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COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LA SEMPLIFICAZIONE

Mercoledì 13 aprile 2011
82a seduta
Presidenza del Presidente

La seduta inizia alle ore 14,10.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante "Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ai contratti di rivendita e di scambio” (limitatamente alle parti di competenza), (n. 327)
(Parere ai sensi dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246. Seguito dell'esame e rinvio)

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 2 marzo 2011.

Il PRESIDENTE informa che l'incarico comune del senatore Casoli e dell'onorevole Paola De Micheli come relatori sul provvedimento in titolo è venuto meno; comunica di aver quindi conferito l'incarico di relatore, per il seguito dell'esame, al senatore Casoli.

L'onorevole Paola DE MICHELI (PD) dà conto del lavoro svolto, in spirito di piena collaborazione, con il senatore Casoli, in esito al quale tuttavia non si è pervenuti a una posizione comune; presenta, a nome del suo Gruppo, una proposta di parere contrario, alternativa a quella che sarà depositata dal relatore, pubblicata in allegato, che illustra. Le modalità con le quali è stato redatto il codice del turismo, con la contrarietà espressa dalle Regioni e in assenza di un confronto con le associazioni e gli operatori del settore, non possono che condurre a una valutazione negativa, che trova ulteriore fondamento nella scelta di introdurre con questo strumento disposizioni con conseguenze macroeconomiche, le quali non solo esulano dai confini propri di un'opera di codificazione, ma sono anche criticabili nel merito. Conclude auspicando una maggiore attenzione, anche da parte del Ministro, nell'intervenire in questo settore, davvero cruciale per il Paese.

L'onorevole MANTINI (UDC) presenta, a nome del suo Gruppo, una proposta di parere contrario, alternativo a quella che sarà formulata dal relatore, pubblicata in allegato, che illustra. Il codice del turismo in esame è connotato, a suo avviso, da profili di grave criticità: in primo luogo, si tratta di una materia che il nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione demanda alla competenza legislativa residuale delle Regioni, nella quale pertanto l'intervento del legislatore statale incontra limiti sui quali la Corte costituzionale è stata chiamata più volte a pronunciarsi. In secondo luogo, si tratta di una codificazione, che in quanto tale sarebbe in astratto condivisibile poiché volta a razionalizzare e ricondurre a sistema la normativa di un determinato settore: se non che, la disciplina statale in materia di turismo risulta già per la maggior parte concentrata in una fonte normativa, la legge n. 135 del 2001. Ma soprattutto egli sottolinea come, nel caso di specie, il Governo abbia proceduto non a una codificazione in senso proprio, bensì a modifiche sostanziali della legislazione vigente che non trovano fondamento nei principi e criteri di delega di cui all'articolo 14 della legge n. 246 del 2005, configurando pertanto un eccesso di delega. Dopo aver ricordato le perplessità espresse dallo stesso Consiglio di Stato, il quale ha invitato il Governo a valutare l'opportunità di soprassedere all'opera di codificazione, rammenta la contrarietà manifestata dalle Regioni - tanto più rilevante, in una materia di loro competenza legislativa - e le proteste delle associazioni e degli operatori di settore per non aver potuto interloquire con il Governo nella fase preparatoria del testo. Il provvedimento in titolo non è condivisibile peraltro anche per le sue carenze, tra le quali segnala, ad esempio, la regolazione di alcune soltanto tra le figure professionali operanti nel settore, l'assenza di una disciplina delle residenze turistiche alberghiere e di interventi per la destagionalizzazione. In conclusione, sottolinea la natura incerta del codice del turismo, né intervento per la definizione di politiche di settore, né codificazione in senso proprio, dubitando della sua stessa utilità.

Il relatore CASOLI (PdL) rammenta il lavoro svolto con l'onorevole De Micheli in un clima di fattiva collaborazione e il tentativo, perseguito fino all'ultimo, di giungere a una valutazione condivisa. Dichiara di concordare con alcune considerazioni formulate negli interventi che lo hanno preceduto, dicendosi convinto che il codice del turismo all'esame della Commissione rappresenti un testo suscettibile di miglioramento. Illustra quindi una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni sullo schema di decreto legislativo in titolo, pubblicata in allegato al resoconto.

Il PRESIDENTE, rispondendo a un quesito sull'ordine dei lavori posto dall'onorevole TORRISI (PdL), avverte che la Commissione sarà convocata la prossima settimana, nella giornata di mercoledì 20 aprile, per proseguire l'esame del provvedimento in titolo, anche al fine di consentire una piena e ponderata valutazione delle proposte di parere ora presentate.

La Commissione prende atto.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato

La seduta termina alle ore 14,45.

All. 1
PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE SULL' ATTO DEL GOVERNO N. 327

La Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, adottato ai sensi dell'articolo 14, commi 14, 15 e 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, per le parti di competenza;
visto il parere della Conferenza Unificata del 18 novembre 2010;
visto il parere del Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, reso nell'Adunanza plenaria del 13 gennaio 2011, il quale si è espresso nel senso della legittimità - alla luce della giurisprudenza costituzionale - dello schema di decreto legislativo;
considerati i rilievi formulati dalla Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati;

esprime, per quanto di competenza,

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
- che all'articolo 3 dell'Allegato 1 allo schema di decreto legislativo in titolo, recante principi in materia di turismo accessibile, le forme di tutela previste siano estese anche agli ospiti delle strutture ricettive temporaneamente afflitti da mobilità ridotta;
- che si preveda che nella licenza per lo svolgimento di attività ricettiva alberghiera sia compresa la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande nonché per la fornitura di altri servizi connessi all'attività ricettiva anche a clienti non alloggiati;
- che all'articolo 15, comma 5, lett. c), le parole “immobiliari turistiche” siano sostituite con le altre: “società di gestione immobiliare turistica”, prevedendo inoltre che l'esercizio dell'attività di mediazione immobiliare non sia incompatibile con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali svolte nell'ambito di agenzie di servizi o di gestione dedicate alla locazione;
- nel giudicare positivamente la disciplina in materia di risarcibilità del danno da vacanza rovinata, come danno non patrimoniale da responsabilità contrattuale, di cui all'articolo 49 e ai correlati articoli 45 e 47, che appare in sintonia con la giurisprudenza della Corte di cassazione, che sia dettata una più idonea definizione dei presupposti per l'esercizio dell'azione di inadempimento contrattuale, con particolare riferimento alla levità dell'eventuale inottemperanza;
- che, all'articolo 35, la lettera a) sia sostituita dalla seguente: «a) organizzatore di viaggio: il soggetto che si obbliga in nome proprio e verso corrispettivo forfetario a procurare a terzi pacchetti turistici, realizzando la combinazione degli elementi di cui all'articolo 36 o offrendo al turista, anche tramite un sistema di comunicazione a distanza, la possibilità di realizzare autonomamente ed acquistare tale combinazione»;

e con le seguenti osservazioni:

- si sollecita il Governo ad apportare al testo le modificazioni indicate come condizioni nel parere del Consiglio di Stato, invitando altresì a valutare l'opportunità di apportare quelle ivi formulate come osservazioni;
- con riferimento al rispetto del riparto di competenze tra Stato e Regioni alla luce del Titolo V della parte seconda della Costituzione, si invita il Governo a verificare puntualmente l'esistenza di una ragione di intervento del legislatore statale, nonché a garantire, nella fase di esercizio dei poteri amministrativi, il coinvolgimento delle autonomie territoriali negli ambiti in cui la potestà legislativa sia stata esercitata dallo Stato in attuazione del principio di sussidiarietà ascendente;
- si sollecita il Governo a un'attenta valutazione delle abrogazioni disposte dall'articolo 3 del provvedimento in titolo, in parte derivanti dalla ricollocazione e riformulazione di norme contenute nel codice del consumo e concernenti anche disposizioni ritenute indispensabili dal decreto legislativo n. 179 del 2009, cosiddetto «salva-leggi», con particolare riferimento all'eventuale abrogazione di disposizioni di natura penale o comunque sanzionatoria e, in ogni caso, alla congruità delle abrogazioni stesse;
- l'abrogazione della legge 27 dicembre 1977, n. 1084, che ha reso esecutiva la Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV), è disposta sia dall'articolo 3 dello schema in titolo, sia dall'articolo 34, comma 8 (rectius: comma 3) dell'Allegato 1 al medesimo schema: si segnala l'esigenza di coordinare tali norme, le quali peraltro nel disporre la medesima abrogazione, vi provvedono indicando decorrenze diverse;
- all'articolo 1, si valuti l'opportunità di sostituire il riferimento alle "attribuzioni" delle Regioni e degli enti locali con quello alle "competenze" dei medesimi enti territoriali;
- si rileva come la norma di cui all'articolo 2, comma 1, laddove si riconosce che allo Stato è consentito legiferare in materia di turismo quando sia ravvisabile una competenza legislativa esclusiva dello Stato medesimo ovvero una competenza concorrente, appaia da un lato superflua in quanto enunciativa di un principio direttamente derivante dal riparto di competenze delineato dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, e dall'altro impropria laddove intende codificare i contenuti della giurisprudenza costituzionale stessa, peraltro indicando specificazioni che possono non apparire compiutamente coerenti con quella, quali il riferimento all'"oggetto principale" dell'intervento legislativo - che richiama probabilmente il principio di prevalenza elaborato dalla Corte costituzionale; tale ultimo rilievo va riferito anche al comma 2 del medesimo articolo, in cui sono richiamate alcune ipotesi ricorrendo le quali la Corte ha riconosciuto la sussistenza di un'esigenza unitaria che legittimava l'intervento legislativo statale in materia di turismo: l'enunciazione del comma 2 oltre a presentare le medesime criticità - intendendo codificare orientamenti della giurisprudenza costituzionale - può apparire volta a prefigurare un'indebita limitazione a quelle sole ipotesi finora riscontrate dei casi in cui sussistono esigenze di carattere unitario, essendo peraltro inefficace allo scopo, in quanto disposizione di legge ordinaria; in conclusione, anche alla luce delle osservazioni formulate sul punto dal Consiglio di Stato, si invita il Governo a valutare l'opportunità di sopprimere l'articolo 2;
- in merito all'articolo 4, comma 1, nel ricordare gli specifici rilievi del Consiglio di Stato, si rileva l'esigenza di una più puntuale definizione di impresa turistica, nella quale sia inoltre compreso il riferimento alle imprese balneari;
- si rileva come l'articolo 8 detti una disciplina della professione di guida turistica, oggetto di apposita norma di delegazione legislativa nell'ambito del disegno di legge comunitaria 2010; a tale riguardo si invita il Governo a valutare l'opportunità di demandare a tale ultima fonte normativa la disciplina in questione, procedendo a una più idonea definizione della medesima professione;
- si invita inoltre a riconsiderare la classificazione delle strutture ricettive di cui agli articoli 11 e seguenti, precisando in particolare la definizione di strutture paralberghiere;
- si invita inoltre il Governo a valutare l'opportunità di aggiungere all'articolo 13 il seguente comma: «4. Al fine di accrescere gli standard di sicurezza e di garantire la massima tutela del turista, in caso di arresto cardiaco, le strutture ricettive di cui all'articolo 12, comma 1, si muniscono di appositi strumenti salvavita: defibrillatori semiautomatici e automatici esterni (DAE) che, come previsto dalla legge n. 69 del 2004, possono essere installate in una struttura non ospedaliera ed utilizzati da personale non sanitario con formazione specifica al loro utilizzo»;
- si invita a disciplinare espressamente le sole fattispecie concernenti aspetti specifici e peculiari della segnalazione di inizio attività in ambito turistico, richiamando, per quanto non espressamente previsto dalle norme speciali così dettate, la disciplina generale ed evitando di creare modelli ulteriori di segnalazione non del tutto in linea con la disciplina di cui all’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 i quali, sovrapponendosi ad esso, finirebbero per contrastare con le dichiarate finalità di semplificazione della normativa;
- quanto alle disposizioni che regolano le modalità di assicurazione per i casi di insolvenza o fallimento del venditore o dell'organizzatore, di cui all'articolo 52, si segnala l'esigenza di un chiarimento circa la permanenza del Fondo di Garanzia di cui all'articolo 100 del decreto legislativo n. 206 del 2005, invitando il Governo a valutare l'opportunità di confermarne e garantirne l'operatività e di affiancare a tale forma di garanzia la previsione di polizze di assicurazione quali quelle disciplinate dal comma 2 del richiamato articolo 52 come facoltative;
- si invita inoltre ad assicurare una maggiore conoscibilità al turista delle clausole contenute nei contratti di assicurazione, mediante l'inserimento di informazioni in merito anche negli opuscoli pubblicitari e informativi;
- si segnala l'esigenza di prevedere una semplificazione del regime amministrativo delle navi da diporto che effettuano, in via esclusiva, attività di noleggio, al fine di incrementare il turismo nautico garantendo il rilancio di un settore di particolare rilievo per l'economia italiana;
- si invita inoltre a stabilire che per la realizzazione delle strutture di interesse turistico-ricreativo dedicate alla nautica da diporto, ivi compresi i pontili galleggianti a carattere stagionale, sia sufficiente il titolo edilizio e demaniale prevedendo, comunque, il pieno rispetto della normativa statale in materia di tutela dei beni ambientali e naturali, dei Regolamenti di fruizione delle aree naturali protette, nonché della disciplina paesaggistica e ambientale;
- si invita altresì il Governo a valutare l'opportunità di espungere il requisito del concerto con il Ministero degli affari esteri dall'articolo 65, comma 2, dell'Allegato 1, concernente l'approvazione del disegno della medaglia al merito del turismo, prevedendolo, invece, nel successivo articolo 66, comma 2, per l'adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale viene nominata la Commissione per il conferimento della medaglia stessa, nonché a valutare l'opportunità di integrare la composizione della medesima Commissione con la previsione che ne faccia parte anche un rappresentante del Ministero degli affari esteri;
- sotto il profilo formale, si ritiene preferibile il riferimento alla "previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano" (o di Conferenza unificata) anziché quello, pur consueto, alla intesa "con" la Conferenza medesima, invitando il Governo a valutare l'opportunità di sostituire tale dizione, ovunque ricorra nel testo;
- si invita infine a valutare i rilievi formulati dalla Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, che si allegano al presente parere, i quali si intendono come parte integrante del parere stesso.
Con l'occasione, non si può non rilevare come il provvedimento in titolo rechi la contestuale attuazione di due distinte deleghe legislative, l'una di carattere generale, volta al riassetto della legislazione vigente e disposta nell'ambito del procedimento cosiddetto «taglia-leggi», di cui all'articolo 14, commi 14, 15, 18 della legge 28 novembre 2005, n. 246, l'altra di natura specifica, per l'attuazione della direttiva 2008/122/CE, sulla base di delega conferita dalla legge comunitaria 2009. Le due deleghe legislative si distinguono, oltre che per l'oggetto, per i principi e criteri direttivi che sono chiamati ad attuare, per il diverso termine di delega e per le differenti modalità di approvazione dei decreti legislativi di rispettiva attuazione, con particolare riferimento al parere parlamentare. A tale natura composita è probabilmente da ascrivere la scelta del Governo di configurare lo schema di decreto legislativo in titolo come un articolato il cui contenuto precipuo (articoli 1 e 2) è di carattere formale, consistendo nell'asserzione dell'approvazione dei due distinti testi normativi, che costituiscono l'intervento normativo sostanziale, relegati negli Allegati 1 e 2, cui si aggiunge l'indicazione delle abrogazioni e della clausola di invarianza finanziaria. Nel rilevare il carattere singolare di tale opzione e rammentando che il Consiglio di Stato - nell'esaminare l'Allegato 2 - ne sollecitava "lo stralcio, per ragioni di ordine sistematico e di materia, oltre che di tecnica legislativa, affinché formino oggetto di un autonomo decreto legislativo, recante, appunto, modificazioni al codice del consumo", si prende atto dell'opzione operata dal Governo, a favore del mantenimento in un unico atto dei due interventi normativi suddetti, ribadendo peraltro la preferenza per un più omogeneo e lineare esercizio delle due distinte deleghe.
All. 2
PROPOSTA DI PARERE DELL'ONOREVOLE DE MICHELI SULL' ATTO DEL GOVERNO N. 327

La Commissione parlamentare per la semplificazione

esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ai contratti di rivendita e di scambio», adottato ai sensi dell'articolo 14, commi 14, 15 e 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246;

visto il parere della Conferenza Unificata del 18 novembre 2010;

visto il parere del Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, reso nell'Adunanza plenaria del 13 gennaio 2011, il quale si è espresso nel senso della legittimità - alla luce della giurisprudenza costituzionale - dello schema di decreto legislativo;

premesso che:

lo schema di decreto legislativo in esame è stato presentato dal Ministro per il turismo quale strumento per ricondurre a sistema una situazione normativa complessa e frammentata, attuando una riforma organica del settore, per tutelare il turista, agevolare le imprese ed aumentare la competitività dell’offerta turistica italiana;


secondo l’Osservatorio nazionale del turismo in Italia un’impresa su dieci è legata al turismo, 390.000 in forma primaria e 174.000 in forma secondaria (il totale del comparto è pari a 565.000 imprese), e coloro che lavorano nel turismo sono oltre 3 milioni, tra diretti e indiretti;


lo schema di decreto non rende giustizia ad un Paese che ha una forte vocazione turistica e ai milioni di operatori che vi lavorano, che investono, che hanno costruito dal nulla e fatto grande un settore che produce tra il 10 e 11 per cento del PIL nazionale;


l’Italia è il Paese con più siti Unesco del mondo, 5.000 chilometri di costa balneabile, 68.000 chilometri quadrati di superficie forestale, 146 riserve naturali, 2.100 siti e monumenti archeologici, 20.000 rocche e castelli, 40.000 dimore storiche, 128 parchi tematici, 185 località termali. Luoghi meravigliosi, serviti da 33.411 alberghi, 2.374 campeggi e villaggi turistici, 11.525 aziende agrituristiche, 10.583 agenzie di viaggio, 95.000 posti barca in porti, 77.807 ristoranti, 390 aziende termali (fonte Censis);

considerato che:

il provvedimento è stato presentato nella sede del Consiglio dei ministri senza la necessaria concertazione preventiva con le associazioni di categoria, le organizzazioni dei consumatori, i sindacati e senza nessun confronto con le Regioni che hanno competenze esclusive in materia di turismo, ai sensi del Titolo V della parte seconda della Costituzione;

appare opportuno in tal senso segnalare il parere negativo espresso dalle Regioni in sede di Conferenza unificata il 18 novembre 2010 e considerare che identica posizione è stata espressa dalle associazioni di rappresentanza del settore del turismo;

in particolare le Regioni hanno respinto il diktat imposto dal Governo, chiedendo il coordinamento nazionale delle politiche del turismo e affermando la necessità di promuovere, attraverso un’intesa Stato-Regioni, un piano strategico nazionale;

la materia del turismo è al momento regolata dalla legge n. 135 del 2001 che il decreto in titolo vuole abrogare (ad eccezione dell’articolo 6);


sebbene si ritengano necessarie significative modifiche alla legge n. 135 del 2001, quest’ultima ha, quantomeno, il pregio di essere stata adottata sulla base dell’intesa tra Stato e Regioni per le politiche nazionali in materia di turismo, e a seguito di una grande concertazione di tutte le categorie di settore maggiormente rappresentative a livello nazionale;

il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, nel corso dell’adunanza del 13 gennaio 2011 ha consigliato al Governo di valutare se “a fronte del parere sfavorevole delle Regioni, sia il caso di soprassedere all’opera di codificazione, che potrebbe essere foriera di un contenzioso costituzionale”, riconoscendo, invece, la legittimità di un intervento unitario dello Stato in materia di turismo;

rilevato che:

la disciplina recata all’articolo 2, comma 1, nel consentire allo Stato di legiferare in materia di turismo nel caso in cui sia ravvisabile una competenza legislativa esclusiva dello Stato medesimo ovvero una competenza concorrente, è del tutto superflua in quanto enunciativa di un principio direttamente derivante dal riparto di competenze delineato dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale;

la predetta disciplina è altresì da considerarsi impropria e inopportuna in quanto codifica i contenuti della giurisprudenza costituzionale stessa, indicando in particolare che l’intervento legislativo dello Stato nella materia del turismo è consentito quando il suo “oggetto principale” costituisce esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente;

in relazione al riconoscimento da parte della Corte Costituzionale dell’effettivo sussistere di un'esigenza unitaria che legittima l'intervento legislativo statale in materia di turismo, identico rilievo deve essere mosso anche al comma 2 del medesimo articolo 2, laddove sono richiamate altre ipotesi per le quali è consentito l’intervento legislativo dello Stato, quali valorizzazione, sviluppo e competitività a livello interno e internazionale, del settore turistico e riordino e unitarietà dell’offerta turistica;

lo schema di decreto in esame potrebbe, inoltre, presentare profili di illegittimità costituzionale per un eccesso di delega esercitata dal Governo nel settore turismo, che va oltre i principi e criteri direttivi dettati dall'articolo 14, commi 14, 15 e 18 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, e dall'articolo 20, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ed interviene in una materia che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione rientra nella competenza legislativa residuale delle regioni e delle province autonome;

il provvedimento in titolo reca, inoltre, la contestuale attuazione di due distinte deleghe legislative, la prima di carattere generale, volta al riassetto della legislazione vigente e disposta nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 14, commi 14, 15, 18 della legge 28 novembre 2005, n. 246, cosiddetto «taglia-leggi», la seconda di natura specifica per l'attuazione - sulla base della delega conferita dalla legge comunitaria 2009 - della Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio;

appare del tutto infondata la scelta da parte del Governo di attuare con il decreto in esame due distinti testi normativi, e che il Consiglio di Stato - nell'esaminare l'Allegato 2 – ha peraltro sollecitato il legislatore a stralciarlo “per ragioni di ordine sistematico e di materia, oltre che di tecnica legislativa, affinché formino oggetto di un autonomo decreto legislativo, recante, appunto, modificazioni al codice del consumo";

è pertanto indispensabile che il Governo prenda atto della confusione ingenerata dalla scelta di attuare nel contempo, con l’introduzione di due allegati, due diverse deleghe legislative, che si distinguono, oltre che per l'oggetto, per i principi e criteri direttivi che sono chiamati ad attuare, per il diverso termine di delega e per le differenti modalità di approvazione dei decreti legislativi di rispettiva attuazione, con particolare riferimento al parere parlamentare, ritirando il decreto in titolo a favore di un esercizio più corretto e conseguente delle due distinte deleghe;

non è condivisibile lo spostamento di una serie di norme dal Codice del Consumo al provvedimento in esame, in quanto il decreto legislativo n. 206 del 2005 è un corpus coordinato di norme che non possono essere frantumate in altri provvedimenti;

l’abrogazione della legge 27 dicembre 1977, n. 1084, di ratifica della Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV), prevista dal combinato disposto degli articoli 3 e 34 dell’allegato I del provvedimento in esame, comporterebbe una grave lacuna legislativa in tema di disciplina dei contratti di viaggio e, in particolare, in materia di ripartizione delle rispettive responsabilità tra il venditore e l’organizzatore del viaggio (agenzie di viaggi e
tour operator), con la conseguenza di esporre questi ultimi ad una responsabilità illimitata;

nell’allegato I, Titolo I Capo I, l’articolo 3, che si occupa del turismo accessibile risulta vago e generico, come rileva anche il Consiglio di Stato «essendo stata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità già recepita e non disponendo la norma in esame di alcun concreto precetto ad eccezione della promozione della fattiva collaborazione», e che dovrebbero essere assicurati strumenti di effettiva tutela dei diritti delle persone disabili nei casi in cui la Convenzione non sia rispettata, prevedendo altresì che le tutele siano previste anche per le persone temporaneamente afflitte da mobilità ridotta;

al Capo II, l’articolo 4 riporta una definizione generica di “impresa turistica”, che non consente di avviare un’attiva politica di settore diretta al sostegno dei prodotti turistici che si vogliono rilanciare e sviluppare, in considerazione soprattutto della scarsa disponibilità di risorse pubbliche, che richiede invece un’analitica individuazione delle imprese beneficiarie;


resterebbero pertanto esclusi una serie di servizi che devono essere contemplati perché contribuiscono a completare il quadro del prodotto turistico nazionale, e che gli scarsi benefici di cui il settore gode, stando all’impianto del decreto in esame, saranno destinati solo alle imprese esplicitamente contemplate, ossia quelle della ricettività e dell’intermediazione, che concorrono solo in parte alla formazione del prodotto turistico;

il decreto ha la pretesa di assurgere a “Codice del turismo”, ma non si spiega la ratio in base alla quale, pur disciplinando nel dettaglio specifici settori del turismo, non vi è alcun riferimento al “turismo balneare” e a tutte le imprese e le strutture turistico-ricreative che lo costituiscono;

gli stabilimenti balneari ricoprono un ruolo rilevante e specifico nel comparto turistico e, pertanto, devono essere nuovamente introdotti nella definizione di impresa turistica. Si tratta di un settore fondamentale del nostro turismo che necessita di una disciplina chiara e puntuale, assolutamente assente in questo codice e che non può essere ricondotta alla generica e vuota espressione “turismo del mare”, riportata al titolo III e non corredata da disposizioni che consentano di individuare regole, soggetti e contenuti, lasciando spazio a molteplici interpretazioni foriere di incertezza e confusione;

manca un richiamo esplicito al settore della ristorazione e a quelli ad esso strettamente collegati, oltre ai settori dell’intrattenimento, e che sarebbe dunque auspicabile introdurre un’esplicita disciplina di classificazione dei pubblici esercizi allo scopo di fornire ai turisti la possibilità di una preventiva valutazione dei singoli segmenti di offerta idonei all’effettuazione di scelte funzionali alle proprie esigenze;


l’articolo 5 del Capo II, rubricato sotto la dizione “imprese turistiche senza scopo di lucro”, a differenza dell’attuale disciplina (articolo 7, comma 9 della legge n. 135 del 2001 e legge n. 1084 del 1977) che si vuole abrogare, non prevede l’obbligo per le stesse di uniformarsi a tutti gli oneri cui, invece, sono soggette le imprese turistiche, relativi alle agenzie di viaggio, all’obbligo assicurativo, ai requisiti professionali, e così via;

ciò determinerebbe gravi conseguenze, quali, la violazione delle garanzie di sicurezza e della qualità del servizio poste a tutela del turista, nonché concorrenza sleale. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, la mancata definizione di questa tipologia di impresa e, comunque la mancata previsione della soggezione alle medesime regole e condizioni cui sono sottoposte le imprese turistiche che operano in regime ordinario, comporterebbe per le associazioni che operano come imprese turistiche senza scopo di lucro il godimento dei benefici di cui all’articolo 4, comma 2 (agevolazioni, sovvenzioni, contributi, eccetera);

il Titolo II, Capo I, che riguarda le professioni turistiche, si concentra esclusivamente sulle guide turistiche e sui maestri di sci e guide alpine, lasciando aperta una serie di dubbi sul destino di tutte le altre professioni turistiche, visto che l’articolo 3 del decreto in esame sopprime l’intera legge n. 135 del 2001, con la sola esclusione dell’articolo 6 relativo al Fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica;

in particolare gli articoli 7 e 8, introducendo misure di liberalizzazione per le professioni di guide turistiche ed accompagnatori turistici, sembrano ignorare la delega legislativa prevista dall’articolo 10 della legge comunitaria 2010 (atto Camera n. 4059), in discussione alla Camera dei deputati, e diretta al riordino della professione di guida turistica, con particolare riferimento ai titoli e requisiti per il suo esercizio, con l’inevitabile rischio di generare un conflitto tra norme e confusione in sede di applicazione;


la legge comunitaria appare, infatti, la sede più opportuna per dettare una disciplina organica della professione di guida turistica, finalità che necessita di un provvedimento a sé stante, nel quale siano affrontati tutti i molteplici aspetti che ineriscono alla professione in esame, considerando altresì che lo stesso Consiglio di Stato ha rilevato la superfluità di tali disposizioni in quanto potrebbero “essere fonte di equivoci”;

il decreto non reca traccia di politiche del lavoro e di misure a tutela delle risorse umane impegnate nel settore, se si esclude, all’articolo 10 del capo II, dedicato al mercato del lavoro, la disciplina dei percorsi formativi finalizzati all’inserimento lavorativo nel settore turistico di giovani diplomati e laureati;

tra i soggetti deputati alla realizzazione di tali percorsi non figurano le associazioni di categoria e gli operatori del settore che, invece, potrebbero dare un contributo fondamentale in termini di know how e di conoscenza pratica e diretta del mercato;

la classificazione e le definizioni delle strutture ricettive, contenute nel capo III, in tema di mercato del turismo, generano confusione e incertezza interpretativa, nonché problemi anche in termini di elusione fiscale e di concorrenza sleale, laddove è prevista una nuova categoria di struttura ricettiva denominata “paralberghiera”, mai disciplinata in Italia e non contemplata in nessun altro Paese europeo;

la mancanza di una precisa definizione non consente di individuare tale fattispecie e di fissare criteri di demarcazione tra l’una e l’altra categoria, sovrapponendosi inoltre all’attuale definizione di struttura “extralberghiera”;

nella suddetta classificazione figura anche la specifica tipologia del “B&B organizzato in forma imprenditoriale”, che non viene definita in modo preciso, omissione che non consente l’individuazione precisa di tale ambito come accade peraltro per la classificazione inerente le “case per ferie” e le “foresterie per turisti”;

al Titolo III, Capo I, quanto alle “Strutture ricettive ed altre forme di ricettività”, l’articolo 13 in attuazione della disciplina recata dagli articoli 6 e 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2008 istituisce un sistema di
rating su base nazionale, associabile alle stelle per la misurazione della qualità dei servizi che viene tuttavia lasciato alla buona volontà degli imprenditori senza peraltro prevedere alcun incentivo alle imprese per avviare concretamente il sistema che dovrebbe consentire al turista una maggiore consapevolezza nell’operare scelte adeguate alle proprie esigenze e alle proprie disponibilità economiche;

proprio allo scopo di realizzare una effettiva semplificazione, per le attività ricettive, si poteva cogliere l’occasione di introdurre la previsione di un’unica licenza che comprenda la somministrazione di alimenti e bevande e la fornitura di altri servizi connessi all'attività principale;

al Titolo III, Capo III gli articoli 19 e 20 richiamano la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all’art. 19 della legge 241/1990, e lo Sportello unico per le attività produttive, di cui all'art. 38 del D.L. 112/2008, che intervenendo senza disciplinare espressamente le fattispecie concernenti aspetti specifici e peculiari della segnalazione di inizio attività in ambito turistico, ingenera ulteriore confusione;

sull’articolo 19, il Consiglio di Stato ha mosso, peraltro, numerosi rilievi, ritenendo in particolare che tale articolo possa creare un modello ulteriore e specifico di SCIA in materia di strutture turistico ricettive che non appare completamente in linea con la disciplina contenuta nell’art. 19 della L. 241/1990 e che, sovrapponendosi ad esso, finisca per contrastare le finalità di semplificazione normativa;

al titolo IV, Capo I, l’articolo 22 prevede per le agenzie di viaggio e turismo un generico obbligo di assicurazione, determinando, ancora una volta, incertezza e confusione per l’impossibilità di individuare precisi criteri giuridici che definiscano, in concreto, tale obbligo, essendo all’uopo insufficiente l’aggettivo “congrue”, unico riferimento normativo reperibile nel corpo della disposizione, peraltro giuridicamente indeterminabile e astratto;

al Titolo V, Capo I, l’articolo 25 prevede la realizzazione, a sostegno dell’immagine turistica dell’Italia, di circuiti nazionali di eccellenza che corrispondono a contesti turistici omogenei, e di itinerari tematici, entrambi da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con vari Ministeri e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, misura già contemplata anche dall’articolo 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006, modificata dall’articolo 18 della legge n. 69 del 2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sovrapponendo altresì tale norma a quella relativa ai sistemi turistici locali previsti dalla legge n. 135 del 2001;


al Capo III, l’articolo 30, che riguarda il turismo sociale e, in particolare, i cosiddetti “buoni-vacanza”, da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale, perde un’ottima occasione per migliorare ed estendere l’attuale farraginosa normativa che agevola soltanto una piccola parte dei potenziali aventi diritto;


al Titolo VI, Capo I, gli articoli 36 e seguenti che riformano la disciplina in materia di pacchetti turistici (articoli 82 e seguenti del Codice del consumo) appaiono svuotati di un concreto significato, considerato che in ambito europeo sta per essere approvata una nuova direttiva in materia, che andrà a sostituire la disciplina di cui alla direttiva 90/314/CE;

al medesimo Capo, l’articolo 45, in riferimento alla nozione di inesatto adempimento, rispetto al testo vigente dell’articolo 93 del decreto legislativo n. 206 del 2005, recante il Codice del consumo, non contiene l’esplicita esclusione della responsabilità nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al venditore;


all’articolo 49 si prevede la risarcibilità del “danno di vacanza rovinata” che rischia, anche secondo il Consiglio di Stato, di essere foriera di contenziosi, in quanto “il riferimento alla serietà dell’offesa costituisce un filtro selettivo atto a bilanciare la posizione del danneggiante e quella del danneggiato, posto che l’offesa minima - in un giudizio di accertamento in concreto dell’inviolabilità dell’interesse - appare di per sé inidonea a superare il limite della tollerabilità civile”;


l’articolo 52 abroga importanti disposizione del Codice di consumo, in particolare elimina il Fondo (articoli 99 e 100), attualmente previsto a garanzia del consumatore per rimborsarlo delle somme versate per l’acquisto di pacchetti turistici non fruiti a causa dell’insolvenza o fallimento dell’operatore o dell’agenzia di viaggi o per assicurare assistenza in caso di rientro forzato di turisti da paesi esteri in occasione di emergenze imputabili o meno al comportamento dell’organizzatore;


tale espunzione si ripercuoterebbe sui diritti di tutela del consumatore che non potrebbe essere assistito dalla previsione delle “polizze assicurative”, contemplate dalla disposizione in esame in luogo del Fondo di garanzia, per l’impossibilità oggettiva della stipula di tali polizze da parte delle compagnie assicurative, non disponibili a garantire simili rischi e che, in assenza di una norma transitoria, avrebbe come esito immediato la mancata tutela di coloro ai quali è già stato riconosciuto il diritto al risarcimento;

inoltre, l’allegato II allo schema di decreto in esame, in tema di “contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio”, ha arbitrariamente sottratto la regolamentazione di tali fattispecie alla disciplina del Codice del consumo, sollevando forti perplessità sia sotto il profilo costituzionale che di opportunità;

al Titolo VII, Capo I, l’articolo 58, che individua nell’ENIT (Ente nazionale italiano del turismo), quale Agenzia nazionale del turismo, l’organo deputato a promuovere l’Italia all’estero, in termini di offerta turistica, non definisce in concreto quali siano le sue funzioni, che dovrebbero trovare una approfondita regolamentazione;

sarebbe al contrario opportuno prevedere un’adeguata riforma dell’Ente che preveda l’impegno delle risorse indispensabili per rendere efficace ed efficiente l’attività di un Ente che ha il compito di promuovere il turismo nazionale all’estero, soprattutto dopo i tagli operati dal Governo con la legge di stabilità per il 2011 e la conseguente chiusura di un’importante serie di delegazioni all’estero;

l’articolo 59, che istituisce il Comitato permanente di promozione del turismo in Italia, non specifica quali soggetti pubblici e privati del sistema turistico faranno parte del medesimo;

all'articolo 69, in relazione all'istituzione dello sportello del turista, è inopportunamente prevista la gestione centralizzata di istanze, di richieste e di reclami nei confronti di imprese ed operatori turistici, foriera di eccessive lungaggini burocratiche e disagi per gli utenti;

preso atto che:

nello schema di decreto è del tutto assente una strategia nazionale di sviluppo, crescita e sostegno di questo settore; non c’è traccia di una politica fiscale che riallinei l’Iva del comparto turistico a quella dei Paesi europei più direttamente nostri concorrenti; non c’è traccia, neppure dei temi che il Ministero dovrebbe affrontare con il coinvolgimento di tutto il Governo per far crescere il turismo in particolare nel settore delle infrastrutture per rendere l’Italia più facilmente accessibile, attraverso intese e convenzioni con i soggetti gestori di linee aeree, aeroporti, trasporti ferroviari e metropolitani, autostrade, volte a promuovere politiche specifiche di accoglienza per i turisti;

lo schema di decreto non prevede incentivi e sgravi fiscali per gli operatori che investono nello sviluppo della propria attività, non risolve i problemi strutturali del turismo, non contiene proposte per un settore che ha bisogno di rinnovarsi, che necessita di un sostegno per riqualificarsi e rilanciarsi, per stare alla pari con le sfide che il mercato globale ha portato anche nel turismo;


il Governo, con il provvedimento in esame evita qualsiasi scelta di politica turistica, limitandosi ad un riepilogo prettamente tecnico di discipline, tratte in parte dalla legge n. 135 del 2001, in parte dal Codice del consumo, dando luogo in alcuni ambiti a una normazione confusa, in altri non condivisibile, come hanno sottolineato, oltre alla forze politiche, anche le rappresentanze di categoria che hanno contestato molti punti specifici;

in contrasto con l’indirizzo europeo che garantisce la componente ambientale in tutte le iniziative cofinanziate mancano, inoltre, disposizioni in tema di sviluppo sostenibile del turismo, dirette a rispettare l’ambiente e ad assicurare una gestione sostenibile delle strutture ricettive;

in particolare quanto ai rilevati profili d’incostituzionalità, è opportuno il ritiro da parte del Governo del presente provvedimento e la discussione delle linee di una nuova proposta nella sede della Conferenza Stato-Regioni, per raggiungere un’intesa da sottoporre al Parlamento, previa discussione con le categorie economiche interessate e con le rappresentanze dei consumatori;

tale intesa deve prevedere l’aggiornamento della legge 29 marzo 2001 n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo) al fine di consentire anche alle Regioni ed alle Province Autonome di verificare quali parti mantenere in vita e quali eventualmente sopprimere, il provvedimento in esame prevedendo la pura e semplice soppressione della legge in oggetto crea ampi vuoti o innovazioni legislative prive di un adeguato supporto normative e di coordinamento con altre disposizioni vigenti;

esprime parere contrario.


All. 3
PROPOSTA DI PARERE DELL'ONOREVOLE MANTINI SULL' ATTO DEL GOVERNO N. 327

La Commissione parlamentare per la semplificazione,

esaminato l'atto del Governo recante «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ai contratti di rivendita e di scambio»,

premesso che:

l’obiettivo dello schema di decreto legislativo in esame, attuativo della delega prevista dall'art. 14 della legge n. 246/2005, meglio noto come “Codice del turismo”, approvato dal Consiglio dei ministri l'8 ottobre 2010, che si propone di promuovere una disciplina organica del turismo, il riordino e la semplificazione delle norme esistenti, è ampiamente condivisibile nel merito e può contribuire al rafforzamento della competitività di cui il settore ha forte necessità in questo grave periodo di crisi, offrendo maggiore tutela a consumatori ed operatori. Risultano però talmente improvvisati il metodo e approssimativa la strategia progettata nello schema di decreto da rendere completamente inutile se non dannoso il provvedimento concepito dal Governo;

vista l’importanza e l’ampiezza delle ricadute che lo schema di decreto avrà sull’industria del turismo in Italia, spiace che nella stesura del testo non sia stato dato modo a tutti gli attori del turismo di dare il proprio contributo. L’esclusione a priori del necessario coinvolgimento di Associazioni di categoria, delle Organizzazioni dei consumatori, dei sindacati e delle rappresentanze degli enti locali, ha impedito che il provvedimento fosse condiviso da tutti i settori del Turismo nel loro complesso, in modo tale da offrire una risposta collegiale alle reali esigenze di semplificazione e riordino manifestate da tutte le parti: cosa chiedono i turisti, cosa serve alle imprese del settore, il coordinamento degli attori istituzionali: un patrimonio conoscitivo imprescindibile per qualsiasi riforma normativa sulla materia;

le Regioni, inascoltate dal Governo nell’elaborazione del testo del Codice del Turismo nonostante abbiano competenze esclusive in materia di turismo ai sensi del titolo V della Costituzione, nella Conferenza Unificata riunitasi in data il 18 novembre 2010 hanno espresso un deciso parere negativo sullo schema di decreto del Governo. Le Regioni rilevano profili di illegittimità costituzionale sia per eccesso di delega (l’articolo 14 della legge n. 246/2005 non consentirebbe un intervento normativo di tale ampiezza), sia per violazione dei criteri di riparto delle competenze tra Stato e Regioni: « non si comprende come tale meccanismo di semplificazione e riordino normativo possa essere utilizzato nel caso di specie per dettare una disciplina complessiva ed organica nel settore turismo, andando ben oltre le funzioni previste dalle norme succitate, in una materia che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione (art. 117, comma 4, Cost.) avutasi in forza della Legge 18 ottobre 2001 n. 3, rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni e delle Province Autonome (Corte Costituzionale, sentenze n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006, n. 197 del 2003), facendo ipotizzare quindi la sussistenza di profili di incostituzionalità dello schema di decreto in esame». Richiedendo un intervento nazionale per il turismo e affermando la necessità di promuovere un piano strategico nazionale « tuttavia ciò deve avvenire nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione con le Regioni e le Province Autonome, prevedendo adeguate ed inderogabili forme di loro coinvolgimento» e non con un’imposizione dall’alto;

la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato nel corso dell'adunanza del 13 gennaio 2011 ha consigliato al Governo di valutare se «a fronte del parere sfavorevole delle Regioni, sia il caso di soprassedere all’opera di codificazione, che potrebbe essere foriera di un contenzioso costituzionale», riconoscendo la legittimità di un intervento unitario dello Stato in materia di turismo «non esclude il dovere dello Stato di recuperare, in via generale, il consenso del mondo delle autonomie regionali e locali nella concreta fase di esercizio dei poteri amministrativi riportati allo Stato per sussidiarietà ascendente mediante la previsione della conclusione di intese con le Regioni e, ove necessario, con gli altri soggetti del mondo delle autonomie»;

la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato giudica improprio l’art. 2 « non potendosi con norma statale ordinaria codificare i contenuti della giurisprudenza della Corte Costituzionale e superfluo atteso che il contenuto dell’articolo appare mera recezione della giurisprudenza della Corte costituzionale; tale giurisprudenza, che interpreta e specifica il contenuto delle norme costituzionali in materia di competenza legislativa statale, non ha – ovviamente – bisogno di recezione alcuna in norme statali ordinarie. Si suggerisce quindi la soppressione della norma»;

anche per l’art. 3, che ha ad oggetto principi di turismo accessibile, il Consiglio di Stato «osserva che il contenuto della norma appare vago e generico, essendo stata la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità recepita con legge n. 18 del 2009, e non disponendo il comma 2 alcun concreto precetto al di là della “promozione della fattiva collaborazione”. La norma, per non apparire declamatoria, dovrebbe specificare i concreti strumenti e la tempistica della collaborazione ed assicurare strumenti di effettiva tutela dei diritti delle persone disabili nei casi in cui la Convenzione non sia stata rispettata»;
le Associazioni di categoria, nelle audizioni informali svolte dinanzi alla Commissione parlamentare per la Semplificazione, hanno fatto rilevare come l’art. 4 riporti una definizione indeterminata e generica di “impresa turistica”, incapace di fornire certezza normativa nelle regole volte ad individuare in maniera analitica gli operatori del settore. Oltretutto in questo codice sarebbero individuate le imprese della ricettività e dell'intermediazione, mentre resterebbero esclusi una serie di servizi, quali ristorazione, intrattenimento, servizi da spiaggia (stabilimenti balneari), che devono essere contemplati perché contribuiscono a completare il quadro dei prodotti turistici italiano;

in riferimento all'articolo 5, che riguarda le “imprese turistiche che esercitano attività nel settore del turismo giovanile e per finalità ricreative, culturali, religiose o sociali”, non sono uniformate agli obblighi cui sono soggette le imprese turistiche, e che ciò comporterebbe sia la perdita dei benefici di cui all'articolo 4, comma 2 (agevolazioni, sovvenzioni, contributi, ecc.), sia una indubbia violazione delle garanzie alla qualità del servizio offerto. Andrebbe perciò stabilito che le associazioni predette assicurano comunque il rispetto dei diritti del turista tutelati dall’ordinamento internazionale e comunitario;

il Consiglio di Stato suggerisce la soppressione dell’art. 7, che reca principi e competenze sulle professioni turistiche, rilevando che «la norma appare superflua e può essere fonte di equivoci ove contrappone i principi di liberalizzazione all’esigenza di garantire requisiti di professionalità tali da assicurare un elevato livello di qualità dei servizi turistici. L’equilibrio fra i principi del mercato e l’esistenza di privative professionali è definito dalla normativa in modo tale che, al di fuori di quanto statuito dalle regole dell’ordinamento speciale delle professioni turistiche, riprendono vigore i principi del mercato, fermo restando che le regole dell’ordinamento speciale devono assicurare parità di trattamento, non discriminazione ossia il pieno rispetto dei principi comunitari che appaiono a questo riguardo sovraordinati»;

le Associazioni delle guide turistiche hanno espresso forte dissenso nei confronti del Codice del Turismo, in particolare per l’art. 8, giudicato particolarmente grave, poichè si afferma che «Le attività di guida turistica e di accompagnatore turistico sono esercitate su tutto il territorio nazionale». L’Unione Europea riconosce in vari atti la competenza territoriale della guida turistica, distinguendola chiaramente dalla figura dell’accompagnatore che è una figura viaggiante. Con tali articoli di legge, si annullerebbe la professione di guida turistica, assimilandola a quella di accompagnatore e si determinerebbe un decadimento gravissimo delle prestazioni fornite ai visitatori. L’art. 8, inoltre, è in netta contraddizione la delega legislativa prevista dall'articolo 10 della legge comunitaria 2010 (atto Camera n. 4059), in discussione alla Camera dei deputati, e diretta al riordino della professione di guida turistica distinta da quella di accompagnatore, con particolare riferimento ai titoli e requisiti per il suo esercizio. Pertanto si ritiene inutile che la materia sia regolamentata anche nel Codice del turismo con l'inevitabile rischio di generare un conflitto tra norme e confusione in sede di applicazione;

in ordine agli artt. 11 e 12 si osserva che essi agiscono su normative regionali preesistenti giustificandosi esclusivamente alla luce delle esigenza di garantire uniformità degli standard minimi nazionali delle strutture ricettive assicurati poi dal successivo articolo 13. Come ricordato dal parere del Consiglio di Stato «le normative regionali difformi tuttavia continuerebbero ad essere applicabili ai diversi fini per cui sono disposte, non avendo l’intervento altra finalità – per dichiarazione dello stesso legislatore statale – che quella di rendere possibile attraverso la formulazione di un’unitaria classificazione tipologica, l’esercizio del potere amministrativo di classificazione degli standard qualitativi delle strutture ricettive. Ne deriva la necessità di riformulare le predette disposizioni, che ben potrebbero essere considerate classificazioni utili ai fini dell’esercizio del potere statale previsto dall’art. 13. La norma di cui all’art. 11 dovrebbe integrarsi inserendo dopo la formula “ai fini del presente decreto legislativo” la seguente formula: “nonché, in particolare, ai fini dell’esercizio del potere amministrativo statale di cui all’art. 13”».

la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, con riferimento all’art. 19, inerente misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture turistico–ricettive, rileva che «la norma in questione interviene creando un modello ulteriore e specifico di segnalazione di inizio attività in materia di strutture turistico ricettive, che non appare del tutto in linea con la disciplina di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990 e, sovrapponendosi ad esso, finisce con il contrastare con le dichiarate finalità di semplificazione della normativa»;

l’associazionismo ha condannato la classificazione e le definizioni delle strutture ricettive, contenute nel Titolo III, in tema di mercato del turismo, poiché generano confusione e incertezza interpretativa. In particolare è prevista una nuova categoria di struttura ricettiva denominata "paralberghiera" accanto a quella alberghiera, mai disciplinata in Italia e non contemplata in nessun altro Paese europeo. La mancanza di una sua definizione non consente di individuarla e di fissare criteri di demarcazione tra l'una e l'altra categoria, pertanto sarebbe stato meglio utilizzare l'espressione "extralberghiera". Inopportuna anche la scelta di assimilare la tipologia alberghiera con quella del bed and breakfast (B&B), differenti per servizi e professionalità. Nella suddetta classificazione figura, infatti, la specifica tipologia del "B&B organizzato in forma imprenditoriale", che non viene definita, omissione questa che, oltre a generare il rischio di possibili elusioni fiscali, non ne consente l'individuazione. Analoghe omissioni foriere di ulteriore confusione e incertezza si rilevano per le "case per ferie" e le "foresterie per turisti";

il responsabile nazionale del settore Trasporti e Turismo di Confconsumatori, Carmelo Calì, ha espresso un parere fortemente negativo sull’art. 52 che elimina il Fondo di garanzia attualmente previsto a garanzia del consumatore per rimborsarlo delle somme versate per l'acquisto di pacchetti turistici non fruiti a causa dell'insolvenza o fallimento dell'operatore o dell'agenzia di viaggi o per assicurare assistenza in caso di rientro forzato di turisti da paesi esteri in occasione di emergenze imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Tale espunzione si ripercuoterebbe sui diritti di tutela del consumatore che non potrebbe essere assistito dalla previsione delle "polizze assicurative", contemplate dalla disposizione in esame in luogo del Fondo di garanzia, per l'impossibilità oggettiva della stipula di tali polizze da parte delle compagnie assicurative, non disponibili a garantire simili rischi. Oltretutto, l'articolo 22 prevede per le agenzie di viaggio e turismo solo un generico obbligo di assicurazione, determinando, ancora una volta, incertezza e confusione per l'impossibilità di individuare precisi criteri giuridici che definiscano, in concreto, tale obbligo. Mentre l'articolo 45, in riferimento alla nozione di inesatto adempimento, rispetto al testo vigente dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 206 del 2005, recante il Codice del consumo, non contiene l'esplicita esclusione della responsabilità nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al venditore. Infine all'articolo 49 si prevede la risarcibilità del "danno di vacanza rovinata" che rischia, anche secondo il Consiglio di Stato, di essere foriera di contenziosi, in quanto "il riferimento alla serietà dell'offesa costituisce un filtro selettivo atto a bilanciare la posizione del danneggiante e quella del danneggiato, posto che l'offesa minima - in un giudizio di accertamento in concreto dell'inviolabilità dell'interesse - appare di per sé inidonea a superare il limite della tollerabilità civile";

gli operatori sono fortemente critici nei confronti dell'art. 58 del Codice del Turismo, che definisce l'ENIT (Ente nazionale italiano del turismo) Agenzia nazionale del turismo, cioè l’organo deputato a promuovere l'Italia all'estero in termini di offerta turistica, e che non definisce in concreto quali siano le sue funzioni, le quali dovrebbero trovare una approfondita regolamentazione. Nessuna disposizione detta norme in tema di risorse, indispensabili per rendere efficace ed efficiente l'attività di un Ente che ha il compito di promuovere il turismo nazionale all'estero, soprattutto con i tagli operati dal Governo con la legge di stabilità per il 2011;

lo schema di decreto manca di regolamentare ampie porzioni della materia. Come rilevato dalle Associazioni di categoria nel provvedimento è del tutto assente una politica fiscale che riallinei l’Iva del comparto turistico a quella dei Paesi europei più direttamente nostri concorrenti (Spagna, Francia e Grecia hanno una aliquota IVA sull’offerta turistica pressoché dimezzata rispetto alla nostra);

lo schema di decreto non prevede incentivi e sgravi fiscali per chi investe, non risolve i problemi del turismo, non contiene proposte per un settore che ha bisogno di rinnovarsi, che necessita di un sostegno per riqualificarsi e rilanciarsi, per stare alla pari con le sfide che il mercato globale ha portato anche nel turismo;

non vi è alcun riferimento al "turismo balneare" e a tutte le imprese e le strutture turistico-ricreative che lo costituiscono. Gli stabilimenti balneari ricoprono un ruolo rilevante e specifico nel comparto turistico e, pertanto, devono essere nuovamente introdotti nella definizione di impresa turistica. Si tratta di un settore fondamentale del nostro turismo che necessita di una disciplina chiara e puntuale, assolutamente assente in questo codice e che non può essere ricondotta alla generica e vuota espressione "turismo del mare", riportata al titolo III e non corredata da disposizioni che consentano di individuare regole, soggetti e contenuti, agevolazioni lasciando spazio a molteplici interpretazioni foriere di incertezza e confusione o ad una devastante prospettiva di privatizzazione dell’intero settore a vantaggio di oligopoli, con la distruzione di centinaia di piccole aziende familiari;

si ritiene che l’attuale testo del Codice del Turismo costituisca un’occasione perduta, per le molteplici ragioni esposte, in un settore che invece merita ben altra qualità delle politiche nell’orizzonte di un vero patto nazionale per la crescita del Paese:

Esprime parere contrario.