Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi
9ª SEDUTA
MERCOLEDI 12 FEBBRAIO 1997
Presidenza del Presidente PELLEGRINO
I N D I C E
PRESIDENTE |
SALVINI |
BONFIETTI (Sin.Dem.-l'Ulivo), senatore |
CORSINI(Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato |
FRAGALA' (AN), deputato |
MANCA (Forza Italia), senatore |
PALOMBO (AN), senatore |
PELLICINI (AN), senatore |
La seduta ha inizio alle ore 19,05.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.
Invito l'onorevole Palombo a dare lettura del processo verbale de seduta precedente.
PALOMBO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 5 febbraio 1997.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.
Comunico altresì che il dottor Gerardo D'Ambrosio e la dottoressa Grazia Pradella hanno restituito il resoconto stenografico della loro audizione svoltasi il 16 gennaio 1997, apportandovi modifiche di carattere meramente formale.
INCHIESTA SU STRAGI E DEPISTAGGI: AUDIZIONE DEL MAGISTRATO DOTTOR GUIDO SALVINI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del magistrato dottor Guido Salvini, qui presente e che ringrazio per la sua disponibilità.
Il dottor Salvini nella scorsa legislatura è già stato audito dalla Commissione in ordine ad una nota indagine che sta conducendo con il vecchio rito come giudice istruttore di Milano. Per i colleghi che non facevano parte della Commissione nella scorsa legislatura riassumo brevemente il senso complessivo di questa indagine nella prospettiva che può interessare questa Commissione.
L'indagine pone in luce un complesso contesto eversivo che sarebbe stato attivo nel nostro paese dalla seconda metà degli anni '60 alla prima metà degli anni '70. Naturalmente i colleghi capiranno l'importanza che questo ha ai fini dell'inchiesta complessiva della Commissione, perché sono gli anni della strage di piazza Fontana, dell'attentato di Peteano, dell'attentato di via Fatebenefratelli, del tentato golpe dell'Immacolata e poi delle due grandi stragi impunite del 1974, cioè quella di Brescia e quella dell'Italicus.
Questo contesto eversivo era condotto da organizzazioni di natura diversa. Le principali - cito a memoria - sono indubbiamente parti della storia della destra radicale italiana: Ordine nuovo e Avanguardia nazionale fra tutte. L'indagine approfondisce i legami tra Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, che invece per un lungo periodo erano sembrate anche alle indagini giudiziarie muoversi in contesti diversi. Vi è il gruppo La Fenice e vi è soprattutto un gruppo, come il Mar di Fumagalli, di ispirazione ideologica diversa. Questo contesto eversivo si muove con forti legami istituzionali e con reti clandestine di cui l'indagine, utilizzando molto materiale che veniva da indagini giudiziarie anteriori, approfondisce la conoscenza. Penso ai Nuclei armati per la difesa dello Stato, alla Rosa dei venti, al ruolo dell'allora colonnello Spiazzi in tutta la vicenda. Inoltre vengono approfonditi i legami istituzionali che riguardavano sia il Servizio di sicurezza militare, sia l'ufficio Affari riservati del Ministero dell'interno, sia altre componenti delle forze armate e della stessa Arma dei carabinieri, in particolare la Divisione Pastrengo.
Già in questo primo spezzone di indagini, di questo contesto eversivo, che aveva coperture e legami istituzionali, il dottor Salvini approfondisce aspetti che riguardavano collegamenti internazionali, in particolare per ciò che riguarda l'Aginter Press. Questi collegamenti internazionali poi hanno costituito oggetto di filoni di indagini che si sono sviluppate nel periodo successivo all'ordinanza-sentenza e di cui il dottor Salvini - gliene va dato atto - nei limiti compatibili con il segreto istruttorio tiene costantemente informata questa Commissione, aggiornandoci su tutti gli elementi più rilevanti dell'inchiesta e fornendoci un'ampia e copiosa documentazione. Di questo atteggiamento di disponibilità colgo ancora una volta l'occasione per ringraziarlo.
Penso che potremmo impostare l'audizione in questo modo. Vorrei svolgere una prima parte in seduta pubblica nella quale il dottor Salvini approfondirà aspetti già noti e conosciuti della sua inchiesta, anche perché in parte sono apparsi sulla stampa. Forse sentire dalla viva voce del dottor Salvini qualcosa che ci consenta di condurre ad unità spezzoni di informazione che abbiamo avuto in maniera separata potrebbe indubbiamente essere utile. Per quel che riguarda gli sviluppi ulteriori dellinchiesta dico fin da adesso - penso che il dottor Salvini sia d'accordo con me - che sarà opportuno passare in seduta segreta. Poi torneremo in seduta pubblica, perché alcune delle domande che voglio porre al dottor Salvini forse è bene che vengano formulate in seduta pubblica e quando, in relazione a domande mie o di altri colleghi, il dottor Salvini riterrà di tornare in seduta segreta, lo faremo.
Do subito la parola al dottor Salvini, pregandolo di effettuare questa panoramica generale sull'inchiesta sia per la parte che ha già prodotto la sua ordinanza-sentenza sia per quel che riguarda gli ulteriori sviluppi, avvertendomi, nel momento in cui lo ritiene proprio in riferimento a questi sviluppi ulteriori, quando intende che si passi in seduta segreta.
SALVINI. Anzitutto ringrazio per avermi invitato. Voglio subito accennarvi quale sarà l'impostazione che cercherò di dare alla mia presenza in questa sede.
Voi rappresentate una Commissione d'inchiesta che, quindi, lavora con lo strumento dell'acquisizione di documenti e con l'audizione di persone che a vario titolo hanno vissuto gli anni noti come quelli della strategia della tensione, quindi sia magistrati che si sono occupati di inchieste in questo campo, sia gli attori, protagonisti e comparse di quegli anni che hanno partecipato ai vari processi con diverso ruolo. Il fine del vostro lavoro è quello di aumentare il livello di conoscenza nell'interesse del paese e della verità storica su quanto è avvenuto in quegli anni. Questo, ovviamente, al fine di tradurlo in una relazione che sarà la sintesi del vostro lavoro e che sicuramente avrà una grande importanza per tutti i cittadini.
In quest'ottica, io sono qui per fornirvi, al meglio delle mie possibilità, informazioni e spunti che devo comunque contemperare con esigenze di riservatezza istruttoria ancora esistenti e che non possono consentire di rivelare ancora quali siano tutte le emergenze delle ultime indagini.
Preciso sin dall'inizio, però, che sono qui soprattutto per fornirvi informazioni: non sono qui per fare polemiche nè per rispondere a polemiche, perché non lo ritengo un atteggiamento consono rispetto al trovarsi di fronte ad una Commissione d'inchiesta che alla fine di ogni audizione deve avere la sensazione di aver acquisito più dati su cui riflettere, senza diventare arbitra di "battibecchi" o di discussioni fra giudici che non devono trovare soluzione in questa sede.
Spero che il vostro lavoro duri a lungo, e se non sbaglio i lavori della vostra Commissione sono prorogati fino al prossimo ottobre. Il mio compito, come quello di altri, è di fornirvi qualche piccolo mattone che paradossalmente possa far venir meno le ragioni per cui è stata istituita questa Commissione. Questa Commissione parlamentare, infatti, è denominata "d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi" e credo quindi che il compito di chi viene audito sia quello di fornire un piccolo contributo per raggiungere il difficile obiettivo di rendere inutile tale denominazione e di contribuire ad uno scioglimento che darebbe a tutti la maggior soddisfazione, che avverrà quando si saranno capiti i motivi per i quali non sono stati individuati gli autori delle stragi, i loro nomi ed il perché tutto ciò non sia emerso sinora.
Devo anticiparvi un piccolo problema di metodo. A differenza di altri colleghi che sono intervenuti prima di me, io sono un giudice istruttore e non un pubblico ministero, quindi sono giudice e non sono parte. Sono quindi obbligato ad usare maggiore cautela nell'esprimermi, perché per il giudice istruttore il ruolo di imparzialità è particolarmente spiccato. Tra l'altro, a differenza della precedente audizione, vengo a parlarvi di una attività istruttoria che è ancora in corso mentre, quando venni la volta scorsa, si trattava di valutare un'istruttoria che aveva già raggiunto il punto conclusivo della sentenza-ordinanza, tenendo presente che anche la sentenza-ordinanza di un giudice istruttore, peraltro, è qualcosa che ha un valore interlocutorio, deve passare al vaglio di altri giudici e conseguentemente essa stessa non rappresenta un documento definitivo. In questo caso, a maggior ragione, essendovi ancora indagini in corso mi corre l'obbligo di considerare presunti, in ogni passaggio, le informazioni e i dati che vi fornisco, con i "se", i "ma", il concetto di "allo stato degli atti" o "secondo gli attuali atti processuali". Ovviamente, potrà capitarmi che nella concitazione dell'esposizione o della discussione attribuisca direttamente episodi criminosi o responsabilità a qualcuno, ad un certo gruppo: interpretatela come una sintesi nell'ambito del dialogo, come se fosse sempre sottinteso il concetto di "allo stato degli atti" o "presuntivamente", perché - appunto - il mio ruolo è quello di giudice, e fra l'altro solamente di una fase iniziale di una indagine che poi può trovare vaglio in una sede dibattimentale. Mi sembra che ritenere sempre sottinteso l'aggettivo "presunto" rappresenti proprio una doverosa forma di rispetto nei confronti dei soggetti o delle aree coinvolte in questo tipo di indagini.
Veniamo ora alla cornice processuale in cui si inquadra l'insieme dei dati che in questa sede è possibile fornirvi. Sapete che il primo troncone d'istruttoria è stato concluso nel marzo 1995: avete ricevuto la sentenza-ordinanza, ne abbiamo discusso l'anno scorso, in occasione della mia precedente audizione. Da tale primo troncone si era distaccata una parte che riguardava sempre la struttura di Ordine nuovo intesa come banda armata finalizzata alla commissione di attentati, anche con caratteristiche di strage e quindi con finalità poi, ulteriore ed ultima, di concorrere a mutare la forma dello Stato grazie all'intervento di forze interne allo Stato stesso. Cioè, un concetto di banda armata molto diverso da quello presente nelle organizzazioni di estrema sinistra, cui pure è stato frequentissimamente applicato questo reato, in quanto, mentre le organizzazioni di estrema sinistra intendevano esse stesse, direttamente, mutare una forma di Stato, per una struttura come Ordine nuovo si trattativa di concorrere e creare le condizioni affinché altre forze militari o politiche all'interno dello Stato la mutassero.
Abbiamo quindi un'imputazione base che vede Ordine nuovo come una struttura armata finalizzata a questo tipo di programma. Fra l'altro, nel corso dell'indagine, si è riunito al mio ultimo troncone un procedimento che l'autorità giudiziaria di Bologna ha trasmesso nel 1992 a Milano per incompetenza territoriale, che riguardava sia Ordine nuovo sia Avanguardia nazionale e che individuava un'imputazione, anch'essa di banda armata, con specifica finalità di strage e indicava addirittura quattro stragi come programma e espressione di tale banda: gli imputati sono Rognoni ed altri.
Siamo dunque in presenza di una cornice molto ampia, che costituisce un po' il fondamento storico-ricostruttivo degli avvenimenti accaduti circa tra il 1966 e il 1975 in Italia e rappresenta la catena, la progressione criminosa di attentati e stragi che hanno toccato il nostro Paese.
Conseguentemente, la mia indagine costituisce una sorta di fondamento, di pavimentazione di, altre indagini che sono in corso in questo momento. Le riassumo brevemente. C'è l'indagine della Procura di Milano, che riguarda specificamente la strage dei 12 dicembre e gli attentati immediatamente precedenti, ma anche quelli contestuali di quella stessa giornata. Il procedimento (che segue sempre il vecchio rito) del dottor Lombardi riguarda la fase organizzativa e i presunti mandanti di Gianfranco Bertoli, il quale lanciò una bomba-ananas dinanzi alla questura di Milano nel maggio 1973, uccidendo quattro persone. Vi è poi l'indagine (con il nuovo rito) della procura di Brescia, che riguarda la strage di piazza della Loggia, del maggio 1974. à poi in corso un altro procedimento a Roma, che comunque ha forte attinenza con quelli precedenti, che è quello relativo ai Nuclei di Difesa dello Stato, che trae origine dalla trasmissione di atti dalla mia prima ordinanza. Tali Nuclei risultano essere un'organizzazione mista di militari e civili che ha operato negli stessi anni in cui sono avvenuti gli episodi che ho citato, in cui i civili erano per buona parte, e in forma molto caratterizzante, elementi di Ordine nuovo del Veneto e che in sostanza, secondo la prospettazione, costituivano uno strumento che poteva essere usato in senso golpista quando la catena degli attentati avesse creato le condizioni per poter compiere un mutamento istituzionale. Si tratta della fase conclusiva di un progetto che trova i propri punti di passaggio nei vari attentati ed episodi che ho appena citato.
Queste istruttorie vivono una tale circolarità, una tale trasmissione di atti e di risultanze da costituire di fatto - se vogliamo usare un'espressione figurata - un unico processo in cui la maggioranza degli atti è sostanzialmente comune ed in cui l'imputazione di carattere associativo che copre tutto quel periodo di tempo costituisce, come ho detto poc'anzi, un po' la pavimentazione e i vari attentati, minori o maggiori, un po' le colonne che si innalzano da questo pavimento e ne rappresentano l'espressione e la realizzazione. Si tratta quindi di istruttorie fra loro legatissime, che raccontano un'unica vicenda storico-giudiziaria del nostro Paese.
Vi ho trasmesso una serie di documenti rappresentati, oltre all'ordinanza che avete ricevuto fino al 1995, dai rapporti dei Ros dei carabinieri in particolare relativi all'intervento di strutture americane con funzioni di controllo proprio in questo contesto. Alcuni giorni fa vi ho inviato i verbali resi da Vincenzo Vinciguerra tra il 1991 e il 1993 dinanzi a questo ufficio che sono secondo me di grande importanza e che sono volutamente (secondo lo stile di Vinciguerra) incompleti e per qualche aspetto anche criptici e costituiscono un po' il punto di partenza per la ricostruzione della struttura di Ordine nuovo nel Nord-Est d'Italia. Spero che tali verbali possano esservi utili anche perché l'interesse del Vinciguerra (figura assolutamente particolare) consiste nel fatto che non si pone come collaboratore, ma come persona che intende fare chiarezza su un passato senza chiedere premi o sconti, il che - ripeto - lo rende particolarmente interessante come figura in grado di ricostruire alcuni passaggi importanti.
PRESIDENTE. Infatti comincia a collaborare dopo che è stato condannato all'ergastolo.
SALVINI. Vi trasmetterò appena possibile, compatibilmente con i tempi istruttori, che non sono solamente i miei ma anche quelli degli altri colleghi, anche gli altri verbali portanti di questa ricostruzione, vale a dire i verbali di Matteo Siciliano, di Carlo Digilio e di altri testimoni o collaboratori che completano questo asse di ricostruzione. Si tratta, solo per Siciliano e Digilio, di circa 550 pagine di verbali; è un corpus amplissimo che per la prima volta mette a fuoco, apre squarci di luce sulla intera struttura del Nord-Est di Ordine nuovo, che prima non aveva mai avuto collaboratori di giustizia. Ricordiamo che a Roma si erano svolti i processi riguardanti la struttura romana, con personaggi come Sergio Calore, come Paolo Aleandri, ma nel Nord Italia, dove la struttura di Ordine nuovo era più forte e più operante e dove è avvenuta la maggioranza dei gravi fatti oggetto di questi processi, non vi era mai stato nessuno di un certo peso e rilievo che parlasse dall'interno di questa organizzazione.
Sono 550 pagine che, al di là di quello che sarà l'esito processuale, della forma del giudizio o della condanna, questo sarà tutto da vedere, raccontano una storia che per la prima volta siamo in grado di leggere.
Mi limiterò pertanto all'unico spunto, non voglio dire polemico, ma semplicemente di precisazione, rispetto a quello che avete avuto modo di sentire in altra sede. Queste 550 pagine di verbale sono redatte integralmente da me, quindi dal giudice istruttore, negli ultimi mesi affiancato in moltissimi interrogatori importanti dal collega Massimo Meroni della procura di Milano. Egli mi ha affiancato negli ultimi mesi di attività di interrogatorio di Digilio e di Siciliano, con grande impegno; benché da poco delegato a seguire anch'egli, insieme agli altri, le indagini in questo campo, sta profondendo il suo massimo impegno per affrontare questa materia.
Si tratta di interrogatori fatti dal giudice istruttore e non dalla polizia giudiziaria. Quello che potreste avere sentito in occasione di una precedente audizione è un errore che ritengo doveroso in questa sede rilevare. Sarà chiaramente visibile non appena voi avrete questi verbali, credo nella tarda primavera, quando queste indagini giungeranno ad un punto conclusivo.
Gli episodi criminosi che sono emersi e che a voi interessano, perché giustamente vorrete conoscere dati e informazioni, sono numerosissimi. Cercherò di fornirvi una griglia di accesso che, a mio avviso, deve basarsi sulla divisione delle varie emergenze in segmenti, sulla base delle diverse entità che hanno operato in quegli anni, con ruoli diversi ma complementari (entità o gruppi o organizzazioni o strutture). La dividerei in cinque entità. La prima - che poi rappresenta il punto di partenza di tutto il lavoro istruttorio - è Ordine nuovo, come entità prettamente operativa, con proprie caratteristiche di tipo culturale ed ideologico, quindi non una organizzazione creata dall'alto nè da servizi interni nè da servizi stranieri, ma una entità esistente con una sua precisa storia. Come è emerso dalle indagini, si tratta però di una organizzazione controllata e seguita nelle sue attività.
Il secondo segmento è Avanguardia nazionale, un'entità di carattere schiettamente operativo.
La terza entità è la Aginter Press, di cui è più difficile dare una definizione. Cercherò di darla nei seguenti termini. E una entità che costituisce la struttura ispiratrice di strategie in più paesi, anche in Italia, in grado di fornire ai gruppi che operano in ciascun paese di intervento un protocollo specifico e modulato sulla situazione che si vuole affrontare. E una organizzazione che è in grado di fornire un protocollo di intervento a chi poi, nel singolo paese, è chiamato a operare per quelli che sono i fini e i valori di questa organizzazione, sostanzialmente la difesa del mondo occidentale da una ritenuta, probabile e imminente avanzata in Europa delle forze legate all'Unione Sovietica e ai paesi comunisti.
La quarta entità - e so che su questo si è aperta forse la maggiore discussione nel corso delle precedenti audizioni - è la realtà istituzionale interna. In quegli anni chi ha operato con attentati e stragi ha percepito di essere garantito, sotto il profilo della sua sicurezza e sotto il profilo dell'impunità dopo la commissione di tali episodi, da forze legate a servizi di sicurezza interni. Verrò poi a dire quali sono le emergenze su questo argomento, fin d'ora rilevando che ci sono emergenze significative e che l'indagine in corso non esclude che ciò sia avvenuto, anzi ne fornisce, credo, nuovi spunti.
L'ultima entità è rappresentata dalla realtà istituzionale straniera che è complementare ai servizi interni, in quanto all'epoca - negli anni Settanta e forse ciò si è poi diluito negli anni successivi i servizi di informazione e di sicurezza interni e stranieri, in particolare dei paesi che facevano parte dell'Alleanza Atlantica, vivevano della stessa strategia geopolitica. Quindi, non vi era alcuna forma di antinomia ma anzi di complementarietà fra l'intervento dei primi e l'intervento dei secondi nei fatti di cui ci occupiamo. Sarebbe assolutamente sbagliato leggere il condizionamento esterno come antinomico e non complementare a quello interno.
Posso subito dire che, per quanto riguarda l'intervento dei servizi dei paesi stranieri, come ho già avuto modo di affermare molto in sintesi nella prima ordinanza, la chiave di comprensione è "il controllo senza repressione". Sappiamo cosa la struttura occulta di Ordine nuovo sta facendo; acquisiamo, tramite informatori che abbiamo in Ordine nuovo, tutte le notizie possibili, direi quasi tutte le notizie sul suo funzionamento, ma non freniamo e non blocchiamo in nessuna forma questo tipo di attività criminose. E questa la cosa più grave e molto inquietante che è emersa dagli interrogatori.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Lei ha parlato con grande prudenza di un rapporto con questi spezzoni di apparati istituzionale che era di sorveglianza, di controllo e di non contrasto. Ma alcuni spunti, anche documentali, che vengono da oltre oceano dimostrerebbero che tutto questo si inseriva all'interno di una strategia precisa. Penso all'operazione Chaos, al piano Demagnetize, ad altri spunti simili. Su questo l'indagine che state svolgendo fornisce elementi importanti? Oggi un membro autorevole della Commissione mi faceva notare che nella passata legislatura ho molto spesso domandato a uomini degli apparati se l'operazione Chaos fosse una realtà conosciuta ai nostri apparati di sicurezza. La risposta che ho avuto è stata sempre negativa mentre adesso sembrerebbe che da emergenze documentali risulti il contrario, che l'operazione era nota e conosciuta. Da una notizia recente apparsa sulla stampa risulta che da ricerche svolte oggi negli Stati Uniti sarebbe emerso il documento del piano Demagnetize.
Decida lei se è preferibile rispondere a queste domande in seduta segreta o se vogliamo continuare in seduta pubblica.
SALVINI. No, signor Presidente, possiamo continuare in seduta pubblica. Rispetto alle emergenze di circa due anni fa, quando scrissi nell'ordinanza, e a voi lo ripetei, che da parte delle strutture di sicurezza atlantiche c'era controllo senza repressione, dobbiamo andare un poco più avanti. Le recenti dichiarazioni di collaboratori supportate da riscontri di grossa portata, consentono di affermare che da parte di strutture di sicurezza alleate c'è stato un contributo tecnico alla capacità e alla possibilità della struttura occulta di Ordine nuovo a compiere attentati.
Quindi, Ordine nuovo non la vedrei certo come una struttura creata dai servizi segreti, ma alla luce delle ultime due-trecento pagine dei verbali passerei comunque da un concetto di controllo senza repressione ad un concetto di incoraggiamento. Mi sento di dirlo perché è questa la linea che sta prendendo l'insieme delle risultanze. Segnalo tra l'altro che mentre per molte persone le imputazioni originarie erano di costituzione e partecipazione a banda armata ai sensi dell'articolo 306 del codice penale, recentemente - questo dà il segno dello sviluppo delle indagini -l'imputazione, che credo assolutamente nuova in questo campo, a cittadini italiani che avevano la doppia veste di agenti delle strutture americani e di ordinovisti è quella ai sensi dell'articolo 257 del codice penale, cioè di spionaggio politico-militare. Questa imputazione, che trasforma quella originaria di banda armata che era il punto di partenza nei confronti di questi soggetti, viene estesa anche a cittadini stranieri. Credo che sia una grossa novità, in quanto tale articolo del codice penale dal dopoguerra ad oggi si era applicato solo quando furono scoperti agenti di paesi del blocco sovietico.
PRESIDENTE. Questo confermerebbe non solo lo schema logico del doppio stato, ma anche quello della doppia lealtà.
SALVINI. Direi di sì; le indagini sono in evoluzione in questo senso e sicuramente si sta passando da un controllo esterno ad un incoraggiamento ad attività, quali la preparazione di ordigni e di attentati e quindi non solo ad attività di carattere meramente ideologico.
PRESIDENTE. Nella sua analisi di oggi, a differenza dell'altra volta, lei non ha nominato il Mar; questo perché le indagini lo stanno escludendo, o perché diamo per scontato il suo inserimento nel contesto eversivo?
SALVINI. Perché lo diamo per scontato e del resto all'attività del Mar era già dedicata una parte dell'ordinanza che conoscete, nella quale era tratteggiato con elementi piuttosto forti che il gruppo ricevesse direttamente le armi da strutture dei carabinieri e si riunisse a Padova anche in presenza di ufficiali di alto livello dell'Esercito e probabilmente anche della Nato. Questo argomento, in questi termini, possiamo darlo per definito ed emergenze nuove non ce ne sono state. Il una parte che storicamente ha raggiunto un certo grado di definizione. Ordine nuovo è la struttura sulla quale è stato acquisito il maggior numero di elementi di conoscenza nuovi, perché Digilio, Siciliano e altre persone che hanno testimoniato hanno appartenuto per tantissimi anni a questa struttura e in particolare alle cellule operanti nel Nord-Est d'Italia. Che Ordine nuovo avesse una struttura occulta, qualificabile processualmente come banda armata, risultava già da altri processi: vi è stato un grosso processo svolto a Roma, concluso con sentenza definitiva, che credo fu istruito dal collega dottor Salvi; ci sono stati i processi per l'attentato di Peteano e il cosiddetto processo del Poligono, relativi al gruppo di Ordine nuovo che gravitava intorno al poligono di tiro a segno di Venezia, processi nei quali non si trattava solo l'attentato di Peteano ma anche l'imputazione di banda armata per il gruppo di Mestre-Venezia. Queste sentenze sono definitive e quindi l'esistenza di una struttura di questo tipo è un dato acquisito alle realtà processuali pregresse. Ciò che però non era stato possibile comprendere per mancanza di voci interne, soprattutto nell'area Nord-Est, era anzitutto la dinamica di formazione della struttura e i rapporti tra le varie cellule operanti nelle diverse città del Nord Italia, che sono il cuore dell'attenzione di Ordine nuovo, in quanto soprattutto il Veneto e le zone ancora più ad Est sono sempre state il luogo di massima effervescenza, anche in relazione alla loro caratterizzazione di terra di frontiera, che poteva essere la prima a cadere in caso di invasione da parte dei paesi dell'Est. Direi che ora sulla struttura di Ordine nuovo nel Veneto sappiamo moltissimo e credo di poterlo affermare in modo del tutto sereno.
Non si era mai evidenziata in modo netto la cellula di Mestre-Venezia, in quanto le precedenti istruttorie - ad esempio quella D'Ambrosio-Alessandrini, relativa a piazza Fontana - avevano evidenziato di più la cellula padovana e non si erano mai chiariti i rapporti diretti tra la cellula milanese, che ad un certo punto prenderà il nome "la Fenice", e il gruppo di Mestre-Venezia. Non si era mai potuta studiare a fondo la nascita di questa struttura, che secondo le dichiarazioni dei testimoni coincide con i mesi immediatamente successivi al convegno della fondazione Pollio del maggio del '65 a Roma, quando sostanzialmente fu prefigurata una strategia di guerra non ortodossa a difesa dell'Italla dalla possibile vittoria comunista. E la strategia che in quel convegno trova espressione negli interventi di Rauti, di Giannettini e di altre persone molto vicine ad Ordine nuovo.
PRESIDENTE. Questi anni dal '64 al '75 sono anche quelli in cui nel mondo sul piano internazionale comincia a svilupparsi la spinta verso la distensione; dagli atti del convegno dell'istituto Pollio si vede chiaramente che la distensione è vista come un pericolo, viene demonizzata come una possibile forma di resa. Le vorrei chiedere allora se dalle indagini che lei sta conducendo stia emergendo una possibile convergenza di interessi da parte di apparati di servizi segreti orientali, che potevano avere un identico fine strategico con gli apparati dei servizi occidentali nel contrastare il processo di distensione nella logica della preferenza per la perpetuazione dello stato di guerra fredda.
SALVINI. Per la verità questo non emerge dagli atti processuali, forse anche perché è difficile che una situazione del genere possa emergere da interrogatori istruttori. Quello che emerge nettamente - è già il convegno Pollio a dirlo - è che qualsiasi abbassamento della guardia sarebbe stato un gravissimo errore, perché altro non avrebbe fatto che favorire la progressiva infiltrazione delle forze nemiche in tutte le strutture civili dello Stato. Questa visione è quindi del tutto in contrasto con i fenomeni politici che cominciano a nascere in quell'epoca, rappresentati dal centro-sinistra. In un intervento al convegno Pollio ad un certo punto si dice che anche un postino legato in qualche forma a strutture comuniste costituisce già l'ingresso delle forze comuniste all'interno dello Stato; evidentemente è un'espressione paradossale, ma voleva significare che in nessun modo bisogna pensare che con il nemico si possa dialogare e venire a patti: la tesi centrale dell'istituto Pollio è che la terza guerra civile, anche se non dichiarata, è già cominciata e non si può in alcun modo evitarla.
PRESIDENTE. La mia domanda voleva sapere se, così come all'interno degli Stati Uniti poteva esserci un contrasto nei confronti di Kennedy, allo stesso modo dall'altra parte poteva esserci un contrasto nei confronti di Kruscev. Sta emergendo questa possibile chiave di lettura?
SALVINI. Per la verità dagli atti processuali non emerge una prospettazione di questo genere.
Tornando ad Ordine nuovo, secondo i testimoni a partire dal '65-'66 si costituiscono cellule rigidamente compartimentate, tra loro separate, che in primo luogo si occupano di acquisire una dotazione logistica di armi ed esplosivi.
Devo dire che i canali per l'acquisizione di questa dotazione sono tradizionali, quindi i furti nelle cave, il recupero di residuati della seconda guerra mondiale, anche in depositi formati da repubblichini immediatamente dopo lo scioglimento della Repubblica sociale, acquisiti da esponenti del mondo del contrabbando. Si formano comunque alcune cellule nelle città di Milano, Padova, Verona e Venezia-Mestre, secondo un'asse che attraversa il Nord Italia con qualche propaggine verso il Trentino e l'Emilia. Si tratta di gruppi molto selezionati anche perché, a differenza delle forze di estrema sinistra che si organizzeranno nel decennio successivo, la struttura occulta di estrema destra non tende all'ampliamento ma alla selezione.
Infatti, mentre un gruppo di estrema sinistra vuole avere cinquanta e poi cento e poi duecento, mille militanti, perché è esso stesso che vuole fare la rivoluzione, il gruppo occulto all'interno di Ordine nuovo tende alla riduzione degli elementi. Se venti o trenta elementi possono far parte di un circolo culturale di copertura, o di una palestra di arti marziali, che costituisce la copertura esterna politico-culturale del gruppo, di questi venti-trenta elementi, dopo uno, due anni di apprendistato, dovranno rimanerne quattro o cinque di assoluta e totale affidabilità e capacità operativa. Questo perché? Perché non è Ordine nuovo che deve cambiare lo Stato, ma perché esso con una catena di attentati deve creare le condizioni affinché all'interno dello Stato stesso qualcuno operi a cambiarlo. à nettissima la differenza, fra l'altro, e ciò in tal senso costituisce un enorme ostacolo per le indagini in questo campo. Infatti, più ampio è il numero dei soggetti, più i soggetti sono deboli e possono ad esempio rendere dichiarazioni o, comunque, essere individuati dalle forze di polizia: meno numerosi sono i soggetti, più è alto il livello di sicurezza che infatti è durato, nell'arco di circa trent'anni, quasi intoccato. Collaboratori come Siciliano e Digilio, si manifestano a trenta anni di distanza da quel fatti per circostanze assolutamente specifiche e particolari e forse anche difficilmente ripetibili.
PRESIDENTE. Dottor Salvini, ma a cambiarlo o a difenderlo? Perché questo nelle varie dichiarazioni, specialmente in quelle rilasciate da Vinciguerra, non è mai emerso con chiarezza se fossero dei rivoluzionari o delle persone convinte di battersi per la difesa dello Stato. D'altra parte il rapporto con gli apparati istituzionali poteva rafforzarli in questa convinzione.
SALVINI. Qui si colloca un po' l'antinomia che esiste all'interno di Ordine nuovo che è una organizzazione che ha sicuramente alla sua nascita una fortissima carica ideologica e culturale propria, non inventata, anche con una certa profondità di pensiero che non va nascosta, perché bisogna anche leggere quello che viene scritto in quel settore e che non è affatto di basso livello sul piano culturale; ripeto, si tratta di una profonda carica ideologica che è ovviamente anticomunista, ma anche antiborghese, anticapitalista e di critica al sistema degli stati moderni in cui l'economia prevale sulla morale, sullo spirito e così via; quindi una struttura che ben sarebbe lontana comunque da una concezione americana e atlantica dello Stato.
PRESIDENTE. Dottor Salvini, la conversione all'atlantismo quando avviene?
SALVINI. C'è un momento in cui tra queste affermazioni diciamo culturali di principio, che si uniscono tra l'altro a passioni collegate all'esoterismo - come poi è tipico di una certa ideologia - per uno spiritualismo di tipo giapponese, come è emerso anche in questi recenti interrogatori, forse un aspetto che fino ad oggi era rimasto abbastanza ignoto.
PRESIDENTE. Ad esempio, la tesi di laurea di Zorzi.
SALVINI. La tesi di laurea di Delfo Zorzi tratta proprio di una forma particolare di Zen giapponese che è il Bushido (la via del guerriero) ed è stata seguita non a caso dal professor Filippani Ronconi che è uno dei relatori di sintesi al convegno Pollio. In ogni caso ad un certo punto questa struttura ideologica, comunque forte, coesa, in cui i militanti credono, poi sul piano pratico subisce una specie di spostamento...
PRESIDENTE. Scusi se la interrompo dottor Salvini, ma su questo aspetto mi ero permesso di condurre una piccola indagine: Zorzi si laurea con Filippani-Ronconi, presso l'"Orientale" di Napoli? Perché dagli accertamenti che effettuammo sembrerebbe di no e che sia stato solo un allievo di Filippani-Ronconi, ma non si sia laureato con lui.
SALVINI. In questo momento non ricordo se Zorzi abbia svolto la tesi con il professor Filippani-Ronconi, o ne sia stato solo allievo. Sicuramente la tesi di Zorzi verte sui movimenti nazionalistici giapponesi di carattere fortemente spiritualista-nazionalista della tradizione della destra giapponese.
FRAGALA. Questo non è un elemento marginale, ma fondamentale.
SALVINI. Sicuramente alla base di tale tesi vi era l'interesse verso il Bushido, la via del guerriero, che è un'ideologia giapponese di carattere strettamente nazionalista e di destra.
Nel passaggio tra l'aspetto ideologico e la concretezza dell'operare pratico e politico si nota un avvicinamento alla possibilità di difendere lo Stato anche attraverso alleanze con le forze militari che altrimenti sarebbero viste in una concezione pura, reazionaria e borghese, quindi non rivoluzionarie: ciò nel contesto e nella finalità di difesa del paese dal nemico che in quel momento è da ritenersi assolutamente maggiore e prevalente. Mi riferisco cioè alla possibile avanzata e vittoria e di forze di sinistra o comuniste nel nostro paese.
Superato questo inciso, intendo ora illustrare quali sono le emergenze importanti: si forma questa struttura, divisa in cellule, composta solo da pochi elementi, si raccolgono armi ed esplosivi, ci si addestra al loro uso - questo in base alle dichiarazioni rilasciate da Digilio e Siciliano - con attentati di tipo tradizionale, cioè contro sedi del Partito comunista ed altre strutture di sinistra, e poi, ad un certo punto, in riunioni che avvengono tra gli anni 1967 e 1968, si decide di colpire luoghi pubblici a diverso livello, con attentati non rivendicati che quindi vengono commessi in funzione di destabilizzare il Paese e spaventare fortemente l'opinione pubblica. Tra l'altro, si verifica in questi due anni un episodio, che finora non era mai emerso, ma che è in perfetta assonanza con quelle che erano le emergenze delle istruttorie D'Ambrosio e di altre istruttorie condotte a Roma nel confronti di Avanguardia Nazionale. Anche il gruppo di Mestre e Venezia, che era il più forte e quello trainante, diffonde a Padova manifesti cinesi. Personaggi come Zorzi e persone a lui vicine, facenti parte della cellula, riempiono Mestre e Venezia di manifesti di gruppi filo-cinesi e ciò secondo la strategia della confusione, della disinformazione e al fine di creare la sensazione tra la popolazione che vi fossero forze ormai prevalenti, addirittura al di fuori del Partito comunista, pronte, se non a prendere il potere, a creare una situazione di grosso caos nel paese. Quindi vi è un altro collegamento che è molto simile a quella operazione "Manifesti cinesi", effettuata a Roma attraverso il diretto interessamento di militanti di Avanguardia nazionale come ad esempio Delle Chiaie.
PRESIDENTE. Dottor Salvini, in questa attività di infiltrazione il ruolo del mensile "Lavoro politico" viene citato?
SALVINI. No non viene citato, conosco quel mensile, ma non mi risulta che esso non venga citato nel verbali e non compare nell'istruttoria. Compare però, ad esempio, per quanto riguarda il gruppo di Mestre-Venezia che, ripeto, è quello più importante, la grossa diffusione di testi direttamente provenienti dal "centro" e quindi da quella strategia definita al convegno Pollio. Mi riferisco ad esempio al libro "Mani rosse sulle forze armate", che viene diffuso tra i militanti e considerato la guida per l'operare progressivo del gruppo. Ma, ripeto il ruolo del mensile "Lavoro politico" non emerge dagli interrogatori effettuati e non è mai apparso come strumento di utilizzo.
Veniamo adesso al punto centrale. Questa organizzazione, ce lo ha raccontato Digilio, ad un certo punto si è dotata di una struttura che ha trovato base in un casolare in cui confluiscono armi, esplosivi, una stampatrice e in cui vengono sostanzialmente preparati i primi attentati e gli ordigni che servivano per compierli. A questo punto c'è la completa saldatura con quella che era l'emergenza del vecchio processo, della vecchia istruttoria D'Ambrosio-Alessandrini. Voi ricorderete che quando partirono le indagini sulla "pista nera", ebbero inizio perché a Castelfranco veneto, durante occasionali lavori di ristrutturazione di uno stabile, un operaio trovò una serie di armi e di munizioni il cui possesso fu attribuito a Ventura in quanto egli stesso le aveva affidate ad una persona a lui vicina. Si capì subito, e credo che i colleghi di Milano, come del resto anche il giudice Stiz che iniziò le indagini, compresero subito -eravamo nel 1971 - che si trattava di un piccolo frammento, di una piccola scheggia di qualcosa di più grande, di vasto e di organizzato di cui le cellule venete disponevano. Sappiamo quindi che esisteva un casolare e che esso era frequentato dai gruppi di Padova e da quello di Mestre e Venezia; siamo al corrente del fatto che esisteva in quella sede tantissimo materiale di cui una piccolissima parte altro non era che quella ritrovata fortunosamente a Castelfranco veneto qualche anno dopo. Siamo inoltre a conoscenza del fatto - e lo racconta chi è stato sul luogo -che in quel luogo venivano preparati quei diversi tipi di esplosivo di cui il gruppo era venuto in possesso, dei congegni, le accensioni, le sveglie e i libri, o meglio finti libri e finti pacchetti che avrebbero dovuto contenere le bombe per gli attentati precedenti al 12 dicembre. à stata individuata con elementi probatori molto forti la struttura logistica di cui il gruppo disponeva e ciò si integra perfettamente con la vecchia istruttoria di cui ho accennato.
Se questi elementi fossero stati noti allora, quando i colleghi effettuarono la prima indagine, forse l'esito complessivo dell'istruttoria sarebbe stato diverso.
Quanto ai nomi, mi fermo qui nel senso che, per quanto concerne gli attentati del 12 dicembre, è in corso un'indagine da parte della Procura di Milano, che si basa e trae origine da queste emergenze. Pertanto non mi sembra il caso di rivelare in questa sede altri particolari di rilievo sulla progressiva attività di questa struttura. Posso dire che quello che è emerso è una progressione criminosa di attentati sempre più gravi e soprattutto un aspetto che non si era mai evidenziato: il collegamento fra la cellula milanese e la cellula veneziana. Mentre erano emersi collegamenti, anche se non completi, fra Venezia e Padova, qualcosa che non era mai emerso è lo scambio continuo fra il gruppo milanese e il gruppo mestrino, che i testimoni ci raccontano in termini di frequentissime riunioni operative e di viaggi sia dei milanesi a Mestre sia dei mestrini e di veneziani a Milano. Questo avviene in prossimità dei fatti più gravi e troverà una conferma negli anni successivi quando, a seguito della grave crisi in cui cadrà il gruppo "La Fenice" di Rognoni, falcidiato dagli arresti susseguenti all'arresto di Azzi dopo il fallito attentato sul treno Torino-Genova (anzi verrà arrestato in flagranza). Si scopre - sono cose recentissime - che i militanti superstiti de "La Fenice" fuggiranno e saranno ospiti in una struttura veneziana del gruppo appunto di Mestre e Venezia. Questa è una novità assoluta, appunto, che ci conferma a posteriori l'integrazione fortissima fra i due gruppi e la storia unica che vede unite le cellule di queste quattro città (Milano, Verona, Padova e Venezia).
Veniamo brevemente ad Avanguardia nazionale. In tutta onestà, in relazione a quest'altra entità operativa, debbo dire che le novità non sono moltissime. In questo caso, a differenza di Ordine nuovo, non ci sono state voci dall'interno che ci abbiano consentito di capire meglio che ruolo abbia avuto la struttura di Avanguardia nazionale in quegli anni. Tuttavia molto probabilmente anche Avanguardia nazionale non è estranea ai fatti più gravi che sono avvenuti. Per quanto concerne la vecchia ordinanza che ho scritto, ricordo ad esempio la sua fortissima valenza in quella mobilitazione di massa, forse l'unico sovvertimento di massa che in qualche modo abbia avuto nella destra le sue forze ispiratrici, che è quello di Reggio Calabria.
Però, a parte questo, che era già stato oggetto dell'ordinanza precedente, vi posso dire molto sinteticamente che sono emerse le seguenti circostanze. Alla fine degli anni Sessanta, Avanguardia nazionale gode dell'attività come istruttori di elementi dell'Oas reclutati dalla Aginter Press in Portogallo, che tengono lezioni sull'uso degli esplosivi al militanti di varie sedi romane e quindi li istruiscono a compiere attentati, come poi effettivamente avverrà.
Vi sono diversi testimoni che attribuiscono ad Avanguardia nazionale un ruolo secondario ma significativo negli attentati del 12 dicembre, e il convergere di testimonianze, su cui non posso soffermarmi molto, indica la partecipazione di Avanguardia nazionale con specifico riferimento ai due attentati all'altare della Patria, minori, ma che comunque avvengono contemporaneamente a quelli più gravi.
PRESIDENTE. Bisogna aver presente che gli uomini di Avanguardia nazionale, nel respingere ogni responsabilità, soprattutto nel respingere ogni legame con apparati nazionali, finiscono sempre per riversare la colpa su Ordine nuovo. Se uno legge il libro di Delle Chiaie e di Tilgher, se non sbaglio, si rende conto che quello è tutto un pamphlet contro Ordine nuovo. Dice: loro erano legati ai servizi, agli apparati dei servizi, noi invece eravamo i rivoluzionari puri e quindi con tutto questo non c'entriamo. E così?
SALVINI. Questa è la strategia difensiva, che sovente è un po' un gioco degli specchi: si difende la propria organizzazione attaccandone un'altra; l'altra organizzazione, a sua volta, ne attaccherà una terza, che magari attaccherà un servizio di sicurezza in termini generici. In questo continuo aprirsi di porte, la verità sfugge. Questa è una strategia molto interessante che sarà anche molto pagante nel processi.
PRESIDENTE. Devo dire che appartiene anche a "pezzi" delle istituzioni. Personalmente ho ricevuto un documento molto duro da un uomo delle istituzioni, il quale respinge assolutamente una serie, non dico di sospetti, ma dì valutazioni negative che erano nella mia proposta di relazione e addebita a tale mia proposta di non avere tenuto conto di oggettive emergenze processuali che lo scagionerebbero completamente: però poi alla fine, nella parte finale, lancia un sospetto gravissimo riguardo a quello che era il potere politico dell'epoca. Ancora una volta può darsi che l'obiettivo preciso non sia individuato ma anzi, in questi atti difensivi, l'esistenza del contesto eversivo viene comunque in qualche modo confermata. Quindi, questo è quello che colpisce, cioè che alla fine ognuno tenta di escludere la propria personale responsabilità o la responsabilità del gruppo specifico di cui faceva parte, non nega la realtà complessiva, semmai cercando di addebitare ad altri le responsabilità, però riconoscendo il fatto storico dell'esistenza di questo contesto eversivo.
SALVINI. E pur non fornendo dati diretti che siano processualmente utilizzabili.
PRESIDENTE. Certo.
SALVINI. Sono loro senza spiegarlo, per cui le indagini - ed è un po' la sensazione che può avere un cittadino dello sviluppo di queste indagini - seguono, ripeto, una sorta di gioco di specchi, per cui ciascuno rimanda all'altro ma l'altro, non raggiunto da prove, rimanderà ad un terzo, e i processi tendono a perdersi, a non giungere a conclusioni processualmente fattibili.
PRESIDENTE. Forse però, per la nostra prospettiva, che è diversa, da tutto questo potremmo trarre, non dico elementi decisivi, però elementi di conferma.
SALVINI. Concludo rapidamente su Avanguardia nazionale. Quello che è stato molto interessante e che emerge dall'interrogatorio di Vinciguerra (che recentemente ho potuto trasmettervi) è quanto avviene nel 1974-1975 in Spagna, quando buona parte dei militanti di Avanguardia nazionale o di Ordine nuovo latitanti si rifugiano a Madrid in appartamenti con strutture logistiche di supporto, che fanno capo a Madrid a Guerin Serac, cioè alla struttura Aginter Press, che nel frattempo, essendo avvenuta la cosiddetta "rivoluzione dei garofani" a Lisbona, si era trasferita da Lisbona a Madrid. In questi appartamenti i militanti, soprattutto di Avanguardia nazionale (perché è Delle Chiaie che prevale ed è in grado di monopolizzare anche i militanti di Ordine nuovo), non staranno con le mani in mano ma ricambieranno l'assistenza rendendosi utili per una serie di azioni contro militanti democratici spagnoli o militanti baschi, ricevendo direttamente dalla struttura di Serac le armi. In seguito seguiranno quella medesima struttura formata da spagnoli e portoghesi, ma anche da francesi e da alcuni americani.
Quando anche il bastione spagnolo cadrà con la fine di Franco, seguiranno quella struttura nel suo ultimo e definitivo trasferimento in Cile. Perché questo è importante? Perché per diretta testimonianza di Vinciguerra, che tra il 1974 e 1975 si trovava a Madrid, ospite in questi appartamenti e partecipe di queste azioni, abbiamo la visiva ricostruzione di quella catena di comando che è indicata nel vituperato appunto Sid, che viene stilato immediatamente dopo gli attentati del 12 dicembre. Voi ricorderete che l'appunto Sid dice che vi è una struttura Guerin Serac ispiratrice degli attentati; vi è un organizzatore interno.
PRESIDENTE. Lo qualifica come anarchico.
SALVINI. Questo è depistaggio. Vi è Delle Chiaie che ne è l'organizzatore a livello nazionale e ci sono gli esecutori, fra cui Merlino. Questa è la catena di comando, di cui al momento in cui fu stilato l'appunto non si avevano prove dirette tangibili, che nel racconto di Vinciguerra vediamo visivamente in quello che avviene negli appartamenti e nei luoghi di rifugio in Spagna qualche anno dopo.
L'aspetto depistante di questo appunto, che probabilmente individua una responsabilità effettivamente esistente nell'organizzazione dell'operazione del 12 dicembre e negli attentati precedenti, è abbastanza ovvio per chi lo legga: Guerin Serac viene definito anarchico come anche quelli che lavorano cori lui e sono suoi dipendenti e collaboratori.
Che Guerin Serac non sia anarchico è cosa notissima, è uno dei combattenti anticomunisti che da più tempo ha dato la sua vita e la sua esperienza nella lotta contro il comunismo in moltissimi paesi, dalla Corea, all'Algeria, al Sudamerica.
Però quell'appunto, pur indicando una catena di comando ed una pista sicuramente molto importante che si vedrà riprodotta nella struttura spagnola, indica una colorazione politica diversa, in questo senso appiattendo quelli che erano gli elementi che il Sid e i carabinieri stavano individuando in quei giorni dopo il 12 dicembre, sulla pista dell'ufficio Affari riservati e che portò i magistrati a seguire solo la pista anarchica, cioè quella di Valpreda.
PRESIDENTE. Per onestà intellettuale, bisogna dire che l'idea che quell'appunto potesse essere depistante sta nel fatto che, indirizzando la responsabilità verso Delle Chiaie, poteva in questo modo dirottare verso Avanguardia nazionale e coprire semmai le responsabilità di Ordine nuovo. Questa potrebbe essere una chiave di lettura di un depistaggio sofisticato che dice mezza verità e mezza bugia.
SALVINI. Vi fornisco un altro dato molto interessante su quello che è accaduto in Spagna e che racconta Vinciguerra. Nel 1975 il gruppo di Guerin Serac, insieme a militanti francesi, italiani, spagnoli e all'americano Salby, organizza una catena di attentati che hanno una sigla molto particolare, SOA, che significa "opposizione algerina"; una sigla apparentemente di un gruppo di opposizione algerina. Questi attentati avvengono in danno di quattro sedi diplomatiche algerine, in Francia, in Germania, in Italia e in Inghilterra. Quindi gli attentati sono apparentemente fatti da un finto gruppo di opposizione algerina, un gruppo che dovrebbe muoversi in base ai veri ideali della rivoluzione algerina. In realtà sono attentati del gruppo di Guerin Serac che dimostrano la grande capacità di questo di camuffarsi, nel senso di confondere quali siano le vere attività e le vere responsabilità in episodi del genere e portare ad uno scontro interno nel campo considerato nemico. Perché sono importanti questi attentati, alcuni dei quali fatti da italiani, che a tal fine effettueranno una trasferta a Francoforte dove è stata posta una bomba all'ambasciata algerina? Perché uno di questi ordigni si è "salvato", non è esploso ed è stato analizzato con grandissima precisione dalle autorità di polizia tedesche che recuperarono l'ordigno davanti all'ambasciata algerina. L'analisi del sofisticatissimo ordigno è importante sul piano della comprensione di quali fossero i legami del gruppo di Guerin Serac e di Aginter Press.
L'ordigno contiene C4, un esplosivo in uso alle forze americane, che non risultava usato in nessun attentato precedente da gruppi di carattere eversivo. E - ripeto - un ordigno molto sofisticato. La disponibilità del C4 da parte di questo gruppo indica sicuramente quale sia la linea di contatto, di collegamento, che grava al di sopra di un mercenario internazionale o di strutture di raccordo internazionale, come quella di Guerin Serac. E l'attentato dell'aprile 1975 a Francoforte, contestuale a quello di Parigi e a un attentato minore di Roma, nonché a quello di Londra. Sono fatti molto importanti per chi sappia vedere oltre la circostanza che sono episodi senza vittime, testimoniano per la prima volta un attentato realizzato con questo esplosivo, appannaggio soltanto di strutture di quel tipo.
PELLICINI. C'è una giustificazione internazionale di questa attività dalla parte "di là" oppure non si ha notizia che da parte dell'Est vi fossero attività tali da giustificare in qualche modo questa attività? Forse la domanda è paradossale. In altre parole: questi erano dei visionari o combattevano contro un pericolo che c'era da parte orientale?
SALVINI. Non è facile rispondere a questa domanda che è di netto apprezzamento politico, il che esula dall'attività giudiziaria. Sicuramente, nel momento in cui avvengono questi episodi, il mondo è diviso in blocchi e ogni punto di forza perso da uno dei due blocchi, come in una specie di "Risiko", reale, non giocato sulla scacchiera di un tavolo, rappresenta la possibile infiltrazione degli avversari. Non le rispondo a questa domanda, ma faccio un esempio di carattere storico-politico molto interessante. Il gruppo di Guerin Serac, con gli ordinovisti e gli avanguardisti rifugiati a Parigi, organizza una operazione che oggi può sembrare curiosa ma che è perfettamente in sintonia con la strategia geopolitica della difesa dell'Occidente e tale da impedire che l'Occidente perda qualsiasi tassello, anche piccolo, della propria forza planetaria. Organizza un Fronte di liberazione delle Azzorre completamente finto che può essere dì grande utilità; perché nel momento in cui le Azzorre, possedimento portoghese, fossero ricadute sotto l'influenza dei militari di sinistra portoghesi, che prendono il potere a Lisbona nel 1974, si sarebbe determinato il rischio che tale piccola parte uscisse dal controllo delle strutture atlantiche. Allora, le Azzorre erano molto importanti perché, a differenza di oggi (sono passati venticinque anni) non c'era la possibilità di fare un volo unico e gli aerei facevano scalo nel grande aeroporto americano delle Azzorre. Una vittoria della sinistra avrebbe potuto portare alla revoca di questa concessione e poteva far perdere un piccolo ponte di partenza per la lotta che si sarebbe aperta in tutto il mondo.
PRESIDENTE. Bisogna precisare che la guerra fredda era reale e gli interessi in campo erano reali e muovevano enormi ricchezze. La partita in gioco non era teorica. Però, tutte le guerre sono stupide e durano al di là delle cause reali che le avevano determinate. Ma è un giudizio prettamente politico e quindi spetta a noi, non possiamo chiedere di questo al dottor Salvini.
SALVINI. Mi soffermo ora sulla Aginter Press, che è la terza struttura poi vi parlerò della struttura di controllo americana. L'Aginter Press è indicata in quell'appunto come l'ispiratrice degli attentati avvenuti in Italia. In occasione delle precedenti audizioni avete sentito che questo appunto è indicato come "depistante". E un'affermazione che però deve essere completata: è sicuramente "depistante" l'indicazione che Aginter Press e il gruppo di Guerin Serac sono anarchici o filocinesi; molto probabilmente non è depistante l'indicazione di quella organizzazione come un'organizzazione che ha avuto una capacità ispiratrice degli attentati avvenuti in Italia.
PRESIDENTE. Forse però anche il medium di Delle Chiaie poteva far parte del depistaggio. Non possiamo saperlo con certezza.
SALVINI. Non possiamo saperlo con certezza, ma l'appunto è sicuramente interessante, perché in queste indagini sono emersi elementi che confermano i legami fra Aginter Press, Ordine nuovo e Avanguardia nazionale. E emerso che Guido Giannettini aveva rapporti con Guerin Serac in Portogallo fin dal 1964; è emerso che istruttori di Aginter Press - come ho accennato - vennero a Roma tra il 1967 e il 1968 istruendo i militanti di Avanguardia nazionale all'uso degli esplosivi: è emerso - sono atti trovati grazie alla collaborazione del Sismi, l'anno scorso, e sono anche dati presenti nell'archivio del Sisde - che Robert Leroy, braccio destro di Guerin Serac e che era stato durante la seconda guerra mondiale combattente nelle Waffen SS, esattamente nella divisione Vallovie, era venuto in Italia molte volte nel 1968 ed aveva concorso ad organizzare a Torino, ad Aosta e in altre città del Nord, gruppi filocinesi, presentandosi come emissario di gruppi francesi analoghi ed incitando gli stessi a passare dalla critica a livello ideologico all'approvvigionamento di armi per compiere operazioni che portassero alla rivoluzione.
Da questi atti, che sono assolutamente nuovi e che sono confermati da testimoni che sono stati recuperati a grande distanza di tempo, risulta che l'Aginter Press stava attuando, in tempi vicinissimi a quelli che saranno poi gli attentati più gravi, un'attività di confusione e di infiltrazione direttamente nel nostro paese, molto simile come protocollo di intervento (a Torino e in Lombardia sono gruppi filocinesi, a Roma sono gruppi anarchici) a quello utilizzato da Mario Merlino nei mesi immediatamente precedenti gli attentati del 12 dicembre. Cioè, c'è una precisa strategia di creazione di gruppi ibridi, deboli, manovrabili in cui un grosso personaggio con un certo carisma, come può essere Leroy, personaggio storico dell'anticomunismo dal dopoguerra ad oggi, riesce a controllare dei giovani utilizzando questi gruppi quali possibili capri espiatori o strumenti in attentati molto gravi. Questi sono atti assolutamente sconosciuti finora, che sono stati acquisiti fra l'altro con la fortuna di poter anche interrogare qualcuno dei giovani. che allora parteciparono a quelle riunioni, convintissimi di avere davanti un importante militante filocinese francese e non sapendo di avere davanti a se un vecchio combattente delle Waffen SS.
Ricordo a questo proposito che si tratta del duplicato dell'azione condotta da Robert Leroy in Africa. Aginter Press all'inizio degli anni '60 si occupa dell'operazione di intossicazione in terra africana, Robert Leroy formò dei piccoli gruppi, apparentemente di liberazione, in territori come il Mozambico, che crearono dei dissidi o si opposero al movimenti di liberazione ufficiali, presentandosi come filocinesi. Finito linteressamento dell'Aginter Press nella situazione africana, in Congo e Mozambico, questo modello di intervento di intossicazione e confusione venne riportato in terra europea negli anni immediatamente precedenti il 12 dicembre 1969. Questi sono elementi di assoluta novità che sono emersi da atti recentemente acquisiti e che completano il quadro che si conosceva intorno al ruolo di Guerin Serac e di Aginter Press.
PRESIDENTE. Per ritornare all'argomento, il problema è che nell'immediatezza il nome di Delle Chiaie e di Merlino poteva servire ad indirizzare l'indagine sul gruppo 22 marzo. Non avrei molti dubbi. Però è chiaro che attraverso una serie di conoscenze ulteriori che si sono con il tempo acquisite, il nome di Guerin Serac, che allora poteva significare poco, oggi significa molto di più.
SALVINI. Indubbiamente. Emergono altre due circostanze di grande interesse. Alcuni militanti di Ordine nuovo si recarono a Lisbona per seguire corsi di addestramento e quindi lo scambio è reciproco: dal Portogallo infatti vengono istruttori in Italia, mentre il nostro paese manda alcune persone che possono essere direttamente istruite sul campo. Sono emersi stretti collegamenti, riunioni del 1967 e 1968, tra Guerin Serac e l'allora dirigente di Ordine nuovo, Pino Rauti. La cosa curiosa, che sarà oggetto di ulteriore approfondimento, è che garante di questi incontri è una persona che risulta informatore ad altissimo livello e per molto tempo, dell'ufficio Affari riservati del Ministero dell'interno. Sono argomenti che sono in corso di approfondimento, che però delineano un quadro che tende a diventare progressivamente più leggibile.
Siccome è molto tardi, dirò qualche parola sulla struttura americana per poi lasciare spazio alle vostre domande per ulteriori chiarimenti. Spero di aver fornito un quadro il più esauriente possibile, ma gli argomenti sono moltissimi e bisognerebbe parlarne per ore.
PRESIDENTE. Prima di passare alla struttura americana, vorrei porre una domanda di carattere generale.
Il mio è ovviamente un punto di vista personale, tuttavia mi sembra che il quadro degli anni 1965-1978 oggi tutto è meno che misterioso. Quando invece ci avviciniamo agli anni '80, la capacità di capire e di leggere anche le dinamiche interne di fatti gravissimi - penso ad Ustica e alla strage di Bologna - diventa minore.
In queste indagini che lei sta svolgendo, stanno emergendo richiami e riferimenti a quest'epoca successiva e a noi più vicina, dove probabilmente esistono ancora le resistenze alla conoscenza che invece per l'epoca più lontana sono venute meno?
SALVINI. Sì qualcosa. Nel senso che dall'insieme di interrogatori che sono stati effettuati risulta che la struttura di Ordine nuovo veneta, benché colpita nella prima metà degli anni '70 da una serie di arresti, continua ad esistere e sono emersi passaggi di esplosivo in grande quantità (questo a conferma anche di pregresse emergenze minori che c'erano state grazie a qualche collaboratore a Roma) ad esempio in occasione degli attentati molto gravi precedenti quello di Bologna, come quelli avvenuti a Roma fra il 1978 e il 1979; mi riferisco, per esempio, all'attentato al Csm e al gruppo di grandi attentati che precedettero la strage di Bologna temporalmente e forse anche sul piano teleologico.
Effettivamente, la persistenza di questa struttura è un dato che emerge dagli interrogatori, in quanto non viene debellata a metà degli anni '70 ma prosegue, tant'è vero che il gruppo di Mestre e Venezia, sostanzialmente intoccato dalle indagini, che colpiscono Milano con il gruppo La Fenice e Padova quando vi fu l'indagine di D'Ambrosio, continua ad operare ed è pienamente vitale.
PRESIDENTE. Questi riscontri atterrebbero gli elementi indagativi che poi sarebbero rifluiti in Cassazione al momento della decisione finale sulla strage di Bologna?
SALVINI. Sì, emerge che nel 1979-1980 il diretto referente della struttura veneta, sopravvissuta nelle persone dì coloro che a Mestre e a Venezia erano riuscite a sfuggire alle indagini di polizia, quindi il gruppo che faceva capo a Carlo Maggi, aveva strettissimi contatti e forniva costantemente armi al gruppo Cavallini che si era rifugiato in Veneto. Emergono prove, contatti e circostanze di collegamento dirette proprio nei giorni in cui avvengono fatti gravissimi come la strage di Bologna.
Sono però tutte emergenze di cui occorre valutare la valenza conclusiva. Quel che si può dire è che esiste tutta una parte assolutamente in fase di studio...
PRESIDENTE. Queste emergenze indagative lei le ha portate a conoscenza di quale altra autorità giudiziaria?
SALVINI. Del pubblico ministero di Bologna, ovviamente.
PRESIDENTE. E stato il pubblico ministero di Bologna che le ha trasmesse alla Cassazione.
SALVINI. Autonomamente ha ritenuto di mandarle in Cassazione e questo ha reso pubblici questi interrogatori, ma sono scelte che evidentemente il pubblico ministero di Bologna ha effettuato in base ad un suo quadro generale di opportunità e di economia processuale.
PRESIDENTE. Quindi, non è stato lei a mandarle alla Cassazione?
SALVINI. Assolutamente no. à stato il dottor Giovagnoli, che ha sostituito il dottor Mancuso.
Parlerò ora brevemente della struttura americana, che rappresenta certamente la più grossa novità delle indagini. Anche per non appesantire il discorso cercherò di dare ad esso un minimo di teatralità e di movimentazione.
Abbiamo un personaggio, Carlo Digilio, tecnico della struttura ordinovista a livello di tutto il Nord-Est, tra l'altro soggetto coperto in quanto non partecipa a riunioni pubbliche, ma nella sua veste di segretario del poligono di tiro di Venezia può tranquillamente diventare un esperto di armi...
PRESIDENTE. Siamo sempre in seduta pubblica.
SALVINI. Molte cose sono già nel rapporto che vi è stato trasmesso e quindi credo sia possibile restare in seduta pubblica. Comunque la ringrazio.
Stavo dicendo che il Digilio si evidenzia come tecnico dell'intera struttura. Ad un certo punto il soggetto racconta di aver avuto in realtà, dal 1966 fino al suo arresto nel 1982, un doppio ruolo: tecnico della struttura di Ordine nuovo e informatore stabile della struttura americana operante nel Nord-Est. Vi dirò subito un piccolo elemento di riscontro, che risulta peraltro dal rapporto dei carabinieri sulla struttura americana che avete ricevuto, è noto ed è depositato. Ovviamente quando abbiamo ascoltato certe affermazioni così gravi, tutti noi, lo e i miei colleghi che operavano con me, abbiamo fatto un salto sulla sedia, perché si tratta di un'affermazione gravissima in quanto è militante con doppio ruolo, non un qualsiasi soggetto che può fornire qualche informazione sulla struttura, ma addirittura il tecnico di esplosivi di Ordine nuovo, quindi il cuore stesso dell'organizzazione eversiva.
PRESIDENTE. Mi sembra che ci abbia fatto il nome di Carlo Digilio.
SALVINI. Sì: Carlo Digilio. Non voglio aggiungere ulteriori notizie su tutti i livelli di riscontro raggiunti, ma voglio fornire un solo dato, che consente di comprendere l'importanza di questo soggetto e il livello di riscontro raggiunto su quanto sta dicendo. Quando gli abbiamo chiesto: "Come mai lei, che ha vissuto nell'ambiente ordinovista, ha rivestito un doppio ruolo in funzione di una struttura come quella che dipendeva dalla base Ftase di Verona, che aveva al suo interno la struttura informativa che copriva tutto il Nord-Est?" La risposta, che diventa interessante anche sul piano storico, è stata la seguente: "Sono un agente di spionaggio, figlio di un agente di spionaggio; sentite cosa ha fatto mio padre" (il padre del Digilio come ampiamente riportato nel rapporto che avete letto, era un ufficiale della Guardia di finanza). Ci dice, inoltre: "Andate a vedere cosa ha fatto mio padre, prendete il suo fascicolo". L'uomo è morto da più di trenta anni, ma con grande fortuna riusciamo a ritrovare il suo fascicolo presso gli uffici della Guardia di finanza, del personale di allora, e scopriamo che questo ufficiale della Guardia di finanza di Venezia apparentemente aveva giurato per la Repubblica sociale. Nel suo fascicolo, però, erano contenuti gli atti relativi al processo di epurazione che fu instaurato, come per tutti coloro che avevano giurato per la Repubblica sociale (in particolare, per gli ufficiali), subito dopo la guerra. Dal fascicolo abbiamo scoperto qualcosa che ci ha portato immediatamente a comprendere che quello che ci era stato raccontato non era un tentativo teso a spostare le proprie responsabilità e a portarci su una falsa pista, ma qualcosa di molto molto serio. Quando il padre di Digilio era stato sottoposto ad epurazione, infatti, erano giunte all'autorità giudicante due lettere, una di una brigata partigiana autonoma e l'altra del comando alleato, con riferimento diretto all'OSS, in cui sì precisava che il capitano Digilio aveva giurato per la Repubblica sociale, ma in realtà forniva informazioni al comando alleato e ai partigiani che operavano nella zona sui movimenti delle truppe tedesche, delle armi e degli esplosivi nel porto di Venezia, in sostanza: "E un nostro agente, quindi non punitelo perché ha lavorato per noi".
Digilio ci racconterà: "Sì: mio padre era un uomo che addirittura fin dai tempi dello sbarco a Creta, quando si trovava come militare al seguito del Corpo di spedizione italiano e vi fu il famoso sbarco tedesco, cooperò con elementi locali a salvataggio di elementi inglesi che fuggivano da Creta e si imbarcavano verso porti sicuri. Ha sempre agito con doppia veste. lo sono suo figlio, ed ho preso da lui addirittura il nome in codice, Erodoto, in quanto la prima azione in favore delle Forze anglo-americane avvenne in Grecia ed Erodoto era il criptonimo che serviva a ricordare bene la sua figura".
Vi riporto solo questo riscontro di tipo storico, perché non fa danno alle indagini ma è molto interessante. Si sviluppano quindi una serie di accertamenti che stanno portando a risultati di grandissima importanza. Risulta, in sostanza, l'esistenza di un'intera rete di informatori, di quadri intermedi italiani, di quadri superiori e di ufficiali americani che facevano capo alla base di Verona e che avevano attivato un'intera rete, che peraltro svolgeva compiti che per la maggior parte nessuno si sogna di contestare, in quanto assolutamente doverosi in quella fase, in quel momento. Ad esempio, risulta una serie di operazioni avvenute per il recupero di esplosivo rubato da personaggi poi scoperti proprio grazie a tale rete, che si temeva potesse servire invece per attentati contro le basi americane; era quindi giustissimo che vi fosse una rete a difesa della struttura delle basi.
Risulta inoltre il recupero di uranio che era stato rubato in Germania e gli agenti della struttura di Digilio si erano finti acquirenti per consentire - appunto - il suo recupero alle strutture alle quali era stato sottratto.
La cosa che invece ci porta a quel controllo senza repressione, e a quella sorta di incoraggiamento cui mi sono riferito all'inizio di questa relazione e che sia lui sia altri soggetti appartenenti alla rete (lui stesso, nel doppio ruolo di informatore e di ordinovista) furono mandati, con funzione tecnica, di spiegazione, di consulenza nel famoso casolare dove furono preparati gli episodi criminosi propri della struttura di Ordine nuovo padovana. Questo è il grande punto della vicenda: abbiamo una struttura che sta preparando attentati, con persone chine sugli ordigni: e su di essa non abbiamo affermazioni de relato, parole, discorsi, ma qualcosa di concreto, di diretto ed alcuni di questi soggetti non sono solo ordinovisti.
Mi fermo qui, perché l'argomento è di grandissima delicatezza, rilevando però che tutto quello che è stato scritto in più di duecento pagine ha trovato una massa di riscontri veramente straordinaria.
Faccio ancora un'aggiunta. La stessa persona racconta che a Verona...
PRESIDENTE. Mi scusi, ma ogni tanto perdo il filo del discorso: le duecento pagine a cosa si riferiscono?
SALVINI. Si tratta dei verbali di interrogatorio di Digilio. C'è addirittura un collegamento di grande importanza: a Verona, nel 1966, avviene un episodio apparentemente minore; quattro importanti personaggi di Ordine nuovo, il Massagrande, un certo Besutti, Morin (che diverrà un personaggio di rilievo in certi processi successivi, a Venezia)...
FRAGALA. Anche a Palermo, nella famosa perizia!
SALVINI. Diventerà un soggetto di interesse per la giustizia come possibile falso perito, negli anni successivi, per l'esattezza.
FRAGALA. Era il perito del giudice Falcone.
SALVINI. Sono aspetti che non conosco. Posso solo dirvi che nel 1966 vengono trovati con una notevole quantità di armi ed esplosivo di vario genere.
PRESIDENTE. Su questo problema dei periti dobbiamo mantenere il dovuto riserbo: anche il professor Semerari era un perito utilizzatissimo dalla magistratura romana in anni non vicini!
SALVINI. Nel verbali, evidentemente a seguito di un cedimento di qualcuno degli imputati, viene fatto il nome di un capitano americano che ha fornito parte di queste armi: un capitano americano di una base del Nord-Est italiano. Avviene una cosa strana: questo capitano non viene neanche cercato, non diventa imputato, non viene toccato dalle indagini e vi è solo una generica informativa alla polizia militare che si perde nel nulla. I quattro ordinovisti vengono condannati, peraltro a pene miti, come collezionisti di armi ed esplosivo. Oggi ci raccontano che c'era stata una grandissima apprensione perché quel piccolo cedimento aveva scoperto un capo-rete. Digilio racconta che: "Quel capitano è stato il mio superiore per tanti anni: andate a verificare una cosa particolare: non solo si è dissolto come imputato, ma si è dissolto anche il suo fascicolo". Infatti il nome di quel capitano è nel fascicolo a carico di Massagrande, Besutti e degli altri e il fascicolo sarà invano ricercato, proprio nell'ambito del processo relativo al Morin, dal giudice Casson, anni dopo, presso il tribunale di Verona, ma il fascicolo era scomparso. La scomparsa di tale fascicolo consentiva di garantire ulteriormente che su quel nome incautamente uscito da qualche cedimento degli imputati mai nessuno avrebbe svolto un'indagine che portasse a capire chi era quell'ufficiale. Il nostro collaboratore racconta che "Certamente ciò avvenne, in quanto era uno dei miei più importanti capo-rete, che io frequentai per dieci anni e che controllò per molti anni l'intera struttura operante tra Verona e Venezia".
Mi fermo qui. Ritengo vi siano sviluppi molto importanti che dovranno passare ad un ulteriore vaglio, ma credo di aver raccolto una massa di elementi di riscontro veramente imponente che certamente consente di disegnare una struttura di controllo, anche esterna, sicuramente complementare alle cointeressenze interne che hanno contrassegnato la strategia della tensione.
PRESIDENTE. A questo punto, colleghi, è necessario soffermarci sull'ordine dei lavori. Avrei molte domande da fare al dottor Salvini e penso anche voi. A mio giudizio, è opportuno riflettere sulla base del resoconto stenografico di questa seduta, di estremo interesse per la nostra Commissione, anche per quello che riguarda la prosecuzione dei nostri lavori. Se il dottor Salvini può darci la sua disponibilità, potremmo aggiornare la sua audizione, concludendo adesso la seduta, a meno che la Commissione non decida di continuare fino alle ore 23.
FRAGALA. Il dottor Salvini ha più volte riferito che limitava la sua esposizione sia nel tempo sia negli argomenti, nel presupposto di lasciare spazio alle domande. Sono comunque d'accordo con la proposta del Presidente. Ma se il dottor Salvini, rispetto a questo nuovo programma dei lavori della Commissione, vuole completare la sua esposizione, potremmo dargli ancora un poco di spazio, di modo che la prossima volta il resoconto stenografico potrà essere completo di tutti gli argomenti che egli intendeva esporre e noi potremmo avere più elementi di valutazione e di giudizio per le domande.
PRESIDENTE. Mi sembra giusto. Dottor Salvini, lei ha altro da dirci per consentirci di preparare meglio le domande da porle?
SALVINI. Della scaletta che avevo preparato sono riuscito a esporre circa la metà degli argomenti, forse in modo disordinato e non sempre chiaro. Poiché gli argomenti sono moltissimi, è difficile riuscire a spiegarsi perfettamente. Ho completamente saltato il discorso dei condizionamenti interni, che sono stati oggetto di alcuni aspetti polemici nelle precedenti audizioni. Li ho completamente saltati per mancanza di tempo e non posso adesso soffermarmi perbene su di essi, così come ho saltato moltissimi altri passaggi. Sarei lieto, se voi lo ritenete, di completare, magari brevemente, la relazione nella prossima occasione, rispondendo a tutte le vostre domande anche in un'altra seduta, pur non escludendo questa sede, se c'è qualcosa di particolarmente rilevante che desiderate chiedermi subito.
PRESIDENTE. Solo per le domande che vorrei rivolgerle occorrerebbero circa trenta minuti. Da quello che ho capito, se il dottor Salvini vuole completare la sua esposizione, ha bisogno di circa un'ora.
MANCA. Vorrei rilevare l'importanza dell'atmosfera per quanto riguarda le domande. La cosa migliore, a mio avviso, è di interrompere adesso i nostri lavori, in quanto noto una volontà di recarsi ad altre mete e comincia ad essere tardi. La prossima volta il dottor Salvini potrebbe brevemente richiamare gli argomenti, riportandoci in questa atmosfera, concludendo il suo discorso. A quel punto, noi saremmo liberi di rivolgergli le domande.
PELLICINI. Tra gli argomenti non trattati e che ci auguriamo lei affronterà, pur rendendomi perfettamente conto di quanto lei ha detto, che non è venuto in questa sede per fare polemiche (ma questo è evidente e nessuno glielo chiede, in quanto le polemiche sono quelle che si subiscono e non quelle che si fanno), gradiremmo se la prossima volta lei potesse illustrarci la fase relativa a piazza Fontana e, almeno sommariamente, magari in seduta segreta, in che cosa diverge - a parte il rito, e sono un avvocato e me ne rendo conto - la sua linea rispetto a quell'altra linea parallela che esiste in altri atti. In sostanza, c'è un'altra indagine, condotta da un pubblico ministero. Anche noi vorremmo capire come mai vi sono delle linee diverse, non delle polemiche, quindi.
CORSINI. Ho trovato molto interessante la relazione nonché i punti affrontati dal dottor Salvini. Gli chiedo se la prossima volta potrà focalizzare il periodo delle stragi impunite, cioè il quinquennio che va dal 1969 al 1974. La stampa periodica e quotidiana ha pubblicato notizie che sono desunte o dalla sua sentenza-ordinanza o da interviste che lei ha rilasciato; desidererei ascoltare direttamente da lei argomenti, valutazioni, riscontri, dati, che lei potrebbe fornirci in ordine a questo quinquennio che va da piazza Fontana a piazza della Loggia.
SALVINI. Non posso e non voglio toccare quello che è, ad esempio, materia di indagine dei colleghi Piantoni e Di Martino di Brescia, con i quali esiste un rapporto di collaborazione pressoché quotidiano. Gli atti sono sovrapponibili e c'è uno scambio continuo; mi sembrerebbe non giusto e non delicato parlare del punto di sviluppo a cui sono arrivate le loro indagini. Mi metterebbe in forte difficoltà.
CORSINI. Capisco e condivido la sua preoccupazione. Caso mai la Commissione, se il Presidente è d'accordo, potrà riservarsi di fare un'audizione dei dottori Piantoni e Di Martino, ma a me interessava conoscere quello che emergeva dalle risultanze delle sue specifiche indagini.
PRESIDENTE. Un mese fa i pubblici ministeri di Brescia hanno detto che non ritenevano opportuna una loro audizione, dato il momento delicato che le indagini ancora attraversavano.
CORSINI. Quindi ci limiteremo ad ascoltare quello che ha da dirci il dottor Salvini.
PRESIDENTE. Il quale però avrà questo ovvio riserbo, dovuto al riserbo dei colleghi.
Dottor Salvini, la ringrazio a nome della Commissione. Noi mediteremo sul resoconto stenografico di questa seduta e poi ci metteremo d'accordo con lei per una ulteriore audizione. La ringraziamo davvero per la sua collaborazione, che non è solo di questa sera ma che si svolge da almeno un paio di anni.
BONFIETTI. Signor Presidente, sono arrivata in ritardo in quanto ero in Aula, così come altri colleghi senatori che non hanno potuto abbandonare i lavori d'Assemblea. La seduta si sta risolvendo motu proprio ma io ero delegata ad annunciare la richiesta da parte di altri colleghi per rivedere il giudice Salvini.
PRESIDENTE. Fa parte della saggezza del Presidente prevenire le richieste dei commissari.
BONFIETTI. Signor Presidente, lei però deve tener conto che la prossima volta non potrà andare in questo modo. Noi senatori ci siamo ritenuti lesi nel diritto di essere presenti questa sera. Purtroppo, altri senatori hanno deciso di partecipare ai lavori della Commissione, e nulla quaestio: in ogni caso, noi abbiamo ritenuto di dovere e di volere rimanere in Aula e dalle 19 alle 20 non abbiamo potuto ascoltare la relazione del dottor Salvini.
PRESIDENTE. Se volessimo lavorare seriamente, dovremmo decidere di riunirci il venerdì mattina.
BONFIETTI. Non ho nulla in contrario rispetto a questa decisione.
PRESIDENTE. Non c'è un'altra possibilità. Quando l'Ufficio di Presidenza fissa un'audizione, in genere non conosce il calendario dei lavori delle Assemblee della Camera e del Senato. Nel momento in cui il dottor Salvini viene apposta da Milano, non posso rinviare la sua audizione. Ricordo che questa seduta è stata posticipata di un'ora per i lavori del Senato e della Camera. Il suo intervento, senatrice Bonfietti, è giusto, e desidero scusarmi con il dottor Salvini per la scarsa frequentazione nella Commissione, che non era certo una valutazione minimizzante della importanza della audizione, tutt'altro. Tutti i colleghi che non hanno potuto essere presenti potranno leggere il resoconto stenografico; il dottor Salvini ritornerà per completare la sua esposizione e potremo vederci un venerdì mattina dalle 9 alle 13. Mi sembra un tempo sufficiente per poter affrontare le varie questioni.
Ricordo che dovrà riunirsi l'Ufficio di Presidenza e preannuncio che dovremo decidere il giorno in cui audire i pubblici ministeri di Roma per le vicende riguardanti gli sviluppi recenti delle indagini su fascicoli, Viminale, archivi riservati e segreti. A seguito di una mia intervista su "La Stampa", in cui affermavo che il dottor Salvini ci invia tutti i documenti mentre altri uffici sono più riservati, i pubblici ministeri di Roma ci hanno inviato dei documenti che sono inseriti nell'elenco che abbiamo distribuito. Ci hanno fatto sapere che ritengono utile una loro audizione da parte della Commissione e stiamo quindi prendendo contatti in tal senso. Forse sarebbe opportuno audire anche il dottor Lombardi, mentre i procuratori di Brescia non ritengono ancora opportuno venire in Commissione. Penso che il prefetto Ferrigno potrà essere audito dopo i magistrati, anche perché fra le domande che volevamo fare al dottor Salvini alcune riguardano il prefetto Ferrigno.
CORSINI. Mi associo alla richiesta della collega Bonfietti, in quanto anche la presenza mia e dell'onorevole. Debbono in questa sede è per molti versi casuale è dovuta al fatto che alla Camera è mancato il numero legale. Allora, visto che la scadenza di questa Commissione si sta avvicinando precipitosamente, suggerirei - se i colleghi sono d'accordo -di tenere alcune sedute il venerdì mattina, in modo da consentire a tutti di partecipare.
PRESIDENTE. E questa la mia proposta, non possiamo fare diversamente; io stesso ho potuto essere presente solo perché, in quanto componente della Commissione bicamerale, sono in congedo dai lavori del Senato. Altrimenti io stesso non sarei potuto venire.
SALVINI. L'impegno da parte mia è quello di farvi pervenire un testo del mio intervento sotto forma di scaletta ampia. Credo che così sarà per voi più semplice seguire anche le parti che ancora non ho trattato, in quanto mi rendo conto che alcune volte l'esposizione può essere confusa: sono così tanti gli argomenti che ho paura di non spiegarmi.
PRESIDENTE. Dottor Salvini, la ringrazio per questo ed anche per la sua partecipazione ai nostri lavori.
Rinvio il seguito dell'audizione ad una prossima seduta.
La seduta termina alle ore 20,50.