DIFESA (4ª)

GIOVEDÌ 11 MAGGIO 2017
235ª Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
LATORRE
Interviene, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, ammiraglio ispettore (CP) Vincenzo Melone, accompagnato dal contrammiraglio Nicola Carlone e dal capitano di vascello Sergio Liardo.


La seduta inizia alle ore 13,05.


SULLA PUBBLICITA' DEI LAVORI

Il presidente LATORRE comunica che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata richiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha fatto preventivamente conoscere il proprio assenso.

Poiché non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori


PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sul contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l'impatto delle attività delle organizzazioni non governative: seguito dell'audizione del Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, ammiraglio ispettore (CP) Vincenzo Melone

Prosegue l'indagine conoscitiva sospesa nella seduta notturna di ieri.

Il senatore ALICATA (FI-PdL XVII), nel ringraziare tutta la Guardia costiera per la dedizione e la professionalità con cui assolve i propri compiti istituzionali, domanda in che misura, da quando le ONG hanno iniziato ad operare nell'area, siano diminuite le chiamate all'IMRCC di Roma.
Domanda inoltre delucidazioni sull'individuazione del porto sicuro dove vengono sbarcati i migranti e in particolare su quali parametri il ministero dell'interno adotti le proprie valutazioni.
Chiede inoltre se vi siano dei casi in cui le ONG abbiano comunicato con la Guardia costiera a salvataggio avvenuto e se si siano mai verificati casi in cui abbiano spento i trasponditori delle loro navi.
Conclude chiedendo in che misura l'indirizzo politico del Governo incida sull'operato del Corpo e se, nel passaggio dal governo Renzi al governo Gentiloni, il dicastero degli interni abbia mutato i propri orientamenti.

Replica l'ammiraglio MELONE, precisando innanzitutto che il Corpo delle capitanerie di porto obbedisce alle convenzioni internazionali, a prescindere dagli orientamenti politici del governo pro-tempore.
Per quanto concerne, quindi, la questione legata ai trasponditori, precisa trattarsi di apparecchiature, nate in funzione anti-collisione che operano su frequenze VHF e che trasmettono il segnale in linea retta (senza seguire, pertanto, la curvatura del globo terrestre). Ciò comporta - tenendo altresì conto delle caratteristiche tecniche dell'antenna che invia il segnale e di quella che lo riceve - una portata comunque limitata: se non c'è una nave militare in zona, eventuali unità, incluse quelle delle ONG, potrebbero non essere visibili. In ogni caso, alla Guardia costiera non risultano casi in cui dei battelli operanti per le ONG abbiano spento le loro apparecchiature.
Per quanto concerne, poi, la questione dei salvataggi avvenuti ad insaputa della Guardia costiera, nel rinviare alla dettagliata esposizione fatta dal contrammiraglio Carlone presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, precisa che nell'operazione vanno approfonditi due distinti profili. Il primo attiene al natante (qualunque esso sia), che ha contezza di una situazione di pericolo e che è comunque tenuto - in base al diritto del mare - a intervenire. Il secondo invece attiene all'IMRCC di Roma, che non può coordinare operazioni SAR all'interno delle acque territoriali di un altro Paese senza averne prima il permesso da parte delle relative autorità.
Per quanto concerne l'individuazione del place of safety ove sbarcare le persone soccorse, precisa che la scelta è di competenza del Corpo ma sulla base di contatti continui con il Ministero dell'interno e le Forze di polizia.

Il contrammiraglio CARLONE, Capo del III reparto piani e operazioni del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, precisa inoltre che, di norma, sono scelti i porti che ospitano gli hotspot dedicati (che consentono di eseguire anche le prescritte attività di polizia giudiziaria), anche se ad oggi esistono strutture mobili presso altri porti.

L'ammiraglio MELONE conclude quindi rilevando che le chiamate satellitari sono state l'80 per cento nel 2015, il 45 per cento nel 2016 ed il 36 per cento circa nei primi quattro mesi del 2017.

Il senatore Paolo ROMANI (FI-PdL XVII) chiede a cosa sia riferita la percentuale.

L'ammiraglio MELONE precisa che la percentuale si riferisce al totale dei casi SAR, mentre la parte restante è costituita dagli avvistamenti. Con riferimento a questa ultima fattispecie occorrono, poi, ulteriori precisazioni. Ad esempio nel 2016 gli avvistamenti sono stati fatti per il 45 per cento da navi militari, per il 30 per cento da navi delle ONG, per il 9 per cento dalla Guardia costiera e per la percentuale rimanente da altre unità di vario tipo.
Inoltre, negli ultimi giorni sembra essersi registrata - per quanto attiene alle chiamate - una preferenza per l'utilizzo di normali telefoni cellulari rispetto a quelli satellitari, conseguenza del fatto che gli episodi avvengono più vicini alla costa.

Il senatore ARRIGONI (LN-Aut), nel rilevare la sostanziale coincidenza, per quanto attiene gli avvistamenti, dei dati forniti dall'ammiraglio Melone con quelli di alcune ONG e nel porre l'accento sull'aumentato protagonismo di queste ultime nel Mediterraneo centrale, osserva che, dalle audizioni effettuate, tali organizzazioni avrebbero condotto salvataggi in acque territoriali libiche dietro autorizzazione dell'IMRCC di Roma. Domanda quindi come avvengano - in tali frangenti - i coordinamenti con la Guardia costiera libica e dove sono poi trasportati i migranti soccorsi in acque libiche.

L'ammiraglio MELONE dà conto innanzitutto di un intervento SAR della Guardia costiera libica avvenuto nella giornata di ieri. In tale occasione, l'autorità libica ha assunto il coordinamento delle operazioni, disponendo il rientro dei migranti in Libia. Va tenuto conto, inoltre, che in Libia esistono due autorità di Guardia costiera: una militare (quella con la quale la Guardia costiera italiana si interfaccia), ed una civile, dipendente dal locale ministero dell'interno.
Osserva quindi che l'individuazione del cosiddetto porto sicuro è questione assai delicata. Qualora sia l'IMRCC di Roma a coordinare le operazioni (l'ingresso in acque libiche avviene sempre e solo con il permesso delle locali autorità), si adotta il principio in base al quale il centro di soccorso che coordina l'operazione individua il porto di sbarco nel proprio Paese.
Nel caso in cui, invece, sia un battello commerciale o privato (eventualmente operante per una ONG) ad intervenire autonomamente nelle acque libiche, la decisione ultima è in capo al comandante dell'unità.

Il senatore ARRIGONI (LN-Aut) domanda ulteriori chiarimenti su cosa avvenga quando una nave privata operi un salvataggio in acque libiche senza coinvolgere la Guardia costiera italiana, e se vi sia o meno un margine di discrezionalità nell'attuare quanto prescritto dal diritto del mare.

L'ammiraglio MELONE precisa che il quadro normativo di riferimento prevede l'applicazione del principio di non respingimento per chi proviene dal territorio libico. Ciò in quanto la Libia è un Paese connotato da grave instabilità interna e che non ha recepito la convenzione di Ginevra. Ciò comporta l'impossibilità per qualsiasi autorità, italiana o europea, che gestisca i soccorsi di riportare in Libia le persone soccorse.
Nel caso, come detto prima, in cui sia una nave commerciale o privata ad effettuare il soccorso, la massima autorità è invece il comandante della nave stessa, che risponde semmai al suo Stato di bandiera, sempre salvo che non sia in corso un coordinamento da parte di un'autorità di soccorso.

Anche il contrammiraglio CARLONE precisa che il Corpo ha sempre richiesto, quando necessario, l'autorizzazione delle competenti autorità libiche. Pertanto se l'autorità che coordina è libica, le persone soccorse sono portate in Libia, altrimenti l'MRCC competente indica un place of safety tenendo conto del principio di non respingimento, ribadito anche dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, che, nel 2009, condannò proprio l'Italia per non averlo rispettato.

Il senatore BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) domanda quindi se la presenza di operatori di polizia giudiziaria durante le operazioni di salvataggio possa costituire un valore aggiunto nel contrasto ai trafficanti di esseri umani, senza arrecare pregiudizio alle operazioni stesse.
Domanda inoltre se la Guardia costiera abbia accesso ai rilevamenti satellitari effettuati da altre autorità pubbliche e se sia in possesso di una strumentazione adeguata per l'utilizzo dei dati forniti dai satelliti.

L'ammiraglio MELONE osserva che gli operatori della Guardia costiera sono tutti agenti di polizia giudiziaria in materia di immigrazione, secondo quanto prescritto dalla legge Bossi-Fini. L'integrazione delle funzioni di polizia giudiziaria nell'attività di soccorso, efficacemente mostrata dalla proiezione del filmato introduttivo lo scorso 4 maggio, può peraltro costituire un efficace modello di riferimento: l'attività di polizia giudiziaria inizia infatti sin dall'intercettazione del battello in difficoltà e prosegue a bordo dell'unità del Corpo, attraverso foto segnaletiche, controlli di sicurezza e interrogatori mirati per l'individuazione egli scafisti. Considerata la presenza a bordo anche di personale medico, un pattugliatore della Guardia costiera può operare a 360 gradi. Ciò suggerisce l'opportunità di definire un meccanismo SAR esteso ed efficiente.

Il senatore BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) domanda se, in casi come quello da lui citato in altra audizione e relativo all'omicidio di un migrante da parte di uno scafista, l'intervento di una pattugliatore in luogo della nave di una ONG avrebbe potuto contribuire ad evitare l'episodio.

L'ammiraglio MELONE osserva che qualora fosse intervenuta un'unità militare, difficilmente l'episodio citato avrebbe potuto aver luogo.

Il senatore BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) obietta che la Guardia costiera italiana in ogni caso non sarebbe armata e non disporrebbe pertanto di efficaci strumenti deterrenti nei confronti degli scafisti.

L'ammiraglio MELONE precisa che il fatto che le unità della Guardia costiera siano disarmate non corrisponde pienamente a verità.
Pone quindi l'accento sugli importanti risultati conseguiti nel 2015 e nel 2016 (tramite un coordinamento con numerose procure del sud Italia), che hanno visto il fermo di 858 scafisti, con 28 arresti e 30 ordinanze di custodia cautelare. Il 50 per cento circa dell'attività ha visto in prima linea il gruppo interforze della procura di Siracusa, della quale fa parte anche il personale della Guardia costiera.
Precisa infine che gli operatori della Guardia costiera non sono da considerarsi comunque Forza di polizia ai sensi delle leggi vigenti.

Il contrammiraglio CARLONE osserva quindi che la Guardia costiera non è dotata di sistemi di rilevazione satellitare e non condivide informazioni di questo tipo con altre autorità pubbliche.

Il senatore Paolo ROMANI (FI-PdL XVII) pone innanzitutto l'accento sui profondi cambiamenti che hanno recentemente interessato le dinamiche dei salvataggi: la presenza di numerose navi in un ristretto spazio a ridosso delle acque territoriali libiche incoraggia infatti gli scafisti a utilizzare natanti scadenti, con poche miglia di autonomia, senza effettuare più le telefonate all'IMRCC di Roma. Importante altresì l'aumento, in valore assoluto, dei morti in mare.
Non può poi essere passato sotto silenzio l'impatto sulla situazione nazionale: nel presente anno è infatti previsto l'arrivo di circa 250.000 persone, fondamentalmente incoraggiato dall'attività di soccorso a ridosso delle acque territoriali libiche (e di cui la stessa Guardia costiera italiana finisce per far parte), e che stante anche la sordità delle istituzioni europee, rischia di essere foriero di gravi tensioni sociali, come dimostrato dai recenti episodi accaduti nella stazione centrale di Milano.
A fronte di una situazione così drammatica, che lo Stato italiano non può sostenere da solo, sarebbe opportuno pervenire, nella fase propositiva dell'indagine, a sottolineare l'importanza della prevenzione del fenomeno.
In tale attività di prevenzione dovrebbero essere innanzitutto le istituzioni dello Stato italiano a intavolare efficaci forme di collaborazione. Tuttavia, la realtà sembra dipingere un quadro ben diverso, in cui tanto la Guardia costiera, quanto la Marina militare, quanto l'Unione europea agiscono in maniera scollegata e indipendente.
Con riferimento quindi al recente intervento operato da unità della Guardia costiera libica, domanda se l'autorità italiana sia in grado di assisterla, all'interno delle acque territoriali di quel paese, al fine di riportare i migranti sul suolo libico.

Replica l'ammiraglio MELONE rammentando che già nel suo intervento dello scorso 4 maggio aveva sottolineato la natura epocale degli attuali flussi migratori. La Guardia costiera, tuttavia, può operare soltanto nel proprio ambito di competenza, senza sostituirsi alla politica.
É infatti la politica la sede più idonea per tutte le decisioni di principio relative agli interventi nel territorio libico, in ordine ai quali un'eventuale risoluzione delle Nazioni Unite volta all'istituzione a terra di corridoi umanitari avrebbe sicuramente effetti positivi .
La soluzione definitiva del problema non è pertanto in mare, dove le convenzioni vigenti impongono comunque il salvataggio delle vite, e dove è possibile unicamente creare un'efficace sistema di soccorso e di indagini di polizia giudiziaria.

Il senatore Paolo ROMANI (FI-PdL XVII) osserva che i migranti soccorsi in acque territoriali libiche potrebbero essere riaccompagnati in Libia dalla locale Guardia costiera con l'ausilio di quella italiana.

L'ammiraglio MELONE replica che ciò non sarebbe possibile in quanto contrario al principio di non respingimento precedentemente citato.

Il contrammiraglio CARLONE rileva quindi che la guardia costiera italiana è stata coinvolta in un importante progetto europeo volto a istituire un centro di ricerche e soccorso libico che sia titolare di una precisa area di responsabilità.

Il senatore Paolo ROMANI (FI-PdL XVII) domanda se l'esistenza di un centro di soccorso libico sia funzionale al rientro in Libia delle persone soccorse.

Il contrammiraglio CARLONE, nel precisare che il progetto ha ricevuto, nel corso del presente anno, ben 90 milioni di euro da parte dell'Unione europea, risponde affermativamente.

Interviene anche il capitano di vascello LIARDO, responsabile della Centrale operativa IMRCC, sottolineando l'importanza anche di eventuali operazioni a terra condotte a livello europeo.

Il senatore VATTUONE (PD), muovendo dai rilievi effettuati dal procuratore di Catania nell'audizione del 3 maggio scorso, domanda se un eventuale incrocio dei dati provenienti dalla Marina militare, dalla Guardia costiera e dalla missione EUNAVFOR MED possa essere di ausilio nell'individuare quando una nave spenga i propri trasponditori.
Domanda inoltre chiarimenti sulla reale efficacia dell'utilizzo, da parte di alcune ONG, di velivoli a pilotaggio remoto.
Muovendo infine, dai rilievi emersi nel corso dell'audizione, tenutasi nella giornata di ieri, dei magistrati della Procura di Trapani, domanda se effettivamente possa configurarsi un fattore di attrazione, stante la sicurezza di trovare, a breve distanza, un natante in grado di prestare soccorso.

Replica il capitano di vascello LIARDO, precisando innanzitutto che le navi delle ONG non sono coordinate stabilmente dalla Guardia costiera bensì solo e soltanto in occasione di un evento SAR.
Per quanto concerne invece l'ipotesi dell'esistenza di un fenomeno di attrazione del fenomeno migratorio, osserva che, nonostante l'intervento delle ONG abbia prodotto un impatto rilevante (come dimostrato dal fatto che, mentre nel 2014 l'impiego delle navi mercantili aveva consentito di soccorrere circa 42 mila migranti, nel 2016 tale cifra era scesa a circa 13 mila unità), ciò non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di un pull factor.
Con riferimento agli ulteriori quesiti posti dal senatore Vattuone, chiede quindi se sia possibile secretare la seduta.

Su proposta del Presidente, la commissione unanimemente delibera in tal senso.


La Commissione prosegue in seduta segreta dalle ore 14,05 alle ore 14,10.


Il PRESIDENTE avverte che per il prosieguo della trattazione saranno nuovamente attivate le forme prescritte di pubblicità audio-visiva.

Il senatore FORNARO (Art.1-MDP) osserva innanzitutto che, dai dati forniti dall'ammiraglio Melone, nel 2016, il 45 percento dei salvataggi sarebbe avvenuto sulla base di chiamate satellitari, mentre il restante 55 percento sulla base di avvistamenti. Considerato inoltre che, il 30 percento degli avvistamenti è stato effettuato da ONG, gli interventi di queste ultime costituirebbero circa il 16,5 percento del totale. Tale dato, tuttavia, sarebbe diverso dal 5 percento reso, in altra audizione, da alcune ONG.
Domanda quindi se negli ultimi 2 anni la guardia costiera abbia avuto problemi operativi ovvero di coordinamento con qualcuna di queste organizzazioni.

Il capitano di vascello LIARDO, domanda nuovamente di secretare la seduta.


Su proposta del Presidente, la commissione unanimemente delibera in tal senso.


La Commissione prosegue in seduta segreta dalle ore 14,12 alle ore 14,15.


Il PRESIDENTE avverte che per il prosieguo della trattazione saranno nuovamente attivate le forme prescritte di pubblicità audio-visiva.

Il contrammiraglio CARLONE osserva che vi sono alcune ONG dotate di unità adeguate anche al trasporto delle persone salvate laddove altre organizzazioni utilizzerebbero invece natanti più piccoli e, conseguentemente, meno adeguati. Le unità in dotazione alla guardia costiera sono invece certificate per questo genere di operazioni.
Conclude sottolineando l'importanza a che tutte le unità presenti nell'area, sia pubbliche che di ONG, siano realmente adeguate per svolgere delle operazioni di ricerca e soccorso in mare.

Il senatore MARTON (M5S) osserva che dall'intervento svolto dall'ammiraglio Melone lo scorso 4 maggio, emergono rilevanti profili di criticità . Infatti, la Tunisia, pur avendo sottoscritto la convenzione di Amburgo, non ha dichiarato la propria area di responsabilità. Altro caso particolare è pure quello dell'Egitto, che ha definito la propria area di competenza senza, per contro, ratificare la Convenzione.
Una problematica particolare è poi rappresentato da Malta, il cui centro di coordinamento non sarebbe mai intervenuto e che non appare in ogni caso, particolarmente collaborativa.

Il capitano di vascello LIARDO precisa che lo Stato maltese ha ratificato la Convenzione di Amburgo e definito la propria area di responsabilità, svolgendo le sue funzioni e coordinando le attività di soccorso anche in occasione di eventi migratori. Sussiste, con particolare riferimento all'isola di Lampedusa, una sovrapposizione delle aree di responsabilità dichiarate dall'Italia e da Malta: il Ministero degli Affari esteri, però è focalizzato sul problema e sta lavorando per trovare una soluzione.
L'oratore osserva quindi che le autorità maltesi risultano facilitate dal fatto che più delle volte l'isola non è comunque la destinazione finale del flusso migratorio. In ogni caso, qualora si decidesse di assumere un atteggiamento similare a quello maltese, ciò non rappresenterebbe una soluzione efficace.

Il senatore MARTON (M5S) domanda se vi siano casi in cui le persone soccorse vengano tradotte nell'isola di Malta.

Il capitano di vascello LIARDO precisa che le autorità maltesi possono anche semplicemente consentire il transito, senza l'obbligo di individuare un porto sicuro sul loro territorio

Il senatore MARTON (M5S) domanda se l'isola di Malta ospiti dei migranti.

Il capitano di vascello LIARDO risponde negativamente.

Il senatore GASPARRI (FI-PdL XVII) domanda se la presenza di un dispositivo di soccorso in mare a ridosso delle acque territoriali libiche sia conseguenza di una precisa volontà politica del Governo. Domanda inoltre se l'attribuzione al personale della Guardia costiera della qualifica di ufficiale di pubblica sicurezza possa rappresentare una soluzione efficace, chiedendo altresì chiarimenti su eventuali armamenti a disposizione del Corpo delle capitanerie di porto.
L'oratore sottolinea quindi l'opportunità di verificare se la Convenzione di Amburgo sia effettivamente applicabile al drammatico contesto odierno, connotato da un esodo senza precedenti e sfruttato, peraltro, da trafficanti senza scrupoli. Sempre con riferimento alla drammaticità della situazione, stigmatizza l'atteggiamento poco collaborativo delle autorità maltesi e gli impatti negativi derivanti dall'assenza di un'autorità libica cui assegnare una precisa area di responsabilità.
Conclude osservando che lo svolgimento dell'indagine conoscitiva della commissione potrebbe avere indotto alcune ONG a un atteggiamento improntato a una maggiore collaborazione, come dimostrato dal fatto che, secondo quanto riporta la stampa, l'organizzazione MOAS avrebbe messo a disposizione dell'autorità giudiziaria immagini catturate da un proprio drone ai fini dell'identificazione degli assassini di un migrante.

L'ammiraglio MELONE precisa innanzitutto che il problema dell'adeguatezza della Convenzione di Amburgo è stato esaminato, su proposta italiana, in sede IMO (International Maritime Organization) nel 2015 e che in quella sede era stata data risposta affermativa.
Ribadisce, quindi, che l'attività della Guardia costiera non è né può essere influenzata da valutazioni di tipo politico , osservando contestualmente che l'attuale configurazione del personale del corpo quale agente di polizia giudiziaria garantisce pienamente l'espletamento di tutti i compiti di istituto.
Conclude ribadendo che la guardia costiera dispone di armamenti. Tuttavia appare decisamente inopportuno ricorrervi nel corso di operazioni di salvataggio in mare.

Il presidente LATORRE dichiara infine conclusa la procedura informativa.

Il seguito dell’indagine conoscitiva è quindi rinviato.


La seduta termina alle ore 14,30.