AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3
a
)
MERCOLEDÌ 2 GIUGNO 1999
213
a
Seduta
Presidenza del Presidente
MIGONE
Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Serri.
La seduta inizia alle ore 15,05.
IN SEDE DELIBERANTE
(3729)
Concessione di un contributo ordinario al Servizio sociale internazionale - Sezione italiana, con sede in Roma
(Rinvio del seguito della discussione)
Il presidente MIGONE avverte che, stante l'assenza del Relatore, il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
PROCEDURE INFORMATIVE
Comunicazioni del sottosegretario di Stato Serri sui punti di crisi del Corno d'Africa
(R046 003, C03
a
, 0021°)
Il presidente MIGONE, nel dare la parola al rappresentante del Governo per le sue comunicazioni sul Corno d'Africa, sottolinea che il Parlamento ha il dovere di occuparsi anche di una guerra in corso da molti mesi, ma ormai cancellata dai mezzi di comunicazione.
Il sottosegretario SERRI rileva anzitutto che il conflitto tra Etiopia ed Eritrea e gli altri focolai di crisi nel Corno d'Africa sono forse dimenticati dall'opinione pubblica, ma non certo dal Governo che, anche in questi giorni, assume iniziative per contribuire al loro superamento. Nei giorni scorsi è stato a Roma il Ministro degli esteri del Sudan, paese dove è in corso da trentatré anni una sanguinosa guerra civile, e il Governo italiano ha avuto modo di esercitare tutte le possibili pressioni in favore di una soluzione negoziale.
Peraltro è innegabile che da oltre un anno vi è una correzione sostanziale nella politica del Sudan, che ha sottoscritto la convenzione di Parigi contro le armi chimiche e gli accordi contro il terrorismo in seno alla Lega Araba e all'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA); inoltre ha sottoscritto il documento del Cairo sul processo di pace del Medio Oriente, assumendo così una posizione favorevole all'OLP e non pregiudizialmente anti israeliana. Anche nel conflitto che lo contrappone all'SPLA e agli altri movimenti secessionisti delle regioni meridionali il governo federale di Karthoum ha assunto un atteggiamento di maggiore flessibilità, proponendo un «cessate il fuoco» generale e l'indizione di un
referendum
per l'autodeterminazione nei due stati federati dell'estremo Sud, ma finora non è stato possibile raggiungere un accordo perché l'SPLA accetta il «cessate il fuoco» solo nello stato di Bahr al Ghazal e chiede che il
referendum
sia esteso anche alle regioni del Nilo superiore e dei Monti Nuba.
L'Italia, anche nella sua qualità di presidente del Comitato
partners
dell'IGAD, ha dato pieno sostegno ai tentativi di mediazione, agendo in sintonia con la Francia e con la Germania; peraltro anche gli Stati Uniti non puntano più al rovesciamento del regime di Karthoum, cui veniva imputato un orientamento fondamentalista e l'appoggio a movimenti terroristici, ma sembrano favorevoli a una soluzione politica del conflitto. Vi è dunque un contesto propizio per il dialogo tra il governo del Sudan e i movimenti che conducono la guerriglia nelle regioni meridionali, i quali però hanno ora il problema di riconsiderare la loro politica in funzione del nuovo atteggiamento di Karthoum. Un ulteriore sviluppo positivo è rappresentato dalle trattative in corso per la ripresa delle relazioni diplomatiche tra il Sudan e l'Eritrea, che è uno dei paesi più vicini all'SPLA.
Il sottosegretario Serri si sofferma poi sulle ragioni della guerra tra l'Etiopia e l'Eritrea, che a suo avviso è stata provocata soprattutto da un desiderio di egemonia sulla regione del Corno d'Africa che anima le classi dirigenziali di quei due paesi. È significativo che il piano di pace dell'OUA sia stato accettato sia dell'Etiopia sia dall'Eritrea, ma non riesca a tradursi in pratica senza un'ulteriore mediazione da parte di paesi terzi. L'Italia, che sin dall'inizio si prodigò per evitare un'
escalation
del conflitto, è pronta ad assumere ulteriori iniziative assieme ad altri stati del Corno d'Africa, come ad esempio la piccola Repubblica di Gibuti.
Quanto alla crisi somala, i recenti scontri armati verificatisi in varie parti del paese sono la conseguenza del fallimento di tutti i negoziati di pace e dello stesso conflitto tra Etiopia ed Eritrea, che appoggiano diverse fazioni somale. In realtà quel paese ha cessato da anni di essere uno stato unitario e un possibile superamento dell'attuale
impasse
- che ha fatto della Somalia una sorta di terra di nessuno - può portare solo a una confederazione di stati in cui i diversi potentati locali riescano a convivere pacificamente. Per favorire una soluzione di questo tipo, la comunità internazionale dovrà negare qualsiasi aiuto alle fazioni che preferiscano continuare a combattersi fra di loro.
Il Sottosegretario dà conto poi dei tentativi compiuti dall'Italia per avviare un negoziato tra il Governo del Congo e i movimenti ribelli a Roma, presso la Comunità di Sant'Egidio, facendo presente che finora questo sforzo è fallito perché i ribelli si sono divisi e di, conseguenza, Laurent Kabila si è sentito abbastanza forte da rifiutare la trattativa. Tuttavia l'Italia e l'Uganda cercheranno ancora di favorire un accordo fra tutte le fazioni e ulteriori iniziative di pace sono state assunte da altri stati, come la Libia, che ha promosso recentemente un incontro tra le parti interessate alla guerra civile nel Congo.
Il senatore BOCO si sofferma brevemente sulla questione sudanese, segnalando la connessione con la situazione in Algeria, e sottolinea lo scontro fra le due religioni monoteiste in atto dietro il conflitto tra il Governo e la guerriglia. Riporta inoltre l'attenzione sul fatto che la classe dirigente dell'Etiopia e dell'Eritrea ha origini comuni, ma si trova ora divisa e non è più possibile trovare un accordo. Si dichiara convinto che l'OUA rappresenta un punto di fragile debolezza e probabilmente non è in grado di reggere il confronto con la situazione di crisi attuale. Passando alla Somalia, osserva che in essa si sconta oggi un grande fallimento di politica internazionale che ha generato un «non-Stato», il nulla: in questa situazione non crede possibile l'ipotesi di una confederazione con paesi vicini in quanto vi sono molti interessi a mantenere una situazione in cui fioriscono tutte le illegalità.
Quanto all'Africa centrale, osserva che il vero scontro è quello degli interessi economici e di influenza francofoni e anglofoni e che la regia del continente è già stata conquistata da parte degli americani, tant'è vero che si constata un abbandono progressivo del territorio da parte delle imprese francofone. Considerato infine che in Africa vi sono attualmente quattordici paesi in situazione armata e che le ricadute andranno al di là di quel continente, occorre che l'Italia riprenda la spinta e l'attenzione dovuta, affiancando all'iniziativa del Governo anche una delegazione parlamentare che attraversi le varie linee di crisi, allo scopo soprattutto di riportare il dibattito all'attenzione dell'opinione pubblica al termine del conflitto del Kossovo.
Il senatore PROVERA ritiene che l'Italia debba selezionare gli obiettivi e concentrare le risorse su pochi paesi: prioritariamente si deve sviluppare una politica estera nei confronti della Somalia, per evidenti ragioni di passati legami, chiedendo se non si ritenga di indirizzare aiuti e sostegni verso quei governi che in modo pacifico tentano di procedere sul cammino dello sviluppo economico. Dichiara di condividere la proposta federalista, ritenendola l'unica possibile conciliazione delle opposte fazioni. Chiede infine quanti aiuti della cooperazione siano stati previsti nei confronti di Mogadiscio e quanti programmi italiani - fra i tanti promessi - siano stati realizzati per aiutare la ricostruzione.
La senatrice SQUARCIALUPI, apprezzando particolarmente l'impegno del sottosegretario Serri, chiede quali siano le posizioni dei
partners
europei nei confronti delle varie crisi africane, chi sia schierato con l'Italia e da dove possano provenire i finanziamenti per l'acquisto di armi. Chiede anche di conoscere come si intende formare la forza di interposizione che si vorrebbe schierare a garanzia della sospensione delle ostilità fra l'Etiopia e l'Eritrea e, infine, se il rinnovo della Convenzione di Lomè possa svolgere un ruolo per il sostegno dello sviluppo.
Il senatore ANDREOTTI esprime innanzitutto solidarietà al sottosegretario Serri per la passione e la pazienza con cui svolge questo difficile lavoro a nome del Governo italiano. Segnala l'importanza dell'elemento costituito dall'islamismo, da tenere presente per comprendere rapporti e interconnessioni con l'Arabia Saudita e con la Libia e le responsabilità della guerriglia in Sudan. Poiché gli etiopi ci accusano l'Italia di mostrarsi troppo filo-eritrea, è necessario fugare questo dubbio per potere esercitare un ruolo di mediazione accettabile. Ritiene sicuramente complicata l'ipotesi di una costruzione in senso federale fra le varie componenti somale, anche se vale la pena di esperirne il tentativo. Segnala infine l'utilità di aggiornare i rapporti con l'Algeria dopo l'elezione del nuovo Presidente, per comprendere i problemi emersi intorno alla sua elezione.
Il senatore PIANETTA si associa ai complimenti per l'operato del Sottosegretario e segnala la netta impressione che l'Europa stia progressivamente perdendo terreno in Africa. Ritiene pertanto necessaria una maggiore attenzione del Parlamento italiano, che potrà contribuire a rilanciare la presenza europea.
Il senatore VERTONE GRIMALDI chiede a quali principi si ispiri il mondo occidentale nella sua politica verso il continente africano, abbandonato a sé stesso fra impulsi arcaici e modernissimi allo stesso tempo.
Il senatore SERVELLO chiede se vi sia una politica europea nei confronti dell'Africa.
Il sottosegretario SERRI constata che purtroppo non vi è una politica europea, essendo i
partners
ancora fortemente condizionati dal contrasto franco-anglofono, ma che proprio in questo contesto l'Italia possa impegnarsi con efficacia utilizzando i fondi europei accantonati per la Somalia nel quadro della convenzione di Lomè. Il principio guida al quale si sente di credere è piuttosto quello di sostenere le integrazioni subregionali, che possono reggere il mercato internazionale e riassorbire i contrasti etnico-religiosi. Concorda sul fatto di premiare quei governi che si impegnano verso la pacificazione e il rilancio economico, precisando che i programmi predisposti per la Somalia non si sono realizzati per la mancanza di un quadro di accordo politico fra i dirigenti locali. Precisa che le forze di interposizione fra Etiopia e Eritrea dovrebbero essere africane, ma sostenute dai finanziamenti occidentali, mentre informa che sul rinnovo della convenzione di Lomè si stanno registrando alcune difficoltà fra i
partners.
Rassicura infine brevemente che il Governo italiano si impegnerà a sostenere la nuova
leadership
del Sud Africa, con cui collaborerà per risolvere le crisi dell'Africa australe, con particolare riguardo al Congo e all'Angola.
Il presidente MIGONE ringrazia il sottosegretario Serri per l'interessante esposizione e dichiara concluso il dibattito sulle comunicazioni del Governo.
La seduta termina alle ore 16,45.