ISTRUZIONE (7a)

MARTEDI' 8 FEBBRAIO 2000
393a Seduta

Presidenza del Vice Presidente
ASCIUTTI
indi del Presidente
OSSICINI

Interviene il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione Polidoro.

La seduta inizia alle ore 15,25.

AFFARE ASSEGNATO

La politica del Governo in ordine all'insegnamento della religione cattolica previsto dal Concordato tra l'Italia e la Santa Sede
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento e rinvio)


Riprende l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana dell'11 novembre 1999, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE - il relatore Brignone aveva svolto la sua relazione introduttiva. Dichiara quindi aperto il dibattito.

Il senatore BISCARDI esprime anzitutto apprezzamento per la relazione introduttiva del senatore Brignone che ha rappresentato, a suo giudizio, una positiva introduzione ad un argomento di grande rilievo etico-politico, che deve prescindere dalle sue applicazioni pratiche. Essa ha altresì opportunamente focalizzato l'attenzione su uno dei profili essenziali della questione: la contestualizzazione dell'insegnamento di religione nelle diverse situazioni storico-politiche e culturali. Il relatore ha infatti svolto un approfondito excursus storico, sottolineando la maggiore o minore incidenza dell'insegnamento religioso nei programmi scolastici nell'ambito dei diversi contesti storico-politici e culturali: anzitutto, ha ricordato la legge Casati che, innovando significativamente rispetto alla precedente legislazione piemontese-sabauda, introduceva l'insegnamento della religione cattolica in tutti gli ordini di scuola, fino all'università; indi, ha rammentato che tale insegnamento si attenuava, fino quasi a scomparire, nel periodo di governo della Destra storica ed era ulteriormente limitato nel periodo improntato alla cultura positivistica di indirizzo politico socialista. Il relatore ha poi ricordato che, con la riforma Gentile, l'insegnamento religioso divenne fondamento e coronamento dell'istruzione. A tale proposito, il senatore Biscardi osserva tuttavia che, nell'ottica gentiliana e nell'ambito del "nazionalismo pedagogico", ciò era limitato all'istruzione elementare e solo dopo che Gentile lasciò il Ministero della pubblica istruzione l'insegnamento religioso fu incisivamente esteso a tutta l'istruzione pubblica pre-universitaria. Tale concezione ebbe poi la sua consacrazione nel Concordato del 1929, cui tuttavia – ricorda l'oratore - Gentile fu contrario. Successivamente, la componente fascista meno tributaria delle posizioni di Gentile ne diede un'interpretazione ancora più ampia. Nel 1985, infine, al Concordato furono apportate significative modifiche, conseguenti ad un contesto politico e sociale più aperto, con l'innovativa affermazione del valore della cultura religiosa e la riaffermazione che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano.
Ribadito quindi il carattere pattizio della normativa che regola l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali, il senatore Biscardi rende poi esplicita la propria posizione culturale e politica, che si riassume in un concetto di laicità privo di pregiudiziali contrapposizioni. A tale riguardo, egli richiama le parole di Norberto Bobbio, secondo il quale lo spirito laico è la condizione per la convivenza di tutte le possibili culture e la laicità esprime un metodo piuttosto che un contenuto.
Alla luce di tali premesse, egli ripropone un quesito che, seppure eluso o evitato, risulta invece rafforzato dalla dinamica culturale e sociale del nostro tempo, che registra da un lato il rapido incremento della dimensione multietnica e pluriculturale e, dall'altro, il divampare di integralismi e fondamentalismi: se, nell'assumere come aspetto essenziale dell'istruzione il valore della cultura religiosa, non sia giunto momento di inserire, nella programmazione conseguente all'approvazione della riforma dei cicli scolastici e previe, ovviamente, opportune altre intese, un insegnamento di cultura religiosa che, vertendo su fatti religiosi nel loro sviluppo storico, non risulti emarginato nella prassi scolastica.
Il senatore Biscardi si sofferma poi sulla validità della norma vigente relativa alla nomina a tempo determinato degli insegnanti di religione cattolica e alla conseguente diversa posizione giuridica di questi ultimi nell'organico scolastico. Al riguardo, egli ricorda la sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 1999 (con la quale la Corte giudicava infondata una questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'efficacia annuale della nomina degli insegnanti di religione): in tale sentenza, il giudice costituzionale riteneva che la asserita lesione del principio di eguaglianza fra la posizione giuridica degli insegnanti di religione e quella dei docenti di altre discipline non sussistesse, sia quanto all'assenza di rapporti di lavoro a tempo determinato per il personale docente sia quanto alla configurazione dell'assoluta precarietà di tali insegnanti. Poiché l'incarico annuale si intende infatti confermato qualora permangano le condizioni e i requisiti richiesti, il medesimo è di fatto assimilato al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche quanto alla progressione economica di carriera. Inoltre, il giudice costituzionale giudicava la scelta dell'incarico coerente con le peculiarità dell'insegnamento. Proprio in ragione di tale peculiarità, detto insegnamento è d'altronde impartito, nel rispetto della libertà di coscienza, in conformità alla dottrina della Chiesa e l'idoneità degli insegnanti deve essere riconosciuta dall'autorità ecclesiastica, ferma restando la nomina disposta dalla autorità scolastica, di intesa con quest'ultima.
Appare pertanto del tutto evidente che l'insegnamento della religione cattolica, nonché – conseguentemente – la disciplina dello stato giuridico degli insegnanti, non possono fuoriuscire dai limiti della legislazione pattizia, che attribuisce alla Chiesa il potere di riconoscimento dell'idoneità e quello connesso di revoca per accertata carenza di requisiti, e impone allo Stato l'accettazione di tale condizione, pur nel rispetto della tutela costituzionale della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori. Ne consegue che rappresenterebbe un grave vulnus all'autonomia dello Stato prevedere che quest'ultimo assuma ulteriori obblighi derivanti dal potere di revoca dell'ordinario diocesano nei casi previsti dal diritto canonico.
Il senatore Biscardi affronta infine la questione degli alunni non avvalentisi dell'insegnamento della religione nell'organizzazione scolastica. A tale riguardo ricorda che la Corte costituzionale, all'eccezione di incostituzionalità relativa all'inserimento di questo insegnamento nell'ordinario orario di lezione in quanto discriminatorio per gli alunni non avvalentisi, rispondeva in senso contrario, nulla rilevando sulla costituzionalità di una collocazione extra-orario e rimettendo anzi la soluzione alla discrezionalità dell'Esecutivo o alla valutazione del legislatore. Egli osserva pertanto che proprio l'elaborazione del programma di attuazione della riforma dei cicli scolastici rappresenta la sede opportuna per risolvere la questione, in connessione con la ridefinizione dei contenuti e dei programmi delle diverse discipline.
Conclusivamente, egli rinnova l'invito ad una riflessione sull'opportunità di una diversa collocazione dell'insegnamento della cultura religiosa e, quanto agli aspetti pragmatici, suggerisce di ridefinire la questione degli alunni non avvalentisi in connessione con la ridefinizione degli orari e dei programmi conseguente alla riforma dei cicli scolastici. Quanto infine allo stato giuridico degli insegnanti, ritiene che il problema della stabilità possa essere anche risolto positivamente, senza tuttavia dimenticare che l'assimilazione agli altri docenti comporta l'applicazione delle norme sul reclutamento a carattere concorsuale e deve comunque avvenire nel rispetto della disciplina pattizia.

Il senatore RESCAGLIO ricorda il lungo travaglio culturale che ha condotto alle intese pattizie sull'insegnamento della religione cattolica nella scuola statale. Purtroppo, infatti, gli inevitabili limiti connessi a qualunque tipo di insegnamento, in quanto legati alla personalità dei docenti, hanno reso difficile riconoscere l'impronta culturale della religione cattolica ed il significato dei suoi contenuti. Nella attuale situazione di crisi della famiglia, in cui si registrano problematiche di particolari gravità con riguardo all'universo giovanile, appaiono invece di particolare importanza i valori preminenti della religione cattolica, che hanno innegabilmente dato un senso alla storia educativa del nostro Paese. Si augura quindi che il dibattito in corso sia propedeutico ad una sollecita ripresa dell'esame dei disegni di legge relativi allo stato giuridico degli insegnanti della religione cattolica (atti Senato nn. 662 e abbinati), attraverso i quali sia possibile assicurare un corretto inquadramento del problema e una riconquista dell'identificazione morale e culturale nei valori fondamentali del cattolicesimo.

Il senatore FOLLONI esprime a sua volta vivo apprezzamento per la relazione svolta dal senatore Brignone, alla quale riconosce in particolare il merito di aver finalmente richiamato al centro del dibattito il nuovo Concordato quale termine di riferimento essenziale per il legislatore statale. Da tale riferimento non è possibile prescindere, tanto che – a suo avviso – ove a livello parlamentare emergessero orientamenti difformi, non sarebbe praticabile strada diversa dalla denuncia del Concordato stesso.
La relazione pone quindi il problema di valutare la politica seguita dal Governo in tema di insegnamento della religione cattolica, ricercandone limiti e incongruenze. Invero, delle varie problematiche emerse, alcune hanno trovato una risposta soddisfacente e coerente ai principi concordatari (la collocazione dell'insegnamento della religione cattolica nel quadro orario), altre invece ancora la attendono: si pensi alla collocazione di quella materia nel quadro curricolare e alla connessa partecipazione dei suoi docenti alle sedi collegiali di giudizio.
Tali difficoltà vanno ascritte - egli ritiene - ad un incompleto accoglimento della maturazione avvenuta nella posizione dello Stato di fronte all'insegnamento della religione cattolica, nel passare dal Concordato del 1929 alla sua modifica del 1984. Tale maturazione ha consentito una nuova concezione della cultura religiosa e una considerazione dell'insegnamento della religione cattolica - ferma restando la tutela della libertà di coscienza del singolo - quale parte integrante, non separabile, della complessiva formazione scolastica spettante al giovane che ha scelto di avvalersene. Si tratta di una visione post-conciliare e rispettosa dei principi della laicità. L'incompleto accoglimento di quella maturazione ha condotto poi – nel timore di una lesione dellla sovranità statale sul complessivo ordinamento scolastico - ad erigere una parete impermeabile fra l'insegnamento della religione cattolica e gli altri insegnamenti, in contraddizione con lo spirito concordatario. Occorre invece che il legislatore sappia determinare il giusto livello di osmosi fra i due ambiti, certo senza
inopportune commistioni ma, d'altra parte, evitando di cadere nell'errore di credere che l'autonomia dello Stato e della Chiesa debba condurre alla totale separazione.

La senatrice BRUNO GANERI esprime a sua volta vivo apprezzamento per la relazione, che ha richiamato l'attenzione su un problema complessivo i cui vari aspetti troppo spesso non solo non sono stati affrontati con l'opportuno spirito di laicità, ma addirittura non sono stati affrontati del tutto. La conseguenza è stato, per intere fasce generazionali di studenti, lo sperimentare sulla propria pelle un senso di incertezza e di lacerazione riguardo all'effettivo significato dell'insegnamento della religione cattolica nell'ambito della scuola. Gli stessi insegnanti di tale disciplina, del resto, hanno sofferto in prima persona tale lacerazione, con riferimento al nodo dello stato giuridico.
Invero la disciplina pattizia non è stata pienamente recepita in tutte le sue significazioni: la stessa formulazione della valutazione su un apposito modulo, separato dalla pagella, induce fatalmente negli studenti la percezione della diversità di tale disciplina dalle altre.
Oggi l'avvio della riforma dei cicli scolastici rende indifferibile l'impegno ad affrontare il problema in tutte le sue implicazioni e ad elaborare soluzioni appaganti: ella ricorda le questioni tuttora irrisolte della collocazione oraria (fonte in passato di tante discussioni nelle scuole) e della disciplina per i cosiddetti studenti non avvalentisi, sovente collocati in situazioni che non è esagerato definire aberranti.
Auspica in conclusione da parte di tutti un approccio pienamente laico a tali problemi, evitando impostazioni unilaterali che impedirebbero ancora una volta di conseguire soluzioni adeguate.

In considerazione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea, il presidente OSSICINI rinvia il seguito dell'esame.

La seduta termina alle ore 16,25.