AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
LUNEDÌ 9 FEBBRAIO 2009
77ª Seduta
Presidenza del Presidente
VIZZINI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Eugenia Maria Roccella.
La seduta inizia alle ore 15,45.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il senatore BIANCO (
PD
) esprime una vibrata protesta per la decisione del Presidente di convocare la Commissione prima ancora che la Conferenza dei Capigruppo avesse calendarizzato per la discussione in Assemblea il disegno di legge n. 1369 (Disposizioni in materia di alimentazione ed idratazione). La Commissione si troverà a esaminare il provvedimento con procedure e tempi del tutto inammissibili per una democrazia: tale orientamento della Presidenza non potrà non avere riflessi sul clima complessivo dei rapporti e, conseguentemente, sui lavori della Commissione.
Il senatore PARDI (
IdV
) osserva che il disegno di legge n. 1369 riproduce quello del decreto-legge che il Presidente della Repubblica ha legittimamente rifiutato di firmare, non solo per mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, ma anche per rilevanti profili di incostituzionalità. Esprime la propria indignazione per la mistificazione di una sofferenza umana e per la provocazione di un incidente istituzionale senza precedenti.
Il PRESIDENTE sottolinea che la procedura prevista deve considerarsi un'eccezione ed è giustificata dalla contingenza dei fatti accaduti nelle ultime ore. Avendo avuto notizia della convocazione della Commissione di merito per l'esame del disegno di legge n. 1369, egli ha ritenuto doveroso convocare la Commissione per l'esame del disegno di legge, se calendarizzato dalla Conferenza dei Capigruppo, per consentire di esprimere il parere sulla base di un dibattito approfondito; la convocazione, quindi, deve intendersi quale atto di garanzia anche a tutela delle prerogative dei Gruppi di opposizione.
Quanto alle osservazioni del senatore Pardi, nota che esse, incidendo sul merito del disegno di legge, potranno essere considerate dalla Commissione sanità, dove si esamina il testo in sede referente.
IN SEDE CONSULTIVA
(1369)
Disposizioni in materia di alimentazione ed idratazione
(Parere alla 12
a
Commissione. Esame)
Il relatore BOSCETTO (
PdL
) ricorda che il disegno di legge si pone in relazione con l'esame dei disegni di legge in materia di dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari, all'esame della Commissione sanità, per i quali il relatore, senatore Calabrò, ha proposto un testo unificato. Negli ultimi giorni, in ragione di eventi drammatici e ben noti, il Governo ha ritenuto di intervenire d'urgenza per evitare che accadano decessi per sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione, che sono da considerarsi un sostegno vitale fisiologicamente finalizzato ad alleviare le sofferenze e pertanto non possono formare oggetto della dichiarazione anticipata di trattamento.
Sottolinea l'insussistenza di un conflitto con l'autorità giudiziaria intervenuta sul tema con pronunce di volontaria giurisdizione. Infatti, essa non ha accertato un diritto in sede contenziosa, ma ha integrato la volontà di un privato rispetto a un quadro normativo che può cambiare determinando un conseguente adeguamento della pronuncia. Sottolinea che il disegno di legge del Governo deve considerarsi come anticipazione del provvedimento organico in esame e non come soluzione del caso specifico di Eluana Englaro.
Per tali motivi, propone di esprimere un parere favorevole.
Intervenendo sull'ordine dei lavori, il senatore BIANCO (
PD
) rileva l'assenza del rappresentante del Governo, interlocutore indispensabile in quanto promotore dell'iniziativa legislativa: è necessaria una risposta del Governo alle numerose questioni che saranno poste nel dibattito.
Il PRESIDENTE obietta che la Commissione deve poter esprimere il parere indipendentemente dalla presenza del Governo: in caso contrario al Governo sarebbe riconosciuto inopportunamente il potere di ostacolare l'attività consultiva. In ogni caso egli si sta adoperando affinché un rappresentante del Governo prenda parte ai lavori della Commissione.
Il senatore BIANCO (
PD
) ricorda che per prassi la presenza del Governo, qualora sia richiesta, è considerata necessaria per proseguire nell'esame anche in sede consultiva. Invita il Presidente a sospendere la seduta in attesa dell'arrivo del rappresentante del Governo.
Il senatore PROCACCI (
PD
) invita il Presidente a salvaguardare la dignità della Commissione, e quindi del Parlamento, tenendo conto anche del conflitto istituzionale che si è determinato dopo il legittimo diniego del Presidente della Repubblica. A suo avviso, vi è il rischio che il Parlamento si trasformi in un "bivacco": pur apprezzando lo sforzo del Presidente per sollecitare l'intervento del rappresentante del Governo, chiede che si sospenda la seduta poiché non si può derogare alle regole di un dibattito democratico. Il Presidente dovrebbe essere il primo a tutelare le procedure di funzionamento della Commissione.
Il senatore PASTORE (
PdL
) esprime sorpresa per i toni impropri che sta assumendo la discussione. Ricorda che la presenza del Governo, in analogia a quanto previsto dal Regolamento per le sedute di Assemblea, è necessaria quando la Commissione lavori in sede legislativa e, per prassi, nell'esame in sede referente, mentre per l'attività consultiva non può invocarsi l'estensibilità della norma. Semmai, rilevano le ragioni di opportunità politica: il contesto in cui si svolge il dibattito, a suo avviso, giustifica la mancata presenza del rappresentante del Governo.
Il PRESIDENTE prende atto del sopraggiungere del rappresentante del Governo e ribadisce che il suo orientamento di proseguire comunque nell'esame è fondato sulla considerazione che, altrimenti, l'assenza del Governo impedirebbe alla Commissione di esprimere il parere.
Si apre quindi il dibattito sulla proposta di parere del relatore.
Il senatore VITALI (
PD
) osserva che il Governo, dopo il rifiuto del Presidente della Repubblica di apporre la firma al decreto-legge per la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, anziché sollevare un conflitto di attribuzioni ha deciso inopinatamente di imporre al Parlamento una decisione in termini brevissimi. A suo avviso, il Parlamento e il Governo avrebbero dovuto astenersi da qualsivoglia intervento, come ha osservato anche il senatore Andreotti, lasciando alla famiglia e all'autorità giudiziaria la responsabilità di giudicare sul caso di Eluana Englaro. Invece si è strumentalizzato l'episodio doloroso per fini di parte: il giudizio del suo Gruppo non può che essere drasticamente negativo, anche in considerazione della dichiarata volontà del Presidente del Consiglio di alterare l'equilibrio tra i poteri dello Stato.
Sottolinea che il potere di controllo che il Capo dello Stato esercita con l'emanazione dei decreti-legge ha significato sostanziale di garanzia costituzionale. Le ragioni che hanno determinato il diniego non vengono meno di fronte al contenuto del disegno di legge, per quanto attiene ai profili di costituzionalità. In proposito, ricorda che la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso delle Camere contro la sentenza della Corte di cassazione sul caso di Eluana Englaro, rilevando la non sussistenza di indici atti a dimostrare che i provvedimenti adottati costituiscono una forma di produzione normativa.
Inoltre, nella relazione che accompagna il disegno di legge, il Governo, ben consapevole delle motivazioni del diniego del Presidente della Repubblica, argomenta che l'autorità giudiziaria non avrebbe accertato un diritto in sede contenziosa, per cui la disposizione di legge non inciderebbe su una decisione giurisdizionale. In realtà, la Corte di cassazione ha riconosciuto un diritto e il provvedimento in esame costituirebbe un quarto grado di giudizio che non compete al Parlamento. Infine, la formulazione dell'articolo 1 non chiarisce quando e come l'alimentazione e l'idratazione non possono considerarsi diversamente dall'accanimento terapeutico, vietato dall'articolo 32 della Costituzione; né indica chi può esprimere la volontà della persona soggetta al trattamento sanitario, un punto questo sul quale si è soffermato a lungo il dibattito nella Commissione di merito.
La senatrice ADAMO (
PD
) ricorda che la proposta di testo unificato avanzata dal relatore non ha ancora trovato il consenso della Commissione sanità.
Rileva che la formulazione del disegno di legge introdurrebbe, a tempo indeterminato, il principio per cui chiunque non sia in grado di provvedere a sé stesso sarebbe impedito di dichiarare la volontà di non essere alimentato e idratato qualora si trovi in stato vegetativo permanente; conseguenza che sarebbe in chiaro contrasto con l'articolo 32 della Costituzione. Ma, contraddittoriamente, la relazione al disegno di legge afferma che l'alimentazione e l'idratazione non possono essere interrotte qualora i soggetti non manifestino direttamente e in modo certo la propria volontà. Nondimeno nel caso di Eluana Englaro questa volontà è stata attribuita alla paziente da una pronuncia definitiva del giudice e il Parlamento non potrebbe elidere per legge tale statuizione come se fosse un organo giurisdizionale che si esprime in un grado di giudizio improprio.
Per quanto riguarda la procedura seguita dalla Commissione, sottolinea la necessità di attenersi alle norme del Regolamento: si dovrebbe richiamare il Presidente del Consiglio (il quale ha indicato come "partito della morte" coloro che si oppongono alla proposta del Governo) a osservare un linguaggio diverso nei riguardi dell'istituzione parlamentare. In mancanza di tale sensibilità, si rischierebbe una deriva populista e autoritaria: infatti, con le elezioni del 2008 è stata scelta una maggioranza parlamentare non un tiranno.
Il presidente VIZZINI, commentando l'intervento della senatrice Adamo, sottolinea che la volontà popolare si è espressa con la scelta di una determinata maggioranza di Governo che ha portato alla nomina del Presidente del Consiglio.
Quanto alla procedura seguita, ricorda che nella convocazione della Commissione, ha tenuto conto del comunicato ufficiale della Presidenza del Senato, diramato la mattina del 7 febbraio, in cui si prospettavano tempi e procedure per l'esame del provvedimento: era doveroso da parte sua assicurare che la Commissione potesse discutere il disegno di legge al fine di rendere il suo parere.
Il senatore SANNA (
PD
), richiamando le notizie di alcune agenzie di informazione, avverte che il Governo ha preannunciato la presentazione di un emendamento. Sarebbe opportuno acquisirne il testo.
Il PRESIDENTE ricorda che il termine per la presentazione degli emendamenti fissato dalla Commissione sanità scadrà alle 17,30: gli emendamenti saranno senz'altro trasmessi alla 1ª Commissione per l'espressione del parere.
La senatrice INCOSTANTE (
PD
) manifesta preoccupazione e disagio per la vicenda, che rischia di pregiudicare in modo irreversibile il dialogo parlamentare: le Camere vengono trascinate in una situazione indegna, quando sarebbe stato possibile attivarsi nei tempi dovuti, in sede di esame delle iniziative legislative sulle dichiarazioni anticipate di trattamento.
Inoltre, il disegno di legge non potrà superare il giudizio già espresso dalla Corte costituzionale e si limiterebbe a un atto strumentale e di propaganda. Inoltre, il Governo, avuto contezza che l'idratazione di Eluana Englaro è già stata sospesa, sembra voler intervenire con un emendamento per estendere la previsione normativa a fatti pregressi. Tale iniziativa, a suo avviso, produrrebbe uno scempio delle istituzioni parlamentari, della sensibilità dei cittadini e della dignità della professione sanitaria.
Infine, si associa alle osservazioni della senatrice Adamo: la formulazione del disegno di legge introduce un divieto di dichiarazione anticipata per tutte le persone che non sono in grado di provvedere a se stesse, divieto che è evidentemente in contrasto con le disposizioni costituzionali.
Il senatore PARDI (
IdV
) illustra una proposta di parere contrario, pubblicata in allegato. Richiama le motivazioni della mancata emanazione del decreto-legge da parte del Presidente della Repubblica: i requisiti di necessità e urgenza sussisterebbero se il provvedimento riguardasse direttamente la vicenda di Eluana Englaro; tuttavia, in tal caso, la norma sarebbe illegittima per mancanza del carattere della generalità. Tale contraddizione, a suo avviso, riguarda anche il disegno di legge in esame.
Inoltre, la disposizione dell'articolo 1, comma 1, non definisce con chiarezza i destinatari, cioè le persone che non sono in grado di provvedere a sé stesse e coloro che assistono tali soggetti.
Ricorda che la questione del trattamento sanitario è definita dall'articolo 32 della Costituzione, che ha valore prescrittivo e non ordinatorio, e a norma del quale nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario. In proposito, rammenta le dichiarazioni del Presidente della Corte costituzionale, secondo il quale per il diritto all'autodeterminazione e il diritto alla salute non può essere stabilita una gerarchia, e richiama le dichiarazioni nello stesso senso contenute nella Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina.
Quanto al possibile conflitto con l'autorità giudiziaria, osserva che la relazione che accompagna il disegno di legge implica che se la decisione della Corte di cassazione assumesse il significato di accertamento di un diritto non potrebbe essere revocata anche nel caso in cui il disegno di legge venisse approvato.
A suo avviso, si tratta di un intervento improprio del potere politico che strumentalizza una condizione umana di difficile accertamento, evocando il ricorso alla volontà del popolo, segno di chiara ignoranza costituzionale, dal momento che solo in caso di scioglimento delle Camere il popolo potrebbe esprimere nuovamente la volontà politica. Il Presidente del Consiglio potrebbe solo seguire la strada di una modifica della Costituzione con le procedure dell'articolo 138 della Costituzione, affrontando la prova del
referendum
popolare. Le improvvide allusioni al "partito della morte" rappresentano una mistificazione scientifica e un grave errore politico, in quanto ostacolano ogni possibile intesa e dialogo anche sulle riforme istituzionali. La compressione del dibattito parlamentare testimonia la volontà del Presidente del Consiglio di imporre limiti alla democrazia, una sfida che sarà respinta con il ricorso alle forze più vive del Paese, anche al di fuori delle assemblee elettive.
Il presidente VIZZINI, commentando le dichiarazioni del senatore Pardi ricorda che i poteri del Presidente del Consiglio sono definiti dalla Costituzione: ove questa venisse modificata, il popolo effettivamente potrebbe intervenire pronunciandosi nel
referendum
previsto dall'articolo 138 della Costituzione, in mancanza di una maggioranza parlamentare dei due terzi.
Il senatore BIANCO (
PD
) ritiene che ove fosse confermata l'intenzione del Governo di presentare un emendamento, la Commissione dovrebbe attendere il testo di tale proposta prima di esprimere il proprio parere.
Il presidente VIZZINI informa di aver acquisito notizie che il Governo non presenterà proposte di modifica. In ogni caso, alla scadenza del termine, gli emendamenti presentati saranno trasmessi dalla Commissione di merito per il prescritto parere.
Il senatore BIANCO (
PD
) ricorda l'iniziativa assunta dalla Commissione affari costituzionali nella scorsa legislatura, dopo un'importante sentenza in materia della Corte costituzionale, per l'approvazione di un documento sul procedimento di conversione in legge dei decreti-legge e sui limiti alla decretazione d'urgenza: sollecita la Commissione a riprendere l'argomento, in modo da pronunciarsi con autorevolezza su una materia che assume un'importanza sempre maggiore, dato l'aumento progressivo della decretazione d'urgenza fino a livelli che possono compromettere l'equilibrio costituzionale tra Governo e Parlamento. Si assiste alla deriva verso una forma di governo presidenziale: tale evoluzione, che potrebbe essere legittimamente prescelta dal legislatore costituzionale, dovrebbe essere accompagnata però dall'introduzione di poteri di controllo più incisivi da parte Parlamento.
Ricorda le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Presidente della Repubblica sul decreto-legge, che a suo avviso investono anche il disegno di legge in esame. A parte l'intollerabile compressione dei tempi d'esame, appare illogica, e quindi manifestamente illegittima, la norma che introduce una disciplina transitoria che invece avrà effetti per un tempo indeterminato. Inoltre, il provvedimento determina una violazione della separazione dei poteri, tipica delle costituzioni democratiche e della democrazia liberale. A tale riguardo, nota che la Corte di cassazione effettivamente ha ricostruito un diritto individuale che tiene conto della volontà comunque manifestata dal soggetto: per tale motivo, secondo quanto ammette sia pure per implicito la stessa relazione che accompagna il disegno di legge, la disposizione legislativa inciderebbe sulla decisione dell'autorità giudiziaria, a suo parere illegittimamente.
Il senatore CECCANTI (
PD
) critica in primo luogo le affermazioni del Presidente del Consiglio le quali, da una parte, esasperano i toni di un dibattito già complesso e drammatico e, dall'altra, appaiono gravemente offensive nei confronti delle forze di opposizione, definite "partito della morte".
Nell'invitare il Presidente del Consiglio a non assolutizzare le proprie posizioni e a non respingere pregiudizialmente quelle altrui, esprime forti perplessità sulla dichiarata volontà - espressa dal Capo del Governo - di contrapporre ad una democrazia formale una visione sostanzialistica della democrazia stessa. Al riguardo, osservando che presupposto essenziale di ogni regime democratico è invece proprio il rispetto delle forme, ricorda quanto più volte affermato dal cattolico Alcide De Gasperi che, rifiutando ogni visione integralista dello Stato e della società, più volte difese le regole della democrazia parlamentare e i diritti di libertà come presupposto fondamentale della convivenza civile.
Si sofferma quindi sulla decisione del Presidente della Repubblica di non emanare il decreto-legge adottato dal Consiglio dei ministri, non ravvisandovi i presupposti di necessità e urgenza e rilevando invece profili di illegittimità costituzionale. Reputa che, qualora il Presidente del Consiglio avesse ritenuto che il comportamento del Presidente della Repubblica integrasse un abuso, avrebbe dovuto sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, e non procedere, come ha fatto, alla presentazione di un disegno di legge, imponendo al Parlamento una sua rapida approvazione, così determinando il rischio di una conflittualità istituzionale difficilmente risolvibile.
In riferimento al contenuto del disegno di legge, osserva che esso non potrebbe applicarsi al caso in questione, in ragione della impossibilità di travolgere il giudicato che si è già formato. In caso contrario vi sarebbe una palese violazione del principio della separazione dei poteri, in quanto il legislatore, nell'approvare il disegno di legge in esame, si sostituirebbe ai giudici, assumendo di fatto una decisione sul caso concreto di contenuto contrario a quella legittimamente emessa dalla Corte d'Appello di Milano e confermata dalla Corte di cassazione in forma definitiva.
Rileva in conclusione che la posizione del Presidente del Consiglio nella vicenda e le sue affermazioni sui rapporti fra i poteri dello Stato sembrano richiamare i modelli costituzionali adottati dagli Stati autoritari. In proposito ricorda che proprio la Costituzione sovietica dell'epoca staliniana escludeva ogni controllo, da parte di altri organi, sull'adozione dei decreti del Governo con forza di legge.
La senatrice BASTICO (
PD
) censura l'atteggiamento di sfida assunto dal Presidente del Consiglio nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale aveva preventivamente espresso la sua volontà di non emanare un decreto-legge in materia, ritenendo di non ravvisarvi i presupposti costituzionali. La scelta del Presidente del Consiglio, di presentare alle Camere un disegno di legge dal contenuto analogo, imponendo la sua rapida approvazione, è, a suo avviso, una ulteriore dimostrazione di scarsa sensibilità istituzionale che, dopo aver innescato un conflitto con la Presidenza della Repubblica, svilisce il ruolo del Parlamento e offende, nello stesso tempo, le forze dell'opposizione, accusate di rappresentare il "partito della morte". Nel deplorare tali dichiarazioni, ritiene che il comportamento assunto dal Governo rappresenti un
vulnus
dei fondamenti stessi del sistema democratico.
Osserva, inoltre, che la compressione del percorso parlamentare non ha alcuna giustificazione, considerando che da tempo la Commissione sanità del Senato sta discutendo i disegni di legge in materia di testamento biologico: se il Governo avesse veramente considerato prioritaria la risoluzione di tali questioni, avrebbe potuto imprimere al dibattito una adeguata accelerazione, così come ha fatto per altri disegni di legge.
Ritiene invece gravemente lesivo delle prerogative parlamentari costringere il legislatore ad esaminare in tempi rapidissimi una materia così critica che, traducendosi in una norma
ad personam
, rischia di caricare il dibattito di una tensione emotiva inidonea a una soluzione equilibrata di un tema eticamente sensibile.
Rileva inoltre che il disegno di legge è lesivo dell'articolo 32 della Costituzione, osservando che il Governo ha già violato i princìpi contenuti nella norma costituzionale sul diritto alla salute, configurato come un diritto della persona, a prescindere dallo
status
di cittadinanza. In proposito richiama alcune norme contenute nel disegno di legge in materia di sicurezza, recentemente approvato dal Senato, che rendono onerose le prestazioni sanitarie anche a prescindere dallo stato di indigenza dell'interessato quando si tratti di uno straniero e, di fatto, rimuovono il divieto di denuncia da parte del medico curante, limitando anche l'esercizio di quel diritto per gli stranieri irregolari.
Con il disegno di legge in esame si incide, probabilmente in modo irreversibile, sul secondo principio contenuto nell'articolo 32 della Costituzione, ovvero il divieto di trattamenti sanitari obbligatori. Il provvedimento del Governo, infatti, vietando la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione nei confronti di persone non in grado di provvedere a sé stesse, impedisce a chiunque, anche se pienamente capace di intendere e di volere, di richiedere la sospensione di tali prestazioni, introducendo di fatto nell'ordinamento trattamenti sanitari obbligatori, così determinando una grave lesione della libertà individuale e dello statuto deontologico degli esercenti la professione sanitaria.
Ritiene inoltre che, qualora approvato, il disegno di legge non potrebbe essere applicato al caso di Eluana Englaro, essendo tale fattispecie oggetto di un giudicato che non può considerarsi travolto da un successivo intervento legislativo.
Ritiene in conclusione che la complessità dei temi coinvolti e le numerose implicazioni di natura etica impongano un esame approfondito da parte del Parlamento, per giungere a una soluzione equilibrata. Ciò al fine di assicurare al legislatore la libertà di legiferare in piena autonomia e con i tempi necessari di approfondimento su un tema che coinvolge, in un modo così intenso, la coscienza di ciascuno.
Il senatore PROCACCI (
PD
) si dichiara certo che anche i parlamentari che voteranno a favore del disegno di legge non possano affermare di avere certezze su una questione carica di implicazioni etiche così drammatiche. Ricorda, al riguardo, che in molte occasioni i parlamentari di maggioranza e opposizione hanno ribadito le difficoltà di compiere scelte chiare e inequivoche su temi così rilevanti.
Si sofferma quindi sulla scelta del Presidente del Consiglio di tentare la soluzione della decretazione d'urgenza prima e, a fronte della ferma opposizione del Capo dello Stato, di procedere con un disegno di legge dal contenuto analogo, imponendone al Parlamento una rapidissima approvazione. Ciò rappresenta, a suo avviso, una gravissima ferita alle istituzioni democratiche e una lesione grave delle prerogative del Parlamento, di fatto piegato alla volontà dell'Esecutivo. Ritiene estremamente grave, al riguardo, che la maggioranza parlamentare non abbia sentito l'esigenza di difendere le prerogative costituzionali delle Camere, a tutela di un rapporto sereno ed equilibrato tra i poteri dello Stato.
Condivide quanto affermato da altri senatori del suo Gruppo sull'esigenza di non legiferare con emotività, procedendo invece ad un esame approfondito delle numerose questioni coinvolte. Ritiene in proposito che la via più idonea sia quella dell'esame, presso la Commissione igiene e sanità, dei disegni di legge in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento.
Ritiene non risolta scientificamente - e difficilmente risolvibile con lo strumento legislativo - la questione se l'idratazione e l'alimentazione artificiale, effettuata attraverso un sondino nasogastrico, possa considerarsi trattamento sanitario.
Osserva inoltre che l'elemento di maggiore debolezza della scelta di interrompere la prestazione sanitaria nei confronti di Eluana Englaro sia rappresentato dall'impossibilità di acquisire chiaramente la sua volontà, ricostruita esclusivamente sulla base di testimonianze indirette e non adeguatamente documentate. Dichiara in proposito che se il disegno di legge avesse disposto il divieto di sospensione della prestazione sanitaria in assenza di un'espressa volontà del paziente, in linea con quanto contenuto nei disegni di legge sul testamento biologico, probabilmente avrebbe ottenuto il suo voto favorevole. Così come concepito, invece, il disegno di legge priverebbe il medico di qualsiasi margine di discrezionalità, imponendo a tutti, indiscriminatamente, l'obbligo di somministrare, in qualsiasi forma, cibo ed acqua, anche contro la volontà del paziente.
Dopo aver criticato le affermazioni del Presidente del Consiglio sulla Costituzione italiana, si appella alla sensibilità istituzionale del presidente Vizzini, osservando al riguardo che, al di là dei suoi compiti istituzionali, certamente anch'egli non possa non condividere il disagio che ciascun parlamentare vive oggi di fronte ad un tema così sensibile e, soprattutto, alla luce di una vicenda umana dai contorni così tragici.
Il presidente VIZZINI assicura che non mancherà di rispondere in una sede appropriata alla sollecitazione da ultimo rivoltagli dal senatore Procacci.
Il senatore Mauro Maria MARINO (
PD
) manifesta il suo disagio per le modalità con cui il Parlamento è stato costretto a intervenire, con una convocazione in tempi rapidissimi, in una materia tanto critica e al contempo esprime preoccupazione sull'incapacità della maggioranza di difendere le prerogative del Parlamento di fronte alla pretesa del Governo di imporre le proprie scelte.
Ritiene inoltre che l'accelerazione indotta dalle decisioni dell'Esecutivo determini una radicalizzazione dello scontro su un tema nel quale dovrebbero prevalere le ragioni del dialogo e di un pacato confronto, inevitabilmente compromesso dalle avventate affermazioni dell'onorevole Berlusconi.
Nel ricordare che la Costituzione, all'articolo 67, dispone che ciascun parlamentare rappresenta la Nazione senza vincolo di mandato, afferma che, soprattutto in materie di così grande rilievo, egli non possa subire pressioni da parte di poteri esterni.
Pur riconoscendo al senatore Boscetto il merito di aver svolto una riflessione equilibrata sul disegno di legge e sulle sue implicazioni costituzionali, non condivide la proposta di parere favorevole, rinvenendo molteplici profili di illegittimità costituzionale nel disegno di legge e, ancor prima, nel comportamento del Presidente del Consiglio nel corso della vicenda.
Quanto al rifiuto del Presidente della Repubblica di emanare il decreto-legge, osserva che il Capo dello Stato, nel garantire il corretto esercizio dei pubblici poteri e nell'assicurare il pieno rispetto della Costituzione, non svolge esclusivamente una funzione notarile. A tal fine è titolare di una serie di prerogative, tra le quali quella di svolgere un controllo di legittimità sui decreti-legge emanati dal Governo, valutandone la rispondenza ai requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione.
Condivide, inoltre, i rilievi formulati dal Presidente Napolitano circa l'impossibilità di legiferare per intervenire laddove si è formato un giudicato. Ciò costituisce, infatti, una inammissibile violazione del principio di separazione dei poteri.
Di fronte ai legittimi rilievi formulati dal Capo dello Stato il Presidente del Consiglio si è invece attestato su una linea oltranzista, presentando alle Camere un disegno di legge per il quale ha anche chiesto un'approvazione in tempi rapidissimi, comprimendo così i diritti delle assemblee elettive. Tale modo di procedere, se reiterato, potrebbe compromettere gravemente la vita delle istituzioni, indebolendo le garanzie che la Costituzione pone a difesa di tutti.
Quanto al contenuto del disegno di legge, osserva che esso, nel prevedere un divieto generalizzato di sospensione dell'alimentazione e dell'idratazioni artificiali, confligga con il divieto di trattamenti sanitari obbligatori sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
Soffermandosi nuovamente sul rapporto tra legge e pronunce giurisdizionali, critica, anche alla luce di autorevoli commenti di giuristi, l'affermazione contenuta nella relazione governativa, volta a sostenere che l'intervento legislativo sarebbe legittimo ed efficace per il caso di specie, in quanto non vi sarebbe conflitto con l'autorità giudiziaria, essendo quest'ultima intervenuta sul tema con pronunce di volontaria giurisdizione. Tale affermazione, a suo avviso, è priva di adeguato fondamento, dal momento che tali pronunce sono comunque integrate da una sentenza della Corte di cassazione che ha espressamente ricavato dalla legislazione vigente il diritto ad esprimere, anche in via indiretta, la propria volontà sui trattamenti sanitari cui essere sottoposti.
Il provvedimento, pertanto, benché sia stato concepito
ad hoc
per il caso di Eluana Englaro, sarebbe inevitabilmente inapplicabile proprio a quel caso.
Ritiene che l'unica soluzione perseguibile sia quella di un esame approfondito e sereno sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, così come sta accadendo presso la Commissione sanità da molte settimane. Si tratta infatti, a suo avviso, di una questione eticamente sensibile, in riferimento alla quale non possono prevalere logiche emergenziali dettate dall'emotività del momento.
Ribadisce in conclusione l'auspicio che, per quanto legittime siano le dichiarazioni circa l'esigenza di modificare la Costituzione, quest'ultima debba essere rispettata, soprattutto dai titolari degli organi supremi dello Stato. In caso contrario, infatti, il processo di disfacimento sociale potrebbe assumere caratteri di irreversibilità.
Il PRESIDENTE, quanto ai tempi rapidi di esame del disegno di legge, ricorda che una procedura analoga si è recentemente realizzata, alla Camera dei deputati, in sede di modificazione della legge per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.
Il senatore SANNA (
PD
) ritiene che il paragone con l'
iter
legislativo appena evocato dal Presidente sia improprio, dal momento che in quel caso si è registrata una piena e unanime convergenza di tutte le forze politiche e solo in tale condizione è stato possibile accelerarne l'approvazione, dopo molto tempo in cui invece quel consenso era mancato. Al Senato, invece, la materia del testamento biologico e delle dichiarazioni anticipate di trattamento non è pienamente condivisa: i numerosi disegni di legge presentati, sui quali ha avuto inizio un articolato dibattito, rappresentano posizioni tra loro diversificate e spesso confliggenti.
Ritiene che il disegno di legge presentato dal Governo non sia adeguato a regolare una materia così complessa, che coinvolge i diritti fondamentali della persona in modo intenso e profondo. Si tratta, a suo avviso, di un tema di rilevanza costituzionale che meriterebbe una trattazione più adeguata. Osserva, inoltre, che le questioni concernenti la fine della vita esigono un approfondimento ulteriore anche per quanto concerne le problematiche relative alla regolamentazione legislativa delle terapie del dolore, tema inevitabilmente collegato alla questione oggetto del dibattito odierno.
Pur considerando la vita umana inviolabile e meritevole di difesa fino alla morte naturale, ritiene necessario interrogarsi se la prosecuzione artificiale dell'esistenza, attraverso gli strumenti sempre più raffinati che la tecnica elabora, possa legittimamente considerarsi vita. Ribadisce pertanto l'esigenza di non sottrarsi a un dovere di approfondimento che richiede tempi e sedi adeguate, al riparo da logiche emergenziali.
Si sofferma, quindi, sul contenuto del disegno di legge. In primo luogo osserva che il provvedimento, così come concepito, rischia di pregiudicare, in modo probabilmente irreversibile, le questioni concernenti il tema delle dichiarazioni anticipate di trattamento, poiché introduce nell'ordinamento giuridico, in contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, un generalizzato dovere di alimentazione e idratazione in favore di chiunque sia incapace di provvedervi autonomamente. Affermare peraltro che tali interventi non siano configurabili come prestazioni sanitarie appare, a suo avviso, discutibile, tenendo conto delle molteplici e diversificate posizioni scientifiche in materia. Rileva al riguardo che lo stesso comitato di bioetica, benché abbia affermato che l'alimentazione e l'idratazione costituiscano forme di sostegno vitale e non siano delle terapie, ha però riconosciuto, circa la loro somministrazione, che occorre distinguere l'ipotesi in cui il paziente non sia in grado di assorbirle. La norma contenuta nel disegno di legge, qualora fosse approvata imporrebbe invece un obbligo di idratazione e di alimentazione anche nell'ipotesi di mancato assorbimento da parte del paziente, producendo in tal modo effetti incontrollati.
Il presidente VIZZINI comunica che la Commissione di merito ha preso atto dell'impossibilità di concludere i lavori entro le ore 19, anche in ragione della presentazione di 1.543 emendamenti. Ritiene pertanto che anche la Commissione affari costituzionali concluderà i propri lavori senza votare alcuna proposta di parere.
Interviene sull'ordine dei lavori il senatore CASSON (
PD
), il quale ritiene necessario che la Commissione si esprima su due emendamenti presentati da senatori della maggioranza al disegno di legge e che il sottosegretario Roccella chiarisca la posizione del Governo, dal momento che, se approvati, i due emendamenti modificherebbero in modo significativo il contenuto del disegno di legge.
Il presidente VIZZINI rileva che, non essendo stato espresso parere sul disegno di legge, la Commissione non abbia la possibilità di procedere all'esame degli emendamenti.
Il sottosegretario ROCCELLA, dopo aver espresso il suo rammarico per il fatto che la Commissione affari costituzionali non abbia potuto esprimere il proprio parere, rileva che l'esigenza di una rapida approvazione del disegno di legge nasce dalla constatazione che una persona viene lasciata morire sulla base di una volontà presunta ricavata da testimonianze indirette. Ciò è anche in contrasto con tutti i disegni di legge presentati in materia di testamento biologico e all'esame della Commissione sanità, i quali, se fossero approvati, renderebbero impossibile procedere nei confronti di chiunque nelle forme con cui si sta procedendo nei confronti di Eluana Englaro.
Pur riconoscendo l'impossibilità, per ragioni di tempo, di entrare nel merito delle questioni poste, rivendica la scelta del Governo e rileva che, quand'anche il disegno di legge proposto fosse un disegno di legge
ad personam
, esso sarebbe in ogni caso legittimo in quanto volto a salvare una vita umana.
Il presidente VIZZINI ringrazia tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito.
La seduta termina alle ore 18,50.
PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE
SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1369
La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,
premesso che:
l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, definendo da un lato il diritto alla vita, dall’altro una laica sacralità che impone il rispetto dell’essere umano - nel tempo presente e in quello futuro - nel suo perimetro fisico e anatomico oltre che in quello intangibile della dimensione intellettiva e politica. Tale articolo definisce altresì un confine costituzionale che il legislatore non può varcare, oltre il quale vengono in considerazione la libertà di scelta e l’autonomia di pensiero. Allo stesso modo dispone l'art. 13 della Costituzione, laddove definisce l'inviolabilità della libertà personale;
tra i diritti fondamentali dell’uomo che ricadono all’interno di questa formulazione vi è il diritto all’autodeterminazione, che garantisce la libertà di disporre della propria vita e del proprio corpo come bene inviolabile;
il Presidente della Corte Costituzionale, in data 28 gennaio 2009 ha avuto modo di chiarire che il diritto all'autodeterminazione e quello alla salute, che costituiscono i fondamenti del consenso informato, sono entrambi diritti fondamentali e tra essi non può essere proposta una rigida gerarchia. In modo analogo, la sentenza n.238 del 1996 della Corte Costituzionale poneva sullo stesso livello il diritto all'autodeterminazione e il diritto alla vita. Spetterebbe al Parlamento, nel fornire chiare opzioni legislative , definire un ponderato equilibrio dei valori in gioco;
la convenzione di Oviedo per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina del 1997, definisce la necessità di rispettare l’essere umano sia come individuo che nella sua appartenenza alla specie umana . Riconosce altresì l’importanza di assicurare la dignità umana anteponendo l’interesse e il bene dell’essere umano all'interesse della società o della scienza" (art. 2) e ribadisce che un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato, precisando che "allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge" ;
partendo dalla Costituzione, ove individua i principi che l’ordinamento ritiene insuscettibili di negoziabilità, la sentenza della Corte di Cassazione del 16 ottobre 2007, n. 21748, attraverso gli artt. 2, 13 e 32 Cost. definisce l’ormai indefettibile regola per cui è precluso al medico di eseguire trattamenti sanitari se non acquisendo quel consenso libero e informato del paziente che è presupposto espressivo del suo diritto primario di accettazione, rifiuto e interruzione della terapia;
si tratta di un “diritto (assoluto) di non curarsi, anche se tale condotta (lo) esponga al rischio stesso della vita” (così, di recente, Cass. 15 settembre 2008, n. 23676) che, in quanto tale, è giocoforza che debba, e possa, esprimersi anche nella terza direzione (volontà interruttiva) perché improntato alla sovrana esigenza di rispetto dell’individuo e dell’intimo nucleo della sua personalità quale formatosi nel corso di una vita in base all’insieme delle convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che ne improntano le determinazioni (cfr. Cass., n. 21748 cit. del 2007);
una volta ricordato, del resto, che tutte le norme costituzionali a presidio di diritti primari (l’art. 32 è fra queste) sono imperative e di immediata operatività senza che occorra, a questi fini, intervento ulteriore del legislatore ordinario (sull’obbligo di rispetto del “generale vincolo del giudice alla legge” e, perciò e in primis, della Carta Costituzionale, cfr. Corte Cost. 8 ottobre 2008, n. 334), si impone la deduzione per cui rientrano nella sfera del diritto considerato anche rifiuto e volontà interruttiva di ipotetiche terapie salvifiche, dal momento che il principio personalistico che lo permea a livello costituzionale esclude la possibilità di disattenderlo nel nome di un supposto dovere pubblico di cura proprio di uno Stato etico, peraltro ripudiato dai costituenti; in questo senso, e solo in questo, la corretta lettura del dettato costituzionale secondo cui “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, dove l’intervento sociale si colloca in funzione della persona e della sua sfera autodeterminativa e non viceversa (ancora, Cass., n. 21748 cit. del 2007). Né varrebbe eccepire che gli eventuali rifiuti ovvero le espressioni di volontà interruttiva di terapie che conducano, in ipotesi, alla morte configurerebbero fenomeni eutanasici;
non si colgono critiche convincenti alla conclusione per cui possa e debba valere - semmai a maggior ragione - il dovere dell’ordinamento al rispetto di una espressione autodeterminativa che null’altro chiede se non che il processo biologico si evolva secondo il suo iter naturale con l’ablazione di forzature e violenze di interventi tecnologici a null’altro finalizzati se non alla protrazione di una sopravvivenza inerte;
il disegno di legge in esame, in deroga al principio generale, per conseguire analogo effetto rispetto allo schema di decreto legge non autorizzato dal Capo dello Stato, si propone l'immediata entrata in vigore della normativa in questione, senza nulla dire riguardo alle situazioni di sospensione in essere;
un punto cruciale del disegno di legge è la mancanza di precisi destinatari del precetto, sia attivi che passivi: l'indefinitezza dei soggetti individuati dal disegno di legge, ovvero le persone che "non possono provvedere a se stesse", così come quella di "colui che "assiste" e a cui è imposto il divieto di procedere a sospensione determina seri profili di incostituzionalità del provvedimento;
mancano, inoltre, nel disegno di legge in esame sia specifiche sanzioni per il caso di inottemperanza, che qualunque riferimento al rispetto della volontà dei soggetti, eventualmente già espressa o accertata, per non far menzione degli eventuali giudicati o al rispetto delle pronunce definitive in ordine proprio al formarsi della volontà dei soggetti interessati. Se, da un lato, l'assenza di sanzioni priverebbe di portata effettiva il precetto, dall'altro il suo diretto configgere con la volontà del soggetto andrebbe a porsi in violazione dell'ultimo periodo dell'articolo 32 della Costituzione, laddove si rimette alla legge la possibilità di imporre trattamenti sanitari ma solo nel rispetto della persona;
considerato che:
nella recente storia dei diritti civili in Italia, in un contesto di contrapposizioni progressiste e conservatrici nell’ambito delle vicende che portarono alla definizione della normativa in materia di divorzio e di aborto, l’agone politico si caratterizzò per l’affermazione del il principio per cui fosse garantito a tutti il diritto di scegliere per sé, rinunciando alla visione di uno Stato coercitore che prevedesse per i cittadini italiani la migliore opzione etico-politica in quanto tale;
la procedura utilizzata sul piano parlamentare, la relazione introduttiva all'Atto Senato 1369 ed infine i lavori preparatori della stessa qualifica chiaramente la legge, pur formulata con riferimento ad una platea tanto vasta da risultare irragionevolmente indeterminata, come legge fatta per un singolo e specifico caso e contro una singola e specifica sentenza/decreto, situazione della quale non può non tenersi conto ai fini della costituzionalità della stessa, per quanto l'ultimo capoverso della relazione assurdamente si avventuri a negarlo. Il soggetto in questione ha visto riconosciuta, nelle forme e secondo le procedure previste dalla legge vigente, il riconoscimento della propria volontà con decisione giurisdizionale definitiva, ribadita dalla sentenza n. 334 del 2008 della Corte Costituzionale in riferimento ad un temerario conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica. Si avrebbe, dunque, la paradossale situazione in cui l'ordinamento riconosce un diritto senza che esso possa essere esercitato: ciò pare in contrasto con i principi e le categorie generali dell'ordinamento giuridico;
presso la commissione Sanità del Senato è già in corso l’esame di una serie di ddl aventi per oggetto il consenso informato e dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari, con testi più articolati e complessi;
stante quindi la delicatezza della materia ed il suo impatto sulla vita dei cittadini e l’eventuale rischio di compressione delle libertà costituzionalmente garantite, le modalità di esame dell'Atto Senato 1369 non consentono un adeguato confronto parlamentare sulla base di molteplici proposte sorte in questo ramo del Parlamento, ritmato come è da tappe forzate e forzose che comportano il rischio dello scavalcamento del ruolo delle Camere costringendole ad un ruolo ancillare all’impulso governativo.
esprime parere contrario.