TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13
a
)
MARTEDI' 17 LUGLIO 2001
4
a
Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
NOVI
Intervengono il ministro dell'ambiente e tutela del territorio Matteoli ed il sottosegretario di Stato per lo stesso dicastero Tortoli.
La seduta inizia alle ore 14,15.
SULLA PUBBLICITA' DEI LAVORI
Il presidente NOVI avverte che è stata avanzata, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento, la richiesta di attivare l'impianto audiovisivo per lo svolgimento delle comunicazioni all'ordine del giorno e che, informato della richiesta anzidetta, il Presidente del Senato aveva preannunciato il proprio assenso.
Conviene la Commissione e viene adottata detta forma di pubblicità.
PROCEDURE INFORMATIVE
Comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sugli indirizzi generali della politica del suo Dicastero
Dopo una breve introduzione del presidente NOVI, ha la parola il ministro MATTEOLI, che svolge le sue comunicazioni circa le politiche del Governo in materia ambientale.
Seguono gli interventi dei senatori TURRONI, NOVI, MONCADA, DETTORI, RIZZI, GIOVANELLI, ZAPPACOSTA, MANFREDI, BATTAGLIA Antonio, PONZO e MONTINO.
Replica quindi il ministro MATTEOLI.
Il presidente NOVI ringrazia il Ministro e dichiara conclusa la procedura informativa.
CONVOCAZIONE DELLA COMMISSIONE
Il presidente NOVI avverte che la
Commissione si riunirà, in sede consultiva, giovedì 19 luglio, alle ore 19,30, per l'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria.
La seduta termina alle ore 16,50.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA
BOZZA NON CORRETTA
13a COMMISSIONE PERMANENTE
(Territorio, ambiente, beni ambientali)
COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO SUGLI INDIRIZZI GENERALI DELLA POLITICA DEL SUO DICASTERO
2° RESOCONTO STENOGRAFICO
SEDUTA DI MARTEDÌ 17 LUGLIO 2001
Presidenza del presidente NOVI
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I testi contenuti nel presente fascicolo - che anticipa ad uso interno l'edizione del Resoconto stenografico - non sono stati rivisti dagli oratori.
CG 0010
I N D I C E
Comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sugli indirizzi generali della politica del suo Dicastero
PRESIDENTE
BATTAGLIA Antonio
(AN)
DETTORI
(Mar-DL-U)
GIOVANELLI
(DS-U)
MANFREDI
(FI)
MATTEOLI,
ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
MONCADA
(CCD-CDU:BF)
MONTINO
(DS-U)
PONZO
(FI)
RIZZI
(FI)
TURRONI
(Verdi-U)
ZAPPACOSTA
(AN)
I lavori hanno inizio alle ore 14.15.
PROCEDURE INFORMATIVE
Comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sugli indirizzi generali della politica del suo Dicastero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sugli indirizzi generali della politica del suo Dicastero.
Comunico che, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l'attivazione dell'impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
È qui con noi il ministro Matteoli, intervenuto sulla base della nostra sollecitazione di due settimane fa, che illustrerà il programma di governo del suo Dicastero.
Do dunque la parola al Ministro.
MATTEOLI,
ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Ringrazio il Presidente e tutti voi per l'invito che mi avete rivolto.
È doveroso per un Ministro presentarsi alla Commissione di sua competenza per illustrare la relazione e il programma che intende attuare in questa legislatura.
Desidero ringraziare anche il sottosegretario Tortoli, che è qui con me a dimostrazione dell'importanza che attribuiamo alla Commissione e al Parlamento nel suo complesso.
Nell'assumere l'incarico di Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio devo purtroppo constatare che la situazione ambientale del nostro Paese è tutt'altro che soddisfacente. Assistiamo ad una crisi endemica nel settore dei rifiuti; la gestione dei servizi idrici non è soddisfacente né dal punto di vista della disponibilità della risorsa, né da quello della qualità, né - soprattutto - per quanto riguarda il settore della depurazione, dove siamo in forte ritardo anche rispetto alle prescrizioni comunitarie.
Solo per completare l'indice dei problemi più gravi, non possono essere omessi lo stato di grave dissesto idrogeologico che colpisce oltre l'80 per cento della superficie del nostro Paese, la qualità dell'aria spesso pessima e mai ottima delle nostre città, l'avanzare del processo di desertificazione in larga parte del Sud, lo stato di salute non certo brillante delle nostre coste, la presenza di porzioni significative del territorio ad alta concentrazione di inquinamento, e l'elenco potrebbe continuare ancora a lungo.
Stupisce che tale stato di cose venga riscontrato a valle di un periodo di tempo non trascurabile – sei anni, in politica e nell'amministrazione, sono un'era geologica – durante il quale ogni Governo in carica ha detto di voler assumere la difesa dell'ambiente tra i valori principali ai quali ispirare la sua azione. Evidentemente, però, ci sono modi diversi di concepire ed attuare una politica ambientale e ciò è tanto più naturale quando si consideri che preoccuparsi dell'ambiente significa nulla più e nulla meno che programmare il futuro, quindi fare politica. In questa attività è logico che ci si divida; anche l'eventuale condivisione di fini identici vede come naturale la divisione sulle tattiche e sulle vie migliori per raggiungerli.
Un'ultima considerazione di carattere generale. Posto che non possiamo non dirci ambientalisti, è tuttavia vero che l'essere ambientalisti può intendersi in almeno due modi diversi. C'è chi fa dipendere il suo ambientalismo dal battersi per l'invarianza del contesto e chi, invece, ponendo l'uomo al centro delle sue preoccupazioni e dei suoi interessi, attribuendo alla vita di ogni individuo il valore massimo tra quelli possibili, pone come fine ultimo delle preoccupazioni ambientali la conservazione e la qualità della vita umana.
Credo sia superfluo ricordare che la mia formazione, la mia collocazione politica, la mia cultura mi definiscono come ambientalista antropocentrico, così come sono ambientalisti antropocentrici questo Governo e questa maggioranza. Ciò significa che il nostro impegno dovrà coniugare le ragioni della tutela ambientale con quelle dello sviluppo economico, che nessuna logica immotivatamente pauperistica sarà affermata, che non diremo a nessuna comunità dai livelli di benessere e quindi dai consumi insoddisfacenti: "Accontentati, perché se vuoi crescere e stare meglio ciò potrebbe turbare le prospettive del nostro star bene".
Accettiamo la scommessa difficile insita nel volere più benessere e più produzione in un ambiente migliore: crediamo che ciò sia possibile e riteniamo di essere in grado di realizzarlo.
L'uso dei più aggiornati risultati della ricerca scientifica sarà il nostro strumento più potente. È tempo ormai, è gran tempo, di porre i risultati della migliore attività di ricerca alla base di ogni programmazione di interventi in campo ambientale. Partire dai dati resi disponibili dalla ricerca per definire i contorni di una situazione e di un problema, proseguire attraverso l'individuazione delle migliori tecnologie disponibili per risolvere quella situazione o quel problema e procedere attraverso la definizione di progetti coerenti che debbono infine essere validati dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche per dare finalmente luogo a programmi di attività: questo è il circolo virtuoso da avviare che rappresenta l'unico modello di comportamento atto a risolvere i gravi problemi ambientali del nostro Paese e della nostra epoca.
Desidero fin d'ora annunziare che fa parte del mio programma dotare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio di un apparato di risorse scientifiche di altissima qualificazione dal quale attingere suggerimenti, idee e proposte ed al quale sottoporre ipotesi di attività, progetti e programmi perché possano essere resi coerenti con le linee guida del mio Ministero.
Prima di entrare in qualche precisazione sul programma delle attività future, voglio esprimere ancora qualche considerazione di carattere generale. Un grave problema esiste oggi in Italia ed è quello della incredibile quantità di norme di ogni ordine e grado che nel nostro ordinamento contengono regole sull'ambiente. Qualcuno ha parlato di oltre 40.000 norme e forse non ha sbagliato di molto. Si parte dalla Costituzione (che di ambiente parla troppo poco), dalle direttive comunitarie (che non sempre ne parlano in maniera condivisibile), per scendere alle leggi formali e agli atti di pari efficacia (che di ambiente parlano troppo), alle leggi regionali (e si comincia ad esagerare) ed infine all'immensa massa di confusione della normazione secondaria e di grado inferiore nella quale, tra norme tecniche, circolari, regolamenti e decreti di vario genere e natura, diventa pressoché impossibile essere al corrente ed in regola da tutti i punti di vista.
Ricordo a me stesso, ma anche a qualcuno presente in questa Commissione oggi, come nel 1994, quando ebbi la ventura di ricoprire, seppure per pochi mesi, la carica di Ministro dell'ambiente, che un collega di allora, poi diventato Ministro dell'ambiente – mi riferisco al senatore Ronchi – disse (proprio in questa Commissione) che soltanto in materia di smaltimento dei rifiuti esistevano 915 norme. Eravamo nel 1994. Io ho compiuto una verifica: siamo nel 2001 e nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti le norme non sono diminuite, semmai sono aumentate. Pertanto, noi affermiamo che è necessario mettere mano a tutto questo e credo che ciò sia nell'interesse non soltanto del Ministero e del Parlamento, ma anche di tutti coloro che hanno a cuore la salvaguardia ambientale.
Da questo stato di cose consegue la sostanziale impossibilità per il cittadino o l'operatore economico medio di essere in regola. È sospetto che l'eccessiva quantità e l'esagerata complessità delle norme in essere possano esse stesse costituire uno stimolo alla violazione delle regole.
Occorre al più presto modificare questo stato di cose. Credo di avere avviato a soluzione questo problema presentando alla Presidenza del Consiglio dei ministri un disegno di legge contenente la delega al Governo per la formazione di uno o più testi unici in materia ambientale nei quali dovranno essere comprese, attraverso un accurato e qualificato processo di razionalizzazione e semplificazione, le norme, poche, chiare e coerenti, da applicare. Tali norme chiare e semplici dovranno poi essere scrupolosamente attuate e dar luogo ad una decisa attività repressiva. A vigilare su questo aspetto saranno un Nucleo operativo ecologico (NOE) dei carabinieri, del quale ci proponiamo un significativo potenziamento – in questi anni molto si è fatto per potenziare il NOE, ma qualcosa deve essere ancora fatto – ed il previsto arrivo nei quadri del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio di un contingente significativo del Corpo forestale dello Stato, la misura del quale è tuttora da definire. Basta pensare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per poter operare e per poter avere un minimo raccordo necessita di almeno di 1.700-1.800 agenti del Corpo forestale dello Stato. Nell’ambito dell’attività istituzionale, dopo la nascita di questo Governo, il NOE è già intervenuto in forze, agli ordini della magistratura inquirente, nel caso delle presunte violazioni di norme ambientali nei cantieri della TAV in provincia di Firenze ed il senso di responsabilità e l’immediata operatività delle strutture del Ministero ha consentito di fornire in tempi ristretti alla stessa magistratura indicazioni tecniche e precisazioni che hanno consentito, in condizioni nelle quali tutte le prescrizioni tecniche per garantire la massima sicurezza ambientale sono state definite o sono in corso di definizione, la rapida riapertura dei cantieri necessari a realizzare un’opera essenziale al processo di modernizzazione del Paese.
Altre iniziative normative già definite o in avanzatissimo stato di definizione saranno: la legge quadro per la tutela della fauna selvatica, già diramata ai Ministeri per le considerazioni del caso; una radicale revisione della disciplina che regola il recupero allo Stato dei danni ambientali prodotti da comportamenti irresponsabili o dolosi, caratterizzata da efficacia e tempestività; una legge che preveda l’organizzazione ed il finanziamento di una forte e penetrante campagna di comunicazione ambientale; una nuova legge quadro sul recupero di siti pregiati attualmente in stato di degrado o contaminazione ambientale; infine, il grande programma nazionale di stabilizzazione del territorio e di minimizzazione del rischio idrogeologico.
L’approvazione di questi disegni di legge, che voglio prevedere possibile entro i primi mesi del 2002, coniugata con la riorganizzazione prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 178, che peraltro potrebbe essere oggetto di qualche ritocco, e con qualche piccola operazione di razionalizzazione dello stesso decreto legislativo in relazione alla suddivisione delle competenze con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, consentirà al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio di svolgere appieno la sua funzione. Fatte queste considerazioni di carattere generale, è però poi opportuno entrare in qualche maggior dettaglio. E, se volete, cominciamo dai rifiuti.
L’eccessiva frantumazione del mercato, nel quale operano oggi migliaia di soggetti, troppo pochi dei quali significativi per dimensioni finanziarie e potenzialità tecniche, è una delle cause determinanti della complessiva inefficienza del sistema e delle infiltrazioni malavitose che vi si ritrovano numerose. La malavita del mondo dei rifiuti, in assenza di un serio processo di industrializzazione del settore, non si eliminerà mai. Pertanto, la nuova disciplina dei rifiuti dovrà prevedere la creazione di ambiti territoriali significativi (400.000/500.000 abitanti potrebbe essere la dimensione giusta) nei quali la presenza di un gestore unico, almeno dello smaltimento, garantirebbe le dimensioni industriali. Poiché non è pensabile che si possa arrivare a livelli inferiori ai 500 grammi al giorno di rifiuti prodotti per abitante, e fatti i debiti conti, la soluzione della termovalorizzazione con recupero energetico si pone come necessaria. Occorrerà superare, per renderla praticabile in tempi ragionevoli, gli impegni finanziari (e questo non è un problema, vista l’alta redditività delle attività del settore) e soprattutto le difficoltà di consenso provocate da chi mesta nel torbido, suscitando oscure ed irrazionali paure. La raccolta differenziata andrà incoraggiata, soprattutto in presenza di sicuri e documentati sbocchi di mercato per i prodotti che ne derivano: altrimenti costituisce un costo netto al quale non corrisponde alcun beneficio.
Il settore idrico dovrà anch’esso essere oggetto di alcuni interventi normativi - la legge 5 gennaio 1994, n. 36, bisognosa di alcune serie modifiche, così come il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e soprattutto la legge 18 maggio 1989, n. 183 - e di una sostanziosa iniezione di normalità gestionale. Non è pensabile che questo settore, ormai industrialmente e gestionalmente maturo in quasi tutti i Paesi avanzati del mondo, si trovi in Italia in condizioni di grave difficoltà, che caricano sui cittadini difficoltà e costi di gestione per lo più pessime perché sottodimensionate dal punto di vista tecnico e finanziario. La citata legge n. 36 va modificata semplificando procedure e dando certezze sui tempi: ma l’impianto è più che condivisibile. Ripeto, va attuata recuperando i colpevoli ritardi dei passati Governi e di molti enti locali, a partire dalle regioni a lungo inadempienti dal punto di vista legislativo, ma - ripeto - anche dai Governi passati che hanno immotivatamente ritardato l’emanazione dei regolamenti necessari a garantirne la funzionalità. Su questo punto, sono in grado di annunziare che il famigerato regolamento
ex
articolo 20 vedrà la luce nell’arco di alcune settimane, così come il Regolamento
ex
articolo 2, secondo comma.
Alle situazioni di scarsità della risorsa acqua, sempre più diffuse nel nostro Paese, potrà porsi rimedio attraverso l’attivazione di varie forme di intervento, che sicuramente dovranno prevedere una razionalizzazione dell’irrigazione, il riutilizzo generalizzato dei reflui adeguatamente depurati per uso agricolo, forme generalizzate di risparmio.
La politica delle aree protette fin qui seguita non è pienamente soddisfacente. A fronte di un notevole aumento della superficie protetta, sta una situazione di gestioni balbettanti o assolutamente assenti, di parchi istituiti o non costituiti, di scarsa efficacia delle attività. L’area complessivamente salvaguardata del nostro Paese deve ancora aumentare, ma molto di più deve aumentare l’efficacia operativa degli enti che la gestiscono. Naturalmente, ciò passa attraverso una garanzia del consenso delle popolazioni interessate, che può derivare esclusivamente dall’articolazione delle clausole di salvaguardia in relazione alla natura del territorio, alla sua destinazione, alle sue tradizioni, alle sue necessità.
Eventi verificatisi anche di recente dimostrano come il processo di valutazione di impatto ambientale sia radicalmente da rivedere. Occorrerà innanzi tutto spostarne la collocazione quanto più possibile a monte nel processo di organizzazione degli interventi, alla fase in cui si programma l’opera e se ne definiscono i contorni e gli obiettivi: l’aspetto ambientale dovrà entrare a far parte delle considerazioni complessive dalle quali si possa desumere l’utilità e la sostenibilità dell’opera dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. A tale anticipazione della valutazione strategica occorrerà stabilire dei contrappesi costituiti da un sistema di controlli puntuale e diffuso, in grado di verificare l’effettivo svolgimento dei lavori ed il rispetto delle regole e delle prescrizioni, naturalmente senza invadere il campo dei controlli che l’ordinamento riserva agli enti locali e ad altri soggetti di controllo.
Ciò avverrà sia potenziando, come già detto, il sistema dei controlli in campo, del quale la nuova APAT sarà parte integrante dopo la sistemazione delle inaccettabili pendenze in essere, e dopo la riorganizzazione dell’ANPA, ai sensi della legge 23 marzo 2001, n. 93, approvata dal precedente Parlamento che, prevedendone la trasformazione in vere e proprie agenzie alle dirette dipendenze del Ministro, ne fa uno strumento penetrante di effettuazione dei controlli ambientali. Sarà anche assicurata una partecipazione attiva e puntuale alle attività spaziali per il controllo ambientale in corso di organizzazione a livello nazionale ed europeo: su quest’ultimo fronte dovremo recuperare un ritardo significativo.
La qualità dell’aria di questo Paese resta insoddisfacente, e la cosa è tanto più grave in quanto si riverbera direttamente e drammaticamente sulla salute umana. Occorre intervenire col massimo di decisione per risolvere un problema che determina direttamente la morte di migliaia di persone ogni anno. Miglioreremo la qualità dell’aria delle nostre città e aree industriali organizzando un sistema di accordi con i soggetti economici che prevedano incentivi per i migliori comportamenti ambientali e sanzioni severe ed effettive per i trasgressori delle regole. In questa prospettiva mi aspetto un contributo determinante dal sistema delle certificazioni di qualità ambientale, in particolare dal sistema EMAS, potenziato e aggiornato anche a seguito dell’approvazione della nuova direttiva comunitaria.
Un’iniziativa apprezzata e condivisa, a valenza minima dal punto di vista della lotta all’inquinamento, ma significativa in termini di miglioramento della qualità della vita, verrà anche dal proseguimento delle domeniche a piedi, che potranno essere organizzate anche, a scelta dei comuni, attraverso scelte territorialmente articolate, che consentano un minor sacrificio in termini di mobilità. Un forte impulso all’organizzazione ed alla promozione del telelavoro, con le conseguenti diminuzioni di spostamenti fisici, potrà dare un consistente impulso al miglioramento della situazione del traffico e quindi dell’inquinamento urbano.
Gli obiettivi di Kyoto evidentemente trovano a questo punto la loro collocazione. La posizione del Governo sull’argomento è nota, e non voglio esporla ancora una volta. Posso solo confermare un giudizio già pronunziato, per il quale la ratifica di un accordo inefficace, quale sarebbe quello al quale rifiutassero la loro adesione alcuni tra i Paesi che producono la maggior quantità di emissioni, mi appare di difficile comprensione.
Ma le scommesse più grandi della mia gestione saranno il recupero di siti importanti ambientalmente devastati ed il dissesto idrogeologico.
L’Italia comprende alcuni siti di grande valore paesaggistico e di immenso potenziale turistico che sono stati sconciati da una corsa all’industrializzazione pesante che è facile oggi, ad aggancio con i Paesi più avanzati raggiunto, definire insana.
Occorre recuperare ad una fruizione più interessante per il sistema Paese tali siti: l’opera è immensa, ed il relativo fabbisogno finanziario è commisurato alla sua immensità. Non è pensabile che Priolo, Augusta, Brindisi, Taranto, Portici, Marghera, Conegliano siano bonificati, le industrie che vi sono ancora presenti delocalizzate, gli ammortizzatori sociali per coloro che vi operano attivati, i siti valorizzati, in assenza di una mobilitazione di capitali privati che copra sostanzialmente l’insieme delle necessità. I miei uffici stanno lavorando a qualche idea sui meccanismi da attivare.
La messa in sicurezza del territorio nazionale dal dissesto idrogeologico è una assoluta priorità nazionale. Stiamo spendendo una media di 7.000 miliardi di lire all’anno solo per gli interventi in emergenza resi necessari da eventi meteorologici catastrofici. E nel conto vanno considerati i molti morti che, ogni anno, tali eventi determinano.
Questa situazione non può e non deve continuare; è chiaro a tutti che una lira spesa in prevenzione fa risparmiare molte lire sull’emergenza: e la logica del mio Ministero deve diventare - "diventare", perché ad oggi non lo è mai stata -
proprio logica di prevenzione. Il territorio italiano va messo in sicurezza, ed è questo l’obiettivo di un programma pluriennale in corso di definizione che entrerà in funzione con l’inizio dell’anno prossimo, e che in dieci anni vedrà la completa messa in sicurezza del territorio italiano.
Merita attenzione un ultimo punto. Dobbiamo purtroppo constatare che alcuni aspetti delle problematiche ambientali sono stati affrontati con un bagaglio di conoscenze insufficiente dal punto di vista quantitativo e desolante da quello qualitativo. Lancerò quindi una sostanziale campagna pluriennale di comunicazione ambientale che durerà nel tempo alcuni anni e che punterà, in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione, soprattutto ai ragazzi delle scuole: l’educazione ambientale deve far parte del patrimonio formativo della gioventù italiana di oggi e di domani.
Ho rappresentato un programma di attività ambizioso: mi ha spinto a farlo la constatazione che la consistenza numerica e la compattezza politica della maggioranza sono premesse di lunga durata del Governo del quale faccio parte.
Il successo delle attività programmate sarà comunque condizionato dal livello di efficienza che raggiungerà la mia amministrazione e dalla collaborazione che riusciremo a stabilire. È una collaborazione che sono pienamente disposto ad offrire e che vi chiedo di garantirmi: insieme potremo fare cose buone per l'Italia.
Con il Parlamento intendo confrontarmi il più possibile; aspetto critiche ma anche suggerimenti da parte di tutti: non li dividerò, come ordine di importanza, in base alla parte politica che li avrà espressi.
La salvaguardia ambientale non è né di destra né di sinistra: è di tutti. Inoltre, siamo favoriti, questo sì, da una cresciuta coscienza ambientale nel Paese. Questa è l'occasione per approfittarne. Se lavoreremo in sintonia con la salvaguardia dell'ambiente potranno anche esservi critiche, dal momento che un Ministro ha l'obbligo di assumere delle decisioni e non ne ho mai visto uno che accontentasse tutti: se esistesse, probabilmente lo farebbero santo; personalmente non ho alcuna intenzione di diventare tale, sono convinto però che da un confronto costante con il Parlamento si possano raggiungere obiettivi importanti.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la relazione lunga e argomentata.
Dichiaro aperta la discussione.
Vorrei riferirmi inizialmente ad alcuni punti programmatici indicati dal Governo, ad esempio, al recupero dei siti che presentano una grande potenzialità turistica; basti pensare, signor Ministro, a Bagnoli e al litorale domizio.
Vi è poi l'ulteriore punto, molto importante, della messa in sicurezza del territorio. Oggi la mancata messa in sicurezza del territorio costa al nostro Paese ben 7.000 miliardi di lire all'anno per affrontare le emergenze.
Signor Ministro, ci è sembrato poi particolarmente interessante un altro punto della sua relazione: la razionalizzazione e semplificazione delle normative esistenti, quasi un disboscamento di una foresta caratterizzata spesso da contraddittorietà e irrazionalità legislative.
Una analoga riflessione va fatta circa la raccolta differenziata dei rifiuti, che deve essere incoraggiata laddove produce, in realtà, dei potenziali profitti per il futuro: mi riferisco alla raccolta differenziata ispirata a criteri di esercizio di impresa.
Richiamo poi l'adeguamento del settore idrico e l'aumento della superficie protetta, soprattutto in relazione alla necessità di assicurare a queste ultime una gestione manageriale e non occasionale.
Sono pertanto numerosi gli argomenti da affrontare; spero dunque che i colleghi vorranno partecipare alla discussione, ringraziando sin d'ora il Ministro per la sua disponibilità.
Invito infine i senatori a porre anche domande circa la vicenda TAV, dal momento che eravamo rimasti d'accordo che si sarebbe preso in esame anche tale argomento.
TURRONI
(Verdi-U)
. Signor Presidente, ringrazio in modo particolare il Ministro per l'ampia e dettagliata relazione che ha presentato, ricca di stimoli.
Il Ministro ha precisato di essere ambientalista-antropocentrico: l'antica colleganza che mi lega al Ministro mi fa sorridere, in quanto ha fatto precedere queste sue considerazioni da una serie di valutazioni che riguardavano il dissesto idrogeologico, le condizioni dell'acqua, dell'aria, e così via, come se non fossero stati - ma è soltanto una battuta - quei lazzaroni di uomini ad avere provocato tutto ciò. Mi scuso, comunque, per questa osservazione.
Molte delle considerazioni espresse dal Ministro sono condivisibili; alcune richiedono la formulazione di qualche domanda. Non intendo ad ogni modo fare commenti. Alcune considerazioni mi inducono a chiedere al Ministro un maggior coraggio. Quando egli, ad esempio, fa riferimento al Corpo forestale (in merito alla quale credo conosca la posizione dei Verdi, che sono contrari al trasferimento di tale corpo alle regioni), osservo che noi riteniamo che tale Corpo non solo vada mantenuto nella sua integrità e posto al servizio dell'ambiente, della natura, ma debba anche essere un corpo di polizia specializzato sul territorio, effettivamente in grado di controllare i reati ambientali che tutti sosteniamo voler combattere.
A mio giudizio non sono sufficienti 1.700-1.800 uomini per realizzare ciò, signor Ministro. Credo che un tale numero di uomini sia necessario per curare e svolgere attività all'interno dei parchi. Mi fa piacere, signor Ministro, il fatto che lei abbia fatto riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 178 (poi torneremo su questo punto) in quanto vi sono poi tutti gli altri compiti di polizia ambientale che richiama il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e che, a mio giudizio, impongono che per gli altri compiti il numero richiamato vada notevolmente rivisto. Pertanto sostengo e sosterrò qualsiasi politica (lo dico chiaro e tondo) atta a far sì che il corpo forestale dello Stato sia mantenuto nella sua integrità e sia attrezzato onde svolgere sul territorio questa sua funzione.
Vi è poi una seconda questione, signor Ministro, legata a quanto ho detto poc'anzi. Lei ha affermato che desidera rivedere il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 178, laddove esso ridisegna i compiti del Ministero dell'ambiente e la tutela del territorio, in parallelo, per così dire, a quelli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Nella scorsa legislatura, in qualità di relatore, in sede di Commissione ambiente della Camera dei deputati, avevo tentato di proporre un parere, proprio perché ritenevo fortemente squilibrato il peso dei due Ministeri, soprattutto in alcune materie (penso alle acque, al dissesto idrogeologico, ai provveditorati alle opere pubbliche, al Magistrato del Po, al Magistrato delle acque di Venezia) che sono attribuite in gran parte al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quando invece rappresentano, a mio avviso, strumenti essenziali per una corretta politica di gestione dei problemi idrogeologici. La divisione dei poteri tra i due Ministeri, a mio parere, è stata il risultato della sproporzione delle forze in campo nella scorsa legislatura, piuttosto che delle posizioni di merito.
Qualora vi fosse una discussione, inviterei a riguardare un pregevole lavoro che venne fatto dalla cosiddetta Commissione Cassese nel 1993 e che il Ministro credo ricordi perfettamente. In esso alcune questioni, soprattutto per quanto riguarda le acque, erano individuate con grande chiarezza. Mi riferisco, ad esempio, alla questione dell'abusivismo all'interno dei parchi, che riguarda il Ministro dell'ambiente; al riguardo, pochi giorni prima dello scioglimento della precedente legislatura, è stata istituita una Direzione
ad hoc
presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Personalmente ritengo che tale materia debba rientrare interamente nelle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Signor Ministro, le ho posto tali questioni poiché ritengo che su di esse si possa discutere, interloquire (ho presentato un disegno di legge in proposito) e poiché ritengo che sia importante tutto ciò che va nel senso di costruire un contrappeso rispetto ad un forte Ministero delle infrastrutture e dei trasporti presso un altrettanto forte e strutturato Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
A tal proposito, vorrei chiederle se ha già esaminato approfonditamente ciò che è stato proposto in questi giorni; mi riferisco, in particolare, all'articolo 2 dell'Atto Senato n. 373 ed agli articoli 1 e 2 dell'Atto Senato n. 374. Il primo si occupa e preoccupa di reati ambientali, a mio avviso - per così dire - con manica eccessivamente larga (per essere generosi, depenalizzati ed annullati anche per il futuro), mentre nel secondo provvedimento sono previsti doveri, oltre che compiti suoi molto precisi, a proposito del collocamento delle infrastrutture sul territorio e la valutazione di queste opere laddove esse confliggono col territorio e con i suoi elementi costitutivi. Tale questione deve meritare un po’ più di una delega, proprio là dove vi sono doveri oltre che compiti molto precisi. Signor Ministro, lei è così certo che la delega lì contenuta riguardi solamente la valutazione di impatto ambientale per le opere strategiche che verranno individuate di anno in anno e non sia piuttosto una delega che in nome di quelle opere riguarda tutte le opere in generale?
Condivido il suo punto di vista sulla valutazione di impatto ambientale, però aggiungo un elemento. Quando predisponemmo quel testo, che nella scorsa legislatura non venne approvato, i due presupposti erano i seguenti: si fa una valutazione sul progetto preliminare, ad esempio anche al fine della individuazione dei tracciati; quindi tutta la pubblica amministrazione, che è preposta a gestire vincoli o altri aspetti del genere, fornisce prescrizioni o indicazioni sul progetto che dovrà essere realizzato in modo che il proponente assicuri che l'opera non confliggerà con i problemi dell'ambiente, della natura e così via; soltanto alla fine, quando il progetto è stato effettivamente realizzato, chi detiene il potere a tal proposito, quindi il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, potrà confermare se effettivamente tutte le prescrizioni sono state osservate oppure no.
Signor Ministro, sulla base del progetto preliminare, che è molto sommario (ahimé, nella Merloni lo abbiamo svuotato di qualsiasi contenuto vero), gli uffici preposti potrebbero fornire indicazioni molto utili affinché il risultato finale sia positivo; tuttavia, chi si occupa della realizzazione dell'opera potrebbe non osservarle affatto. Alla fine, non avremo alcuna arma per poter dire che le prescrizioni non sono state osservate e che quindi il lavoro non può proseguire, giacché era stato precisato ciò che si doveva fare seguendo alcune indicazioni e volontariamente non lo si è fatto.
Il Presidente ci ha chiesto di porre delle domande sulla questione della TAV; abbiamo visto che in quel caso vi è stata un'insufficiente valutazione dei terreni da attraversare, che si pensava non consentissero la penetrazione dell'acqua e che poi si sono rivelati fratturati, con relativa intercettazione di falde. Ciò si sarebbe potuto evitare sulla base di un progetto ben fatto dal punto di vista tecnico. Evidentemente il progetto è stato invece molto "sommario", e ha causato un problema ambientale assai rilevante (come lei ha detto alla Camera, mi sembra si tratta di 650 litri che vengono drenati, cioè circa tre quarti di modulo, quasi una grande derivazione). Ci troviamo di fronte ad un problema che deve essere valutato da chi ne ha la competenza e riesce a fare da contrappeso all'esigenza di realizzare l'opera.
Questi aspetti possono essere valutati soltanto quando il progetto è ben fatto, quindi non può trattarsi solamente di un progetto preliminare. La seconda fase deve essere sicuramente posta in essere al livello di progetto definitivo, altrimenti ci potremo trovare di fronte ad inconvenienti che non siamo in grado di governare. Lei non ne avrebbe gli strumenti ed a ragione altri potrebbero decidere di andare avanti per la loro strada, poiché hanno ricevuto il nulla osta.
Signor Ministro, vorrei anche porle una domanda circa le riserve naturali di proprietà dello Stato; in alcuni casi sono molto piccole, si tratta però di veri e propri gioielli che tutelano una biodiversità di cui il nostro Paese è ricchissimo, il più ricco di tutta l'Europa. Soltanto la loro gestione può essere affidata a terzi (alle regioni, ad associazioni e così via), tuttavia in passato abbiamo assistito addirittura a tentativi di trasferimento di queste riserve ad altri soggetti.
Noi non conosciamo il suo avviso a tale proposito. Si tratta di punti molto importanti del nostro territorio, ricchi perché ben gestiti fino ad oggi e vorremmo quindi conoscere il suo orientamento.
Sulle altre questioni (legge quadro sulle bonifiche, rischio idrogeologico, recupero dei siti degradati e così via) esamineremo i progetti di legge che verranno presentati. A proposito del rischio idrogeologico e soprattutto del testo unico, il mio Gruppo ha già presentato provvedimenti; ci confronteremo nel merito con tutta la disponibilità ad essere costruttivi, perché anch'io - come lei - credo che vi possano essere grandi vantaggi economici se riusciamo a far sì che non vengano minacciati i beni fondamentali, ma soprattutto se riusciamo a trarre benefici da un loro corretto utilizzo. Tutto questo ci stimola e saremo pertanto pronti a confrontarci.
Infine, signor Ministro, con riferimento ai parchi, ci sono realtà che hanno operato ed operano positivamente ed attendono una qualche indicazione a proposito dei fondi a loro disposizione. Sappiamo che vi sono altre realtà che invece di questi soldi fanno uno scarso impiego, tant'è vero che vi sono ingenti residui che giacciono non utilizzati.
Ebbene, a questo proposito, ci eravamo sforzati negli anni passati a definire maggiormente i criteri per l'utilizzazione delle risorse. I criteri devono privilegiare le gestioni "buone" perché come lei sottolineava, signor Ministro, c'è chi gestisce bene le risorse, mentre ci sono gestioni "balbettanti"; dobbiamo cercare di favorire, stimolare e far diventare virtuoso il processo di buon impiego del denaro, e i risultati, soprattutto - perché non è sufficiente impiegare i soldi - anche in termini di visite, di presenze, di attività che si realizzano. Cerchiamo, insomma, di privilegiare e di incentivare chi può stimolare anche quelli che non adottano un comportamento fattivo.
Vorrei affrontare un ultimo punto, e mi scuso se mi sono dilungato, ma - i colleghi lo sanno - la materia mi appassiona molto. Ho appreso dalla stampa talune dichiarazioni di un suo collega a proposito del carcere di Pianosa, situato nella sua regione, e dell'Asinara. Entrambe fanno parte di due parchi: il Parco delle Isole toscane e dell'Asinara. A tale proposito vorrei sapere se si tratta di considerazioni del Ministro della giustizia legate ad una preoccupazione relativa al numero molto rilevante di detenuti, per cui, preso dallo sgomento, ha pensato di riattivare quelle due carceri, oppure se non ci sia qualcosa di più di una riflessione dell'amico Castelli, perché si tratta di due parchi previsti specificamente da una legge. Abbiamo deciso di seguire questa strada. Io non ero molto d'accordo, per la verità, ma visto che l'abbiamo imboccata, andiamo avanti e cerchiamo di ottenere quei benefici a cui lei si riferiva.
PRESIDENTE. A proposito delle osservazioni del senatore Turroni sulla TAV, vorrei porre una domanda.
MATTEOLI,
ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
. Mi scusi se la interrompo, signor Presidente, ma voglio informare che mi sono permesso di portare con me - e posso lasciare a disposizione della Commissione - sia una relazione sintetica che hanno predisposto i tecnici del Ministero da me inviati, sia il resoconto di ciò che ho detto in Commissione alla Camera, al fine di evitare di dilungarmi troppo, al riguardo, in questa sede. Sono altresì disponibile a ritornare in questa sede per confrontarmi con voi.
PRESIDENTE. Faremo distribuire la relazione a tutti i componenti della Commissione.
Come ho anticipato, signor Ministro, volevo porle una questione. Come lei sa, le prescrizioni dei lavori in sotterraneo per quanto riguarda la TAV furono concordate con l'Osservatorio ambientale. Lo stesso Osservatorio ambientale, poi, svolgeva funzioni di controllo su quegli stessi lavori. Ora, le contestazioni che ne sono derivate riguardavano soprattutto i materiali di risulta inquinati dagli olii disarmanti e l'interferenza con le falde. L'Osservatorio ambientale ha svolto o no questo lavoro di controllo sui cantieri? È una domanda che abbiamo formulato altresì al ministro Lunardi, però l'Osservatorio ambientale rientra nelle competenze del Ministro dell'ambiente.
MONCADA
(CCD-CDU:BF)
. Ho molto apprezzato, signor Ministro, il tono e la pacatezza della sua relazione; soprattutto ho apprezzato quanto lei ha detto in premessa, dichiarandosi "antropocentrista". Capisco che ciò possa far sorridere qualcuno, ma sono convinto che qualunque programma serio non possa non richiamarsi a dei princìpi etici, o comunque ad un complesso di valori che guidano i comportamenti. La sua dichiarazione iniziale, che ho molto apprezzato, mi ha trovato assolutamente consenziente. Questo significa dare un'impostazione diversa alla politica ambientale, non porre l'individuo sull'altare, ma - al contrario - renderlo responsabile del rispetto dei suoi simili e dell'ambiente. D'altro canto, un ambientalismo serio e responsabile non può pregiudicare la possibilità di progettare il futuro. Questa sua impostazione mi pare, ripeto, assolutamente corretta.
Il secondo aspetto che ho molto apprezzato, forse per deformazione professionale, provenendo dal mondo della ricerca, è la valorizzazione dell'approccio scientifico. Io non so, signor Ministro, quali possibilità avrà il suo Ministero, ma non dimentichi che in Italia esistono ricercatori di primissimo piano che sono stati fino ad oggi mortificati e che ci sono enti di ricerca di livello internazionale ancora allo sbando e non riordinati. Capisco che la materia non è di sua stretta competenza, ma la sua autorità sicuramente potrà intervenire al riguardo.
C'è una terza sottolineatura che ho apprezzato molto nel suo intervento; mi riferisco alla semplificazione della normativa. Qualcuno addirittura ha parlato di "inquinamento legislativo", ed ha ragione.
Esistono poi alcuni aspetti che forse sono sottovalutati. Mi sono voluto rileggere, per esempio, le indicazioni che nel 1985 la CEE aveva dato sulla valutazione di impatto ambientale. La VIA era stata concepita in un modo molto interessante, un po' quello che noi abbiamo inteso nell'elaborare la legge sul risparmio energetico. Secondo la mentalità europea, la valutazione di impatto ambientale doveva far parte del progetto. Così come il progettista si deve preoccupare di dimostrare, mediante progetti strutturali adeguati, che le opere non crolleranno e che il fabbisogno energetico non sarà esagerato, dovrebbe preoccuparsi di dimostrare, fornendo anche delle alternative, che il suo progetto non guasterà l'ambiente. Questo se ho ben capito - e la pregherei eventualmente di smentirmi - era lo spirito iniziale. Purtroppo è diventato uno strumento di controllo che è servito invece a qualcuno, dopo anni, per modificare una presa d'acqua, cambiare trenta metri di una strada e bloccare le opere a tempo indefinito. Ciò non è possibile. A tale proposito non sono d'accordo con l'opinione del collega Turroni, così come su altri aspetti. Se un progetto di fattibilità è assolutamente completo potrebbe comprendere la VIA; potrebbe ricevere l'approvazione di una commissione in tempi rapidi, con suggerimenti da recepire in un progetto definitivo. Questo, senatore Turroni, a mio avviso è il modo di procedere.
Il problema della normativa, quindi, è molto importante, anche perché, a mio avviso, se lei accetta il principio antropocentrico probabilmente ottiene maggiore vantaggio da norme prestazionali piuttosto che da norme prescrittive, da norme che inducano a fare bene, che inducano l'industria ad operare bene piuttosto che a punire l'individuo.
Per realizzare tutto ciò ci vorranno degli strumenti fiscali, favorevoli oppure disincentivanti; penso, per esempio (proposta che credo sia già in discussione), all'internazionalizzazione dei costi esterni. Sono tutti argomenti che certamente lei avrà ben presenti.
Da ultimo, volevo esporle tre considerazioni. In primo luogo, è ottima la comunicazione ambientale, però la gente è stanca di notizie
scoop
. La gente viene messa in allarme, ma ciò comporta un pericolo grave perché dopo l'allarmismo subentra l'abitudine, che è ancora peggiore dell'allarmismo. Così, all'inizio non si mangia la bistecca ai ferri, però dopo si mangiano anche gli scarti perché la gente è stufa di sentirsi dire che se beve l'acqua beve l'arsenico, se mangia il pesce mangia il mercurio, se mangia la carne succede qualche altra cosa. A questo punto la gente dice: non mi interessa, devo mangiare, mangio quello che mi capita.
Secondo punto. Lei ha parlato di malavita nella gestione dei rifiuti; la pregherei di tenere presenti - sono pronto a fare nomi e cognomi, non in questa sede, ma sono pronto a discuterne con lei quando crederà - le
lobby
ambientaliste, che non sono i Verdi ma le grandi industrie. Ricordi, signor Ministro, quello che è successo e sta succedendo per i gas frigorigeni: stranamente i più grandi avversari dei prodotti idroclorofluorati usati nelle macchine frigorifere - che determinano, come tutti sanno, il buco nell'ozono - sono le ditte multinazionali che fino a poco tempo fa li producevano. Adesso non li producono più, producono prodotti alternativi e sono diventati feroci, più accaniti di me, nel contrastare i vecchi gas frigorigeni. E allora, bisogna stare molto attenti, perché dietro l'ambiente vi sono grossi interessi.
Da ultimo, signor Ministro, una raccomandazione che, non so perché, non viene accolta quasi da nessuno.
Io mi sono occupato di ambiente: ebbene, è impossibile occuparsi di ambiente senza occuparsi di energia. E' impossibile, sono pronto a dimostrarlo come posso, adottare un piano ambientale che non sia in sintonia con un piano energetico. L'esempio più banale che mi viene in mente è la dichiarazione del presidente Bush sulla trivellazione dei pozzi per il petrolio in Alaska: non si potrà certo dire che ciò non coinvolge i problemi ambientali dell'Alaska, senza voler emettere giudizi.
Queste sono le considerazioni che mi sentivo di formularle, insieme naturalmente agli auguri di buon lavoro.
DETTORI
(Mar-DL-U)
. Ringrazio il signor Ministro per la sua partecipazione e anche per ciò che ha dichiarato, soprattutto in relazione al fatto che l'ambiente, se Dio vuole, non dovrebbe essere patrimonio della destra, del centro o della sinistra, ma patrimonio di tutti. Credo che sia un'impostazione condivisibile e speriamo che la Commissione lavori in questa direzione.
Le faccio i miei migliori auguri, perché lei guida un Ministero che non ha molti amici e che non si fa molti amici, per cui lei ha necessità più di altri di essere sostenuto. E' chiaro, infatti, mi sembra di capire dall'inizio di questa legislatura, che vi saranno molti che cercheranno di prevaricare l'ambiente; lei dovrà salvaguardare con noi questa risorsa, e con molta attenzione.
Vorrei rivolgerle alcune domande e fare alcune considerazioni. In primo luogo, oggi stiamo vivendo una realtà straordinaria, perché se nel passato il tema dell'ambiente si trattava in ambito salottiero e chi si dedicava all'ambiente lo faceva con la voglia di esporre i propri giudizi culturali, oggi ci siamo accorti che l'ambiente riguarda non solo i salotti, ma soprattutto la salute dell'uomo. Di fatto ci troviamo oggi a dover pensare in maniera "verde" non perché vogliamo essere verdi, ma perché ci si sta rendendo conto che diventando sempre più piccoli gli spazi dove si può dire che la qualità della vita sia veramente accettabile. Non parliamo dei centri urbani, ma non parliamo neanche delle grandi intraprese: dobbiamo considerare solo il territorio così come noi lo stiamo utilizzando.
In secondo luogo, la società di oggi ha a che fare con i rifiuti; la grande scommessa è quella di riuscire a gestire in maniera intelligente la grande mole di rifiuti che la nostra società, portata sempre alla valorizzazione dello stare meglio, e sempre meglio, produce.
Signor Ministro, ho concluso da poco un'esperienza in Africa, dove sono stato sei mesi. Ebbene, in questi sei mesi credo che la mia casa (eravamo in cinque ad abitarla) abbia prodotto, non voglio esagerare, forse 50 chilogrammi di rifiuti. E' uno degli aspetti che si nota di più: non c'è spazzatura in Africa, sono pronto a verificarlo con voi, perché evidentemente c'è un modo di vivere che è ancora quello del passato; probabilmente in quella società - cosiddetta non civile, perché è indietro nel progresso - si segue un modo di vivere in cui la qualità della vita ha ancora per certi aspetti un livello tra i più elevati. Quando si parla di Africa si pensa a tutto il continente nero, ma in effetti io sto parlando di una precisa località: sono stato ad Asmara, una città italiana negli anni del passato.
I rifiuti - che noi abbiamo catalogato in gassosi, liquidi e solidi - presentano caratteristiche diverse e soprattutto problematiche diverse per il loro smaltimento. Ricordo che l'Italia ha scoperto l'ambiente il giorno in cui in televisione ci hanno fatto vedere la nave "Karen B". Finché non si è protestato, finché lo zio del terreno accanto non ha protestato perché si lanciava il sacchetto di spazzatura nel suo orticello, noi non abbiamo considerato l'ambiente; quando questo zio ha rimandato il sacchetto della spazzatura nella parte da cui proveniva, allora abbiamo iniziato a capire che ciascuna società deve imparare a gestire e a consumare la grande produzione di rifiuti. Sappiamo inoltre che c'è il trasferimento di questi rifiuti, lo sappiamo tutti: per esempio, la Sardegna è stata utilizzata spesso come ambito territoriale nel quale portare la spazzatura e lo è ancora oggi. Ebbene, credo che questa dimensione dei rifiuti sia una problematica che il Ministro dell'ambiente deve tenere ben presente, perché rappresenta uno dei cardini che qualificano l'attività di un Governo.
Un secondo cardine è rappresentato dall'uso del territorio, innanzitutto in ordine alla sopravvivenza che, a seconda di come viene portato avanti, può portare alla desertificazione ovvero, diciamo meglio, ad una accelerazione della velocità del degrado. E allora, cosa può fare un Ministro dell'ambiente? Attraverso leggi, e non attraverso 40.000 disposizioni, deve tentare di far sì che nell'esercizio delle sue attività l'uomo rallenti il processo di degrado dell'ambiente, perché credo che sia impossibile eliminarlo. Abbiamo, per esempio, il problema dell'intrusione delle acque marine; è un grossissimo problema presente in tante realtà nazionali dal momento che l'Italia ha una conformità geologica e morfologica particolare. Vi è, inoltre, il problema delle cave, sia a cielo aperto che sotterranee, perché tutti i materiali di risulta spesso vengono portati altrove creando ambiti spesso desertici.
Così pure possiamo dire che l'uso indiscriminato del territorio è spesso un saccheggio della vita, sia animale che vegetale, a seconda di come viene perpetrato.
Il terzo aspetto riguarda le calamità e l'Italia è uno dei Paesi che deve garantirsi dalle calamità, non solo da quelle naturali di tipo idrologico e idrogeologico, ma anche da quelle causate dalla mano umana, ad esempio gli incendi. Chi li ha vissuti e li conosce sa che si tratta di uno dei fenomeni sui quali è opportuno intervenire, non solo in termini educativi e di prevenzione, ma in maniera dura dal momento che si mandano in fumo ingenti risorse nazionali.
Chiudo con un appello all'uso delle tecnologie al servizio dell'ambiente. Le tecnologie hanno fatto molta strada e ritengo che attraverso il monitoraggio di indicatori si possa creare nel Paese una rete in grado di garantire in tempo reale la conoscenza della qualità o comunque delle variazioni presenti in un certo ambito. Credo che un Paese moderno possa permettersi di realizzare un simile progetto anche senza investire grandi risorse.
Concludo il mio intervento facendo riferimento a ciò che oggi è stato riportato sulla stampa in relazione al parco dell'Asinara. Preannuncio, signor Ministro, che sull'argomento presenterò un'interpellanza alla quale lei potrà rispondere in Aula. Il sistema parchi, in particolare in Sardegna, è una realtà nazionale alla quale noi sardi guardiamo con molto interesse. Investire nell'ambiente non è una scelta salottiera, bensì una scelta strategica. Di conseguenza, non è possibile considerare lo spazio dell'Asinara a volte come un parco, altre volte come un carcere. L'intervista rilasciata dal ministro Castelli al quotidiano "Il Messaggero" ha creato un po’ di sconforto. Ci auguriamo, signor Ministro, che lei voglia essere il primo amico della Sardegna dal punto di vista ambientale. Lo aspettiamo con ansia.
RIZZI
(FI)
. La ringrazio, signor Ministro, per la sua relazione puntuale e precisa nella quale ha affrontato i problemi di carattere ambientale più importanti e più gravi, per i quali ci impegniamo tutti a trovare una soluzione. Mi limiterò a porle solo tre brevissime domande.
Lei ha parlato della qualità dell'aria, che è pessima, e le chiediamo cosa intende fare in proposito. Sappiamo che esiste la certificazione EMAS, ma essa non è obbligatoria, è facoltativa, né possiamo renderla obbligatoria. Bisognerà trovare una forma, una modalità per cui tutti si adeguino al concetto di rispetto dell'ambiente e delle popolazioni che occupano un dato territorio. E' chiaro, infatti, che se fuori di qui c'è una raffineria, noi respiriamo un'aria completamente diversa da quella che si respira in campagna. Si tratta di un controllo che va fatto e anche in maniera rigorosa perché la salute della gente è l'aspetto più importante che dobbiamo cercare di salvaguardare.
Lei ha parlato, inoltre, di un apparato da cui attingere idee e proposte. Non sono riuscito, però, ad afferrare il meccanismo attraverso il quale il Ministero intende realizzarlo e come queste proposte dovrebbero giungere al Ministero, da parte di chi, con quale forma di pubblicità. Bisogna sottolineare questi aspetti affinché tutti si rendano garanti dell'informazione.
L'ultima domanda riguarda la riduzione delle leggi: vorrei sapere se ha un programma a questo riguardo e se ha stabilito i tempi per realizzare tale obiettivo.
GIOVANELLI
(DS-U).
Ringrazio il Ministro e il sottosegretario Tortoli per la loro presenza e per il tono usato nell'esposizione che indicano una volontà di confronto con il Parlamento che - sono certo - sarà importante per svolgere bene sia il ruolo dell'opposizione sia quello di Governo.
Non voglio assolutamente concedere nulla alle cortesie formali. Dico solo che trovo misurato, anche se non completamente condivisibile, il giudizio del Ministro sul
deficit
ambientale tuttora esistente nel nostro Paese. Trovo tali da suggerire un'impegnativa interlocuzione gli impegni assunti, che lei ci ha indicato nel poco tempo a disposizione. Infine, le sue affermazioni di principio in materia di parchi, di VIA, di rifiuti, di acqua sono sostanzialmente condivisibili anche se, naturalmente, richiedono qualche approfondimento. In materia di parchi, ad esempio, vanno fatti passi in avanti sul consenso; la VIA più che una procedura interdittiva dovrebbe essere anzitutto una procedura informativa; la raccolta di rifiuti differenziata è un valore aggiunto se c'è una capacità di utilizzo; sul rifiuto e sul recupero dei siti inquinati si dovrebbe investire in un rapporto più efficace tra pubblico e privato. Tutti questi aspetti, a mio giudizio, potranno essere oggetto di un confronto costruttivo.
Ho notato alcuni silenzi, che non voglio interpretare in altra maniera che come silenzi, a cominciare dall'inquinamento elettromagnetico. Prendo per buone le dichiarazioni rese alla stampa, sottolineando però che lei non deve credere, così come non devono credere gli oppositori di quella legge quadro, che nel sonno e nell'insabbiamento di quella legge si risolvono i problemi esistenti: ci sarebbero solo soluzioni puntiformi e confuse, regione per regione, provincia per provincia, comune per comune. Quella legge conteneva un'assunzione di responsabilità dello Stato anche relativamente all'armonizzazione di una gestione normativa molto difficile e alla riduzione di un contenzioso diffusissimo. La Confindustria – che è molto ascoltata dal suo Governo, qualche volta anche troppo – al riguardo fa qualche osservazione che pure io comprendo; anche un'interpretazione da quel versante richiede tuttavia che la materia venga affrontata e che il Governo assuma la responsabilità che gli è stata consegnata dal Parlamento.
Ho notato, inoltre, un silenzio sull'Agenzia nazionale di protezione dell'ambiente e sulle ARPA. Non attribuisco un significato particolare a quel silenzio ma l'elemento principale per il controllo ambientale è rappresentato dalle centinaia di operatori delle agenzie regionali di protezione dell'ambiente, in cui le competenze tecnico-scientifiche si alimentano sul campo. Credo che il valore di queste strutture, che ho sempre sostenuto anche quando il segno politico del Governo era un altro, stia nella terzietà e nella relativa autonomia rispetto alla politica. Non a caso, ad esempio, l'ARPA della Lombardia è entrata in crisi nel rapporto con il Ministero, con la struttura burocratica. Il sistema dei controlli ambientali è un po’ come il sistema sanitario: deve rispondere agli indirizzi della politica, ma deve rispondere anche ai criteri che hanno una durata maggiore rispetto alle maggioranze temporaneamente (per poco o per molto tempo) al Governo.
Sempre telegraficamente, vorrei fare un'osservazione in merito alla questione dei testi unici. So che questo è un tema caro a molti, in particolare all'Istituto per l'ambiente, l'ufficio studi ambientali della Confindustria. Piacerebbe anche a me - ma ritengo del tutto illusoria l'idea - redigere tranquillamente un testo unico delle leggi in tema ambientale; l'ho scritto anche nella prefazione ad un codice, che è molto ampio, e se qualcuno pensa di poter elaborare un testo unico si accomodi pure.
La velocità di produzione della legislazione ambientale è tale che il testo unico diventa non unico immediatamente dopo la sua emanazione; lo dimostra il fatto che il Governo sta vanificando il testo unico in materia di edilizia appena adottato, che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2002, e lo sta facendo con una norma che dovrebbe anticipare l'applicazione della legislazione ma che in realtà riapre interamente la questione.
Produciamo norme ambientali a getto continuo anche per ragioni oggettive; infatti, la materia è in continua evoluzione e sotto forte
stress
sociale e politico. Il tempo dei testi unici era quello degli anni '30 e '40; ricordo che un testo unico in materia di acque è rimasto in vigore per otto anni.
Giustamente lei, signor Ministro, ha annunciato innovazioni della legge n. 183 del 1989 e della legge n. 36 del 1994, così come ha anticipato l'avvio di correzioni anche in materia di caccia. Sono d'accordo sulla necessità di una semplificazione normativa che investa in particolare – come lei ha giustamente dichiarato – la legislazione secondaria, quella tecnica, che effettivamente crea non poche difficoltà. Si chiedono continuamente deleghe al Parlamento e la stessa normativa europea ci costringe a continui inseguimenti. I testi unici si rivelano di conseguenza delle pie illusioni.
E' necessario però fare chiarezza. Perseguiamo la semplificazione normativa ma, francamente, la redazione di un testo unico sull'ambiente è un'illusione dell'ufficio studi ambientali della Confindustria, che da un lato parla di un testo unico e dall'altro – a tale proposito, signor Ministro, io critico il suo silenzio – gradisce la sanatoria ambientale prevista nell'articolo 2 della cosiddetta legge Tremonti, che mette in mora tutto il sistema sanzionatorio penale della legislazione ambientale italiana, riguardando sia i delitti che le contravvenzioni. Se dobbiamo ricondurre il rispetto dell'ambiente alla via giudiziaria ci troviamo in cattive acque, ma non è nemmeno opportuno cancellare la tutela giudiziaria dell'ambiente. Vorrei ricordare che la magistratura non è affatto quel corpo algido e oggettivo che si pensa, in quanto esiste una magistratura specializzata, dedicata specificamente al tema. Non voglio ripetere ciò che ho già detto in altre sedi ma non avevo mai visto prima una sanatoria del genere anche perché è a tempo indeterminato, per il futuro, senza distinzione di categorie di reato.
I suoi annunci, signor Ministro, non possono essere convincenti. Anche se attivare procedimenti e comminare sanzioni penali non rientra perfettamente nel suo mestiere, è necessario comunque proseguire pure su questa via, nonostante la scarsa efficacia degli stessi procedimenti penali che giungono al termine in un numero limitato di casi. Non è opportuno smantellare l'intera deterrenza della tutela penale in materia di ambiente; anche se io stesso ho sostenuto in passato la necessità di ridurre notevolmente la copertura penale, non è nemmeno possibile metterla in crisi in questo modo. Bisogna intervenire, altrimenti ci sarà un primo durissimo scontro, signor Ministro, e noi dovremo condurre, nelle forme parlamentari che ci sono consentite, la battaglia contro la messa in mora della legislazione di tutela ambientale già in vigore.
Vi sono poi provvedimenti relativi all'istituzione di nuovi parchi, come quello dell'Appennino tosco-emiliano, e provvedimenti di attuazione della norma sullo sviluppo sostenibile contenuta nella legge finanziaria per l'anno in corso. Vorrei che lei, signor Ministro, ci facesse conoscere i suoi orientamenti in merito. Mi sembra di aver compreso la sua politica in merito all'istituzione dei parchi e non credo che le nostre posizioni siano particolarmente distanti. In merito invece alla questione dello sviluppo sostenibile ho ascoltato i suoi accenni agli accordi di Kyoto. Signor Ministro, il cuore delle moderne politiche ambientali è l'intersettorialità e il sesto programma di azione dell'Unione europea impegna il nostro Paese. Lei non ne ha parlato. Il fulcro di quel programma è proprio l'intersettorialità delle politiche ambientali, la loro permeabilità alle altre politiche settoriali.
Lei è un Ministro del G8 e i ministri del G8 si sono incontrati a Trieste e hanno assunto degli impegni. Cosa pensa di quegli impegni? Ha accennato all'accordo di Kyoto e concordo con lei quando sostiene che la parola "Kyoto" oggi può rappresentare anche un omaggio formale ad un feticcio. Per la verità, non si tratta di un feticcio anche se tutti sappiamo che quell'accordo, dopo la posizione assunta dagli Stati Uniti anche prima dell'avvento di Bush alla Presidenza, dal Giappone e dall'Australia e, in ogni caso, in presenza dei problemi attuali, di per sé, come atto convenzionale internazionale, non è significativo per la soluzione della grande questione della sostenibilità rispetto all'effetto serra, ammesso che tale problema sia dominabile dagli uomini e che gli uomini siano in grado di intervenire su di esso in maniera seria. Comprendo i dubbi in materia ma questo non autorizza un disimpegno.
Mi consenta l'espressione "applicazione unilaterale degli accordi di Kyoto". La politica ambientale di questo Paese, un Paese del G8, non finisce entro i confini dell'Italia perché l'Africa, i Paesi del Mediterraneo e gran parte degli Stati in via di sviluppo dipendono per la loro crescita futura da scambi di tecnologie e di
know how
e gli Stati dell'Unione europea hanno un ruolo
leader
in tal senso. Ritengo che anche questo aspetto debba far parte dell'orizzonte politico del Ministero.
Esistono alcune politiche ambientali, cosiddette di terza generazione, di particolare importanza. Lei ha citato l'EMAS ma le ricordo anche l'Agenda 21 e la contabilità ambientale, che rappresentano le politiche orizzontali che fanno informazione, definiscono responsabilità e promuovono concertazioni; non prevedono sanzioni penali ma sono impegnative. Ricordo anche il riferimento, nell'ambito della legge finanziaria per il 2001, al Fondo per lo sviluppo sostenibile. Presso il Ministero dell'ambiente, infine, è stato pubblicato un bando al quale hanno fatto riferimento ben 700 amministrazioni locali italiane al fine di sviluppare politiche ambientali di questo rango.
In merito a tutto ciò vorrei conoscere l'orientamento del Ministero, con particolare attenzione alle politiche dello sviluppo sostenibile, alle politiche orizzontali che superano la pura difesa e tutela dell'ambiente nell'ambito delle amministrazioni di competenza investendo altre dimensioni: l'energia, l'industria, il fisco, il commercio interno ed estero, la ricerca, l'agricoltura.
ZAPPACOSTA (
AN
). Saluto con viva cordialità il ministro Matteoli e non posso non esprimere soddisfazione per il suo esordio che segna finalmente un passaggio importante.
L'Italia non è suddita del Paese più importante del G8, tant'è che la maggioranza e il Governo hanno dichiarato che gli accordi di Kyoto non si toccano. Significativo in tal senso è lo stesso passaggio relativo all'atteggiamento complessivo che il Governo, e il Ministero dell'ambiente in particolare, avrà nei confronti dell'ambiente e delle grandi questioni che confliggono con una politica di tutela, di salvaguardia e di promozione dell'ambiente.
Detto ciò, mi rendo conto che i nostri interventi debbano essere contenuti nei tempi dovuti, ma questioni come quelle oggi al nostro esame ultimamente hanno scomodato studiosi di fama mondiale, come il professor Zuliasis, un prete ortodosso che insegna teologia a Cambridge, o i filosofi buddisti, che ultimamente hanno esordito con un atteggiamento diverso dal punto di vista ambientale. Come tutti sappiamo, i problemi ambientali non hanno confini territoriali e non fanno differenza di ceto sociale o di realtà economica.
In questo lasso di tempo, approssimandosi l’ingresso nell'Unione europea dei Paesi dell’Est, credo che dobbiamo farci carico di un atteggiamento di riflessione, reclamando la conoscenza delle condizioni dell’ambiente nei Paesi dell’Est e dell’ex blocco sovietico. In quelle aree vastissime, le condizioni ambientali sono tali da poter forse avere ripercussioni a livello più vasto; la loro conoscenza va quindi reclamata, sempre all’interno di una visione corretta dei rapporti di tipo
bipartisan
, senza mettere sul banco degli imputati l’uno o l’altro sistema.
Signor Ministro, lei ha toccato argomenti estremamente importanti. Alla fine della discussione odierna vorrei che emergesse la nostra posizione sulla questione dei rifiuti che, come è già stato detto, è fondamentale in quanto coinvolge tutto il nostro Paese e, in particolare, il Mezzogiorno. Esiste, infatti, nel Mezzogiorno d’Italia, una commistione tra criminalità e gestione dei rifiuti.
Qualche tempo fa, con una delegazione italiana, ho visitato uno dei più grandi sistemi di termovalorizzazione dei rifiuti nelle vicinanze di Monaco di Baviera e in quella occasione ho parlato con i tecnici tedeschi che tentano di introdurre nuovi sistemi, ai quali solo l’Italia fino ad oggi ha rinunciato. Gli inceneritori di vecchia generazione non esistono più: tutti i Paesi europei più evoluti, anche di estrazione socialdemocratica, utilizzano nuovi sistemi. Gli stessi tecnici mi hanno riferito i loro tentativi di introdurre queste tecnologie in Italia, attraverso un piano di investimenti e di promozione, ma mi hanno anche detto esplicitamente che non se la sentono di andare più a sud del Tronto, oltre le Marche, proprio a causa del forte connubio tra criminalità e gestione dei rifiuti.
Ma c’è un altro aspetto da non sottovalutare. Non procedendo a una raccolta differenziata dei rifiuti, causiamo un inquinamento capillare del territorio attraverso le discariche che, anche nell’ipotesi che siano completamente controllate nell'arco del tempo, in una società nella quale oggi non esiste una politica domestica della gestione del rifiuto, rischiano di contaminare territori pregevoli dal punto di vista ambientale e paesaggistico.
Nel programma illustratoci dal Ministro ho comunque ravvisato il riferimento a tali aspetti che riteniamo importanti.
Desidero sottolineare con particolare favore il passaggio sul dissesto idrogeologico che in Italia sta emergendo in maniera esplosiva poiché abbiamo accumulato enormi ritardi, relativamente ai quali difficilmente saremo in grado di dare risposte complessive al territorio.
Esiste l’esigenza di rivedere le numerose leggi in materia, ma dobbiamo affrontare il problema in un’ottica diversa rispetto al passato, anzitutto attraverso l’educazione. Ad esempio, tra le materie scolastiche sarebbe opportuno introdurre l’economia ambientale fin dalle prime classi della scuola dell’obbligo, perché in ambito scolastico è possibile intervenire maggiormente.
Esiste poi un problema di gestione. Non esiste più il Servizio geologico di Stato ma non tutte le regioni hanno propri servizi geologici; in alcune regioni le agenzie per l’ambiente sono costituite solo formalmente ma non funzionano. E’ necessario un atteggiamento culturale diverso rispetto a questi problemi. Nel nostro Paese, infatti, a differenza degli altri Paesi europei, sono presenti tutti i rischi sul territorio; in alcune aree esiste anche il rischio vulcanico. E’ opportuna una revisione alla quale spero di dare un contributo in questi anni, nel tentativo di creare un sistema diverso - che preveda ad esempio la figura del geologo condotto - in modo da presidiare quelle zone del Paese che sono lontane dai centri in cui vengono decisi gli interventi.
Il dissesto idrogeologico interessa anche le coste, che vivono in una situazione drammatica: una delle nostre maggiori risorse per il turismo viene attentata da gravi problemi ambientali. Non ripercorrerò la storia di dinamiche che ormai si sono consolidate ma bisogna intervenire massicciamente, prevedendo innanzitutto corpi tecnici, al pari di altri Paesi, che svolgano un’attività di presidio in queste aree del territorio.
Tutte le questioni sollevate devono diventare oggetto prioritario del programma di Governo ma vorrei spendere qualche parola anche sulla gestione dei parchi. Sono convinto della giustezza di una posizione antropocentrica, che non significhi però esaltare l'attività umana a discapito dell'ambiente ma, ad esempio, avere una visione come quella posta in essere per i parchi nazionali tedeschi che sono stati realizzati proprio per esaltare la vocazione dei territori e l'utilizzazione corretta da parte dei residenti.
Chi non conosce il territorio montano non può capire le difficoltà e il dramma delle popolazioni che vi vivono perché lavorare in montagna è improbo, difficile: intere generazioni hanno piegato la schiena lavorando in montagna.
Dalle mie parti, in Abruzzo, non si contestano i parchi che costituiscono una risorsa importantissima per la nostra economia: è la gestione che vessa le popolazioni mettendole nelle condizioni di non fare nulla. Vi sono intere porzioni di territorio la cui economia è in ginocchio. Una delle più importanti stazioni sciistiche in Abruzzo chiude perché l'ente di gestione non ha voluto autorizzare i sistemi di innevamento artificiale utilizzati nell'arco alpino e nei grandi parchi storici del Nord: non è più possibile assistere a questo tipo di gestione, bisogna assolutamente intervenire!
Le popolazioni conoscono i divieti, ma non hanno conosciuto i benefici. La Francia degli anni '70 ha rilanciato l'economia montana attraverso la creazione dei parchi regionali. Un sistema di tutela ambientale vincolistico non è detto infatti che non possa essere coniugato con un sistema di sviluppo più corretto del territorio. In effetti, lo sviluppo sostenibile al quale tutti ci richiamiamo è poco esaltato e promosso.
Si tratta di questioni che dovranno essere assolutamente affrontate, in quanto tra i problemi economici vi è anche quello dello squilibrio delle aree interne rispetto a quelle costiere: da una parte si concentrano residenti, attività e capitali, dall'altra non vi è assolutamente nulla.
La riforma del Corpo forestale dello Stato è particolarmente rilevante. Il Ministero dell'ambiente può sopportare finanziariamente il passaggio di tale corpo dal Ministero dell'agricoltura? Certo, è importante che ciò avvenga, come reclamano in parte le organizzazioni sindacali del Corpo forestale dello Stato. D'altro canto, però, non possiamo sguarnire le regioni che vivono in un sistema di convenzione, in quanto laddove esistono convenzioni tra regioni e Corpo forestale dello Stato nei ruoli regionali non sono presenti soggetti dotati di capacità professionale atta ad assolvere ai compiti cui ha assolto il Corpo forestale dello Stato.
Ho cercato di rappresentare i problemi che ho maggiormente seguito. Nel ringraziarvi per l'attenzione, vi auguro nuovamente buon lavoro.
PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Zappacosta e invito i colleghi che si apprestano ad intervenire ad essere sintetici, onde consentire al Ministro di svolgere la sua replica.
MANFREDI
(FI)
. Signor Presidente, cercherò di essere breve. Ho due domande da rivolgere al Ministro. La prima riguarda il futuro dell'ANPA, cui si è già fatto riferimento. Poiché sono del parere che tale organismo sia importante, desidererei conoscere l'intendimento del Governo in merito al potenziamento, alla trasformazione o a un cambiamento di indirizzo in tal senso.
Il secondo quesito riguarda invece le competenze e i controlli; ne è già stato fatto cenno, ma desidererei sapere, più in particolare, cosa il Ministero intenda realizzare in campo ambientale per eliminare le sovrapposizioni di competenze che attualmente esistono e per rendere efficaci i controlli.
In tal senso aggiungo una semplice considerazione. Sono convinto che le competenze sovrapposte e poco chiare e i controlli sovrapposti, multipli e inefficaci siano la causa principale dell'inefficacia delle nostre leggi. Pertanto, si approvano le leggi, non si applicano, si è poi convinti che non vanno bene e se ne approvano delle altre, mentre sarebbe sufficiente applicare quelle già esistenti. In proposito richiamo due esempi prima di concludere il mio intervento.
E' chiaro il quadro con riferimento alle competenze dell'Agenzia per la protezione civile e il Ministero nel campo della prevenzione delle pubbliche calamità? Vi sono aree di sovrapposizione, come mi è parso di individuare fino a poco tempo fa? Si è già parlato del Corpo forestale e questo è un esempio di sovrapposizione di competenze. È lodevole che i forestali cerchino di fare a gara con altri corpi per svolgere compiti che, a mio parere, non rientrano nelle loro competenze; mi riferisco, ad esempio, allo spegnimento degli incendi rispetto ai quali possono semmai svolgere una azione di consulenza. Personalmente sono del parere - peraltro già espresso - che i forestali dovrebbero diventare un corpo per la difesa ecologica del Paese in senso lato.
Vi è poi, ad un livello inferiore, l'esempio dell'ARPA e dell'ASL, che evidenziano come a livello regionale vi siano sovrapposizioni di competenza.
Per quanto concerne gli enti che effettuano controlli in tema di ambiente in Italia sono, se non sbaglio, 23 (potrei anche non averli contati tutti) e poiché troppi controllori equivale a dire nessun controllare ne consegue la mancata applicazione delle leggi.
PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Manfredi per il richiamo al buon senso normativo.
BATTAGLIA Antonio
(AN)
. Signor Presidente, sono compiaciuto della relazione puntuale del Ministro, che ha tratteggiato il percorso che questo Governo, mediante la gestione del Ministero dell'ambiente, ritiene di sviluppare in un settore che certamente è tra i più delicati della politica di un Governo, ma che soprattutto è rilevante ai fini della qualificazione del grado di civiltà di una società.
È chiaro che in un momento come quello attuale l'ambiente è un terreno di confronto in cui si concretizza la capacità di incidere sulle scelte e sulle strategie, tenuto conto dell'incapacità di risolvere particolari problematiche, considerato che l'attenzione di tutta la stampa è puntata sull'unica discarica: quella italiana. In materia di rifiuti, infatti, non vi è un elemento che si identifica con una discarica in particolare, in quanto la questione riguarda l'intero territorio nazionale. Non vi è parte del territorio italiano, sia esterno che interno ai centri urbani, che non sia aggredito da cumuli di rifiuti che non riescono ad essere smaltiti, e non solo perché esiste il problema della mafia, dell'ecomafia o delle scelte economiche sulla base delle quali la grande criminalità ritiene di dover strutturarsi per raggiungere obiettivi e finalità economiche.
Tutte le scelte politiche realizzate in questi ultimi vent'anni non hanno risolto il problema nella misura in cui si sono affermate volontà che si basano sul convincimento che si possa arrivare all'abolizione delle discariche mediante un processo che passa attraverso la raccolta differenziata, la realizzazione di sedi di compostaggio e di combustibili da rifiuto (CDR), per giungere infine al completamento dell'intero ciclo attraverso la realizzazione di strutture, denominate ieri inceneritori e oggi termovalorizzatori. Il processo messo in atto non può essere realizzato se non attraverso il tentativo di truffa che i comuni pongono in essere continuamente, cercando di raggiungere percentuali di guadagno sulla famigerata raccolta differenziata e sull'abbassamento della tassa sui rifiuti che si basa sulla percentuale relativa alla raccolta differenziata che riescono a realizzare.
I comuni raggiungono una percentuale dal 5 al 9 per cento non perché riescano a fare una raccolta differenziata, ma perché riescono a mettere sulle bilance i rifiuti senza distinzione, sicuramente con la complicità della criminalità organizzata, che certamente trova il proprio profitto nella gestione di un rifiuto che non viene separato ma viene ugualmente utilizzato per ricevere benefici dai vari enti che sono rappresentati all'interno del sistema ambiente.
Ho apprezzato moltissimo la volontà del nostro Ministro di voler incidere e di voler perseguire la strada dei controlli. Sono sicuro che una maggiore presenza ed un maggiore controllo di tutto il sistema ambiente in Italia potrà finalmente e realmente risolvere il problema della presenza dei rifiuti su tutto il territorio.
Pregherei il Ministro di incidere soprattutto sulle scelte compiute in passato, ad esempio per quanto riguarda la Sicilia. Alla regione siciliana è stata devoluta la somma di 450 miliardi per procedere, attraverso commissariamenti vari, ad attivare meccanismi e una politica di spesa volti a raggiungere l'obiettivo della chiusura completa delle discariche, per poi vedere quotidianamente sulla stampa (oggi la notizia è su tutti i giornali siciliani) la prova provata che quella politica è stata fallimentare. Proprio oggi i prefetti riuniscono i sindaci di tutti comuni: la situazione ambientale in Sicilia è scoppiata nelle mani non solo dei sindaci, ma soprattutto dei prefetti.
Ecco l'emergenza rifiuti, ecco l'emergenza dovuta all'incapacità di incidere sulla spesa, perché i soldi sono nel cassetto ma c'è la volontà netta di non spenderli. Non si è mai realmente messo in moto quel meccanismo che il Ministero e l'attuale Governo auspicano realizzarsi attraverso una politica di controllo dei controllori. La realtà è che i nostri controllori non sono controllati da nessuno; l'azione di coloro che avevano il compito di controllare la gestione dei soldi che arrivavano nei cassetti delle regioni, dei consorzi e delle progettazioni alla fine si è dimostrata fallimentare.
Gradirei quindi che il Ministro intervenisse immediatamente per verificare che fine abbiano fatto i soldi devoluti sia alla regione Campania, sia alla regione Sicilia; si tratta di un'invenzione che è passata attraverso il governo della regione Campania nella persona dell'onorevole Bassolino e lo stesso sistema è stato adottato dalla regione Sicilia attraverso la realizzazione di un progetto passato per la gestione del governo Capodicasa. Risultato: un fallimento in Campania ed un fallimento in Sicilia; 450 miliardi nelle casse siciliane che, allo stato, non si sa che fine abbiano fatto.
PRESIDENTE. Desidero ricordare al senatore Battaglia che l'emergenza rifiuti in Campania è ancor più drammatica di quella della regione Sicilia. In prospettiva la nostra Commissione dovrà probabilmente approfondire tale situazione in tutti i suoi aspetti, soprattutto per quanto riguarda risvolti poco chiari che vanno emergendo in Campania e forse anche in Sicilia.
PONZO
(FI).
Signor Ministro, mi compiaccio per la sua relazione e le auguro buon lavoro. Nello spirito di collaborazione che lei chiedeva le vorrei sottoporre tre questioni.
La prima riguarda l'alta velocità ferroviaria. Non siamo negli Stati Uniti d'America, dove per lo stesso reato in uno Stato è prevista la pena di morte ed in un altro no. Siamo in Italia, eppure abbiamo assistito al fatto che sul medesimo progetto, per le medesime procedure di scavo, per le medesime procedure di smaltimento, nella regione Emilia non è accaduto nulla mentre nella regione Toscana vi è stato un fermo di tutti i cantieri. Da quanto abbiamo letto ed ascoltato è apparso chiaro che si è trattato soltanto di un problema di gestione dei cantieri, quindi di un fatto meramente tecnico. Pertanto, per tagliare la testa al toro, le chiedo se non sia possibile intervenire affinchè si limiti l'uso del disarmante, o addirittura lo si vieti in termini assoluti, in modo tale che non vi siano più problemi. Certo, vi saranno degli aggravi di spesa, vi sarà un rallentamento della produzione, ma almeno questo argomento non potrà essere strumentalizzato per rimettere in discussione il progetto, perché sappiamo chi lo ha fatto, da quali studi è stato preceduto, conosciamo la sua validità e quindi se si sollevano polveroni è per tirare fuori altri argomenti (quali il conflitto di interessi e quant'altro) che nulla hanno a che vedere con l'argomento specifico.
Altra questione riguarda il parco del Pollino nella regione Basilicata. Si tratta del più grande parco nazionale d'Europa; è stato istituito nel 1989 ed in dodici anni di attività ha prodotto un avanzo di amministrazione di circa 90 miliardi di lire; l'ente di gestione non è neppure riuscito a coprire la pianta organica del personale. Questo in una zona in cui ci sono un alto tasso di disoccupazione (il 26 per cento), un alto indice di spopolamento ed un alto indice di vecchiaia. Quindi l'istituzione di questo parco ha deluso le popolazioni e non ha prodotto i risultati attesi.
La terza questione concerne l'istituendo parco della Val d'Agri-Lagonegrese. Sull'esempio del parco nazionale del Pollino, che certamente non è stato esaltante, questo parco non è gradito alle popolazioni. Sullo scetticismo di queste ultime, che quindi ha rallentato la procedura istitutiva, si è innestato un fenomeno inatteso, la scoperta in Val d'Agri del più grande giacimento petrolifero d'Europa, stimato in una recente pubblicazione di "
The Economist
" pari alla metà dei giacimenti petroliferi del Kuwait. Cosa è accaduto? Ogni qual volta si rinviene un nuovo pozzo di petrolio il perimetro del parco viene spostato, creando una sorta di parco a macchia di leopardo.
Il problema petrolio si innesta direttamente sulla questione del parco. E sicuramente di tale aspetto torneremo a parlare perché è assai rilevante. Fornisco soltanto un dato: si tratta di 154.000 barili al giorno di petrolio per venti anni; l'ENI, che è l'ente concessionario dell'estrazione, sta realizzando un oleodotto che trasporterà il greggio dal centro oli della Val d'Agri a Taranto. L'ENI, la regione Basilicata ed il Governo hanno stilato un protocollo d'intesa ove è contenuto un punto che prevede che il monitoraggio ambientale venga fatto dallo stesso ENI. Quindi il controllato diventa anche controllore e pensate che l'estrazione dei gas misti al petrolio avviene in questi termini: i gas non vengono desulfurizzati ma lasciati bruciare nell'atmosfera ed il controllo spetta a chi effettua l'estrazione.
Ora io le chiedo che, sulla scorta delle pochissime informazioni che le ho fornito, disponga un'indagine ricognitiva, in modo che sia possibile avere elementi conoscitivi più approfonditi per poter dibattere questo problema, che mi sembra veramente di rilevante portata.
MONTINO
(DS-U)
. Anch'io ho ascoltato con molta attenzione la relazione del Ministro e debbo dire con sincerità che, nelle linee generali, essa è condivisibile. Credo però che dobbiamo fare uno sforzo (non in questa sede, non oggi, magari in una prossima occasione) per comprendere meglio il passaggio tra le linee generali e alcune scelte molto più corrispondenti alle questioni concrete.
Lei, signor Ministro, ha insistito su alcuni punti in particolare. La prima questione riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Tra l'altro, lei ci ha ricordato che in una nota del 1994 l'onorevole Ronchi, prima di diventare ministro, dichiarò che le norme che in quel momento regolavano la materia dei rifiuti erano circa 915. Queste norme sono sicuramente aumentate e rischiamo di accrescerne ulteriormente il numero se teniamo conto delle ultime proposte contenute nei disegni di legge nn. 373 e 374, laddove ci si riferisce, da una parte, alla depenalizzazione dei reati ambientali, e dall'altra – vedi l'articolo 3 del disegno di legge n. 374 – appunto alla materia dei rifiuti. Non ci viene sottoposto un testo, o comunque un tentativo di semplificare e di mettere ordine alle 915 norme che regolano la materia dei rifiuti, ma il Governo si presenta, ancora una volta, con una richiesta di delega per produrre altre norme che si sovrappongono a quelle precedenti.
Lei ha parlato della necessità di semplificare e di raccogliere le varie norme in un unico testo (magari in pochi testi, perché non credo che riusciremo a compiere un'operazione così rivoluzionaria come inserire tutte le norme in un solo testo); condivido un'iniziativa che tenda ad accorpare, a semplificare e a rendere più agevole la lettura delle nostre norme. Alla fine, però, dobbiamo essere coerenti perché, rispetto a questa affermazione, oggi ci troviamo di fronte ad un atto che va in controtendenza. Non è sua la responsabilità, naturalmente, perché si tratta di una normativa che il Governo nel suo insieme (e in particolare il ministro Tremonti) ha in qualche modo curato, però non vi è dubbio che una parola critica in tal senso da parte sua doveva essere spesa, tenuto conto dell'orientamento che ha espresso.
Sono andato a leggere la relazione da lei resa i primi di luglio in occasione della discussione sulla TAV alla Camera dei deputati. Anche in quel caso si tratta di una relazione condivisibile, con affermazioni altrettanto condivisibili, tra l'altro molto diverse da quelle del ministro Lunardi, che invece abbiamo criticato discutendo su tale materia, quando chiamammo in causa come elemento critico la magistratura senza però fare un'analisi di dettaglio di tutte le vicende avvenute. Io penso sia giusto che il Ministro non si limiti a ribadire le linee generali - che, ripeto, sono condivisibili - ma passi al concreto, con una coerenza sostanziale.
La seconda questione è quella attinente alla qualità dell'aria. Lei ha insistito molto sul punto, riprendendolo più volte. Si tratta di un problema grave e molto sentito, soprattutto nelle grandi aree urbane, e bisogna affrontarlo. In tale ambito, a mio avviso, la questione più importante da affrontare è quella del traffico, dell'impatto delle emissioni dei gas di scarico nelle grandi aree metropolitane. In precedenza i ministri Ronchi e Bordon hanno fatto alcuni tentativi con campagne che, pur non avendo avuto una ripercussione dirompente e fortemente significativa, hanno tuttavia cercato di introdurre un'iniziativa a tale proposito. Probabilmente, però, dovremmo discutere qualcosa di più preciso in questa sede e chiarire quali sono gli orientamenti e quali le misure che il suo Ministero intende adottare per fronteggiare il problema. Ci sono atti che richiedono ai comuni, soprattutto nelle aree a più alta densità abitativa, nelle aree centrali delle singole città, provvedimenti a tale riguardo?
Non voglio dilungarmi su tutti i punti; tuttavia, nel ribadire la diversità della sua opinione in termini positivi rispetto alla questione della TAV, con un approccio generale e aperto alla discussione, con linee programmatiche condivisibili, penso che sia opportuno cominciare ad affrontare in concreto i problemi e capire quali sono gli orientamenti e le azioni specifiche che il Ministero intende portare avanti.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
MATTEOLI,
ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
. I senatori si renderanno conto che il tempo assegnatomi in considerazione dei successivi lavori della Commissione è assolutamente insufficiente per rispondere a tutte le domande che mi sono state rivolte, naturalmente non per colpa del Presidente. Tuttavia, poiché sono stati posti alcuni problemi di grande rilevanza, intendo oggi dare una risposta almeno su questi, fermo restando che avremo modo, dove la risposta sarà più parziale, di rivederci e di affrontare il tema approfonditamente.
Prima di tutto mi sia consentito un ringraziamento per il numero degli interventi e per le domande che sono state poste, a dimostrazione dell'attenzione che è stata riservata alla relazione che ho presentato. Vado quindi per
flash
, cercando di rispondere al maggior numero di domande, che mi sono appuntato.
Senatore Turroni, lei con me sfonda delle porte aperte. Per quanto riguarda il Corpo forestale, da portare alle dipendenze del Ministero dell'ambiente, era già difficoltoso prima e lo è maggiormente dopo quello che è accaduto nell'ultima parte della legislatura. Io ritengo che si debba riportare comunque ad unità il Corpo forestale, e quindi è sempre meglio rimetterlo alle dirette dipendenze del Ministero delle politiche agricole piuttosto che mantenerlo sparso fra le regioni. È chiaro che proverò in tutti i modi a far sì che rientri nell'ambito del Ministero dell'ambiente. Tra l'altro (l'ho già sottolineato più volte), sono particolarmente legato al Corpo forestale perché sono figlio di un funzionario civile del Corpo forestale dello Stato, anche se in servizio tanti anni fa.
Mi fa piacere che lei abbia ricordato la commissione Cassese, perché proprio per quanto riguarda il decreto n. 178 (che tra l'altro ha praticamente diviso anche la competenza in materia di acque) sto attingendo elementi dal lavoro svolto da quella commissione nel 1993, per trovare un punto di riferimento. È chiaro che intendo portare questo settore nell'ambito del Ministero dell'ambiente perché ritengo che sia omogeneo, ma si tratta di un aspetto sul quale sto ancora lavorando.
Per quanto riguarda le infrastrutture e le modifiche della valutazione di impatto ambientale, bisogna intendersi: il problema è legato al mestiere (mi si passi il termine) che stanno svolgendo i ministri Matteoli e Lunardi. Il ministro Lunardi è stato nominato Ministro delle infrastrutture e dei trasporti perché, in attinenza a un programma presentato da una coalizione, deve realizzare certe infrastrutture. Il Ministro dell'ambiente, che fa un mestiere diverso, ha l'obbligo di vigilare affinché queste infrastrutture si realizzino con minori conseguenze possibili per l'ambiente. Uso questa espressione perché anche quando si costruisce una piccola abitazione non c'è mai un'assenza di conseguenze. Quando si realizza un'opera, di qualsiasi natura essa sia, essa rappresenta sempre un piccolo o grande
vulnus
per l'ambiente. Come Ministro dell'ambiente io ho il compito di vigilare affinché ciò avvenga con minor danno possibile per l'ambiente stesso.
Per quanto concerne le riserve, senatore Turroni, condivido totalmente la scelta che hanno fatto i miei predecessori di affidarsi ai comuni, perché se non prendiamo come punto di riferimento il comune e il sindaco si verificano dei boicottaggi alla realizzazione di queste iniziative. Il comune deve essere coinvolto in primo piano a tale riguardo; in particolare, credo sia importante che al comune sia affidata la gestione delle riserve marine. Non intendo cambiare questo punto, perché se cerchiamo qualche altro modo di gestione avremo delle difficoltà a realizzare quello che è nelle nostre intenzioni.
In merito poi alle dichiarazioni fatte dal mio collega sulle carceri di Pianosa e dell'Asinara, il senatore Turroni ricorderà, perché era già parlamentare nel 1994, le polemiche che si scatenarono nei miei confronti allorché affermai che le carceri dovevano sparire da quelle isole. Ci fu una polemica ferocissima nei miei confronti perché sostenni questa tesi: venni accusato di essere un cementificatore, di voler sottoporre quelle isole a una cementificazione totale. Poi ho visto che i Governi di centro-sinistra le hanno realizzate, ma non per questo ho cambiato idea. Resto del parere che sia un errore tenere il carcere nell'isola di Pianosa, che fra l'altro conosco come le mie tasche perché sono nato in provincia di Livorno. Lo stesso discorso vale per l'Asinara. Ho già parlato con l'assessore all'ambiente della regione sarda, manifestando la mia intenzione di restituire in tempi brevi il parco dell'Asinara; stiamo soltanto valutando se è opportuno prevedere due parchi, quello marino e quello terrestre, oppure uno solo. Questo è motivo di riflessione, ma intendo realizzare quel parco. Tra l'altro, quando si tratta dell'ambiente - ma anche negli altri campi - credo che non dobbiamo mai perseguire la totalità del consenso perché è impossibile ottenerla, ed io intendo proseguire su questa strada. A mio avviso il collega sbaglia perché i costi delle carceri su queste isole sono costi enormi. Un tempo valeva la pena di mantenere queste carceri, perché vi era la possibilità di evasione di ben noti criminali; credo che oggi lo Stato abbia i mezzi per poter evitare ciò anche nelle carceri sul continente, quindi sono totalmente d'accordo. Certo, c'è un problema, e desidero segnalarlo, ma credo che anche su questo i commissari saranno d'accordo. Ma non intendo chiudere un carcere per poi vedere ripetersi quello che è avvenuto a Capraia, dove il carcere non c'è più da 15 anni e l'isola di fatto è divisa in due (da una parte le abitazioni della popolazione, dall'altra il carcere), visto che la zona del carcere è stata completamente abbandonata ed il carcere medesimo è stato saccheggiato: tutti coloro che avevano bisogno di una porta o di una finestra sono andati a saccheggiarlo; per questo oggi si presenta in quelle condizioni. Ebbene, non è certamente questo ciò che auspico per l'Asinara o per Pianosa. Non voglio assolutamente veder costruire un metro cubo in più su queste isole; voglio però che quel carcere sia recuperato per iniziative di carattere culturale o per finalità che i comuni dovranno approntare. In ogni caso, occorre però che queste costruzioni che fino ad oggi hanno costituito il carcere siano messe in condizioni tali da consentire alla popolazione di usufruirne e non siano invece abbandonate, perché non ne varrebbe sicuramente la pena.
Per quanto riguarda il problema della TAV, rispondendo ad un atto di sindacato ispettivo alla Camera, ho sostenuto secondo verità quello che è accaduto. Sulla TAV il magistrato è intervenuto, così come i tecnici di tutte le parti. Del resto, come sentite dal mio dialetto, sono toscano e conosco perfettamente il modo in cui è nata la TAV, l'alta velocità tra Firenze e Bologna, così come tra Firenze, Roma e Napoli; c'è stato un dibattito che è durato anni con la regione e i comuni interessati: alta velocità, sì; alta velocità, no. È partita quest'opera, con i riflettori puntati da parte di tutti; ebbene, ciò nonostante, quando abbiamo già speso 8.000-10.000 miliardi, è intervenuto il magistrato a bloccare i lavori. I tecnici che ho immediatamente inviato da parte del Ministero a verificare ciò che era accaduto mi hanno presentato una relazione, la quale ha consentito poi al magistrato di sbloccare e quindi di far ripartire i lavori, "a condizione che". Le condizioni sono molto semplici. Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, è prescritto, in primo luogo, "che il Consorzio Cavet introduca criteri volti a prevenire la commistione di scarti di lavorazione di diversa tipologia, ovverosia separare la terra e roccia di scavo originariamente non contaminata da tutti gli scarti di lavorazione derivanti dalle altre fasi del ciclo produttivo". In secondo luogo, "che il Consorzio Cavet e la ditta Cardatole s.r.l. introducano criteri per la gestione dei materiali di scarto rispettosi delle prescrizioni autorizzatorie degli enti competenti". In terzo luogo, "che la individuazione dei suddetti criteri sia oggetto di un programma scritto da depositarsi presso la Procura dopo essere stata munito di visto di fattibilità tecnica da parte dell'Agenzia regionale dell'ambiente".
Inoltre, per quanto riguarda invece il cantiere di Marzano, che poi è quello maggiormente soggetto a provvedimenti di carattere giudiziario, è stato prescritto: in primo luogo, "che il consorzio Cavet individui quali siano gli accorgimenti tecnici e le metodologie che intende adottare per individuare e prevenire eventuali situazioni pregiudizievoli per le falde che potrebbero essere interessate dalla prosecuzione dei lavori"; in secondo luogo, "che la concreta individuazione dei mezzi sopraindicati sia oggetto di un protocollo procedurale da depositarsi presso la Procura, previo visto di fattibilità tecnica da parte dell'Osservatorio ambientale".
Ma allora come si fa a dire, come ho letto da qualche parte, che abbiamo ceduto per far partire nuovamente la TAV quando ci sono queste prescrizioni e soprattutto quando c'è un accordo totale tra la regione Toscana, le province e i sindaci interessati? Tutti chiedono di far ripartire i lavori. Non si potrà certo dire che queste zone che ho riportato, sia per quanto concerne gli enti locali sia per quanto riguarda la regione Toscana, siano dello stesso colore politico o comunque vicine al colore politico del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, perché è notorio che sono collocate da ben altra parte. Ma qui c'è un senso delle istituzioni molto forte da parte del Ministro, così come da parte della regione Toscana. Gli interessi sono generali, e consistono nel voler far ripartire i lavori; certamente, ciò deve avvenire con la piena salvaguardia dell'ambiente. Inoltre, è previsto che i lavori ripartano con queste prescrizioni e, per quanto è accaduto, si deve concedere un periodo di tempo per cercare di ripristinare il più possibile la salvaguardia ambientale. Ripeto, totalmente è impossibile, ma bisogna tentare di farlo.
Il senatore Moncada si è riferito al problema della valorizzazione dell'approccio scientifico. A pagina 3 della mia relazione ho scritto: "Desidero… dotare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio di un apparato di risorse scientifiche di altissima qualificazione dal quale attingere suggerimenti, idee e proposte". Sia il senatore Giovanelli che altri hanno affermato che la mia relazione era carente sotto il profilo dell'inquinamento elettromagnetico. Ciò è vero, ma in questi giorni – ho avuto modo di evidenziarlo più di una volta – ritengo di non avere ancora un supporto scientifico apprezzabile per poter assumere una decisione al riguardo. Infatti, ho letto alcune dichiarazioni di alcuni personaggi (anche appartenenti al precedente Esecutivo, come il professor Veronesi, che non è certamente l'ultimo arrivato), ma non posso ancora assumere alcuna decisione al riguardo. Sono un politico, non un tecnico e sono obbligato a prendere una decisione solo nel momento in cui ho un supporto scientifico chiaro al quale riferirmi. Questo supporto oggi è carente, ma spero nelle prossime settimane di ottenerlo per poter integrare la relazione. Oggi, infatti, avrei potuto dire soltanto che sono contrario all'inquinamento elettromagnetico e nulla di più, giacché – ripeto - non possiedo ancora un supporto scientifico sufficiente per assumere una decisione al riguardo.
Sul tema delle semplificazioni legislative sono intervenuti molti senatori. Concordo ampiamente con quanto affermato dal senatore Giovanelli in merito al fatto che il testo unico rappresenta una grande scommessa. Lo so perfettamente anche perché, come il senatore Giovanelli, sono in Parlamento da 20 anni e so quanto sia difficile realizzare un testo unico. Però dobbiamo provarci, perché il clima che si è instaurato in questi ultimi tempi in materia di ambiente ci consente di lavorare serenamente, tra Parlamento e Governo, quanto meno per provare a realizzare i testi unici. E' questa l'occasione e ci proveremo, anche se so che sarà difficile riuscirci. Forse non riusciremo a realizzare un testo unico completo, alcune tematiche potranno restarne fuori, me ne rendo perfettamente conto, ma non possiamo rinunciarci in partenza, nel momento in cui si presenta un Governo che, almeno sulla carta – ma posso essere smentito, visto che in politica è sempre possibile – ha cinque anni di tempo per governare e ne deve approfittare. Certo, nel confronto quotidiano con il Parlamento, un testo unico non può rappresentare una maggioranza, ma deve rappresentare la volontà di un Parlamento nel suo complesso, nella sua interezza e su questo intendo lavorare.
Per quanto riguarda il tema della malavita nel settore dei rifiuti a cui si riferiva, tra gli altri, il senatore Moncada, bisogna osservare che esso è sicuramente collegato anche al mondo della discarica, ma soprattutto a quello dei trasporti. Il trasporto dei rifiuti è in mano largamente alla criminalità organizzata. Nella mia relazione vi è un passaggio che ritengo molto importante, che nessuno ha criticato (per la qual cosa vi ringrazio), in cui si suggerisce di smaltire i rifiuti il più vicino possibile a dove vengono prodotti. Ciò consentirebbe di risparmiare enormi risorse ed anche di evitare che i comuni più poveri si trasformino nella "pattumiera d'Italia" (si faceva riferimento alla Sardegna, ma pensate per quanti anni la Calabria ha ricevuto rifiuti che arrivavano, addirittura, da Milano).
È vero che non è possibile occuparsi d'ambiente senza occuparsi di energia e poiché il senatore Dettori ha affermato che l'ambiente è legato ai problemi della salute, concordo con questa impostazione e affermo che la nostra scommessa è legata al modo di smaltire rifiuti. È vero, ed anche su questo tema credo di essermi espresso. So che alcune mie considerazioni non trovano consenso da parte di molti, ma credo, innanzitutto, che occorra diminuire i rifiuti. Nella relazione ho detto che arrivare a 500 grammi a testa rappresenterebbe un traguardo considerevole, perché oggi ci troviamo oltre al chilogrammo a testa. Me ne sono reso conto ed ho riflettuto molto prima di scrivere quel dato, ma credo che rappresenti un'incentivazione. In secondo luogo, occorre dividere il rifiuto attraverso la raccolta differenziata, che intendo pure incentivare. Su questo forse molti non sono d'accordo. Se ci sono alcuni Paesi, soprattutto piccoli comuni, che non hanno la possibilità né i mezzi per praticare la raccolta differenziata, vorrei trovare tra le pieghe del bilancio un modo per aiutarli.
Però, dopo la raccolta differenziata, bisogna decidere cosa fare del rifiuto e a tal riguardo ritengo che la discarica non sia più un modo corretto per effettuarne lo smaltimento: questo per un motivo molto semplice e cioè che oggi finisce in discarica oltre il 70 per cento del rifiuto. L'acqua viene prelevata dal sottosuolo attraverso i pozzi e l'inquinamento delle falde acquifere è molto probabile se si continuano a fare buche nelle quali riversare i rifiuti. C'è allora soltanto un altro modo: si tratterà di inceneritore, come sosteneva il senatore Battaglia, o forse di termovalorizzatore, ma sempre si tratterà di bruciare il rifiuto ,perché non vi sono alternative. Mi rendo conto che una parte del rifiuto dovrà tornare nella discarica e che quest'ultima non potrà essere abbandonata del tutto, ma se lì riusciremo a portare solo la metà dei rifiuti che attualmente vi finiscono, credo che possa rappresentare un passaggio importante.
Il senatore Rizzi ha fatto riferimento alla qualità dell'aria e al fatto che la certificazione ambientale sia facoltativa. Mi sembra che la posizione assunta dall'attuale Governo e dal Ministero dell'ambiente e della tutela ambientale sia di trasferire la filosofia della legge Tremonti per quanto riguarda gli investimenti nelle aziende anche a quelle che inquinano meno o che non inquinano affatto attraverso detrazioni fiscali. Sono contrario alla ricerca del "penale"; preferisco, invece, una gratificazione di carattere fiscale, in modo da consentire alle industrie di inquinare il meno possibile. Contesto, nella maniera più assoluta, che nel disegno di legge Tremonti vi sia un passaggio che "depenalizza" e che qualcuno ha definito addirittura un "condono". Infatti, alla responsabilità del reato corrispondono un'adeguata sanzione amministrativa pecuniaria e l'obbligo di adempiere all'ordine di fare. Inoltre, la gratificazione di carattere fiscale non può essere introdotta nell'ipotesi in cui l'infrazione determini il danno ambientale. Senatore Giovanelli, non mi sembra che questo sia un condono. Infatti, un soggetto deve pagare, ha l'obbligo di fare e se si determina un danno ambientale non può accedere ad alcuna una sorta di premio.
Per carità, conosco il mestiere dell'opposizione e so perfettamente come viene svolto, dal momento che l'ho svolto per 40 anni.
GIOVANELLI (
DS-U
). Discutiamo, signor Ministro: non è un mestiere.
MATTEOLI,
ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
È opportuno il confronto con il Parlamento, ma questo è quanto previsto.
Per quanto riguarda le ARPA, non c'è stato un silenzio da parte mia o, se c'è stato, è perché in effetti do per scontato che le ARPA rappresentano il Ministero; sono state costituite per lavorare e per non consentire che si ripeta quanto è accaduto in molte regioni dove – come ha ricordato il senatore Zappacosta – sono state istituite solo formalmente e non hanno mai operato. L'ARPA deve rappresentare per il Ministero dell'ambiente ciò che la prefettura rappresenta per il Ministero dell'interno: l'ARPA rappresenta in materia ambientale lo Stato nella regione.
In merito agli accordi di Kyoto ritengo di avere già detto in questi giorni quanto dovevo. La posizione del Governo italiano è molto chiara e domani la ribadirò a Bonn, nell'ambito della riunione dei Ministri dell'ambiente europei. Noi siamo con l'Europa; lo ha già detto il Presidente del Consiglio nella sua uscita ufficiale a Göteborg; l'ho ribadito in qualità di Ministro dell'ambiente a L'Aja e a Bonn non farò altro che confermarlo.
Esiste un problema sottolineato da tutti: in assenza degli Stati Uniti d'America viene meno il Paese che portava il maggiore apporto economico per consentire l'applicazione, tutti insieme, del Protocollo di Kyoto. Inoltre, in queste ultime ore agli Stati Uniti si è aggiunto anche il Giappone che sta mostrando alcuni tentennamenti. A tal proposito, questa mattina ho incontrato l'ambasciatore giapponese in Italia per capire meglio la loro posizione. Anche l'Australia ed il Canada mostrano ripensamenti.
L'Italia vuole ratificare il Protocollo che però, senza questi Paesi, avrà un'efficacia sicuramente molto parziale, anche se la sua importanza rimane evidente: l'Italia, comunque, ha compiuto la propria scelta e non intende assolutamente modificarla.
Il senatore Manfredi ha chiesto chiarimenti in merito alla sorte dell'ANPA e probabilmente nella mia relazione sono stato poco chiaro. La riorganizzazione dell'ANPA, prevista nella legge n. 93 del 2001, è un obbligo: dovrebbe trasformarsi in una vera e propria Agenzia alle dirette dipendenze del Ministro, che ne farebbe uno strumento molto importante, ancora più importante di quello che è stato finora.
Vorrei inoltre precisare che le sovrapposizioni di competenze non rappresentano un problema legato esclusivamente al settore ambientale. Io faccio sempre un esempio che - lo confesso – ha più un carattere comiziale che prettamente parlamentare. Quando scoppia un incendio il prefetto che opera nella zona interessata ha l'obbligo di avvertire non solo la Protezione civile, ma anche quattro Ministri; pertanto, anziché attivare immediatamente le misure antincendio, è costretto dalla burocrazia ad avvertire quattro Ministri. Si tratta di sovrapposizioni di competenze che ci portiamo dietro da molti anni proprio a causa di quella miriade di leggi e leggine esistenti, dal momento che il Parlamento ha stentato a varare testi unici. Preciso, però, che tali sovrapposizioni non riguardano solo l'ambiente a livello centrale ma anche tutti gli altri settori: sovrapposizioni esistono infatti anche tra ARPA e ASL.
Il senatore Battaglia ha sollevato poi il problema dello smaltimento dei rifiuti. Voglio rassicurare che in questo momento mi sto attivando anche per le questioni relative ai Commissari in Sicilia e in Campania. Purtroppo è solo un mese che dirigo il Ministero e ancora non sono in condizione di dare pienamente il mio apporto. Sono certamente convinto che bisogna intervenire: non possiamo continuare ad elargire centinaia di miliardi senza alcuna efficacia. Inoltre, sto anche raccogliendo la documentazione necessaria e convocherò i Commissari per cercare di comprendere meglio la situazione. Non vorrei, infatti, che qualcuno intendesse speculasse sul fatto che viviamo in eterna emergenza, il che in Italia ha permesso di fare molti affari. Questo sicuramente non lo consentirò.
Il senatore Ponzo, poi, ha ricordato lo scandalo dei cantieri dell'Alta velocità ed è stato rilevato che il problema si è registrato in Toscana e non in Emilia. Per la verità vorrei precisare che quanto accaduto in Toscana stava per verificarsi anche in Emilia; l'intervento del magistrato ha poi coinvolto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio che a sua volta ha risposto. Non credo però che in Emilia ci sarebbe stato un atteggiamento diverso: in Emilia il magistrato sarebbe arrivato solo dopo.
In merito alla questione parchi, ricordo che alcuni sono già attivi e altri stentano ad avviarsi: il Parco del Pollino rappresenta una realtà ancora peggiore e dovremo intervenire.
Riguardo al petrolio in Basilicata, ho potuto riscontrare, presentandomi nella regione in altra veste, diversa da quella del Ministro, che l'intera popolazione lucana si sente molto ricca per la scoperta di giacimenti petroliferi nella Val d'Agri, ma non è così. Mi sembra alquanto appropriato disporre un'indagine conoscitiva in materia, per capire cosa sta accadendo.
Il senatore Montino ha chiesto quali iniziative il Ministero intenda adottare per contrastare l'inquinamento dell'aria. Io ho confermato l'istituzione delle domeniche ecologiche, ma per dare luogo ad attività molto più corpose è necessario un supporto scientifico. Il problema non riguarda solamente l'inquinamento dell'aria da gas, quanto anche quello da onde elettromagnetiche.
Forse quanto sto per dire non piacerà ad alcuni di voi, però ho trovato nel settore industriale una cresciuta coscienza ambientale rispetto ad alcuni anni fa. L'industria si rende perfettamente conto che non può inquinare o che, per lo meno, deve cercare di inquinare il meno possibile. Questo rientra in una cultura e in una filosofia che hanno avuto sempre al centro della propria attenzione l'uomo. L'uomo ha pensato di poter vivere senza intervenire nelle questioni ambientali, continuando a sfruttare
sine die
ciò che aveva ereditato. Ad un certo punto si è accorto che non era così. E' nato quindi l'ambientalismo, che ha fatto crescere nei vari paesi una cultura dell'ambiente. Oggi anche questa cultura ambientalista è sempre meno ideologizzata e si rivela sempre più utile alla salvaguardia ambientale. E’ intanto cresciuta la coscienza ambientale dei politici ed è anche delle industrie. E’ l’occasione per intervenire fortemente in un settore che era stato trascurato per troppi decenni.
In seguito ci potremo confrontare ed anche scontrare sulle scelte che saranno fatte, ma ritengo che le scelte debbano comunque essere fatte. Il compito di un Ministro dell’ambiente è quello di compiere scelte corpose nell’interesse della salvaguardia ambientale.
Chiedo scusa agli onorevoli senatori se le mie risposte sono state così accelerate, ma il tempo a disposizione era limitato.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per l’ambiente per le comunicazioni fornite alla Commissione e per la sua esaustiva replica.
I lavori terminano alle ore 16,50.