AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3
a
)
GIOVEDI’ 4 DICEMBRE 2003
156
a
Seduta
Presidenza del Presidente
PROVERA
Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ventucci.
La seduta inizia alle ore 8,35.
IN SEDE REFERENTE
(2610) Ratifica ed esecuzione del Trattato di adesione all’Unione europea tra gli Stati membri dell’Unione europea e la Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, con Atto di adesione, Allegati, Protocolli, Dichiarazioni, Scambio di lettere e Atto finale, fatto ad Atene il 16 Aprile 2003,
approvato dalla Camera dei deputati
Introduce l’esame il senatore PIANETTA
(FI)
rilevando preliminarmente che l'adesione all'Unione europea di dieci nuovi Stati membri - le Repubbliche: ceca, di Estonia, di Cipro, di Lettonia, di Lituania, di Ungheria, di Malta, di Polonia, di Slovenia, slovacca, per un totale di 75 milioni di abitanti - ha un duplice presupposto, giuridico e politico.
Il primo, di ordine giuridico, è la generale previsione del Trattato sull'Unione europea (articolo 49) che ogni Stato europeo improntato ai valori liberal-democratici possa fare domanda per divenire membro dell'Unione; accolta tale istanza (dal Consiglio all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme reso dal Parlamento a maggioranza assoluta dei componenti), le conseguenti condizioni di ammissione nonché gli adattamenti dei Trattati su cui è fondata l'Unione, formano oggetto di un accordo fra gli Stati membri e lo Stato richiedente - accordo che è poi sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti, secondo le norme costituzionali.
Il secondo presupposto, di ordine politico, può dirsi costituito dalle determinazioni assunte dal Consiglio europeo di Copenaghen (12-13 dicembre 2002), di ritener conclusi i negoziati di adesione dei dieci Stati e sollecitare una ratifica tale da consentire il loro ingresso nell'Unione europea il 1° maggio 2004, dunque prima delle elezioni per il Parlamento europeo del giugno seguente (per Romania e Bulgaria, invece, era decisa la prosecuzione dei negoziati con l'obiettivo - altresì ribadito nel successivo Consiglio europeo di Salonicco del 19-20 giugno 2003 - di un loro ingresso nell'Unione nel 2007; per la Turchia, la decisione sui negoziati era rinviata al Consiglio europeo di dicembre 2004).
Giunge così alla ratifica (secondo le rispettive procedure nazionali) dei quindici Stati membri e dei dieci Stati aderenti, un complesso
corpus
di atti, composto da: il Trattato di adesione (costituito di tre articoli); l'Atto di adesione (costituito di sessantadue articoli), che determina le condizioni di ammissione dei nuovi Stati e gli adattamenti normativi ad essa conseguenti; i diciotto Allegati (a loro volta distribuiti nei voluminosi sette allegati al disegno di legge) ed i dieci Protocolli, da ritenersi parte integrante del predetto Atto di adesione; un Atto finale, articolato in quarantaquattro Dichiarazioni e uno scambio di lettere.
L'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione nell'ordinamento italiano, sono recati dal disegno di legge A.S. n 2610 (approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 2 dicembre 2003), rispettivamente agli articoli 1 e 2. Il conclusivo articolo 3 dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Il Trattato di adesione dispone nei suoi tre articoli:
- l'attribuzione della
membership
dell'Unione europea ai dieci Stati, che divengono parti dei Trattati sui quali l'Unione è fondata;
- l'entrata in vigore del Trattato di adesione il 1° maggio 2004, a condizione che tutti gli strumenti di ratifica siano stati depositati entro tale data. Diversamente, il Trattato entra in vigore per gli Stati che abbiano tempestivamente proceduto (il Consiglio, all'unanimità, determina all'uopo gli adattamenti necessari). Talune misure previste dall'Atto di adesione, peraltro, possono esser assunte dalle istituzioni comunitarie anche nelle more dell'adesione, ma con effetto comunque dal suo compimento.
- il deposito del testo, nelle diverse lingue nazionali, del Trattato presso gli archivi del governo della Repubblica italiana (quale depositario del Trattato di Roma istitutivo, nel 1957, della Comunità europea), cui spetta la trasmissione di copia certificata conforme a ciascuno dei governi degli Stati firmatari.
Il Relatore passa quindi ad illustrare l'Atto di adesione in cui sono scandite le condizioni di ammissione per i dieci Stati, così come sono determinati gli adattamenti dei Trattati sui quali è fondata l'Unione europea, conseguenti all'adesione dei nuovi Stati membri.
Per quanto concerne l'articolato, esso si ripartisce nel seguente novero di previsioni:
- principi; definizioni; disciplina delle relazioni intercorrenti tra obblighi assunti dai dieci Stati con l'adesione e obblighi di diritto internazionale (articoli 1-10, nonché articoli 18-19);
- composizione e funzionamento delle istituzioni dell'Unione, così 'a regime' (articoli 11-17 nonché articoli 43-50; i successivi articoli 51 e 52 concernono invece comitati, con connessi gli Allegati XVI-XVIII) come nel primissimo periodo transitorio corrente tra l'entrata in vigore del Trattato di adesione (1° maggio 2004) e primo rinnovo (di Parlamento e Consiglio: articoli 25-26);
- modifiche permanenti dell'
acquis
comunitario, rese necessarie dall'adesione dei nuovi Stati membri (articoli 20-23, che richiamano gli Allegati II, III e IV);
- modifiche temporanee dell'
acquis
(articolo 24, che rinvia agli Allegati da V a XIV, ciascuno dedicato a uno Stato aderente);
- disposizioni finanziarie e di bilancio (articoli 27-36, cui è connesso l'Allegato XV);
- clausole di salvaguardia generale (articoli 37-42);
- applicabilità degli atti delle istituzioni comunitarie (articoli 53-59);
- disposizioni finali (articoli 60-62).
I dieci Stati aderenti entrano a far parte dell'Unione economica e monetaria, tuttavia quali Stati membri in deroga. In altri termini, non entrano a far parte della moneta unica, almeno fino a quando il Consiglio non decida diversamente, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
L'adesione all'Unione importa vincolatività, nell'ordinamento interno degli Stati aderenti:
- delle disposizioni dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie (articolo 2), incluso l'
acquis
di Schengen (peraltro con talune peculiarità, su cui
infra
);
- delle decisioni ed accordi conclusi dai rappresentanti dei governi in sede di Consiglio (articolo 5);
- degli accordi conclusi dalla Comunità, inclusi quelli in materia di politica estera e di sicurezza comune (cd. 'secondo pilastro')
ex
articolo 24 del Trattato sull'Unione europea, o di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (cd. 'terzo pilastro')
ex
articolo 38 di quel Trattato (in ambedue i casi, peraltro, lo Stato aderente può avvalersi, in sede di Consiglio, di una 'clausola di esenzione', dichiarando che l'accordo debba conformarsi alle prescrizioni della propria procedura costituzionale);
degli accordi conclusi dalla Comunità (e dagli Stati membri), su materia a competenza mista o ripartita (senza pregiudizio, peraltro, di siffatta ripartizione);
- della gestione a livello comunitario delle importazioni di prodotti tessili e abbigliamento nonché di acciaio e prodotti derivati, e degli accordi di pesca.
Lo Stato aderente, se già parte contraente di un accordo non compatibile con gli obblighi comunitari, deve rimuovere tali forme di incompatibilità, e se non sia possibile, recedere dall'accordo. Esso ha comunque l'obbligo di ritirarsi da accordi con terzi in materia di libero scambio.Aggiunge, quindi, che con l'ingresso nell'Unione, gli Stati aderenti sono vincolati all'accettazione integrale delle disposizioni dell'
acquis
di Schengen .
Peraltro, l'articolo 3 dell'Atto di adesione dà peculiare scansione a tale generale principio di vincolatività, prevedendo che solo alcune disposizioni dell'
acquis
siano, al contempo, immediatamente applicabili. Tali disposizioni sono indicate puntualmente nell'allegato I.
Non direttamente applicabili nei confronti dei nuovi Stati membri (ancorché vincolanti) sono pertanto le disposizioni dell'
acquis
di Schengen escluse dall'allegato I. Tali sono, in ampia misura, le disposizioni relative alla rimozione dei controlli alle frontiere interne dell'Unione (ossia tra i quindici Stati già membri e i dieci aderenti).
Per tale novero di disposizioni - si è detto, concernenti l'eliminazione definitiva dei controlli alle frontiere interne - si richiederà una decisione
ad hoc
, assunta dal Consiglio all'unanimità dei membri già applicanti le regole dell'
acquis
oggetto di decisione. Tale decisione scaturisce previa verifica del rispetto dei necessari requisiti per l'applicazione delle componenti dell'
acquis
oggetto di esame. La parziale deroga transitoria all'applicazione dell'
acquis
di Schengen, così definita dall'articolo 3 dell'Atto di adesione, ha dunque cessazione non automatica, ma subordinata alla valutazione del Consiglio, titolare del potere di decisione in ordine alla rimozione dei controlli alle frontiere tra Stati membri 'vecchi' e 'nuovi'.
L'
acquis
comprende, sulla base di quanto dispone l'allegato al protocollo, l'Accordo del 14 giugno 1985, la Convenzione del 19 giugno 1990, i protocolli e gli accordi di adesione relativi a tali strumenti convenzionali, le decisioni e le dichiarazioni adottate dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione, nonché gli atti per l'attuazione della Convenzione adottati dagli organi cui il Comitato esecutivo abbia conferito poteri decisionali.
Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam l'
acquis
si applica immediatamente agli Stati parte, ed il Consiglio determina all'unanimità sia le disposizioni di attuazione sia la base giuridica - cioè le norme giustificatrici rinvenibili nei testi giuridici fondamentali dell'Unione Europea - di ciascuna delle disposizioni o decisioni che fanno parte di esso. In pratica, il Consiglio è chiamato a decidere, di volta in volta, se le singole disposizioni che rientrano nell'
acquis
di Schengen vadano inquadrate - con le relative diverse conseguenze di ordine procedurale ed applicativo -nell'ambito della parte comunitarizzata del "terzo pilastro" (cioè del titolo IV TCE: politica dell'immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile), ovvero del "terzo pilastro riformato" (titolo VI TUE, che reca le norme sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Una disposizione specifica del protocollo precisa, inoltre, che la Corte di giustizia esercita le competenze ad essa conferite dalla pertinenti disposizioni applicabili dei trattati: in pratica, se la disposizione si trova nell'ambito del titolo IV TCE, la competenza della Corte risulterà dall'articolo 68 TCE; se, per contro, rientra nel titolo VI TUE (cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale), troverà applicazione l'articolo 35 TUE.
Il protocollo dichiara, infine, formalmente che il Regno Unito e l'Irlanda non sono vincolati dall'
acquis
, non avendo sottoscritto l'Accordo di Schengen, ma che possono chiedere, in qualsiasi momento, di parteciparvi in tutto o in parte. In merito a tale richiesta decide il Consiglio all'unanimità dei suoi membri e del rappresentante dello Stato interessato.
Ricorda, altresì, che l'impianto istituzionale (quanto a composizione e regole di decisione e funzionamento) di una Unione allargata fu definito dal Trattato di Nizza (firmato il 26 febbraio 2001). Rispetto al processo di allargamento ivi scandito, tuttavia, un minor numero di Stati si accinge oggi all'adesione (dieci anziché dodici, rimanendo fuori, sino al 2007, Romania e Bulgaria, invece contemplate dal Trattato di Nizza) ed in tempi anticipati (avendo effetto, l'Atto di adesione, dal 1° maggio 2004, non già il 1° gennaio 2005 com'era previsto dal Trattato di Nizza).
L'Atto di adesione pertanto introduce una duplice rimodulazione (temporale e numerica) delle disposizioni di Nizza, che in particolare investe:
- la composizione del Parlamento europeo;
- la ponderazione dei voti in Consiglio dei ministri dell'Unione;
- la scadenza dell'attuale Commissione europea e l'insediamento della nuova;
- la composizione della Corte di giustizia, del Tribunale di primo grado, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.
Per quanto attiene, inoltre, alle modifiche nella formazione del Parlamento europeo, il
differito ingresso di Bulgaria e Romania determina che i seggi loro attribuiti dal Trattato di Nizza (più esattamente, dalla "Dichiarazione sull'allargamento" ad esso allegata) siano,
per la legislatura 2004-2009
, ridistribuiti proporzionalmente tra i Venticinque Stati membri. Così prevede l'Atto di adesione. Ove quei due Stati aderiscano in corso di legislatura (nel 2007, secondo la scadenza prevista), verrebbero a disporre dei seggi loro attribuiti da Nizza, in via aggiuntiva rispetto a quelli già detenuti dagli altri Stati (con conseguente superamento, per quel tratto di legislatura, della soglia numerica di seggi prevista da Nizza).
Per la legislatura 2009-2013 e successive (ossia verosimilmente a processo di allargamento compiuto anche per quei due Stati), varrebbero, per tutti gli Stati membri, le determinazioni di Nizza. Queste ultime sono peraltro rimodulate dal citato articolo 11 dell'Atto di adesione per la Repubblica Ceca e l'Ungheria, previste titolari di un numero di seggi superiore a quello previsto a Nizza (il totale dei seggi parlamentari europei sarebbe pertanto 736 - di quattro unità superiore alla previsione di Nizza - secondo la quantificazione presente altresì nel progetto di Costituzione elaborato dalla Convenzione europea).
Poiché l’adesione dei nuovi Stati membri ha effetto dal 1° maggio 2004 e le elezioni europee (con la conseguente distribuzione dei seggi sopra illustrata) sono previste nel giugno 2004, si crea un breve interludio, a sua volta oggetto di disciplina transitoria da parte dell’Atto di adesione (articolo 25). Si prevede che gli Stati aderenti dispongano di un numero di seggi pari a quello previsto per la successiva integrale legislatura 2004-2009 (i parlamentari europei sono designati, per tale breve periodo, dai Parlamenti nazionali). Gli Stati già membri mantengono invece i seggi di cui dispongono. Per quanto attiene inoltre alla ponderazione dei voti in Consiglio l'adesione all'Unione di un numero di Stati inferiore rispetto a quello previsto nel Trattato di Nizza incide altresì sulla ponderazione dei voti in Consiglio.
Ne tratta l'articolo 12 dell'Atto di adesione.
Per meglio illustrarne i contenuti, rileva come il trattato di Nizza modifichi (in un
Protocollo sull’allargamento dell’Unione europea
) le modalità di determinazione della maggioranza qualificata per le deliberazioni del Consiglio.
L'esigenza di tale nuova ponderazione fu avvertita in correlazione alle adesioni di Stati meno popolati della media degli Stati membri, tale da determinare una diminuzione del peso relativo degli Stati più popolati e una sovrarappresentazione di quelli meno popolati. La nuova ponderazione tiene fermo il principio che i quattro più grandi Stati membri abbiano in Consiglio numero eguale di voti (nonostante il diverso profilo demografico della Germania).
Secondo tale ponderazione - in una Unione allargata a ventisette Stati membri - la maggioranza qualificata non è conseguita se non è raggiunto il
quorum
di 258 voti su 345 voti. Poiché tuttavia l'allargamento è ora previsto (dall'Atto di adesione) in un primo tempo a venticinque Stati membri, segue che la maggioranza sopra indicata muta. I venticinque Stati membri dispongono infatti del numero di voti previsti dal Trattato di Nizza. Tuttavia il fatto che non siano attribuiti i voti di Romania e Bulgaria, si riverbera sulla soglia di maggioranza, la quale diminuisce a 232 voti (sul totale di 321 voti, non più 345), con una minoranza di blocco, tale, cioè, da precludere il conseguimento della maggioranza qualificata pari a 90 voti.
Quella maggioranza di 232 voti dovrà essere dunque raggiunta, dall'entrata in vigore dell'Atto di adesione, per la decisione in sede di Consiglio. Il
quorum
di voti è condizione necessaria ma non sufficiente per il conseguimento della maggioranza qualificata in sede di deliberazione del Consiglio (per questo riguardo, nulla è innovato rispetto alle disposizioni di Nizza). Concorrente condizione è che la deliberazione raccolga il voto favorevole della maggioranza, metà più uno degli Stati membri, o di due terzi, ove la deliberazione sia assunta non su proposta della Commissione.
A queste due condizioni riferite al numero di voti e al numero di Stati se ne aggiunge una terza, peraltro eventuale: la rappresentatività della deliberazione di almeno il 62 per cento della popolazione totale dell’Unione. Quest’ultima verifica è condotta solo se richiesta da un membro del Consiglio. Come per il Parlamento europeo, così per il Consiglio è previsto un periodo transitorio, per l'arco temporale tra il 1° maggio 2004 (data da cui ha effetto l'adesione) e il 1° novembre 2004 (data del rinnovo della Commissione). Ne tratta l'articolo 26 dell'Atto di adesione, il quale prevede che, in tali mesi di transizione, gli Stati membri mantengano gli attuali voti; gli Stati aderenti vengono a disporre di un numero di voti analogo a quello degli Stati membri di pari rilievo demografico.
In altri termini, nel periodo transitorio si ha l'attribuzione di 8 voti alla Polonia, 5 voti ciascuno a Repubblica ceca e Ungheria, 3 voti a Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, 2 voti a Cipro e Malta. Il totale è, in tale periodo transitorio, di 124 voti. La minoranza di blocco è di 88 voti.
Passa, quindi, ad illustrare le possibili modifiche della composizione e delle funzioni della Commissione europea. Nulla è innovato, rispetto alle determinazioni di Nizza, per quanto concerne la composizione della Commissione. Il già menzionato
Protocollo sull’allargamento dell’Unione europeo
allegato al Trattato di Nizza prevede (all’articolo 4) che essa consti di un commissario per Stato membro.
Gli Stati membri più popolosi, attualmente presenti in Commissione con due loro cittadini, vedono pertanto diminuita a una unità la loro componente (in sede di negoziati a Nizza, gli Stati 'grandi' ottenevano una 'compensazione' con una diversa, più favorevole ponderazione dei voti in Consiglio). Quanto agli Stati che di volta in volta aderiscano all’Unione, essi acquisiscono la componente di una unità. Quando, tuttavia, si sia perfezionato il processo di allargamento a ventisette Stati membri, i criteri di composizione della Commissione sono suscettibili di mutamento. Il numero di suoi componenti dovrebbe divenire inferiore a quello degli Stati membri, intervenendo a correttivo un principio di rotazione paritaria. Questo, per evitare una composizione troppo numerosa della Commissione, di impervia funzionalità.
Sarà il Consiglio a determinare in tal caso – peraltro, con deliberazione all’unanimità – il futuro numero di componenti ed i medesimi criteri di rotazione.
Come per la Commissione, così per la Corte di giustizia, per il Tribunale di primo grado e per la Corte dei Conti vige il principio che ognuno dei venticinque Stati membri possa contare su un proprio rappresentante.
Anche la Corte di giustizia diviene così di venticinque membri (articolo 13 dell'Atto di adesione). Essi sono rinnovati per la metà ogni tre anni. A tale rinnovo parziale prendono parte altresì i dieci giudici degli Stati aderenti, secondo le modalità indicate dall'articolo 46 (che reca previsione altresì circa il rinnovo del Tribunale di primo grado, inclusi i dieci giudici degli Stati aderenti). L'articolo 47 concerne invece la durata del mandato (sei anni) dei dieci membri supplementari della Corte dei Conti.
La composizione del Comitato economico e sociale nonché del Comitato delle regioni è stabilita, rispettivamente, agli articoli 14 e 15, (e la prima integrazione con i rappresentanti degli Stati aderenti è oggetto degli articoli 48 e 49), senza innovare rispetto alle determinazioni di Nizza (beninteso computando solo i dieci Stati aderenti, non anche Bulgaria e Romania). Infine l'articolo 16 determina (in trentanove membri) la composizione del Comitato tecnico e scientifico (avente carattere consultivo presso la Commissione) previsto dal Trattato istitutivo della Comunità dell'energia atomica.
L'allargamento dell'Unione determina, altresì, l'aumento del capitale sottoscritto dalla Banca centrale europea (pari oggi a 5 miliardi di euro) nonché del limite stabilito dell'importo delle attività di riserva in valuta estera trasferibili alla medesima Banca (tale massimale delle riserve valutarie è oggi di 50 miliardi di euro). Ne tratta l'articolo 17 dell'Atto di adesione il quale specifica i criteri di ponderazione, quanto a popolazione e prodotto interno lordo, per la sottoscrizione del capitale. Richiama, quindi, un insieme specifico di previsioni, circa la libertà di circolazione dei lavoratori. Emerge una limitazione della libertà dei lavoratori provenienti dagli Stati aderenti di accedere al mercato del lavoro dei Paesi già membri. Tale limitazione è circoscritta ai primi sette anni dopo l'adesione, con 'intensità' progressivamente decrescente. Nei primi due anni dopo l'adesione, infatti, gli Stati già membri hanno discrezionalità piena circa l'equiparazione o meno dei lavoratori. Possono dunque liberamente assoggettare i lavoratori provenienti dagli Stati aderenti alle regole previste per l'accesso degli extracomunitari al mercato del lavoro (senza peraltro poter introdurre misure più restrittive).Nei successivi tre anni, la discrezionalità si mantiene, ma ad essa si affianca una valutazione della Commissione, meramente ricognitiva. Per i successivi due anni (dunque al sesto e settimo anno dopo l'adesione), la suddetta facoltà di non equiparare i lavoratori si ha solo per quegli Stati già membri che sperimentino il pericolo di serie turbative al mercato nazionale del lavoro, diversamente, gli Stati già membri possono invocare una clausola di salvaguardia.
I profili finanziari e di bilancio sono trattati negli articoli 27-36 dell'Atto di adesione, con annesso l'Allegato XV (richiamato dall'articolo 32).
Vi si determina il flusso di stanziamenti (d'impegno) supplementari, destinati ai dieci Stati aderenti per il triennio 2004-2006. Tali risorse ammontano nel triennio 2004-2006 a 40.854 milioni di euro. L'Italia vi contribuisce secondo la percentuale propria della sua contribuzione al bilancio comunitario (14 per cento), dunque per 5.720 milioni di euro. Così specifica la relaziona al disegno di legge.
Si sofferma, infine, sull'inserimento, nell'Atto di adesione, di alcune clausole di salvaguardia, recate dagli articoli 37-40 e dovute all'allargamento dell'Unione a un numero esteso di nuovi Stati.
Esse consentono la sospensione in via transitoria nel primo triennio dall'adesione, dell'applicazione dell'
acquis
comunitario, ove si riscontrino, in seguito all'allargamento, gravi carenze nel suo funzionamento. Non ogni profilo dell'
acquis
comunitario è suscettibile di esser sospeso, bensì le sue parti relative a:
- economia (secondo clausola già esperita in occasione dell'allargamento del 1994, invocabile per un settore economico o un'area geografica in difficoltà, così da uno Stato membro come da uno Stato aderente);
- mercato comune nonché cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni (in tali casi, la clausola può essere solo avverso uno Stato aderente, che sia rivelato in qualche misura 'perturbatore' a causa di una sua inadempienza).
Le misure sono deliberate dalla Commissione con procedura d'urgenza.
In base ai rilievi esposti, considerando l'importanza del disegno di legge in esame, certamente tra i più significativi per il futuro stesso dell'Unione europea e le sue istituzioni, auspica che si possa pervenire alla ratifica del Trattato che determinerà un passaggio storico verso la concreta realizzazione di una Europa nuova, più ampia e sempre più aperta verso l'Oriente e il settentrione del continente.
Il presidente PROVERA rende noto che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha concordato che l'Assemblea del Senato prenderà in esame il disegno di legge n. 2610 nella mattina di giovedì 11 dicembre, alla presenza del ministro Frattini il quale riferirà altresì sulle prospettive che si aprono alla vigilia dei lavori della Conferenza intergovernativa di Bruxelles.
Si apre, quindi, la discussione generale.
La senatrice DE ZULUETA
(DS-U)
osserva come l’importanza del disegno di legge in esame, dimostrata dall’acceso dibattito parlamentare verificatosi in altri Paesi membri, nonché dalle numerose ipotesi di indire consultazioni referendarie che si profilano all’orizzonte, imporrebbe un approfondito esame sia in Commissione affari esteri che in sede di Assemblea. Chiede, pertanto, chiarimenti sulla organizzazione dei lavori, anche in vista della seduta programmata per giovedì mattina in Assemblea per la definitiva approvazione del disegno di legge di ratifica.
Ha la parola il senatore PELLICINI
(AN)
il quale si dichiara assolutamente concorde con la decisione adottata in sede di conferenza dei Presidenti di gruppo, di rivestire di una particolare solennità l’esame conclusivo del disegno di legge relativo all’adesione dei nuovi membri dell’Unione europea con l’esame in Assemblea seguito dalla discussione sui lavori della Conferenza intergovernativa durante la fase conclusiva del semestre di Presidenza italiano. Nel merito, intende testimoniare l’adesione propria e del suo gruppo all’idea di una riunificazione del continente europeo di cui il processo di allargamento costituirà un passo determinante.
Ha quindi la parola il senatore SCALFARO
(Misto)
il quale, dopo aver ringraziato il relatore per la sua chiara ed esauriente introduzione sul disegno di legge, osserva come il processo di allargamento dell’Unione europea e quindi la ratifica dell’Accordo stipulato ad Atene rappresentino un evento di straordinaria rilevanza politica. Esso integra, infatti, un passo ulteriore nel percorso dell’evoluzione storica nata con l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; se in quel punto di partenza erano già condensati i sogni e le concrete speranze per una Europa unita che vedeva tra i suoi principali fautori De Gasperi, Schumann e Monnet, l’Unione europea a 25 rappresenta, ora, una tappa politica rilevante, verso un contesto in cui il fenomeno geografico europeo possa coincidere con lo spazio politico della nuova Unione. In questa luce, esprime la propria gratitudine verso coloro i quali, nel Parlamento italiano cosi come nel Governo, si sono adoperati e si stanno adoperando perché questo progetto giunga alla meta.
Cita, inoltre, il caso dell’Ungheria, paese tra quelli prossimi all'adesione, per il quale, considerata la sua storia recente, l’accesso allo spazio dell’Unione europea rappresenta un momento storico. Anche in prospettiva, il possibile accesso della Turchia in una fase successiva dell'allargamento dovrebbe anche tener conto del ruolo positivo svolto dal quel Paese nel processo di stabilizzazione di un'area geopolitica estremamente problematica, pur dovendosi tener presente che la mancata abrogazione della disciplina che prevede la pena capitale in quel Paese vada guardata con preoccupazione.
Conclude dichiarandosi consapevole dell'onere che grava su ciascuno dei parlamentari chiamati a ratificare l'Accordo sull'allargamento dell'Unione; questo impone una discussione profonda e meditata che sia all'altezza di chi è chiamato a rappresentare i cittadini italiani in un contesto di sempre maggiore integrazione europea.
Il sottosegretario VENTUCCI osserva come sia da considerarsi estremamente proficua la calendarizzazione in Assemblea dell'esame del disegno di legge n. 2610, seguito dalle comunicazioni del ministro Frattini sull'andamento dei lavori della Conferenza intergovernativa, poiché tale
modus operandi
consentirà sia di rendere solenne e significativa l'autorizzazione alla ratifica del Trattato di adesione, sia di sviluppare un fattivo dibattito sui connessi problemi relativi ai lavori della Conferenza di Bruxelles. Congratulandosi, inoltre, con il relatore per la sua esaustiva e dettagliata illustrazione e con gli uffici per il supporto tecnico fornito, si dichiara favorevole alla richiesta prospettata dalla senatrice De Zulueta di consentire un esame approfondito anche in sede di lavori di Commissione.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
SULL'ORDINE DEI LAVORI
Chiedono chiarimento sulla calendarizzazione delle prossime sedute di Commissione aventi ad oggetto il disegno di legge n. 2610, i senatori BUDIN
(DS-U)
e DE ZULUETA
(DS-U)
.
Il presidente PROVERA annuncia alla Commissione che sarà assicurato lo spazio necessario ad una discussione approfondita sul disegno di legge n. 2610, nel corso delle giornate di martedì e mercoledì della prossima settimana.
SU UNA PROPOSTA DI INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE POLITICA, ECONOMICA E SOCIALE DELL'AMERICA MERIDIONALE
Il presidente PROVERA, dando seguito a quanto deciso in Ufficio di Presidenza, osserva che l'attività della 3
a
Commissione negli ultimi mesi è stata caratterizzata da un particolare interesse verso le vicende politiche, economiche e sociali del sub continente dell'America meridionale. In proposito, ricorda gli intensi colloqui svolti nel corso della missione in Venezuela e Colombia con le autorità di entrambi i Paesi, così come i proficui scambi di vedute effettuati con il Vicepresidente colombiano Santos Calderon, nel corso di una sua visita a Roma nella primavera scorsa.
A questa constatazione aggiunge che in molte delle complesse realtà politiche e sociali dell'America Latina sono in corso rivolgimenti e svolte di particolare rilievo foriere anche di concrete ricadute sui cospicui interessi delle comunità italiane in Brasile, Argentina, Venezuela, Colombia e Cile.
Cita a titolo esemplificativo alcune di queste tematiche che auspica si possano approfondire ed analizzare. Ricorda ad esempio, come in questi giorni stia per concludersi la fase introduttiva del procedimento referendario revocatorio del mandato del Presidente Chavez in Venezuela.
In Brasile, le direttrici politiche della Presidenza Lula si stanno ormai delinenando anche nei contesti multilaterali, basti pensare al ruolo ricoperto dal Brasile nell'ambito del recente Vertice WTO di Cancun.
La Presidenza Uribe, in Colombia, è ancora impegnata a fronteggiare l'emergenza interna rappresentata dalle
Farc,
in un clima aspro caratterizzato dalla proclamazione dello stato di eccezione interno che si protrae ormai da molti mesi. Soprattutto, è ancora sotto i riflettori il delicato contesto economico e finanziario fronteggiato dal Presidente Nestor Kirchner in Argentina. Ebbene, il drammatico
default
argentino rappresenta senz'altro uno degli aspetti più rilevanti cui si è assistito negli ultimi anni nell'area dell'America meridionale; esso, merita di essere esaminato e compreso nelle sue cause più profonde. Inoltre, ritiene opportuno prestare particolare importanza alla prospettiva della creazione di un'area di libero scambio delle Americhe (ALCA), con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare nei rapporti tra Stati Uniti e Sud America, e, più in generale nei rapporti all'interno dell'area Mercosur. Tutti questi fattori di interesse potranno dunque essere canalizzati ed approfonditi dall'avvio di un procedimento di indagine conoscitiva sull'intera area.
In base ai rilievi esposti propone alla Commissione di chiedere il consenso del Presidente del Senato, in base all'articolo 48 commi 1 e 3 del Regolamento, per lo svolgimento di un'indagine conoscitiva avente ad oggetto la situazione politica, economica e sociale dell'America meridionale, riservandosi di sottoporre in un secondo momento alla Commissione un programma di massima delle audizioni e dei sopralluoghi.
Conviene la Commissione.
La seduta termina alle ore 9,30 .