CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA
DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI
2.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 25 SETTEMBRE 1996
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO STORACE
INDICE
Seguito dell'audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione della RAI:
La seduta comincia alle 19,10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Essendo pervenuta la richiesta da parte del prescritto numero di componenti la Commissione, dispongo, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del regolamento della Commissione, che la pubblicità dei lavori della seduta sia assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Dell'odierna audizione sarà altresì redatto il resoconto stenografico.
Seguito dell'audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione della RAI.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione della RAI.
Prima di avviare l'audizione, informo i colleghi che venerdì alle 16 è convocata una riunione dell'ufficio di presidenza per la lettura delle lettere che abbiamo ricevuto, in sostanza per lo smaltimento del lavoro arretrato, nel corso della quale non saranno prese decisioni significative. Una riunione importante è invece fissata per martedì prossimo alle 10 per decidere il calendario dei lavori della Commissione.
Proseguiamo l'audizione con gli ulteriori interventi dei membri della Commissione che si svolgeranno a gruppi di tre per dare la possibilità al vertice della RAI di risposte complessive.
I primi tre colleghi iscritti a parlare sono, nell'ordine, il senatore De Carolis, il senatore Jacchia e l'onorevole Landolfi.
STELIO DE CAROLIS. Quanti, come me, nel recente passato guardavano con preoccupazione all'azienda di Saxa Rubra, stremata da pettegolezzi e da conflitti interni, dopo le audizioni di ieri e di oggi devono riconoscere che il consiglio di amministrazione si è presentato con un volto di perbenismo e con una ricerca di quella professionalità che, a mio parere, è indispensabile per il potenziamento del servizio pubblico. Quindi, il mio saluto al nuovo consiglio di amministrazione riconosce il ruolo importante che tutti sono chiamati a svolgere ed è anche foriero di una collaborazione, che mi auguro possa realizzarsi nello spirito della legislazione vigente, fra consiglio di amministrazione e Commissione parlamentare di vigilanza sul servizio radiotelevisivo.
Bisogna riconoscere, con tutta franchezza che, con la nomina del direttore generale, si è scelto un ottimo professionista della televisione; questo impone alla Commissione di vigilanza un ruolo diverso rispetto a quello esercitato nel passato, un ruolo che deve superare le contrapposizioni anacronistiche ed i contenziosi senza fine che hanno caratterizzato la precedente legislatura.
La relazione del presidente Siciliano è stata un inno alla definizione del nuovo servizio pubblico; egli si è richiamato alle giuste decisioni del Parlamento europeo, ma a mio parere la sua relazione introduttiva si basa su due fondamentali principi: un principio etico, secondo il quale la comunicazione deve essere un elemento di coesione della società (non va mai dimenticato che sulle onde della RAI si è costruita una parte non piccola dell'attuale identità del nostro paese); un principio economico, che si fonda soprattutto sul rilancio della produzione.
Queste capacità di adeguamento presentano a loro volta due aspetti molto importanti, che non sono divergenti ma connessi fra loro. Il primo è di tipo tecnologico e si basa su un ragionamento estremamente razionale sul quale non si può non concordare: mentre in tutto il mondo le imprese di telecomunicazioni stringono accordi con le imprese che producono informazione e intrattenimento, in Italia non solo tali accordi non bisogna farli, ma addirittura sembra un peccato anche solo citarli. L'esperienza storica, invece, mostra ampiamente come cultura e mercato non debbano essere antitetici anche per quanto riguarda la gestione della RAI e come le società di mercato abbianoquasi sempre una buona produzione culturale, purché chi vigila si adoperi perché questo avvenga.
Inoltre, la sopravvivenza nei prossimi anni di una RAI moderna e multimediale, capace di mantenere una quota importante di un mercato che non sarà più solamente italiano, ma europeo e planetario, potrebbe essere collegata in maniera assai stretta con la capacità delle nostre industrie elettroniche e di telecomunicazioni. Non vi è quindi alcun dissenso sul rilancio della produzione, ma è comune il convincimento che ogni altra strada non solo è impraticabile, ma ci relegherebbe ad un ruolo secondario, non di protagonisti ma di utenti di produzioni e servizi altrui.
Per quanto attiene all'elaborazione del piano editoriale, nel pieno rispetto dell'articolo 5 della legge n. 206 del 1993, oltre all'indispensabile collaborazione del direttore generale, la prima novità è che il consiglio di amministrazione vuole coinvolgere i direttori di testata e di rete. Personalmente non ho nulla da obiettare. Ha fatto molto scalpore la dichiarazione che non sarebbe un peccato mortale conoscere l'appartenenza politica dei direttori di testata e di rete; non dimenticate, però, che siamo in un paese dove Vincenzo Monti - il poeta romagnolo - ha fatto scuola. Vincenzo Monti non negava una poesia a nessuno: ne scrisse per Napoleone, per Francesco Giuseppe, per casa Savoia e, se avesse avuto vita più lunga, avrebbe avuto occasione di scriverne anche per qualcun altro. Allora, è meglio dichiarare con grande evidenza a quale forza politica si appartiene: credo che in tal modo un direttore possa essere rispettato di più che se si comporta con ambiguità.
GIOVANNA MELANDRI. Per fortuna il nostro paese non è fatto tutto di Vincenzo Monti, ci sono anche scuole di poesia diverse.
STELIO DE CAROLIS. Il citato articolo 5, se non pone limiti ai soggetti che il consiglio di amministrazione vorrà consultare per l'elaborazione del piano editoriale, è però molto esplicito nel ribadire che il consiglio deve muoversi nel rispetto degli indirizzi formulati dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. C'è stato un appello per una collaborazione, che deve nascere all'interno di quest'aula: non vorremmo trovarci di fronte a fatti compiuti.
Sono convinto che, se avessimo discusso delle nomine dei direttori di testata prima che fossero decise, alla fine le scelte sarebbero state le stesse, ma ci sarebbero state meno polemiche. Sono infatti fra coloro che ritenevano che la nomina dei direttori delle testate e delle reti dovesse seguire e non precedere l'insediamento della Commissione parlamentare di vigilanza.
Sono molto interessato a verificare insieme le strade per una forte innovazione del servizio pubblico sulla base della catalogazione che il presidente ha fatto delle tre reti, ben sapendo che non partiamo da zero. Quando si dice che nel 1995 gli utenti del servizio pubblico hanno sfiorato il 49 per cento, significa che siamo su percentuali molto alte. Si dovrebbero però fare distinzioni tra reti e reti.
Lei è stato spietato, ma non a sufficienza, nel dare conto della grande crisi che stanno attraversando i telegiornali regionali. Vorrei sapere esattamente quanti sono gli utenti di questi telegiornali. Provengo da una regione, l'Emilia Romagna, nella quale vi è molta attenzione per l'attività politica; nella mia regione il TGR regionale è uno di quelli più in crisi, anche perché non riesce ad uscire da una programmazione che riguarda Bologna ed il suo territorio. Vi è una notevole scarsità di risorse: o si procede ad un potenziamento, oppure va ripensato in toto il servizio dei telegiornali regionali.
Vorrei svolgere alcune considerazioni anche sui servizi sportivi. Non ho compreso bene se il direttore sia stato confermato o se la sua nomina sia stata procrastinata per poco tempo, ma questo è uno dei settori che non può restare nell'incertezza. Oggi, con la concorrenza spietata della Fininvest per quanto riguarda la trasmissione in diretta delle partite di calcio - che coinvolgono me, come tanti - non credo che il servizio pubblico possa accontentarsi di Novantesimo minuto e dei servizi di RAITRE.
Non mi soffermo sulla Formula 1. In proposito ho presentato un'interrogazione - alla quale risponderà quando riterrà opportuno - per sapere quanto ha speso la RAI per i servizi sulla Formula 1, considerato che per vedere una gara dobbiamo sintonizzarci su Italia 1 e per avere notizie sui risultati dal servizio pubblico dobbiamo aspettare la sera.
Infine, ho sentito parlare di una diversa attenzione del consiglio di amministrazione della RAI per Tele San Marino. Gradirei maggiori precisazioni in proposito.
Concludo con una nota sui telegiornali. Come ella sa, nel paese è aperto un dibattito sulla spietatezza delle immagini, sulla crudezza delle notizie e su tutta una serie di vicende che lasciano sgomenta l'opinione pubblica. Ho sempre avuto grande rispetto per il ruolo della stampa e mi sovviene quello che scriveva un grande storico fiorentino del cinquecento secondo il quale dove meno si sa più si sospetta. Però, c'è modo e modo di dare le notizie e soprattutto di tener conto di un'opportuna decenza per tutta una serie di manifestazioni sulle quali è meglio stendere un velo pietoso.
PRESIDENTE. Mi permetta, senatore De Carolis, di riprendere, a tutela dei parlamentari, un passaggio del suo intervento. Spero che il presidente della RAI non prenda alla lettera quanto lei ha detto a proposito della sua interrogazione e che non risponda solo quando lo riterrà opportuno. Affronteremo la questione in ufficio di presidenza, ma c'è la necessità che venga data risposta a numerose interrogazioni sulla RAI e sarà mia cura, nei limiti e nei poteri della Commissione, sollecitare al ministro delle poste una regolamentazione di questa materia. So che la RAI ha preso l'iniziativa di dare agli uffici disposizioni di riferire immediatamente in relazione alle richieste dei parlamentari; ebbene, se questo risponde a verità, è un fatto positivo. Spero però che si esca dalla valutazione delle opportunità e si arrivi ad una certezza delle risposte.
ENRICO JACCHIA. Cercherò di limitare il mio intervento a sette-dieci minuti, perché per un opinionista che in video disponeva di un minuto e quindici secondi, sette minuti sono un'enormità.
I membri del consiglio di amministrazione hanno detto di non avere ancora approvato gli indirizzi. Intervengo quindi brevemente sugli indirizzi politici, che sono poi la questione più importante, limitandomi a quattro punti.
Si è parlato della spettacolarizzazione dell'informazione politica. Quanto è successo nei giorni scorsi con la ripresa in televisione e soprattutto alla radio delle dichiarazioni fatte dai giudici (la stampa ha fatto di peggio pubblicando intere pagine di intercettazioni telefoniche) ha avuto un effetto disastroso. Mi riferisco soprattutto al fatto che sono stati citati i nomi. Quando la mattina alla radio si citano Prodi, Fini, Maccanico, alla gente che sta facendo la barba restano in mente i nomi e questo è disastroso. Si risponde invocando il diritto all'informazione... (Commenti).
Tutti i nomi di uomini politici e di Governo citati alla radio restano nella mente della gente che ascolta, senza però che venga spiegato perché vengono citati. E' un fatto molto grave e non sono io a scoprirlo.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Sarebbe strano un esecutivo condannato all'anonimato.
ENRICO JACCHIA. Mi riferisco a notizie su fatti che dovrebbero rimanere segreti. Forse sono andato troppo rapidamente per via dei sette minuti.
Il ministro Flick si è rivolto ai giudici; mi sembra che il consiglio di amministrazione potrebbe rivolgere ai giornalisti della RAI un indirizzo o una raccomandazione ad essere più contenuti nel mandare immediatamente in onda questo tipo di informazioni. Mi si risponderà - ripeto - che c'è il diritto all'informazione, ma questa è una grossa manfrina. Quando, negli Stati Uniti, Bob Woodward ed il suo collega hanno attaccato e sono riusciti a rimuovere il presidente, erano in gioco altissimi valori quali la suprema sicurezza dello Stato. Questi, invece, sono pettegolezzi.
Credo che si dovrà affrontare la questione anche in Commissione, poiché si pone un problema di riservatezza rispetto alla diffusione immediata di notizie che il ministro Flick chiede già ai magistrati di tenere molto più riservate.
Ieri il direttore generale Iseppi ha fatto una dichiarazione che è stata sottolineata con grande evidenza da tutta la stampa e ovviamente ha colpito giusto: ha auspicato che i conduttori di talk show rendano note le loro opinioni politiche (non credo abbia chiesto le tessere). Ho un'esperienza americana abbastanza lunga: negli Stati Uniti, paese di democrazia matura, ciascuno è fiero di dire ciò che pensa; senza mostrare tessere, mi pare importante che questi conduttori facciano sapere cosa pensano in linea generale.
Faccio un esempio: per molti anni ho fatto commenti di politica estera sul TG2 e poi sul TG1; tutti sapevano quello che pensavo, perché contemporaneamente scrivevo editoriali per Il Giornale di Montanelli, per Il Corriere della Sera e, soprattutto, per l'International Herald Tribune. Quando, la mattina alla radio, sostenevo che si sarebbe dovuto impiccare Saddam, nessuno diceva che ero un destrorso americano e quando mi battevo per il disarmo nessuno diceva che ero un comunista stalinista. Bisogna far sapere cosa si pensa, e questo vale in particolare per i conduttori.
Come capogruppo della lega non posso non menzionare la rete federata, anche se non è una questione urgente. Credo, però, sia veramente palese a tutti che per l'insieme dei cittadini del nord sarebbe un fatto importante se una rete, entro un certo termine futuro, fosse nel nord. Non dico di più, però riflettiamoci bene: nel nord vi è la richiesta di qualcosa che venga più direttamente dal nord.
Chiedo infine al consiglio di amministrazione un indirizzo sullo spazio da riservare alla cronaca nera. Nel vostro documento si parla della necessità di seguire con particolare attenzione critica i messaggi di violenza. Specie negli ultimi tempi, nell'incertezza dei direttori di radio e telegiornali su cosa potessero o non potessero dire, i primi quindici minuti erano dedicati alla cronaca nera. Credo che questo sia disastroso per la nostra nazione. Dopo un quarto d'ora in cui si dice che il figlio del boss Santapaola ha tagliato l'orecchio della sorella di Pinturicchio che è della banda dei corleonesi eccetera, la reazione del nord - parlo per il mio Veneto - non è certo di pensare che il meridione sia un grande patrimonio di talento di intelligenze; si pensa che al sud sia tutta mafia e corruzione. A nessuno viene in mente di parlare dell'Istituto di studi filosofici, che è una delle cose che ci fa onore in Europa, o dell'Accademia della cucina, questa illuminata istituzione di cui mi onoro di essere membro.
Non so come sia possibile farlo, ma vi prego di frenare questa irruzione della cronaca nera sui telegiornali e alla radio. Stabilirei una gerarchia mettendo al primo posto la politica e l'economia nazionale, al secondo la politica internazionale (che viene sempre più spinta verso la fine), al terzo la cultura e lo sport e per ultima la cronaca nera. Vi è una elevata professionalità fra i redattori e caporedattori di radio e telegiornali in materia di politica, economia e politica internazionale: sfruttiamola.
MARIO LANDOLFI. Vorrei ripartire dal concetto di servizio pubblico, prima riferito al rapporto con l'emittenza privata e poi a quello con l'utente.
Nel primo caso, presidente Siciliano, sono d'accordo con lei sul ruolo che la RAI deve esercitare come servizio pubblico: promozione della cultura italiana e valorizzazione delle culture locali come antidoto alla globalizzazione e quindi alla standardizzazione. La signora Moratti, che l'ha preceduta su quella poltrona, utilizzò un termine che all'epoca suscitò le ire della sinistra; parlò di complementarità tra servizio pubblico ed emittenza privata, che qualcuno interpretò come subalternità del primo alla seconda. I risultati raggiunti dalla signora Moratti hanno invece dimostrato che quelle preoccupazioni erano del tutto infondate. Le chiedo se lei sia d'accordo sul concetto di complementarità tra servizio pubblico ed emittenza privata.
Per quanto riguarda il concetto di servizio pubblico con riferimento all'informazione soprattutto politica, le devo confessare che ho qualche dubbio che la sua RAI possa davvero garantire la completezza e l'obiettività che stanno alla base di una corretta informazione e che, per quanto riguarda il servizio pubblico, sono addirittura codificate nella convenzione tra lo Stato e la RAI. Non voglio fare polemica, ma restare ai fatti.
La nomina di Carmen Lasorella a portavoce ufficiale della RAI suscita perplessità: Carmen Lasorella è stata la madrina della convention dell'Ulivo ed è stata la più accanita sostenitrice, anzi la promotrice della campagna "abbonato alza la voce" che aveva un'evidente sfondo politico. La nomina di Morrione alla RAI International suscita qualche perplessità, perché Morrione è stato il coordinatore della campagna elettorale dell'Ulivo.
Come fa a conciliare questi due atti concreti con la sua dichiarazione di ieri secondo la quale questo consiglio di amministrazione non è di parte, ma vuole essere rappresentativo di tutte le anime e di tutte le culture espresse dal paese ed anche rappresentate in Parlamento?
Il servizio pubblico va riferito al cittadino il quale, nel corso di una giornata, è utente, contribuente, titolare di uno status e rappresentante di una condizione ed è anche un elettore. Mi piacerebbe un servizio pubblico che non si limitasse all'effetto-annuncio da parte del Governo. Rispetto a questo Governo stiamo assistendo ad una grande capacità di impatto sull'opinione pubblica ottenuta attraverso l'effetto-annuncio; si annuncia che si andrà in Europa, che non sarà mai variata né inasprita l'azione fiscale. Dopo tre mesi un vero servizio pubblico dovrebbe andare da chi ha fatto l'annuncio per verificare se poi sia andata veramente così, per chiedere al Governo se ci porterà in Europa da vivi o ci farà pagare una tassa. Questo è quello che dovrebbe fare un servizio pubblico, non per andare contro il Governo, ma per informare i cittadini e per verificare se quello che gli uomini politici ed i governanti hanno promesso sia stato effettivamente mantenuto.
La risoluzione del Parlamento europeo che lei ha citato ieri, al punto 10, invita a considerare legittimo il finanziamento all'emittenza pubblica; al punto 33, invita il servizio pubblico radiotelevisivo a rafforzare i propri sforzi per ottenere una completa indipendenza dai governi e fa riferimento ad alcuni stati membri (penso che fra questi ci sia anche l'Italia). Lei, quindi, non può negare che vada fatto uno sforzo ulteriore in questo senso, altrimenti si verificano fatti come quelli di questi giorni. E' accaduto, per esempio, che il più importante telegiornale italiano si sia permesso di censurare la dichiarazione del leader politico di un partito che, tra l'altro, ha anche una certa importanza (ma anche se non l'avesse avuta, si tratta sempre di un rappresentante del popolo); come dice il segretario del partito popolare, Bianco, un giornalista non può distinguere tra uno spot propagandistico e una dichiarazione politica.
Questo servizio pubblico va quindi registrato, perché si sta creando una sorta di paradosso. Prendo a paradigma la vicenda Santoro. Cosa ha fatto la RAI per trattenerlo? Lei ieri ha detto che nessuno lo ha messo alla porta: ci mancherebbe, ma cosa ha fatto la RAI per trattenerlo, oltre a sopprimergli la struttura di Tempo reale? Faccio questo esempio perché il paradosso sta qui: Santoro passa alla concorrenza, a Mediaset, si unisce ad altri professionisti quali Costanzo, Mentana, Sposini, che sicuramente non hanno le stesse idee politiche del proprietario di Mediaset e va a finire che il servizio pubblico lo fa la Mediaset e la RAI diventa di parte. Santoro era certamente di sinistra, ma non era docile, non era un professionista che potesse essere in qualche modo manovrato dai partiti o dalle segreterie.
Le chiedo cosa ha fatto la RAI per trattenere Santoro, anche perché la differenziazione dei tre canali che lei, presidente, ci ha proposto, in parte ricalca quello che aveva detto e fatto la signora Moratti prima di lei: la rete generalista per le famiglie, quella innovativa. Rispetto alla terza rete, invece, lei è rimasto molto sul vago e credo che questo sia dovuto anche alla mancanza di Santoro. Lei ha detto che la RAI è storia e memoria: la RAI è fatta anche da uomini e da donne, da professionisti che hanno fatto la RAI e che oggi, guarda caso, passano tutti con la concorrenza. Non le sembra il caso di ripensare una strategia per cercare di trattenere le migliori energie, le migliori professionalità all'interno dell'azienda del servizio pubblico radiotelevisivo?
Questo consiglio di amministrazione ha violato una prassi finora costantemente seguita, quella della nomina differita di direttori e vicedirettori, procedendo - invece - ad una nomina contestuale.
PRESIDENTE. Si riferisce ai direttori di rete?
MARIO LANDOLFI. Sì. Vorrei sapere perché si è proceduto così e perché non c'è stata unanimità.
PRESIDENTE. Do adesso la parola al presidente Siciliano per la risposta. Successivamente interverranno l'onorevole De Murtas, la senatrice Fumagalli Carulli e l'onorevole Grignaffini.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Mi dispiace che non sia presente il senatore De Carolis, che comunque ringrazio...
PRESIDENTE. Lo ringrazia perché è andato via...?
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Lei è molto spiritoso. In realtà intendevo ringraziare il senatore De Carolis per quanto ha detto. Certo, esiste un problema sia per la TGR che per la TGS; il direttore generale lo affronterà con maggiore abbondanza di dettagli di quella che io stesso potrei garantire.
Quanto alla questione relativa a San Marino, sarà risolta rapidamente.
Il senatore Jacchia ha lamentato un eccesso di spettacolarizzazione ed ha sottolineato l'opportunità di evitare che nei programmi vengano diffusi i nomi...
ENRICO JACCHIA. Esatto!
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Va considerato che, spesso e volentieri, i nomi corrispondono a fatti. Certo, alcuni dosaggi potrebbero apparire equivoci, ma non va dimenticato che esiste una responsabilità dei direttori di testata, una responsabilità di carattere deontologico, che va rispettata: si tratta di un principio di democrazia.
ENRICO JACCHIA. Non potreste formulare indirizzi precisi, così come intende fare il ministro Flick con i giudici?
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Questo è un problema...
PRESIDENTE. Lei fa giustamente riferimento all'autonomia dei direttori. Poiché la linea editoriale della RAI prevede che questi ultimi si adeguino a determinati indirizzi, vorrei sapere se, nell'ambito della linea editoriale dell'azienda, siano previste anche garanzie in materia di riservatezza e di diritti per la persona.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Si tratta di un problema riconducibile a quella deontologia professionale a cui ho fatto riferimento. E' evidente che un direttore di giornale non ha, tout court, la libertà di fare ciò che gli pare: egli è direttore di giornale perché la sua storia professionale lo ha portato a conseguire quella posizione e, se la sua storia professionale lo ha portato a tanto, ciò è avvenuto perché egli è passato attraverso diverse esperienze nel cui ambito ha manifestato attitudini, atteggiamenti e capacità di giudizio. E' in questi elementi che si rinviene la qualità delle persone. Disegnare regole, porre paletti, come si dice in gergo... Mi pare che lo stesso ministro Flick abbia qualche difficoltà. Comunque, segneremo dei paletti, se vi dovessero essere...
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Si potrebbe redigere un codice deontologico!
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Certo, un codice deontologico si potrebbe elaborare, a fronte di situazioni che lo richiedessero.
Quanto alla rete federata, si tratta di un progetto in divenire. Ho già ricordato ieri che vi è già stata una precedente esperienza di una rete - per così dire - che si regionalizzava: i risultati sono però stati negativi.
Per quanto concerne il problema della rilevanza della cronaca nera, anche in questo caso si pone una questione di deontologia professionale. Sappiamo bene che in alcuni periodi della nostra vita nazionale la cronaca nera non appariva sui giornali perché avrebbe potuto in qualche modo "turbare" - era proprio questo il termine che si usava all'epoca - le coscienze dei cittadini. Inoltre, va considerato che in video sono state fatte passare come cronaca nera cose che con quest'ultima non c'entrano affatto. Occorre quindi restituire alla deontologia professionale dei giornalisti quella libertà necessaria non solo per costruire un giornale ma anche per rendere al paese quel servizio di informazione che è necessario garantire ai cittadini.
Penso si debba riflettere e discutere sulla questione dei talk show e di coloro che li conducono, senatore Jacchia. E' vero che il modello americano... Quanto al direttore del Washington Post il quale dichiara di non votare, per garantire l'indipendenza di giudizio, in quanto responsabile di una testata illustre, si tratta di un esempio - come dire? - luminoso. Vedo che lei fa "spallucce"...
ENRICO JACCHIA. Ma perché in America lo dicono...?
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI Sì, lo dicono... Io sono solito fare una distinzione. Se è vero che noi sappiamo per chi vota l'editorialista, non possiamo non considerare come la conduzione di un dibattito politico, specie in campagna elettorale, crei un problema, che io avverto e del quale vale la pena discutere: chi conduce questi dibattiti dovrebbe rendere un servizio di testimonianza, cioè essere interlocutore - ovviamente equanime - di qualsiasi parte politica, in modo tale non da nascondere qualcosa o da risultare ambiguo ma da privilegiare il colloquio; sotto questo profilo, con la dichiarazione di voto probabilmente si potrebbe innescare un sistema di polemiche che servirebbe ben poco ai fini della conduzione di un dibattito di questo tipo. Il conduttore, infatti, diventerebbe improvvisamente un protagonista mentre invece il suo ruolo è un altro. Si tratta - ripeto - di un problema che avverto e che non so sia possibile risolvere in modo diverso. Dato che la questione è venuta fuori ed è stata ripresa dai giornali in seguito ad un passaggio dell'intervento del direttore generale e considerato che della questione stessa non avevamo ancora - per così dire - ritagliato la pregnanza (tenendo presente altresì che i giornali oggettivano certe cose, forse anche in maniera esagerata), non ho potuto fare a meno di avvertire la preoccupazione che ho testé esternato.
L'onorevole Landolfi ha sollevato il problema della complementarità. La coesistenza del servizio pubblico e dei privati va benissimo: si tratta però di stabilire se questa complementarità debba essere speculare, compensativa o di altro tipo. Come servizio pubblico, non mi porrei problema e cercherei di adempiere ai miei compiti al massimo livello, rispettando gli obblighi che tale obiettivo mi impone. Se poi il servizio pubblico, nella sua rete generalista, facesse un'offerta che determinasse nei suoi confronti uno spettro di consenso vastissimo, non potrei che rallegrarmene. Non vorrei, insomma, che la complementarità diventasse per il servizio pubblico una sorta di binario di castigatezza. Si tratta di una prospettiva che, francamente, non mi sento di poter accettare.
Quanto alle polemiche su Lasorella e Morrione, ho già avuto modo ieri di chiarire la mia posizione. Credo fermamente che la professionalità delle persone, indipendentemente dall'attività politica svolta...
PRESIDENTE. Le vicende richiamate dall'onorevole Landolfi si riferiscono a casi di persone delle quali si sapeva per chi avessero votato.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Che c'entra...? Allora, dovrebbero essere condannati al limbo della loro professione? (Commenti del senatore De Corato). E' accaduto anche questo, senatore De Corato, in particolare nella passata gestione.
MARIO LANDOLFI. Chi spiega all'utente che non hanno fatto certe cose per ottenere la promozione?
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Onorevole Landolfi, il tutto mi sembra abbondantemente spiegato dal riferimento alla loro professionalità.
MARIO LANDOLFI. Questo è un dato fuori discussione!
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Allora, mi pare che basti. Tutti noi, tutti i cittadini italiani hanno manifestato in un modo o nell'altro... Forse per questo dovrebbero essere emarginati dalle attività che svolgono? No, non può essere così. Si può mettere in discussione la professionalità di Carmen Lasorella o di Roberto Morrione? Credo assolutamente di no. Per quanto riguarda Morrione, ha un incarico in una struttura molto particolare della RAI.
LILIANA CAVANI, Consigliere di amministrazione della RAI. In un paese quale il nostro, un paese cioè a democrazia in formazione, diverso dal modello americano, credo che un'ipotesi come quella prospettata non possa che essere dannosa.
PRESIDENTE. Vorrei chiarire, sulla scorta delle stimolanti considerazioni della dottoressa Cavani, che nessuno ha voglia di alimentare polemiche di carattere personale. Il problema , per esempio, si è posto anche con riferimento al dottor Vigorelli (cito questo esempio perché può risultare utile per tutti noi): anche lui è stato accusato di aver fatto campagna elettorale per uno schieramento opposto; però - guarda caso! - Vigorelli non fa il direttore ed altri sì...! Si tratta quindi di capire, posto che tutti sono bravi professionisti, se l'appartenenza ad un partito equivalga ad avere una medaglia in più rispetto agli altri.
MARIO LANDOLFI. Esatto, è proprio questo il problema.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Lei ha richiamato l'esempio del dottor Vigorelli. Come ha già detto il senatore De Carolis, per la TGR ci sono stati e ci sono problemi. Probabilmente la direzione del dottor Vigorelli, per lo meno a quanto risulta, è stata caratterizzata da qualche manchevolezza che meritava di essere corretta. Non si tratta quindi di sostenere che il dottor Vigorelli sia o non sia un bravo professionista: non tutti sanno fare tutto e, probabilmente, qualche cosa non è andata per il verso giusto, per cui si è resa utile e necessaria una correzione. Ripeto: la deontologia professionale è discriminante. E' sotto questo profilo che si verifica se una persona sia o no capace, se la casacca che indossa determini il suo lavoro oppure se sia quel certo orizzonte di valori e di idee che la portano ad essere quella che è, a distinguersi nel lavoro e a non segnarsi nelle scelte, in particolare in quelle attinenti al servizio di testimonianza, che deve essere la caratteristica principale di un lavoro di tipo giornalistico.
Mi è stato chiesto se i TG siano in grado di informare su determinate questioni quale quella dell'adeguamento del nostro paese ai principi di Maastricht. Il TG1, all'epoca già diretto da Brancoli, il giorno successivo all'intervento del presidente della FIAT che poneva la questione relativa all'ingresso dell'Italia in Europa ai sensi del trattato di Maastricht, ha trasmesso un servizio di circa sette minuti, in apertura di giornale, molto dettagliato ed attento, che ha spiegato con particolare ricchezza di dettagli che cosa comporta la firma del trattato sotto il profilo dei costi e dei ricavi. Se si considera l'ascolto che è stato rilevato con riferimento a quel servizio, si può dire che i telegiornali riescono, per chiarezza di linguaggio, a compiere un lavoro di reale informazione e di grande utilità, su problemi che, ad un primo approccio, possono essere considerati anche ostici. Se c'è una persona che riesce, attraverso lo stile ed il linguaggio usati, a farsi capire, la cosiddetta "gente" la segue.
Quanto a Santoro, l'onorevole Landolfi ha detto che tutti passano alla concorrenza. Le chiedo (mi perdoni la battuta): "tutti" chi?
MARIO LANDOLFI. C'è una galleria di personaggi storici della RAI che è passata in Mediaset!
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Avviene anche il contrario! Credo che il direttore generale potrà risponderle con chiarezza anche in merito a cosa è stato offerto a Santoro. L'offerta fatta a quest'ultimo è stata caratterizzata dal riconoscimento di grande professionalità e dalla disponibilità a concedere larghissimo spazio. Le ripeto quanto ho detto ieri al presidente Storace: la scelta di Santoro, giustificata nei modi che conosciamo, è stata a mio avviso interamente ed esclusivamente professionale: un bisogno - se posso dirlo, come legittima interpretazione che sento di poter fare - di rigenerazione personale, configurato probabilmente come un salto in un altro orizzonte. Era una decisione già scontata: nessuno - ripeto: nessuno - ha offerto a Santoro uno scivolo, di alcun tipo, verso il portone di viale Mazzini, né sotto il profilo psicologico né dal punto di vista del contratto.
MARIO LANDOLFI. Le avevo posto una domanda relativa al problema delle nomine contestuali dei direttori e dei vicedirettori di rete nonché sulla mancanza di unanimità registratasi al riguardo.
PRESIDENTE. Vorrei che ritornasse sul caso Santoro perché è stata ventilata l'ipotesi - che le chiedo di confermare o di smentire, perché potrebbe trattarsi semplicemente di una stupidaggine riportata dai giornali - che la RAI abbia proposto a Santoro di dimettersi per poi avere una collaborazione dalla stessa azienda...
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. No, nessuno ha fatto una proposta del genere. Mi spiace che stasera non sia presente il consigliere Olivares, che avrebbe potuto introdurre elementi di chiarimento al riguardo. In consiglio, Olivares ha deciso di astenersi "costruttivamente" - così ha dichiarato lei stessa - dal voto sulle nomine. Non vi è stato quindi un voto contrario: la questione riguardava soltanto i tempi, atteneva cioè esclusivamente ad una cadenza temporale.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. A fronte del notevole risalto che è stato dato ad un inciso del mio intervento di ieri, osservo che quando un inciso provoca tante reazioni vuol dire che forse il problema è reale. L'esigenza che sta alla base della mia proposta è legata alla necessità di individuare una misura ed un rapporto tra informazione e politica; si tratta, a mio avviso, di un problema vero. La proposta che ho formulato, del resto, è molto vecchia, essendo già emersa lo scorso anno durante un grande seminario tenuto presso La Sapienza, successivamente alle elezioni, quando cioè era stato riscontrato in modo preciso come in campagna elettorale i conduttori avessero avuto grande influenza nel determinare il consenso. Era quindi stato affrontato il tema della riproposizione del rapporto tra informazione e politica sulla base di un modello diverso. Poco fa qualcuno mi ha ricordato che su questo tema Barile, con un battuta fulminante, ha osservato che: "l'obiettività è una serie di parzialità firmate", sicché, in sostanza, ognuno può costruirsi la propria verità. Dico questo non per circoscrivere né per smentire alcunché, ma per sottolineare come il rapporto tra informazione e politica sia un problema reale.
Si è parlato di Morrione e di Lasorella. Vorrei ricordare che, quando Angelini è rientrato in azienda dopo l'esito negativo delle ultime elezioni, ha ottenuto un prestigioso incarico a New York, come responsabile dell'agenzia che stiamo costituendo in quella città.
PRESIDENTE. Quelli che vincono vanno alla RAI e quelli che perdono all'estero?
FRANCO ISEPPI Direttore generale della RAI. Nel caso specifico si tratta di una delle sedi più importanti. Posso dire comunque che non c'è mai un rapporto tra queste cose... Lo stesso discorso vale anche per Del Noce, rientrato in azienda dopo tanti anni.
Quanto a Tele San Marino, si registra una situazione debitoria di 12 miliardi, coperti da un mutuo dell'IRI. La situazione economica è disastrosa e vi sono problemi di intervento sia dell'Italia sia di San Marino, intesi come Stati, essendo il tutto legato ad una convenzione. Vi sono inoltre problemi di palinsesto e di relazioni con altre reti (si sta pensando ad un progetto con Telenova). Su questo problema occorrerà riflettere, considerato che la RAI ha responsabilità dirette nel consiglio di amministrazione e, soprattutto, l'obbligo di nominare il direttore. La situazione critica di San Marino va quindi rivista.
Conosco il caso Santoro, avendo io stesso avuto l'ultimo colloquio con l'interessato in sede di valutazione delle proposte. Personalmente ho proposto Santoro anche alla Rete 2, quando, per 44 giorni, ne sono stato direttore. Sostanzialmente, la proposta a Santoro si è espressa nei seguenti termini: invece di un appuntamento settimanale di circa due ore nella giornata di giovedì, gli si sarebbe voluta affidare una striscia serale quotidiana, oltre ad un appuntamento settimanale, con ciò determinando un ampliamento evidente degli spazi a sua disposizione. Inoltre, non gli sarebbe stata assolutamente toccata la redazione e le sue persone. L'unico problema era quello di riportare il budget di Santoro nel budget della rete, conformemente all'idea che sono le reti, cioè i canali, i titolari delle risorse, ripristinando - tanto per capirci - la situazione Gugliemi, nel senso di riportare molte aree tematiche all'interno della rete, ai fini di una maggiore unitarietà di gestione della stessa, ma anche per una maggiore omogeneità verticale di proposta.
Da un punto di vista della collocazione, Santoro è un direttore giornalistico ad personam e nella rete gli sarebbe stato garantito un ruolo di vicedirettore. Queste proposte sono state definite da Santoro "tardive". Non so rispetto a quale situazione egli abbia formulato questa valutazione: probabilmente rispetto al fatto che fossero già intervenute trattative o fosse in corso un contratto.
Vorrei ora comunicare alcuni dati sulla TGR. Il TG delle 19,30 fa registrare una situazione preoccupante, ove si consideri che il 17,6 del 1995 ed il 17,5 del 1995 rappresentano il dato più basso di ascolto mai registratosi da quando esiste la TGR. La situazione di crisi va vista non soltanto in riferimento a questi dati ma in rapporto alle singole regioni. Ben otto regioni, tra le più importanti, non rientrano nella media del 17,37 per cento. In pratica, in Sicilia, Veneto, Lazio, Campania e Puglia, per esempio, la TGR è sostanzialmente un telegiornale locale e non raggiunge nemmeno il 10 per cento dell'ascolto. Il discorso va quindi inquadrato in un ambito più complessivo, soprattutto se si pensa che è da questa base che deve partire il progetto di rete federata. Si dovrà quindi procedere ad un ripensamento, partendo da dati oggettivi sul rapporto domanda-offerta e sul tipo di posizionamento del servizio pubblico in queste regioni, per comprendere quale possa essere la reale prospettiva. Va tenuto presente che, così inquadrata la situazione, probabilmente non ha senso pensare ad una rete federata come rete sostanzialmente aggiuntiva rispetto ad altre due. Ciò avrebbe senso se si trattasse di un grosso investimento del servizio pubblico, una sorta di grande scommessa che consentisse di riscoprire un nuovo tipo di rapporto con il territorio, nuove forme di produzione e di rappresentanza, di sperimentare, inoltre, modelli produttivi e nuove professionalità. La rete federata ha senso se vissuta come un investimento, non come fatto aggiuntivo e marginale rispetto alle due reti esistenti.
Quanto alla TGS, nel corso di un'assemblea è stata espressa sfiducia nei confronti di Bartoletti. Ovviamente, questo fatto non è un dato sufficiente per un qualsiasi tipo di sostituzione.
Per quanto concerne la messa in onda delle gare di formula 1, non posso fornirvi i dati relativi al costo del contratto, in virtù di quella riservatezza industriale che caratterizza questo tipo di contratti (ovviamente, mi riferisco all'importo e non alle condizioni.
PRESIDENTE. In passato questi dati li abbiamo appresi sempre dai giornali! Se la riservatezza riguarda solo il Parlamento...
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. No, no.
PRESIDENTE. Ne riparleremo.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Certo, ne riparleremo. Posso dire che attualmente la trasmissione delle gare di formula 1 non rientra nei contratti RAI; è quindi ovvio che il senatore De Carolis non possa vedere i relativi programmi sui nostri canali. Per quanto riguarda invece il contratto che partirà dal prossimo anno, le condizioni sono le stesse di Mediaset, per cui si vedrà un programma come quello che viene trasmesso oggi da quest'ultima sotto il profilo di quelle che vengono definite "camere". Vi sono poi elementi aggiuntivi riferiti alla cessione da parte di un privato a Telepiù. La visibilità del gran premio - ripeto - sarà quella che oggi viene offerta da Mediaset.
PRESIDENTE. Sarebbe utile acquisire i dati di vostri eventuali studi sulla realtà delle singole sedi della TGR. Ciò che lei ha detto è molto interessante e sarebbe opportuno che la Commissione acquisisse ulteriori informazioni anche in rapporto alle dimensioni dell'emittenza locale (mi sembra evidente, per esempio, che la RAI conti più in Molise che in Campania).
Penso, infine, che potrebbe risultare utile (ma su questo punto investirò la Commissione prima della RAI) un chiarimento sulla vicenda contabile. Al riguardo ho un'opinione leggermente diversa, sia pure suscettibile, ovviamente, di confronto. Ricordiamo tutti quello che è successo nella vicenda dei diritti sulle partite di calcio: le cifre erano note a tutti! Certo, anche su questo punto si può configurare un dovere di trasparenza. Le tesi, comunque, sono tutte legittime ed avremo sicuramente modo di confrontarle.
GIOVANNI DE MURTAS. Vorrei affrontare la questione della centralità del servizio pubblico, spesso richiamata nell'intervento del presidente Siciliano. Penso che effettivamente sia intervenuto quello che potremmo definire un fenomeno di mutazione del servizio pubblico in questi anni e, quindi, della sua natura e del suo ruolo, insomma delle sue funzioni. Il presidente - se non ho capito male - ha detto che questo è ciò che appare all'esterno, agli utenti, dai programmi di intrattenimento, dai film, dalle rappresentazioni di sentimenti o di sofferenze che vengono sempre più poste come elemento destinato a catturare l'adesione passiva di chi guarda la televisione. In ogni caso, abbiamo un prodotto, quello televisivo, del tutto strumentalizzato dall'audience o, se vogliamo, da quella che è stata definita la "dittatura" dell'audience. La chiave di interpretazione di quella che è stata considerata come l'omologazione della televisione pubblica alla televisione commerciale risiede essenzialmente in tale aspetto, anche perché è in questo modo che è stato disperso il concetto stesso di servizio pubblico. Tutto ciò, mentre dalla programmazione è scomparsa la cultura - intesa come bacino di ricerca, di costruzione e di sperimentazione - e l'approfondimento dei fatti sociali, sempre che per questi ultimi non intendiamo non la rappresentazione simbolica di qualcosa ma un terreno di inchiesta offerto al mezzo televisivo. Contestualmente, come fatto conseguenziale, credo che si sia perso anche il senso della centralità dell'azienda pubblica, in quanto luogo di comunicazione, di produzione di cultura, di spettacolo, di informazione, che dovrebbe prevedere un momento decisivo di riscontro sociale che non è soltanto quello sanzionato dal pagamento del canone. Comunque, la gravità di questo fallimento é evidenziata da un dato che viene riportato proprio nel documento di linee editoriali del consiglio di amministrazione, laddove si riprende una statistica o una considerazione del rapporto del CENSIS, sottolineando che il meccanismo complessivo dell'informazione televisiva nel nostro paese avrebbe dovuto funzionare attraverso - si dice - un innalzamento della qualità della televisione italiana nel suo complesso, condizionando quindi indirettamente anche l'emittenza privata. In realtà, si è verificato esattamente il contrario, con uno snaturamento profondo, finora irreversibile, del ruolo di servizio pubblico al quale la RAI dovrebbe ottemperare.
Il presidente Siciliano si è addentrato in questo terreno di riflessione, ma mi pare che abbia espresso alcune valutazioni per un verso molto impegnative e, per altro verso, abbastanza contraddittorie o poco chiare: se è condivisibile l'affermazione di principio circa la necessità di procedere alla ridefinizione dell'identità e della missione del servizio pubblico, non è pensabile che questo appello valga come una sorta di passe partout, ossia come formula universalmente valida a prescindere dai contenuti che rappresenta e anche dalle scelte politiche che può riassumere o esprimere.
Il riferimento che lei fa alla nuova legge di riforma del sistema della comunicazione non è neutro, così come non lo sono i problemi connessi, come lei afferma, ai disegni di legge del ministro Maccanico. Non sarebbe neutro, per esempio, il riferimento alla cessione o alla vendita della STET e, in generale, ai processi di privatizzazione nel settore delle telecomunicazioni o nell'ambito della stessa RAI, che taluni auspicano e per cui qualcuno lavora.
Nella seduta di ieri, lei ci ha informati che ha già avuto modo di riferire alla Commissione lavori pubblici del Senato le valutazioni della RAI sul progetto di riforma; sappiamo anche che il consiglio di amministrazione ha affrontato, nella seduta del 4 settembre, i problemi connessi al disegno o ai disegni di legge Maccanico: ebbene, sarebbe opportuno che la Commissione di vigilanza fosse messa nella condizione di valutare e di discutere le scelte attuali e quelle di prospettiva, all'interno del quadro completo delle iniziative legislative parlamentari e governative e delle linee editoriali che il consiglio di amministrazione assume. Intendo dire che esiste in tutto questo un'evidente e riconosciuta interazione che sarebbe nostro compito, per la parte istituzionale che ci compete, controllare e governare.
PRESIDENTE. Può chiarire l'aspetto relativo alle nostre competenze? Poiché quando ho posto la stessa questione in sede di ufficio di presidenza sono stato contestato, mi fa piacere che anche lei l'abbia sollevata.
GIOVANNI DE MURTAS. Su qualche elemento, peraltro molto secondario, le nostre opinioni collimano!
PRESIDENTE. Intendeva dire che secondo lei dobbiamo esprimere una valutazione sul disegno di legge Maccanico in rapporto al servizio pubblico?
GIOVANNI DE MURTAS. Ritengo che, per la parte che ci compete, possiamo esprimere valutazioni anche su questo, se è vero che esiste un'interazione e un intreccio di quel tipo.
Su questo terreno, varie affermazioni contenute nella risoluzione del Parlamento europeo sul ruolo del servizio pubblico televisivo confliggono con gli indirizzi espressi a livello governativo ma anche con alcuni intendimenti del consiglio di amministrazione della RAI. Va benissimo l'intreccio tra multimediale, telecomunicazioni e informatica indicato come nuovo e avanzato terreno tecnologico di presenza e di competizione: sappiamo che concretamente i processi di convergenza tecnologica connettono, appunto, televisione, telecomunicazioni e informatica e questo è un terreno di intervento per l'informazione, per la politica, per la finanza. Sappiamo altresì che il problema è rappresentato dal governo e dal controllo di questi processi, come fatto legato alla produzione e al mercato non meno che alla politica e alla democrazia.
Queste tematiche concernenti la globalizzazione, la liberalizzazione, la finanziarizzazione sono oggetto anche del disegno di legge Maccanico; riprendo spesso questo tipo di esempio perché è noto che a partire dagli anni settanta è stato esattamente questo il terreno su cui si è imposto il modello Fininvest e si è aperto un conflitto diretto contro il servizio pubblico. Ciò è avvenuto innanzitutto attraverso processi di questo tipo, con la modifica dei modelli di comunicazione e della natura stessa dei prodotti culturali che sono oggetto della mediazione televisiva: mi riferisco a finanziarizzazione, investimento, uso delle risorse pubblicitarie.
Quanto al governo di questi processi nell'attuale fase, vorremmo comprendere che cosa comporti il progetto della RAI intesa come holding o, per altro verso, quello della rete federata: quest'ultima è destinata a diventare o a rimanere un luogo secondario, strutturalmente incapace di gestire una fase così avanzata dal punto di vista tecnologico e culturale, o semplicemente il luogo in cui - faccio l'avvocato del diavolo - dobbiamo assistere alla ridislocazione, ricollocazione ed anche al soddisfacimento di poteri o agglomerati di poteri che non hanno trovato o non trovano la loro collocazione ed il loro soddisfacimento in altre parti?
In conclusione, affrontando un argomento che è stato trattato da tutti, prendo atto dell'affermazione del presidente Siciliano secondo cui l'attuale consiglio di amministrazione della RAI non vuole essere e non si sente espressione di una parte. Tuttavia, prendo atto anche che, per esempio, alle contestazioni dell'onorevole Paissan sulle modalità di nomina e sulle logiche di spartizione che hanno costituito finora l'elemento regolatore di tutto il processo, a partire dalla nomina del consiglio di amministrazione fino a quella del presidente della Commissione di vigilanza...
PRESIDENTE. Che non è competenza del presidente della RAI.
GIOVANNI DE MURTAS. Certamente, lo dicevo per chiarire il discorso. A quelle contestazioni - dicevo - non è stata data risposta. Non so se qualcuno voglia davvero farci credere che la deontologia professionale o la competenza dei singoli possano essere criteri efficaci di salvaguardia contro la lottizzazione e l'occupazione dei partiti e/o delle lobby politico-affaristiche. Sappiamo tutti, infatti, che non è così, in quanto si possono asservire le competenze e le professionalità migliori ed è possibile aggirare le più rigide norme deontologiche.
Sotto questo profilo, tornando all'altro tema di attualità, mi sembra che la ricetta del dottor Iseppi, ossia l'autocertificazione politica o partitica, valga a poco se la si considera come criterio di garanzia e di democrazia. La questione è infatti più complessa: si pone certamente un problema di democrazia, oltre che di rappresentanza e di rappresentatività. Visto che questa logica (su tale aspetto sarebbe interessante conoscere l'opinione del presidente della RAI) è stata finora ampiamente contraddetta, a prescindere da qualunque giustificazione si voglia dare (possiamo anche decidere di lasciare da parte il passato), vorrei comprendere se in futuro si intenda seguire una strada di continuità con il passato oppure, nel caso in cui si voglia effettivamente cambiare, chiedo quali siano - e come si intenda applicarle - le modalità di cambiamento e di innovazione.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Considerata l'ora ormai tarda, cercherò di contenere il mio intervento nello spazio di pochi minuti, anche se gli interventi dei colleghi oltre a quello del presidente e dei consiglieri di amministrazione della RAI mi suggerirebbero vari tipi di riflessioni.
Sono molto interessata ad un aspetto che, tutto sommato, è rimasto un po' in ombra anche negli interventi dei colleghi: mi riferisco alla RAI intesa come grande agenzia culturale; nella giornata di ieri, così come oggi, si è parlato molto della RAI come agenzia di informazione politica ed ho apprezzato il fatto che il presidente abbia affermato che la spettacolarizzazione non deve essere un criterio da seguire. Spero che questo avvenga anche con riferimento all'informazione giudiziaria, che forse è il punto più delicato per quanto concerne la spettacolarizzazione, in quanto sono in gioco diritti talmente intimi della persona che qualunque eccesso di spettacolarizzazione può produrre effettivamente danni notevolissimi. Ricordo, al riguardo (mi rivolgo al mio amico senatore Jacchia), una frase pronunciata da un federalista, Carlo Cattaneo, il quale, parlando della giustizia spettacolo, affermava: "Il tribunale non è il teatro; andate a sollazzarvi altrove". Quest'affermazione risale al 1860 e purtroppo oggi, a più di un secolo di distanza, il tribunale viene considerato anche dai mezzi di informazione come uno spettacolo: ricordo che in passato RAI3 aveva un suo servizio di comunicazione all'esterno dei processi, il che poteva anche apparire interessante dal punto di vista della comunicazione, ma determinava conseguenze a mio avviso assolutamente negative.
A parte questa riflessione e ribadita comunque l'importanza dell'informazione politica e giudiziaria resa in modo sereno e obiettivo, devo dire di aver sentito parlare poco della RAI come grande agenzia educativa. Credo invece che essa sia la maggiore agenzia culturale ed educativa: non si tratta di un'endiadi, in quanto sono due aspetti completamente diversi. Da questo punto di vista, la RAI dovrebbe assumere un ruolo analogo a quello che ha svolto in precedenza: anche se oggi è di moda parlare male di tutto ciò che si è verificato in passato, credo che la RAI, soprattutto nei primi anni della sua attività, abbia svolto una funzione culturale ed educativa importante, anche nell'unificazione del paese e nella diffusione della cultura a livello generale, laddove la scuola, per esempio, non poteva arrivare, almeno negli stessi termini.
Oggi la RAI è in grado di svolgere questa funzione di agenzia educativa nel rispetto del pluralismo culturale? Si tratta di un interrogativo che tutti noi dobbiamo porci serenamente, spogliandoci dell'appartenenza ad un partito o della condivisione di una particolare fede politica. So che in passato sono stati attivati tre centri culturali (il direttore Frisetti lo ricorderà); quando venne inaugurato Palazzo Labia a Venezia ricordo che il professor Cardini, il quale era il consigliere di amministrazione della RAI che più si occupava di questo problema, annunciò che vi sarebbero stati creati altri due centri culturali, rispettivamente a Firenze e a Palermo. Questa mi sembrava una proposta positiva, anche perché il centro culturale di Palazzo Labia a Venezia si sarebbe occupato dell'Europa (configurandosi come una porta verso l'Europa dell'est oltre che verso quella occidentale), il centro di Firenze si sarebbe dedicato alla cultura del nostro paese e quello di Palermo - se ricordo bene - alla cultura del Mediterraneo. Sarebbe stato possibile, in questo modo, fare della RAI un'agenzia culturale che avrebbe aperto anche i confini del nostro paese. Vorrei sapere se vi sia ancora traccia di queste iniziative e se si sia fatto qualcosa al di là dell'inaugurazione, di cui la stampa ha dato notizia, di Palazzo Labia a Venezia; chiedo quindi se vi siano dei progetti, come si intenda gestire questo tipo di interesse che credo dobbiamo avere, oppure se la struttura educational - mi pare che ieri il dottor Iseppi l'abbia definita così - sia orientata in altra direzione.
E' ovvio che la cultura va al di là di questo e comprende anche - come ha rilevato ieri la signora Cavani - la fiction, che rientra, appunto, nella cultura e non è soltanto un aspetto interessante per le nostre serate.
Desidero ora porre una seconda domanda di carattere molto diverso, rilevando che ho ascoltato ieri il direttore generale della RAI affermare che le condizioni economiche dell'azienda sono buone e che oggi il bilancio è in attivo. Questo mi fa molto piacere, considerato che in passato vi sono state molte difficoltà, come il dottor Iseppi, funzionario della RAI da molto tempo, ricorderà certamente. Nell'auspicare che il bilancio resti in attivo, vorrei sapere quali siano i criteri di gestione, per esempio, del personale. Infatti, come abbiamo constatato, ogni consiglio di amministrazione nomina nuovi direttori e vicedirettori, ognuno dei quali, a seguito della carica che assume, percepisce un certo stipendio. Quando il nuovo consiglio di amministrazione decide di effettuare degli spostamenti, per ragioni che possono essere o meno politiche (non è questo il punto, almeno in questo momento), i precedenti titolari degli incarichi mantengono la loro qualifica di vicedirettore, direttore, capo struttura e così via con il relativo compenso.
Chiedo allora se il nuovo consiglio di amministrazione abbia ipotizzato di prevedere termini temporali: per esempio, la carica di vicedirettore potrebbe avere una durata triennale e comunque configurarsi come carica a termine, in modo che, con il cessare della stessa, venga meno anche la conseguenza economica. Infatti, il prossimo consiglio di amministrazione (vi auguro di restare in carica il più a lungo possibile, ma è anche fisiologico che prima o poi vi sia un cambiamento) si troverà a decidere nuove nomine e credo che questo sia un aspetto da tenere in considerazione dal punto di vista della gestione economica e finanziaria dell'azienda.
Mi interessa anche sapere (non vi riuscii neanche allorché ricoprivo la carica di sottosegretario per le poste e le telecomunicazioni nel Governo Ciampi) quanti siano i contratti di collaborazione esterna; poiché i giornalisti erano allora 1.500 ed oggi sono probabilmente 2.500 o 3.000 (non lo so esattamente), mi chiedo come sia possibile che fra tutte queste persone non vi siano professionalità sufficientemente elevate, tanto da rendere necessario il ricorso a collaborazioni esterne. Si tratta di un aspetto che mi lascia veramente sconcertata: il discorso riguarda tutti i consigli di amministrazione, non solo l'attuale. Procedere a nuove assunzioni o alla stipula di nuovi contratti di collaborazione è diseconomico e nello stesso tempo scoraggiante per il personale interno, che all'improvviso si vede scavalcato da un guru proveniente dall'esterno; ne deriva sicuramente un grande sconcerto.
Vorrei sapere se sia stato valutato anche questo aspetto e soprattutto chiedo al dottor Iseppi se possa fornire alla Commissione l'elenco delle collaborazioni nonché le cifre ad esse riferite che figurano in bilancio. Credo infatti che la nostra Commissione debba vigilare anche su questi aspetti, dal momento che l'opinione pubblica (di cui siamo rappresentanti in quanto eletti in Parlamento) resta sconcertata di fronte alle cifre che si sentono sussurrare. Quindi, anziché sentirle sussurrare vorremmo acquisire quelle cifre dalle persone responsabili, le quali ci chiariscano con esattezza quale sia la situazione. Chiedo pertanto formalmente di avere l'elenco dei contratti esterni e di collaborazione in genere.
Ritengo inoltre di dover svolgere un'osservazione anche su un altro tema al quale ha accennato ieri un collega (se non sbaglio, un esponente dei verdi): mi riferisco alla pubblicità occulta ed in particolare al fatto che i telegiornali sono pieni di servizi che contengono questo tipo di pubblicità. Citando l'esempio della FIAT (non ho nulla contro tale azienda), devo rilevare che, ogni volta in cui viene presentata una nuova autovettura, il TG1, il TG2 e il TG3 trasmettono servizi della durata di vari minuti, che sono in realtà veri e propri spot. Al riguardo, dovete sempre aspettare che l'autorità antitrust intervenga condannandovi oppure non vi converrebbe autoregolamentarvi ed evitare qualsiasi forma di pubblicità occulta? Credo che un consiglio di amministrazione serio debba porre fine a questo tipo di pubblicità; analogamente, si dovrebbe dire basta ai telegiornali con vari fronzoli, che diventano megafoni di questo o quel potente di turno, perché ciò è sbagliato. Si dovrebbero invece dare notizie chiare, che siano comprese da tutti, come faceva la televisione all'inizio della sua attività.
Il presidente della RAI affermava che i direttori hanno una loro autonomia, che rientra nel loro statuto professionale. Si tratta di un fatto positivo, ma l'autonomia non può essere intesa come irresponsabilità o anarchia: se vi sono linee stabilite dal consiglio di amministrazione, esse devono valere anche per i direttori, non soltanto per i loro sottoposti. Ritengo quindi che si debba studiare un codice deontologico, perché altrimenti lo stesso consiglio di amministrazione si troverà sempre in una situazione di difficoltà nel riprendere qualcuno. E' possibile che la mia deformazione di giurista mi induca a sopravvalutare il valore della regola più ancora che della legge, ma non vi è dubbio che la regola sia oggettiva e non possa essere personalizzata, come invece finisce per essere inevitabilmente il richiamo.
Desidero infine soffermarmi sulla riqualificazione che la televisione pubblica deve perseguire sul piano del servizio pubblico in quanto tale, configurandosi come televisione dei valori. In particolare, siamo stanchi di trasmissioni violente; il discorso vale anche per le reti commerciali, ma in quel caso non si paga il canone, per cui non possiamo lamentarci ma eventualmente soltanto cambiare canale. Vi è una violenza incredibile anche nella televisione di Stato, non soltanto in quella commerciale, e forse la rincorsa all'audience ha portato in passato ad elevare il tasso di violenza anche nella televisione pubblica.
Il servizio pubblico, come ha rilevato lo stesso presidente della RAI, ha una sua giustificazione per quanto riguarda il pagamento del canone e la presenza della pubblicità; da parte mia, non appartengo alla schiera di politici i quali sostengono che alla RAI non deve esservi pubblicità. Se però il Parlamento europeo afferma che canone e pubblicità possono coesistere proprio perché il servizio pubblico deve essere posto al riparo dalla rincorsa dell'audience, vorremmo che la RAI diventasse effettivamente un vero e proprio servizio pubblico.
Desidero citare, al riguardo, una ricerca americana molto significativa sul problema della violenza e sui suoi effetti patogeni nei confronti del telespettatore (il dottor Iseppi la conosce certamente), da cui risulta che un bambino americano assiste in televisione a 8 mila omicidi e 100 mila atti di violenza prima di concludere la scuola elementare (si tratta di un dato allarmante). Si aggiunge poi che sono numerosissimi i casi di gravi atti di violenza i cui autori hanno dichiarato di averli appresi in televisione.
Ricordo che anche un centro di Siracusa effettuò una ricerca sull'effetto criminogeno della televisione con riferimento alle grandi organizzazioni criminali: vi era allora il professor Bassiouni, egiziano, e, nella mia qualità di componente del Consiglio superiore della magistratura, ebbi modo di leggere quello studio. Certamente la ricerca effettuata negli Stati Uniti è ancora più impressionante.
Proprio perché vogliamo che la televisione torni ad assumere un ruolo culturale ed educativo, dobbiamo renderci conto fino in fondo delle potenzialità di questo strumento. Vorrei che il presidente della RAI rispondesse alle mie domande con la stessa serietà con cui ha affrontato il dibattito in Commissione, per cui mi complimento con lui oltre che con l'intero consiglio di amministrazione e con il direttore generale.
Poiché la cultura riguarda anche altri aspetti, ricordo, per esempio, che alla RAI esiste un comitato per il Giubileo: desidero conoscere almeno i risultati parziali del suo lavoro, in quanto non vorrei che ad un certo punto ci trovassimo di fronte a beghe analoghe a quelle che, in materia di opere pubbliche, hanno visto opposti due autorevoli ministri di questo Governo proprio sul tema del Giubileo.
Avrei voluto porre anche una domanda sulla rete federale, ma gli interventi del presidente e del direttore generale mi hanno già fornito una risposta.
PRESIDENTE. Ritengo che il presidente della RAI, nel rispondere all'interessante quesito sulla pubblicità occulta (che si collega anche a quanto osservato dal senatore Semenzato), potrebbe fare riferimento alla polemica che è sorta sullo stesso argomento su Repubblica e Corriere della Sera e che ha caratterizzato, nelle settimane scorse, il dibattito sulla televisione: questo potrebbe essere un ulteriore elemento di chiarimento da parte dell'azienda, perché in effetti su tali questioni sarebbero forse necessarie delle regole.
Invito inoltre la senatrice Fumagalli Carulli a riproporre la questione della violenza anche in sede di ufficio di presidenza; si tratta infatti di un aspetto da prendere in considerazione e sono convinto che la RAI possa svolgere una funzione di traino per tutto il resto dell'emittenza, anche quella commerciale.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Ricordo che nella seduta di ieri si è parlato dell'opportunità che la RAI apra, per così dire, un tavolo; non condivido però tale soluzione, perché credo che questo sia compito del ministro. Dobbiamo infatti abbandonare il vezzo, peraltro di grande attualità, della supplenza tra i vari poteri. Poiché la competenza è del ministro, deve essere quest'ultimo ad aprire un tavolo, in quanto egli ha una responsabilità di indirizzo che riguarda sia il servizio pubblico sia l'emittenza privata.
PRESIDENTE. Esistono valutazioni discordi, ma è comunque opportuno parlarne. Tra l'altro, la stessa risoluzione del Parlamento europeo - il cui testo è a disposizione dei colleghi - afferma che chiunque svolge attività nell'etere esercita un servizio pubblico; poi ad altri vengono attribuiti gli obblighi del servizio pubblico. Anche questo è un tema di discussione interessante.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Intendo svolgere tre considerazioni di carattere generale e porre alcune domande specifiche sul piano editoriale, che credo rappresenti l'oggetto di questo primo incontro.
La prima osservazione generale riguarda la fase di sperimentazione istituzionale che credo la nostra Commissione abbia inaugurato, non solo per la nomina del presidente Storace, al quale rivolgo un augurio di buon lavoro, ma anche perché stiamo cercando (la discussione di ieri e di oggi l'ha dimostrato) di delineare una nuova funzione della Commissione di vigilanza. Devo dire, senza alcun intento polemico, che questa stessa Commissione non sarà aiutata a far diventare la RAI ciò che essa potrà diventare da interventi come quello introduttivo dell'onorevole Storace e dalle domande poste oggi dall'onorevole Landolfi; sarà invece aiutata a crescere da molti altri interventi che con spirito costruttivo, polemizzando o avanzando proposte, sono entrati nel merito di una filosofia, di un progetto, di una vocazione pubblica che la RAI deve avere.
Un'altra osservazione di carattere generale riguarda la questione delle nomine: considerato che sul piano formale - nella relazione del presidente questo aspetto viene evidenziato - le nomine si sono inserite in un contesto di assoluta correttezza con riferimento a tempi e necessità, e considrato altresì che la professionalità, invocata dal presidente e dal consiglio di amministrazione come criterio informatore delle nomine è, a mio avviso, una motivazione più che sufficiente allo stato attuale, sospendo il mio giudizio, riservandomi di valutare le nomine decise ed i processi avviati sulla base di ciò che le stesse nomine saranno in grado di determinare. Entrerò quindi in un processo di relazione critica con quanto l'individuazione di queste professionalità ha cercato di definire in merito alla loro rispondenza ad una missione aziendale, ad una filosofia di prodotto o di rete; sulla base di ciò esprimerò il mio giudizio ed invito l'intera Commissione ad assumere questo stesso atteggiamento quale profilo alto del proprio intervento.
PRESIDENTE. Lei interpreta meglio di me il mio pensiero, onorevole Grignaffini.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Ho sempre saputo che io e lei eravamo sempre d'accordo...
PRESIDENTE. Su questo può stare tranquilla!
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Vi è un'altra questione generale su cui desidero soffermarmi brevemente, perché le osservazioni fatte oggi vanno in tale direzione. Mi riferisco ad una questione purtroppo ripresa da tutti i giornali, anche se nella seduta di ieri abbiamo parlato di molti altri argomenti che forse meritavano un'attenzione anche maggiore: ma, visto che la questione della "targa" ha occupato le pagine dei giornali, vorrei soltanto dire che ho considerato la dichiarazione del direttore come una giusta preoccupazione, che ci fa capire che esiste un problema cui dobbiamo pensare. Anch'io ho in mente un modello di parzialità che, attraverso un processo di apertura e di pluralismo, consenta di arrivare ad un'oggettività maggiore della falsa neutralità in cui si mascherano molte dichiarazioni di principio. E' una discussione molto ampia: osservo solo che l'ho considerata come un'indicazione non tanto per mettere di nuovo le "targhe" (anzi, è esattamente il contrario), quanto per individuare, in un modo diverso e superiore, un modello di pluralismo (che molto spesso è costituito dalla somma di alcune parzialità e non necessariamente da quella cosa confusa e poco trasparente che si chiama neutralità dell'informazione).
Passo ad alcune osservazioni di merito. Poiché il tema dell'informazione politica ha occupato ampia parte della relazione del presidente della RAI, chiedo se vi sia, nei progetti dell'azienda pubblica, una previsione di riduzione della presenza dei partiti come unici interlocutori dell'informazione politica. Mi riferisco al fatto di considerare la politica come un insieme di soggetti, di realtà produttive e culturali, di problematiche o altro, riducendo l'informazione politica esclusivamente a quella sui partiti. Questo è, a mio avviso, uno dei temi che caratterizzano la funzione del servizio pubblico, una funzione di formazione, di civiltà, che un servizio pubblico deve darsi.
Ho apprezzato l'impianto di fondo del piano editoriale, e cioè l'idea del rilancio dell'identità della RAI come elemento di riqualificazione del mercato, cioè come elemento di riorientamento e riposizionamento dell'intero sistema di comunicazione a partire dalla grande funzione che la RAI storicamente ha avuto e che deve continuare ad avere. In particolare, mi fa piacere che questo tipo di riposizionamento e di nuova identità non sia stato posto in una nicchia. Non sono fra coloro che sostengono che la RAI, per rivendicare la sua vocazione pubblica, deve ritagliarsi un settore di mercato ristretto, puramente educativo; deve agire in una strategia di mercato, con un effetto di riqualificazione, per la forza e l'audience di cui la RAI ancora dispone in questo momento, quindi con le risorse che possiede nell'innovazione, nella sperimentazione e nel passaggio dalla politica degli acquisti a quella della produzione, oltre che nella territorializzazione dell'offerta (tutto ciò che è contenuto nel piano editoriale).
Si prevedono possibili abbassamenti di audience se si assumerà un modello che necessariamente romperà un equilibrio e una modalità di consumo che si sono standardizzati su canoni più simili a quelli della televisione commerciale che a quelli della televisione pubblica? Per avviare questo processo, si mette in preventivo una certa perdita di audience?
Un altro quesito che desidero rivolgere riguarda la contraddizione tra un'ipotesi di filosofia di prodotto e un'ipotesi di filosofia di rete. Sono due cose un po' diverse, che prevedono differenti modalità di consumo televisivo. La filosofia di prodotto è orientata maggiormente verso una strategia di consumo individuale segmentato, frammentato; la filosofia di rete è orientata maggiormente verso una strategia di consumo legato ad una linea editoriale, quindi a una proposta di informazione, di sport, di divertimento, di educazione (si compra una linea, dei prodotti). Sono due filosofie che in qualche modo possono convergere in un mix, che si può anche proporre; ma non ho capito bene quale fra le due linee sia privilegiata, soprattutto se si parla delle aree tematiche produttive. Queste aree tematiche hanno una loro autonomia rispetto alla filosofia di rete? Nel piano, ad un certo punto, si parla della loro possibilità di servire più reti differenziate, quindi, immagino, non solo la RAI. Sono modalità in qualche modo differenziate.
Rivolgo infine altre due brevissime domande. La prima riguarda la televisione generalista, verso la quale si attua l'investimento maggiore; RAIUNO ha avuto la conferma di questa vocazione. Vi sono studi e analisi di mercato che individuino ancora nella televisione generalista una forte capacità di tenuta del mercato o la segmentazione, il consumo a nicchia, i consumi settoriali, in qualche modo costituiscono una tendenza dominante, tali per cui, nel giro di due o tre anni, saranno la modalità prevalente di consumo televisivo? La domanda riguarda il modello di consumo per famiglia, perché in una qualsiasi casa troviamo sei apparecchi televisivi, uno per il figlio, uno per il nonno, uno per il nipote e così via, che magari assistono allo stesso programma usando televisori diversi. Voglio dire che i consumi televisivi sono cambiati.
La senatrice Fumagalli Carulli si è occupata della questione dei programmi educativi. Data la crisi di Videosapere e la necessità di una ridefinizione della strategia del settore, vorrei sapere se questi programmi siano considerata dalla RAI ancora come un genere, e dunque in una fascia di programmazione ad hoc, oppure se siano immaginati come una struttura e un paradigma trasversali, che devono in qualche modo informare la logica di tutti i programmi. Si tratta infatti di due opzioni strategiche differenti.
PRESIDENTE. Mi scuso se scendo in particolari burocratici, ma l'onorevole Grignaffini ha fatto riferimento al piano editoriale. L'ufficio di presidenza ha stabilito che la Commissione, almeno per ora, non svolgerà un dibattito successivo all'audizione del consiglio di amministrazione della RAI. Ma se diamo per assodato che quello presentato è il piano editoriale (al di là della disputa sui sinonimi), siamo costretti ad approvare un documento sulla rispondenza del piano agli indirizzi forniti dalla Commissione. Spero allora che il presidente della RAI assuma l'impegno di presentare in futuro il piano editoriale vero e proprio.
Presidente Siciliano, quello che avete presentato è il piano editoriale o non lo è? Lo dobbiamo sapere per la funzionalità dei lavori della Commissione. Mi scuso se, dopo l'intervento dell'onorevole Grignaffini, di notevole spessore, scivoliamo in una vicenda burocratica, ma serve un chiarimento.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Rivolgo un'ultima domanda, che avevo dimenticato. Tra i contenuti del piano editoriale, vi è il passaggio dalla logica degli acquisti a quella della produzione, che riguarda soprattutto la fiction televisiva e - cosa che mi sta molto a cuore - cinematografica. Poiché nel disegno di legge Maccanico è contenuta una proposta di utilizzo dei proventi pubblicitari per questa riconversione, chiedo se, nella logica di riqualificazione del mercato, la RAI sia comunque disposta ad assumere fin da subito, indipendentemente dall'approvazione del disegno di legge Maccanico, questa filosofia, che sarebbe decisiva per il rilancio della produzione italiana.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Onorevole De Murtas, molte delle osservazioni dell'onorevole Grignaffini le sento come una risposta a molte delle sue domande. Certo, abbiamo questo obiettivo, articolato nel modo che ho esposto ieri, e ho poco da aggiungere. Lei ha posto molti altri interrogativi. Ma le competenze della Commissione devono essere decise dalla Commissione stessa, non da me. Se la RAI diventerà una holding, ciò avverrà con l'approvazione di una legge: aspettiamo tutti di sapere qual è il nostro destino.
Per quanto riguarda la rete federata, sia il direttore generale sia io ieri abbiamo parlato della commissione interna che si occupa di questo aspetto. Come ho detto nella relazione, comunicheremo i risultati di questo circolo che abbiamo creato all'interno della RAI, dato che si tratta di uno strumento di lavoro per voi oltre che per noi.
Tornando alla vexata quaestio delle deontologie professionali, le rispondo affermativamente, onorevole De Murtas: penso che siano una garanzia. L'onorevole Paissan ieri ha dichiarato che il giorno delle nomine è stato una giornata nera per la RAI e per il paese: francamente, mi permetto di dissentire. Sono due punti di vista diversi, e l'onorevole Paissan e lei rimarrete delle vostre convinzioni: io (e non solo io) rimarrò della mia, così come il CDA della propria, perché vi è arrivato dopo una lunga e appassionata discussione. Come dice giustamente l'onorevole Grignaffini, è ovvio che saremo tutti pronti a giudicare i risultati. Esprimo un voto, una speranza: abbiamo fatto delle nomine credendo nella professionalità delle persone scelte, che oggettivamente sono professionisti specchiati, e faremo i conti, andremo al saldo. Come ho detto nella relazione di ieri, i primi risultati - anche perché la verifica, sul piano dei telegiornali, è abbastanza rapida - sono tendenzialmente positivi. Certo, vi sono tanti fattori che vanno considerati: pare infatti
che nei telegiornali RAI di fine estate si registri sempre un aumento di audience; ma comunque i dati sono leggermente superiori alla media. Verificheremo, e sarà una verifica molto importante non solo per la Commissione, onorevole De Murtas, ma anche per noi, mi creda.
La senatrice Fumagalli Carulli ha sollevato una questione assai importante. Si parla molto dell'informazione, i telegiornali sono oggetto di una diatriba che dura da quando esistono (e sembra che durerà per l'eternità). Ma è vero che la RAI - non voglio dire che sia un'altra cosa - è una grande agenzia formativa, culturale, se vogliamo educativa; anzi, poiché il termine "educativa" per molti è problematico diciamo che è formativa.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Non in senso hegeliano...
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Non in senso hegeliano, però diciamo che questa forma attiene a una complessità di esperienze, e anche di risultati, che incidono sul linguaggio, sul costume. Insomma, è la grande responsabilità etica che attiene all'esserci del servizio pubblico e che investe chi ha responsabilità direttive. E le dico con molta sincerità che questa responsabilità la sento molto viva, me ne sento in qualche modo aggredito.
Lei mi ha chiesto se vi fosse traccia del lavoro di Cardini. Ve ne è traccia, nel senso che ho parlato con lui. Inoltre, i sindaci di Venezia Napoli hanno fatto presenti al direttore generale e a me vari problemi che riguardavano le sedi RAI delle loro città, in particolare palazzo Lavia e la sede di Napoli, che si trova in una zona da un lato delicata e dall'altro con un futuro di grande sviluppo culturale, cioè Bagnoli.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. E Firenze e Palermo?
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Certamente il problema riguarda varie sedi locali, tra cui appunto quelle di Firenze e Palermo. Dobbiamo ricostruire questo settore, che credo sia rimasto fermo, da quanto ho capito, alle parole di Cardini che lei ha sentito. Cardini ha sollecitato più di un incontro con me, perché mi sembra che gli stesse molto a cuore trasmettere la cosa, che indubbiamente abbiamo ricevuto. E' importantissimo, infatti, che queste sedi abbiano un ruolo, anche pensando a quanto la cultura italiana, nella sua globalità, sia nutrita da questi fatti particolari e locali. Ribadisco che noi avvertiamo che la globalizzazione si fonda sull'esaltazione delle individualità. E' una contraddizione della società postindustriale quella di presentarsi come un tutt'uno, come un complesso massiccio, all'interno del quale, però, le particolarità e le individualità hanno un forte ruolo. Bisogna accertarle, non voglio dire governarle nel senso di reprimerle: bisogna accertarle e farle vivere per quello che esse sono, perché all'interno di questa globalità possono provocare faglie dolorose, anzi, drammatiche. E poi la nostra cultura è fatta di Venezia, di Napoli, di Firenze, di tutto ciò che questi nomi-simbolo comportano per quello che hanno alle spalle. Venezia è il polo del nord-est, oggi molto significativo; Napoli e Palermo rappresentano il sud; Firenze rappresenta un insieme di tradizione e di memoria storica, e anche l'offerta di un "archivio" di memoria storica al paese.
Onorevole Grignaffini, le dico sinceramente che penso che i due fatti da lei citati vanno a compenetrarsi. Il CDA ed io non abbandoniamo affatto l'idea che la televisione, come servizio pubblico, non debba avere una sorte negativa, votata alla deriva, ma anzi riteniamo che debba avere un impegno civile, un destino formativo. Questo, infatti, è il suo ruolo. Ho avuto occasione di dire che ciò che avevo in mente per la televisione - si è trattato di una domanda cui ho risposto quando ero ancora consigliere d'amministrazione, ed è stata la prima risposta che ho dato, dopo la sorpresa e (lasciatemelo dire) lo spavento della nomina -, che ciò che pensavo di fare della televisione era qualcosa che restituisse agli italiani ciò che sono stati, ciò che sono e ciò che hanno la possibilità di diventare. E questo può esser fatto attraverso un atteggiamento complesso che riguarda qualsiasi tipo di produzione televisiva e radiofonica, qualsiasi tipo di intrattenimento: l'informazione e anche l'intrattenimento devono avere una sigla che li radichi all'interno di un comportamento, di un atteggiamento, dove le deontologie diventano frenanti. Capisco la sua passione per le regole, però ad un certo punto, nella produttività e nella creatività, le regole possono diventare non dico un ceppo ma qualcosa che può essere visto come un ceppo; credo infatti che i valori da lei giustamente evocati come necessitanti nella complessa cosa che deve essere la televisione formativa sono le idee da far circolare, un contributo conoscitivo continuo che ogni operatore della televisione pubblica deve tener presente, che si occupi di informazione o di intrattenimento.
Sulla rete educational è stato compiuto uno studio. Dico con molta franchezza che Videosapere, così come è stato fino ad oggi, è stato una rete che scimmiottava con mezzi poverissimi le altre reti, tentando di offrire modalità a mezza strada tra un divertimento... Lo dico senza polemiche nei confronti di chi lo ha fatto: si fanno delle cose e poi si accerta che vanno corrette. Una cosa che la rete educational potrebbe fare sarebbe di arrivare a formulare un dizionario degli italiani del novecento; oppure, potrebbe arrivare a spiegare cos'è la lingua parlata dagli italiani attraverso una serie di trasmissioni modellate su un aspetto essenzialmente educativo, funzionale alla grammatica o alla sintassi, ma anche recuperando la ricchezza del parlato, di ciò che è vivo nel nostro paese, oggi in grande trasformazione dal punto di vista linguistico e dei costumi. Costume e lingua si intrecciano strettamente fino a diventare un tutt'uno proprio perché la trasmissione del linguaggio avviene oggi essenzialmente per televisione. Questo per dire soltanto due cose, che in realtà sono pochissimo rispetto a ciò che una rete educational potrà fare, anche grazie a collegamenti con i Ministeri della pubblica istruzione e dei beni culturali. Se riuscissimo a rappresentare al paese il patrimonio di paesaggio e di cultura di cui è in possesso, otterremmo un risultato molto positivo e di cui io personalmente, come credo ogni membro del CDA, sarei felice.
Si è parlato della violenza. Tutto questo rientra in quel guscio che dicevo prima, nel concepire l'attività di una televisione siffatta come stimolazione di idee e accrescimento di conoscenza.
Vi può essere pubblicità occulta. Poi vi sono i fatti che appartengono alla cronaca. Sappiamo com'è fatto il nostro paese: si interessa spasmodicamente a cose che, nel momento in cui sono tradotte in immagini televisive, possono avere il risvolto che è stato ricordato. E' molto difficile distinguere, perché si procede su un crinale. Questo va segnalato come un interrogativo ai direttori di testata, non c'è dubbio.
PRESIDENTE. Ci servirebbe la risposta sul piano editoriale.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda il piano editoriale o le linee editoriali - superato il fatto che la legge li intende come sinonimi -, si tratta di capire se la documentazione in possesso della Commissione, considerando che abbiamo preso l'impegno di presentare tre brevi memorie sui tre grandi problemi (le tecnologie e il loro sviluppo, il personale e le risorse finanziarie), sembri sufficiente alla Commissione per individuare le strade sulle quali si muovono questo consiglio di amministrazione e questa azienda, sia considerata sufficiente per definirla piano editoriale, inteso come linee...
PRESIDENTE. Se permette, le dico...
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. A questo punto si può fare nei tempi che decidete. Se invece si intende come piano il rapporto fra queste linee e i piani editoriali delle singole reti e delle singole testate, con le indicazioni pratiche che vogliono attuare...
ENRICO JACCHIA. Questo vogliamo.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Allora tutto questo sarà possibile una volta che le reti e le testate avranno presentato i loro piani, presumibilmente entro il 15 o il 20 ottobre. Immediatamente dopo si potrà affrontare il tema nella sua completezza. Consideriamo il fatto che accanto a questo piano vi sono ulteriori strumenti di conoscenza.
PRESIDENTE. Però non è esattamente così, almeno in base ai precedenti in Commissione. La legge è chiara, e parla di un piano editoriale sulla base degli indirizzi della Commissione, la quale valuta se vi sia rispondenza. Mi risulta strano immaginare che prima debbano arrivare i piani di rete e di testata e poi il piano editoriale. Penso che l'azienda debba dire ciò che vuol fare, e che le reti e le testate si debbano adeguare. Lei dice che bisogna fare il contrario, ma i precedenti testimoniano che la strada seguita...
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Esiste l'interattività: uno propone e l'altro risponde.
PRESIDENTE. Questo è un affare interno dell'azienda. Forse non mi sono spiegato: parlo dei precedenti. La Commissione ha bisogno di un piano editoriale su cui dovrà esprimere una valutazione di rispondenza. Dovete decidere se il documento che ci avete trasmesso è sufficiente o no. Se lo è, la Commissione dovrà esprimersi.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Poiché non esiste una definizione precisa, se facciamo riferimento alle storie precedenti ciò che abbiamo presentato è più che sufficiente. Se il paragone è costituito dai piani o dalle linee precedenti, è più che sufficiente perché è più o meno sulla stessa...
PIERO MELOGRANI. Ma il piano editoriale è annunciato, alla pagina 12 del documento, come qualcosa che dovrà avvenire.
PRESIDENTE. Siete voi che dovete valutare se quello presentato è sufficiente, perché poi la Commissione dovrà esprimersi.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Penso di no. Entro il 15 possiamo presentare...
PRESIDENTE. Forse è meglio.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Anche per coerenza con quanto ricordato dall'onorevole Melograni.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Procedo con le singole risposte. L'onorevole Grignaffini ha rivolto una richiesta sulla fiction. Indipendentemente da quello che sarà il contenuto della legge, intendiamo già muoverci in questa direzione; anche se la quota che la legge destinerà sarà in qualche modo vincolante, vorremmo partecipare a definirla, perché il tipo di quota può incidere o meno sull'equilibrio delle risorse. Da un punto di vista di principio, il nostro interesse è di attuare uno sviluppo altissimo della fiction.
Per quanto riguarda la questione relativa alle televisioni generaliste, osservo che queste ultime stanno avendo in tutto il mondo un grande sviluppo, per cui non credo siano destinate a scomparire. Sotto il profilo del rapporto tra televisioni generaliste e tematiche, invece, ricordo che, quando ci siamo occupati di reti tematiche, abbiamo condotto un sondaggio dal quale è risultato che circa il 20 per cento di coloro i quali guardano la TV generalista sarebbe disposto a vedere reti tematiche che rispondessero a determinati bisogni. Certo, non è detto che questa risposta si tradurrebbe nella possibilità di pagare un abbonamento, nel senso che non vi è un rapporto molto stretto tra le intenzioni, i bisogni e le possibilità d'intervenire sul mercato. Il dato di cui disponiamo, che è emerso da un campione sufficientemente rappresentativo, dimostra comunque la necessità di valutare una riconversione dell'offerta, nel senso che le televisioni generaliste non sono più considerate sufficienti a rispondere a tutti i bisogni di tipo informativo, culturale, strumentale e di servizio.
Quanto al tipo di rapporto che verrebbe a crearsi tra tutto questo e la possibilità che sopravvivano in modo decoroso e produttivo reti pay o tematiche, si tratta di un problema diverso. E' probabile, per esempio, che in Italia, a fronte della presenza di Telepiù, non ne siano create altre di tipo pay: è quindi inutile pensare che il servizio pubblico possa realizzare chissà quali reti di questo tipo.
Con riferimento al modello di riduzione dell'audience, abbiamo configurato una serie di ipotesi che si riferiscono alla situazione attuale, in una prospettiva proiettata almeno fino al prossimo anno. Il giorno in cui entrerà in funzione una rete federata, a seconda delle sue caratteristiche, si potrà fare una valutazione, tenendo presente che la valutazione sull'audience di una rete federata è strettamente connessa al rapporto tra produzione locale a diffusione locale, produzione locale a diffusione nazionale e produzione nazionale a diffusione nazionale. Partendo dall'equilibrio derivante da questi diversi tipi di offerta si può costruire un'ipotesi simulata di audience di una rete federata.
Per quanto concerne le altre due reti, stiamo lavorando all'ipotesi di contribuire a modificare il modo di valutazione dell'ascolto. Per ora, il rapporto tradizionale tra una rete e la pubblicità, che rappresenta la chiave in base alla quale si valuta l'audience, è legato allo schema di rete ammiraglia, sostanzialmente cioè alle reti a canna di organo. Riteniamo si tratti di un modello superato e che sia più utile pensare a due reti, non ad una rete generalista insieme ad altre due di nessun valore, che siano forti e si dividano il pubblico, rinunciando a funzioni di leader: in tale contesto la prima dovrebbe continuare ad essere una rete di tipo tradizionale, generalista tout court mentre la seconda dovrebbe cominciare a pensare a nuovi target e ad un nuovo pubblico. Questa è la nostra idea che inciderà sulla modifica dell'audience.
Riteniamo inoltre sia sbagliato considerare il prime time come unico riferimento per valutare il rapporto con l'utenza pubblicitaria: oggi come oggi, il valore dello spazio televisivo non dipende dalla definizione di tipo convenzionale che si attribuisce agli spazi. Oggi, infatti, dalle 19 alle 23 è riscontrabile, pressappoco, lo stesso valore di spazio pubblicitario. Il prime time come tale non è più quindi l'elemento che definisce la fascia importante e strategica rispetto all'utenza, nonostante gli vada riconosciuto un rilievo sotto il profilo di valore convenzionale riconosciuto.
Vorremmo modificare il concetto di periodi di garanzia, tipico di un rapporto mercantile e commerciale. In particolare auspichiamo che per il servizio pubblico si parli di audience in termini generali, per tutto l'anno; così come non si chiudono gli ospedali a Ferragosto, perché la gente può ammalarsi anche in coincidenza con tale festività, riteniamo sia troppo rigido considerare la nostra programmazione strettamente connessa ai periodi di garanzia sui quali si valuta il valore pubblicitario.
In sostanza, la politica del rapporto con l'audience - più specificamente, con l'utente pubblicitario - sta progressivamente cambiando e procedendo in una direzione diversa da quella attuale. (Commenti del presidente Storace). Ci sono contatti con gli utenti pubblicitari. Per quanto riguarda l'Auditel, il problema è secondario, essendo sufficiente modificare il sistema di valutazione e verificare se gli utenti siano disposti a seguire questo tipo di politica molto diverso dal passato. Da quanto ci risulta, la disponibilità esiste: si tratta di un dato pragmatico, oggettivo, di mercato.
Quanto al problema del personale, si tratta di capire se il discorso debba essere affrontato in questa sede oppure se riteniate che mi possa limitare a fornire alcune risposte, rinviando la trattazione di ulteriori aspetti ad una memoria che trasmetteremo alla Commissione. Sono in grado di fornirvi risposte riguardanti tutto il personale, ad eccezione dei collaboratori (Commenti del senatore Jacchia). Ciò è dovuto al fatto che non ho i dati con me...! Mi riservo di fornirvi elementi di conoscenza anche con riferimento ai collaboratori; ovviamente si tratterà di dati non di carattere nominativo (anche perché sarebbe un elenco lunghissimo) ma costruiti per fasce. Questo discorso, infatti, comporta un minimo di riservatezza su quelle che sono le normali procedure di un'azienda. Quanto agli altri dati, sono in grado di fornirli anche adesso.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Non capisco perché riteniate di non dover fornire gli elenchi nominativi ed i dati relativi all'entità dei compensi. Si tratta di una questione di trasparenza!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. I compensi sono indicati per categorie non con riferimento alle singole persone. Non pensiamo di dover fornire dati relativi alle singole persone: forniremo invece qualsiasi dato per categoria di appartenenza, per quanto riguarda sia i contratti a termine sia il personale fisso sia i collaboratori.
PRESIDENTE. Vorremmo conoscere almeno i criteri con i quali vengono definiti i compensi.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Questo senz'altro.
PRESIDENTE. Il problema vero è riconducibile alla disputa che si è svolta pochi minuti fa. Posso anche comprendere - parlo a titolo personale - che la RAI possa avvertire un dovere di riservatezza su certe informazioni. Se il Parlamento è costretto alla riservatezza dalla RAI, nulla quaestio, ma se si continuerà con l'abitudine di comunicare queste informazioni ai giornali (come avviene per le intercettazioni telefoniche), saremmo di fronte ad un'ipotesi di violazione dei diritti del Parlamento. Si tratta quindi di stabilire, sotto un primo profilo, il modo in cui sia garantita la segretezza dei dati e, sotto un secondo aspetto, perché voi riteniate di dover opporre questa riservatezza al Parlamento. Si tratta di una questione che, al di là della risposta che sarà fornita dal direttore generale, la Commissione dovrà affrontare: è una questione seria che non può essere risolta con una serie di battute tra di noi. Ho già chiesto agli uffici di raccogliere i precedenti in materia.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. La tutela della privacy riguarda gli aspetti intimi della persona, non certo l'entità dei compensi!
PRESIDENTE. Potremmo anche approvare un indirizzo con il quale si stabilisca che la RAI renda pubbliche certe informazioni. Ora, però, ci troviamo in una fase di discrezionalità. Il direttore generale dirà quello che ritiene, fermo restando che la Commissione avrà modo di valutare in maniera approfondita il rapporto con il consiglio di amministrazione in relazione a questa vicenda.
PAOLO ROMANI. Siccome il direttore generale non ha voluto dirci ...
PRESIDENTE. Il direttore generale non ha ancora parlato! (Commenti del deputato Romani). Onorevole Romani, la prego di non insistere. Ascoltiamo prima il direttore generale e poi potremo svolgere le nostre considerazioni.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Propongo di svolgere una riunione della nostra Commissione preceduta da un'indagine conoscitiva (alla quale chiedo che procedano gli uffici) sulla normativa inerente alle prerogative ed alle funzioni della Commissione parlamentare di vigilanza.
PRESIDENTE. Onorevole Grignaffini, se lei lo consente, le richieste agli uffici le avanza il presidente, fermo restando, ovviamente, che le stesse formano oggetto della valutazione della Commissione. La questione è fondata e sicuramente la valuteremo. In questa sede, però, non posso costringere il direttore generale a dire cose che egli non vuole dire. Si tratta - ripeto - di un aspetto che va regolamentato, anche valutando i precedenti in materia. In questo settore si è affermata un'interpretazione dubbia che noi dobbiamo rendere invece chiara. Non è vero che si va contro la legge, dal momento che c'è una norma che prescrive determinate cose ed un'altra che ne sancisce altre. Dobbiamo fare quindi chiarezza. Poiché tengo molto - nonostante quello che si legge su tantissimi comunicati stampa - a tutelare il ruolo della Commissione, voglio che quest'ultima sia messa nella condizione di conoscere quello che accade alla RAI un minuto prima che lo sappiano, per esempio, al Messaggero o al Corriere della Sera. Il direttore generale, se vuole, può indicarci i compensi di ciascun dipendente; se non vuole, può non farlo, ma resta inteso che la questione andrà affrontata in maniera approfondita.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Se lo ritenete, potrei fornirvi i dati relativi al personale a tempo determinato ed a tempo indeterminato, con riferimento alle unità, ai costi medi, alle unità per categoria, ai dirigenti giornalisti, alle previsioni di bilancio. Si tratta di dati che posso senz'altro fornire alla Commissione. Se volete, ne do lettura.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. E' sufficiente che lasci agli atti le relative tabelle.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sta bene.
Per quanto riguarda il bilancio, quando parliamo di una situazione "buona" ci riferiamo sostanzialmente ad utili di esercizio, la cui entità è quest'anno la stessa dello scorso anno, se non addirittura superiore. Quando si valuta un bilancio, tuttavia, non possono essere presi in considerazione soltanto gli utili. In questa fase e in quella precedente la politica di bilancio è stata condotta occupandosi molto degli aspetti economici. Certo, è necessario occuparsi di questi ultimi ma parallelamente occorre far riferimento agli aspetti attinenti alla qualità del prodotto. E' in corso un tentativo di mettere insieme questi due elementi, visto che la situazione economica è buona e controllabile. Insisto nel dire che i due aspetti debbono procedere insieme. Per esempio, per ora abbiamo una positiva situazione di bilancio ma i nostri magazzini sono poverissimi. Nei prossimi mesi - quelli compresi tra gennaio e giugno - ci troveremo a non disporre di materiale pregiato in termini di fiction e di acquisti.
In definitiva, il bilancio non va visto soltanto come dato in sé ma anche in rapporto al tipo di conseguenze che dallo stesso possano derivare. Ciò può comportare anche un discorso sugli ascolti, ma potrebbe anche darsi che tale discorso non venga in rilievo. Non è detto, infatti, che la sostituzione di un prodotto pregiato con un prodotto ad utilità immediata comporti necessariamente ascolti più bassi: può addirittura verificarsi che uno spettacolo d'intrattenimento determini un incremento dell'ascolto. In questo caso, insomma, non si riscontra una strettissima relazione tra la mancanza di alcuni beni ed i risultati conseguiti. Rimane il fatto che alcuni beni, tipici di una funzione, impoveriscono sostanzialmente la qualità dell'offerta e pongono altre questioni legate ad un'offerta che può anche avere successo ma che non riflette certamente una serie di generi che ne costituiscono la grossa ossatura: i film, le fiction, i prodotti di qualità.
Tralascio il riferimento all'education, su cui si è già intrattenuto il presidente ed affronto il discorso sul Giubileo. Due anni fa è stato istituito un gruppo di lavoro che sta predisponendo un progetto, che probabilmente meriterebbe una riflessione specifica, trattandosi di una grande occasione in cui si può approfittare di un dato esterno anche per rinnovare significativamente il nostro tipo di offerta. L'idea di un servizio pubblico che, rispetto al Giubileo, si pone con un atteggiamento di aspettativa laica, più che religiosa (dal momento che l'aspetto religioso è quello contingente rispetto al quale tutto si fa), rappresenta un dato molto significativo che impegna tutti, indipendentemente dalla religione di appartenenza, a riconsiderare la propria storia, il proprio passato, il proprio futuro.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Avete previsto trasmissioni sulle grandi religioni?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Con il Giubileo sarà possibile riscoprire tante di quelle cose, che sarebbe sbagliato non sfruttare in termini di approfondimento e anche di rinnovamento di offerta.
PRESIDENTE. Cosa pensa della questione che è stata sollevata poco fa?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per ora ...
PRESIDENTE. Intende avvalersi della facoltà di non rispondere?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Penso per ora di poter fornire soltanto dati aggregati.
PAOLO ROMANI. Constato che, sugli aspetti relativamente ai quali potrebbe essere esercitata la vigilanza, ci vengano fornite informazioni soltanto a livello di dati aggregati.
PRESIDENTE. Può chiarire questo aspetto, onorevole Romani?
PAOLO ROMANI. Posso anche comprendere le perplessità del direttore generale circa il fatto di fornire dati singoli sulle persone. Tuttavia, il problema è che da parte sua vi è - così mi sembra di capire - un blocco rispetto alla trasmissione di qualsiasi tipo di dato che ci faccia comprendere nel particolare come l'azienda si comporti. In tal senso, è emblematico il rifiuto di comunicarci il costo del contratto relativo alle riprese della Formula 1.
Si pone quindi per noi la necessità di comprendere, per così dire, il livello di sfumature di grigio entro cui possiamo interloquire con la RAI, ma non credo che possa essere l'azienda a decidere che cosa comunicarci e che cosa non farci sapere. Mi limito a constatare il rifiuto totale, da parte della RAI, di comunicarci qualsiasi dato economico, compreso l'importo del contratto relativo alle riprese della Formula 1. Questo mi fa capire che prevale una logica negativa, di cui prendo atto, su tale aspetto.
Mi preoccupa peraltro pochissimo che i dati vengano comunicati, per esempio, a Il Messaggero, in quanto non mi sento affatto penalizzato ed un fatto del genere si traduce semplicemente in un demerito per chi gestisce i dati consegnandoli ad altri e non alla Commissione.
PRESIDENTE. A me preme soltanto che il Parlamento conosca i dati prima dei giornali; poi gli stessi dati possono essere comunicati a chiunque.
Poiché su tale questione è in corso un dibattito, se il direttore generale della RAI lo ritiene, può rilasciare ulteriori dichiarazioni.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Trattandosi di dati di gestione, credo debbano appartenere all'azienda.
PRESIDENTE. Avremo modo di riparlarne.
RICCARDO DE CORATO. Per quanto concerne la questione dei collaboratori esterni, devo ricordare che nella relazione della Corte dei conti sulla RAI del 1993 erano allegati i dati riferiti ai collaboratori esterni. Sono ora in attesa delle relazioni del 1994 e del 1995, ma ho constatato che la Corte dei conti allega quegli atti, che sono pubblici, almeno per la magistratura contabile di questo paese; non so se per la RAI siano o meno atti pubblici. Il dottor Iseppi, che credo conosca meglio di me quelle relazioni, anche perché entravano nel merito di alcune questioni, avrà constatato che vi erano i dati relativi ai collaboratori esterni.
A questo punto, ritengo che si debbano trarre delle conclusioni da quanto è stato osservato con riferimento a talune questioni. Vorrei innanzitutto ricordare al presidente Siciliano che il voto del consigliere Olivares, o meglio la cadenza - come l'ha definita il presidente della RAI - è abbastanza strana, in quanto coincide - guarda caso - con la richiesta che in quei giorni veniva da gran parte dei componenti di questa Commissione; come si può constatare, in ordine alle nomine, si registra una trasversalità nei giudizi negativi e nelle perplessità. In quei giorni - dicevo - gran parte dei membri della Commissione - oltre la metà, come si è constatato in questi due giorni di audizione - avanzava la richiesta di non procedere alle nomine almeno fino al momento dell'insediamento dell'ufficio di presidenza della stessa Commissione. Se si rileggono alcune dichiarazioni ed interventi apparsi sulla stampa, si può constatare che quel voto è stato espresso, guarda caso (per parlare di cadenza), proprio in quei giorni.
Poiché ritengo che a questo punto si debbano chiarire alcuni aspetti relativi alle nomine, chiedo alla presidenza della Commissione di acquisire, per esempio, i curriculum dei direttori nominati e di quelli rimossi, in quanto il direttore generale ha affermato che il curriculum è stato uno degli elementi di valutazione. Non intendo ora contestare questo...
PRESIDENTE. Forse sarebbe opportuno integrare la sua richiesta includendovi anche i curriculum di eventuali candidati non nominati direttori.
RICCARDO DE CORATO. Allora sarebbero troppi!
PRESIDENTE. In questo modo si potrebbe capire se vi sia stata una cernita.
RICCARDO DE CORATO. Credo comunque che abbiamo il diritto di esprimere una valutazione sui curriculum, visto che questo è stato uno dei primi argomenti citati a proposito della scelta. Chiedo quindi al presidente - lo ripeto - di acquisire i curriculum dei direttori rimossi e di quelli nominati.
Chiedo inoltre che la Commissione svolga un'audizione dei direttori rimossi, in quanto ho letto varie dichiarazioni, alcune delle quali sono abbastanza gravi. Non intendo ora fare nomi, ma è sufficiente riprendere quanto è apparso sulla stampa dal 9 agosto in poi; ritengo che la nostra Commissione abbia il diritto di comprendere quanta acrimonia e
quanta verità vi siano in alcune dichiarazioni riferite al fatto di essere stati rimossi non per motivi strettamente professionali o di curriculum ma per ragioni di tutt'altro genere.
Chiedo altresì al presidente e al direttore generale della RAI quale sia oggi l'utilizzazione dei direttori rimossi, ossia come siano stati reintegrati, e se ciò sia avvenuto in accordo con loro. Queste stesse domande sono state rivolte due anni fa anche alla presidente Moratti, nell'ambito di una vicenda analoga, con la differenza che allora fu presentato anche il piano editoriale; attualmente, invece, abbiamo appreso che tale documento ci perverrà intorno al 15 ottobre. In quell'occasione, invece, vi fu una quasi contestualità tra la nomina dei direttori ed il piano editoriale.
PRESIDENTE. No, fu redatto prima il piano editoriale.
RICCARDO DE CORATO. Sì, vi fu prima il piano editoriale: ho parlato di contestualità perché non ricordavo esattamente le date. Oggi ci troviamo di fronte alla rimozione di direttori e il dato principale emerso nella vicenda è quello professionale. Chiedo pertanto - lo ripeto - come siano stati reimpiegati nell'ambito dell'azienda i direttori rimossi.
Per quanto concerne la radiofonia, si è parlato di terapia d'urto, ma a noi sembra che il consiglio di amministrazione riproponga un vecchio progetto del marzo 1994, sottoscritto allora da un altro consiglio di amministrazione - quello dei professori - e dall'USIGRAI, che prevedeva grosso modo quanto oggi viene proposto dall'attuale vertice della RAI: in particolare, il primo canale dovrebbe essere interamente dedicato all'informazione, con la novità che il secondo canale sarà succedaneo e totalmente dipendente dal primo. Ciò dovrebbe portare ad un'ulteriore drastica riduzione dello spazio, del ruolo e della potenzialità della radio pubblica. Un canale all news - come fu definito allora - interamente dedicato alle notizie ed aperto 24 ore su 24 esige, a mio avviso, di disporre non di promesse, ma di condizioni tecniche e operative prefissate e certe, a partire dal segnale: un canale informativo nazionale deve disporre di un segnale forte e della stessa frequenza - come è già stato ricordato - dal Brennero a Lampedusa, ma abbiamo potuto constatare che questo obiettivo non è stato ancora raggiunto. Oggi il segnale della RAI è debole e disturbato in alcune parti e cambia a distanza di pochi chilometri.
La testata deve poter inoltre contare, a nostro avviso, su un bilancio valido e stanziamenti accertati, ma non ci sembra che fino ad oggi questo sia avvenuto. Inoltre, una rete radiofonica interamente dedicata alle notizie deve disporre di una rete in tutta l'Italia per 24 ore al giorno; lo stesso vale per gli uffici di corrispondenza all'estero, che dipendono dalla direzione generale ma in pratica - com'è noto - da se stessi.
E' vero che al coordinamento verranno trasferiti budget, supporto amministrativo e reparto tecnico, ossia i tecnici che provvedono alla trasmissione dei servizi, ai collegamenti e alla messa in onda? Se ciò si verificasse, tutto sarebbe accentrato nelle mani di un'unica persona (al riguardo abbiamo già chiesto la contestualità: l'onorevole Servello ha posto alcune questioni, ma non è giunta alcuna risposta), ossia del dottor Vecchione, al quale il direttore della testata dovrà chiedere i soldi, il personale ed i mezzi tecnici prima di mandare un inviato o di realizzare un servizio.
E' stato inoltre ricordato che la delibera di scorporo sarebbe stata adottata a strettissima maggioranza, con riserve espresse a verbale da alcuni consiglieri di amministrazione, in violazione della regola aziendale che impone - come abbiamo già ricordato per altre questioni - l'unanimità sulle decisioni concernenti temi strutturali, nonché in violazione dell'obbligo di informazione verso il Parlamento e le organizzazioni sindacali ai sensi dei protocolli già sottoscritti.
Inoltre, il passaggio di oltre mille persone (tra quelle direttamente gestite e quelle amministrate) dalla produzione TV e radio al coordinamento, fino a ieri costituito da qualche decina di unità, coinvolge strutture ed aree televisive esterne alla radiofonia, in particolare per quanto riguarda RAI International che, a seguito della delibera, viene gestita dal coordinamento radio anche nelle sue attività televisive. Si determinano così i presupposti per un conflitto di attribuzioni.
Al contrario, il coordinamento della radiofonia andrebbe, a nostro avviso, abolito, non solo per i motivi illustrati, ma anche perché si tratta di un'inutile struttura e perché i direttori della testata dovrebbero fare riferimento ad uno dei vicedirettori generali.
Ricordo infine al presidente ed al direttore generale della RAI che la legge 30 marzo 1962, che regola la gestione dei notiziari e dei servizi informativi per l'estero (oggi RAI International), attribuisce espressamente ad un comitato misto presieduto dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e composto da 10 membri (cinque della RAI e cinque della Presidenza del Consiglio) il compito di deliberare sui programmi e sugli orientamenti nonché sull'organizzazione dei mezzi relativi. Credo che su tale questione dovremo ancora discutere, in quanto non ci consideriamo soddisfatti dalle prime risposte che ci sono state date. Mi auguro quindi che, almeno su queste considerazioni, ci venga fornita qualche risposta più precisa, dal momento che in tale vicenda non abbiamo visto la terapia d'urto.
Quanto alle sedi regionali, voglio sottolineare al presidente ed al direttore generale della RAI la questione dell'eccessiva abbondanza di spazio che viene concessa alla lega nord nelle redazioni regionali ed anche in quelle nazionali. Peraltro, tale forza politica è presente in maniera vistosa dal punto di vista elettorale in alcune zone del nord-est, ma in altre zone del nord come il Piemonte e buona parte della Lombardia (mi riferisco, per esempio, a Milano città), la stessa lega nord è ormai ridotta a quote minimali rispetto ad altre forze politiche qui rappresentate. Ebbene, qualche sera fa ho visto un servizio da Cassano Magnago sul compleanno di Bossi: un fatto importantissimo per il nostro paese! D'ora in poi, pertanto, dovremo celebrare i compleanni di D'Alema, Fini, Bianco e di tutti gli altri. Questo è un fatto veramente indecente! Non potete propinarci cose di questo genere, perché non rappresentato neppure un messaggio politico, ma semplicemente un'indecenza politica!
In una città come Milano, in cui la lega è attestata al massimo intorno al 10 per cento, non ci si possono propinare, un giorno sì e uno no, continue interviste con il sindaco della città, in cui la lega nord - lo ripeto - è attestata su quote molto ridotte rispetto al passato.
Tale situazione si verifica non per responsabilità delle redazioni regionali, perché questa sovrabbondanza della presenza leghista si riscontra anche a livello nazionale: basti considerare la vicenda della secessione della Padania, su cui la RAI avrebbe potuto fare qualche riflessione circa la gravità del messaggio che partiva da quella vicenda; si è obiettato che questo faceva notizia, e allora si vada pure avanti così! La questione riguarda comunque una sistematica e continua presenza sovrabbondante della lega nord.
Attendo ora i dati dell'osservatorio di Pavia, dottor Iseppi, per constatare a che punto siamo arrivati, ma credo si sia raggiunto un livello al quale non si erano avvicinati neanche, nelle gestioni della RAI della prima Repubblica, la democrazia cristiana, il PSI o il PCI. Abbiamo raggiunto situazioni che rasentano il ridicolo, allorché ci viene propinato addirittura il compleanno di Bossi, sotto un tendone a Cassano Magnago, con la sorella, l'amica, il fratello!
Per quanto riguarda la TGR, devo rilevare che la redazione economica di Milano è sottodimensionata, per cui andrebbe aiutata, visto che svolge un ruolo molto importante nei telegiornali nazionali della mattinata e a volte anche in quelli serali.
La Lombardia - lo ricordo a tutti noi - è grande quasi come il Belgio. Il telegiornale della Lombardia è visto a Piacenza, a Parma, a Novara, a Vercelli, ad Alessandria, sulla sponda veneta del lago di Garda e in Svizzera. Lo ricordo a me stesso e agli altri membri della Commissione, perché probabilmente il presidente Siciliano e il dottor Iseppi lo sanno, ma gli investimenti nella redazione di Milano - che è la seconda in Italia dopo quella di Roma - sono veramente scarsi. Addirittura l'archivio chiude alle 20 per cui, se si verifica un fatto di una certa rilevanza (cito ad esempio la morte di Edilio Rusconi, noto editore milanese), per avere immagini di repertorio bisogna rivolgersi a Roma.
Ricordo che la presidente Moratti fece compiere uno studio di fattibilità sul famoso spostamento del TG2 a Milano: che fine ha fatto? Non dico che bisogna per forza trasferirlo, ma almeno cominciamo ad esaminare i contenuti dello studio di fattibilità. In passato, all'epoca dei professori (era in carica la Scaramucci), si era anche parlato di una direzione del TGR con sede a Milano: che fine ha fatto questa proposta? La propensione europea di Milano non potrebbe suggerire ai vertici attuali della RAI l'idea di un telegiornale europeo con sede nel capoluogo lombardo? La vocazione europea di Milano è sotto gli occhi di tutti. Il TGR della Lombardia aveva iniziato un esperimento accolto positivamente dalle realtà locali, e cioè un telegiornale regionale itinerante, presente nelle varie realtà lombarde. Di questa iniziativa non si parla più: perché? Avrebbe valorizzato comuni grandi e piccoli, dando loro una certa rilevanza: sarebbe stato un passaggio importante.
Per quanto riguarda la questione delle assunzioni, mi consta che nell'aprile 1996, al termine di un confronto con la direzione del TGR e con la direzione del personale della RAI durato circa un anno, e di cui erano ampiamente informati sia il CDA di allora sia la direzione generale, l'allora direttore del TGR, Vigorelli, formalizzò ai sensi dell'articolo 6 del contratto alcune innovazioni contrattuali per i corrispondenti. Si trattava di una riorganizzazione del lavoro che rispondeva agli obiettivi fissati dal consiglio di amministrazione allora in carica e di cui erano stati informati i sindacati nazionali dei giornalisti RAI (USIGRAI e SINGRAI) e i comitati di redazione del TGR. La formalizzazione di queste proposte è avvenuta sulla base di rose formulate dai capi redattori regionali e contestualmente ne è stata data comunicazione ai sensi del contratto nazionale. I sindacati nazionali dei giornalisti RAI, USIGRAI e SINGRAI, hanno quindi ricevuto documentazione delle proposte formalizzate. Successivamente alla formalizzazione di queste proposte, d'intesa con la direzione del personale e con relative comunicazioni ai comitati di redazione interessati, dal mese di maggio a tutto settembre l'ex direttore Vigorelli ha autorizzato i colleghi interessati alle nomine a svolgere a rotazione le mansioni superiori per le quali erano stati proposti. L'autorizzazione a svolgere mansioni superiori è stata confermata dall'attuale direttore del TGR Rizzonero, subentrato a Vigorelli. Tuttavia, Rizzonero ha sostenuto ufficialmente, in incontri avuti in questi giorni con alcuni rappresentanti dei comitati delle redazioni regionali e in alcune assemblee di redazione, che le nomine proposte da Vigorelli non esistono in quanto l'azienda le ha giudicate irricevibili. In realtà non esiste alcun documento ufficiale dell'azienda a proposito di tale irricevibilità, e comunque il contratto non mette in essere in alcun modo questa possibilità. Le decisioni sulle nomine spettano infatti, secondo l'articolo 6, solo al direttore di testata, e del resto la RAI non ha mai detto no a Vigorelli no sulle nomine, tant'è che Vigorelli ha formalizzato le sue proposte al termine di un confronto durato circa un anno con le strutture dell'azienda stessa. E' quindi del tutto evidente che la RAI non può non riconoscere le proposte di nomina assunte e l'innovazione di corrispondenti formalizzate da Vigorelli, pena una violazione del contratto.
Per quanto riguarda, poi, le redazioni RAI di Milano e Roma, le proposte sono state formalizzate due volte, con identiche procedure, il 30 giugno 1995 per la redazione di Milano e il 1° luglio 1995 per la redazione di Roma. Ricordo, infine, che quando si dimise il CDA presieduto dall'allora presidente Demattè, alla TGR si pose un caso analogo, con le nomine proposte formalmente dal direttore Barbara Scaramucci e non ratificate dall'azienda. Inoltre, sono state poste in essere violazioni contrattuali: quelle nomine furono fatte proprie (proprio per quelle violazioni contrattuali) e reiterate dal successore della Scaramucci, e cioè lo stesso Vigorelli, e quindi firmate dalla RAI.
ALBERTO MONTICONE. Dopo l'ampio dibattito sono certo di non dire nulla di nuovo e forse non rivolgerò neanche domande interessanti ai membri del consiglio di amministrazione della RAI. Vorrei però, come parlamentare e anche come persona che si occupa di cultura e di storia della radiofonia in Italia, esprimere il mio ampio apprezzamento per le linee editoriali - o come le si vuole definire - esposte, sia per iscritto sia a voce, dal presidente e dai consiglieri di amministrazione.
Esprimo soprattutto grande apprezzamento per l'impegno del presidente, del direttore generale e del CDA a sostegno della RAI quale servizio pubblico. Il servizio pubblico non può essere definito una volta per tutte, neanche per legge, anche se vi sono, ovviamente, delle leggi da rispettare: è qualcosa che si ricerca continuamente, e credo che questo consiglio di amministrazione, questi dirigenti della RAI, mostrano, almeno nelle intenzioni e credo anche già in qualche aspetto concreto del loro impegno, la volontà di ricercare continuamente l'identità del servizio pubblico. Ma penso che il servizio pubblico vada non soltanto cercato oggi, in funzione dell'era dei mercati, ma anche guardato con attenzione agli utenti, per essere al servizio del cittadino comune. Ne abbiamo esempi anche all'estero: un servizio pubblico è possibile anche in un'epoca di mercato, come dimostra la BBC, che sotto certi profili garantisce un ottimo servizio pubblico.
Mi paiono particolarmente significative quattro scelte compiute dal consiglio di amministrazione. Mi riferisco innanzitutto alla qualità, una qualità non commisurata solo sull'ascolto né sulle effimere tendenze del momento, pur cercando - come mi pare di leggere tra le righe e anche in alcune dichiarazioni - di interpretare le correnti profonde dello spirito contemporaneo e del pubblico. La seconda scelta interessante è rappresentata dal raccordo con la cultura di cui hanno parlato alcuni colleghi, cultura intesa nella sua accezione più ampia, sia nel territorio, con riferimento locale, sia nel paese, nella sua unità, sia, infine, nell'orizzonte europeo. Mi pare interessante l'idea della RAI come un laboratorio. Se mi è consentito, però, non userei mai il termine "industria culturale", che purtroppo nei documenti della RAI da molti anni è usato: non esiste, infatti, un'industria culturale.
La terza scelta importante - rivolgerò alcune domande in proposito - è quella della memoria, e qualche volta si dice anche della tradizione: non per fermare la storia, ma per essere proiettati nel futuro. L'ultima scelta importante è quella del rafforzamento educativo, non soltanto - e qui mi riallaccio a quanto detto dalla collega Fumagalli Carulli e alle risposte che ha ricevuto - come settore, spazio, ma anche come attenzione alla formazione umana, civica, professionale e sociale della cittadinanza: un rafforzamento educativo che, come ogni progetto educativo, è bilaterale, rimbalzando dalla gente sulla produzione, sui giornalisti, sui funzionari e sui dirigenti della RAI. Come parlamentare di questo paese, e anche come persona che insegna storia (come altri colleghi), do la mia piena disponibilità a fornire collaborazione, una collaborazione critica, ma intesa in modo costruttivo, alle quattro scelte compiute dalla direzione della RAI.
Passo ad alcuni quesiti, sollecitati dalle dichiarazioni dei componenti del CDA e dalle stesse linee programmatiche. Il settore educational, la parte formativa potranno avere uno spazio diverso non soltanto quantitativamente ma anche qualitativamente da quello ancillare e - mi si consenta - notturno di Videosapere e di altre trasmissioni destinate alle scuole in ore non adatte? Il dottor Iseppi e il presidente Siciliano hanno sottolineato la rilevanza di questo settore. Mi permetterei di osservare che non tutto ciò che Videosapere ha fatto era modesto: forse qualcosa poteva avere una migliore collocazione.
La seconda domanda riguarda la funzione della memoria. La RAI ha un grande archivio audiovisivo, e se non erro voi avete destinato un settore alla sua gestione. Non potrebbe, questo archivio, come accade all'estero, sopperire in parte alla carenza della library di cui ha parlato ieri Liliana Cavani? Si potrebbero utilizzare i materiali disponibili non solo in funzione storica - già molto importante - ma anche in funzione di produzione, prospettica, e perfino per motivare una fiction futura.
Terza domanda: quali rapporti intende stabilire la RAI con i suoi utenti, e in particolare con le agenzie educative, con gli intellettuali, con le famiglie, dato che RAIUNO ha una destinazione prevalentemente familiare? In che modo si intende sostituire l'antico, effimero ed inadatto sistema dell'accesso?
Infine, vorrei essere rassicurato sul fatto che la RAI si avvarrà della pubblicità nei limiti di legge, con la deontologia della trasparenza e dell'onestà del messaggio, non solo nel rispetto dei minori e dei più deboli, ma evitando accuratamente forme subliminali, o comunque non chiaramente identificabili come pubblicità.
Mi sono permesso di rivolgere queste domande, e confermo in chiusura il mio desiderio di vedere la mia funzione in questa Commissione certamente come funzione di vigilanza, e quindi anche di critica puntuale, sulla base della legge, ma soprattutto di promozione comune per il destino che la RAI ha avuto dal passato e credo possa avere per il futuro.
Da ultimo, come modesto partecipante ad un partito di ispirazione cristiana, vorrei dire che non desideriamo che il Giubileo o l'informazione religiosa abbiano tanti spazi ma, laicamente (e quindi religiosamente), desideriamo che i valori umani, culturali, religiosi ma anche squisitamente spirituali della nostra gente possano trovare spazi diversi, spazi morali che permeino, come la cultura permea, la vita stessa della RAI.
PIERO MELOGRANI. Sono lieto che si sia convenuto che questo non è il piano operativo.
PRESIDENTE. Non inventiamo altri nomi!
PIERO MELOGRANI. Sono lieto del fatto che si sia convenuto di ritenere che quello consegnato ai commissari non sia il piano operativo...
PRESIDENTE. Per carità, non introduciamo altre definizioni!
PIERO MELOGRANI. Presidente, si tratta del piano editoriale operativo, così come è definito a pagina 12 del documento di linee editoriali approvato dal consiglio di amministrazione della RAI l'8 agosto 1996 e distribuito alla Commissione.
Il documento, poco preciso nella parte dedicata alla televisione, risulta invece più concreto nei paragrafi dedicati all'archivio ed alla radio, anche se, come mi faceva notare il senatore De Corato, si tratterebbe di considerazioni di seconda mano. Effettuerò un controllo sul documento citato dal collega perché penso, condividendo a tale riguardo le valutazioni dell'illustre storico che mi ha preceduto, che non si possano fare certe affermazioni se queste non risultino documentate adeguatamente.
Credo sia la prima volta che la RAI si sia posto il problema dell'archivio: si tratta di un fatto di straordinaria rilevanza, soprattutto per chi, come me, è uno storico. L'archivio, però, non interessa soltanto gli storici ma rappresenta una grande ricchezza che potrebbe offrire risorse all'azienda per decine di anni, sempre che fosse ben utilizzato. Purtroppo, come sapete, sono andate smarrite le registrazioni della Callas, pare a causa di un errore marchiano di alcuni tecnici. Se avessimo ancora questo materiale documentale, disporremmo di una ricchezza straordinaria da vendere in tutto il mondo. La Disney è una grande impresa proprio perché ha un consistentissimo archivio. Che ne farete dell'archivio? Quali costi prevedete di sostenere? Mi sono permesso di scrivere ai ministri Maccanico e Veltroni per raccomandare loro di non introdurre norme per i supporti informatici e di lasciarvi liberi di fare quello che volete, utilizzando i supporti più moderni. I due ministri mi hanno gentilmente risposto dicendo che avrebbero tenuto conto del mio invito. Ricordo che nel progetto di legge Maccanico sono contenute norme che potrebbero vincolarvi e crearvi grandi problemi per l'archivio. Sappiate che da parte mia troverete un sostegno in direzione della cancellazione di tali disposizioni.
Nel documento di linee editoriali, si ricorda la necessità di istituire un filo diretto di comunicazione tra il servizio pubblico e gli utenti. Vi chiedo: in che modo ritenete debba svilupparsi il filo diretto con la Commissione? Che tipo di informazioni intendete fornirci? Credo che dovremmo ricevere un'informazione quotidiana o, almeno, pressoché quotidiana su quello che accade in RAI, su quello che quest'ultima sta facendo, sulle novità dell'azienda. Vorrei quindi sapere in che modo si intenda tenere informata la Commissione. In particolare, ci consentirete di visitare gli impianti, di vedere come si fa un telegiornale, di parlare con i redattori ed i direttori?
A pagina 7 del documento si fa riferimento a "limiti temporali nell'assegnazione di incarichi di direzione", anche in funzione della verifica della rispondenza ai risultati conseguiti. Chi è stato assunto a tempo indeterminato? Chi, invece, a tempo determinato?
A pagina 11 si parla di accorpamento di strutture produttive. Accorpare significa tagliare. Vorrei che introduceste elementi di chiarezza su quanto si sta per fare in questo settore.
Sempre nel documento di linee editoriali, a pagina 12, sono riportate considerazioni che fanno pensare che probabilmente ci troviamo vicini ad una nuova ondata di nomine. In particolare, si sostiene che "qualsiasi idea, qualsiasi progetto non può essere considerato compiuto se accanto ad essi non si individuano le persone più competenti per svilupparle con il massimo dell'efficienza e della professionalità". Sono indotto a pensare - ripeto - che ci troviamo alla vigilia di un'altra ondata di nomine. Desidererei quindi avere delucidazioni su quanto sta per accadere.
A pagina 17 si affrontano argomenti ben più rilevanti dei costi connessi alla trasmissione delle gare di Formula Uno, riguardando gli stessi nuove opzioni e nuove alleanze legate alle tecnologie più avanzate. Cosa avete in mente a questo riguardo? Pensate, forse, di allearvi con la Omnitel? Oppure pensate di allearvi con la Telecom, che dal 1998 avrà la televisione via cavo? Pensate di allearvi con altri? Vi sarei grato se poteste darmi informazioni al riguardo.
A pagina 20, si parla di "troppi editori". E' vero, sono troppi, ma vorrei capire quali editori conserverete e quali invece non conserverete.
Nel documento di linee editoriali, a pagina 24, viene configurata l'ipotesi di unificare la testata nazionale con quella regionale. Anche in questo caso ci sarà qualcosa che andrà sacrificato. La mia impressione, stando a quanto avete detto finora, è che saranno sacrificati i TGR. Sono autorizzato a dire che i TGR sono a rischio?
Per quanto riguarda la radio - lo ribadisco - mi compiaccio per la parte ad essa dedicata, che considero concreta e precisa. Credo però di rinvenire una contraddizione relativamente ad un aspetto che mi sta molto a cuore, una contraddizione tra la all news e le dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente Siciliano. La rete all news dà solo notizie, mentre il presidente ha specificato che trasmetterebbe anche musica. Credo si tratterebbe di un grosso errore, dal momento che il pubblico della musica è completamente diverso da quello delle news. A tale riguardo vi consiglierei di assumere come modello quello francese, laddove il telegiornale si ripete ogni quarto d'ora, con continui aggiornamenti.
Nel testo del documento si parla spesso di editori. Per quanto riguarda la RAI, l'editore è soltanto uno: il Parlamento, che ha nominato questa Commissione. Quando vorrete darci notizie (oppure non darcele), ricordatevi che i vostri editori siamo noi.
ORESTE ROSSI. Ringrazio il presidente, il direttore e i membri del consiglio di amministrazione della RAI, anche per aver resistito fino ad un'ora tarda ad un vero e proprio bombardamento di domande. Credo comunque
che questo metodo di procedere possa risultare utile anche in prospettiva futura: il sistema del contraddittorio consente infatti di esternare e risolvere dubbi, cosa che a mio avviso potrà agevolare una collaborazione dalla quale deriveranno buoni risultati dal punto di vista dell'amministrazione e della gestione della RAI.
Non mi soffermerò sugli argomenti già trattati dai colleghi che mi hanno preceduto e prospetterò brevemente alcune questioni alle quali non è stato fatto riferimento, fatta salva una considerazione sulla cosiddetta pubblicità occulta. Quest'ultima forma di pubblicità può essere realizzata non soltanto presentando, per esempio, una nuova auto nel corso di un telegiornale, ma si manifesta ogni qualvolta in una trasmissione sia invitato un ospite, cantante, attore, o scrittore che sia, il quale, pur essendo stato pagato per partecipare al programma, parli, per esempio, del suo disco, film o libro di imminente uscita. A tutto questo si potrebbe probabilmente ovviare creando rubriche specifiche dedicate, ad esempio, al cinema, ai motori, alla musica, con invito a partecipare esteso a coloro i quali intendano parlare in televisione delle proprie creazioni, evitando così il perpetuarsi di forme di pubblicità occulta.
Quanto al problema relativo all'alternativa tra produzione e acquisto, credo che su questo tema vada segnato un punto a favore di questo consiglio di amministrazione: considero infatti giusto produrre anziché acquistare, perché normalmente quando si acquista si hanno difficoltà ad utilizzare successivamente il prodotto, anche ai fini della vendita.
PRESIDENTE. I due aspetti non sono necessariamente alternativi.
ORESTE ROSSI. Dato che la maggior parte dei programmi RAI era stata acquistata, ho apprezzato l'intendimento del consiglio di amministrazione di privilegiare la produzione.
Quanto ai programmi culturali, ho molto apprezzato negli anni scorsi i numerosi giovani che, nelle orchestre RAI diffuse sul territorio, hanno lustro alla musica classica, un genere molto particolare i cui amanti sono in aumento anche in Italia. Eppure, molte orchestre RAI sono state chiuse. Penso, per esempio, a quella di Torino. Quali sono, al riguardo, le intenzioni del consiglio di amministrazione? Si può sperare in un intervento futuro in questo settore?
Per quanto concerne la situazione della RAI nel mondo, ho acquisito informazioni - che credo vi risultino senz'altro - sulla RAI in America, la cui sede è nel centro di Manhattan, al 21° piano di un edificio in Avenue of the Americas. Risulta che sia stato scoperto un conto, più o meno segreto, della RAI, intestato a RAI Boutique, conto che - a quanto pare - era sconosciuto anche alla RAI di Roma, presso la Republic Bank di New York...
PRESIDENTE. Sconosciuto anche alla Commissione...!
ORESTE ROSSI. Su questo conto è affluito - si tratta di un fatto provato - denaro legato ad iniziative promozionali ed alla vendita di prodotti con il logo della RAI. Il conto è stato sicuramente attivo dal 1993, ma molto probabilmente lo era fin da prima, con altre denominazioni. Il fatto grave è che pare - ma le informazioni dovrebbero essere abbastanza sicure - siano spariti ultimamente 2 milioni di dollari. Addirittura è stata interessata un'agenzia investigativa statunitense, la Rogers & Wells, che ha indagato, denunciando gravi irregolarità nella gestione del conto ed ammettendo l'esistenza del "buco". Chiedo se l'attuale consiglio di amministrazione sia intenzionato ad operare accertamenti in questa direzione e a verificare se le informazioni corrispondano al vero. Potrò essere più chiaro tra un po' di tempo perché avrò a disposizione ulteriore materiale. Se la vicenda fosse vera, un intervento di pulizia, di taglio col bisturi, sarebbe necessario.
Per quanto concerne i collaboratori esterni, sicuramente può non essere bello avere l'elenco dei nomi delle persone, delle relative prestazioni e dei compensi, ma, almeno per i contratti più importanti, sarebbe bene sapere quanto si spende e che risultati si conseguano. Ad esempio, vorrei chiarimenti, anche se non questa sera stessa, in merito alla commessa che la RAI americana ha assegnato al mediatore tunisino Tarak Ben Hammar, tra l'altro coinvolto in tangentopoli, rappresentante della società di distribuzione cinematografica e televisiva Dallah Al Baraka. Questa società, a distanza di un anno dalla stesura del contratto con la RAI per la distribuzione di prodotti di quest'ultima, non ha distribuito assolutamente nulla. Sarebbe utile quindi sapere se e quanto sia stato pagato, perché sia stata scelta questa società e perché essa - a quanto mi risulta - non abbia distribuito alcunché.
Infine, vorrei sapere cosa intenda fare la RAI, a livello di collegamenti e di collaborazioni (che peraltro già vi sono state in passato) con l'istituto Luce e con Cinecittà, anche perché queste due realtà attraversano un momento di forte crisi. Sarebbe però un vero peccato "perderle" sia perché credo che di fatto appartengano allo Stato sia perché in passato hanno dato moltissimo al nostro paese a livello di immagine.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Landolfi, che ha chiesto di intervenire per una richiesta di chiarimento.
MARIO LANDOLFI. Vorrei segnalare al dottor Iseppi una questione relativa all'informazione data dalla RAI sulla manifestazione per il lavoro promossa oggi da alleanza nazionale e dalla CISNAL a Napoli. La manifestazione è stata caratterizzata dallo svolgimento di un corteo stimato in circa 20 mila persone; si tratta di stime delle forze dell'ordine che sono state riportate dalle agenzie di stampa, in particolare dall'ANSA. Mi è stato segnalato - si tratta di un dato da verificare ed in questo senso rivolgo una richiesta al dottor Iseppi - che nell'edizione delle 19,45 del TGR della Campania, più noto come Tele Bassolino, si sia invece fatto riferimento ad un corteo di mille persone.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Al senatore De Corato rispondo innanzitutto che il segnale della RAI va certamente potenziato; a volte capita anche a me di non riuscire a percepirlo bene (ne parlavo ieri sera con il direttore generale) e si tratta comunque di un problema serio.
Con riferimento a quanto è stato fatto nel settore della radiofonia, mi sembrava di aver già spiegato che si è proceduto ad una razionalizzazione; lei, senatore De Corato, è di opinione diversa, ma verificheremo se il processo avviato darà frutti: da parte mia, ritengo che i risultati saranno positivi e che fosse necessario operare questa separazione, che non è di ordine strategico ma figurava nelle linee editoriali adottate all'unanimità dal consiglio di amministrazione. Si è trattato quindi di uno sviluppo di quanto già prospettato in quelle linee editoriali, per cui non credo che abbiamo violato la legge, come lei sosteneva.
Per quanto riguarda il voto del consigliere Olivares, mi dispiace che oggi sia assente, perché lei stessa avrebbe potuto spiegare il senso della sua astensione, che mi sembra fosse un dato molto personale e non in sintonia con le polemiche di cui hanno parlato i giornali. Su altre questioni poste dal senatore De Corato potrà rispondere il direttore generale.
Ringrazio moltissimo il senatore Monticone per la collaborazione che ci ha offerto e preannuncio che cercheremo di modificare l'orario che egli ha definito "ancillare". Il problema riguarda, come al solito, la qualità dei programmi e credo che siamo tutti orientati a fare in modo che questa rete educational non assuma quel colore, quella veste un po' riduttiva e dimessa, anche nell'invenzione, che hanno sempre avuto dapprima il Dipartimento scuola-educazione e poi Videosapere; nell'ambito di quest'ultimo sono stati realizzati buoni programmi, ma il problema riguarda una complessità di indirizzo e di soluzioni, oltre che di oscillazioni. Si trattava di una deriva che si andava man mano accentuando, per cui accanto a programmi validi venivano mandati in onda anche incerti incroci tra varietà e qualcos'altro di inidentificabile.
La questione relativa alla funzione della memoria si collega ad una sollecitazione dell'onorevole Melograni, che ringrazio moltissimo per quanto ci ha detto in ordine al tema degli archivi. Ritengo sia stato un punto di forza di questo consiglio di amministrazione il fatto di preoccuparsi dell'archivio, anche perché è possibile che da lì venga moltissimo, nonostante alcune perdite che pure si verificano e sono dolorosissime. Ormai, però, è andata così e lei, onorevole Melograni, sa benissimo che cosa può accadere in un archivio: non ho bisogno di sollecitare la sua memoria al riguardo.
E' vero, inoltre, che la RAI dovrà instaurare un filo diretto non soltanto con gli utenti ma anche con la Commissione: se nella mia relazione ho parlato, a nome dell'interno consiglio di amministrazione e del direttore generale, della necessità di avviare un intenso rapporto di lavoro con la Commissione, si dovrà trovare il modo di stabilire contatti proficui ed il più possibile diretti. In questo modo rispondo anche ad un'altra domanda, in cui mi si chiedeva di stabilire rapporti intensi con il complesso degli utenti, tra cui rientra sicuramente il Parlamento.
E' peraltro importantissimo eliminare la pubblicità subliminale, un fenomeno estremamente doloroso, che non si presenta solo nelle forme di cui ha parlato l'onorevole Rossi: infatti, uno spettacolo o un film sono anche fatti che appartengono alla cronaca, tanto che se ne parla sui giornali; in quel caso, allora, non si tratta di pubblicità indiretta, se la qualità di un film...
ORESTE ROSSI. Lei ha ragione, ma dipende dalla qualità del film.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. E anche dell'autore. Vi sono certamente casi in cui è visibile la pubblicità indiretta, ma più che di questo si tratta magari di altro: non ho bisogno di scendere in particolari. Questo deve essere evitato.
Devo inoltre dirle, onorevole Rossi, che a Torino c'è l'orchestra.
ORESTE ROSSI. Sì, ma è stata ridotta moltissimo.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Si è posto, al riguardo, un problema che ha dato luogo a discussioni. Ricordo che quando ero membro di una commissione del Ministero dello spettacolo mi sono battuto perché le orchestre di Roma e di Napoli non venissero chiuse, ma si era dimostrato che ciò non poteva non avvenire.
Si pone ora un problema relativo all'orchestra di Torino, la quale manca di un coro: lei sa benissimo che un'orchestra priva di coro è in realtà dimezzata. E' quindi nostro desiderio dotare tale orchestra di un coro, affinché essa sia effettivamente l'orchestra nazionale della RAI che trasmette da Torino su tutto il territorio nazionale. Basti pensare che attualmente quell'orchestra può eseguire benissimo la settima sinfonia di Beethoven ma non può suonare da sola la nona, perché le manca il coro; a tale inconveniente si dovrà ovviamente porre rimedio.
Credo che il direttore generale potrà rispondere su tante altre questioni che sono state evocate.
PRESIDENTE. A questo punto, ritengo di dover puntualizzare alcune questioni, al di là del problema dell'orchestra, su cui magari si dovrebbe condurre una battaglia non padana per istituire di nuovo quella di Roma, la cui scomparsa è stata probabilmente una sconfitta per la cultura nazionale, imputabile ad altri consigli di amministrazione.
Per un obbligo che ho nei confronti della Commissione, devo chiederle, presidente, alcuni chiarimenti su ciò che lei ha appena affermato. Quanto al senso delle sollecitazioni del professor Melograni - non me ne voglia se interpreto il suo pensiero - sugli impegni della RAI con la Commissione, ritengo che l'azienda dovrebbe farci fruire anche autonomamente di notizie utili per il lavoro della Commissione. Questo anche al fine di evitare conflitti tra la stessa Commissione e i vertici della RAI: se si conoscono le cose, è molto più facile evitare conflitti e credo che questa sollecitazione possa essere accolta al di là dei contatti che andranno stabiliti; porrei quindi la questione in termini meno burocratici.
Passando ad altri due aspetti, che erano stati oggetto della mia contestata relazione e poi sono emersi nella discussione, il fatto che il consigliere Olivares sia assente non significa che la Commissione non debba conoscere i motivi per cui ella non ha ritenuto di approvare le nomine.
Quanto alla radiofonia, la prego, presidente Siciliano, di prestare attenzione a quanto afferma la nostra Commissione: lei avrà notato che molti commissari hanno sollevato il problema della radiofonia. Per una forma di rispetto nei confronti dimquest'organismo parlamentare (non devo insegnarglielo io), speravo che vi fosse la possibilità di un ripensamento. Anche se siete liberi di decidere quello che volete, di fronte a qualcosa che si presenta non dico come una sollevazione ma come un contrasto con la Commissione, ritengo che potreste lasciare intravvedere la possibilità di ridiscutere un provvedimento che appare contestato dalla maggioranza dei membri della stessa Commissione. Se su questo si lasciasse aperta la porta ad una discussione, ciò deporrebbe, a mio avviso, a favore di un confronto civile tra noi: non si tratta di una pretesa, ma di una richiesta che avanziamo, anche al fine di evitare che si giunga ad una votazione su questa materia, il che sarebbe piuttosto antipatico nell'ambito di un rapporto corretto tra RAI e Commissione.
Su tale questione sono state citate anche dichiarazioni pubbliche ed è inutile negare che esiste un problema; sarebbe quindi utile non procedere, per così dire, come carri armati, ma dare vita ad una discussione serena: non è detto che le decisioni non passino ugualmente.
LILIANA CAVANI, Consigliere di amministrazione della RAI. Volevo esprimere l'impressione che questa opinione non fosse della maggioranza della Commissione.
PRESIDENTE. Il suo intervento è inusuale, consigliere Cavani. Da parte mia, devo certificare anche i pareri che ho raccolto su tale questione nell'ambito di una serie di colloqui e di incontri; se lei vuole che la maggioranza si esprima con un voto, è facile che il Parlamento, sfidato, vada avanti sulla stessa questione. Le suggerisco quindi di non usare questi argomenti e ritengo che, se vi sarà un confronto sereno con la Commissione su tale questione, sarà meglio per tutti.
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Dovremo certamente parlare dei modi in cui aprire questo filo diretto.
Quanto all'invito al ripensamento, ricordo che è stato espresso un voto in consiglio di amministrazione e che la decisione rientrava nelle linee editoriali approvate all'unanimità. Lo sforzo di razionalizzazione è tale da indurci a considerare giusta la strada imboccata: vediamo, quindi, cosa accadrà e, se l'esperimento non darà i frutti auspicati, il ripensamento non potrà non esserci.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Rispondendo ad una serie di domande molto specifiche, comincerò dalla vicenda che ha interessato Tarak Ben Hammar. Per i programmi di RAI International, in America ed in altri paesi la RAI si è dapprima avvalsa della società Key forecast di Telespazio; poi questo rapporto è entrato in crisi a causa di inadempienze da parte di tale società ed oggi è in corso una causa. Per continuare la diffusione dei suoi programmi, la RAI ha stipulato un contratto con Dallah Al Baraka, che finora non ha dato segnali di inadempimento, anche se si tratta di un rapporto che, come tutti quelli che nascono, denuncia qualche sintomo di insofferenza, tant'è vero che periodicamente si deve ritrovare un punto di equilibrio. Nell'America del nord è già operativo il satellite Ecostar, che presto opererà anche nel sud.
La RAI è comunque molto vigile per quanto concerne tale rapporto, che ha evidenziato - lo ripeto - qualche segno di insofferenza, senza però andare al di là di quanto avviene generalmente quando due soggetti devono cercare un punto di incontro, che può essere trovato anche dopo un minimo di conflittualità.
Devo inoltre rilevare che la RAI è a conoscenza della questione Boutique RAI e gli avvocati Roger e Wells sono stati incaricati di verificare, insieme alla Arthur Andersen, il modo in cui si è sviluppata la vicenda, per conto della RAI e della RAI Corporation, che è la società della stessa RAI in America. Si è trattato, comunque, di irregolarità riconducibili a comportamenti di singole persone, tanto che si è deciso di far intervenire la magistratura americana.
Recentemente la RAI ha nominato un nuovo gruppo direttivo per la RAI Corporation, con l'incarico di dare corso alla gestione corrente, in vista di decisioni che potrebbero portare entro breve tempo alla liquidazione della società: in questo caso, la nostra rappresentanza in America non sarebbe più affidata alla RAI Corporation ma ad un ufficio di rappresentanza con funzioni prevalentemente giornalistiche.
Passo alle domande dell'onorevole Melograni. I consigli sui nostri archivi sono senz'altro da seguire: l'intenzione dell'operazione è non soltanto quella di mettere insieme la nostra memoria, ma anche quella di organizzare un possibile accesso, di utilizzare la nostra storia visiva anche mettendo a disposizione di chi li voglia utilizzare cataloghi, addirittura facendo un business su questo, come avviene in Francia (il modello di riferimento è sostanzialmente quello francese). In prospettiva, questa potrebbe divenire una realtà autonoma anche dal punto di vista finanziario.
Ringrazio per i consigli sull'informatizzazione e sull'uso delle tecnologie, perché se vi fosse un vincolo ci creerebbe più problemi di quanti potrebbero essere i vantaggi. Nel piano è indicata una possibile operazione "a tendere", cioè l'unificazione del TG3 e del TGR, ma questo non comporta alcuna soppressione, perché si tratta di edizioni completamente separate. Semmai, potrebbe comportare un'unità di direzione, ma non certamente la soppressione di testate.
Passo alle risposte al senatore De Corato. Sono un po' in imbarazzo, perché molti dei problemi sollevati attengono ad una "milanesità" che ci accomuna... In realtà, il centro di Milano è sottoutilizzato rispetto alle potenzialità.
Passando a questioni più specifiche, mi avvalgo di un breve appunto che credo risponda bene alla sua richiesta relativa al comportamento di Vigorelli. Nel mese di marzo di quest'anno la direzione aziendale aveva comunicato alla rappresentanza sindacale dei giornalisti, presente il direttore della TGR, che si sarebbe proceduto ad un numero limitato di assunzioni, esclusivamente all'interno dei bacini di reperimento obbligati (vincitori di concorso, precari, eccetera), per far fronte alle situazioni redazionali di maggior crisi. Avendo in seguito saputo che il direttore della TGR aveva chiesto a tutti i capi redattori regionali di formulare rose per l'assunzione e la promozione di giornalisti, la direzione del personale, con lettere del 10 e dell'11 aprile, invitava il direttore della TGR ad attenersi alle disposizioni aziendali (e quindi di non farle). Il 12 aprile la direzione del personale riceveva ugualmente 31 proposte di assunzione, 27 proposte di innovazione contrattuale, 23 proposte di trasferimento ad altre testate, 77 proposte di promozione riferite anche a posizione di line non riconosciute. Si trattava, in totale, di 165 proposte, a fronte di un vuoto organico di una decina di unità e di altrettante posizione di line scoperte. Il 12 aprile la direzione generale respingeva il pacchetto e diffidava il direttore dellaa TGR ad avanzare nuove proposte. Il pacchetto, infatti, non solo mutava profondamente l'organizzazione della TGR, ma determinava anche un costo aggiuntivo annuo derivante dai provvedimenti di 6 miliardi e 76 milioni circa (3 miliardi e 458 milioni per assunzioni, 1 miliardo e 499 milioni per novazioni e 1 miliardo e 119 milioni per promozioni e aumenti retributivi).
PRESIDENTE. La cifra è riferita all'anno?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì, al corso annuale. La vicenda sembrava chiusa, ma oggi si rende opportuno un ulteriore approfondimento. Nonostante il no della direzione generale e della direzione del personale, Vigorelli ha ugualmente informato i comitati di redazione delle singole proposte. Risulta infatti agli atti della TGR che le lettere ai CDR sono datate 5, 8 e 9 aprile. Non volendo immaginare che le lettere siano state retrodatate una volta conosciuto il parere negativo della direzione aziendale, si può solo ipotizzare che, violando le direttive e la prassi aziendale, l'informativa agli organismi sindacali sia stata fatta prima di inviare le proposte alla direzione del personale, quindi prima di conoscere la posizione di quest'ultima.
Sempre dagli atti della TGR risulta che tre giorni dopo la bocciatura del pacchetto la direzione di testata, con lettera del 15 aprile (qui ci sono anche i protocolli), ha inviato l'informativa ai segretari nazionali di USIGRAI e SINGRAI senza nulla dire, però, in merito alle decisioni della direzione generale, e facendo quindi credere che le proposte fossero state accolte. Questo atteggiamento ha creato un preoccupante stato di tensione nei corpi redazionali e forti prospettive individuali che potrebbero in alcuni casi evolversi in situazioni vertenziali. Si segnalano in proposito recenti comunicati del SINGRAI che annunciano ricorsi alla magistratura del lavoro.
Tutto questo è frutto di una documentazione, già esistente in consiglio, presentata dal vicedirettore facente funzioni, dottor Materia, su questa stessa proposta. In questa stessa documentazione non c'è l'autorizzazione del consiglio a Vigorelli a procedere nel suo progetto. Questa è la documentazione in nostro possesso.
Per quanto riguarda i dirigenti ricollocati in attesa di incarico, specifico che la ristrutturazione di agosto ha comportato 7 assunzioni, 11 promozioni e 8 non confermati e da utilizzare (quindi 8 persone da sistemare). Il corrispettivo della precedente gestione nelle stesse posizioni era di 15 assunzioni, 38 promozioni e 22 dirigenti e giornalisti equiparati non confermati, e quindi praticamente senza incarico. Cito questo dato perché sostanzialmente, quando questo consiglio è entrato in carica, di quei 22 dirigenti o giornalisti equiparati non confermati ne erano rimasti solo 10 da utilizzare o da sistemare, non essendo stati sistemati dalla gestione precedente. Di questi, 3 sono stati collocati e 7 sono in attesa di collocazione. Gli 8 non confermati e non utilizzati sulla base dell'ultima ristrutturazione, invece, sono quasi tutti sistemati o in via di sistemazione; ci risulta che esista un solo atto vero di contestazione, che è quello di Vigorelli, ma che risulta dai giornali, nel senso che a noi non è arrivata alcuna contestazione formale. Questo è lo stato della questione per i dirigente e i giornalisti ricollocati o in attesa di incarico.
Per quanto concerne i curricula, penso che possiamo fornirvi quelli dei nominati e non quelli dei rimossi, perché suonerebbe come una mancanza di fair play nei confronti delle persone rimosse.
Per quanto riguarda il riferimento alla Corte dei conti, specifico che quell'elenco si riferisce al 1992, tant'è vero che nel 1993 la Corte non l'ha più fatto, per le stesse motivazioni per le quali noi pensiamo che sia più corretto consegnare dati aggregati piuttosto che semplici elenchi. La Corte, nel 1993 e nel 1994 (perché poi non l'ha più fatto), ha fornito dati aggregati e non elenchi, proprio sulla base di questo tipo di motivazioni.
Per quanto attiene alle osservazioni sulla sede di Milano, il tentativo di trasferire la TGR non è riuscito perché immediatamente rientrato con la gestione successiva. Vi è stata una stima di fattibilità per il TG2, che però si è dimostrata troppo onerosa per essere applicata.
La realtà è che la sede di Milano è assolutamente sottoutilizzata rispetto alle sue potenzialità e alle sue specificità di rapporto con la città, cioè i grandi temi dell'economia e della cultura. Milano è la sede quasi esclusiva dell'editoria. Se pensate che la televisione è nata a Milano e che fino al 1978 quasi tutta la produzione culturale della RAI era fatta a Milano, capite bene che si pone un grande problema, che è indipendente da alcune situazioni contingenti, magari di piccole dimensioni e risolvibili. Il vero problema è che non esiste un progetto che valorizzi Milano (e dico Milano come realtà del nord), e ciò si avverte in modo assai preciso. Quest'anno stiamo tentando di risolvere la questione attraverso una serie di iniziative sperimentali: stiamo facendo esperimenti su nuove forme di televisione interattiva ed educativa insieme ad un consorzio di cui fanno parte la STET, la provincia, il comune e le camere di commercio. Milano è anche la nostra sede privilegiata per alcuni rapporti con istituti scientifici. Inoltre, da quest'anno a Milano si effettua gran parte della produzione di RAIDUE: vi è un tentativo di cominciare a spostare verso il nord la produzione più qualificata di una rete. Si tratta di aspetti attinenti alla produzione; ma forse bisognerebbe pensare ad un tipo di progettualità che rispecchi maggiormente le potenzialità e le titolarità di questa città.
Specifico infine che il TGR di Napoli, parlando della manifestazione cui faceva riferimento l'onorevole Landolfi, ha aperto dicendo "diverse migliaia".
ENZO SICILIANO, Presidente della RAI. Desidero ringraziare il presidente e la Commissione per l'attenzione che ci hanno prestato. Dico in tutta sincerità che non possiamo che dichiararci soddisfatti dell'andamento di queste due intense giornate di lavoro. La proposta dell'onorevole Melograni è giustissima: bisogna studiare il modo - e lo troveremo - in cui la RAI può offrire la propria intera trasparenza alla Commissione di vigilanza. Grazie moltissime e buon lavoro.
PRESIDENTE. E' la Commissione che vi ringrazia per la vostra presenza in questa sede.
La seduta termina alle 22,45.