività di monitoraggio e di verifica della normativa che si va consolidando, anche cogliendo una serie di segnali provenienti dal mondo degli operatori. A nostro avviso, piuttosto che un sistema volto a privilegiare la sanzione anche per violazioni meramente formali e comunque minime, sarebbe opportuno cercare di coinvolgere il mondo degli operatori, ovviamente quelli che accettano di sottomettersi alla legge, nel senso di creare percorsi per raggiungere un certo risultato nel rispetto degli standard legislativi. Si tratterebbe, in sostanza, di prevedere un discorso sanzionatorio progressivo, che alla fine colpisca duramente chi, fin dall'inizio, ha assunto atteggiamenti ambientalmente dannosi ma che, per tutta una serie di altre questioni si svolga in modo più articolato. Il nostro è un sistema che, per tradizione, è molto cartaceo, fondato sulla documentazione burocratica, per cui a volte si privilegia la regolarità formale piuttosto che l'aspetto sostanziale. In questi giorni abbiamo raccolto segnalazioni, anche provenienti da associazioni rappresentative di categoria, che vanno proprio in questa direzione. Noi stessi, che pure avevamo esaminato con attenzione il decreto legislativo n. 22 fin dalla fase della sua emanazione, non avevamo messo completamente a fuoco la questione.
In definitiva, credo che tutti i percorsi previsti dalle leggi per favorire coloro i quali vogliono rientrare nella normalità o raggiungere determinati obiettivi qualificanti, anche di autoqualificazione, debbano essere agevolati.
Non scopro certo l'acqua calda se segnalo una situazione di notevole difficoltà che si registra sul territorio. La nostra esperienza in tema di realizzazione di sistemi integrati e di impianti di gestione dei rifiuti ci ha dimostrato come, pur assicurando un'informazione il più possibile ampia (non voglio dire corretta, anche se certamente lo è nelle intenzioni) e destinata a tutti i soggetti istituzionali e sociali operanti sul territorio, i comportamenti pregressi assunti in questo settore condizionino negativamente l'impatto con le comunità locali. Tutto ciò, ovviamente provoca una serie di preoccupazioni. Come regione Piemonte, abbiamo ipotizzato il piano di gestione dei rifiuti anche tratteggiando qualche ipotesi di coinvolgimento finanziario; abbiamo la sensazione che sia certamente possibile attuare concretamente un piano integrato di gestione dei rifiuti ma che il grosso nodo, il grosso scoglio da superare sia quello del rapporto con le comunità locali, che abbiamo ipotizzato di coinvolgere nei consorzi obbligatori di base. E' probabile che, nel momento in cui saranno coinvolte fin dall'inizio nelle scelte, le amministrazioni non si sentiranno in qualche modo calare dall'alto le scelte stesse.
Sta di fatto che, quando si avviano certe iniziative, automaticamente nasce il comitato antiimpianto di compostaggio o antiimpianto di valorizzazione dei rifiuti. Credo che la ragione a base di questo atteggiamento sia storica, nel senso che è individuabile a monte della situazione di oggi, cioè in una serie di situazioni pregresse che hanno creato un clima di sfiducia generalizzato. I comportamenti anomali o comunque censurabili, sotto vari profili, degli operatori (nella nostra regione, di recente, si sono registrati casi di fuga di biogas e si sono avuti comportamenti non corretti sotto il profilo della gestione delle discariche) ovviamente non creano un ambiente favorevole a recepire proposte di un certo genere.
In definitiva, registriamo i seguenti elementi: la realtà di alcune regioni che, con difficoltà, cercano di programmare e di pianificare; l'esigenza di una normativa che probabilmente è necessaria per far decollare una nuova fase nel campo dei rifiuti, nonché di una diversa disponibilità da parte delle associazioni rappresentative del mondo imprenditoriale e degli operatori di tutti i tipi, anche pubblici, insieme al perdurare di una normativa abbastanza farraginosa; infine, una grossa difficoltà dal punto di vista dell'impatto con le realtà locali per mettere a punto un sistema che, una volta a regime, possa fungere da deterrente primario rispetto a comportamenti che, comunque, vi saranno sempre.
Le regioni stanno profondendo un grosso impegno per quanto riguarda i controlli ambientali, con particolare riguardo alla costituzione delle agenzie regionali di protezione dell'ambiente. Probabilmente è stata superata la china della metà delle regioni e delle province autonome che hanno costituito le agenzie e siamo a conoscenza di molte leggi regionali in discussione che si muovono in questa direzione.
La questione dei controlli ambientali ha un rilievo fondamentale. Molte volte nel nostro paese si producono leggi bellissime che poi, però, non sono osservate a livello operativo. Sottopongo alla vostra attenzione la necessità, se vogliamo davvero disporre di uno strumento efficace, di creare le condizioni per una dialettica, che deve essere in qualche modo definita, con il mondo della sanità. Non dimentichiamo che le agenzie di controllo ambientale assorbono i vecchi laboratori di sanità pubblica ed una parte dei servizi di igiene, cioè le risorse umane, finanziarie ed organizzative che prima erano dedicate ai controlli sanitari. In questo quadro si innestano poi finanziamenti, competenze e risorse messi a disposizione sia delle regioni sia degli altri enti locali, che si avvalgono primariamente delle agenzie di controllo ambientale.
Nessuno intende chiedere nuove risorse; si tratta soltanto, all'interno di una politica di prevenzione, di distinguere, in un capitolo che un tempo era sostanzialmente riferito alla sanità, tra la prevenzione prettamente sanitaria e quella ambientale. Le regioni che sono già in stato avanzato hanno dovuto affrontare il problema della dialettica tra questi due mondi, l'un contro l'altro armato. Se intervenisse una normativa quadro o, comunque, una riconsiderazione, ad alcuni anni dall'entrata in vigore della legge n. 61 che istituiva le ARPA, si tratterebbe sicuramente di un'iniziativa opportuna al fine di evitare la frantumazione di competenze a livello statale, che ancora permane, tra ANPA ed una serie di soggetti, individuati da sigle diverse, che operano non tanto nel campo del controllo diretto quanto in quello dell'elaborazione di normative tecniche. E' fondamentale che questi momenti siano il più possibile coordinati.
Ribadisco l'impegno a far pervenire alla Commissione una memoria esaustiva per quanto riguarda la regione Piemonte nonché quello di coordinare e stimolare la raccolta di dati da parte delle altre regioni. Chiederò inoltre al presidente pro tempore della conferenza dei presidenti delle regioni, dottor D'Ambrosio, di affrontare le questioni che stiamo trattando in una prossima seduta della conferenza.
Ovviamente, sono disponibile a soddisfare, per quanto mi sarà possibile, qualsiasi richiesta di chiarimento o di integrazione.
PRESIDENTE. Nel ringraziarla, le anticipo che la nostra Commissione, intenzionata, in coerenza con le indicazioni contenute nella legge istitutiva, ad articolarsi in gruppi di lavoro, ne costituirà sicuramente uno che sarà chiamato ad occuparsi dell'impatto normativo del decreto legislativo n. 22, in rapporto sia alle amministrazioni regionali sia agli operatori ed alle imprese. Nel momento in cui questo gruppo di lavoro sarà costituito, scriverò al presidente della conferenza dei presidenti delle regioni caldeggiando uno screening con riferimento agli aspetti attinenti alle varie leggi regionali, anche alla luce di un confronto tra di esse, ed ai piani di smaltimento, nonché per chiedere quali siano i suggerimenti che le regioni intendono formulare a livello parlamentare, nella prospettiva di predisporre adeguati interventi legislativi. Analoga richiesta, ovviamente, rivolgerò anche all'ANCI, in modo che l'istituendo gruppo di lavoro possa rapportarsi in maniera positiva con le amministrazioni regionali e comunali.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. L'assessore Cavallera ha segnalato una difficoltà nell'azione di recupero del danno. Poiché ha accennato ad alcune azioni intraprese in questa direzione, vorrei sapere di che tipo di azioni si tratti, in particolare se siano consistite in iniziative assunte davanti al giudice civile oppure se sia stata esercitata l'azione di danno ambientale prevista dalla legge istitutiva del Ministero dell'ambiente. Vorrei anche sapere se qualcuna di queste azioni abbia avuto una sua definizione o se, allo stato, tutte siano ancora in itinere.
FRANCO ASCIUTTI. Mi risulta che nel biellese abbiate avuto problemi con riferimento ad un inceneritore della FIAT. Come si è evoluta la situazione e quali inconvenienti ha prodotto?
UGO CAVALLERA, Assessore all'ambiente della regione Piemonte. Mi riservo di fornire una risposta al senatore Lubrano dopo aver consultato gli uffici legali. Per ora, posso dire che abbiamo intrapreso una serie di interventi prioritari che, pur finanziati dal Ministero dell'ambiente, sono stati accelerati a seguito di ordinanze della protezione civile. L'azione di recupero del danno, in sostanza, è portata avanti anzitutto dai commissari nominati con ordinanza, ovviamente in concorso con i nostri servizi legali. Al momento, non sono in grado di indicare riferimenti precisi. So che gli interventi non si sono limitati soltanto a considerare che, ad esempio, una certa ditta fosse fallita, ma hanno seguito tutta una serie di passaggi di proprietà, per verificare la possibilità di individuare i responsabili in senso lato. Parliamo di centinaia di miliardi di interventi complessivi, impegnati in epoche recenti, per affrontare il problema dei veleni sparsi sul territorio.
Per quanto riguarda la domanda sull'inceneritore della FIAT a Biella, lo stato dell'arte è il seguente: la società Fenice del gruppo FIAT, che opera in campo ambientale, ha ottenuto dal Ministero dell'ambiente una valutazione d'impatto ambientale positiva per realizzare l'inceneritore di rifiuti speciali a Verrone, nel biellese. Questa decisione è stata vista come "calata dall'alto" sia, in qualche modo, da parte nostra, come regione, sia, e soprattutto, dalle comunità locali. Ormai abbiamo maturato una certa esperienza, per cui riteniamo che probabilmente determinate scelte dovrebbero nascere dal basso, o comunque vedere un coinvolgimento delle realtà locali fin dall'inizio. Il gruppo FIAT è importantissimo a livello nazionale anche sotto il profilo di un corretto approccio alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, per cui a suo tempo concluse un accordo di programma con il Ministero dell'ambiente dal quale le comunità locali, compresa la regione, furono escluse. Questo ha determinato sì un iter burocratico che ha portato al decreto di VIA, ma quando si è dovuti passare dalle parole ai fatti sono sorte difficoltà. Tali difficoltà possono essere le "solite", come la rivisitazione dell'istruttoria in un'ottica locale, perché nessuno meglio di quelli del posto conosce la situazione: la direzione del vento può essere indicata dal servizio meteorologico dell'aeronautica, ma il contadino del posto è in grado probabilmente di fare lo stesso, e così via. Si è creata perciò una situazione di stallo e di attesa, anche, e devo dargliene atto, con grande senso di responsabilità da parte della società Fenice, che piuttosto che arrivare a momenti di forzatura procedurale...
PRESIDENTE. Anche perché gli impianti non si possono fare con i carri armati.
UGO CAVALLERA, Assessore all'ambiente della regione Piemonte. Certamente. Come mi ricorda il dottor Belfiore, responsabile regionale del settore rifiuti, nel frattempo è successo un fatto molto importante, cioè la costituzione della provincia di Biella. All'epoca non ero assessore, ma pare che la provincia di Vercelli fosse coinvolta; una volta istituita la provincia di Biella, quest'ultima gestisce in modo più diretto il territorio, avendo maggiori dati di conoscenza. La società Fenice non ha mai presentato alla regione la domanda di autorizzazione alla costruzione, anche perché si attendeva l'approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti. Ora disponiamo di questo strumento.
PRESIDENTE. Dalla fine di luglio?
UGO CAVALLERA, Assessore all'ambiente della regione Piemonte. Sì, è stato approvato il 30 luglio. Una regione industrializzata come la nostra deve porsi il problema di creare un sistema di smaltimento adeguato al sistema produttivo esistente. Il biellese è rilevantissimo sotto questo profilo e presenta grossi problemi. Nel piano regionale dei rifiuti non scendiamo, ovviamente, nel dettaglio delle singole iniziative, perché sono lasciate alla discrezionalità delle amministrazioni provinciali: ci siamo limitati ad identificare i fabbisogni per le varie tipologie del ciclo dei rifiuti. Però abbiamo prefigurato che il nord-est della regione, cioè le province di Biella, Vercelli, Novara e Verbania, rispetto alle grandi province di Torino, Cuneo e Alessandria costituisce un quadrante di province medie che, evitando di duplicare, triplicare o quadruplicare tutte le tipologie di impianti, possono dialogare tra loro per pervenire ad un risultato comune. Quindi, oltre al quadro costituito dal piano regionale, vi è un dialogo proficuo tra le province.
I problemi sono comunque grandissimi, perché siamo sulla soglia dell'emergenza sia a Biella sia a Novara (come del resto in molte altre parti d'Italia). Credo perciò che vi siano le condizioni per considerare questo aspetto in modo risolutivo. A mio avviso, le quantità ipotizzate all'epoca oggi potrebbero essere riviste in termini di calo, anche perché risulta che il gruppo FIAT si pone il problema di migliorare l'attività di riutilizzo e, quindi, quella dello smaltimento finale.
Credo di aver illustrato i termini della questione. Non so cosa accadrà in futuro, ma da parte nostra vi è un atteggiamento di sollecitazione a trovare soluzioni che contemperino le esigenze pubbliche, cioè quelle dei comuni in materia di rifiuti urbani, con quelle del comparto industriale.
PRESIDENTE. La ringrazio. Dopo l'intervento del rappresentante delle regioni, ascoltiamo la dottoressa Scozzese, che è qui in rappresentanza dell'Associazione dei comuni insieme alla dottoressa De Petris.
SILVIA SCOZZESE, Rappresentante dell'ANCI. Sì, rappresento l'ANCI insieme all'assessore all'ambiente del comune di Roma. Purtroppo il vicepresidente Moffa, sindaco di Colleferro, non è potuto intervenire. Abbiamo comunque rivolto il quesito posto da questa Commissione d'inchiesta a diverse realtà locali, piccole e grandi, sia del nord sia del sud. Ci riserviamo di inviare alla Commissione una nota scritta al riguardo, poiché stanno arrivando le prime risposte.
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Non tornerò su alcune questioni già affrontate dall'assessore della regione Piemonte, anche perché le abbiamo affrontate insieme nel rapporto comuni-regioni. Affronterei invece questioni concrete che riguardano i temi specifici che interessano questa Commissione.
Il comune di Roma, per nostra fortuna, forse non è il più indicato a rappresentare vicende complesse come quelle delle attività illegali connesse al ciclo di smaltimento dei rifiuti. Abbiamo invece assistito a episodi, in un passato anche recente, connessi allo smaltimento di rifiuti tossico-nocivi provenienti dal nord d'Italia. Ma la questione che poniamo con maggiore rilevanza riguarda la situazione dei comuni limitrofi a quello di Roma, soprattutto verso il basso Lazio, perché molto più a rischio, che possono avere conseguenze anche sul comune di Roma. Questa estate vi è stato il secondo "incidente" alla discarica di Col Felice, che per fortuna ha ripreso rapidamente a funzionare lunedì scorso. Ovviamente, nel periodo di chiusura, le conseguenze si sono avvertite immediatamente sulla discarica di Malagrotta.
Il nostro comune è poco interessato, se non ai confini, da determinati fenomeni, anche per la scelta, legata alla battaglia dei comitati di quartiere intorno alla discarica di Malagrotta, di pervenire al bacino chiuso. Sapete che il bacino di Roma comprende soltanto la città e i due aeroporti, quindi i comuni di Fiumicino e Ciampino. E' evidente che l'esperienza del bacino chiuso permette una maggiore capacità di controllo sul territorio e quindi di arginare determinati fenomeni.
Siamo convinti che il decreto legislativo n. 22 del 1997 aiuterà in qualche modo ad arginare una serie di traffici e di attività illecite, o semplicemente di smaltimenti non corretti di rifiuti. Ma la questione più rilevante è quella dei controlli. Come sapete, il catasto dei rifiuti previsto dalla legge e che deve essere gestito direttamente dall'ANPA può essere uno degli strumenti che, anche grazie a controlli incrociati, consentano maggiori controlli sul territorio.
Ci stiamo apprestando ad effettuare bonifiche anche di una certa rilevanza di siti dove erano stati depositati rifiuti tossici e nocivi. Uno è il sito dell'Infernaccio, creato molti anni fa dallo stesso comune di Roma. Un episodio più recente riguarda il vecchio sito della fabbrica Zucchet, che però è fallita. Il problema non è di facile soluzione, ma comunque abbiamo operato attraverso il meccanismo dell'ordinanza in danno, rivolgendoci al curatore fallimentare. Un altro deposito risalente a una decina di anni fa è stato scoperto solo di recente in un'altra area della città. Ciò dimostra che il territorio, prima dell'inizio del bacino chiuso e della maggiore capacità di controllo, ha incontrato problemi abbastanza seri, anche perché queste discariche abusive sono di una certa rilevanza.
Il comune di Roma, già prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 22, d'intesa con la regione Lazio, che aveva predisposto alla fine del 1995 un piano che anticipava in qualche modo i principi del decreto stesso, si era indirizzato verso un piano integrato di gestione dei rifiuti. Già all'inizio del 1994 ci eravamo mossi in questo senso per recuperare in fretta una situazione di gestione dei rifiuti che era praticamente all'anno zero, e per passare dalle semplici discariche alla raccolta differenziata e al riciclaggio. E' ovvio, però, che si sconta il fatto che la discarica di Malagrotta, oltre ad essere la più grande d'Europa, è anche una delle più economiche.
PRESIDENTE. Ricordando l'audizione che la Commissione della scorsa legislatura svolse con il presidente dell'AMA, cioè la municipalizzata che gestisce il ciclo dei rifiuti, si ha un po' la sensazione che la discarica di Malagrotta, costituita da 190 ettari di terreno argilloso, possa rappresentare una sorta di condanna, per Roma, rispetto all'attuazione delle prescrizioni delle direttive europee recepite nel decreto legislativo n. 22. Qual è la situazione a due anni di distanza? L'aspetto economico del basso costo di conferimento in discarica, che credo si aggiri intorno alle 40 lire al chilo, come influisce sulla capacità dell'amministrazione locale di perseguire obiettivi come la raccolta differenziata?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. E' evidente che per la città di Roma l'investimento nella strategia della minimizzazione, del riuso e del riciclo, e quindi dell'abbandono della discarica come unica modalità di smaltimento, è una scelta ormai compiuta: pensiamo di estendere a tutta la città, dopo la prima fase sperimentale in cinque circoscrizioni (attualmente serviamo 1 milione e mezzo di abitanti), l'utilizzo dei contenitori per la raccolta differenziata. I risultati iniziali, cioè nelle prime cinque circoscrizioni (l'attività è poi continuata anche in altri quartieri), sono stati abbastanza positivi anche in termini di qualità.
Stiamo anche per lanciare una massiccia campagna di educazione ambientale, con la preparazione di addetti alla formazione che ci consentano di raggiungere le famiglie e di entrare nelle scuole, con un lavoro a tappeto che investirà quasi tutti i plessi scolastici. Ai primi di ottobre si svolgeranno gli incontri con i responsabili di settore delle scuole romane.
Sta inoltre per essere aggiudicata la gara di appalto per la costruzione dell'impianto di compostaggio in località Maccarese. Poiché Roma ha fatto la scelta del multimateriale, il primo impianto di selezione è quasi completato e si sta procedendo con il secondo impianto: oltre allo stabilimento più grande di Maccarese, è prevista la localizzazione di un altro impianto di compostaggio dove sorgeranno i nuovi mercati generali del comune di Roma, nella zona est della città, a Guidonia.
Altre questioni complesse riguardano, per esempio, la parte finale, l'ultimo residuo, cioè il vecchio RDF. E' in atto una discussione con il Ministero dell'ambiente, con la regione Lazio e con l'ENEL per quanto riguarda l'utilizzazione di un impianto già esistente nel territorio regionale.
PRESIDENTE. Dove si trova?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. A Montalto di Castro.
PRESIDENTE. Roma per quanta parte sarebbe interessata all'utilizzo dell'inceneritore?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Dipende anche dalla potenzialità dell'impianto di Montalto di Castro.
PRESIDENTE. E' stimata sui 70 megawatt...
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Comunque la stima - mi dice il dottor Amato - è di 2 mila tonnellate.
PRESIDENTE. ...quindi tra le 700 mila e il milione di tonnellate all'anno. Quanta parte dei rifiuti romani confluirebbe in quell'impianto?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Dipenderà anche da quanto potrà essere aggiunto dalle province di Viterbo e Rieti, che sembrano le più vicine. Vi è inoltre la zona nord della provincia di Roma... quindi una quota parte che attualmente possiamo stimare in mille tonnellate al giorno di rifiuto selezionato.
PRESIDENTE. Quindi, una prima stima è che la metà giunga dalle province di Viterbo e Rieti, e suppongo dalla parte nord della provincia di Roma, e l'altra metà...
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Sì, ma sono i primi dati: dipenderà dalle potenzialità dell'impianto.
PRESIDENTE. Passiamo alle domande dei colleghi.
GIUSEPPE SPECCHIA. Desidero fare una piccola premessa. Ritengo che sia le regioni sia l'ANCI e l'UPI, cioè tutti coloro che sono competenti in materia, dovrebbero farci pervenire elementi che ci forniscano il quadro complessivo della situazione. La Commissione ha bisogno infatti di una mappa completa dei piani e delle iniziative per l'attuazione delle leggi esistenti, con riferimento anche all'istituzione delle agenzie regionali ARPA. Sono convinto, infatti, che molte illegalità derivino dalle inadempienze di decenni da parte delle regioni e dei comuni. Questa mappa ci consentirebbe di sapere dove vi siano lacune, per effettuare gli interventi che la legge consente.
Dai rappresentanti dell'ANCI vorrei sapere quale sia stata la risposta negli ultimi anni, rispetto al passato, da parte delle popolazioni con riferimento alla localizzazione non tanto delle discariche, quanto piuttosto di impianti inceneritori. Mi risulta, per esempio, riguardo a quello di Montalto, che vi siano opposizioni da parte di tutti, dato che il paese sarebbe interessato già da altre localizzazioni. Credo che dovremmo far crescere la cultura di accettazione di questo genere di impianti (e, ove è ancora necessario, anche delle discariche), ovviamente nel rispetto della legge e con l'uso di tecnologie avanzate, quindi garantendo i cittadini.
Per quanto riguarda Roma, osservo che trattandosi di una grande città, il fatto che la raccolta differenziata non sia ancora organizzata in tutta l'area urbana non costituisce un elemento positivo, ma forse è giustificato dalla complessità della situazione. Come è stato risolto nella capitale il problema dei materiali inerti?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Comincio dalla questione più generale del rapporto con le popolazioni. Come diceva poco fa l'assessore Cavallera, veniamo da decenni di cattiva gestione del problema rifiuti, per cui è evidente che le popolazioni hanno sempre un atteggiamento conflittuale, di diffidenza.
Fino al 1993 le borgate intorno alla discarica di Malagrotta erano una polveriera, perché vi era una situazione di estrema tensione. Ricordo la stagione dei blocchi della discarica che hanno portato alla saggia ordinanza che di fatto ha anticipato l'idea degli ambiti di bacino chiusi. Il comune di Roma ha adottato il metodo, che credo la maggior parte dei comuni e delle regioni stia cominciando a capire, dell'informazione anche sull'aspetto più piccolo: i cittadini, infatti, reagiscono perché non hanno informazioni adeguate. Per quanto riguarda Malagrotta, abbiamo costituito una commissione che ha impostato il piano di riqualificazione ambientale della zona, che oltre alla discarica vede la presenza di raffinerie e anche di cave. Diciamo che è un'area a forte rischio ambientale. Abbiamo perciò messo in atto una serie di interventi di riqualificazione ambientale, con una serie di opere su cui non mi dilungo. Inoltre, i comitati di quartiere delle zone circostanti la discarica - quindi Malagrotta, Ponte Galeria, Massimina, Massimilla e altre - sono stati ricevuti in incontri frequenti dall'amministrazione, che ha anche organizzato la visita degli impianti. In quella zona l'AMA gestisce infatti l'impianto di smaltimento dei rifiuti ospedalieri: il vecchio inceneritore dal 1° luglio 1996 è stato sostituito dal nuovo impianto.
I rappresentanti di questi comitati possono accedere alla discarica e indubbiamente ci forniscono un aiuto nell'attività di controllo. Questo rapporto, dall'inizio del 1994 ad oggi, non ha più provocato tensioni e, anzi, ha alimentato un confronto continuo e capillare. Dopo l'attentato a Colle Felice, abbiamo dovuto scaricare a Malagrotta, a seguito di un'ordinanza speciale del presidente della regione. I comitati, comunque, sono stati sempre informati nella fase precedente al conferimento dei rifiuti di un altro comune.
Il problema del consenso comporta la necessità di far conoscere tutti i tipi di impianto e l'attività che s'intende svolgere, dando ogni tipo di informazione possibile. La prima forma di impatto ambientale, così come la nostra esperienza ci ha insegnato, è la discussione con le popolazioni, il rapporto diretto con queste ultime.
Noi abbiamo effettuato scelte precise. Quello di Montalto, ad esempio, non è un impianto nuovo. Il compostaggio lo effettuiamo a Maccarese anche perché è quella la zona del centro agroalimentare. L'altro segmento del compostaggio sarà collocato vicino ai nuovi mercati generali. In sostanza, si tratta di piani di localizzazione degli impianti strettamente legati alla vocazione delle aree, a seconda cioè che le stesse abbiano caratteristiche più spiccatamente industriali, agroalimentari o di altra natura.
Quanto agli inerti, attualmente abbiamo cinque discariche autorizzate destinate a questo tipo di rifiuti. Si è creato un rapporto di convenzione con i privati, gli stessi che riutilizzano i materiali, sempre nel settore dell'edilizia. Da questo punto di vista, si sta procedendo abbastanza bene, anche se spendiamo ancora moltissimo per le bonifiche delle discariche abusive, soprattutto di quelle in cui sono stati versati inerti.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del sindaco di Benevento, dottor Pasquale Viespoli, il cui nominativo risultava nell'elenco degli auditi. Me ne rammarico, essendo, quella di Benevento, una città importante, anche ai fini dell'interesse specifico della nostra Commissione.
Do quindi la parola al senatore Polidoro.
GIOVANNI POLIDORO. Vorrei porre una domanda in merito alla collocazione del prodotto dell'impianto di compostaggio. In che modo avverrà tale collocazione? Sono stati considerati elementi, anche basati sull'esperienza, idonei a garantire che la finalizzazione del prodotto possa avere qualche probabilità di successo?
PRESIDENTE. Il collega Polidoro, probabilmente, ricorda alcune delle conclusioni alle quali era giunta la Commissione d'inchiesta della XII legislatura.
GIOVANNI POLIDORO. Se si realizza un certo impianto, evidentemente ci si deve porre il problema della collocazione del prodotto.
PRESIDENTE. La precedente Commissione constatò, nel vercellese ma anche a Reggio Calabria, come gli impianti di compostaggio fossero oggetto, nel primo caso, di una truffa colossale e, nel secondo, fonte di perplessità in merito alla loro funzionalità.
GIOVANNI POLIDORO. Speriamo che nell'Italia centrale la situazione sia migliore!
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Per quanto riguarda gli impianti di compostaggio, si arriverà a due tipi di prodotto finale, uno per l'agricoltura...
PRESIDENTE. Le pongo una domanda brutale: chi compra questi prodotti?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Le rispondo subito, presidente, non prima però di aver chiarito che l'altro prodotto è rappresentato da terriccio, che in parte sarà riutilizzato dal comune di Roma, che gestisce numerose aree verdi, ed in altra parte d'intesa con l'Assogard, l'associazione dei vivaisti.
Per quanto riguarda, invece, la parte del compost più adatto per l'agricoltura, ossia il prodotto in prevalenza proveniente dal mercatale, con una piccola parte di derivati del verde (le ramaglie), avrà una collocazione legata ai consorzi ed ai rapporti agricoli.
GIOVANNI POLIDORO. Ma chi gestisce la collocazione del prodotto? Il pubblico, il privato o società miste?
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Ho già detto che l'impianto è pubblico ed è gestito dall'AMA. Abbiamo pensato a varie ipotesi. Ovviamente, sono stati presi accordi per la collocazione del compostsul mercato. Individueremo successivamente le modalità di gestione.
GIOVANNI POLIDORO. Bisognerebbe farlo prima! Se non sappiamo chi collocherà il prodotto, ci sono buone probabilità che lo stesso non sia collocato.
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Quanto alla collocazione, dobbiamo soltanto scegliere se si tratti di un'attività che può essere gestita direttamente dall'AMA oppure se si debba ricorrere alla gara d'appalto. Non è esatto dire che non vi è stata alcuna decisione: vi possono essere modalità diverse. Del resto, non è che domani mattina abbiamo già il prodotto finale!
GIOVANNI POLIDORO. Scusi se insisto. Il problema è che bisogna sapere prima chi collocherà il prodotto perché il successo dell'impianto, della sua concezione e del tipo di prodotto che ne deriva è legato ad una qualità merceologica ben individuabile. Se questa certezza non c'è, che sia il comune o il privato o, più pericolosamente, se il tutto si ricollega ad un appalto...
PRESIDENTE. Se mi permette, senatore Polidoro...
LOREDANA DE PETRIS, Assessore all'ambiente del comune di Roma. Siamo un'amministrazione pubblica e, pertanto, dobbiamo sempre ricorrere ad una gara pubblica! Non scelgo certo un mio amico al quale affidare la gestione!
GIOVANNI POLIDORO. Ma non è questo il problema che le ho posto!
PRESIDENTE. Il problema sollevato dal collega Polidoro è legato non tanto alla collocazione del prodotto sul mercato quanto alla qualità reale del compost; la questione riguarda l'impianto, la sua funzionalità e la qualità del prodotto. Dico questo perché, dal punto di vista della collocazione sul mercato, l'AMA - credo sia un fatto notorio - è un'azienda molto robusta, che tende a presentarsi in gare indette presso tutti i comuni d'Italia. Sotto questo profilo, non credo vi siano particolari problemi con riferimento a chi debba collocare il prodotto, per il semplice motivo che l'AMA ha già - come dire? - una sua tendenza protagonista. La questione che resta aperta è invece la qualità del prodotto, che deve essere garantita dalla qualità dell'impianto e, ancor più, a monte, da un efficace pretrattamento legato ad una raccolta differenziata effettuata nel migliore dei modi.
GIOVANNI POLIDORO. Mi pare di capire che l'AMA potrebbe essere il soggetto che commercializzerà il prodotto.
PRESIDENTE. Penso di sì, anche perché credo che sia un'azienda - se mi è concesso usare questo aggettivo - molto rampante, per cui credo che "smanierà" per collocare il prodotto.
Ringrazio l'assessore De Petris e, dulcis in fundo, do la parola ai rappresentanti della Federambiente.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Vi porgo il saluto della Federambiente, oggi rappresentata dal sottoscritto, dal segretario, dottor Borselli, e dall'ingegner Cirelli, responsabile della pianificazione e sviluppo.
Nella precedente legislatura abbiamo già esposto alla Commissione d'inchiesta le valutazioni di Federambiente sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. All'epoca, presentammo una memoria che sicuramente risulta agli atti. Anche in questa occasione, ci riserviamo di produrre una documentazione integrativa rispetto alle considerazioni che mi accingo a svolgere davanti a questa Commissione.
Le aziende associate a Federambiente hanno collaborato negli anni scorsi alla gestione dell'emergenza navi, che ha rappresentato un picco della difficoltà legate a situazioni di illeicità.
PRESIDENTE. A cosa si sta riferendo, in particolare?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Sto parlando di Karin B...
PRESIDENTE. All'epoca furono definite "navi dei veleni", per distinguerle dalle "navi a perdere".
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Sì, anche le "navi a perdere" hanno posto e continuano a porre notevoli problemi.
Abbiamo avuto modo di conoscere direttamente ed a fondo le attività illegali connesse allo smaltimento; fatta eccezione per alcuni smaltimenti di rifiuti solidi urbani che nostre aziende delegarono a canali che successivamente si rivelarono illegali...
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Federambiente è il punto di riferimento delle aziende che operano in questo settore, spesso per conto degli enti locali. Vorrei far riferimento non soltanto a quello che la Commissione nella precedente legislatura definì una sorta di "buco nero", nel senso che alcuni traffici illegali avevano come protagonisti anche amministrazioni comunali, ma anche a situazioni di oggi.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Si tratta di un punto che avevo già intenzione di affrontare nella mia relazione.
PRESIDENTE. Sta bene, architetto Sverzellati. Le ricordo anche che i "riflettori" della nostra attenzione sono accesi non soltanto sugli aspetti illegali ma anche su tutti gli altri aspetti del ciclo dei rifiuti. Dico questo per suggerirle un indirizzo al quale impostare il suo intervento.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. La ringrazio, presidente.
Vorrei porre in evidenza l'atteggiamento con il quale all'epoca affrontammo i casi, sia pure molto limitati, di involontario coinvolgimento su canali di smaltimento illegali. Questi fatti furono da noi denunciati e la magistratura è intervenuta, in alcuni casi, per fortuna, anche arrivando alla fase della sentenza. Le notizie riportate quotidianamente dalla stampa confermano come le evoluzioni del fenomeno siano sempre di una certa rilevanza. A nostro avviso, le cause di fondo sono individuabili in una gestione frammentata e ancora troppo spesso affidata direttamente ai comuni (i servizi di circa il 35 per cento della popolazione italiana sono gestiti direttamente dai comuni). Tale situazione mantiene spesso ad un livello di precarietà la rete degli impianti preposta alla gestione dello smaltimento.
PRESIDENTE. Da chi sono gestiti i servizi del residuo 65 per cento della popolazione italiana?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Il 40 per cento circa della popolazione italiana fruisce di servizi gestiti o da aziende di proprietà pubblica, nelle varie forme societarie, o da consorzi e società miste; la parte restante è gestita in concessione da aziende private.
Per quanto riguarda lo smaltimento e la sua gestione, ci troviamo di fronte ad un sistema inadeguato, fondato sulla discarica. Oggi siamo ad un livello pari all'85 per cento, in quanto il 7-8 per cento viene trattato negli impianti di incenerimento esistenti, con o senza recupero di energia, e un altro 7-8 per cento recuperato attraverso la raccolta differenziata (si tratta di dati aggiornati al 1995).
A questo sistema inadeguato corrisponde un ampio margine per la presenza di soggetti dotati di risorse ma non di imprenditorialità, i quali, con un scarso investimento su tecnologie povere, recuperano alti profitti in tempi molto ravvicinati.
Noi di Federambiente, per nostra deformazione, abituati, come siamo, a dover risolvere quotidianamente problemi spinosi, siamo orientati più alla terapia che alla diagnosi, nel senso che siamo più per pulire il mondo, anzi stiamo tentando di fare in modo che lo si sporchi meno. Siamo anche abituati ad entrare nel merito delle questioni, affrontandole in base ai dati concreti ricavati da quanto accade realmente sul territorio. Tra l'altro, se la Commissione lo ritenesse utile, siamo in grado di fornire dati recenti, raccolti a livello nazionale, relativi sia alla produzione di rifiuti suddivisa per singole regioni, in alcuni casi addirittura con riferimento ai singoli comuni, sia alle raccolte differenziate ed al riciclaggio.
PRESIDENTE. Poiché la Commissione li ritiene utili, può farceli senz'altro avere.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Va bene. Oltre a questo, vi sono nostre valutazioni sui sistemi di trattamento e di selezione dei rifiuti e sugli inceneritori. Se lo ritenete opportuno, ve le possiamo fornire senza difficoltà. Attualmente stiamo valutando i costi e i benefici del sistema di gestione integrata che può derivare dall'attuazione del decreto legislativo n. 22 del 1997: anche questi sono elementi che possiamo sottoporre alla vostra attenzione.
Riteniamo che oggi vi siano gli strumenti per costruire e attuare una terapia efficace; mi riferisco ovviamente al decreto n. 22, che noi definiamo un provvedimento "di seconda generazione", nel senso che sposta l'asse dell'azione fino ad oggi condotta in materia di rifiuti. A nostro avviso, non è possibile attribuire ad una legge poteri taumaturgici; crediamo che sia importante, perciò, curare particolarmente la parte attuativa del decreto. A tale proposito, riteniamo che, oltre alle difficoltà dovute al fatto di trovarci di fronte ad un decreto di seconda generazione, stiano riemergendo le difficoltà create da chi ha paura che la propria vita sia turbata dai cambiamenti previsti dal decreto. E' invece importante che il decreto trovi attuazione.
PRESIDENTE. Visto che ha fatto questo accenno, uscendo dalle linee generali ed entrando nei particolari, proprio in questi giorni è venuta alla ribalta della stampa la questione degli artigiani: non intendo la piccola e media impresa, ma proprio gli artigiani. A tale proposito, quali sono le opinioni della Federambiente?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. E' chiaro che a volte vi sono interpretazioni - mi si passi il termine - rigide di norme, che vanno oltre lo spirito e la filosofia della norma stessa. Quindi, è possibile che certi interventi sanzionatori siano stati eseguiti, in periferia, in termini eccessivamente rigidi.
Vorrei aggiungere qualche elemento di proposta, su questo, proprio per superare questa situazione. E' immaginabile che l'intero sistema produttivo, e in particolare il tessuto produttivo minore, incontri in varie aree del paese molte difficoltà nel trovare una collocazione ai rifiuti che produce e anche per la stessa tenuta di tutta la documentazione necessaria per rispettare i termini di legge. Credo che su questo faremo qualche proposta.
Dicevo che è necessario costruire il sistema di gestione integrata dei rifiuti partendo dalle raccolte differenziate, o meglio, come diciamo noi, incentivando il riciclaggio. E qui arrivo non dico alle ecomafie ma ad alcuni comportamenti sicuramente non virtuosi che registriamo anche a proposito di questi nuovi segmenti di intervento. C'è chi sta lucrando sul trattamento, sulla manipolazione dei rifiuti. Ricordo i casi che sono stati anche denunciati sulla stampa di ritrovamento in alcuni capannoni del Lazio di cataste di rifiuti derivanti dalle raccolte differenziate sicuramente non prodotti nel Lazio, perché sono maggiori della quantità che a Roma, oggi, si riesce a raccogliere. Questi problemi derivano dal comportamento di soggetti che hanno preso di mira la manipolazione dei rifiuti. Un altro esempio è quello della macinazione di rifiuti poi venduti agli agricoltori come se si trattasse di ammendanti per l'agricoltura: in alcune zone del nord la magistratura è intervenuta anche su questo. In situazioni di emergenza, anche operazioni di questa natura servono a prolungare la vita del rifiuto e a rallentare l'esigenza di smaltimento: ma in realtà, alla fine, vi è semplicemente un costo aggiuntivo, un profitto che viene lucrato da personaggi che hanno ben poco da dire a livello imprenditoriale.
Rimane il fatto, però, che sussistono obiettive difficoltà di mercato per la ricollocazione di materiali raccolti in modo differenziato, ed è questo il vero problema che apre la strada a questi comportamenti illegali o che rasentano l'illegalità. Come ha osservato il senatore Polidoro, la partita del compost non è così semplice, anche sul piano normativo: la riallocazione del compost derivante dalla separazione di base dei rifiuti costituisce un problema non da poco per le norme che ne regolano l'utilizzo. Infatti, perfino il compost di qualità derivante dalla raccolta a monte della frazione organica del verde, e quindi quello che non contiene metalli pesanti o altri componenti pericolosi, comporta difficoltà di commercializzazione. Ma qui entra in gioco il ruolo dell'industria, che probabilmente non ha ancora capito; ma è altrettanto vero che tutti noi operatori del settore non abbiamo sufficientemente discusso su cosa significherà il decreto Ronchi a regime, quando, tolta la parte di frazione organica (che è necessario raccogliere se si vuole raggiungere il 35 per cento), ci si troverà annualmente di fronte a 5 o 6 milioni di tonnellate di materiali che dovranno essere reimmesse nel ciclo produttivo, se vogliamo parlare di riciclaggio. Ma mi pare che il decreto parli di riciclaggio, non di raccolta differenziata per separare i rifiuti e poi portarli allo smaltimento. Qui si pone un problema pesante per il sistema industriale italiano: è necessario un ragionamento profondo che porti intorno a un tavolo tutti i soggetti che hanno responsabilità rispetto al raggiungimento di questo obiettivo.
L'altro punto, oltre al riciclaggio, è quello dell'innovazione tecnologica. Investimenti di taglio industriale derivanti da impianti di trattamento termico con recupero di energia, investimenti con ritorni legati ai canoni dell'industria, quindi di entità contenuta, e in tempi medio-lunghi, rendono sicuramente meno appetibile l'accesso a soggetti portatori di risorse finanziarie. Quindi occorrono imprenditori, non soggetti che dispongono di denaro facile e di dubbia provenienza. Questo è un elemento che in prospettiva può tamponare l'inserimento di imprenditori o "similimprenditori" che hanno poco a che vedere con la gestione del settore.
Aggiungo alcuni elementi di proposta relativi alle necessità che intravediamo per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani. E' innanzitutto necessario rendere più rigoroso il meccanismo di autorizzazione delle imprese; inoltre, l'albo delle imprese deve funzionare meglio e in maniera più rigorosa. Deve essere anche rivisto il meccanismo di autorizzazione al trasporto in conto terzi. Oggi, il contingentamento delle iscrizioni all'albo degli autotrasportatori penalizza molte imprese, e soprattutto quelle pubbliche; per cui, spesso operazioni di gestione del rifiuto sono affidate a soggetti che in realtà sono poco più che trasportatori, con le difficoltà derivanti dalla mancanza della sufficiente professionalità per svolgere questi compiti.
Sempre a proposito dei rifiuti solidi urbani, l'affidamento dei servizi di igiene ambientale da parte dei comuni non può più avvenire - nei confronti di aziende sia pubbliche sia private - tramite il meccanismo del massimo ribasso. Questo meccanismo, infatti, comporta spesso il successo di soggetti che dispongono di risorse finanziarie di dubbia provenienza, e che pertanto non hanno la necessità di garantirsi i costi e i ricavi dell'operazione, bensì quella di riciclare denaro. Penso che quando i rappresentanti di Assoambiente si presenteranno di fronte a questa Commissione su questi temi esprimeranno considerazioni analoghe a questa.
Concludo rapidamente affrontando la questione dei rifiuti speciali e di quelli pericolosi. In Italia esistono circa 800 mila piccole e medie imprese industriali e artigianali, che spesso non hanno le capacità tecniche e finanziarie necessarie per ricorrere all'autosmaltimento, e quindi si affidano ad operatori con ridotta professionalità e scarsa affidabilità. Se anche lo smaltimento di questi rifiuti rappresenta un'attività di interesse pubblico - e io credo che sia così - è opportuno che si attivi la cooperazione fra gli enti territoriali e gli operatori pubblici e privati seri e affidabili del settore dello smaltimento (quindi con un elemento di qualificazione di questi operatori che fornisca garanzie).
Il paradosso di oggi è che esistono impianti di smaltimento per rifiuti speciali che sono sottoutilizzati e, contemporaneamente, si verifica lo smaltimento illegale anche di rifiuti pericolosi con enormi danni ambientali. L'assessore Serangeli, che fu assessore all'ambiente della provincia di Milano anni fa, a seguito di una ricerca condotta dai suoi uffici, affermò in un convegno che i rifiuti industriali della provincia di Milano contribuivano alla qualità dell'acqua che il consorzio dell'acqua potabile provinciale andava a raccattare. E' proprio questo che accadrà ed accade quotidianamente.
Crediamo che sia necessario istituire un servizio di assistenza alle imprese, soprattutto a quelle medio-piccole, fornendo loro consulenza e servizi a prezzi certi e ragionevoli. Per far questo, è necessario - e noi abbiamo ampia disponibilità, come gli stessi operatori privati - definire a livello territoriale, anche con il coinvolgimento delle regioni, iniziative per riuscire a garantire il servizio amministrativo - così evitiamo anche le multe - e anche la raccolta e l'eventuale pretrattamento , definendo una rete di stazioni di conferimento e di pretrattamento.
Si pongono sicuramente anche il problema dell'aumento dei controlli, quello del miglioramento del sistema di rilevazione dei dati (il catasto dei rifiuti), e anche quello delle risorse a disposizione di ANPA ed ARPA, che è un elemento che condiziona la corretta gestione del settore.
GIOVANNI POLIDORO. Rivolgerò due brevissime domande. La prima richiede anche un giudizio all'architetto Sverzellati. I comuni hanno in questi mesi la tendenza positiva a incentivare, e quindi a progettare e programmare, una raccolta differenziata più diffusa e qualitativamente più importante. Probabilmente, la suscettività del tessuto industriale potenzialmente interessato al recupero ed al riciclaggio sconta un gap che il decreto Ronchi potrebbe non aver calcolato nel migliore dei modi. Si tratta di una mia valutazione, sulla quale vorrei conoscere la vostra opinione di tecnici.
Inoltre, vorrei sapere se voi riteniate che sia più facile riciclare i prodotti speciali e tossici piuttosto che quelli derivanti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Se questo fosse vero, il problema non sarebbe soltanto di individuare il modo migliore per assistere le imprese nell'attività di raccolta, ma anche di convincerle a non nascondere i rifiuti tossici e nocivi. In questo quadro va considerato che vi è una gran parte del territorio che risulta sprovvista non soltanto di un tessuto industriale interessato a questo settore ma di un tessuto industriale tout court.
Credo siano queste due delle questioni sul tappeto, la cui soluzione potrebbe anche rappresentare la chiave del successo del decreto. Ne deriva l'esigenza di una legislazione che possa aiutare i microcampi di questo settore a cooperare perché si riducano i tempi di adeguamento complessivo ai fini di un successo globale.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Il pubblico ministero che trattò il procedimento giudiziario che è stato qui richiamato, mi informò del fatto che, dopo aver dissequestrato la nave, non si occupò più della questione, tanto da non sapere che fine avesse fatto la nave stessa. E' sicuramente il risultato di una carenza della nostra legislazione il fatto che, nel momento in cui termina il sequestro penale, quando cioè il giudice dispone il dissequestro (che nel caso di specie ha riguardato, appunto, una nave), nessuno più si occupi del destino di questi rifiuti. Vorrei sapere se l'informazione fornitami dal magistrato corrisponda al vero.
PRESIDENTE. Lei ha fatto riferimento ad una sottoutilizzazione degli impianti per rifiuti industriali. Le chiedo se questa sottoutilizzazione possa essere collegata, in generale, ad azioni illecite. A conoscenza di Federambiente, vi sono fatti che riguardino gestori pubblici ed amministrazioni politically no correct?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Ad oggi, non ci risultano situazioni di questo tipo, anche sulla base di un'indagine effettuata presso i nostri associati, analogamente a quanto ha fatto l'ANCI.
PRESIDENTE. Insomma, i vostri soci sono tutti puliti...!
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Noi trattiamo rifiuti e, quindi, qualche volta può darsi che andiamo ad incocciare - come, del resto, ci è capitato - con interlocutori che pongono in essere qualche piccola azione non corretta. Nel 1993, come presidente dell'azienda di Piacenza, mi trovai direttamente di fronte ad un caso di questa natura, durato tre giorni, denunciato ed ormai definito con sentenza. Quindi, capita anche questo.
Le indagini più recenti svolte al nostro interno rispetto a situazioni di questa natura hanno dimostrato come oggi nei comuni dove svolgiamo il servizio, al di fuori dei comuni proprietari, non si registrino fatti di questa natura. Vi è però sicuramente una serie di soggetti, in particolare operanti nel settore produttivo, che fanno fatica in molte realtà del paese a trovare una soluzione per i propri problemi. In molti casi non sappiamo se alla regolarità formale - mi riferisco, ad esempio, alle cosiddette bolle - corrisponda...
PRESIDENTE. Mi consenta una riflessione provocatoria. Da quello che lei dice, si ricava che Federambiente tenderebbe ad escludere che, ad esempio, nei famosi capannoni ai quali faceva riferimento poco fa l'assessore De Petris vi possano essere sacchi con su scritto "ASM Piacenza".
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Io tendo ad escluderlo, salvo il fatto che in alcuni casi vi sono aziende che, proprio per difficoltà nell'individuare la possibilità si smaltimento nelle proprie aree (richiamo, a mo' di esempio, la situazione di emergenza di Milano)... A suo tempo, quando sorse la situazione di emergenza a Milano, per togliere i rifiuti dalle strade, per ovviare a problemi strettamente connessi alla salute dei cittadini, si dovettero individuare soluzioni che interessarono discariche pubbliche nelle regioni limitrofe ma anche qualche broker che propose smaltimenti in giro per l'Italia.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. In nero?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Assolutamente no, capperi...! Sta di fatto che la stessa AMSA di Milano si è trovata con alcuni operatori che, sulla base del contratto con l'azienda, trituravano il rifiuto e lo vendevano. L'AMSA è intervenuta denunciando i fatti, come soggetto danneggiato dall'azione di questi operatori.
Quanto alla vicenda della Karin B, siete fortunati perché vi trovate di fronte a Sverzellati e Cirelli, quest'ultimo all'epoca direttore della AGEA di Ferrara ed il sottoscritto attuale presidente dell'azienda di Piacenza. La rete delle aziende pubbliche dell'Emilia Romagna ebbe la responsabilità della gestione dei rifiuti provenienti dalla Karin B.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Chi attribuì tale responsabilità?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Il commissario, nella persona dell'allora presidente della regione, Luciano Guerzoni, il quale organizzò la rete di intervento che allora servì per l'emergenza ed oggi è diventata la rete che risponde alle esigenze del tessuto produttivo locale. Nel caso di Piacenza, ad esempio, il capannone costruito con i fondi del commissario per lo stoccaggio e la manipolazione ai fini dello smaltimento dei rifiuti della Karin B oggi è gestito dall'azienda di Piacenza per stoccare i rifiuti provenienti dal sistema produttivo della provincia. Analoga situazione è riscontrabile a Ferrara ed a Parma. I rifiuti sono stati smaltiti correttamente: posso affermarlo con sicurezza perché la definitiva destinazione degli stessi è stata gestita dalla ASM di Piacenza, alla quale fecero capo tutti gli altri centri della regione Emilia Romagna.
In definitiva, in quel caso si è usciti da una situazione di emergenza, andando anche oltre quest'ultima e creando le condizioni per offrire un servizio. Oggi i servizi pubblici in genere e quelli ambientali in particolare sono diventati un fattore di competitività per i sistemi produttivi territoriali. E', questo, un altro elemento importante che dovrebbe indurre a realizzare sistemi di questa natura.
Per quanto riguarda le domande poste dal senatore Polidoro, non credo che il decreto legislativo non abbia considerato adeguatamente gli aspetti legati agli effetti sul tessuto produttivo. Ciò è tanto vero che, in merito a tutta la vicenda del sistema industriale, vi è uno strumento che deve rispondere anche alla riallocazione sul mercato dei materiali raccolti in modo differenziato. Mi riferisco, in particolare, al consorzio nazionale imballaggi...
PRESIDENTE. Il CONAI.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Sì, il CONAI, che pare essere in dirittura di partenza, dopo una fase di profondi contrasti. Personalmente ritengo che questi contrasti all'interno del consorzio sussistano tuttora e che vi sia ancora - per così dire - la guerra tra i vari materiali, per ragioni di concorrenza. Il consorzio comporta l'assunzione da parte delle singole filiere di quote-parte dei costi di gestione del sistema di trattamento dei rifiuti. Quando si parla di moneta, il sistema industriale ha sempre qualche difficoltà...! Sarebbe opportuno ragionare così come si fa in altre parti d'Europa e considerare il vincolo ambientale come un'opportunità da giocare sul mercato.
Dicevo prima che siamo impegnati a pulire il mondo e, anzi, a non sporcarlo. Stiamo tentando, rispetto ai cittadini ed al sistema imprenditoriale, di fornire, al massimo livello possibile, gli strumenti idonei a favorire comportamenti virtuosi. Dopo le iniziative svoltesi domenica scorsa nell'ambito della campagna "puliamo il mondo", qualcuno ha osservato che sarebbe ora di promuovere la campagna "puniamo il mondo". Per quanto mi riguarda, credo che, prima di punire il mondo, lo si debba mettere nelle condizioni di lavorare correttamente. Noi stiamo cercando di fare proprio questo ed è da ciò che può derivare una soluzione del problema degli artigiani, e non solo di quelli, ai quali debbono essere forniti strumenti idonei a soddisfare le loro necessità.
Tornando alla questione del riciclaggio, osservo che vi sono alcune zone del nostro paese nelle quali pensare di riallocare la carta è impossibile, visto che non vi sono cartiere. Sarebbe quindi necessario trasportare la carta presso centri di riutilizzo, con costi strepitosi. Federambiente sta puntando l'attenzione su valutazioni macroeconomiche per verificare l'entità dei costi e dei benefici del sistema integrato di smaltimento, anche con riferimento alle localizzazioni sul territorio. L'Italia è un paese talmente strano, per cui non si può pensare che l'esperienza di Milano sia ripetibile in altre parti del paese; lo stesso discorso vale, ad esempio, per i criteri che presidiano alla raccolta differenziata a Firenze, che non si può ritenere possano essere adottati anche a Napoli.
In definitiva, va considerata una specificità territoriale; in ogni realtà, quindi, dobbiamo cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati, coerentemente con i vincoli riscontrabili in quella stessa realtà. Va inoltre considerato come operazioni di questo genere possano, di fronte ad un sistema industriale un po' più attento a questi temi, produrre anche qualche posto di lavoro all'interno di attività di riciclaggio dei rifiuti.
ADRIANO COLLA. Desidero fare i complimenti all'amico Sverzellati in quanto so che a Piacenza è in grado - diceva perfettamente che non in tutta Italia accadono le stesse cose - di fare una raccolta differenziata con percentuali che probabilmente in altre città, non dico dell'Emilia...
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Riciclaggio, non raccolta differenziata.
ADRIANO COLLA. Riciclaggio. Comunque mi pare che a proposito della raccolta differenziata siamo in grado di ottenere percentuali abbastanza alte.
Per quanto riguarda il fenomeno delle navi dei veleni, osservo che sono perfettamente d'accordo sulla gravità del problema: ultimamente sono stati trasmessi documentari che fanno veramente rabbrividire. Vorrei sapere se i bidoni provenienti dalla Karen B, cui ha accennato il senatore Lubrano, poi collocati nel capannone di Borgoforte, siano finiti a Caorso o altrove.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Rivolgo un'ultima e brevissima domanda. Il provvedimento del PM di Napoli si limitava a disporre il dissequestro: dopo il dissequestro, non essendovi alcuna disposizione sulla destinazione dei rifiuti se non la generica affermazione che lo smaltimento deve avvenire nei modi di legge, chi prese in consegna la nave?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Fu definito un piano a livello nazionale che individuò due regioni, cioè la Toscana e l'Emilia-Romagna, come siti all'interno dei quali trattare e smaltire questi rifiuti. Furono nominati due commissari ad acta nelle persone dei due presidenti delle giunte regionali. In Toscana, la sede del trattamento di questi rifiuti fu essenzialmente Livorno; in Emilia-Romagna l'intervento fu più diffuso (intervenne anche la protezione civile).
Per quanto riguarda i siti dove sono stati smaltiti i rifiuti, non ricordo il contenuto del registro; però ci sono gli atti del commissario ad acta dell'Emilia-Romagna che li riportano. Per esempio, a Ferrara qualcosa è stato smaltito da Monteco; a Piacenza abbiamo trattato rifiuti che sono stati smaltiti in Finlandia, in appositi impianti.
PRESIDENTE. Questa attività fu fatta dalla Federambiente?
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Da aziende presenti sul territorio regionale che furono indicate dal commissario ad acta.
PRESIDENTE. La pregheremmo allora, anche per dissipare i dubbi, di far sapere alla Commissione dove ciò sia avvenuto e qual è stato l'esito finale dello smaltimento di questi rifiuti. Ci ha detto che alcuni sono finiti in Finlandia, ma vorremmo avere dati più precisi.
GIUSEPPE SVERZELLATI, Presidente della Federambiente. Va bene.
GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Però non ha risposto alla mia domanda. Le ripeto: se fosse così facile, una mia articolata interrogazione presentata nella scorsa legislatura per sapere che fine avessero fatto i rifiuti della Karen B avrebbe avuto risposta dal Governo. Se il Governo avesse saputo le notizie che lei oggi ci fornisce, perché non avrebbe risposto? Vuol dire che ripresenterò l'interrogazione in questa legislatura.
PRESIDENTE. Questo non attiene alle richieste che abbiamo rivolto all'architetto Sverzellati. Ma poiché la Commissione desidera sapere come sia andata a finire, chiediamo alla Federambiente - che all'epoca fu uno dei protagonisti - di far pervenire alla Commissione i dati in suo possesso.
Vi ringraziamo.
PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza ha individuato alcune materie in vista della costituzione dei gruppi di lavoro previsti dalla legge istitutiva n. 97 del 1997 e dal regolamento interno della Commissione. Le tematiche individuate riguardano, ad esempio, l'impatto legislativo del decreto legislativo n. 22 del 1997 sulle amministrazioni, sugli operatori e sulle imprese del settore, la riforma dei codici per l'introduzione del delitto ambientale, la questione dei rifiuti radioattivi, quella dei traffici illeciti a livello nazionale ed internazionale, un'attenzione da rivolgere alle società coinvolte nei vari segmenti del ciclo dei rifiuti e la mappa delle discariche e degli impianti. I commissari sono invitati a proporne altre.
Avverto che saranno predisposte anche relazioni territoriali relative alle missioni effettuate. Nelle prossime settimane una delegazione della Commissione si recherà in alcuni comuni del Lazio per proseguire i sopralluoghi iniziati nello scorso mese di luglio. A tale proposito, invito i responsabili dei gruppi a far conoscere i nominativi dei commissari componenti la delegazione.
Vi è infine un problema particolare. Abbiamo riscontrato l'esigenza di ascoltare alcuni collaboratori di giustizia in relazione ai rapporti fra la criminalità organizzata e la gestione dei rifiuti nei vari momenti del ciclo. Poiché queste audizioni non si potranno svolgere in sede, avverto che la Commissione dovrà spostarsi in località coperte da riserbo.
La Commissione tornerà a riunirsi domani, giovedì 25 settembre 1997, alle 11,30, per ascoltare il dottor Alberto Cisterna, sostituto procuratore distrettuale di Reggio Calabria.
La seduta termina alle 19,40.