COMITATO PARLAMENTARE
PER I PROCEDIMENTI D'ACCUSA
MERCOLEDÌ 10 FEBBRAIO 1999


Presidenza del Vice Presidente
Enzo CEREMIGNA

Il Comitato inizia i propri lavori in seduta segreta, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento parlamentare per i procedimenti di accusa, indi delibera di proseguire i propri lavori in seduta pubblica.

La seduta inizia alle ore 14.
DENUNCE SPORTE NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Denuncia sporta dal signor Bruno Zevio Zaffi
(Seguito dell'esame e deliberazione di archiviazione degli atti)
(R050 001, B43a, 0003°)

Il Comitato prosegue l'esame della denuncia in titolo.

Il deputato Enzo CEREMIGNA, presidente, ricorda che il Comitato è stato convocato per il seguito dell'esame di una denuncia presentata nei confronti del Presidente della Repubblica, dal signor Bruno Zevio Zaffi, agente di commercio in pensione, trasmessa al Presidente del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa in data 6 aprile 1996. Essa riguarda una frase asseritamente pronunciata dal Presidente della Repubblica in un non meglio precisato congresso dell'Associazione nazionale magistrati, del seguente tenore: «la separazione delle carriere da me non sarà accettata mai». Con tale frase, a giudizio del denunciante, appalesando la volontà «di non far passare mai alcuna riforma, voluta dai rappresentanti del popolo italiano» il Presidente della Repubblica avrebbe «violato e calpestato i dettami della vigente Costituzione della Repubblica italiana».
Precisa che, in base ai precedenti - da ultimo quello formatosi nella recente seduta del 3 febbraio scorso -, il procedimento parlamentare di accusa non si estingue per effetto dello scioglimento delle Camere, trattandosi di attività dovuta che si inserisce in un più complesso procedimento giudiziario. Pertanto, i procedimenti relativi a tutte le denunce presentate sono pendenti presso il Comitato e versano nella stessa situazione esistente al momento del decreto di scioglimento, senza la necessità di una formale riassunzione.
Fa presente, peraltro, che, seppure debitamente convocato a tal fine, nella scorsa legislatura il Comitato non ha iniziato l'esame della presente denuncia, che, viceversa, è stato iniziato, in questa legislatura, nella seduta del 3 febbraio scorso.
In tale occasione il Presidente Ignazio La Russa aveva svolto la relazione introduttiva, senza tuttavia formulare una proposta al Comitato.

Il deputato Gaetano PECORELLA (FI) fa presente di conoscere per scienza propria i fatti all'origine della denuncia, poichè egli stesso aveva partecipato al convegno dell'associazione magistrati nell'ambito del quale sono state pronunciate le suddette parole. Anzi, per intenderle adeguatamente, ritiene che il Comitato debba acquisire il testo dell'intero discorso pronunciato dal Presidente, testo del quale egli ha acquisito copia, che chiede venga posta agli atti del Comitato.

Il deputato Filippo MANCUSO (FI) ricorda in primo luogo che quando nelle precedenti sedute del 30 settembre 1998 e del 3 febbraio 1999 il Comitato ha affrontato denunce che traevano origine da fatti collegati con le dichiarazioni da lui rese nella qualità di ministro della giustizia pro tempore presso l'Aula del Senato egli ha ben ritenuto di doversi astenere, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del regolamento parlamentare per i procedimenti d'accusa. Tale non è la situazione del caso di specie, con riferimento al quale egli intende svolgere in piena coscienza l'ufficio che gli compete. Ritiene che i fatti di cui alla presente denuncia vadano inquadrati nel contesto normativo delle disposizioni costituzionali che prescrivono un preciso obbligo da parte del Presidente della Repubblica di promulgare le leggi debitamente approvate dal Parlamento. A differenza di quanto accadeva nel previgente ordinamento statutario, al di fuori di un generico controllo sulla correttezza formale del procedimento legislativo e al di là del potere previsto dall'articolo 74, primo comma, della Costituzione, il Presidente della Repubblica non può in alcun modo sottrarsi al dovere giuridico di promulgare una legge approvata dal Parlamento. Com'è noto in un reato di pericolo qual è l'attentato alla Costituzione (che, nella fattispecie prevista dall'articolo 90 costituisce un reato proprio del Presidente della Repubblica) la condotta sanzionata consiste nella mera messa in atto di un comportamento tale da porre in pericolo il bene tutelato dalla norma. Nel caso di specie l'affermazione pubblica - in una sede peraltro particolarmente significativa quale quella di un convegno dell'associazione magistrati - dell'intenzione di non voler promulgare una legge (quindi di voler porre in essere un comportamento illecito dal punto di vista costituzionale) è senz'altro una condotta tale da mettere gravemente in pericolo il bene del rispetto del dettato costituzionale che è appunto tutelato dall'articolo 90 della Costituzione. Si assumerebbe una responsabilità ben grave il Comitato laddove avallasse, per un mero calcolo di opportunità politica, un'interpretazione così dirompente della norma costituzionale, che, attraverso l'archiviazione degli atti, riconducesse alla sfera del lecito una condotta che, viceversa, contiene tutti gli estremi del reato di attentato alla Costituzione.

Il deputato Francesco BONITO (DS-U) ritiene che il Comitato stia dedicando un tempo sin troppo ampio al tema sollevato dalla denuncia in esame. Pur senza sindacare, in astratto, il ragionamento svolto dall'illustre collega che lo ha preceduto, ritiene che esso non possa trovare applicazione al caso concreto che il Comitato si trova dinanzi. La frase attribuita al Presidente della Repubblica - che comunque non è stata proferita dal medesimo nell'esercizio delle sue funzioni proprie - costituisce la mera esternazione di una opinione del medesimo su un tema di particolare attualità politico-istituzionale. Non sussiste pertanto neanche astrattamente l'idoneità della condotta contestata a ledere i beni tutelati dall'articolo 90 della Costituzione. Per i suddetti motivi formula una proposta nel senso dell'archiviazione degli atti per manifesta infondatezza.

Il senatore Luciano CALLEGARO (CCD) fa presente che, anch'egli, leggendo per la prima volta la denuncia aveva ritenuto necessario un approfondimento del contenuto della medesima attraverso il confronto dei verbali originali del convegno in questione. Un più attento esame della denuncia lo induce, tuttavia, a ritenere che un siffatto approfondimento sia, in definitiva, superfluo, atteso che la condotta addebitata dal Presidente della Repubblica non è, neanche astrattamente, idonea a concretare il reato di attentato alla Costituzione. Per questo concorda senz'altro con la proposta di archiviazione degli atti.

Il deputato Gaetano PECORELLA (FI) si meraviglia del fatto che il Comitato voglia così sbrigativamente liquidare la delicata questione posta dalla denuncia in esame senza neanche conoscere il testo originale delle dichiarazioni alle quali la denuncia fa generico riferimento. Condivide in pieno le osservazioni svolte, sul punto, dal collega Mancuso. Non condivide, viceversa, l'impostazione del collega Bonito, dal momento che il Presidente della Repubblica - che certo conosce l'uso proprio delle parole -, nel caso di specie non si è limitato ad esporre un'opinione ma ha detto espressamente che una legge sulla separazione delle carriere non sarebbe stata da lui mai accettata, presupponendo tale locuzione una sorta di potere di interdizione in capo al Presidente medesimo a fronte di una libera decisione del Parlamento. Se il Comitato intende chiudere gli occhi su tali fatti con una deliberazione di contenuto esclusivamente politico, può sicuramente farlo, ma certo si assume una grave responsabilità istituzionale.

Il deputato Filippo BERSELLI (AN) ritiene che la questione vada ricondotta ai suoi termini elementari. Il quesito di fondo è il seguente: il Capo dello Stato ha parlato a titolo personale o come Presidente della Repubblica? A suo giudizio il contenuto delle frasi e il contesto nel quale sono state pronunciate inducono a propendere per la seconda soluzione. Se è così, il fatto costituisce certamente un grave attentato alla Costituzione, perchè è certamente idoneo a porre in pericolo il bene giuridico costituzionale della libera determinazione del Parlamento. Al fine di fugare ogni dubbio, sarebbe certamente necessario acquisire gli atti del convegno. Non si nasconde, peraltro, che siffatta acquisizione costituirebbe un atto di indagine che, in quanto tale, comporterebbe l'apertura delle medesime.

Il deputato Carmelo CARRARA (misto-CCD) non ritiene che la questione debba incentrarsi sul carattere personale o funzionale delle dichiarazioni rese dal Presidente della Repubblica. Ricorda, peraltro, che l'intera attività del Presidente della Repubblica è coperta da un principio generale di irresponsabilità, che è sancito dalla norma di cui alla prima parte del comma primo dell'articolo 90 della Costituzione. È proprio in connessione con tale regola generale che deve essere letta l'ipotesi di reato di attentato alla Costituzione. Essa deve consistere, evidentemente, in comportamento abnorme che, in quanto tale, faccia venir meno la suddetta regola generale di irresponsabilità. Non ricade certamente in questa ipotesi la condotta attribuita al Capo dello Stato nel caso di specie, che appare semmai censurabile sul piano dell'opportunità politica. Concorda, pertanto, senz'altro, circa la proposta di archiviazione degli atti.

Il deputato Enzo CEREMIGNA, presidente, ricorda che - come è stato precisato anche nella precedente seduta - il complesso delle norme che regolano il procedimento d'accusa nei confronti del Presidente della Repubblica è stato costantemente interpretato nel senso che l'archiviazione per manifesta infondatezza di notizia di reato, proprio per il suo peculiare carattere, possa essere deliberata a prescindere da specifiche indagini, in una fase in limine e pregiudiziale rispetto all'inizio delle indagini medesime, per il quale occorre, viceversa, una delibera formale.
Con riferimento alla proposta di acquisizione degli atti del convegno dell'associazione magistrati (e, in particolare, delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica) ai quali si riferisce la denuncia, messi a disposizione dal deputato Pecorella, precisa che è certamente facoltà di ciascun componente del Comitato, nell'ambito dei suoi poteri di intervento nella discussione e, più in generale, nell'ambito dei poteri previsti dall'articolo 10, comma 2, del regolamento parlamentare per i procedimenti d'accusa, fare riferimento a fatti o elementi dei quali il medesimo disponga per scienza propria e anche metterne a conoscenza i colleghi. Diversa è, evidentemente, la formale acquisizione di un atto da parte del Comitato. A parte il fatto che, per ovvi motivi, sarebbe più opportuno acquisire gli atti del convegno direttamente alla fonte e non per via indiretta, una formale acquisizione dei medesimi comporterebbe inevitabilmente l'apertura delle indagini.
Conformemente ai precedenti, poichè è stata formulata una proposta di archiviazione per manifesta infondatezza, precisa che porrà in votazione per prima tale proposta. La reiezione della medesima comporterà automaticamente la deliberazione di apertura delle indagini, dopo la quale potranno eventualmente essere deliberati i singoli atti di indagine da compiere.

Il Comitato delibera, con ordinanza, l'archiviazione, per manifesta infondatezza, degli atti relativi alla denuncia sporta dal signor Bruno Zevio Zaffi.

La seduta termina alle ore 15.