2º Resoconto stenografico
SEDUTA DI LUNEDÌ 23 luglio 2001
Presidenza del presidente PASTORE
INDICE
Comunicazioni del Ministro dell’interno sugli incidenti di Genova
ANGIUS (DS-U) 4, 11, 16 e passim
BASSANINI (DS-U) 11, 12
D’ALÌ, sottosegretario di Stato per l’interno 30
DE PETRIS (Verdi-U) 11
* D’ONOFRIO (CCD-CDU:BF) 23
GRECO (FI) 12, 17
MALABARBA (Misto-RC) 17
* MANCINO (Mar-DL-U) 19
MANZELLA (DS-U) 11
* NANIA (AN) 17, 21
* NOVI (FI) 12, 29, 30
* SCAJOLA, ministro dell’interno 5, 12
SCHIFANI (FI) 17
TURRONI (Verdi-U) 17
I lavori hanno inizio alle ore 17,35.
PROCEDURE INFORMATIVE Comunicazioni del Ministro dell’interno sugli incidenti di Genova e svolgimento di connessa interrogazione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca comunicazioni del Ministro dell’interno sugli incidenti di Genova e lo svolgimento dell’interrogazione n. 3-00067.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Onorevoli colleghi, prima di passare la parola al ministro Scajola per le comunicazioni sui fatti di Genova, come Presidente di questa Commissione mi corre l’obbligo, con estrema brevità, di richiamare l’attenzione dei commissari presenti, e degli altri parlamentari che sono stasera con noi, su alcuni aspetti di questa tragica vicenda che ha caratterizzato i giorni scorsi a Genova. Desidero quindi esprimere preliminarmente, a nome credo di tutti voi e della Commissione, il profondo cordoglio per quella vita spezzata, come ha detto il presidente Ciampi, in questi giorni luttuosi. Credo che tutti noi dobbiamo far tesoro, in questa circostanza, delle parole di estrema dignità e compostezza che hanno espresso i genitori del giovane che ha perso così tragicamente la vita, pur nel grande dolore che solo un genitore che subisce la scomparsa di un figlio può conoscere e può provare. Vorrei aggiungere a questi sentimenti anche il ringraziamento e la riconoscenza per tanti altri, giovani e non giovani che, vestendo le divise delle Forze dell’ordine, hanno tutelato la sicurezza dei cittadini e con il loro sacrificio hanno consentito di svolgere a Genova un atto di grande libertà politica, un summit internazionale, che ha discusso i grandi problemi che sono sul tappeto dell’intero nostro pianeta. A loro deve andare il nostro sentito ringraziamento e il nostro pensiero. Essi hanno messo in gioco la loro incolumità, la loro integrità fisica, e l’hanno fatto con spirito di dovere e di sacrificio. Vorrei che in questo tutti fossimo accomunati da sentimenti di solidarietà e che non si riprendesse un discorso quasi di rifiuto della presenza delle Forze dell’ordine in manifestazioni come fu fatto in anni non molto lontani, quando si sosteneva che la sola presenza delle Forze dell’ordine rappresentava una provocazione e quindi giustificava il ricorso alla violenza, o il richiamo – pure fatto in anni non lontani – a un disarmo delle Forze di polizia. Voglio ricordare, colleghi, che la nostra giovinezza e la nostra maturità sono state segnate da una scia di sangue derivata anche da una sottovalutazione di certi fenomeni di violenza che poi hanno dato luogo a quello che tutti noi conosciamo. Un terzo sentimento che voglio esprimere è quello di solidarietà sincera ai cittadini e alla città di Genova, che sono stati – non credo di esagerare – martirizzati in questi giorni di violenza; hanno subito, non solo sulle cose ma anche moralmente, attacchi violenti che noi cercheremo in qualche modo di risarcire da un punto di vista economico (in questo c’è l’impegno del Governo e del Parlamento); ma il risarcimento che non potremo certo soddisfare è quello morale: perché chi viene toccato nei propri affetti, anche radicati nelle cose, certamente non dimentica facilmente, non c’è risarcimento materiale che possa bastare. Con questi sentimenti vorrei invitare la Commissione, prima di dare la parola al Ministro, a raccogliersi un minuto per riflettere e meditare sui gravi episodi avvenuti in questi giorni.
(La Commissione si leva in piedi per osservare un minuto di raccoglimento).
Grazie. Riprendiamo i nostri lavori.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, vorrei intervenire brevemente sull’ordine dei lavori. PRESIDENTE. Senatore Angius, la nostra seduta è dedicata alle comunicazioni del Governo. Se dovessi aprire un dibattito sull’ordine dei lavori, si sottrarrebbe tempo alle comunicazioni del Governo. Il Ministro ha un altro impegno. ANGIUS (DS-U). Poiché leggo nelle agenzie di stampa che il Presidente del Consiglio si recherà in Aula alla Camera, insieme ovviamente al Ministro dell’interno, per riferire sui fatti di Genova, e dovendo ciò avvenire alle 18,30, abbiamo a disposizione qui in Senato circa 45 minuti. Vorrei sottoporre alla sua attenzione, data la condizione di disparità evidente tra Camera e Senato nell’affrontare questo delicato problema, la richiesta di proseguire, per un lasso di tempo che potrebbe arrivare fino alle 19,30, i lavori della nostra Commissione, in modo da svolgere le valutazioni sulle dichiarazioni che rilascerà il Governo nel modo più congruo possibile. PRESIDENTE. Senatore Angius, ascoltiamo prima le dichiarazioni del Governo, poi la Presidenza adotterà le decisioni del caso. Certamente non vorrà sottrarre il dibattito a questa Commissione, però vi sono questi impegni. È importante che il Senato per il momento raccolga le comunicazioni del Governo sui fatti avvenuti.
Do quindi la parola al ministro Scajola.
SCAJOLA, ministro dell’interno. Caro Presidente, onorevoli senatori, il rispetto istituzionale che si deve al Parlamento e al ruolo delle forze politiche qui rappresentate ha indotto il Governo a riferire oggi, e non prima come da altri richiesto, sulla gestione dell’ordine pubblico a Genova in occasione del G8. Ciò per evitare che in una situazione delicatissima sotto il profilo dell’ordine pubblico si svolgesse in quest’Aula un dibattito anacronistico che, invece di spiegare gli eventi, fosse dagli stessi eventi contraddetto o smentito.
Il Governo considera utile e importante questo dibattito richiesto dalle forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione. Il senso dello Stato, delle istituzioni, della legalità democratica deve essere ed è patrimonio comune, condiviso al di là degli schieramenti politici; è il principio fondante sul quale si basa la convivenza democratica in uno Stato di diritto. Solo frange irresponsabili e politicamente marginali, in questi difficili giorni, sono venute meno a questi princìpi, in un momento obiettivamente delicatissimo nel quale erano in gioco l’immagine internazionale del nostro Paese, da un lato, la sicurezza e la libertà di espressione dei cittadini, dall’altro. Su tutto questo non possono esserci equivoci. Le immagini televisive che mostrano scontri e devastazioni resteranno a lungo negli occhi e nella memoria degli italiani. Una vita umana è andata perduta e ciò è motivo di grande dolore, ma questo è solo un aspetto della realtà. Il Governo aveva il dovere di garantire lo svolgimento del G8 che – non dobbiamo dimenticarlo mai – è l’incontro legittimo ed utile fra Capi di Stato e Capi di Governo democraticamente eletti, rappresentativi di centinaia di milioni di cittadini. Il G8 si è potuto svolgere in tutti gli appuntamenti previsti, in condizioni di piena sicurezza, lodate e apprezzate da tutti i leader politici stranieri presenti a Genova. Oltre all’incolumità dei Capi di Stato e di Governo, è stata tutelata quella dei circa 8.000 componenti le delegazioni e dei 5.000 giornalisti accreditati e, non ultimi, degli stessi abitanti della zona centrale di Genova. L’area del vertice non è stata violata, nonostante i ripetuti tentativi dei gruppi più estremisti e, addirittura, gli incitamenti dei massimi responsabili del Genoa Social Forum. A Genova non si sono create difficoltà per i lavori del vertice, che hanno invece contraddistinto gli incontri internazionali di Seattle, di Nizza, di Göteborg, dove i contestatori erano soltanto 10.000 o 20.000 e le frange violente qualche centinaio di persone. Qui si parla di circa 200.000 manifestanti e di alcune migliaia di estremisti violenti; si parla anche di un clima politico di scontro annunciato, di sfida esplicita alle istituzioni, di tentativo dichiarato, da parte dei contestatori, di impedire lo svolgimento di un vertice internazionale, messo in cantiere – ricordiamolo – dal precedente Governo di centrosinistra che ne ha scelto la sede e ne ha impostato l’organizzazione. Questo Governo, il Governo Berlusconi, con senso di responsabilità e continuità istituzionale, ha portato a completamento una situazione ereditata e che non avremmo avuto il tempo di cambiare, pur non nascondendo serie perplessità sulla scelta della città di Genova, oggettivamente inadeguata a garantire l’ordine pubblico in circostanze difficili. Il ministro degli esteri Ruggiero e il Ministro dell’interno, in piena intesa con il Presidente del Consiglio e a nome dell’intero Esecutivo, hanno adottato una linea di condotta ispirata alla prudenza e alla ragionevolezza, cercando il dialogo con il movimento antiglobalizzazione, lavorando per creare le condizioni di uno svolgimento quanto più possibile sereno del G8 e anche di legittime manifestazioni di dissenso. Il Parlamento ha votato a larghissima maggioranza uno stanziamento urgente proprio per consentire l’accoglienza dei contestatori. Credo che una scelta diversa, non improntata al dialogo, avrebbe esasperato ulteriormente gli animi così come, al contrario, un minor rigore nella tutela della sicurezza e della legalità avrebbe generato conseguenze certamente negative. Onorevoli senatori, la scelta di fondo di consentire le manifestazioni del dissenso, contestualmente ai lavori del vertice, è stata ponderata e realistica. È stata naturalmente molto complessa la gestione dell’ordine pubblico che doveva coniugarsi con le esigenze di sicurezza del G8. Occorreva altresì corrispondere alle specifiche richieste dei servizi di polizia stranieri, preoccupati dell’incolumità dei propri Capi di Governo, alla luce degli episodi di violenza che avevano accompagnato i precedenti incontri internazionali. La cruda ricostruzione dei fatti verificatisi a Genova è una conferma della complessità della vicenda ed aiuterà – ne sono certo – a chiarire i dubbi e a ridurre le polemiche. Il 20 luglio erano previste, secondo le richieste degli organizzatori, numerose manifestazioni di natura diversa, contestuali e in punti sensibili della città talora distanti tra di loro. È stato subito chiaro, fin dall’inizio della mattinata, che i manifestanti non erano certamente tutti pacifici e che anche tra le fila del Genoa Social Forum si annidavano consistenti gruppi i quali, dietro la generica formula di disubbidienza civile, erano comunque intenzionati a violare la legge; esempio evidente – come vedremo più avanti – è la richiesta non autorizzata delle tute bianche di effettuare un corteo che aveva lo scopo di sfondare le protezioni e attraversare la zona dove stavano per iniziare i lavori del vertice. È stato chiaro – e i fatti lo hanno dimostrato – che tale irresponsabile atteggiamento avrebbe ulteriormente favorito quella consistente frangia di estremisti pericolosi e violenti, decisi a tutto e pronti a sfidare lo Stato, le sue istituzioni, le sue leggi, i cittadini tutti. Le autorizzazioni concesse dalle autorità di polizia prevedevano soltanto alcune manifestazioni sotto forma di sit-in in determinate piazze ed un unico corteo, nel pomeriggio del 20, richiesto dai lavoratori aderenti al CUB nella zona di Ponente. Se fossero stati mantenuti gli impegni iniziali, e in tal senso assunti dal Genoa Social Forum, certamente sarebbe stato più facile isolare i violenti e ridurre il numero degli incidenti, così come avvenuto il giorno precedente, il 19 luglio, in occasione del corteo dei migrantes svoltosi in maniera assolutamente pacifica. Invece gli incidenti più gravi si sono registrati – e lo specificherò più avanti – a ridosso del corteo non autorizzato delle tute bianche, in prossimità della zona in cui si è verificato il momento più drammatico con la morte del manifestante. Le piazze richieste erano state concesse seguendo il criterio di diversificare, nei limiti del possibile, le diverse anime del Genoa Social Forum, come peraltro da loro stessi richiesto, il che evidenzia la piena consapevolezza degli organizzatori di non poter gestire in modo pacifico ed omogeneo tutte le manifestazioni. È stato pertanto autorizzato l’afflusso dell’ala più moderata e pacifica a Piazza Dante, la dislocazione in Piazza Manin e Piazza Zerbino dei gruppi cattolici, dei non violenti della rete Lilliput, l’accesso a Piazza da Novi degli aderenti al network No Global. Nessuna piazza era stata concessa alle cosiddette tute bianche, che avevano stabilito il loro quartier generale nello stadio «Carlini», lo stesso luogo nel quale questa mattina, dopo l’abbandono del campo da parte dei manifestanti, è stato rinvenuto un considerevole quantitativo di strumenti atti ad offendere e non di mera protezione passiva, come sempre da loro sostenuto. Quella organizzazione aveva chiesto infatti di effettuare un corteo che prevedeva l’attraversamento della zona protetta, corteo che, nonostante il divieto, hanno ugualmente svolto. L’unico corteo autorizzato, come ho già detto, era quello dei Comitati Unitari di Base, cui aderivano rappresentanti di forze politiche della sinistra estrema, lungo il percorso nella zona di Ponente. Tale manifestazione si è svolta con assoluta regolarità. È evidente ora che la non osservanza dei divieti e delle prescrizioni per motivi di ordine pubblico ha notevolmente contribuito a dar luogo ad episodi che non esito a definire di vera e propria guerriglia urbana. Genova è stata offesa; da mattina fino a tarda sera sono state infrante vetrine di negozi e di banche, bruciate automobili e cassonetti, lanciati sassi e bottiglie incendiarie, persino contro la sede del giornale «Corriere mercantile» di Genova, e contro presidi di polizia, contro impianti pubblici e distributori di carburante. In particolare, gruppi violenti che si riconoscono nella sigla dei cosiddetti black block si erano riforniti di sbarre di ferro e di altro materiale da utilizzare come armi contundenti svaligiando un negozio di ferramenta, smontando e portando via le cancellate di un ospedale pschiatrico. Questi facinorosi, che costituiscono l’ala più estremista della contestazione, rientrano nell’area dell’anarco-insurrezionalismo, la stessa cui appartengono i presunti autori degli attentati commessi a Milano, a Bologna, a Treviso e nella stessa Genova non solo nei giorni immediatamente precedenti al vertice, ma anche durante il suo stesso svolgimento con il duplice attentato a la Rinascente di Milano. La loro presenza a Genova, che autorevoli fonti statunitensi hanno quantificato in 5.000 unità, comprende una consistente percentuale di stranieri, oltre alla componente italiana che da sola conta 50 gruppi distribuiti sul territorio nazionale. Sono proprio costoro che hanno dato vita ad una serie di danneggiamenti ed aggressioni tipici della guerriglia urbana in varie zone della città, spesso infiltrandosi e confondendosi con altri dimostranti. Ogni loro azione è stata fronteggiata da contingenti delle Forze dell’ordine che, per evitare contatti diretti, che avrebbero potuto coinvolgere anche i manifestanti pacifici che dovevamo tutelare, hanno privilegiato, quando è stato possibile, l’impiego di lacrimogeni. Ciò ha determinato una disseminazione sulle strade di quei bossoli necessari per le cariche del lancio dei lacrimogeni, esibiti in televisione provocatoriamente e con intento mistificatorio dal leader delle tute bianche Casarini, come bossoli di proiettili di arma da fuoco. Le zone della città più coinvolte sono state piazza Savonarola, piazza Rossetti, piazza Tommaseo, via Rimassa, via Lagustena e l’Ospedale evangelico. Per ben due volte la caserma della polizia stradale di via Saluzzo è stata accerchiata con tentativi di assalto e con danneggiamenti all’edificio. In questo clima sono poi maturati episodi ancor più gravi, quale l’attacco al carcere di Marassi ed ai comandi dei carabinieri e della finanza e l’assalto ad un mezzo blindato dei carabinieri, dato poi alle fiamme dai dimostranti. Ripetuti sono stati inoltre i tentativi di sfondamento della «zona rossa», che hanno obbligato le forze dell’ordine a continui interventi di difesa con idranti e lacrimogeni per respingere circa 2.000 manifestanti. Non è stato risparmiato neanche il ripetitore RAI di Genova, assaltato da 200 anarchici. Appartenenti al network contro la globalizzazione hanno raggiunto piazza da Novi concessa per la loro manifestazione. Qui sono stati raggiunti da circa 300 teppisti che hanno dato vita a tafferugli ed aggressioni nei confronti delle forze dell’ordine ed hanno costretto gli aderenti al No Global ad abbandonare la piazza. Approfittando di questa circostanza, i teppisti, bardati di passamontagna e tute nere, hanno iniziato una sistematica devastazione delle zone circostanti assaltando e distruggendo una sede della Banca nazionale del lavoro e rompendo numerose vetrine. Gli stessi hanno proseguito la loro azione in un altro presidio pacifista provocando incidenti con le forze dell’ordine, nel corso dei quali è rimasta ferita la nostra, la vostra collega parlamentare Elettra Deiana. Scontri di minore entità si sono verificati anche durante il corteo non autorizzato delle tute bianche di cui ho parlato precedentemente. In particolare, oltre 5.000 persone si sono mosse dallo stadio Carlini con l’obiettivo dichiarato di sfondare la zona rossa, così favorendo ulteriori iniziative violente degli anarchici. Il corteo delle tute bianche, cui si sono aggiunti gli esponenti del partito di Rifondazione Comunista e di altre sigle contigue, alla confluenza con via Tolemaide è stato bloccato dalla forze dell’ordine, che hanno convinto i dimostranti a tornare indietro. Proprio in questa zona consistenti gruppi di anarchici, prendendo la testa del corteo, hanno dato vita ad azioni violente, costringendo le forze dell’ordine ad una ferma risposta. La loro strategia è stata quella di perpetrare azioni violente attraverso gruppi mobili, a viso coperto, che si sono aggregati e disgregati, con consistenze che vanno dalle 20 sino alle 300 unità, dimostrando grande mobilità, conoscenza del territorio e capacità organizzativa. Signor Presidente, senatori, tutto quello che è avvenuto a Genova non può far pensare ad una casualità degli eventi, bensì ad una precisa strategia di alcuni gruppi eversivi che è stata favorita dal clima di violenza verbale maturato nell’ambito della contestazione al G8. Tutto questo ha esasperato gli animi ed ha creato le condizioni di una vera e propria guerriglia urbana, sfociata nell’aggressione ai carabinieri a piazza Alimonda, durante la quale è stato ucciso il giovane Carlo Giuliani. Alle 17, in via Caffa, centinaia di facinorosi a viso coperto ed armati con spranghe e bastoni, hanno aggredito un contingente del XII battaglione Sicilia, che è stato costretto ad un repentino ripiegamento per riorganizzarsi. Durante questa fase concitata, due mezzi dello stesso reparto, impiegati per il supporto logistico, il trasporto dei feriti e dei rifornimenti, sono rimasti isolati. Mentre uno di essi è riuscito, pur con difficoltà, a sganciarsi e a raggiungere il resto del contingente, l’altro, con a bordo tre carabinieri, di cui due sul sedile posteriore del veicolo poichè colti da malore per una prolungata precedente esposizione al fumo dei lacrimogeni, è rimasto bloccato nel tentativo di sottrarsi alla furia dei facinorosi. Le immagini dell’episodio, diffuse da tutti i mezzi di informazione, non lasciano dubbio. Il fuoristrada era circondato da un gruppo numeroso di manifestanti che sembravano ubbidire ad una logica premeditata, dotati di armi improprie quali spranghe di ferro, assi di legno e sampietrini. I giovani carabinieri si sono trovati quindi in pochi, tre soli, feriti, bloccati e senza via di scampo, in un mezzo danneggiato che non offriva più alcuna protezione. Questo spiega la reazione a difesa della propria incolumità con l’ultima risorsa delle armi. In particolare, uno dei due occupanti il sedile posteriore, colpito ripetutamente alla testa ed accortosi che il mezzo era circondato, ha impugnato la pistola d’ordinanza intimando agli assalitori di allontanarsi. L’aggressione è divenuta ancor più violenta ed uno dei manifestanti si è avvicinato alla parte posteriore del veicolo con la chiara intenzione di lanciare un estintore all’interno. In quel frangente di particolare tensione il carabiniere, per difendersi da quello che ormai stava assumendo la connotazione di un linciaggio, ha esploso, asseritamente senza mirare, due colpi. Il carabiniere che guidava l’automezzo, nell’ansia di sottrarsi alla situazione pericolosa, è riuscito a ripartire investendo senza avvedersene il corpo del manifestante. L’arma che ha fatto fuoco, i bossoli ed il fuoristrada stesso sono stati posti sotto il sequestro dell’autorità giudiziaria. All’interno dell’auto sono state rinvenute pietre, corpi contundenti e tracce di sangue. Il giovane deceduto è stato identificato in Carlo Giuliani. Alla sua famiglia esprimo ancora una volta il cordoglio a nome del Governo. A conclusione di una drammatica giornata, che ha inferto così profonde ferite alla città di Genova, il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, nell’esprimere il proprio dolore per la perdita di una giovane vita umana, hanno lanciato un forte appello ai movimenti di contestazione affinché cessasse ogni forma di violenza. La cronaca degli avvenimenti della giornata del 21 dimostra, ahimè, che l’invito è rimasto del tutto disatteso. Contestualmente agli incidenti che si verificavano a Genova, altri due gravi atti intimidatori venivano perpetrati in una sede della Rinascente di Milano nei pressi del Duomo: alle 13,30 e alle 18,30 venivano trovati e fatti per fortuna disinnescare in tempo due ordigni esplosivi. Il 21 luglio si è svolto il corteo internazionale da piazza Sturla a piazza Galileo Ferraris, con una partecipazione stimata in 200.000 dimostranti. Fin dalle ore 11 i partecipanti hanno cominciato ad affluire nel punto di concentrazione, avviandosi lungo il percorso senza incidenti. Giunti alla confluenza tra corso Marconi e via di Massa, un gruppo di circa 400 dimostranti a viso coperto, che erano al centro del corteo, invece di proseguire sul percorso previsto, ha deviato per aggredire con un fitto lancio di sassi, bottiglie e altri oggetti il reparto della polizia attestato nei pressi di piazzale Kennedy a difesa della zona Fiera. Gli assalitori, con bandiere, drappi e abbigliamenti dei gruppi anarchici, hanno incendiato cassonetti, casse di legno e altro materiale, lanciato bombe carta e bottiglie incendiarie, dato fuoco ad ogni cosa. I ripetuti interventi effettuati dai reparti di polizia hanno disperso il gruppo dei violenti. A quel punto, il primo troncone – ed anche il più consistente – ha potuto proseguire verso il luogo di conclusione della manifestazione a piazza Galileo Ferraris. Nel frattempo, i teppisti alla testa e alla coda del secondo spezzone hanno invece dato luogo a nuovi scontri ancora più violenti con le forze di polizia, protrattisi per molte ore. Nel quadro di questi eventi, va particolarmente evidenziato che fin dalla mattinata era stato individuato, con riprese da un elicottero della Polizia di Stato, un furgone che, mentre si andava formando il corteo, riforniva via via numerosi dimostranti di mazze e di bastoni. Poiché la situazione non consentiva un immediato intervento, il veicolo è stato attentamente seguito sino a quando si è diretto alla palestra dell’istituto scolastico Paul Klee, dove gli operatori di polizia hanno trovato decine di mazze di ferro e tubi Innocenti, procedendo all’arresto di 23 persone. Il luogo è confinante con il centro di accoglienza dei Ciclamini indicato dal Genoa Social Forum per ospitare i militanti del network No Global. È altresì significativo che fra le 23 persone arrestate – prevalentemente militanti dei centri sociali aderenti al network – sono stati individuati anche esponenti dei gruppi anarco-insurrezionalisti. Nella tarda serata di sabato, nell’ambito dei servizi predisposti nell’intero comprensorio cittadino, alcuni equipaggi della polizia sono stati oggetto di una violenta aggressione nei pressi dell’istituto scolastico Diaz, sito in via Battisti, di fronte al quale si trova la sede della segreteria del Genoa Social Forum. Nella circostanza, gli equipaggi hanno rilevato sul posto la presenza di un centinaio di giovani che, al passaggio delle autovetture della polizia, constatata la propria evidente superiorità numerica, hanno iniziato un serrato lancio di corpi contro i mezzi della polizia, tentando di assaltarli. Constatata l’impossibilità di contrastare l’assalto, gli equipaggi, azionando i sistemi di sicurezza, si sono allontanati. A questo punto, sulla scorta di una immediata attività ricognitiva svolta dalla Digos e in considerazione del comportamento aggressivo rilevato, l’autorità locale di pubblica sicurezza ha deciso di procedere ad una perquisizione ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di pubblica sicurezza, di cui ha dato informazione preventiva all’autorità giudiziaria, pur non avendone l’obbligo. L’operazione si è resa necessaria per evitare che nella giornata del 22, nel corso della cerimonia conclusiva del vertice, potessero esservi ulteriori gravi disordini. Tale rischio trova obiettivo riscontro nel fatto che nella successiva mattinata (domenica) sono stati arrestati un irlandese, che ha aggredito una pattuglia dei carabinieri, e tre tedeschi, di cui uno su un furgone con mazze ed altri oggetti contundenti, mentre altri due giovani sono stati fermati ad un posto di controllo con coltelli macchiati di sangue. Ricordo che a Seattle i disordini si sono protratti anche dopo la chiusura del vertice. Questo è stato il senso e la ragione della perquisizione, non altro. Non è stata una ritorsione, come qualcuno ha detto aprendo un nuovo fronte di pericolose polemiche, e lo dimostra il fatto che è stata avvertita preventivamente l’autorità giudiziaria, la quale verificherà i presupposti e la legittimità dell’operazione. Ma vi è di più. Prima di effettuare l’intervento, la questura si è premurata di richiedere ad uno degli organizzatori del Genoa Social Forum chi in quel momento occupasse l’istituto, ricevendone risposte evasive. L’operazione si è svolta in condizioni di particolare difficoltà per la violenta reazione degli occupanti, che si erano asserragliati all’interno e lanciavano sugli agenti sassi e altri oggetti contundenti. All’atto dell’ingresso nello stabile, uno degli agenti operanti è stato accoltellato al torace ed è rimasto illeso grazie alle protezioni indossate. A conclusione, sono state arrestate 92 persone delle seguenti nazionalità: italiana, tedesca, spagnola, polacca, lituana, britannica, svedese, turca, svizzera, neozelandese, canadese, statunitense. Dopo l’identificazione e gli accertamenti svolti è stato rilevato che molti degli stranieri arrestati fanno parte di organizzazioni anarchiche particolarmente pericolose e che erano in parte già stati tratti in arresto per violenze consumate in occasione di altri vertici internazionali.
MANZELLA (DS-U). Appunto! ANGIUS (DS-U). Giravano liberamente! DE PETRIS (Verdi-U). Siete dei complici, siete dei delinquenti come loro! PRESIDENTE. Colleghi, vi richiamo all’ordine! BASSANINI (DS-U). Li conoscevate tutti, li potevate fermare prima! PRESIDENTE. Lasciate terminare il Ministro. GRECO (FI). Siete uguali a quelli arrestati! NOVI (FI). Siete la sinistra della P38! PRESIDENTE. Senatore Novi, non raccolga le provocazioni. Signor Ministro, la prego di continuare. SCAJOLA, ministro dell’interno. Sulla vicenda, fermi restando gli accertamenti dell’autorità giudiziaria, ho dato disposizione al Capo della Polizia di effettuare un’attenta verifica al fine di acclarare eventuali responsabilità di singoli per errori di valutazione o comportamenti censurabili. Preciso che all’esito dell’operazione sono stati rinvenuti e sequestrati all’interno dell’edificio: bottiglie molotov, numerose tute, cappucci e magliette di colore nero, mazze di legno, catene da moto, chiodi, cinture ferrate, caschi protettivi, coltelli, martelli, maschere antigas e uno striscione di grandi dimensioni di colore nero, recante la scritta: «Global Resistant». (Commenti del senatore Coviello. Altri commenti). PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi, vi invito a mantenere l’ordine. GRECO (FI). Siete uguali a quelli che sono stati arrestati. SCAJOLA, ministro dell’interno. Signori senatori, se volete ascoltare, io vi faccio la relazione. PRESIDENTE. C’è qualcuno che forse non gradisce che il Governo termini le proprie comunicazioni? BASSANINI (DS-U). Noi chiediamo di poter discutere! PRESIDENTE. Appena il Ministro avrà terminato. Senatore Bassanini, lei ha fatto parte del Governo ed è stato un autorevole esponente. Si renda conto del diritto che ha il Governo di dare comunicazioni. NOVI (FI). Voi pagavate Casarini! Il ministro Turco stipendiava Casarini. PRESIDENTE. Senatore Novi, sono io che mantengo l’ordine in quest’Aula. SCAJOLA ministro dell’interno. Nel corso degli scontri 17 operatori di polizia hanno riportato varie lesioni, con prognosi tra i 5 e i 7 giorni, mentre 62 persone sono ricorse alle cure dei sanitari. Ad oggi, ad una prima ricognizione, risultano arrestate 280 persone in relazione ai fatti di Genova. Complessivamente, per le ferite riportate nel corso degli incidenti delle due giornate, hanno fatto ricorso alle cure mediche presso le locali strutture 231 persone, di cui 94 appartenenti alle forze dell’ordine, 121 manifestanti e 16 giornalisti. A questo proposito, esprimo la vicinanza e la solidarietà ai giornalisti coinvolti negli incidenti mentre svolgevano con grave difficoltà la loro opera di informazione.
Già nella serata di sabato è iniziato regolarmente il deflusso delle persone convenute a Genova. Nell’arco delle giornate di svolgimento del vertice sono state impiegate a protezione della zona rossa 4.100 unità delle forze di polizia; nelle altre aree del capoluogo sono state utilizzate 6.800 unità; infine, altre 2.000 unità sono state impiegate nei diversi servizi di vigilanza. Questo complesso impiego di forze destinate al controllo dei manifestanti in aree diverse dalla zona rossa, soprattutto per il numero delle unità impiegate, con moduli di servizio dinamici, dimostra l’attenzione data anche a quella parte della città. Desidero anche dire che contestualmente, con altre consistenti risorse, non sono stati trascurati tutti gli altri servizi di polizia ordinaria, giudiziaria, di frontiera, stradale, ferroviaria, eccetera. Nella realtà i 6.800 uomini chiamati a gestire l’ordine nelle aree della città al di fuori della zona interessata al summit si sono trovati di fronte non solo ai problemi connessi alla presenza di 200 mila manifestanti, ma anche ad uno scenario di vera e propria guerriglia urbana, condotta da diverse migliaia di facinorosi addestrati e determinati a distruggere. Questa presenza così numerosa di 200 mila persone ha reso più difficoltoso il mantenimento dell’ordine pubblico al di fuori della zona rossa: un numero straordinario, se si considera che in occasione di precedenti incontri la partecipazione è stata di gran lunga inferiore, non superando mai le 20 mila persone. Peraltro, un afflusso così consistente è la dimostrazione più evidente del fatto che a Genova si poteva arrivare e che le vie di comunicazione erano accessibili. Grazie alla decisione del Governo di sospendere il Trattato di Schengen, ripristinando il controllo alle frontiere, decisione fortemente contrastata da coloro che oggi ci rimproverano di non aver isolato i violenti, sono state respinte, dal 14 luglio, 2.093 persone; in talune circostanze l’attività di cooperazione internazionale non ha sortito i risultati sperati, a causa delle difficoltà, anche di carattere normativo, incontrate dalle polizie estere a fornire elenchi nominativi di soggetti violenti. È questo il caso dei circa 2.000 manifestanti provenienti dalla Grecia, a proposito dei quali, non essendo in possesso di preventiva segnalazione, le Forze di polizia hanno proceduto, nel porto di Ancona, ad identificare le persone in arrivo. Sono state così rimpatriate, non senza difficoltà e nonostante le rimostranze avanzate dalle autorità greche, 150 persone sospettate di appartenere ad organizzazioni anarchiche greche. Anche in questa circostanza vi sono state forti contestazioni da parte di chi oggi lamenta la carenza di controlli. D’altra parte, prima del ripristino del controllo alle frontiere, è stato molto più difficile impedire l’ingresso o adottare provvedimenti di respingimento, visto il regime di libera circolazione ed in assenza di specifiche segnalazioni provenienti dagli organi di polizia degli altri Paesi. Onorevoli senatori, il Governo è stato accusato di aver blindato la città di Genova. Se non avessimo adottato misure rigorose, i danni sarebbero stati maggiori. È stata difesa una città che era considerata difficile o impossibile da difendere. Il summit si è svolto in assoluta sicurezza. L’incolumità dei genovesi è stata tutelata, nonostante gli incidenti provocati da alcune frange violente venute a Genova solo e soltanto per colpire persone e cose. Un movimento variegato che da mesi ha minacciato di voler interrompere a tutti i costi il vertice e di voler creare disordini. Alcuni volevano solo la violenza. Ci sono gli irriducibili, ma anche settori la cui condiscendenza rischia di tradursi in complicità. Dobbiamo su questo, onorevoli senatori, riflettere tutti e ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità quando esprime un consenso incondizionato per il movimento antiglobalizzazione. L’Italia non è uno stato di polizia, è una democrazia avanzata che deve tutelare i diritti di libertà di tutti. Il ricorso alla forza, quella legittima e legale, è possibile soltanto quando strettamente necessario e quando non vi siano altre possibilità. Questo Governo condanna e condannerà sempre ogni forma di eccesso. Posso assicurare – e le immagini televisive ampiamente diffuse in questi giorni lo confermano – che le Forze di polizia hanno agito con professionalità, con abnegazione, dimostrando un addestramento non comune, pur in condizioni di assoluta eccezionalità e difficoltà, come è stato riconosciuto da autorevoli osservatori italiani e stranieri. La dignità che le forze dell’ordine hanno dimostrato in tutte le circostanze è esemplare e non può essere fatta oggetto di dileggio o di mortificazione. Gli italiani hanno potuto constatare l’impegno delle Forze dell’ordine e le aggressioni da queste subite. Di contro, i messaggi lanciati da taluni gruppi antiglobalizzazione non sono stati ispirati a principi pacifisti, come dimostrano le iniziative di addestramento rinvenibili anche sui siti Internet, nelle quali è esplicito l’invito alla resistenza e all’assalto scientifico ed organizzato contro le forze dell’ordine. È stato difficile isolare e arrestare i facinorosi, perché la tattica utilizzata da essi è stata abile e premeditata, attaccando in punti diversi e ritirandosi subito dopo, ispirata cioè a quella che viene definita la tecnica del «mordi e fuggi». È una tecnica che richiede una conoscenza perfetta del territorio e che è difficile da contrastare, soprattutto quando i reparti inquadrati hanno la necessità di restare uniti e non disperdersi, quando l’isolamento diventa pericolosissimo per l’incolumità degli stessi appartenenti alle forze di polizia e può portare a gravi conseguenze come quelle che si sono verificate nel caso della jeep dell’Arma dei carabinieri. Desidero anche rispondere a quanti hanno espresso perplessità sull’impiego dei militari di leva. Ricordo a tale proposito che normalmente il 70 per cento dei battaglioni mobili dei carabinieri è composto da personale di leva e che invece per il G8 la percentuale è stata soltanto del 27 per cento, un 27 per cento particolarmente addestrato e sperimentato già in altre circostanze di ordine pubblico. Desidero anche dire che quando talora è sembrato che le Forze di polizia non siano intervenute con tempestività per bloccare atti violenti lo hanno fatto anche per difendere i manifestanti pacifici, per consentire cioè proprio a questi ultimi di allontanarsi prima delle cariche. Onorevoli senatori, quanto è accaduto a Genova richiede riflessioni politiche attente che comportano conseguenze precise. Prima di affrontarle desidero esprimere davanti a voi l’apprezzamento e la gratitudine del Governo per l’operato della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato, che si sono impegnati con spirito di sacrificio, senso del dovere e ammirevole professionalità in una situazione di ordine pubblico che non ha precedenti nella storia del nostro Paese. Tutti gli agenti e i militari impegnati, ed in particolare i molti che sono rimasti feriti, meritano l’ammirazione degli italiani che credono nella legge e nella democrazia. Il Governo Berlusconi garantisce che non disarmerà mai le forze di Polizia e tutelerà sempre la loro dignità umana e professionale. Per la città di Genova, che è stata gravemente offesa, per i suoi abitanti che senza colpa hanno patito le conseguenze di atti criminali, l’odierno Consiglio dei ministri ha stanziato 15 miliardi per un immediato intervento a risarcimento dei danni subiti. I fatti di Genova non resteranno senza conseguenze. Essi potrebbero segnare l’aprirsi di una fase preoccupante per la sicurezza e l’ordine pubblico. A Genova non abbiamo assistito soltanto alle intemperanze di alcuni estremisti irresponsabili o criminali, abbiamo constatato e documentato l’esistenza attorno a loro di una rete di connivenze e di tolleranze. Abbiamo anche ascoltato vere e proprie istigazioni alla violenza, pronunciate davanti a microfoni e telecamere. La tolleranza non può però superare i limiti della decenza, considerando soprattutto gli effetti sui più giovani di certe parole d’ordine. Le scene di violenza alle quali abbiamo assistito sono anche figlie di questo linguaggio. Dobbiamo aiutare i giovani a liberarsi dalla tentazione della violenza; questa, interpretata come via al cambiamento, ha già prodotto nella storia del Novecento tragici esiti su più di una generazione di giovani. Su questo anche i media, per il ruolo che giocano nel nostro tempo, hanno grandi responsabilità. Un giornale autorevole e indipendente poneva ieri nell’articolo di fondo una domanda: i responsabili del movimento di contestazione e i loro fiancheggiatori politici hanno isolato, consegnato alla polizia o smascherato e allontanato uno solo dei provocatori che, armati e calzati di rabbia, scarponi e telefonini, si mimetizzavano come Vietcong nella giungla, compagni fra compagni, indistinguibili fino alla vestizione d’attacco? La risposta purtroppo è no. E questo ha un significato politico preciso, di fronte al quale non soltanto il Governo ma tutte le forze politiche e democratiche sono tenute a prendere una chiara posizione. Sono convinto, come è nella tradizione di decenni di vita democratica, che tutte le forze politiche non avranno esitazione nello schierarsi dalla parte giusta. Se, al contrario, ciò non accadesse, se anche qui dovessero prevalere come in un tragico passato le ragioni di un nuovo ed ambiguo collateralismo politico noi non daremmo un contributo alla verità, noi dalla verità sfuggiremmo e ad imporsi sarebbero soltanto le logiche nefaste dell’antagonismo, dell’intolleranza, dell’estremismo. Questo è un pericolo reale che sarebbe irragionevole ignorare e che anche l’ex presidente Giuliano Amato ci ammonisce a non sottovalutare quando dichiara che non è possibile tacere sui «compagni che sbagliano». Potrei citare molti interventi e molte affermazioni di esponenti politici della maggioranza e dell’opposizione con i quali c’è, su questo terreno, una sostanziale convergenza. Il Governo farà la sua parte con determinazione e con senso di responsabilità. Non vi sarà alcun tentennamento, né alcuna indulgenza. L’emergere di un’area eversiva anarco-insurrezionalista è segnale pericoloso che richiede una ferma risposta da parte di tutte le istituzioni. Il linguaggio della violenza non si sconfigge con la forza, si sconfigge sul terreno della politica. Di questo il Governo Berlusconi è pienamente convinto, così come è consapevole che i valori della libertà e della democrazia sui quali si fonda la nostra Costituzione appartengono a tutti e si difendono solo garantendo l’ordine e la sicurezza pubblica. Questo il Governo ha fatto a Genova. (Applausi dai Gruppi FI, AN, CCD-CDU: BF e LNP)
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il Ministro deve recarsi alla Camera dei deputati ed è già in ritardo. Vorrei, giustamente, non interrompere questa audizione: è presente il sottosegretario D’Alì che continuerà a seguire la discussione. (Proteste dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U e Misto-RC)... È un fatto noto che il Ministro è atteso alla Camera dei deputati e non ha il dono dell’ubiquità. Saluto pertanto il Ministro e lo ringrazio. ANGIUS (DS-U). Ma cos’è questo modo di procedere, lei non ha rispetto per la Commissione, non ha rispetto per il Senato.... PRESIDENTE. Senatore Angius, la invito... ANGIUS (DS-U). Ma cosa? Lei deve avere rispetto per questo ramo del Parlamento! PRESIDENTE. Lei sa benissimo che il Ministro ha un impegno presso la Camera dei deputati... ANGIUS (DS-U). Dovevo discutere la relazione sulla base di un impegno... PRESIDENTE. Non le ho dato la parola, senatore Angius. ANGIUS (DS-U). Lei la parola me l’ha già tolta prima di darmela. Questo è inaccettabile. È una cosa grave ed offensiva! PRESIDENTE. Senatore Angius si accomodi, la seduta proseguirà alla presenza del sottosegretario D’Alì. Vi sono richieste di parola? ANGIUS (DS-U). Parli da solo, Presidente, con la sua maggioranza, perché noi ce ne andiamo. MALABARBA (Misto-RC). Per dimettersi non è mai troppo tardi. NANIA (AN). Dove va, alla Camera ad ascoltare Rutelli e D’Alema? ANGIUS (DS-U). Vado dove mi pare, ma non resto certo ad ascoltare lezioni da un Ministro della Repubblica. TURRONI (Verdi-U). Vado via, Presidente, se il Ministro se ne va... ANGIUS (DS-U). Questa è un’offesa al Parlamento, questa è la verità. (I senatori dei Gruppi dell’opposizione abbandonano l’Aula, ad eccezione dei senatori Mancino e Coviello). PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario D’Alì che è presente per fornire eventuali chiarimenti sulla relazione. Credo che certe polemiche, di fronte a fatti incontestabili, siano puramente strumentali, forse per ottenere una maggiore audience sui mezzi di comunicazione. Sono molto sconcertato e dispiaciuto perché di fronte ad episodi così gravi avrei immaginato un senso di responsabilità maggiore di quello dimostrato in quest’Aula. SCHIFANI (FI) Signor Presidente, ribadisco che, purtroppo, il comportamento dell’opposizione, anche in questa occasione ... GRECO (FI). Non di tutta l’opposizione. C’è anche quella parte molto qualificata che è presente. SCHIFANI (FI). ... registra una caduta di stile che si realizza anche a livello istituzionale.
Noi condividiamo la relazione del Ministro che riteniamo notevolmente esaustiva, dettagliata nei particolari e anche nelle valutazioni complessive in ordine a responsabilità che si sono perfezionate in questi giorni, confermate per ultimo dalle notizie acquisite dal Ministro stesso relativamente al rinvenimento presso lo stato maggiore delle tute bianche del Genoa Social Forum di armi da offesa diretta ed indiretta. Infatti molotov, mazze, spranghe e catene costituiscono uno scenario che la dice lunga sulla capacità offensiva di determinati soggetti che, conniventi o non con le organizzazioni apparentemente regolari, hanno potuto causare uno stato di guerriglia con coperture che ormai emergono in tutta la loro evidenza. Esistono gravi responsabilità del Genoa Social Forum, responsabilità che non vengono ufficialmente addebitate, ma è giusto che ormai si cominci ad individuarle e ad interpellare gli esponenti del movimento che hanno potuto trarre beneficio dalla volontà del Governo di dialogare e, quindi, di realizzare manifestazioni in piazze autorizzate. Questi esponenti hanno avuto la possibilità di dialogare con l’intero Paese, lanciando alle forze dell’ordine e a chi ha organizzato il vertice accuse delle quali dovrebbero essere chiamati a rispondere, avendo al proprio interno responsabilità che ancora oggi riteniamo indirette ma che via via, alla luce dei dati che acquisiamo, appaiono sempre più dirette. Riteniamo, quali esponenti della maggioranza, che in questo modo siano stati coinvolti quegli uomini, quegli esponenti politici dell’estrema sinistra che hanno partecipato nei giorni pregressi alle manifestazioni di piazza, seppur apparentemente pacifiche. Cominciamo a non comprendere più cosa ci sia stato di pacifico e cosa di non pacifico in queste manifestazioni. Un dato è certo: a Genova si è consumato un disegno criminale studiato a tavolino, accentuato ed infiammato nei giorni precedenti da una campagna istigatrice condotta da organizzazioni che, addirittura utilizzando i mezzi mediatici, hanno incitato la piazza alla rivoluzione e alla trasgressione del sistema istituzionale. In questo scenario che non trova precedenti anche per l’entità della massa manifestante – il Ministro ci ha riferito una presenza di circa 200.000 dimostranti, un dato mai registrato in alcuna manifestazione di piazza a livello mondiale – si sono consumati episodi che, per quanto attiene alla morte del povero Carlo Giuliani, sono sicuramente ed evidentemente riconducibili ad un atto di legittima difesa nel quale è incappato il carabiniere che – ricordiamolo – si trovava all’interno di una camionetta non solo isolata dal proprio battaglione, ma fatta oggetto di continue violente aggressioni con mezzi contundenti, pericolosissimi, da parte di facinorosi, di criminali banditi che hanno gestito ed ordito questi movimenti di piazza. Il carabiniere si trovava in una situazione in cui il suo stato di incolumità era messo in discussione e era addirittura sanguinante in quanto ferito alla testa. In quello stato di pericolo e di necessità che il carabiniere avvertiva fortemente non vi era via di scampo se non quella della difesa estrema. Ritengo che, quando si parla di commensurare l’entità del pericolo dell’azione subita e quella della reazione con la quale ci si difende e quando si è tenuti a porre in correlazione la proporzione dei due comportamenti, occorra necessariamente tenere conto del contesto all’interno del quale avviene tale comparazione. Quello era un contesto di guerriglia, un contesto in cui lo stato di necessità del povero carabiniere era notevolmente elevato per come la situazione della piazza si stava delineando. Noi siamo fortemente consapevoli di un dato. Questo Governo si è insediato da alcune settimane; ha ereditato un’organizzazione di carattere sia politico che operativo che fa capo a scelte pregresse. Se ne è fatto carico con grande senso di responsabilità; si è assunto anche l’impegno del dialogo, per quanto possibile, con le forze della protesta. Queste forze, purtroppo, non sono riuscite ad isolare e ad emarginare al loro interno un disegno criminale che si era già delineato ed era già stato sottoscritto da qualche mano consapevole, da qualche regista occulto che voleva che questo appuntamento internazionale venisse offuscato dalle manifestazioni di piazza nel suo eventuale ed ipotetico successo, e di successo si può parlare a livello politico per i contenuti dell’accordo siglato dal Vertice del G8. Si parlava di una morte annunziata. La morte è arrivata, una morte che evidentemente si voleva perché si doveva far prevalere la notizia del decesso, della sommossa, del tumulto su quella del risvolto politico che emergeva già dalle fasi prodromiche al Vertice di Genova. Riteniamo che in questa vicenda siano state molto fuorviate anche le tecniche della comunicazione. Mentre le forze dell’ordine rischiavano la propria incolumità e cercavano di frenare l’avanzata di quei teppisti, alcuni mezzi di comunicazione, con un atteggiamento del tutto censurabile, si lasciavano andare ad interviste e a valutazioni di forte critica nei confronti di giovani che rischiavano la vita. In questi giorni abbiamo assistito a tutto e possiamo dire che vi è stata una fortissima dose di mistificazione politica. Infatti, contrariamente a quanto auspicato dal Governo e contrariamente al suo appello – che noi condividiamo e che sentiamo di fare nostro, quello cioè all’unità delle forze politiche di fronte al pericolo del ritorno dell’insurrezione, dell’anarchia, del terrorismo, dell’attentato all’unità del Paese e alle istituzioni – registriamo, ahimè, atteggiamenti politici che strumentalizzano gli eventi e che hanno una doppia responsabilità: quella di voler sfuggire all’appello del Governo e quella di alcuni componenti di questo centro-sinistra che, con il loro tentativo di dare copertura all’incapacità del Genoa Social Forum di estrapolare gli anarchici insurrezionalisti, hanno consentito alle forze della protesta di farla da padrone. Siamo fortemente mobilitati a manifestare il massimo della solidarietà innanzitutto al Ministro dell’interno, che in poche settimane si è dovuto fare carico di gestire una situazione estremamente complessa e difficile per la infelice scelta della città di Genova come sede del Vertice G8. Si tratta di un territorio difficile da gestire a causa delle caratteristiche geografiche della città che si presta molto poco al controllo. Nello stesso tempo esprimiamo grande solidarietà alle forze dell’ordine che sono state chiamate ad uno sforzo e ad un impegno che non hanno precedenti. In questo momento dobbiamo lanciare un forte appello ad un’opposizione che continua a non esserci, un’opposizione che purtroppo manifesta fortissime ipocrisie al proprio interno. Infatti, vorrei ricordare che le stesse forze dell’opposizione il giorno precedente all’infausto omicidio del giovane avevano deciso addirittura di sfilare nelle piazze di Genova e soltanto all’ultimo minuto, con grandi lacerazioni al proprio interno, si sono astenute dalle manifestazioni di protesta contro un Vertice che esse stesse hanno scelto, voluto ed organizzato.
MANCINO (Mar-DL-U). Signor Presidente, faccio appello a lei e anche alla maggioranza, se occorre, perché credo che al di là delle posizioni di maggioranza e di opposizione ciascun parlamentare debba essere posto nella condizione di discutere di questioni di grande rilievo, se richieste, alla presenza del Ministro e, se è impossibile la presenza del Ministro, in uno spazio temporale che consenta il dibattito.
Era inevitabile che un’intesa – immagino che ciò sia accaduto – che collocava le comunicazioni del Ministro dell’interno qui in Senato alle 17,30 e alla Camera alle 18,30 non reggesse. Pertanto, il Senato non può non registrare la sua emarginazione per un dibattito che avrebbe dovuto essere ampio e approfondito; c’è l’appello dello stesso Ministro al senso di responsabilità delle forze politiche, ma perché tale appello possa essere accolto è necessario che le forze politiche ne possano ampiamente discutere. Perciò credo che da una parte sia giusta e legittima la lamentela che non c’è stato spazio per un dibattito, dall’altra parte è necessario che lei utilizzi tutti gli strumenti regolamentari per far comprendere che in questo ramo del Parlamento c’è bisogno di un dibattito e per chiedere alla Camera di non sovraccaricare i propri lavori riducendo lo spazio temporale destinato al Senato. Siamo ancora in un regime di bicameralismo perfetto: il Senato ha gli stessi diritti dell’altro ramo del Parlamento. Si poteva quindi preventivamente concordare di andare più in là con i tempi e, se il Ministro non poteva non andare alla Camera perché non c’è duttilità nello stabilire cronologicamente i tempi, resta comunque il diritto che questo ramo del Parlamento sia posto in condizione di poter discutere alla sua presenza. Faccio dunque appello a lei perché il Capogruppo di Forza Italia non finisca per discutere con se stesso e con la sua maggioranza; non mi pare sia produttivo in un normale dibattito parlamentare. Noi già siamo in una condizione diversa rispetto alla Camera perché qui discutiamo in Commissione, alla Camera si discute nell’Assemblea. Anche questo aspetto dovrebbe indurre ad una comprensione della posizione delle opposizioni. Dico dunque al Presidente del Senato: concordi i tempi con l’altro ramo del Parlamento, ma si metta in condizione l’Aula di poter discutere, senza bisogno di ricorrere alle accuse. Infatti, si fa male a muovere accuse reciproche fra le forze politiche nel momento in cui si vive un fatto di estrema gravità all’interno del Paese. Non vorrei che proprio la mancanza di dialogo tra maggioranza e opposizione allargasse lo spazio della contestazione, anziché ridurlo.
PRESIDENTE. Senatore Mancino, per quanto mi riguarda posso fare alcune precisazioni.
Innanzitutto, lei sa bene che questa sua sensibilità al bicameralismo perfetto appartiene a tutti noi; sarebbe strano se così non fosse. C’è però una differenza di procedure: la Camera aveva già convocato l’Aula per oggi pomeriggio e quindi ha avuto l’opportunità, semplicemente modificando l’ordine del giorno, di inserire il dibattito sulle comunicazioni del Ministro dell’interno. Come lei ben sa, invece, l’Assemblea del Senato non era convocata per oggi; tuttavia era stata preventivamente autorizzata la convocazione delle Commissioni ad horas proprio nella previsione, purtroppo avveratasi, di una particolare emergenza. Questa situazione ha consentito al Senato di ritagliarsi uno spazio che io riconosco estremamente ridotto e ciò ha portato, anche se con accenti che non condivido, alle proteste dell’opposizione. Ora, a parte la presenza del Sottosegretario, mi rendo conto che su questi temi il titolare del Dicastero ha la massima responsabilità politica e deve poter essere investito da domande, dubbi e perplessità e fornire le sue risposte. Come voi sapete, l’attività della nostra Assemblea domani è estremamente fitta; domattina c’è anche una seduta congiunta con la Camera per l’elezione di due giudici costituzionali. Gli spazi sono molto ristretti. Spero comunque che nella giornata di domani, una volta verificata la disponibilità del Ministro, possa esserci una coda a queste comunicazioni che ci consenta anche di acquisire uno spazio di dignità istituzionale, che in questo momento sembrerebbe non esserci per la ristrettezza dei tempi, dovuta peraltro a fatti obiettivi. Lei, che ha ricoperto con grande autorevolezza la carica di Presidente del Senato, sa che queste sono circostanze che non possono essere gestite in maniera duttile e richiedono anche dei sacrifici. Questa volta il sacrificio riguarda il Senato. Ripeto, quindi, che prenderò gli opportuni contatti e, anche a seguito delle comunicazioni alla Camera e del dibattito che ne seguirà, cercherò di avere la presenza del Ministro in Commissione per un confronto con l’opposizione sui temi che hanno formato oggetto del suo intervento.
NANIA (AN). Signor Presidente, intanto voglio manifestarle la mia solidarietà. Il senatore Angius l’ha rimproverata per il fatto che qui in Commissione non si è svolto quel dibattito che sarebbe stato naturale si svolgesse, dimenticando una circostanza che era nota e da giorni: al Senato le comunicazioni sono state rese in Commissione per un fatto meramente casuale, mentre alla Camera l’Assemblea era già convocata; in questa occasione la Camera avrà l’opportunità di affrontare, in un dibattito chiaramente più complesso, articolato ed approfondito un argomento importantissimo.
Dobbiamo quindi passare ai ringraziamenti per aver avuto l’opportunità di ascoltare la relazione del Ministro dell’interno prima ancora che la stessa venisse letta dinanzi alla Camera. Allora, se è vero che siamo all’interno di un regime di bicameralismo, se riusciremo in qualche modo a fare una riforma, è pur vero che, anziché ripetere estenuanti rituali, sarebbe meglio concentrare i dibattiti di ampia portata soltanto in una sede, senza ripetersi, come più volte abbiamo detto. Trovo veramente assurdo – e ritengo sia soltanto la ricerca di uno spazio sui giornali – l’attacco fatto dal senatore Angius, perché la vicenda era nota: si sapeva che alle 18,30 il Ministro dell’interno sarebbe andato a rendere le comunicazioni alla Camera dei deputati. Pertanto sono qui ad esprimere la posizione di Alleanza Nazionale senza per questo sentirmi assolutamente diminuito dal fatto che non è presente il Ministro dell’interno (ma è presente il Sottosegretario) e che l’opposizione di sinistra, ritenendo di protestare, si sia allontanata da quest’aula. Noi sappiamo che lo svolgimento del ruolo parlamentare è completo e perfetto per il fatto stesso che i senatori dei vari Gruppi rappresentano il proprio punto di vista, e noi siamo qui per fare questo. Siamo soddisfatti della relazione del Ministro dell’interno, che ha fornito una ricostruzione precisa e puntuale degli avvenimenti. Ancora di più: si è rafforzata in tutti noi la sensazione che questo Governo, più che sentirsi il Governo di una parte, ha recitato un ruolo di rappresentanza del Paese e delle istituzioni cercando di esprimerlo al meglio. Debbo aggiungere che il Ministro dell’interno non ha neppure ecceduto in questa ricerca dell’equilibrio e in questo tentativo lodevole di dare a tutta la vicenda un ruolo bipartisan, come è successo in altre occasioni, quando l’opposizione di centro-destra si è schierata con il Governo in carica, abbandonando l’idea di possibili polemiche quando si è trattato di rappresentare l’unità e la dignità del Paese. Quando si è trattato di manifestare, di far vedere anche agli alleati la capacità di tenuta e di coesione sociale del Paese, il centro-destra è sempre stato dalla parte del Governo, nonostante che quel Governo fosse di un colore politico diverso. Il Ministro dell’interno è stato molto equilibrato perché non è entrato nel merito della questione – e avrebbe potuto farlo – ma si è limitato ad accennare ad una dichiarazione di Giuliano Amato, senza citare i giudizi molto pesanti formulati dall’ex ministro degli esteri Dini e da altri esponenti della maggioranza di centrosinistra, i quali hanno richiamato il colore ideologico della contestazione. Il problema vero che mette in crisi il centrodestra consiste nel fatto che avvertiamo la mancanza di un centrosinistra. In questa occasione, il centrosinistra, anziché prendere le distanze dal tentativo di ideologizzare la protesta contro la globalizzazione, si è lasciato risucchiare in una forte ideologizzazione della stessa, come dimostra in modo iconografico la pagina del quotidiano «Il Manifesto», fatta affiggere in tutta Italia, che reca il titolo: «Un altro mondo è possibile». Risiede qui la pericolosità della carica di violenza espressa nella contestazione. Il concetto secondo cui un altro mondo è possibile è la coltivazione di un sogno, è il desiderio di arrivo di un’ora X, giunta la quale sarebbe possibile tornare indietro ovvero andare non si sa bene dove. Questo dato è importante perché pone il problema del ruolo, in Italia, del centrosinistra, della sinistra e di Rifondazione Comunista; pone il problema della costruzione di un tessuto democratico nel Paese, la questione della possibilità e della praticabilità dell’alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Mi chiedo come sia possibile, con una sinistra che si fa risucchiare nel vortice della ideologizzazione di Rifondazione Comunista, coltivare la prospettiva che questo Paese cresca davvero. Sono questi gli elementi di preoccupazione che ci colpiscono. Un elemento di fiducia emerge non soltanto dal centrodestra, il quale ha dimostrato una caratura istituzionale che ha fatto rabbia ad alcuni, ma anche dall’atteggiamento significativo del Capo dello Stato. Non possiamo sottacere l’importante presa di posizione da parte del Capo dello Stato il quale ha voluto accanto a sé il Presidente del Consiglio, dimostrando così che la fase delicata che abbiamo attraversato non è connotabile con i colori di uno schieramento politico, bensì rappresenta un momento di grande rilievo e di prestigio internazionale. La quantità, oltre una certa misura, diventa qualità. Interrogarsi sul perché i manifestanti erano 200.000 o 300.000, anziché 20.000, rappresenta la risposta a quella domanda di complicità, di collateralismo e di copertura ideologica cui ho fatto riferimento. Ho la sensazione che per un pugno di voti quella sinistra che fino a poco tempo fa era al Governo stia perdendo la testa. Noi dobbiamo fare la nostra parte per comprendere le ragioni degli altri, dobbiamo aiutare la sinistra democratica. Lo stesso Rutelli ha dichiarato che, se avesse vinto il centrosinistra, sarebbe stato a Genova al posto del presidente Berlusconi. Dobbiamo aiutare un’opposizione, che dovrebbe essere liberaldemocratica, a frapporre un’abissale distanza rispetto a coloro i quali vogliono colorare di ideologia una protesta, che pure è condivisibile, ponendo questioni preoccupanti come la creazione di sacche di esclusione. Dobbiamo tutti renderci conto che non si sarebbe potuto agire diversamente e che, se non ci fosse stata una vittima, il giovane Carlo Giuliani, il giudizio complessivo avrebbe riconosciuto nel G8 di Genova un grande successo. Basti pensare al fatto che è stato quasi completamente cancellato il debito dei Paesi poveri, che la Russia si è avvicinata agli Stati Uniti d’America sui problemi dell’assetto spaziale, che si sono poste in essere le condizioni per un nuovo piano Marshall per l’Africa, che si sono determinate le condizioni per la lotta alla povertà, soprattutto laddove essa esiste davvero. Basti pensare alla modifica intervenuta tra i primi G8 e l’ultimo, per rendersi conto che è stato un incontro di indubbio successo. Sappiamo bene che si è voluta puntare l’attenzione sui problemi di ordine pubblico e di violenza piuttosto che sui risultati possibili. Quanto alla violenza, alla fine non si può fare altro che registrare l’accaduto: se le cose vanno bene, si esprimono dissensi; se le cose vanno male, si avanzano critiche ferocissime. Se episodi di violenza non si fossero manifestati, avremmo registrato un grande successo del Governo in carica anche per il tentativo di dialogare con i contestatori. Siamo qui a dimostrare con fermezza e decisione di avere le idee chiare e di renderci conto della delicatezza del momento.
D’ONOFRIO (CCD-CDU:BF). Signor Presidente, mi sono chiesto a lungo se avesse senso intervenire ora, dopo l’abbandono dei lavori della Commissione da parte di tutti i colleghi del centrosinistra ad esclusione dell’ex presidente del Senato Mancino e di altri colleghi dei Popolari; un abbandono avvenuto per questioni procedurali, che pure rivestono un significato politico.
Preferisco intervenire ora perché sono convinto che questa vicenda, dal 19 luglio ad oggi, ha acquisito ogni giorno un segno particolare. Prendere la parola oggi è importante, alla luce di quanto ha riferito il Ministro dell’interno. L’eventuale svolgimento ulteriore di un dibattito in Senato sullo specifico argomento dell’ordine pubblico durante il G8 di Genova potrebbe rappresentare una pura ripetizione, ma potrebbe anche rappresentare delle novità alla luce del fatto che domani, secondo quanto dichiarato ieri sera dal portavoce del Genoa Social Forum Agnoletto, dovrebbero svolgersi in tutta Italia manifestazioni sul tema del G8, caratterizzate dalla richiesta di dimissioni del ministro Scajola. In un eventuale dibattito futuro, potrebbero emergere ed essere affrontati fatti nuovi; mi sembra importante, a nome del Gruppo del CCD-CDU, esprimere oggi apprezzamento nei confronti del ministro Scajola. Il mio intervento concerne quattro questioni oggetto di riflessioni che, nel corso delle ultime quarantotto ore, non ho svolto in solitudine, giacché una materia come questa non consente di affidarsi esclusivamente a considerazioni individuali. Le quattro questioni riguardano la responsabilità politica generale per il G8; la gestione dell’ordine pubblico in termini preventivi durante il G8 e nella giornata di oggi; due episodi specifici, cioè l’uccisione del giovane Giuliani e l’invasione di sabato notte; una domanda politica circa la guida dell’opposizione oggi, che mi sta particolarmente a cuore implicando una questione di responsabilità politica generale. Mi sembra che la responsabilità generale del Governo fosse una sola e non potesse essere che la decisione di consentire lo svolgimento del G8 a Genova dal 20 al 22 luglio. Il Governo è entrato in carica poco più di un mese fa, dopo le elezioni svoltesi il 13 maggio; le decisioni circa i Vertici del G8 sono assunte quasi con un anno di anticipo, secondo consuetudini consolidate. La decisione di tenere il vertice a Genova è stata assunta dal precedente Governo; il periodo di svolgimento, dal 20 al 22 luglio, era nell’agenda dei Capi di Stato e di Governo. Il Governo Berlusconi avrebbe potuto addurre l’estrema brevità della sua responsabilità politica per chiedere un differimento del Vertice e un mutamento della località di svolgimento. Ritengo che abbia fatto molto bene – nel senso di tutelare meglio l’interesse nazionale, che rappresenta il principale degli obblighi costituzionali del Governo – nel confermare il Vertice di Genova nel mese di luglio. Il passaggio da un Governo all’altro richiede anche continuità istituzionale, con riguardo all’affermazione del ruolo internazionale dell’Italia e del suo apprezzamento nel contesto internazionale. Poiché nel corso di queste ultime 24 ore ho ascoltato affermazioni e ho letto considerazioni che tendono a mettere in gioco la responsabilità politica del Governo, vorrei dire che essa è intervenuta esclusivamente in ordine alla decisione se consentire che il G8 si svolgesse a Genova dal 20 al 22 luglio. E bene ha fatto il Governo a confermare la data e il luogo. Deve essere chiaro che data e luogo non rientrano nelle decisioni assunte da questo Governo, ma che esso si è trovato a dover gestire una decisione altrui; quindi ha mantenuto una decisione già presa. Insisto su questo aspetto: ritengo che sia preminente interesse dell’Italia garantire la continuità in decisioni del genere, sicchè la decisione del Governo di confermare data e luogo ha rappresentato la migliore tutela dell’interesse nazionale. Il secondo punto concerne la gestione dell’ordine pubblico. Essa ha rappresentato, in termini preventivi, la costruzione di garanzie territoriali che consentissero lo svolgimento del Vertice. Pertanto la decisione di dislocare una gran quantità di forze preposte all’ordine pubblico, la decisione di distinguere l’area in cui doveva svolgersi il Vertice ed anche quella sull’ubicazione delle delegazioni straniere dal mio punto di vista hanno rappresentato una gestione preventiva dell’ordine pubblico coerente con l’obiettivo di far svolgere il G8 a Genova dal 20 al 22 luglio. Va ricordato – lo ha fatto lo stesso ministro Scajola – che talune decisioni assunte da questo Governo (ovviamente, come detto ieri dal presidente Berlusconi, tramite gli stessi dirigenti dell’ordine pubblico scelti dal precedente Governo, quindi anche da questo punto di vista con una continuità in ordine alla capacità tecnico-professionale che l’Esecutivo in carica non ha ritenuto di dover cambiare prima dello svolgimento del Vertice) circa la gestione dell’ordine pubblico prima dello svolgimento del Vertice sono state, per così dire, poste a fondamento di un comportamento caratterizzato dalla continuità. Le critiche che si erano ascoltate durante la fase che ha preceduto il Vertice riguardavano l’uso eccessivo della forza pubblica a Genova in quei giorni (non certo il suo uso limitato), riguardavano la blindatura della città, la difficoltà nel distinguere le zone in rossa, gialla e così via. Certamente da parte di molti contestatori della globalizzazione per come si sarebbe manifestata al Vertice di Genova, le obiezioni riguardavano l’entità della forza pubblica: si lamentava una eccessiva presenza dell’ordine pubblico, non già una ridotta presenza. Quindi per quanto riguarda l’aspetto dell’ordine pubblico in termini preventivi non mi sembra che vi siano dubbi. Per quanto concerne la tutela dell’ordine pubblico durante lo svolgimento del G8, essa è stata caratterizzata dall’insieme di fatti che oggi il Ministro, per la prima volta in modo compiuto e sereno, ha potuto indicare – e di questo gli sono grato –, affermando tra l’altro che il Governo si è orientato a consentire lo svolgimento di più manifestazioni in luoghi diversi proprio per far sì che il magma incandescente del movimento antiglobalizzazione potesse trovare diversi canali di manifestazione. Gli stessi protagonisti del Genoa Social Forum affermavano che nel magma erano distinguibili atteggiamenti assolutamente volti a manifestazioni pacifiche, orientamenti a più forte ispirazione religiosa e altri caratterizzati dalla presenza di entità territoriali piccole. Quindi le decisioni del Governo volte a far sì che vi fossero luoghi diversi in ordine alle diverse manifestazioni avrebbero corrisposto all’affermazione dell’esistenza di una distinzione all’interno del movimento generalmente considerato di contestazione alla globalizzazione. Ciò è molto importante perché una delle accuse maggiori che si sono mosse al Governo, e in questo caso al Ministro dell’interno come responsabile dell’ordine pubblico durante le giornate del G8, ha riguardato il fatto che non si siano adottati provvedimenti tesi a distinguere i diversi segmenti della contestazione antiglobalista. Così non è stato, e così è dimostrato che non è stato. Quindi mi sembra che anche durante il G8 la gestione dell’ordine pubblico sia stata coerente con l’affermazione della pluralità di orientamenti culturali e politici dell’insieme delle organizzazioni che fanno capo al Genoa Social Forum e delle altre che ad esso non fanno capo. Per quanto concerne la gestione dell’ordine pubblico oggi, vorrei dire che si tratta di un aspetto assai importante. Siamo chiamati a discutere di quanto avvenuto a Genova dal 20 al 22 luglio, ma ciò che oggi accade a Genova e a Roma non è di poco rilievo. Il fatto che l’ordine pubblico a Roma si sia caratterizzato per interventi importanti per garantire la visita del Presidente degli Stati Uniti al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri e a Sua Santità ha rappresentato un continuum rispetto alla gestione dell’ordine pubblico al G8, che non può essere in alcun modo sottovalutato. E consideriamo che talune delle caratteristiche dell’ordine pubblico sono state affidate agli stessi soggetti presenti a Genova. Da questo punto di vista, quindi, mi sembra chiaro l’apprezzamento che si è registrato per quanti hanno svolto il lavoro a Genova e a Roma nella giornata di oggi. Il terzo punto concerne due episodi specifici. È stato detto e ripetuto che la morte non può mai essere considerata un evento di poca importanza. E l’uccisione di Carlo Giuliani ha rappresentato senza alcun dubbio un fatto di estrema tristezza e di condanna da parte di tutti noi: non si può considerare la vita umana all’insegna delle idee che si vogliono professare, favorevoli o contrarie. Vorrei però far notare un elemento, sulla base di ciò che ho potuto vedere in televisione e delle diverse rappresentazioni che sono state date. In questa sede vorrei fosse chiaro un aspetto; si tratta di un aspetto molto importante, dal punto di vista sia psicologico che politico: non è vero che, anche per un solo istante, lo sguardo dei due giovani, quello del giovane carabiniere e quello del giovane contestatore, si sia incrociato. Quest’ultimo si è mostrato, fino al momento in cui è stato ucciso, con un passamontagna sul volto, cosa che avrebbe reso impossibile a qualunque operatore dell’ordine pubblico stabilire di quale età fosse la persona che aveva di fronte, che sguardo avesse, se si trattasse di un aggressore o di un soggetto per così dire indotto alla violenza senza intenzioni perverse. Questo fatto non è per nulla irrilevante, ma mi sembra che non sia stato detto durante le trasmissioni televisive e neppure poc’anzi da parte del Ministro dell’interno. È molto importante che non si possa affermare che vi sia stato uno scambio di sguardi tra il giovane contestatore ed il giovane carabiniere. Ciò non per ridurre la morte a fatto per così dire irrilevante, ma per notare che il passamontagna poteva ingenerare nel carabiniere l’ulteriore convincimento che si trattava di un potenziale aggressore e che sulla tecnica di ordine pubblico si poteva innestare un atteggiamento di legittima difesa. In caso contrario, si sarebbe potuto ragionare diversamente. Per quanto concerne la perquisizione della notte scorsa, il Ministro ha fatto due affermazioni importanti. In primo luogo ha detto che si è trattato di una decisione dei soggetti preposti all’ordine pubblico locale, ossia che coloro che a Genova sono preposti all’ordine pubblico hanno deciso di intervenire in quel momento ed in quel modo. Questa affermazione del Ministro è assai importante, poiché significa che non vi è stata una decisione presa da Roma in ordine ad una perquisizione non formalmente autorizzata dalla magistratura. Se la decisione della perquisizione fosse stata assunta preventivamente dal Ministro dell’interno, non ci saremmo trovati in presenza dei presupposti della perquisizione senza autorizzazione, la quale è ragionevolmente consentita solo come reazione immediata ad un pericolo imminente. Le autorità locali preposte alla pubblica sicurezza hanno deciso sulla base di un pericolo imminente, come qui è stato ripetutamente affermato. Mi sembra che ciò renda comprensibile che si è trattato di una perquisizione successiva ad atti di aggressione subiti dalle forze dell’ordine e non di una perquisizione decisa ex ante nel contesto di una tutela dell’ordine pubblico a Genova, caso in cui ragionevolmente si sarebbe dovuta chiedere l’autorizzazione all’autorità giudiziaria. La cosa non è avvenuta perché non vi erano le condizioni della decisione presa prima. È molto importante, perché anche in questo caso si è accusato il Ministro dell’interno, e quindi il Governo, di uso improprio della forza pubblica, per fini diversi da quello della scoperta di reati, e quindi nella logica di una cultura illiberale, non rispettosa delle garanzie democratiche. Si è parlato di incostituzionalità della perquisizione, di violazione dei diritti democratici delle persone perseguite, di una sorta di deriva cilena della tutela dell’ordine pubblico. Nessuna di queste accuse mi sembra fondata, alla luce delle dichiarazioni che abbiamo ascoltato dal Ministro, tutte molto importanti. Siamo in una sede non giurisdizionale e sarà la magistratura ad accertare le responsabilità civili, penali e amministrative delle singole persone, gli eventuali comportamenti non corrispondenti a criteri di pura legalità ai quali il Ministro pure ha fatto riferimento, avendoci detto di aver richiesto una relazione specifica da parte dei preposti alla tutela dell’ordine pubblico su tutte le accuse che sono state rivolte ai singoli esponenti delle forze di polizia e che sono state riportate sui giornali di oggi. Ovviamente, se emergerà che azioni di tal genere sono state compiute e sono state volute dal Governo, ci sarà una dissociazione da parte nostra; nel caso invece venissero alla luce comportamenti non corrispondenti agli orientamenti generali del Governo e del Ministro dell’interno ci troveremmo di fronte ad atteggiamenti individuali, non riferibili a responsabilità politiche del Ministro o del Governo nel suo insieme. Ma intendo porre una domanda politica finale. Credo che tutti i colleghi ricordino che il 19 luglio, il giorno precedente l’inizio del Vertice di Genova, la questione politica era chi sarebbe andato a Genova, e il centro-sinistra era violentemente diviso. Il centro-sinistra ha mostrato di ricompattarsi all’indomani del G8 cercando di lenire le ferite delle proprie radicali divisioni e contraddizioni in ordine a questo problema, scaricandole sul Governo e sul Ministro dell’interno. Che l’opposizione, che il centro-sinistra si faccia dare la linea da Agnoletto è una sua scelta. Sappiamo che i diessini sono alla ricerca di un nuovo segretario che possa aiutarli a dimostrare la capacità di essere partito di lotta e contemporaneamente di governo; può essere che Agnoletto sia il prossimo segretario del partito diessino. Sono stati trascinati a seguire la linea di Rifondazione e dei Verdi, che avevano chiesto le dimissioni del Ministro, quando fino a stamani avevamo ascoltato che gran parte del centro-sinistra avrebbe deciso se chiedere o meno le dimissioni del Ministro sulla base delle risposte che questi avrebbe fornito in Parlamento. Siamo lieti di constatare e di apprendere che la decisione è stata assunta prima che il Ministro intervenisse, evidentemente alla luce di fatti che noi non conosciamo o, appunto, alla luce di una decisione nella quale è prevalsa la linea, per così dire, più rigida e rigorosa. Le ragioni sono molto semplici, a mio giudizio. Avevo il timore che nei confronti del Governo Berlusconi del 2001 si sarebbe ricreata la condizione del Governo Berlusconi del 1994, ma non perché abbia temuto o tema comportamenti politici della Lega Nord come quelli del 1994. Nel 1994 si è ritenuto che si potesse mandare per aria il Governo Berlusconi con un avviso di garanzia in un contesto internazionale e con una grande mobilitazione di piazza; questa volta si sono anticipati i due eventi: al posto dell’avviso di garanzia vi è stata una grande «operazione insurrezionale» che sostanzialmente ha lo stesso valore dell’avviso di garanzia, pur essendo diverso il Capo dello Stato (tra l’altro questa non è una sorpresa), e il movimento di piazza lo abbiamo visto concentrarsi sul tema più moderno della globalizzazione anziché su quello, molto modesto, delle pensioni italiane. Nei comportamenti del centro-sinistra vi è un’anticipazione nei confronti del Governo, che fa pensare con grande preoccupazione che il partito di lotta e di governo, che era un partito molto importante, è di lotta quando è all’opposizione e di governo quando è al Governo. Io vorrei che fosse un partito di lotta e di governo sempre, sia quando è al Governo che quando è all’opposizione. Sono rammaricato, al pari del collega Nania, per il fatto che non ci sia l’opposizione come interlocutrice in questo momento. Qualora il dibattito dovesse tornare in Senato, mi permetto di chiedere al presidente Pastore non tanto un supplemento sulle comunicazioni del Ministro, quanto un intervento del Presidente del Consiglio sul G8 – perché il tentativo è stato quello di annullare il significato del Vertice – in modo che, nel contesto del giudizio sul G8, si possano approfondire i ragionamenti che facciamo da questo punto di vista. Qualcuno (l’onorevole Rutelli, se ciò che ho letto sui giornali è vero, altrimenti ritiro quello che sto per dire) avrebbe affermato che Berlusconi deve riferire sul fallimento del G8. Vorrei evitare che l’onorevole Rutelli pensasse che se il G8 è fallito – e mi sembra che così non sia – si tratta di un fallimento di Berlusconi. Il G8 non è un’iniziativa di Berlusconi (tipo Mediaset, per intenderci), è un’altra cosa. Occorre dire a Rutelli che il G8 è un organismo del quale l’Italia ha cercato disperatamente di far parte, perché essere compresi fra i Paesi del G8 è un fatto importante, e se c’è Berlusconi la circostanza è del tutto casuale, dovuta al voto degli italiani. La prossima volta lo faremo con Rutelli il G8, anziché con Berlusconi. Il fallimento o meno del G8 però non è un fatto che riguarda Berlusconi. Il problema vero è il seguente: l’Italia ha concorso ai risultati del G8 oppure no? Ha portato proposte su cui si è potuto registrare qualche aspetto positivo, oppure no? Siamo in grado di fare qualcosa, nel contesto dei Paesi più industrializzati, oppure no? Se lo abbiamo fatto, questo è un successo nostro, di Paese importante, anche nel contesto di un eventuale insuccesso del G8. Se le cose avvenute sono importanti, come il fatto che il presidente russo Putin e il presidente statunitense Bush si sono incontrati alla prefettura di Genova su un tema apparentemente banale come quello dei missili nucleari, se questo può consentire un minimo di respiro in più, mi auguro che possa essere considerato un risultato utile. Ma vorrei dire con tutta chiarezza che è indifferente: non ritengo che se il G8 sia andato bene o male sia merito o colpa di Berlusconi, perché è un po’ al di là delle nostre possibilità. Noi volevamo comunque esser parte del G8, da Rambouillet in poi; ci siamo riusciti, ci siamo ancora e resteremo nel G8, a prescindere da Berlusconi o da Rutelli. Vorrei evitare che Rutelli la considerasse una vicenda da campagna elettorale italiana, la prossima, non quella scorsa.
NOVI (FI). Prendo atto che stasera è avvenuto un accadimento politico di estrema gravità: per la prima volta nella storia di questo Paese ex partiti di Governo, oggi all’opposizione, hanno sostanzialmente solidarizzato, abbandonando l’Aula, con l’eversione guerrigliera. Non era mai avvenuto qualcosa del genere nella storia del Paese. Negli anni ’70 non era mai successo che l’opposizione di sinistra facesse proprie le parole d’ordine e le argomentazioni dell’eversione, dei movimenti del ’77. Purtroppo il Capogruppo dei DS ha usato un linguaggio durissimo, affermando che in quest’Aula c’era una situazione di schifo, per cui si vedeva costretto ad abbandonare i lavori.
Ora, signor Presidente, siccome ci troviamo di fronte ad una sinistra che sembra presa dalla deriva massimalista ed estremista, intendo porre al Governo le seguenti domande. Risulta al Governo che il capo delle tute bianche, tale Casarini, sia stato consulente del ministro Turco? Risulta al Governo che il capo delle tute bianche abbia partecipato alla marcia zapatista in Messico, che sia stato più volte a capo di manifestazioni eversive e violente di piazza e che abbia partecipato, prima e dopo la consulenza che gli è stata elargita dal ministro Turco, a queste manifestazioni? Voglio domandare al Governo se risulta che la giornalista Botteri, alle ore 14,20, nel corso della diretta televisiva di RAI 3, abbia iniziato il suo servizio con le parole «C’è un lancio di pietre» (e si sono viste le pietre lanciate da manifestanti contro le forze di polizia) e dopo non più di venti secondi, per contribuire a creare un clima di emergenza e di allarme, mentendo e smentendo quanto aveva appena affermato, abbia chiesto: «Perché sparate contro i manifestanti?»
PRESIDENTE. Sparavano i lacrimogeni! NOVI (FI). No, diceva «sparate»; non parlava di lacrimogeni, ma usava non a caso il termine «sparate». Chiedo allora al rappresentante del Governo di acquisire possibilmente la registrazione del servizio della Botteri, affinché, se la magistratura dovesse riscontrare nel contenuto di quel servizio gli estremi di un reato, quello della diffusione di notizie false e tendenziose per turbare l’ordine pubblico, possa procedere nei confronti della giornalista. Ripeto, all’inizio del servizio la Botteri aveva preso atto dell’aggressione dei manifestanti contro la polizia per poi negare questa presa d’atto al fine di creare un clima di tensione artificioso. Chiedo di acquisire la cassetta della registrazione di quella trasmissione e di inviarla alla magistratura genovese, che finora mi è apparsa piuttosto renitente verso le sue funzioni di ufficio; sono avvenuti a Genova fatti di enorme gravità anche nelle ore e nei giorni antecedenti gli incidenti. La versione della giornalista Botteri è, secondo me, di grande rilievo, perché è il prodromo di mistificazioni che potrebbero seguire nell’immediato futuro e creare in Italia una situazione non molto dissimile da quella sciagurata degli anni ’70. D’ALÌ, sottosegretario di Stato per l’interno. Signor Presidente, ho motivo di ringraziare i colleghi che hanno partecipato al dibattito e soprattutto coloro che hanno espresso parole di solidarietà all’operato del Governo e delle forze dell’ordine.
Per quanto riguarda alcuni quesiti specifici che sono stati posti, ritengo che il Governo, una volta invitato dal Presidente del Senato e dalla Conferenza dei Capigruppo, non avrà alcuna esitazione a partecipare ad ulteriori approfondimenti di una così delicata materia. Per quanto concerne la domanda del senatore D’Onofrio, o quanto meno il punto sollevato su eventuali prosiegui di manifestazioni ricollegabili al G8, posso comunicare che domani sono state annunciate delle manifestazioni a Genova e a Bologna, e ne è stata autorizzata una a Roma alle ore 17, organizzata da Rifondazione Comunista, dai Verdi e dal Genoa Social Forum; tale manifestazione si svolgerà con un corteo che partirà da Piazza della Repubblica per arrivare a Piazza Santi Apostoli, dove sono previsti interventi di oratori esponenti di queste forze politiche. È probabile che si possano svolgere altre manifestazioni non autorizzate, e a questo proposito naturalmente la polizia sta cercando di avere notizie e di premunirsi di conseguenza. Per quanto riguarda la manifestazione di Bologna, è stata richiesta la non presenza delle forze dell’ordine perché preannunciata come manifestazione assolutamente pacifica; la questura sta valutando la congruità di questa richiesta. A Genova sarà presente il portavoce del GSF Vittorio Agnoletto e si prevede che la manifestazione abbia luogo domani alle ore 17,30 in Piazza De Ferrari, davanti al Palazzo Ducale. Per quanto attiene ai quesiti posti dal senatore Novi, credo che essi possano costituire sicuramente oggetto di un’interrogazione; in ogni caso, anche se ciò non fosse, il Governo risponderà al più presto a quesiti che sono sicuramente complessi, posto che vi sono notizie da acquisire non solo sull’attività ufficiale del signor Casarini, ma anche sulle attività legate a sue presenze fuori dal territorio nazionale. Lo stesso discorso riguarda i servizi televisivi, in quanto il Governo prende senz’altro buona nota di quanto segnalato dal senatore Novi; siamo certi che, se messa a conoscenza di fatti corrispondenti ad ipotesi di reato, così come ogni volta accade, la magistratura, nella quale noi nutriamo la massima fiducia, avrà modo di intervenire.
PRESIDENTE. Rinvio il seguito degli interventi sulle comunicazioni del Ministro ad altra seduta, che sarà concordata con il Ministro stesso, in modo da dare spazio alle domande degli altri colleghi e ad eventuali ulteriori chiarimenti. I lavori terminano alle ore 19,30.
le cause, le circostanze e le responsabilità del gravissimo episodio di Genova in cui ha perso la vita il giovane Carlo Giuliani; quali direttive siano state impartite ai responsabili dell’ordine pubblico per riconoscere e distinguere le centinaia di provocatori che si identificano nel movimento aggressivo denominato «black block» dalle decine di migliaia di cittadini che volevano solo manifestare pacificamente senza arrecare danni a cose o a persone; se le direttive emanate risultino essere state applicate e nel caso contrario se siano state individuate precise responsabilità; se dopo i tragici fatti di Genova, che hanno visto il venir meno delle dichiarate intenzioni del Governo di garantire sia uno svolgersi sereno dell’incontro del G8 sia il diritto degli antiglobalizzatori a manifestare contestualmente il loro dissenso, non si rinvengano eventuali responsabilità politiche da parte dell’Esecutivo e se non si ritenga opportuno, alla luce dei fatti accaduti, riconsiderare le modalità di svolgimento e la stessa produttività di questi eventi.