"1. Fermi restando gli obblighi derivanti dall'articolo 6 della legge 14 aprile 1975, n. 103, la Rai è tenuta a riservare trasmissioni e spazi di accesso radiotelevisivo anche a tematiche sociali, con particolare attenzione alle esperienze dell'associazionismo e del volontariato.
2. Le trasmissioni di cui al comma 1, definite come programmi dell'Accesso, sono programmate su ciascun mezzo radiotelevisivo (televisivo, radiofonico, Televideo) sulla base di calendari predisposti e resi pubblici dalla società concessionaria previa approvazione della Sottocommissione permanente per l'Accesso, costituita nell'ambito della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
3. I programmi dell'Accesso consistono anche nella programmazione di cicli di spot su tematiche sociali; tali spazi saranno assegnati ai soggetti ritenuti idonei a tali programmi. La società concessionaria istituisce apposite rubriche dedicate agli Enti, Istituti o Associazioni che presentano profili di interesse per i settori indicati. La predisposizione degli spot viene curata dalla società concessionaria in collaborazione con i soggetti richiedenti.
4. La decisione sulle domande di Accesso, per ciascuno dei mezzi previsti ai commi 2 e 3, e sui soggetti richiedenti spetta alla Sottocommissione permanente per l'Accesso". Articolo 15 – Prodotti audiovisivi italiani ed europei Sarà di fatto riscritto alla luce dell’approvazione del cosiddetto "Decreto Romani", che recepisce la normativa europea in materia di prodotti audiovisivi. Quindi abbiamo evitato di proporre emendamenti ad un testo superato da una norma successiva. Per quanto riguarda una valorizzazione dell’operato dei produttori indipendenti, essa è contenuta negli emendamenti all’articolo 3 sulla qualità del servizio pubblico. Articolo 17 – Rete istituzionale e parlamentare La formulazione di questo articolo ricalca in buona sostanza quella del corrispondente articolo del precedente contratto. Le novità tuttavia non mancano. Tra queste, non si può sottovalutare la previsione, accanto all’informazione parlamentare, di quella sulle altre istituzioni, cioè in buona sostanza il Governo: nascerà Rai-Chigi? Sono convinto che la Rai debba dedicare uno spazio riservato all’informazione parlamentare, troppo spesso trascurata dai Tg e dalla trasmissioni di approfondimento e, dunque, che sia da preferire la formulazione del precedente contratto. Le altre istituzioni, intese come Presidente della Repubblica, Presidente del Senato e Presidente della Camera e il Governo in modo particolare, infatti, possono già ora godere di un’attenzione particolare da parte della Rai, a partire dai Tg per finire alle trasmissioni di approfondimento da non meritare alcuna corsia preferenziale. Il secondo comma dell’articolo – e sta qui la novità a mio avviso più importante – prevede che la Rai debba presentare un progetto di canale televisivo dedicato, ma non detta termini temporali. Se non è possibile darne di stringenti, si dovrebbe almeno prevedere un emendamento per aggiungere dopo “La Rai” le parole “nel più breve tempo possibile”. Questo canale, poi, credo debba essere il frutto di una stretta collaborazione tra il servizio pubblico e la Camera e il Senato, anche per evitare alla Rai problemi con l’Antitrust sull’acquisizione di canali e, dunque, ho proposto un emendamento in tal senso. L’informazione parlamentare, dunque, dovrebbe avere presto un canale dedicato. L’esistenza di questo canale tematico, però, perlomeno fino a quando il lancio e la fase di avvio non saranno del tutto ultimati, non deve far scomparire l’informazione parlamentare dalle reti generaliste, quelle che garantiscono l’audience più alta. Pertanto, ho proposto un emendamento al comma 5 per inserire tale obbligo. Articolo 19 – Audiovideoteche Nella formulazione di questo nuovo Contratto di servizio di fatto scompaiono, o comunque sono molto ridotte, le modalità di accesso al materiale Rai per le università, le scuole, gli enti pubblici e le associazioni senza fini di lucro. Tale nuova formulazione, dunque, è decisamente peggiorativa rispetto a quella del medesimo articolo del precedente Contratto di servizio. L’archivio della Rai è un bene prezioso che deve essere messo a completa disposizione del Paese e delle istituzioni culturali in modo particolare. Pertanto, proporrei la riscrittura dell’articolo con questo emendamento. L’articolo 19 è sostituito dal seguente: “1. La Rai prosegue il processo di catalogazione digitale dell’archivio storico televisivo comprensivo dei materiali registrati su pellicola, utilizzando le tecnologie più avanzate di archiviazione e catalogazione e sperimentando l’integrazione delle audiovideoteche nel processo produttivo digitale e si impegna a definire e mettere in atto iniziative finalizzate alla conservazione della memoria audiovisiva del Paese. 2. L’archivio storico radiotelevisivo, già aperto per la consultazione al pubblico nelle sedi della Rai, dovrà essere reso progressivamente disponibile per fini culturali, didattici e di natura istituzionale. Tale obiettivo sarà realizzato attraverso specifiche convenzioni con università, scuole, enti pubblici e associazioni senza fini di lucro e con la realizzazione di produzioni antologiche e collaborazioni con gli altri principali detentori di archivi storici audiovisivi in progetti che coinvolgano le organizzazioni impegnate nella conservazione della memoria audiovisiva del Paese. 3. La Rai dispone una pubblicazione annuale, secondo le forme che saranno ritenute più appropriate, e comunque sul proprio sito internet, per divulgare e rendere conoscibile il materiale del suo archivio e le modalità di fruizione”. Per la fruizione tramite internet del materiale delle teche Rai si rimanda invece all’articolo 11. Articolo 20 – Neutralità tecnologica e competitiva Come osserva giustamente il Presidente Calabrò, che si ispira agli indirizzi della Commissione europea, le emittenti di servizio pubblico devono utilizzare le possibilità offerte dalla digitalizzazione e dalla diversificazione delle piattaforme di distribuzione “su base tecnologica neutra, a vantaggio della società”. La Rai, dunque, deve sfruttare tutte le potenzialità fornite dalle nuove tecnologie, e dalla transizione al digitale in modo particolare, pensando ai telespettatori e non solo ai propri legittimi interessi Il testo, che riproduce quello delle linee guida di Agcom, prevede che nella fase di transizione al digitale terrestre la Rai debba fornire l'intera programmazione delle reti generaliste su tutte le piattaforme “tecnologiche” (e non “trasmissive”, come era invece nel testo precedente) e, dopo lo switch off definitivo, “potrà” (ma non sarà obbligata) diffondere la programmazione di servizio pubblico sulle piattaforme commerciali che ne faranno richiesta in base a negoziazioni eque, trasparenti e non discriminatorie. In altre parole, la Rai non è obbligata a stare su Sky o su altre piattaforme (purché sia presente sul satellite, obiettivo raggiunto con la realizzazione di Tivùsat). La questione, ovviamente, è molto complicata e, come è noto, se ne dibatte da circa un anno, con posizioni diverse anche all’interno della stessa Commissione. Emendamenti proponibili, ma di difficile accoglimento. 1) Al primo comma, sostituire la parola “tecnologiche” con “trasmissive”. 2) Al secondo comma aggiungere in fine: “In quest’ottica, la Rai dovrà limitarsi a criptare quei programmi per cui non dispone dei diritti per l’estero ed è tenuta ad adoperarsi per cercare di stringere accordi con le varie piattaforme commerciali in modo da adottare sistemi di criptaggio comuni, che consentano la salvaguardia dei diritti dei terzi e la trasmissione libera sul territorio nazionale”. 3) Aggiungere il comma 2-bis: “La Rai, con particolare riguardo per quelle zone del territorio nazionale non raggiunte dal digitale terrestre, deve impegnarsi con ogni mezzo a sua disposizione per favorire la diffusione di Tivùsat, offrendo la relativa smart card al solo rimborso dei costi sostenuti agli utenti che ne facciano richiesta e che dimostrino di essere in regola con il pagamento del canone di abbonamento.” 4) Aggiungere il comma 2-ter: “La Rai, in accordo con il Ministero degli Affari esteri, deve impegnarsi perché venga messo a disposizione degli italiani residenti all’estero un numero congruo di decoder e di smart card di Tivùsat, vendibili tanto in abbinamento quanto separatamente”. 5) Al terzo comma, sostituire “potrà” con “dovrà”. Su questo vi sono diversità di opinione in seno alla Commissione. Tutti questi emendamenti susciteranno probabilmente un acceso dibattito e la maggior parte di essi vede la Rai contraria. La sostituzione di “tecnologiche” con “trasmissive” (termine sul quale l’Agcom ha trovato un accordo - come è noto - solo dopo un durissimo confronto), secondo la Rai la costringerebbe ad essere presente su una quantità enorme di piattaforme, ove sollecitata. Viceversa, con la previsione originaria (“tecnologiche”), la Rai potrebbe abbandonare liberamente Sky, essendo presente sulla piattaforma satellitare con Tivùsat (in comune con Mediaset e Telecom Italia Media). Con il vincolo, già ricordato, che su Tivùsat non si possono trasmettere programmi a pagamento.. Per quanto riguarda il criptaggio, poi, la posizione della Rai è di assoluta contrarietà. Diversamente, c’è apertura invece sia per quanto riguarda Tivùsat che per l’estero. La contrarietà della Rai è poi assoluta sull’ultimo emendamento proposto (sostituzione di “potrà” con “dovrà” nel consentire la messa a disposizione della programmazione di servizio pubblico a tutte le piattaforme commerciali che ne facciano richiesta). La Rai, infatti, sostiene che è un’imposizione che l’azienda non può sopportare e che la indebolirebbe nei confronti dei concorrenti e dei possibili partner. In realtà, a mio avviso, le cose stanno diversamente visto che il comma parla comunque di “negoziazioni eque, trasparenti e non discriminatorie e sulla base di condizioni verificate dalle Autorità competenti”. Dunque, l’emendamento mira soltanto a impedire che la Rai possa decidere arbitrariamente a chi concedere la propria programmazione di servizio pubblico, danneggiando o favorendo a sua scelta i vari protagonisti del settore. Articolo 26 – Canone di abbonamento. Sono decisamente condivisibili le osservazioni del Presidente Calabrò, convinto assertore della necessità della trasparenza dei generi di servizio pubblico finanziati col canone. Inoltre, la Commissione europea ha affermato che gli obblighi di servizio pubblico devono essere quanto più possibile espliciti. In questo senso, è assolutamente condivisibile il contratto di servizio nella parte in cui prevede l’obbligo per la Rai di trasmette al Ministero, all’Agcom e alla Commissione di vigilanza “l’elencazione dei titoli dei programmi classificati in base ai generi “predeterminati “con indicazione anche della loro collocazione oraria”. Tuttavia, sempre come già osservato in precedenza, sarebbe positivo rendere esplicito per i telespettatori (e i radioascoltatori) che il programma in onda rientra tra quelli finanziati col canone. I veri problemi riguardo alla questione del canone sono però l’evasione e l’esenzione per i cittadini meno abbienti. Per il primo punto, nonostante una piccola inversione di tendenza che ha portato nel 2010 circa 100 mila famiglie in più a pagare il canone rispetto al 2009, la situazione rimane difficile. L’evasione – alla quale devono sommarsi gli abbonati morosi – è stimata da uno studio della Facoltà di Statistica dell’Università di Firenze intorno al 26/26,5% delle famiglie con televisore, pari a circa 5 milioni e mezzo. Le punte massime sono in Campania, Calabria e Sicilia, ma anche al Nord. Il danno per lo Stato e per la Rai è stimato in circa 500 milioni di euro, cifra destinata a salire molto se si considera l’altissimo livello di evasione di enti pubblici, banche, aziende e partiti, quanti cioè sono tenuti al pagamento del cosiddetto canone speciale. La Rai, nella persona del direttore dell’amministrazione abbonamenti, Stanislao Argenti, ha assicurato che si sta procedendo all’invio di solleciti di pagamento a tutti gli enti interessanti. La legge che istituisce il canone, che, è bene ricordarlo, risale al 1938, prevede che siano tenuti al pagamento i proprietari di apparecchi “atti o adattabili alla ricezione dei programmi”. Ebbene, si potrebbe aprire una riflessione sull’opportunità di estendere l’obbligo del pagamento del canone anche a quanti possiedono un Pc abilitato alla ricezione di programmi, ma non ho presentato un emendamento in tal senso. La Rai ha interpellato l’Agenzia delle Entrate, che nel marzo del 2008 ha dichiarato competente il Ministero dello Sviluppo economico. Il debellamento dell’evasione e l’estensione del canone a quanti riescono a vedere la televisione pur non possedendo un televisore consentirebbero forse di ridurre l’importo del canone, certamente di rendere operativa l’esenzione per i soggetti meno abbienti. Ad oggi, dovrebbero essere esentati quanti hanno più di 75 anni e un reddito inferiore ai 516 euro al mese, ma la Rai e il Governo si rimpallano le responsabilità e mancando le necessarie norme attuative la possibilità di esenzione non ha fin ora avuto seguito. Le sole soluzioni possibili mi sembra siano l’agganciamento del canone alla bolletta dell’elettricità e l’esenzione dal pagamento per una fascia più vasta di cittadini in difficoltà, che comprenda anche le famiglie numerose e a basso reddito, quanti percepiscono una pensione minima o rientrano comunque tra le fasce più povere della popolazione. Su questo sono proponente di un progetto di legge, insieme a rappresentanti di tutti i Gruppi (esclusa la Lega, per la verità). Sono d’accordo anche il Governo, il Presidente e due consiglieri d’amministrazione della Rai, il professor Petroni e l’on. De Laurentiis. Oggi a Milano, in un convegno, si è espresso favorevolmente anche il Presidente di Mediaset Confalonieri. Forse ritenendo che così si allenterà la concorrenza pubblicitaria fra Sipra e Publitalia. Il Governo aveva promesso un provvedimento antievasione, che finora non si è visto. Tuttavia, il tavolo tecnico previsto dal Contratto di servizio è senz’altro un passo avanti. Un contributo contro le pretestuose argomentazioni di quanti non vogliono pagare il canone, poi, lo potrà dare la stessa Rai, se migliorerà la qualità dei propri programmi. Argomento che sta molto a cuore al collega Caparini. L’intervento in materia, però, deve ovviamente avvenire con strumenti diversi dal Contratto di servizio e, dunque, i soli emendamenti che propongo sono al comma 4, quello sull’impegno al contrasto dell’evasione che prevede l’istituzione di uno specifico tavolo tecnico: 1) Dopo le parole “si impegna ad istituire” aggiungere le parole “nel più breve tempo possibile”; 2) Alla fine del comma aggiungere “Il Ministero e la Rai con cadenza annuale riferiranno alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi i risultati delle azioni attuate per il contrasto all’evasione del canone di abbonamento e presenteranno una relazione sui lavori del tavolo tecnico”. Articolo 27 – Commissione paritetica La formulazione dello schema di Contratto ricalca quella del precedente, specificando in maniera più compiuta i poteri della Commissione paritetica. La vera questione relativa alla Commissione paritetica riguarda la sua composizione (4 membri nominati dal Ministero e 4 dalla Rai), che tiene del tutto fuori il Parlamento e l’Agcom e configura una sorta di autodichia. La composizione ideale prevedrebbe la presenza di componenti nominati dalla Commissione di vigilanza e dall’Agcom. Per non aumentare a dismisura il numero dei membri, dunque, si potrebbe ipotizzare una composizione (e un relativo emendamento) di questo genere: 2 membri Rai, 2 membri Governo, 2 membri Vigilanza, 2 membri Agcom. La Rai, a dire il vero, in quanto concessionaria del servizio pubblico e parte contraente di un contratto “sui generis” com’è il Contratto di servizio, dovrebbe adeguarsi, in un certo senso subire, quanto stabilito dalla Commissione più che determinarne le scelte, peraltro in condizione, appunto, paritetica. Come osservato nella premessa di questa relazione, il vero problema è per la Rai. E nella Rai mancano veri ed efficaci strumenti sanzionatori. Il Contratto di servizio non può incidere in maniera eccessivamente profonda sulla materia, ma si può, tuttavia, prevedere una forma di intervento della Commissione paritetica. Intervento che, se verrà modificata la composizione della stessa Commissione, potrà ovviamente essere di portata decisamente maggiore. Ho quindi proposto un emendamento per prevedere che la Commissione paritetica, su richiesta della Commissione di vigilanza, possa segnalare eventuali violazioni o inosservanze nell’applicazione di quanto disposto dal Contratto di servizio e proporre i necessari interventi correttivi. Si potrà osservare che tale diversa composizione della Commissione paritetica sarebbe giuridicamente inammissibile, essendo la pariteticità riferita alle due parti che sottoscrivono il contratto e non ad altri. E’ un’osservazione non peregrina, ma allora non dovremmo più parlare di Rai controllata dalla politica e di Parlamento editore del servizio pubblico. Sarebbe solo il Governo, e la sua maggioranza in Parlamento, di volta in volta a controllare la Rai, come già avviene oggi". Il relatore dichiara quindi la propria disponibilità a valutare attentamente gli ulteriori contributi che giungeranno dai componenti della Commissione. Il PRESIDENTE invita il relatore a fornire copia della sua relazione a tutti i Commissari ed apre la discussione generale. Il senatore MORRI (PD), sottolineando la validità del lavoro svolto dal relatore, propone di fissare alla data di lunedì 10 maggio il termine per la presentazione degli emendamenti. Ritenendo opportuno procedere ad un lavoro di sintesi delle proposte di modifica, anche in considerazione della possibile rigidità del Governo di fronte a un numero considerevole di emendamenti, il deputato DE ANGELIS (PdL) ribadisce la proposta di concentrare l’attenzione su poche e condivisibili proposte. Pur considerando i numerosi elementi critici presenti nello schema di contratto di servizio, il deputato CAPARINI (LNP) condivide i punti principali della relazione del deputato Rao e, riservandosi a titolo personale di portare avanti proposte più specifiche, suggerisce di svolgere un’approfondita discussione generale sull'insieme delle proposte di modifica, al fine di raggiungere posizioni il più possibile condivise. Dopo aver ringraziato il relatore per il lavoro svolto, il deputato BELTRANDI (PD) ricorda come in passato la disapplicazione delle numerose proposte di modifica avanzate dalla Commissione e accolte dal Governo fosse dovuta anche alla ridotta vigilanza dell'Agcom. Pur non condividendo una scelta di eccessiva autolimitazione, concorda sulla proposta avanzata dal deputato Caparini. Condivide la proposta anche il deputato GENTILONI SILVERI (PD), che sottolinea come l’applicazione del parere dipenda soprattutto dalla società concessionaria, mentre il Governo di regola non trascura di osservare i pareri parlamentari. Nel dichiararsi d'accordo, il senatore VITA (PD) chiede al relatore chiarimenti sull'articolo 15 del contratto di servizio e su una eventuale sua riscrittura nella predisposizione del cosiddetto "decreto Romani". Il relatore, deputato RAO (UdC), chiarisce che la suddivisione delle quote di produzione dovrà essere definita con precisione nel contratto di servizio. Il PRESIDENTE, nel concordare sulla necessità di evitare una proliferazione di emendamenti, anche per non alimentare inutili velleitarismi, e condividendo le ipotesi formulate, propone di fissare alle ore 20 di lunedì 10 maggio il termine per la presentazione degli emendamenti, nonché di procedere nella seduta di martedì 11 alla discussione generale e, in successive sedute, all'esame e alla votazione degli emendamenti e del parere. Poiché non si fanno osservazioni, così rimane stabilito. La seduta termina alle ore 15,25.