di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale
MARTEDÌ 20 Febbraio 2001
133ª Seduta
Presidenza del Presidente
Michele DE LUCA
Esame della proposta di relazione sui risultati dell’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale e sulle prospettive di sviluppo del sistema pensionistico
Il PRESIDENTE avverte che, concluso il lavoro dei relatori – che ringrazia – concernente i risultati di gestione dei diversi Enti di previdenza, ha predisposto, come di consueto, una proposta di relazione di sintesi, formulando, come già nelle precedenti circostanze che hanno caratterizzato l’attività della Commissione nella XIII legislatura, talune indicazioni sulle prospettive di sviluppo del sistema pensionistico.
Prima di illustrare il contenuto del documento, il Presidente dà atto che il Presidente dell’Ipost, con nota del 14 febbraio 2001, ha precisato che la documentazione richiesta dalla Commissione è stata inviata dall’Istituto il 26 maggio 2000 e che, nel corso dell’esercizio 1999, la gestione quiescenza ha registrato un avanzo di competenza di 606 miliardi, mentre l’avanzo di amministrazione è stato pari a 1.731 miliardi. La proposta di relazione – la terza, nella XIII legislatura, sui risultati di gestione degli Enti – si incentra dunque sull’analisi delle prospettive di medio-lungo periodo del sistema pensionistico. Nella prima parte, al fine di consentire una valutazione economico-finanziaria e gestionale-organizzativa del sistema previdenziale, sono illustrati i principali risultati di gestione conseguiti dagli Enti nel 1999, con riferimento ai diversi aspetti del loro operato. Nella seconda parte, ampliando il campo dell’analisi, si esaminano le prospettive di sviluppo del sistema previdenziale: oltre ad esprimere considerazioni sulla sostenibilità (finanziaria e macroeconomica) di medio-lungo periodo delle diverse gestioni previdenziali, sono presi in esame alcuni possibili sviluppi della normativa previdenziale oggi al centro del dibattito. Per la prima volta nel 1999 sono stati analizzati i risultati di gestione degli Enti privatizzati di «nuova generazione». Nel 1996 sono stati istituiti sette nuovi Enti previdenziali privatizzati che assicurano la prestazione previdenziale obbligatoria a favore dei liberi professionisti iscritti ad un Albo professionale e non tutelati da altra copertura previdenziale. La prima parte è organizzata in quattro distinte sezioni riguardanti i seguenti aspetti: la gestione economico-finanziaria e la gestione tipica entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali; la gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare; la situazione economico-patrimoniale; l’efficienza operativa e produttiva degli Enti. L’acquisizione delle informazioni è stata effettuata mediante l’elaborazione di uno schema di rilevazione, il cosiddetto modello unico di analisi, predisposto dalla Commissione allo scopo di procedere ad una raccolta sistematica e completa dei dati, che ha consentito di superare le difficoltà connesse alla presenza di regole e prassi di organizzazione delle informazioni differenti, anche in relazione alle metodologie di rilevazione contabile. I dati sono stati rielaborati e organizzati in forma estesa in un set di tavole (tavole statistiche), già pubblicate in allegato al Resoconto sommario della seduta del 16 novembre 2000. In particolare, la prima sezione è dedicata all’esame dei risultati complessivi della gestione economico-finanziaria, mediante l’evidenziazione dei saldi di parte corrente e in conto capitale. Ampio spazio viene riservato all’analisi della gestione tipica entrate contributive-spesa per prestazioni, quella cioè che attiene allo svolgimento dei compiti istituzionali degli Enti: la costruzione di una serie di indicatori consente di esaminare il peso e l’andamento dei diversi fattori (demografici e normativo-istituzionali), che concorrono alla determinazione delle entrate contributive e dell’onere per prestazioni e, dunque, degli equilibri complessivi di gestione. Con riferimento agli Enti pubblici, emerge, in via generale, una situazione di disequilibrio, con coefficienti di copertura (entrate contributive/spesa per pensioni) inferiori all’unità e rapporti demografici (numero assicurati/numero pensioni) che assumono valori contenuti e decrescenti nel periodo esaminato. Una situazione di sostanziale equilibrio caratterizza gli Enti previdenziali privatizzati che presentano saldi attivi fra entrate e uscite e rapporti demografici piuttosto elevati. Si tratta infatti, nel caso di questi Enti, di gestioni ancora «giovani», caratterizzate da una distribuzione della base assicurativa a favore di età anagrafiche e anzianità contributive relativamente basse. La seconda sezione è dedicata ai risultati della gestione immobiliare e mobiliare, espressi in termini di redditività lorda e netta. Per gli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, basati su un sistema a ripartizione e tendenti al pareggio delle entrate e delle uscite, un buon utilizzo dei flussi finanziari e una gestione del patrimonio improntata a criteri di efficienza costituiscono importanti forme di investimento e, dunque, di reddito ai fini della determinazione dei saldi complessivi di gestione. Ciò assume un rilievo ancora maggiore nel caso degli Enti previdenziali privatizzati, che in seguito all’autonomia gestionale prevista dal decreto legislativo n. 509 del 1994 risultano esclusi da finanziamenti pubblici. La capacità di produrre reddito e di contenere i costi direttamente connessi alla gestione del patrimonio rappresenta un elemento importante nel dibattito circa l’opportunità o meno di una dismissione di parte o di tutto il patrimonio. Il fatto che i rendimenti risultino contenuti, assumendo in alcuni casi valori prossimi allo zero o addirittura di segno negativo, conforta i piani di dismissione degli immobili detenuti dagli Enti pubblici di previdenza. Nella terza sezione viene esaminata la situazione economico-patrimoniale, mediante l’evidenziazione del patrimonio netto (alimentato dal risultato economico di esercizio) e delle riserve tecniche. Per gli Enti privatizzati, dotati di autonomia gestionale e finanziaria, queste ultime rappresentano un’importante forma di tutela della posizione creditoria degli iscritti e dei beneficiari dei trattamenti. Per poter costituire un’adeguata forma di garanzia, le riserve dovrebbero tuttavia presentare un andamento in linea con la crescita della spesa per pensioni che aumenta per cause di natura strutturale. Le recenti disposizioni normative (legge n. 449 del 1997) hanno invece eliminato ogni forma di rivalutazione delle riserve, «congelando» la copertura alle rate di pensione in pagamento nel 1994. Ciò ha determinato il fenomeno di un progressivo «deprezzamento» delle riserve rispetto alla spesa sostenuta per le prestazioni. Un fenomeno che sembra quindi rendere auspicabile la reintroduzione di forme obbligatorie di rivalutazione delle riserve. Le informazioni contenute nella quarta ed ultima sezione, relative agli aspetti più propriamente gestionali e organizzativi degli Enti, consentono di esprimere una valutazione dell’efficienza operativa e produttiva e di formulare considerazioni circa l’opportunità o meno di procedere a riordini della configurazione strutturale degli Enti, mediante accorpamenti e fusioni oppure tramite il potenziamento di sinergie, al fine di ridurre i costi amministrativi. I risultati che emergono dall’analisi di una griglia di indicatori – quali, ad esempio, l’indice di produttività e di costo amministrativo, l’indice di occupazione, il grado di evasione delle pratiche e dei ricorsi, i tempi medi di erogazione dei trattamenti – sembrano confermare l’operare di economie di scala: si riscontra infatti una correlazione negativa fra dimensione dell’Ente, misurata dall’onere complessivo per prestazioni e dal numero dei trattamenti, e costi direttamente imputabili allo svolgimento dell’attività istituzionale. Gli indicatori di costo e di produttività assumono infatti valori più favorevoli per gli Enti pubblici, mentre i tempi medi di liquidazione delle prestazioni assumono per questi stessi Enti valori estremamente elevati. Nella seconda parte della relazione, al fine di formulare considerazioni sulle prospettive e sulle tendenze del sistema pensionistico, il quadro informativo è completato con l’esame di medio-lungo periodo degli equilibri finanziari del sistema previdenziale nel suo complesso, desumibili da stime ufficiali. Con riferimento al sistema pensionistico sono state considerate le più recenti proiezioni sull’andamento della spesa pensionistica effettuate dalle istituzioni a ciò preposte in ambito nazionale e comunitario. In particolare, si è fatto riferimento alle proiezioni relative alla spesa per pensioni realizzate con il modello previsivo della Ragioneria generale dello Stato (Ministero del Tesoro – Rgs, 2000), in base a proprie ipotesi di scenario demo-economico («scenario-RGS») o, in alternativa, sulla base degli scenari demografici e macroeconomici definiti nell’ambito dell’Economic Policy Committee-Working Group on Ageing («scenario EPC-WGA»). Le stime fornite dai due modelli differiscono tra loro solo per il diverso quadro demografico e macroeconomico sottostante, mentre prendono a riferimento il medesimo quadro normativo-istituzionale. Le due stime estendono il periodo di previsione tra il 2000 e il 2050. Le due stime, basate sui due diversi scenari, presentano andamenti simili, evidenziando nella fase intermedia un peggioramento della sostenibilità in termini macroeconomici e raggiungendo un picco nel rapporto tra spesa pensionistica e Pil, negli anni tra il 2030 e il 2035 (16 per cento nello scenario RGS e 15,9 per cento nello scenario EPC-WGA). In base alla previsioni della Ragioneria, l’incidenza della spesa per pensioni complessiva sul Pil dovrebbe passare dall’attuale 14,2 per cento al 15,4 per cento del 2015, per proseguire con una dinamica meno accentuata tra il 2016 e il 2031, in cui raggiunge il valore massimo di 15,9 per cento. Nell’ultima fase del periodo di previsione la dinamica della spesa subisce una considerevole riduzione, collocandosi al 13,2 per cento nel 2050. Per gli Enti privatizzati, una valutazione delle prospettive di medio periodo si può trarre dai bilanci tecnici predisposti dagli Enti stessi e contenenti, sulla base di specifiche disposizioni legislative, le proiezioni su un arco temporale di almeno 15 anni. Nell’ambito delle forme di garanzia introdotte dal legislatore a favore della posizione creditoria degli assicurati e dei beneficiari dei trattamenti delle Casse privatizzate, il bilancio tecnico costituisce infatti un importante strumento per poter valutare la stabilità delle gestioni e per poter dunque prevedere interventi correttivi in grado di sanare eventuali squilibri. Va però osservato che, dal punto di vista dell’evoluzione dei fattori demografici, il periodo di previsione preso in esame, pari a 15 anni, non risulta sufficientemente ampio per esaminare gli effetti connessi alla fase della piena «maturità» delle gestioni. Inoltre, al fine di poter predisporre tempestivamente misure correttive degli equilibri di gestione con la necessaria gradualità, andrebbe esteso il periodo di previsione su un arco temporale superiore a quello attualmente previsto. Dall’esame degli andamenti contenuti nei bilanci tecnici emerge che il processo di maturazione delle gestioni determinerà, anche se con intensità diversa, un peggioramento generalizzato del saldo della gestione tipica e della situazione patrimoniale, con un rapporto patrimonio netto/spesa per pensioni in progressivo calo. Per tutti gli Enti il saldo fra entrate e uscite mostra un progressivo e rapido deterioramento su tutto il periodo di previsione. Un risultato che sembra richiamare l’attenzione sull’esigenza di intervenire con misure a carattere strutturale che consentano, nel caso di alcuni Enti, di correggere tendenze già in atto, mentre, per altri, di mantenere l’equilibrio anche nel medio-lungo periodo. Di conseguenza, eventuali misure correttive dovrebbero naturalmente muovere nella direzione di un’accelerazione del processo di armonizzazione delle regole di calcolo rispetto a quelle dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), processo che per alcuni Enti risulta già in corso. Si deve però tenere presente che tutte le misure relative sia a revisioni dei meccanismi di calcolo, che a modifiche delle aliquote, o quant’altro, esplicano i propri effetti con molta gradualità. Tra l’altro, eventuali misure correttive, di rilievo, debbono essere introdotte, per ovvi motivi di opportunità, in base al principio del pro rata, al fine di garantire i diritti acquisiti degli iscritti. Esaurita l’illustrazione della proposta di relazione, il Presidente dispone che il testo sia allegato al Resoconto della seduta. Il Presidente ricorda che la Commissione tornerà a riunirsi domani, mercoledì 21 febbraio, alle ore 14,30, con il seguente ordine del giorno: I. Seguito dell’esame della proposta di relazione sui risultati dell’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale e sulle prospettive di sviluppo del sistema pensionistico; II. Comunicazioni del Presidente sullo stato della procedura di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti pubblici di previdenza.
La seduta termina alle ore 15,15.
Indice
1 I risultati dell’attività degli Enti di previdenza e assistenza sociale (1995-1999)
1.1 I saldi della gestione finanziaria 1.2 Gli equilibri finanziari della gestione tipica (entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali) 1.3 La gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare 1.4 La situazione economico-patrimoniale 1.5 L’efficienza operativa e produttiva degli Enti 2 Le prospettive del sistema pensionistico 2.1 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico 2.2 Alcune ipotesi di riforma degli Enti privatizzati
Introduzione
Nel lavoro vengono illustrati i risultati (aggiornati al 1999) dell’attività degli Enti di previdenza e assistenza sociale, ai fini di una valutazione economico-finanziaria e gestionale-organizzativa del sistema pensionistico italiano.
L’acquisizione delle informazioni è stata effettuata mediante l’elaborazione di uno schema di rilevazione (il cosiddetto Modello Unico di analisi), predisposto dalla Commissione nel 1998 allo scopo di procedere ad una raccolta sistematica e completa dei dati riguardanti i diversi aspetti dell’operato degli Enti. Ciò ha consentito di acquisire informazioni aggiuntive rispetto a quelle direttamente ricavabili dai bilanci e di definire criteri omogenei di rilevazione, superando prassi e regole di organizzazione dei dati differenziate, soprattutto con riguardo alle metodologie di rilevazione contabile. I dati, verificati e eventualmente integrati sulla base di una documentazione aggiuntiva degli Enti, sono stati rielaborati e organizzati in una griglia di indicatori per finalità comparative. Oggetto della rilevazione sono tutti gli Enti che nel nostro paese erogano prestazioni previdenziali e assistenziali su base obbligatoria. Essi ammontano a trentuno1, considerando i sette Enti privatizzati con il decreto legislativo n. 103 del 19962 . Gli Enti possono essere distinti, in base alla configurazione giuridica, in due categorie: gli Enti di diritto pubblico e gli Enti previdenziali privatizzati. Questi ultimi hanno assunto personalità giuridica privata, ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 e al successivo 103/96: l’attività istituzionale resta di rilevanza pubblica, mentre deve considerarsi privata l’attività strumentale al conseguimento dello scopo, che viene svolta con autonomia gestionale e finanziaria, pur nel rispetto di determinati vincoli. Nel prospetto A, oltre all’elenco degli Enti esaminati, vengono indicate le tipologie di prestazione erogate da ciascun Ente. Il lavoro è diviso in due parti: nella prima si riassumono i principali risultati conseguiti nel 1999 dagli Enti; nella seconda ci si sofferma su alcuni possibili sviluppi della normativa previdenziale oggi al centro del dibattito. In particolare, nel primo capitolo vengono esaminati quegli aspetti della gestione che rilevano ai fini della sostenibilità finanziaria e macroeconomica e dell’efficienza operativa e produttiva degli Enti. In primo luogo vengono illustrati i risultati complessivi della gestione economico-finanziaria, mediante l’evidenziazione dei saldi di parte corrente e in conto capitale (paragrafo 1.1). Ampio spazio viene riservato all’analisi della gestione tipica (entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali), quella cioè che attiene allo svolgimento dei compiti istituzionali degli Enti: la costruzione di un serie di indicatori consente di esaminare il peso e l’andamento dei diversi fattori (demografici e normativo-istituzionali), che concorrono alla determinazione delle entrate contributive e dell’onere per prestazioni e, dunque, degli equilibri complessivi di gestione (paragrafo 1.2). Gli altri aspetti esaminati riguardano i risultati della gestione immobiliare e mobiliare, espressi in termini di redditività lorda e netta (paragrafo 1.3); la situazione economico-patrimoniale, mediante l’evidenziazione dell’andamento del patrimonio netto e della consistenza delle riserve obbligatorie (paragrafo 1.4); l’efficienza operativa e produttiva degli Enti, allo scopo di esprimere una valutazioni degli aspetti più propriamente gestionali e organizzativi (paragrafo 1.5). Nel secondo capitolo, il quadro informativo viene completato con l’esame di medio-lungo periodo delle tendenze del sistema previdenziale italiano (paragrafo 2.1), desumibili dalle fonti ufficiali e, limitatamente agli Enti privatizzati, dai bilanci tecnici contenenti, in osservanza a specifiche disposizioni di legge, gli andamenti degli equilibri tecnico-finanziari (paragrafo 2.2).
1. I risultati dell’attività degli Enti di previdenza e assistenza sociale (1995-1999) 1.1 I saldi della gestione finanziaria Nel prospetto B si fornisce una prima illustrazione di sintesi della situazione degli enti di previdenza attraverso l’esame dell’andamento di gestione, come determinato dai saldi di parte corrente e in conto capitale.
Per gli Enti di diritto pubblico la rilevazione è sui dati di competenza; per gli Enti privatizzati, invece, il risultato di gestione viene determinato sulla base della rilevazione dei flussi di cassa, in coerenza con il nuovo schema contabile di tipo privatistico, adottato in seguito alla trasformazione in persone giuridiche private. Per quanto riguarda gli Enti pubblici, nel 1999 emerge una situazione di sostanziale miglioramento, rispetto agli anni precedenti, per gli Enti di minori dimensioni, quali l’Ente di previdenza dei farmacisti (Enpaf), dei lavoratori dello spettacolo (Enpals) e dei dirigenti di aziende industriali (Inpdai), mentre si assiste alla tendenza inversa nel caso degli Enti di maggiori dimensioni, come l’Ente di previdenza dei dipendenti pubblici (Inpdap), quello dei postelegrafonici (Ipost) e dei due Enti addetti all’erogazione delle prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali (Inail e Ipsema). Fa eccezione a questa tendenza l’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), che fa registrare un miglioramento di rilevanti dimensioni, in relazione al saldo complessivo di gestione finanziaria, dovuto principalmente a cause di natura contabile. L’Enpaf, che è stato privatizzato nel corso dell’anno 20003, ma che, in riferimento all’anno 1999, faceva ancora parte degli enti pubblici, mostra un deciso miglioramento del saldo complessivo che passa da un valore negativo di 37 miliardi nel 1995 a uno positivo e pari a 49 miliardi nel 1999. Tale miglioramento è da attribuire esclusivamente alla favorevole evoluzione del saldo di parte corrente, in quanto il saldo in conto capitale si mantiene pari a zero per tutto il periodo osservato. Del tutto simile la situazione dell’Ente dei lavoratori dello spettacolo, che migliora il saldo complessivo passando dal valore di –151 miliardi nel 1995 a quello di 135 miliardi nel 1999, grazie all’esclusivo miglioramento del saldo di parte corrente. Per l’Inpdai si evidenzia un graduale e progressivo miglioramento della gestione finanziaria: da un saldo di segno negativo nel 1995 si passa a valori positivi e crescenti del saldo complessivo negli anni 1997-1999. Nel 1999, in particolare, il miglioramento del saldo complessivo (823 miliardi in luogo dei circa 700 miliardi del 1998) è dovuto al favorevole andamento sia del saldo in conto capitale sia di quello di parte corrente. Quest’ultimo, pur registrando valori negativi su tutto il periodo esaminato 1995-1999, risente del progressivo miglioramento della gestione tipica (anche grazie al graduale elevamento dell’aliquota di contribuzione legale) e della diminuzione delle spese di gestione. Per l’Ipost, che fino al 1997 vede migliorare la propria posizione in termini di saldo complessivo, si segnala, invece, per il 1998 e 1999, un progressivo ridimensionamento del saldo positivo, che si attesta a poco più di 500 miliardi nel 1999 a fronte dei 1.200 miliardi registrati nel 1997: il peggioramento risulta ascrivibile sia al saldo di parte corrente sia a quello in conto capitale. Con riferimento ai due principali Enti, si osserva un netto miglioramento per l’Inps e un peggioramento per l’Inpdap. Il miglioramento dell’Inps, già in atto a partire dal 1998, grazie all’adozione di provvedimenti a carattere temporaneo con effetti di risparmio una tantum, fra i quali si ricordano le disposizioni che hanno modificato la periodicità di pagamento delle pensioni, è invece da ascrivere, per quanto riguarda il 1999, alla separazione tra poste previdenziali e assistenziali all’interno del bilancio dell’Ente. Tale separazione, già sancita dall’articolo 37 della legge n. 88 del marzo 1989, è stata completata, appunto, con l’operazione di ripianamento del debito per anticipazioni di tesoreria concesse dallo Stato all’Inps, per il pagamento di prestazioni di natura assistenziale, fino al 31 dicembre 19974. L’importo dell’operazione, che ha trasformato le anticipazioni di tesoreria in trasferimenti definitivi dallo Stato all’Istituto, ha raggiunto la cifra di 160.000 miliardi di lire. Conseguentemente, i valori dei saldi contabili mutano segno rispetto al passato. Nel 1999 la gestione finanziaria si chiude con un avanzo di 163.000 miliardi in riferimento al risultato complessivo (grazie alla suddetta operazione contabile di ripianamento del debito) e con un saldo delle partite correnti (2.700 miliardi) positivo per il secondo anno consecutivo. Per l’Inpdap, invece, si segnala un peggioramento del risultato finanziario complessivo, che mostra una progressiva riduzione passando a 473 miliardi nel 1999 (era pari a poco meno di 900 miliardi nel 1998): tale risultato è attribuibile sostanzialmente al peggioramento del saldo di parte corrente (da un avanzo di 1.100 miliardi nel 1997 si passa ad un disavanzo di 400 miliardi nel 1998 e a uno pari a 3.700 miliardi nel 1999), a sua volta ascrivibile in prevalenza allo sfavorevole andamento della gestione tipica (entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali). Nell’ambito degli Enti volti all’erogazione di prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali, l’Inail e l’Ipsema evidenziano, nel 1999, un peggioramento del saldo complessivo. L’Ipsema passa da un avanzo di 59 miliardi nel 1998 ad un disavanzo di 11 miliardi nel 1999, da attribuire quasi esclusivamente al negativo andamento del saldo in conto capitale. L’Inail registra nel 1999 un saldo complessivo pari a 324 miliardi (contro i 1.352 miliardi del 1998): il peggioramento è in questo caso riconducibile sia alla riduzione dell’avanzo positivo di parte corrente che al peggioramento del saldo in conto capitale. A tale risultato concorrono tutte le gestioni amministrate dall’Inail, compresa la gestione industria, unica delle gestioni amministrate che chiude in avanzo, con un saldo complessivo nel 1999 ancora positivo, ma in riduzione rispetto all’anno precedente. Passando a considerare gli Enti previdenziali privatizzati, si osservano nel 1999 situazioni abbastanza differenziate. Gli Enti che già registravano un peggioramento del saldo di gestione riconfermano questa tendenza anche nel 1999: la Cassa del notariato, con un saldo complessivo pari a 13 miliardi e soprattutto quella dei medici, che vede passare il saldo complessivo da –23 miliardi nel 1998 a –291 nel 1999. Peggiorano ugualmente nel 1999, raggiungendo un valore negativo del saldo complessivo, l’Ente dei consulenti del lavoro (–34 miliardi nel 1999) e l’Inpgi (–14 miliardi), mentre riducono fortemente l’avanzo rispetto al 1998 la Cassa forense e la Cassa dei ragionieri. Il peggioramento, in tutti i casi osservati è però attribuibile all’andamento del saldo in conto capitale, in quanto quello di parte corrente e, nell’ambito di questo, della gestione tipica, non mostra, nella maggior parte dei casi, un peggioramento. Gli Enti che registrano un miglioramento della situazione nel 1999 sono la Cassa dottori commercialisti, che passa da un saldo complessivo di –40 miliardi a uno pari a –3 miliardi, la Cassa dei geometri, che da un saldo negativo di 109 miliardi passa ad un avanzo di 18 miliardi, la Cassa degli agenti e rappresentanti di commercio, da 47 a 87 miliardi di avanzo, l’Inarcassa, da –98 a 11 miliardi e l’Ente dei veterinari, da ––7 a –4 miliardi. Gli Enti minori, ovvero quelli che provvedono alla copertura di prestazioni diverse da quella di natura previdenziale (quali Enpaia, Onaosi e Fasc), migliorano la situazione rispetto al 1998, con l’unica eccezione dell’Onaosi che da un saldo positivo di 13 miliardi passa ad uno negativo di 11 miliardi. Il peggioramento, anche in questo caso, è interamente attribuibile all’andamento del saldo in conto capitale. Infine, con riferimento ai sette Enti di più recente privatizzazione, solo cinque hanno provveduto a compilare il modello unico di rilevazione in relazione ai primi anni di attività. Per gli Enti di cui sono disponibili i dati si possono rilevare, con riferimento alla gestione finanziaria, saldi di parte corrente in attivo, dal momento che gli Enti in questione non erogano ancora prestazioni al di fuori di quelle per maternità, a fronte di saldi in conto capitale negativi a causa dell’impegnativa attività di investimento mobiliare che ha caratterizzato le prime fasi di attività degli Enti stessi. In particolare l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei biologi (Enpab) evidenzia un saldo complessivo positivo per circa 4 miliardi, cui concorre un saldo di parte corrente positivo per 21 miliardi e uno in conto capitale negativo per poco meno di 17 miliardi. L’Ente nazionale di previdenza e assistenza degli psicologi (Enpap) presenta un saldo positivo di 45,3 miliardi, formato da un attivo di parte corrente pari a 47,7 miliardi a fronte di un passivo in conto capitale di circa 2,4 miliardi. L’Ente nazionale di previdenza dei periti industriali (Eppi) evidenzia nel 1999 un saldo complessivo, coincidente con quello di parte corrente, pari a 65 miliardi. La gestione separata dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo (Inpgi 2) mostra un saldo complessivo per il 1999 pari a –2 miliardi, interamente ascrivibile all’andamento della parte in conto capitale che chiude in passivo per 15 miliardi. L’Ente nazionale di previdenza e assistenza in favore degli infermieri professionali, degli assistenti sanitari e delle vigilatrici d’infanzia (Ipasvi) chiude con un saldo complessivo negativo per 4,5 miliardi, interamente attribuibile alla parte in conto capitale in passivo per poco meno di 10 miliardi.
1.2 Gli equilibri finanziari della gestione tipica (entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali) Nel prospetto C risultano riportati i principali indicatori relativi all’andamento della gestione tipica, entrate contributive-spesa per prestazioni istituzionali, nella quale si sostanzia lo svolgimento dell’attività istituzionale degli Enti esaminati.
Oltre a riportare i coefficienti di copertura (determinati in base al rapporto fra entrate contributive e spesa per prestazioni) per il complesso delle prestazioni erogate, l’analisi si concentra sulle prestazioni di natura previdenziale, che rappresentano le gestioni maggioritarie per numero di iscritti e per numero di trattamenti5. In relazione a queste ultime vengono esaminati il peso e l’andamento dei diversi fattori (demografici e normativo-istituzionali) che concorrono alla determinazione degli equilibri complessivi di gestione. L’evoluzione dei fattori demografici è rappresentata dal rapporto numero assicurati/numero prestazioni e dai rapporti di flusso che ne spiegano l’evoluzione (cessazione di assicurati/nuovi assicurati e cessazione di pensioni/nuove pensioni); l’evoluzione del quadro normativo-istituzionale, volto a regolare le modalità di calcolo della prestazione e i criteri di accesso al pensionamento, è sintetizzata dal rapporto pensione media/retribuzione media. Nella tavola sono inoltre riportati i livelli dell’aliquota legale, dell’aliquota effettiva (determinata in base al rapporto entrate contributive/monte redditi imponibile) e di quella contributiva di equilibrio (determinata in base al rapporto spesa per prestazioni/monte redditi imponibile6), che rappresenta la quota di reddito dei contribuenti necessaria al finanziamento della spesa. In riferimento al complesso delle prestazioni erogate (prime tre colonne del prospetto C) e con riguardo agli Enti pubblici, emerge che nel 1999 solamente l’Enam e l’Enpaf registrano un saldo positivo della gestione tipica, con un rapporto tra entrate contributive e spesa per prestazioni superiore all’unità; gli altri Enti pubblici (l’Enpals, l’Inpdai, l’Inpdap, l’Ipost e lInps$œ si trovano invece in una situazione di disequilibrio della gestione tipica, con un rapporto fra entrate contributive e spesa per prestazioni inferiore all’unità. Per questi Enti, il rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni assume valori contenuti e decrescenti nel periodo esaminato, che per l’Inpdai e l’Inps risultano prossimi a 1. Nel settore dell’infortunistica sul lavoro, l’Inail registra un saldo tra entrate e spesa per prestazioni positivo, seppure in lieve diminuzione rispetto al 1998; l’Ipsema presenta invece un saldo in sensibile miglioramento rispetto al 1998. L’Enpals e l’Inpdai, in linea con l’andamento degli anni precedenti, migliorano la situazione nel 1999: per l’Enpals il coefficiente di copertura si attesta a 0,92 (contro lo 0,85 e lo 0,87 nel 1997 e 1998); per l’Inpdai il coefficiente passa dallo 0,75 nel 1998 allo 0,82 nel 1999. In quest’ultimo caso il miglioramento è dovuto al progressivo e graduale elevamento dell’aliquota di contribuzione legale (fino a giungere nel 1999 il 32,7 per cento), in quanto il rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni diminuisce e quello normativo-istituzionale pensione media/retribuzione media si mantiene costante sui livelli del 1997. In relazione all’Inpdap, nel quale confluiscono le gestioni del settore pubblico, si evidenzia, nel 1999, un peggioramento del rapporto fra entrate contributive e spesa per prestazioni, sia che si consideri il dato al netto della la Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (Ctps), sia che lo si consideri al lordo: il coefficiente di copertura passa infatti, nel primo caso, dallo 0,92 nel 1998 allo 0,90 nel 1999, con un differenziale negativo fra versamenti contributivi e spesa per prestazioni pari a circa 19.000 miliardi. Se si prende in considerazione anche la Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (Ctps), istituita a partire dal 1996, il cui andamento non incide sui saldi dell’Inpdap in quanto il differenziale negativo fra contributi e prestazioni risulta coperto con un pari finanziamento da parte dello Stato, il saldo della gestione tipica risulta ugualmente in peggioramento, con un coefficiente di copertura che passa dallo 0,80 nel 1998 allo 0,76 nel 1999. Con riguardo alle sole gestioni previdenziali, esse registrano nel complesso un peggioramento: il saldo passa in questo caso da –200 miliardi nel 1998 a –2000 miliardi nel 1999, con un coefficiente di copertura che si attesta allo 0,92 in luogo dello 0,99 nel 1998. Considerando anche la Ctps, il coefficiente di copertura si colloca su un valore inferiore (0,75 nel 1999), anch’esso in calo rispetto al 1998. Quanto all’evoluzione dei fattori demografici, il rapporto numero assicurati/numero prestazioni si riduce, passando dall’1,65 nel 1998 all’1,58 nel 1999. Con riferimento all’Inps e al totale delle prestazioni erogate, si evidenzia, per il 1999, una sostanziale stabilità, dopo il consistente miglioramento registrato nel 1998. Per il complesso delle gestioni amministrate e con riguardo all’onere totale per prestazioni (costituito dalla quota a carico delle singole gestioni e da quella a carico dello Stato), il coefficiente di copertura diminuisce di un centesimo di punto passando dal valore di 0,69 già registrato nel 1998 a quello di 0,68, con un disavanzo che aumenta da 70.000 a 75.000 miliardi nel 19997 . Se escludiamo la parte di spesa più propriamente assistenziale (finanziata con trasferimenti da parte dello Stato), il coefficiente di copertura si colloca allo 0,92 nel 1999, a fronte dello 0,91 nel 1998. Se si guarda invece alle sole prestazioni previdenziali, si assiste a un progressivo, anche se lieve, miglioramento del coefficiente di copertura delle entrate sulla spesa per prestazioni considerata al lordo e al netto della spesa a carico della Gestione prestazioni assistenziali (Gias), finanziata dallo Stato: nel primo caso il coefficiente di copertura passa dal valore di 0,85 registrato nel 1998 a quello di 0,87 del 1999, mentre, considerando anche la componente di spesa assistenziale, il coefficiente di copertura si colloca rispettivamente allo 0,64 nel 1998 e allo 0,65 nel 1999. Infine, con riguardo all’andamento dei fattori demografici, il rapporto numero assicurati/numero prestazioni migliora leggermente anch’esso nel 1999 collocandosi a 1,31, mentre era pari a 1,14 nel 1998. La favorevole evoluzione del numero di assicurati è da imputare quasi esclusivamente alla gestione dei «parasubordinati», istituita a partire dal 1996, che, tra il 1998 e il 1999, fa registrare un incremento del 56 per cento circa. Si analizza ora nel dettaglio l’andamento della gestione tipica entrate contributive-spesa per prestazioni nel periodo 1995-1999 per quanto riguarda gli Enti pubblici. Per il Fondo di previdenza dei dirigenti industriali (Inpdai) e l’Ente dei lavoratori dello spettacolo (Enpals), il saldo fra entrate contributive e spesa per prestazioni registra valori negativi su tutto il periodo 1995-1999, evidenziando negli ultimi due anni un miglioramento. Per l’Enpals il rapporto demografico risulta uno dei più elevati nell’ambito dei Enti pubblici; tuttavia, il rapporto normativo istituzionale pensione media/retribuzione media si colloca su livelli sostenuti, mediamente superiori a quelli registrati dagli altri Enti. Per l’Inpdai, il coefficiente di copertura passa dallo 0,75 nel 1998 allo 0,82 nel 1999: le entrate per contributi, in seguito anche all’elevamento dell’aliquota di contribuzione legale, presentano un ritmo di crescita superiore a quello della spesa per prestazioni. L’aliquota di equilibrio previdenziale risulta superiore all’aliquota contributiva legale (pari nel 1999 al 32,7 per cento sul primo scaglione di reddito) e a quella effettiva (pari al 36,2 per cento nel 1999), collocandosi, nel 1999, al 44,6 per cento in luogo del 43,5 per cento dell’anno precedente: il lieve peggioramento è dovuto alla diminuzione del rapporto numero assicurati/numero prestazioni che si colloca a 0,99 in quest’ultimo anno, nonostante la lieve diminuzione del rapporto pensione media/retribuzione media. In relazione all’Ente dei farmacisti la situazione migliora progressivamente: il saldo della gestione tipica passa da un valore negativo nel 1995 ad una situazione di pareggio a partire dal 1996, con un valore positivo e crescente nel tempo. Nel periodo successivo il saldo della gestione tipica assume valori positivi, passando da 25 miliardi nel 1998 a 44 miliardi nel 1999. Questo andamento si riflette sul coefficiente di copertura, che sale dallo 0,82 nel 1995 all’1,17 nel 1999, anche in seguito al miglioramento del rapporto numero assicurati/numero prestazioni, che aumenta dal 2,1 nel 1995 al 2,4 nel 1999. A tale risultato concorrono l’andamento delle entrate contributive, con una crescita pari al 9 per cento annuo nella media del periodo 1995-1999, e della spesa per pensioni, che presenta, nello stesso arco temporale, un trend di crescita medio annuo decisamente contenuto, dell’ordine dello 0,3 per cento. L’Ipost vede invece peggiorare la propria posizione, con un coefficiente di copertura che passa dall’1,14 nel 1997 allo 0,99 nel 1999: ciò risulta ascrivibile alla diminuzione del rapporto numero assicurati/numero prestazioni e all’aumento del rapporto pensione media/retribuzione media. L’aliquota di equilibrio previdenziale, in costante crescita nel periodo osservato, che risultava comunque inferiore a quella legale e a quella effettiva, raggiunge invece nel 1999 quella effettiva (35,23) e supera il valore di quella legale (32,35). Per quanto riguarda l’Inpdap, vengono esaminati i saldi della gestione tipica relativa al complesso delle prestazioni erogate e alle sole prestazioni previdenziali, considerati al netto e al lordo dei risultati conseguiti dalla Cassa trattamenti pensionistici dipendenti dello Stato (Ctps), il cui disavanzo non rileva ai fini della determinazione dei saldi complessivi di gestione dell’Istituto. Per il complesso delle gestioni amministrate (ad esclusione della Ctps), il coefficiente di copertura passa da un valore di poco superiore all’unità nel 1997 (1,04), ad uno inferiore e decrescente nel tempo, pari nel 1999 a 0,90, con un saldo negativo di 3.500 miliardi circa. Se consideriamo le sole gestioni previdenziali, emerge anche in questo caso una tendenza al peggioramento rispetto al 1998; il saldo passa da 0,99 a 0,92, con un saldo negativo per poco meno di 2.000 miliardi nel 1999. Il peggioramento del saldo complessivo, in riferimento soprattutto al 1999, è dunque riconducibile principalmente alla riduzione del rapporto demografico iscritti/prestazioni. La gestione delle indennità di liquidazione, che nel 1998 aveva mostrato rilevanti saldi negativi, mostra invece un miglioramento in relazione al 1999, passando da un saldo negativo del valore di circa 1.500 miliardi ad uno positivo di 1.300 miliardi. Se si considera anche la gestione Ctps, il saldo fra entrate contributive e spesa per prestazioni passa da –16.000 miliardi nel 1998 a poco meno di –20.000 miliardi nel 1999, con un coefficiente di copertura pari nel 1999 a 0,75. Con riferimento all’andamento delle singole gestioni amministrate dall’Inpdap, emergono situazioni differenziate: la Cassa dipendenti enti locali (Cpdel) registra un disavanzo su tutto il periodo esaminato, al quale si contrappone il saldo positivo della Cassa sanitari. Con riguardo alle due gestioni minoritarie, quali la Cassa insegnanti d’asilo (Cpi) e la Cassa ufficiali giudiziari (Cpug), la prima, che raggiungeva una situazione di sostanziale pareggio nel 1998, vede ridursi nel 1999 il coefficiente di copertura di circa 9 centesimi di punto (pari a 0,90 nel 1999), mentre la seconda risulta stabilmente in disequilibrio finanziario. La Cpdel registra un disavanzo che migliora nel 1996 (–650 miliardi in luogo di –3.850 miliardi nel 1995), in seguito sostanzialmente all’ampliamento della base imponibile (al fine di ricomprendervi gli emolumenti accessori precedentemente esclusi); nel periodo successivo tale saldo peggiora fino a collocarsi a –3.500 miliardi nel 1999. Il coefficiente di copertura risulta pertanto inferiore all’unità, collocandosi nel 1999 a 0,85. L’aliquota di equilibrio previdenziale (pari a 40,2 per cento nel 1999) è superiore all’aliquota contributiva legale (pari al 32,35 per cento) e a quella effettiva (pari al 34 per cento nel 1999): la riduzione del rapporto pensione media/retribuzione media non riesce a compensare la diminuzione del rapporto numero assicurati/numero prestazioni. Dal lato delle entrate contributive, la crescita del gettito (10,5 per cento su base annua nella media del periodo 1995-1999), è connessa all’aumento del monte retributivo imponibile e, fino al 1997, all’elevamento dell’aliquota di contribuzione legale. La massa reddituale aumenta in seguito, sostanzialmente, all’incremento del reddito medio, in quanto il numero degli assicurati registra una progressiva riduzione. Dal lato delle uscite e nello stesso arco temporale, la spesa per pensioni della Cpdel si evolve sulla base di un tasso di crescita medio annuo del 8,3 per cento, in seguito all’aumento dell’importo medio delle pensioni e del numero di trattamenti. Quest’ultimo risente del consistente flusso annuo di nuove liquidate, che in relazione al 1998 risulta più contenuto. La Cassa sanitari presenta un avanzo progressivamente crescente fino al 1997; dal 1998 esso si riduce passando da 2.000 miliardi nel 1997 a 1.500 miliardi nel 1999, con un coefficiente di copertura pari all’1,7. L’aliquota di equilibrio previdenziale, pari a circa il 18 per cento nel 1999, risulta inferiore all’aliquota di contribuzione legale (pari al 32,35 per cento) e a quella effettiva (pari al 30 per cento nel 1999). Con riferimento al complesso delle gestioni amministrate dall’Inps, il saldo negativo fra entrate contributive e spesa per prestazioni registra, nel periodo 1995-97, un progressivo peggioramento, passando da –65.000 miliardi nel 1995 a –74.000 miliardi nel 1997; nel 1998 si evidenzia invece un contenimento del deficit, che passa a –70.000 miliardi, dovuto, come già accennato, a fattori temporanei, mentre nel 1999 il saldo si attesta sul valore di –75.000 miliardi. Depurando la spesa complessiva da quella parte più propriamente assistenziale, finanziata con la fiscalità generale tramite trasferimenti da parte dello Stato, e considerando dunque la quota di spesa di natura previdenziale-assicurativa (connessa allo svolgimento di un’attività lavorativa e al versamento dei contributi), il disavanzo si colloca nel 1999 a –20.500 miliardi, a fronte di –23.400 miliardi nel 1998. Nel caso delle sole gestioni dei trattamenti pensionistici IVS, il saldo negativo assume valori più consistenti rispetto a quello determinato per il complesso delle gestioni amministrate: al saldo negativo delle gestioni previdenziali si contrappone infatti una situazione di avanzo per le gestioni volte all’erogazione dei trattamenti economici temporanei. In particolare, le gestioni previdenziali registrano un saldo negativo di oltre 75.000 miliardi nel 1999, in linea con il livello registrato nel 1997 (75.276 miliardi) dopo il miglioramento temporaneo che si è registrato nel 1998 (71.610 miliardi), se si considera l’onere di spesa complessivo (quote a carico delle gestioni e quota Gias a carico dello Stato). Tale saldo migliora considerevolmente se si prende a riferimento la sola spesa a carico delle gestioni. In questo caso infatti il deficit risulta inferiore ed evidenzia nel periodo 1995-1999 una tendenza al miglioramento, passando da circa –35.000 miliardi nel 1995 a –20.500 miliardi nel 1999; il coefficiente di copertura sale dallo 0,73 nel 1995 allo 0,87 nel 1999. L’aliquota di equilibrio previdenziale, superiore all’aliquota effettiva, evidenzia una tendenza al peggioramento, almeno fino al 1997, migliora nel 1998 e tende a risalire nel 1999. Quella calcolata in relazione alla spesa complessiva per prestazioni passa dal 45,4 per cento nel 1995 al 47,7 per cento nel 1999; quella determinata sulla base delle rate di pensione a carico delle gestioni sale dal 34,6 per cento nel 1995 al 35,3 per cento nel 1999. Dal lato del finanziamento, la crescita delle entrate contributive (7,5 per cento su base annua nella media del periodo 1995-1999) è dovuta ad un incremento del monte retributivo ai fini imponibili (in seguito all’aumento del numero degli assicurati e della retribuzione media) e all’elevamento dell’aliquota contributiva legale. L’andamento delle entrate risente inoltre degli effetti positivi derivanti dall’istituzione, a partire dal 1996, della gestione dei lavoratori «parasubordinati», che influenza in modo considerevole anche l’evoluzione del numero complessivo degli iscritti. Nel 1999 la gestione dei lavoratori «parasubordinati» fa registrare un incremento degli iscritti del 56 per cento circa, ma anche altre gestioni, quali i lavoratori dipendenti (+13 per cento), gli artigiani (14,5 per cento), i commercianti (+29 per cento), mostrano un segnale di ripresa dell’occupazione attraverso l’incremento degli iscritti alle specifiche gestioni. Dal lato delle uscite, la spesa per pensioni si evolve sulla base di un tasso di crescita del 4,2 per cento nella media del periodo 1995-1999; la crescita si riduce al 3,7 per cento se consideriamo solo la quota di spesa a carico delle gestioni. L’aumento della spesa è dovuto sia all’incremento del numero delle pensioni sia all’elevamento dell’importo medio della pensione. L’andamento piuttosto discontinuo evidenziato dall’onere per pensioni nel periodo considerato è dovuto ai numerosi provvedimenti normativi adottati negli anni più recenti: nel 1995 la crescita risulta inferiore a causa della posticipazione del termine per l’adeguamento al costo della vita delle pensioni e per la sospensione del pagamento delle pensioni d’anzianità; nel 1996 e 1997 i ritmi di crescita più sostenuti (dell’ordine del 7 e 8 per cento) sono dovuti allo «sblocco» delle pensioni d’anzianità; nel 1998 la spesa si mantiene sui medesimi livelli del 1997, a causa sostanzialmente dei risparmi derivanti dalla nuova modalità di pagamento delle pensioni e dallo slittamento al 1999 delle «finestre» previste nel 1998 per le pensioni d’anzianità (legge finanziaria per il 1998). La crescita di circa il 6 per cento che si registra nel 1999 sconta in parte l’effetto dell’introduzione della nuova periodicità di pagamento delle pensioni, nonché del pagamento di circa 60.000 nuove pensioni di anzianità dei lavoratori autonomi bloccate, come già ricordato, dalla manovra finanziaria per il 1998. Con riferimento agli andamenti delle singole gestioni previdenziali, emerge che, nell’ambito delle gestioni dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) registra un miglioramento del saldo: il coefficiente di copertura riferito alle rate di pensione a carico della gestione passa da 0,69 nel 1995 a 0,81 nel 1996; nel 1997 esso scende a 0,78 per risalire a 0,82 nel 1998 e 1999. Le gestioni degli autonomi (artigiani e commercianti) presentano invece, nel periodo 1995-1997 un progressivo peggioramento dovuto allo sfavorevole andamento sia del rapporto demografico sia del rapporto normativo-istituzionale, che determina un’aliquota di equilibrio previdenziale in forte aumento e una copertura in progressivo calo. Negli ultimi due anni, le gestioni dei lavoratori autonomi fanno registrare un lieve miglioramento degli indicatori appena osservati, grazie alle misure un tantum già richiamate nel caso del 1998 e al lieve incremento del numero degli iscritti nel 1999. La gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni (CDCM), il cui miglioramento nel 1998 è riconducibile esclusivamente al risparmio in termini di cassa conseguito con la mensilizzazione del pagamento delle pensioni, mostra, ancora nel 1999, un andamento negativo. Anche i fondi speciali sostitutivi dell’Ago (trasporti, telefonici, elettrici, volo e imposte di consumo) presentano andamenti piuttosto sfavorevoli delle variabili demografiche e normativo-istituzionali. Per quanto concerne l’andamento della gestione tipica degli Enti previdenziali privatizzati, nel prospetto emergono, in via generale, saldi positivi fra entrate contributive e spesa per prestazioni istituzionali. Fanno eccezione l’Enasarco, con valori del coefficiente di copertura inferiori all’unità, e la Cassa del notariato, la quale, nel 1999 raggiunge appena una situazione di parità; in una situazione critica si trova anche l’Inpgi con il progressivo avvicinamento delle entrate contributive alla spesa per prestazioni. L’Enasarco comunque migliora progressivamente la situazione, con un coefficiente di copertura che passa, per il complesso delle gestioni amministrate, dallo 0,81 nel 1997 allo 0,9 nel 1998 e allo 0,93 nel 1999. Questo andamento è da attribuire quasi esclusivamente all’elevamento dell’aliquota legale (dal 10 all’11,5 per cento), in quanto il rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni mostra una tendenza al peggioramento nel tempo. Anche la Cassa del notariato presenta, nel 1999, un miglioramento del saldo della gestione tipica che passa da –28 miliardi nel 1998 a un avanzo di 4 miliardi nel 1999; con riguardo alla gestione delle sole prestazioni previdenziali si evidenzia una situazione di sostanziale equilibrio, con una copertura superiore all’unità (1,21 nel 1999). Per l’Inpgi il coefficiente di copertura registra valori prossimi all’unità. Nel 1999 e per il complesso delle prestazioni erogate, si assiste ad un lieve peggioramento rispetto al 1998 (il saldo passa da un avanzo di 34 miliardi nel 1998 a uno di 22 miliardi nel 1999); con riguardo alle sole prestazioni previdenziali il saldo evidenzia una tendenza al peggioramento, passando da 38 miliardi nel 1998 a 24 miliardi nel 1999. Il peggioramento va messo in relazione alla tendenza alla crescita del rapporto normativo-istituzionale, pensione media/retribuzione media che influisce negativamente sugli equilibri di gestione, nonostante il rapporto demografico, numero assicurati/numero prestazioni rimanga sostanzialmente stabile nel 1999. Con riferimento agli altri Enti, si evidenzia, rispetto al 1998, un miglioramento del saldo, con l’eccezione della Cassa forense, della Cassa dei ragionieri e della Cassa dei medici. Per alcuni Enti, quali la Cassa dei dottori commercialisti, quella degli ingegneri e architetti e quella dei veterinari, il favorevole andamento della gestione tipica è in parte attribuibile all’aumento del rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni. Per gli altri Enti, che peggiorano, o hanno immutati equilibri della gestione tipica, si nota una sostanziale stabilità, in alcuni casi, o tendenza al peggioramento in altri, del rapporto tra iscritti e prestazioni. Sebbene gli Enti previdenziali privatizzati si trovino, al momento, con riferimento all’evoluzione dei fattori demografici, in una situazione favorevole, con un rapporto tra iscritti e prestazioni che si colloca su valori molto superiori all’unità, tuttavia dovranno affrontare, a breve, il progressivo processo di maturazione delle gestioni interessate. Per ora, la base assicurativa risulta alimentata ogni anno da un consistente flusso di nuove unità: la differenza fra il flusso netto annuo dei nuovi assicurati e il flusso netto annuo delle nuove pensioni risulta di segno positivo e crescente. Si tratta infatti di gestioni «giovani» caratterizzate da una base assicurativa che presenta una distribuzione a favore di età anagrafiche e anzianità contributive ancora relativamente basse. In futuro, con il processo di maturazione delle gestioni, quando quote progressivamente crescenti di iscritti, maturando i requisiti per il collocamento a riposo, incrementeranno la massa dei beneficiari, gli Enti privatizzati si troveranno a dover affrontare problemi di squilibrio delle gestioni. Come verrà messo in evidenza nel secondo capitolo, dedicato alle prospettive del sistema previdenziale, dall’esame dei bilanci tecnici contenenti le proiezioni degli equilibri tecnico-finanziari su un arco temporale di 15 anni, emergono, per alcuni Enti, segnali di potenziali fattori di squilibrio già a partire dai prossimi anni. Si ritiene auspicabile pertanto il costante controllo dei meccanismi alla base del funzionamento del regime previdenziale per valutare con tempestività l’opportunità di misure a carattere strutturale volte a modificare le modalità di calcolo della pensione. Sarà così possibile contrastare adeguatamente gli effetti finanziari negativi indotti dalla progressiva diminuzione del rapporto demografico numero assicurati/numero pensioni, derivante dal processo di maturazione delle gestioni. In riferimento agli Enti di più recente istituzione (decreto legislativo n. 103 del 1996), non è ancora possibile condurre analisi sull’equilibrio della gestione tipica dal momento che tali Enti inizieranno ad erogare prestazioni a partire dal 2001. Sono tuttavia parzialmente estendibili le considerazioni appena rilevate per gli altri Enti privatizzati relative all’andamento dei fattori demografici. Si rende comunque urgente che tali Enti provvedano quanto prima alla predisposizione dei bilanci tecnici, secondo quanto previsto dalla legislazione in materia (decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996), in modo da poter evidenziare, in base alle prospettive di crescita del numero degli iscritti e alle modalità di erogazione e di finanziamento delle prestazioni, i futuri equilibri gestionali. Si passa all’andamento della gestione tipica entrate contributive-spesa per prestazioni nel periodo 1995-1999 per quanto riguarda gli Enti privatizzati. Per la Cassa dei dottori commercialisti si evidenzia, nel periodo 1995-1997, un graduale e progressivo miglioramento del saldo positivo fra entrate contributive e onere per prestazioni; per il 1998, invece, il saldo registra una flessione, mentre si assiste ad una ripresa del valore del saldo nel 1999, che passa da 122 miliardi nel 1998 a 144 nel 1999, con un coefficiente di copertura pari a 2,5 in luogo di 2,4 dell’anno precedente. Nel periodo 1995-1999 le entrate contributive si evolvono sulla base di un tasso di incremento medio annuo del 9 per cento, inferiore a quello evidenziato dalla spesa per pensioni, nello stesso periodo, pari a circa il 13 per cento. Le stesse entrate contributive, dopo la flessione in valore assoluto fatta registrare nel 1998, riconducibile all’intervento normativo che ha abbassato il tetto della contribuzione minima soggettiva e integrativa, in coerenza con la riduzione dell’aliquota legale operata nel 1996, fanno registrare invece nel 1999 un incremento del 16 per cento, rispetto all’anno precedente. L’aliquota di equilibrio previdenziale, inferiore sia a quella legale sia a quella effettiva, evidenzia nello stesso arco temporale una tendenza al miglioramento, passando dal 4,5 per cento nel 1995 al 3,2 per cento nel 1998, mentre nel 1999 aumenta al 3,7 a causa di un lieve incremento del rapporto normativo-istituzionale tra pensione media e retribuzione media e di quello demografico tra numero di prestazioni e numero di assicurati. Per la Cassa forense il coefficiente di copertura, che evidenziava una tendenza alla crescita nel periodo osservato, mostra nel 1999 un decremento passando da 1,52 nel 1998 a 1,39 nel 1999. Aumenta costantemente anche il rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni (da 3,52 nel 1995 a 4,32 nel 1999). Le entrate contributive mostrano un arresto del processo di crescita fino ad ora registrato, pari nel periodo 1995-1999 a un tasso medio annuo del 13 per cento (l’aumento è connesso alla favorevole evoluzione del monte dei redditi ai fini imponibili, in seguito alla consistente crescita del numero degli assicurati). Tra il 1998 e il 1999 le entrate contributive aumentano invece di appena l’1 per cento. La spesa per pensioni registra una crescita annua dell’ordine del 12 per cento, leggermente inferiore a quella evidenziata dalle entrate per contributi. L’Ente dei veterinari e la Cassa dei consulenti del lavoro registrano un aumento del coefficiente di copertura, che nel 1999 si colloca rispettivamente all’1,58 e al 2,24. Nel primo caso si osserva un miglioramento del rapporto demografico, che passa dal 2,68 nel 1998 al 2,78 nel 1999; nel secondo caso esso evidenzia una lieve riduzione passando, nello stesso arco temporale, dal 4,11 al 4,05. Per la Cassa dei veterinari, infine, si osserva un valore dell’aliquota di equilibrio previdenziale in progressivo calo (pari a 9,07 nel 1999) e inferiore sia all’aliquota legale, che a quella effettiva (pari a 14,29 nel 1999). Per l’Inarcassa, il coefficiente di copertura diminuisce fino al 1997, per aumentare nel 1998 e 1999, grazie al costante aumento del rapporto demografico iscritti/prestazioni (pari a 5,89 nel 1999). Il positivo risultato dell’anno 1999, va infatti messo in relazione all’incremento degli iscritti, pari al 9 per cento circa. La Cassa dei ragionieri presenta una riduzione, nel 1999, del coefficiente di copertura delle entrate contributive rispetto alla spesa per prestazioni, che passa dal 2,73 nel 1998 al 2,32 nel 1999. Il rapporto demografico peggiora lievemente, a differenza del rapporto normativo-istituzionale, che scende dallo 0,49 nel 1998 allo 0,41 nel 1999. L’aliquota di equilibrio previdenziale, sia pure in lieve aumento nel tempo, risulta comunque inferiore a quella legale e a quella effettiva (pari a 10,63 nel 1999). L’Enpam migliora, nel periodo osservato, il saldo positivo complessivo fra entrate contributive e spesa per prestazioni mentre, nell’ultimo anno di riferimento, il coefficiente di copertura del complesso delle gestioni peggiora leggermente, passando da 1,37 nel 1998 a 1,30 nel 1999. Il rapporto tra entrate contributive e spesa per prestazioni mostra andamenti estremamente differenziati tra i diversi fondi amministrati. Il fondo generale (che rappresenta la gestione maggioritaria per numero di iscritti e pensionati) mostra un coefficiente di copertura superiore all’unità e pari a 2,51 nel 1999; lo stesso coefficiente di copertura è pari a 0,96 per il fondo dei medici generici, pari a1,11 per gli ambulatoriali e pari a 0,50 per gli specialisti esterni. La tendenza al peggioramento dell’equilibrio della gestione tipica è ascrivibile ad un peggioramento del rapporto demografico iscritti/prestazioni che tende anch’esso a ridursi. Per l’Ente dei geometri il coefficiente di copertura registra una lieve diminuzione nel periodo 1995-1997, passando da 1,51 a 1,14, mentre mostra una tendenza al miglioramento nel biennio 1998-1999 attestandosi, nell’ultimo anno, a 1,23. Il miglioramento che si registra nel periodo più recente è da attribuire all’innalzamento dell’aliquota legale stabilito nel 1997 (dal 7 per cento al 10 per cento), dal momento che sia il rapporto demografico, che quello normativo-istituzionale mostrano una tendenza al peggioramento nel tempo. L’aliquota di equilibrio previdenziale, inferiore a quella effettiva, registra nel 1999, un leggero aumento, in seguito all’aumento del rapporto pensione media/retribuzione media e alla lieve flessione del rapporto numero assicurati/numero prestazioni. Quest’ultimo risulta in progressiva diminuzione a partire dal 1994: il numero degli assicurati aumenta, ma il ritmo di crescita dello stock di pensioni risulta più sostenuto, con un flusso netto annuo di nuove pensioni superiore a quello di nuovi assicurati. L’andamento del gettito contributivo sembra legato soprattutto all’adozione di interventi normativi: nel 1995 l’incremento dipende dall’elevamento dell’aliquota legale; il gettito si mantiene pressoché costante nel 1996 e nel 1997, per riprendere a crescere nel 1998, anno nel quale l’aliquota legale viene nuovamente innalzata di ben 3 punti percentuali (dal 7 al 10 per cento). Con riguardo alla Cassa del notariato e al complesso delle prestazioni erogate, il saldo negativo registra, nel 1999, un lieve miglioramento, collocandosi a 65 miliardi, a fronte di 62 miliardi nel 1998: il coefficiente di copertura mostra un miglioramento nell’ultimo anno, collocandosi nel 1999 a 1,02 a fronte di un valore pari a 0,87 nel 1998. Passando a considerare le sole prestazioni IVS, l’andamento congiunto delle entrate contributive e della spesa per prestazioni, determina un saldo complessivo di gestione che assume un valore negativo nel 1995 e nel 1996, per collocarsi su valori positivi nel 1997, 1998 e 1999, grazie prevalentemente all’intervento normativo volto ad elevare l’aliquota di contribuzione legale, che è passata dal 20 al 25 per cento. Con riferimento all’andamento degli indicatori di equilibrio finanziario, il rapporto demografico che evidenziava un peggioramento nel 1998, mostra segnali di ripresa nel 1999, passando da 1,87 nel 1998 a 1,94 nel 1999, grazie al considerevole incremento degli iscritti che si è registrato nel 1999. L’Ente di previdenza degli agenti di commercio, l’Enasarco, mostra nel periodo 1995-1997 una tendenza al peggioramento del rapporto tra entrate contributive e spesa per prestazioni, mentre a partire dal 1998 tale rapporto migliora progressivamente, con un coefficiente di copertura che passa da 0,81 nel 1997 a 0,93 nel 1999. Inoltre l’aliquota di equilibrio previdenziale risulta superiore all’aliquota legale e a quella effettiva fino al 1997; nel 1998 invece essa si colloca su un valore inferiore a quello dell’aliquota legale (che passa dal 10 per cento nel 1997 all’11,5 per cento nel 1998), ma superiore all’aliquota effettiva. Per il 1999 non è disponibile né il dato relativo all’aliquota di equilibrio previdenziale né quello relativo all’aliquota effettiva. L’Inpgi registra nel 1999 un saldo positivo fra entrate contributive e spesa per prestazioni pari a 22 miliardi, leggermente inferiore a quello registrato nel 1998 (pari a 24 miliardi), con un coefficiente di copertura che registra valori prossimi all’unità (1,06 nel 1999). Passando a considerare le sole prestazioni previdenziali, il coefficiente di copertura evidenzia nel 1999 un lieve peggioramento (da 1,10 nel 1998 a 1,06 nel 1999). L’aliquota di equilibrio previdenziale rimane pressoché invariata rispetto ai livelli del 1998 (27,92 per cento), risultando di poco inferiore all’aliquota legale (27,97 per cento) e a quella effettiva (29,56). Il rapporto demografico passa da 2,22 nel 1995 a 2,32 nel 1999. Dal lato del finanziamento, le entrate contributive presentano un tasso di crescita del 6 per cento nella media del periodo 1995-1999: ciò è dovuto all’incremento del monte reddituale (in seguito alla crescita del reddito medio professionale e, in misura inferiore, all’ampliamento della base assicurativa «attiva») e all’elevamento dell’aliquota contributiva legale (nella misura di 0,7 punti percentuali dal 1996 e di 0,1 punti percentuali dal 1998). La spesa per pensioni presenta invece un trend di crescita più sostenuto (dell’ordine del 6,5 per cento nella media del periodo 1995-1999), connesso all’evoluzione del numero delle pensioni e dell’importo medio delle prestazioni, che aumenta in seguito ad una redistribuzione dello stock di pensioni a favore di quelle di nuova liquidazione di importo più elevato. Il 1999 in particolare è stato caratterizzato dalla andata in pensione di un numero consistente di iscritti che avevano maturato posizioni contributive medio alte, grazie ai sostanziosi incentivi offerti dalle aziende editoriali di provenienza. In quest’ultimo anno l’importo medio annuo delle nuove pensioni liquidate è passato dai circa 91 milioni del 1998 agli oltre 105 del 1999, a fronte di un importo medio dello stock di pensioni esistenti pari, per lo stesso anno, a circa 80 milioni. Su questi già precari equilibri grava infine il complesso problema degli oneri per la disoccupazione, fortemente in crescita nel periodo osservato, a causa della crisi che sta attraversando il settore editoriale, che risultano completamente a carico dell’Istituto.
1.3 La gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare Un’attenta gestione del patrimonio detenuto dagli Enti rappresenta un requisito imprenscindibile dell’attività dei fondi di previdenza integrativa privati a capitalizzazione, in quanto costituisce una forma di garanzia dei crediti vantati dagli assicurati e dai beneficiari delle prestazioni. Per gli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza (basati su un sistema a ripartizione e tendenti al pareggio delle entrate e delle uscite), un buon utilizzo dei flussi finanziari e una gestione del patrimonio improntata a criteri di efficienza, pur non rientrando tra i compiti istituzionali degli Enti, costituisce un’importante forma di investimento ai fini della determinazione dei saldi complessivi di gestione. Ciò assume un rilievo ancora maggiore nel caso degli Enti previdenziali privatizzati, che in seguito all’autonomia gestionale prevista dal decreto legislativo n. 509 del 1994 sono esclusi da finanziamenti pubblici.
I risultati non del tutto soddisfacenti finora conseguiti in merito all’attività di dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti pubblici e, in particolare degli Enti previdenziali pubblici, trovano un incentivo nelle norme previste dalla legge finanziaria per il 2001. Tali norme prevedono infatti uno snellimento delle procedure operative per la realizzazione delle vendite, attraverso l’accelerazione della soluzione del contenzioso con gli inquilini morosi, nonché attraverso l’esonero a favore degli Enti venditori dagli obblighi riguardanti la documentazione relativa alla proprietà e alla regolarità urbanistico-edilizia degli immobili. Nel prospetto D vengono illustrati i principali risultati della gestione del patrimonio immobiliare. A partire dalla consistenza e dalla composizione del patrimonio detenuto dagli Enti nonché dai proventi ad esso direttamente imputabili (al lordo e al netto dei costi di gestione), sono stati costruiti alcuni indicatori di redditività. Il patrimonio, classificato in immobili da reddito locato a terzi e in immobili strumentali adibiti ad usi diretti, viene valutato in base al valore di bilancio, al valore catastale, ai prezzi di acquisto e ai prezzi di mercato. Ai fini di una corretta e significativa comparazione dei livelli di redditività fra i diversi Enti, i confronti devono essere effettuati con riguardo ai rendimenti considerati al netto delle spese direttamente imputabili alla gestione del patrimonio e calcolati sul patrimonio ai prezzi di mercato. I rendimenti netti consentono di avanzare considerazioni su un’efficiente gestione, in quanto tengono conto dell’andamento dei costi di gestione in relazione all’ammontare complessivo dei proventi, che costituiscono il vincolo alla loro espansione. Quanto ai diversi criteri di valutazione del patrimonio, i rendimenti calcolati ai prezzi di acquisto e al valore catastale non consentono di effettuare corretti confronti fra gli Enti, in quanto non scontano il fatto che l’acquisto degli immobili possa avvenire in periodi diversi e che gli estimi catastali si basano su valutazioni non omogenee. In riferimento agli Enti pubblici, l’elemento comune è riconducibile ai bassi livelli di redditività del patrimonio immobiliare: i rendimenti netti si collocano infatti su valori prossimi a zero, assumendo in alcuni casi valori di segno negativo. Il fatto che i rendimenti assumano valori piuttosto contenuti sembra giustificare pienamente programmi di dismissione degli immobili degli Enti pubblici. C’è però da osservare che, a seguito della lentezza con cui tali programmi di dismissioni hanno preso il via, sembrano venuti meno i presupposti della straordinarietà e dell’urgenza di tali programmi e con essi gli sconti previsti dalla normativa su tali acquisti, per i quali si realizzano valori di vendita inferiori di circa il 40 per cento rispetto al valore di mercato. Con riguardo agli Enti pubblici, come si è già ricordato, la redditività del patrimonio immobiliare è estremamente ridotta, inoltre, in numerosi casi non si è provveduto all’adeguamento del valore in bilancio con l’effettivo prezzo di mercato, portando in questo modo ad una sottovalutazione del reale valore del patrimonio immobiliare. Gli unici Enti per i quali è disponibile il rendimento netto ai valori di mercato, sono l’Enpaf, l’Inail, l’Inpdap e l’Inps; per tali Enti la redditività netta determinata a partire dalla valutazione del patrimonio ai prezzi di mercato assume valori che oscillano fra il –0,15 per cento dell’Inps e lo 0,34 per cento dell’Inpdap. Per gli altri Enti pubblici è possibile valutare il rendimento netto soltanto sul valore in bilancio e su quello catastale, con i limiti prima ricordati. Anche in questo caso i rendimenti assumono valori negativi (–0,37 e –0,10 rispettivamente per l’Enpals e l’Inpdai sul valore in bilancio), o al massimo prossimi allo zero (0,50 per l’Ipost). Un rendimento negativo significa che i costi di gestione del patrimonio immobiliare sono superiori alle entrate derivanti dagli immobili stessi. Per l’Inpdai i proventi netti registrano valori negativi nel 1995; nel biennio successivo essi tendono a migliorare per collocarsi nel 1997 su valori appena superiori allo zero; nel 1998 si assiste nuovamente ad un inversione di tendenza, con rendimenti negativi. Per l’Enpals si evidenzia un andamento simile: i rendimenti netti assumono valori positivi nel 1995 e 1996, per registrare un risultato negativo nel 1998 e 1999. In relazione all’Inps i redditi netti evidenziano un andamento progressivamente sfavorevole fino a collocarsi a partire dal 1997 su valori negativi; l’incidenza delle spese di gestione sui proventi lordi si colloca su quote elevate e progressivamente crescenti, passando dal 98 per cento nel 1995 ad oltre il 100 per cento nel 1998 e 1999. In termini di redditività, i rendimenti risultano prossimi a zero nel 1995 e 1996; nel periodo successivo registrano valori negativi, pari rispettivamente a –0,15 per cento nel 1998 e 1999. Con riguardo agli Enti previdenziali privatizzati, i confronti non risultano agevoli, in quanto, anche in questo caso, un numero limitato di Enti ha fornito la valutazione del patrimonio ai prezzi di mercato. In seguito al processo di privatizzazione e dunque all’autonomia gestionale, vi sono segnali di una gestione più dinamica, che determina in via generale una tendenza al miglioramento, con livelli di redditività in aumento. Negli anni più recenti si è infatti assistito alla trasformazione e al rinnovo dei contratti di locazione, che da prezzi assolutamente non remunerativi per gli Enti hanno progressivamente raggiunto, in numerosi casi, prezzi molto vicini a quelli di mercato. Tuttavia, dall’esame dei risultati presentati nel prospetto D, emerge che i rendimenti netti, nonostante siano riferiti ai prezzi di acquisto, si collocano su valori piuttosto contenuti; nei limitati casi in cui essi sono espressi in base alla valutazione ai prezzi di mercato, i rendimenti si abbassano ulteriormente. Per gli Enti che hanno fornito la valutazione ai prezzi di mercato, i rendimenti espressi in termini netti si collocano al di sotto del 2 per cento (1,05 per cento per Enasarco, 1,48 per cento per Inpgi e 1,96 per cento per la Cassa del notariato), ad eccezione dell’Onaosi che registra una redditività netta del 3,7 per cento. Per la Cassa dei ragionieri e per quella dei geometri, per le quali nel 1998 emergevano rendimenti netti di segno negativo, con costi di gestione superiori alle entrate complessive derivanti dagli immobili, si assiste nel 1999 ad un lieve miglioramento, con i rendimenti che si collocano su valori di poco superiori allo zero. Per l’Enpam e per l’Enpaia la redditività assume valori positivi inferiori all’unità. Per i rimanenti Enti, per i quali i rendimenti netti risultano determinati in relazione al patrimonio iscritto in bilancio e a quello valutato ai prezzi di acquisto, i livelli di redditività risultano superiori e oscillano tra il 3,45 dell’Ente dei veterinari all’1,04 per cento della Cassa dei dottori commercialisti in relazione al valore in bilancio, con un rendimento medio pari a l’1,46 per cento. Per tali Enti, tuttavia, i confronti non risultano molto significativi, in quanto i livelli di redditività risentono delle diverse metodologie di valutazione del patrimonio iscritto in bilancio e dei diversi momenti in cui è avvenuto l’acquisto degli immobili. Per quanto riguarda gli Enti privatizzati di più recente formazione (ex decreto legislativo n. 103 del 1996) essi non dispongono di patrimonio immobiliare, non ritenendo al momento opportuno tale tipo d’investimento. In numerosi casi lo statuto stesso di tali Enti prevede esclusivamente investimenti di tipo mobiliare a garanzia dei versamenti effettuati dagli iscritti. Quanto alla gestione del patrimonio mobiliare, vengono indicati la consistenza dei valori mobiliari e i proventi derivanti dalle diverse tipologie di strumenti finanziari. I valori mobiliari sono stati classificati, in base alla durata e alla natura del titolo, in «attività liquide», «titoli», «azioni e partecipazioni», «crediti» e «altri investimenti». I proventi si riferiscono, oltre che ai redditi da interessi, utili e partecipazioni, ai guadagni (perdite) in conto capitale realizzati al momento della vendita e/o maturati (si veda la tavola 8 dell’allegato Tavole riassuntive). Gli indicatori di redditività sono stati determinati, in primo luogo, in base al rapporto fra i proventi complessivi (al lordo e al netto delle imposte) e la consistenza dei valori mobiliari; in secondo luogo, sono stati calcolati il risultato lordo di gestione finanziaria (proventi – oneri di gestione) e il risultato netto di gestione finanziaria (risultato lordo – interessi passivi) e sono stati parametrati, rispettivamente, alla consistenza lorda e a quella netta (attività – passività finanziarie) del patrimonio mobiliare. Per gli Enti pubblici si osserva una composizione di portafoglio sbilanciata a favore delle attività liquide e dei crediti, con le uniche eccezioni dell’Inail che investe il 70 per cento del patrimonio mobiliare in titoli e dell’Inpdap che dedica poco meno del 10 per cento dei propri investimenti ai titoli. I rendimenti lordi riferiti al complesso delle attività finanziarie, in forte calo negli ultimi due anni, oscillano fra il 1,87 per cento dell’Inps e l’8,59 per cento dell’Ipost; rendimenti più elevati, sia pure in riduzione rispetto al passato, si registrano anche a favore dall’Inail (7,40 per cento). Il calo dei rendimenti è da imputare prevalentemente alla progressiva riduzione dei tassi d’interesse, sebbene la componente titoli, come si è osservato, abbia un peso relativamente modesto. I rendimenti determinati a partire dal risultato lordo di gestione finanziaria registrano valori pressoché simili ai precedenti per lo scarso peso dei costi di gestione. Per l’Inpdai la totalità delle attività finanziarie risulta costituita da attività liquide e da crediti; i titoli obbligazionari e le azioni che hanno visto progressivamente ridursi il rispettivo peso, scompaiono dalla composizione del portafoglio nel 1999. Anche per i due principali Enti, quali l’Inps e l’Inpdap, le componenti diverse dalla liquidità e dai titoli appaiono del tutto residuali. Per l’Inps la consistenza degli investimenti aumenta fino al 1996, in seguito all’acquisizione di crediti e, in particolar modo, di attività liquide (gli investimenti in titoli e in azioni e partecipazioni restano invariati in valore assoluto); nel periodo successivo la consistenza delle attività diminuisce in seguito alla dismissione di azioni e di titoli obbligazionari, fino a giungere al 1999 in cui le attività liquide rappresentano una quota pari al 97 per cento del totale delle attività. Per l’Inpdap la consistenza dei valori mobiliari aumenta a causa della voce crediti, che nel 1999 rappresenta l’88 per cento del complesso degli investimenti; la rimanente quota risulta costituita interamente dalla voce titoli. Nel settore dell’infortunistica sul lavoro si osserva una situazione diversa: per l’Inail i titoli obbligazionari rappresentano la quota maggioritaria, anche se in progressivo calo nel tempo, con un’incidenza pari nel 1999 al 70 per cento sul totale delle attività finanziarie; per l’Ipsema, per il quale gli ultimi dati disponibili sono relativi al 1997, i titoli rappresentano l’84 per cento del patrimonio complessivo. Decisamente più vivace risulta la gestione degli investimenti mobiliari nel caso degli Enti previdenziali privatizzati. Nel 1999 continua la tendenza evidenziata negli anni più recenti, che si sostanzia, in via generale, in un aumento della consistenza dei valori mobiliari, con una ricomposizione del portafoglio a favore dei titoli obbligazionari, azioni e quote di fondi comuni di investimento in valori mobiliari, che per alcuni Enti entrano per la prima volta nel 1999 nella composizione di portafoglio. Sembra dunque di poter dire che l’autonomia gestionale derivante dal processo di privatizzazione abbia determinato una maggior dinamicità nella gestione del patrimonio mobiliare rispetto a quella degli Enti pubblici. Quanto ai rendimenti lordi, essi si collocano su valori pari in media al 9,4 per cento per il complesso delle attività finanziarie; gli Enti che realizzano rendimenti più elevati risentono della presenza dei guadagni in conto capitale, costituiti dagli utili da realizzo e/o dalle plusvalenze (maturate ma non ancora realizzate), che si aggiungono ai redditi da interessi, utili e partecipazioni. Per la Cassa dei dottori commercialisti, nel 1999 la consistenza dei valori mobiliari aumenta, in seguito ad acquisizioni di quote di fondi comuni di investimento (assenti dal portafoglio fino al 1997), che vanno a sostituire quote di titoli obbligazionari e di crediti. Le quote di fondi comuni vengono a rappresentare nel 1999 circa il 35 per cento del totale degli investimenti. Il rendimento lordo, sul totale delle attività in portafoglio, si colloca nel 1999 al 4,61 per cento. Una situazione simile si riscontra per la Cassa dei geometri, l’Enasarco e l’Ente dei veterinari, per i quali i titoli obbligazionari rappresentano la quota maggioritaria, con un’incidenza sul totale delle attività che oscilla tra il 60 e l’80 per cento e contemporaneamente le quote di fondi comuni vengono a rappresentare una quota crescente nel tempo, con valori che oscillano tra il 12 e il 32 per cento (Enasarco). I rendimenti lordi sul totale delle attività in portafoglio, si collocano nel 1999 rispettivamente al 4,19 per cento (Cassa dei geometri), al 5,48 per cento (Enasarco), mentre non è disponibile il dato per la Cassa dei veterinari. Anche per l’Enpaia si registra una progressiva crescita del peso delle quote di Fondi comuni, che raggiunge nel 1999 il 70 per cento, con un rendimento lordo sul totale delle attività pari al 3,75 per cento. Nel caso della Cassa forense la composizione del portafoglio si sposta a favore dei titoli e degli investimenti in azioni e partecipazioni, che rappresentano nel 1999 rispettivamente l’80 e il 15 per cento del complesso degli investimenti immobiliari. Il rendimento lordo, sul totale delle attività in portafoglio, si colloca nel 1999 al 4,4 per cento. La medesima ricomposizione si osserva per l’Inarcassa, per la quale le componenti titoli e azioni rappresentano rispettivamente nel 1999 l’87 e l’11 per cento, con un rendimento lordo pari, per lo stesso anno, al 13,10 per cento. Per la Cassa del notariato, che nel 1999 registra un aumento della consistenza dei valori mobiliari in seguito ad acquisizioni di titoli obbligazionari, di azioni e partecipazioni e di quote di fondi comuni, le azioni e partecipazioni rappresentano il 44 per cento, seguite dai titoli e dalle quote di fondi comuni che si collocano rispettivamente al 32 e al 22 per cento. Il rendimento lordo, sul totale delle attività in portafoglio, si colloca nel 1999 al 35,24 per cento grazie alla realizzazione di plusvalenze derivanti dalla vendita di titoli realizzate nel corso dell’anno. Anche per l’Inpgi, in seguito alla forte riduzione registrata nel 1998 dalla voce crediti, la composizione di portafoglio risulta sbilanciata a favore delle quote di fondi comuni che rappresentano il 62 per cento del totale del patrimonio mobiliare. Nel 1999 i proventi finanziari (realizzati e/o maturati) subiscono una riduzione in valore assoluto: il rendimento lordo, sul totale delle attività in portafoglio, appare nel 1999 in considerevole diminuzione collocandosi al 4 per cento (13,4 per cento nel 1998). Si ricorda che lo statuto dell’Ente, non consente investimenti nel settore azionario. Infine, l’Enpam risulta l’unico Ente tra i privatizzati per il quale le attività liquide rappresentano la quota maggioritaria (50 per cento), anche se il peso si va fortemente riducendo dal momento che era pari al 63 per cento nel 1998, seguite dai titoli obbligazionari (47 per cento). Il rendimento lordo nel 1999 risulta pari al 2,54 per cento. Per quanto riguarda, infine, i nuovi Enti privatizzati che, come si è già osservato, possiedono unicamente un patrimonio mobiliare, va segnalato come per questi Enti un’attenta gestione del patrimonio rivesta un ruolo di fondamentale importanza a garanzia dei propri iscritti. La composizione del portafoglio di tali Enti è generalmente ripartita a favore degli investimenti obbligazionari, azionari e delle quote di fondi comuni d’investimento. I rendimenti nel 1999 non hanno mostrato valori particolarmente soddisfacenti, considerando che gran parte degli Enti qui esaminati sono ancora in fase di definizione della propria attività di investimento.
1.4 La situazione economico-patrimoniale Nel prospetto E viene esaminata la situazione economico-patrimoniale evidenziando la consistenza del patrimonio netto a fine anno e il risultato economico di esercizio.
Per gli Enti previdenziali privatizzati vengono inoltre riportati i livelli di copertura dell’onere per pensioni garantiti dalle riserve tecniche obbligatorie. Per questi Enti dotati di autonomia gestionale e finanziaria, le riserve tecniche rappresentano una importante forma di tutela della posizione creditoria degli iscritti e dei beneficiari dei trattamenti. Con il decreto legislativo n. 509 del 1994 era stato previsto che le riserve garantissero almeno 5 annualità delle rate di pensione in pagamento, una norma che introduceva un implicito meccanismo di adeguamento delle riserve alla variazione dell’onere previdenziale. Una previsione normativa che è stata modificata con dalla legge n. 449 del 1997 che ha eliminato ogni forma obbligatoria di rivalutazione delle riserve, «congelando» la copertura alle rate di pensione in pagamento nel 1994. Con riguardo agli Enti pubblici, emerge, in via generale, un miglioramento del risultato economico di esercizio. Enam, Enpaf ed Enpals vedono migliorare progressivamente nel tempo il risultato economico d’esercizio, che si colloca, per tutti e tre gli Enti su in attivo nel 1999. Per l’Ipsema si evidenzia nel 1999, e negli anni precedenti, una situazione di sostanziale pareggio. L’Ipost mostra un avanzo di gestione, pari a circa 700 miliardi nel 1999, stabile nel tempo. Mostra infine un progressivo e netto miglioramento del risultato d’esercizio l’Inpdap, che passa da un disavanzo di –3.147 miliardi nel 1997 a un avanzo di 923 miliardi nel 1999. Tra gli Enti che mostrano un disavanzo si trova l’Inail, che per la prima volta chiude nel 1999 con un risultato negativo (–128 miliardi). L’Inps, che faceva registrare un disavanzo in progressivo peggioramento fino al 1997, mostra, invece, nel 1998 e nel 1999 un progressivo contenimento del deficit (da –20.600 miliardi nel 1997 a –1.162 miliardi nel 1999). Infine l’Inpdai, caratterizzato da un risultato d’esercizio negativo per tutto il periodo osservato, mostra nel 1999 un miglioramento portando il risultato da –850 miliardi nel 1998 a –234 nel 1999. Nell’ambito degli Enti previdenziali privatizzati, il risultato economico di esercizio assume valori positivi per il complesso degli Enti, evidenziando, nella maggior parte dei casi, un miglioramento rispetto al 1998. Chiudono il 1999 con un risultato d’esercizio in aumento rispetto al 1998 la Cassa dei dottori commercialisti, la Cassa del notariato, la Cassa dei geometri liberi professionisti, i Consulenti del lavoro, i Ragionieri e periti commerciali e l’Inarcassa. Vedono invece peggiorare la propria situazione nel 1999 la Cassa forense (da 418 miliardi nel 1998 a 332 miliardi nel 1999), l’Enasarco (da 15 miliardi nel 1998 a 8 miliardi nel 1999), l’Enpam (da 435 miliardi nel 1998 a 386 nel 1999), l’Inpgi (da 63 miliardi nel 1998 a 45 nel 1999) e l’Onaosi (da 46 miliardi nel 1998 a 29 nel 1999). Il patrimonio, netto a fine anno, risulta in crescita per tutti gli Enti esaminati, con l’unica eccezione dei Consulenti del lavoro, con un attivo patrimoniale che rimane stabile a 400 miliardi. Nel prospetto E sono anche riportati i livelli di copertura dell’onere per pensioni garantiti dalle riserve tecniche obbligatorie, un indicatore di grande importanza per valutare lo «stato di salute» degli Enti privatizzati. Le riserve obbligatorie presentano, per tutte le gestioni, livelli di copertura elevati e superiori alle 5 annualità delle rate di pensione in pagamento nel 1994, come previsto dall’attuale quadro normativo. I livelli di copertura più bassi risultano quelli dell’Ente dei consulenti del lavoro, della Cassa del notariato e dell’Inpgi, con un’incidenza sulla spesa per pensioni 1994 pari rispettivamente a 5, 5,2 e 6,2. Tale risultato peggiora in maniera rilevante se anziché fare riferimento alla spesa per pensioni al 1994 ci si riferisce alle rate di pensioni in pagamento nello stesso anno di riferimento delle riserve. Non può essere trascurato, infatti, che per gli Enti privatizzati, dotati di autonomia gestionale e finanziaria, le riserve tecniche per costituire un’adeguata forma di tutela, dovrebbero presentare un andamento in linea con la crescita della spesa per pensioni (che aumenta per cause di natura strutturale). Per questa ragione l’intervento originario (decreto legislativo n. 509 del 1994), aveva previsto un meccanismo di rivalutazione implicito della riserva, disponendo che questa dovesse garantire la copertura di almeno 5 annualità delle rate di pensione in pagamento nell’anno. Recenti disposizioni normative (legge n. 449 del 1997) hanno eliminato ogni forma obbligatoria di rivalutazione delle riserve, «congelando» la copertura alle rate di pensione in pagamento nel 1994. Se si osserva quindi il livello delle riserve al 1999 in relazione alle rate di pensione in pagamento nel 1996, 1997 e 1998, emerge una progressiva riduzione della copertura, con valori che nel 1999 si collocano, per la maggior parte degli Enti esaminati, al di sotto delle 5 annualità inizialmente previste dalla legge. I soli Enti che presentano valori superiori a tale soglia sono la Cassa dei dottori commercialisti, la Cassa dei geometri e l’Enasarco, per i quali i coefficienti di copertura si colloca rispettivamente a 19,1, 6,8 e 7,1. Si assiste insomma ad un progressivo e, in alcuni casi, rapido «deprezzamento» delle riserve rispetto alla spesa sostenuta per le prestazioni. Un fenomeno che sembra quindi rendere auspicabile la reintroduzione di forme obbligatorie di rivalutazione delle riserve che consentano di garantire una tutela reale nei confronti della posizione creditoria degli iscritti e dei beneficiari dei trattamenti.
1.5 L’efficienza operativa e produttiva degli Enti Il prospetto F contiene informazioni relative agli aspetti più propriamente gestionali e organizzativi degli Enti. A tal fine è stata costruita una griglia di indicatori, che consente una valutazione dell’efficienza operativa e produttiva. Si tratta dell’indice di produttività e di costo amministrativo, dell’indice di occupazione, del grado di evasione delle pratiche e dei ricorsi e dei tempi medi di erogazione dei trattamenti.
Dall’esame di questa sezione si possono trarre considerazioni circa l’opportunità di procedere ad interventi che incidano sulla configurazione strutturale degli Enti (mediante accorpamenti e fusioni oppure tramite l’individuazione e il potenziamento di sinergie), al fine di contenere i costi amministrativi. I risultati che emergono dall’analisi sembrano confermare l’operare di economie di scala: si riscontra infatti una correlazione negativa fra dimensione dell’Ente (misurata dall’onere complessivo per prestazioni e dal numero dei trattamenti) e costi direttamente imputabili allo svolgimento dell’attività istituzionale. Con riferimento agli Enti pubblici, l’indice di costo amministrativo, determinato in base al rapporto fra le spese di gestione (lorde e nette) direttamente riconducibili allo svolgimento dell’attività degli Enti e l’onere complessivo sostenuto per le prestazioni istituzionali, si mantiene nel 1999 sostanzialmente stabile rispetto ai livelli del 1998, per la maggior parte degli Enti con l’unica eccezione di rilievo rappresentata dall’Ipsema per il quale esso passa dal 44,71 per cento nel 1998 al 38,07 per cento nel 1999. Nell’ambito degli Enti volti all’erogazione di prestazioni di natura previdenziale, l’indice di costo amministrativo oscilla fra l’1 per cento dell’Inpdai e dell’Inpdap e il 3,23 per cento dell’Enpaf, collocandosi su valori inferiori al valore medio determinato per il complesso degli Enti esaminati, pari nel 1999 al 9,2 per cento. Nel settore dell’infortunistica sul lavoro, l’incidenza dei costi di gestione sulla spesa per prestazioni assume invece valori piuttosto elevati, che si collocano al 14,59 per cento per l’Inail e al 38,07 per cento per l’Ipsema: in questo caso, tuttavia, ciò si spiega con la specifica natura dell’attività svolta, che determina, per questi Enti, una struttura organizzativa molto simile a quella degli Enti di tipo assicurativo. È auspicabile che l’avvenuta riforma della normativa sul settore infortunistico contribuisca, tra l’altro, a realizzare una virtuosa tendenza al contenimento dei costi di gestione. Con riguardo al dimensionamento funzionale degli Enti, l’indice di occupazione, determinato in base all’incidenza del personale in servizio su quello in organico, si colloca su valori inferiori all’unità, oscillando fra lo 0,49 dell’Enam e lo 0,96 dell’Ipsema. Anche con riferimento all’indice di produttività, determinato in base al rapporto fra il numero di prestazioni totali e le unità del personale in servizio, gli Enti pubblici presentano una situazione più favorevole rispetto a quella evidenziata per gli Enti privatizzati, registrando livelli di produttività decisamente più elevati. In questo caso contribuisce a determinare il miglior risultato la possibilità di registrare economie di scala da parte degli Enti di più grande dimensione. Anche in riferimento alla produttività, il settore infortunistico fa registrare una performance inferiore alla media degli altri Enti pubblici. Il grado di evasione delle pratiche e dei ricorsi, che consente di quantificare le pratiche definite nell’anno rispetto a quelle pervenute, si colloca su valori prossimi all’unità, con l’eccezione dell’Ipost che fa registrare un grado di evasione delle pratiche particolarmente elevato (3,59) e dell’Ipsema, che per quanto riguarda i ricorsi presenta un grado di evasione inferiore all’unità (0,68). Quanto ai tempi medi di liquidazione delle prestazioni, gli Enti che si collocano al di sopra del valore medio determinato per il complesso degli Enti esaminati, sono l’Enpals, e l’Enpaf (per le pensioni di vecchiaia e di invalidità), l’Inail per quelle di reversibilità che presentano dei tempi medi di liquidazione superiori all’anno. Nel caso degli Enti previdenziali privatizzati continua, nel 1998, la tendenza al contenimento dell’indice di costo amministrativo già verificatasi negli anni precedenti. Questo andamento, oltre ad essere connesso all’aumento della spesa per pensioni, è da ricollegare ad un rallentamento del trend di crescita degli oneri di gestione, che in alcuni casi diminuiscono anche in valore assoluto. È il caso della Cassa dei geometri, dei Consulenti del lavoro, dell’Enasarco, dell’Enapia, dell’Enpals, dell’Enpam, del Fasc e dell’Inpgi. L’indice di costo amministrativo, per la maggior parte degli Enti, si colloca tuttavia su valori superiori rispetto a quelli evidenziati per gli Enti pubblici, con l’eccezione di alcuni che fanno registrare un valore dell’indice estremamente ridotto (la Cassa del notariato, l’Enasarco, l’Enpam e l’Inpgi). L’indice di occupazione registra valori mediamente superiori a quelli registrati dagli Enti pubblici, collocandosi, per alcuni Enti, quali la Cassa dei dottori commercialisti, l’Inarcassa e l’Inpgi, su livelli pari all’unità. Gli Enti privatizzati registrano valori dell’indice di produttività mediamente inferiori a quelli osservabili per gli Enti pubblici. Gli Enti che si collocano su valori superiori al valore medio sono l’Enasarco, l’Ente dei veterinari e l’Enpam. Solo pochi Enti hanno provveduto a fornire il dato relativo al grado di evasione delle pratiche e dei ricorsi, dal momento che per questi Enti, date le più ridotte dimensioni, tale indicatore non assume un rilievo particolare. I tempi medi di erogazione delle prestazioni, infine, risultano generalmente inferiori al valore medio calcolato per il complesso degli Enti esaminati, con l’unica eccezione della Cassa dei Geometri, che presenta tempi superiori alla media degli Enti monitorati per tutte le tipologie di prestazioni e di Enasarco ed Enpam con dei tempi particolarmente elevati per le invalidità. In riferimento agli Enti privatizzati di nuova gestione non è ancora possibile effettuare una valutazione degli indicatori tecnico-gestionali, in quanto non è ancora terminata la fase di impianto. Tali Enti, in base alle norme statutarie, destinano una parte del contributo integrativo del 2 per cento alla copertura degli oneri di gestione e stabiliscono un obiettivo di contenimento delle spese di gestione entro una data percentuale di tale contribuzione.
2. Le prospettive di sviluppo del sistema pensionistico 2.1 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico La seconda parte della relazione è dedicata all’analisi delle più recenti previsioni relative alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano. Per quanto riguarda l’andamento di breve periodo (2001-2004), dall’analisi dei dati dei bilanci di previsione dei principali Enti, risulta una sostanziale stabilizzazione della spesa rispetto al Pil, che dovrebbe mantenersi intorno al 15 per cento. La spesa per pensioni dovrebbe far registrare, nel 2001, una variazione più consistente rispetto all’anno precedente, dal momento che dal 1º gennaio del 2000 è entrata a regime la riforma delle pensioni di vecchiaia (introdotta con il decreto legislativo n. 503 del 1992, integrato dalla legge n. 724 del 1994), in base alla quale i requisiti di età richiesti, per il conseguimento delle pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti, sono di 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne. Con l’entrata in vigore di tale norma si verifica un effetto di contenimento nei confronti di soggetti che non raggiungevano i requisiti di età nel 2000. A partire dal 2001 i risparmi diventano strutturali e possono accedere al pensionamento tutti i soggetti che avevano dovuto ritardare la quiescenza nell’anno precedente. Considerando i soli trattamenti pensionistici erogati dall’Inps, dai dati del bilancio di previsione si presume che saranno liquidati nel 2001 circa 800.000 nuovi trattamenti, con un incremento di 188.000 unità, pari al 31 per cento rispetto al 2000. Di questi 800.000 nuovi trattamenti poco meno di 200.000 risultano costituiti da pensioni di anzianità (+14 per cento rispetto al 2000). Per queste ultime, infatti, a partire dal 2001 sono necessari per i lavoratori dipendenti 56 anni di età e 35 di contributi (o il solo requisito contributivo di 37 anni) e per i lavoratori autonomi 58 anni di età e 35 di contributi (o il solo requisito contributivo di 40 anni).
Con riferimento alle previsioni di lungo periodo sono state considerate le più recenti proiezioni sull’andamento della spesa pensionistica effettuate dalle istituzioni a ciò preposte in ambito nazionale e comunitario. In particolare si farà riferimento alle proiezioni relative alla spesa per pensioni realizzate con il modello previsivo della Ragioneria Generale dello Stato (Ministero del Tesoro – Rgs, 2000), in base a proprie ipotesi di scenario demo-economico («scenario-RGS») o, in alternativa, sulla base degli scenari demografici e macroeconomici definiti nell’ambito dell’Economic Policy Committee-Working Group on Ageing («scenario EPC-WGA»). Le stime fornite dai due modelli differiscono tra loro solo per il diverso quadro demografico e macroeconomico sottostante, mentre prendono a riferimento il medesimo quadro normativo-istituzionale. Le due stime estendono il periodo di previsione tra il 2000 e il 2050. Per quanto riguarda il quadro normativo due sono le ipotesi di fondamentale importanza per gli effetti finanziari che ne conseguono: la prima si riferisce alla revisione decennale dei coefficienti di trasformazione, mentre la seconda riguarda l’assenza di indicizzazione reale delle pensioni. In riferimento al quadro demo-economico la previsione effettuata in base allo scenario Rgs conferma le ipotesi demografiche dello scenario centrale Istat già utilizzate nella precedente elaborazione (Ministero del Tesoro-Rgs, 1999) e aggiorna lievemente il quadro macroeconomico con una dinamica del Pil poco al di sotto dell’1,5 per cento medio annuo nell’intero periodo di previsione e un andamento della produttività media per occupato che si attesta intorno all’1,8 per cento medio annuo lungo tutto il periodo di riferimento. La proiezione effettuata invece nell’ambito dell’Economic Policy Committee prende a riferimento scenari demografici e macroeconomici ispirati a un criterio di omogeneità e convergenza tra gli Stati membri. Lo scenario demografico, che recepisce per ogni paese la previsione demografica elaborata dall’Eurostat nell’ipotesi centrale, in particolare si differenzia per una speranza di vita più elevata nell’ultimo periodo di previsione, per un tasso di fecondità inizialmente più ridotto rispetto a quello Istat e per un flusso netto di immigrati superiore per tutto il periodo di previsione (80 mila unità contro le 50-60 mila previste dall’Istat). Il quadro macroeconomico, infine, assume valori di convergenza in relazione alle principali variabili economiche, assumendo in riferimento alla crescita della produttività, un tasso di convergenza pari all’1,75 per cento, con un tasso medio annuo pari nell’intero periodo di previsione all’1,77 per cento. La dinamica di crescita del Pil è, infine, coincidente tra le due previsioni (1,5 per cento in media annua), mentre risulta diverso il profilo temporale della crescita: più accelerato nel primo periodo, fino al 2020, per lo scenario EPC-WGA e più ridotto successivamente. Le due stime basate sui due diversi scenari presentano andamenti simili, evidenziando nella fase intermedia un peggioramento della sostenibilità in termini macroeconomici e raggiungendo un picco nel rapporto tra spesa pensionistica e Pil, negli anni tra il 2030 e il 2035 (16 per cento nello scenario RGS e 15,9 per cento nello scenario EPC-WGA). In base alla previsioni della Rgs, l’incidenza della spesa per pensioni complessiva sul Pil dovrebbe passare dall’attuale 14,2 per cento al 15,4 per cento del 2015, per proseguire con una dinamica meno accentuata tra il 2016 e il 2031, in cui raggiunge il valore massimo di 15,9 per cento. Nell’ultima fase del periodo di previsione la dinamica della spesa subisce una considerevole riduzione, collocandosi al 13,2 per cento nel 2050. Quanto alle previsioni effettuate sulla base dello scenario EPC-WGA, la spesa si mantiene costante per i primi dieci anni del periodo di previsione, per raggiungere poi rapidamente il suo massimo intorno al 2030 (in cui si attesta intorno al 15,9 per cento del Pil) e per poi ridiscendere, dopo un periodo di permanenza sui massimi livelli, nel periodo successivo, fino a collocarsi al 13,9 per cento nel 2050. Come si è detto, le due previsioni si differenziano per alcune discrepanze nelle ipotesi demografiche e macroeconomiche di partenza. La proiezione effettuata in base allo scenario EPC-WGA presenta valori più bassi della spesa rispetto al Pil nel primo periodo di previsione, grazie ad una dinamica della crescita più accentuata fino al 2020, mentre mostra valori più elevati nell’ultimo periodo di previsione, a causa di una crescita del Pil inferiore, rispetto allo scenario RGS, e ad una speranza di vita più elevata proprio nell’ultimo periodo di previsione. Esaminando più dettagliatamente la previsione effettuata in base allo scenario RGS è possibile distinguere nell’andamento della spesa pensionistica ipotizzato, il peso dei fattori demografici (il rapporto numero prestazioni/numero assicurati) e il peso di quelli normativo-istituzionali (il rapporto pensione media/produttività del lavoro). Nel primo periodo di previsione (primi 5 anni) si assiste a un accelerazione del rapporto pensione media/produttività del lavoro, a causa di una crescita della produttività leggermente inferiore ai valori medi del periodo di previsione e soprattutto a una forte crescita degli importi medi di liquidazione delle pensioni, dovuta all’inasprimento dei requisiti di accesso al pensionamento, che portano alla progressiva liquidazione di pensioni d’importo più elevato. Nei dieci anni successivi, l’espansione della spesa pensionistica è imputabile quasi interamente all’elevato incremento del numero di pensioni, dal momento che l’effetto dell’aumento degli importi medi, conseguente alla liquidazione di nuove pensioni che sostituiscono le vecchie pensioni cessate («effetto rinnovo»), è compensato dalla crescita della produttività. Nel periodo successivo (dopo il 2015), l’effetto di crescita degli importi medi di pensione subisce una rilevante contrazione grazie alla graduale entrata in vigore del meccanismo di calcolo contributivo nella forma del pro rata che riduce progressivamente il rapporto pensione media/produttività del lavoro. È proprio in questo periodo che il rapporto demografico numero prestazioni/numero assicurati evidenzia una accentuata tendenza all’aumento, a seguito del passaggio dalla fase attiva a quella di quiescenza delle generazioni del baby boom. Il trend discendente che dovrebbe evidenziarsi per il rapporto spesa pensionistica/Pil nell’ultima fase del periodo di simulazione (dopo il 2030) si spiega proprio con la diminuzione del rapporto pensione media/produttività del lavoro, che riesce a compensare gli effetti negativi esercitati dalla transizione demografica. Contemporaneamente, a fine periodo, il rapporto demografico numero prestazioni/numero assicurati registra un progressivo rallentamento, grazie al graduale esaurimento delle generazioni più numerose. Come si è già osservato le due stime prendono a riferimento il medesimo quadro normativo-istituzionale, partendo da un ipotesi di sola indicizzazione ai prezzi delle pensioni (secondo la normativa vigente) e di revisione decennale dei coefficienti di trasformazione. Lo studio della Ragioneria, al fine di evidenziare la rilevanza delle due ipotesi normative, simula gli effetti di due possibili alternative: nella prima si ipotizzano coefficienti di trasformazione costanti e assenza di indicizzazione reale (indicizzazione ai soli prezzi); nella seconda coefficienti di trasformazione dinamici e indicizzazione ai prezzi più la crescita reale del Pil a decorrere dal 2005. Dai risultati della simulazione si può osservare che, nell’ipotesi di costanza dei coefficienti di trasformazione, l’incidenza della spesa sul Pil sale, a fine periodo, a un punto al di sopra del valore raggiunto con lo scenario base (14,3 per cento circa). Nell’ipotesi, invece, di coefficienti di trasformazione dinamici e di indicizzazione reale, la spesa pensionistica sul Pil si attesta, a fine periodo, ben tre punti al di sopra dello scenario base (16,3 per cento) circa. Appare dunque evidente come la modifica del quadro di riferimento normativo possa avere effetti di notevole portata. Per quanto riguarda ad esempio il coefficiente di trasformazione, sui cui meccanismi di funzionamento e sulle cui capacità di contrastare l’effetto dell’invecchiamento della popolazione più volte si è posta l’attenzione, potrebbero essere introdotti meccanismi automatici di revisione, più ravvicinati rispetto alla prevista revisione decennale, collegati ad esempio alle rilevazioni demografiche istituzionali, in grado di contrastare più efficacemente eventuali scostamenti della speranza di vita rispetto a quelli previsti a inizio periodo8 .
2.2 Alcune ipotesi di riforma degli Enti privatizzati Con il 1999, gli Enti privatizzati di nuova generazione, costituiti cioè dopo la privatizzazione degli Enti dei professionisti avvenuta nel 1994, in base al decreto legislativo n. 103 del 1996, hanno provveduto ad inviare le prime informazioni relative ai dati di bilancio. Tali enti assicurano la tutela previdenziale obbligatoria ai professionisti iscritti in appositi albi professionali, non tutelati da altra copertura professionale.
Per tutti gli Enti previdenziali privatizzati una valutazione delle prospettive di medio periodo è oggi traibile dai bilanci tecnici predisposti dagli stessi enti. Per questi istituti, infatti, il riconoscimento dell’autonomia gestionale e finanziaria è subordinato al rispetto di determinati vincoli: oltre alle disposizioni sulle riserve obbligatorie, il decreto legislativo n. 509 del 1994 prevede che, con cadenza triennale, ciascun Ente debba predisporre il bilancio tecnico ai fini della valutazione degli equilibri tecnico-finanziari su un arco temporale di 15 anni. Le proiezioni contenute nei bilanci tecnici si riferiscono agli andamenti delle grandezze economico-finanziarie nonché di quelle patrimoniali, al fine di verificare il rispetto del vincolo di riserva imposto dalle specifiche disposizioni normative (decreto legislativo n. 509 del 1994 e legge n. 449 del 1997). In particolare, le stime si riferiscono alle entrate contributive e ai redditi realizzati sul patrimonio e, in uscita, agli oneri previdenziali e alle spese di amministrazione. Nell’ambito delle forme di garanzia introdotte dal legislatore a favore della posizione creditoria degli assicurati e dei beneficiari dei trattamenti delle Casse privatizzate, il bilancio tecnico costituisce un importante strumento per poter valutare la stabilità delle gestioni e per poter dunque prevedere interventi correttivi in grado di prevenire eventuali squilibri. Va però osservato che, dal punto di vista dell’evoluzione dei fattori demografici, il periodo di previsione preso in esame (pari a 15 anni) non risulta sufficientemente ampio per valutare gli effetti connessi alla fase della piena «maturità» delle gestioni. Inoltre al fine di poter predisporre tempestivamente misure correttive degli equilibri di gestione con la necessaria gradualità, andrebbe esteso il periodo di previsione su un arco temporale superiore a quello attualmente previsto9. Al momento di chiusura della presente analisi solo due Enti (l’Ente di previdenza dei veterinari e la Cassa forense) hanno provveduto all’aggiornamento delle stime contenute nel bilancio tecnico, rispetto all’anno scorso, pertanto le considerazioni che si possono delineare circa le prospettive future degli Enti privatizzati, prendono spunto dalle analisi dei bilanci tecnici già condotte nella relazione del 1998, nonché dai risultati di bilancio osservati per il 1999. Le Casse di previdenza privatizzate appaiono nell’insieme caratterizzate da un favorevole rapporto demografico numero assicurati/numero prestazioni, che consente dunque, al momento, una certa tranquillità nell’erogazione delle prestazioni. L’esame degli andamenti di medio-lungo periodo dei bilanci tecnici indica però che il processo di maturazione delle gestioni determinerà, anche se con intensità diversa, un peggioramento generalizzato del saldo della gestione tipica e della situazione patrimoniale, con un rapporto patrimonio netto/spesa per pensioni in progressivo calo. Per tutti gli Enti il saldo fra entrate e uscite mostra un progressivo e rapido peggioramento su tutto il periodo di previsione. Il rapporto demografico numero prestazioni/numero assicurati fa registrare un forte peggioramento in seguito alla progressiva maturazione delle gestioni. Le giacenze patrimoniali evidenziano una tendenza alla diminuzione (con un progressivo deprezzamento rispetto all’onere per pensioni), prefigurando, in alcuni casi il rischio di un non rispetto del vincolo di Riserva. Tale andamento, tra l’altro, richiama l’attenzione sulla necessità, al fine di attuare un efficace tutela degli iscritti, di commisurare l’ammontare della Riserva tecnica alle pensioni in essere per l’anno di riferimento e non, come previsto dall’attuale normativa, alle annualità in essere per l’anno 1994 (legge n. 449 del 1997). Una analisi che sembra richiamare l’attenzione sull’esigenza di intervenire con misure a carattere strutturale che consentano, nel caso di alcuni Enti, di correggere tendenze già in atto, mentre per altri Enti di mantenere l’equilibrio anche nel medio-lungo periodo. Non può essere trascurato, inoltre, che una tempestiva rimozione di eventuali cause di squilibrio contribuisce a rendere il sistema maggiormente equo, in termini di redistribuzione di risorse a livello intergenerazionale. In un sistema a ripartizione e nell’ottica degli equilibri finanziari «parziali», riconoscere trattamenti privilegiati con rendimenti più elevati alle attuali leve di pensionamento, in base ai soli rapporti assicurativi in atto nell’ambito parziale di ciascuna categoria di lavoratori, significa far ricadere l’onere dell’aggiustamento sulle generazioni future, che dovranno far fronte agli effetti negativi derivanti dal processo di maturazione e dallo sfavorevole andamento dei fattori demografici10. Eventuali misure a carattere strutturale dovrebbero naturalmente muovere nella direzione di una accelerazione del processo di armonizzazione delle regole di calcolo rispetto a quelle dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), processo che per alcuni Enti risulta già in corso. Per le modalità di calcolo della pensione, le misure potrebbero prendere in considerazione, come già è avvenuto per la maggior parte degli Enti, l’estensione del periodo di calcolo utilizzato ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile. Ciò potrebbe contribuire ad attenuare gli effetti negativi derivanti dalla lievitazione dei redditi dichiarati in prossimità del collocamento a riposo, che si sostanzia in più elevati importi delle pensioni di nuova liquidazione. Quanto ai requisiti per il percepimento della prestazione, l’introduzione di una disciplina più rigida per le pensioni di anzianità potrebbe contrastare il fenomeno dell’accesso alla pensione in età relativamente giovane, pur continuando a svolgere attività lavorativa. Si deve però tenere presente che tutte le misure relative sia a revisioni dei meccanismi di calcolo, che a modifiche delle aliquote, o quant’altro, esplicano i propri effetti con molta gradualità. Tra l’altro eventuali misure correttive di rilievo debbono essere introdotte, per ovvi motivi di opportunità, in base al principio del pro rata, al fine di garantire i diritti acquisiti degli iscritti. Va infine segnalato che a seguito dell’istituzione dei nuovi privatizzati, il sistema previdenziale privatizzato, ha visto tra l’altro delinearsi un doppio regime normativo, uno per gli Enti privatizzati «storici», a norma del decreto legislativo n. 509 del 1994 e l’altro per i nuovi Enti privatizzati, secondo le norme dettate dal decreto legislativo n. 103 del 1996. La differenza fondamentale tra i due regimi consiste nella facoltà di opzione per il metodo di calcolo contributivo, prevista per gli Enti privatizzati di prima generazione, a fronte, invece, dell’obbligo di adottare tale metodo imposto ai nuovi Enti privatizzati. Si ritiene dunque opportuno un intervento volto a rendere omogeneo, per tutti gli Enti privatizzati il quadro normativo, pur sempre nel rispetto del principio del pro rata per quanto riguarda gli Enti privatizzati di vecchia generazione11. Riferimenti bibliografici
Castellino O. Le Casse di previdenza per i liberi professionisti: un ottimismo da rivedere, in Moneta e Credito, dicembre 1998, n. 204. Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, Prospettive di riforma della legislazione sugli Enti privatizzati di previdenza e assistenza, Relazione comunicata alle Presidenze delle Camere il 25 ottobre 2000, Doc. XVI-bis, n. 11 Ministero del Tesoro – RGS, Aggiornamento del modello di previsione del sistema pensionistico della RGS: le previsioni 1999, Roma, giugno 1999 Ministero del Tesoro – RGS, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano: le previsioni elaborate con il modello della Rgs aggiornato al 2000, Roma, novembre 2000.
1 Escludendo la Sportass che, nonostante il suo inquadramento in questa tipologia di Enti, non eroga prestazioni obbligatorie di protezione sociale.
2 Gli Enti privatizzati di nuova generazione, istituiti in base al decreto legislativo n. 103 del 1996, sono: l’Ente nazionale di previdenza e assistenza psicologi (Enpap), l’Ente nazionale di previdenza e assistenza periti industriali (Eppi), l’Ente nazionale di previdenza e assistenza infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (Ipasvi), l’Ente nazionale di previdenza e assistenza biologi (Enpab), l’Ente nazionale di previdenza e assistenza pluricategoriale per agronomi e forestali, attuari, chimici e geologi (Epap), la Gestione separata giornalisti pubblicisti liberi professionisti (Inpgi 2), la Gestione separata agrotecnici – Gestione separata periti agrari (Enpaia 2). Per Epap e Enpaia 2 non sono disponibili i dati raccolti dal modello unico di analisi.
3 L’ente è stato privatizzato con decreto interministeriale del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro del tesoro, del 7 novembre 2000, in base alle linee disegnate dal decreto legislativo n. 509 del 1994.
4 La complessa operazione di separazione tra le poste di natura previdenziale e assistenziale all’interno del bilancio dell’Inps, perfezionata dalla legge n. 448 del 1998 e non ancora completata, oltre al ripianamento del debito fin qui contratto dall’Ente nei confronti dello Stato, ha anche stabilito, con effetto dall’esercizio 1999, l’istituzione di un’apposita contabilità nella quale sono evidenziati i rapporti debitori delle gestioni previdenziali verso lo Stato (cioè i trasferimenti dello Stato alle gestioni in deficit). In questo modo non solo si è completato il riconoscimento di tutte le prestazioni assistenziali, così come individuate dall’articolo 37 della legge n. 88 del 1989, ma viene data anche apposita evidenza, attraverso la costituzione di una nuova gestione denominata «Gestione per la regolazione dei rapporti debitori verso lo Stato da parte delle gestioni previdenziali per anticipazioni sul relativo fabbisogno finanziario» , delle spese previdenziali coperte finanziariamente dallo Stato. La nuova gestione espone tra le attività i crediti verso le gestioni previdenziali deficitarie, e tra le passività il debito verso lo Stato, mentre la Gias esporrà il conto dell’assistenza.
5 Per gestioni previdenziali si intendono le gestioni che provvedono all’erogazione delle pensioni IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti).
6 L’aliquota di equilibrio può essere scomposta nel prodotto dei due seguenti rapporti: numero pensioni/numero assicurati (rapporto demografico) * pensione media /retribuzione media (rapporto normativo-istituzionale).
7 Non essendo stato fornito al momento della rilevazione il dato aggiornato al 1999, relativo alla spesa per i trattamenti economici temporanei, il saldo calcolato nel 1999 per il complesso delle gestioni amministrate si basa sull’ammontare delle spesa relativa al 1998.
8 Nel confronto tra le proiezioni demografiche effettuate dall’Istat e quelle effettuate dall’Eurostat nell’ambito dell’EPC-WGA, vengono ipotizzate speranze di vita decisamente diverse: prendendo a riferimento in entrambi i casi l’ipotesi centrale, le risultanti speranze di vita sono pari per i maschi a 75,9 anni nel 2000, 78,3 anni nel 2020 e a 78,2 anni nel 2050 secondo l’Istat; rispettivamente a 75,5, 78,6 e 81 anni secondo l’Eurostat. Per le femmine gli stessi valori si collocano per l’Istat a 82,3, 84,7, 84,6 anni e per l’Eurostat rispettivamente a 82, 84,2 e 85,9 anni.
9 Una circolare del Ministro del lavoro, indirizzata agli Enti previdenziali privatizzati il 4 novembre 1999 testualmente dispone che »il bilancio tecnico dovrà contenere una proiezione sia per un periodo di 15 anni che di 40 anni, ai fini di uno studio tendenziale del fenomeno». 10 Su questo punto è stato rilevato che, con la privatizzazione degli Enti previdenziali e con la conseguente trasformazione in fondazioni di diritto privato, si presenta il problema della compatibilità tra natura privata e sistema di finanziamento a ripartizione. Tale sistema, infatti, impegna gli iscritti di domani, che non sono ancora vincolati alla fondazione, al pagamento delle pensioni in favore degli attuali iscritti. Si veda su questo punto O.Castellino (1998). 11 Per un maggior dettaglio circa le prospettive di riforma della legislazione sugli Enti privatizzati si veda la «Relazione sulle prospettive di riforma della legislazione sugli enti privatizzati di previdenza e assistenza», Doc. XVI-bis n. 11, comunicata alle Presidenze delle Camere il 25 ottobre 2000.
Allegato - Relazione del presidente al conto consuntivo 1999 in formato PDF;